Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 13/03/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Dio non ci identifica con il nostro peccato: il Papa all'Angelus

◊  

“Miseria e misericordia, una di fronte all’altra”: Papa Francesco all’Angelus commenta l’episodio evangelico della donna adultera e sottolinea: “Dio  non vuole mai la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. Parla delle pietre, che gli accusatori non scagliano, come di possibili “armi” contro la donna ma anche contro Gesù. Poi, il dono dei Vangeli tascabili e il pensiero forte del Papa ai nonni che lo distribuiscono in Piazza e a tutti i nonni che trasmettono la fede.  Le sue parole nel servizio di Fausta Speranza

“Tra la misericordia del Figlio di Dio e la violenza, la rabbia dei suoi accusatori”.
Così nelle parole di Papa Francesco si trova la donna sorpresa in adulterio e trascinata da scribi e farisei. In un episodio evangelico che – dice - : “E’ tanto bello": "Mi piace tanto leggerlo e rileggerlo”. La portano di fronte a Gesù – spiega Francesco – non per chiedere il suo parere, ma per tendergli un tranello.

“Se Gesù seguirà la severità della legge, approvando la lapidazione della donna, perderà la sua fama di mitezza e bontà che tanto affascina il popolo; se invece vorrà essere misericordioso, dovrà andare contro la legge, che Egli stesso ha detto di non voler abolire ma compiere”.

Il Papa a braccio parla di “gente cattiva” che sembrava assetata di sangue, della “cattiva intenzione” degli accusatori. Spiega che Gesù, compiendo il “gesto misterioso” di chinarsi e scrivere con il dito per terra “invita tutti alla calma, a non agire sull’onda dell’impulsività, e a cercare la giustizia di Dio”. Il Papa dice: “Forse faceva disegni, alcuni dicono che scriveva i peccati dei farisei … mah … scriveva”.   Poi, “la risposta che - ricorda Francesco - spiazza gli accusatori”:

“Chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Tutti deposero le 'armi', cioè le pietre pronte ad essere scagliate, sia quelle visibili contro la donna, sia quelle nascoste contro Gesù".

E mentre il Signore continua a scrivere per terra, gli accusatori se ne vanno uno dopo l’altro, incominciando dai più anziani, più consapevoli di non essere senza peccato. Francesco aggiunge a braccio: l’espressione “a testa bassa”. Ricorda: “Quanto bene ci fa essere consapevoli che anche noi siamo peccatori!. quando sparliamo degli altri e tutte queste cose che conosciamo".

Il Papa chiede coraggio:

“E quanto bene ci farà avere il coraggio di far cadere a terra le pietre che abbiamo per scagliarle contro gli altri, e pensare un po’ ai nostri peccati".

 “Rimasero lì solo la donna e Gesù: la miseria e la misericordia, una di fronte all’altra”, dice Francesco. 

"Basta lo sguardo pieno di misericordia e di amore, per far sentire a quella persona – forse per la prima volta – che ha una dignità. Che lei non è il suo peccato, che può cambiare vita, può uscire dalle sue schiavitù e camminare in una strada nuova”.

La sua esperienza - ci ricorda Papa Francesco - rappresenta la volontà di Dio per ognuno di noi: non la nostra condanna, ma la nostra salvezza attraverso Gesù. Questa la sentenza di Dio: 

“Non voglio che tu muoia, ma che tu viva”.“Dio non ci inchioda al nostro peccato, non ci identifica con il male che abbiamo commesso. Abbiamo un nome, e Dio non identifica questo nome con il peccato che abbiamo commesso".

“Dio vuole - spiega Francesco - che la nostra libertà si converta dal male al bene, e questo è possibile con la sua grazia". La richiesta di aiuto a Maria, perchè ci aiuti ad affidarci completamente alla misericordia di Dio, per diventare creature nuove.

Dopo la preghiera mariana, il saluto ai presenti, in particolare a tanti gruppi: quelli  provenienti da Roma, dall’Italia e da diversi Paesi. E poi il riferimento al dono del Vangelo tascabile distribuito gratuitamente dai volontari del Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano, con alcuni anziani e nonni di Roma. Si tratta del Vangelo di Luca, l’evangelista che riporta le parole di Gesù: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”, da cui è tratto il tema dell’ Anno Giubilare. Il Papa aggiunge: ”E alla fine, nella pagina 123, ci sono le sette opere di misericordia corporale e le sette opere di misericordia spirituali: ma, sarebbe bello che le imparaste a memoria, così è più facile farle!”

L’invito di Papa Francesco:

“Vi invito a prendere questo Vangelo perchè la misericordia del Padre si faccia opere in voi”.

C’è anche un’indicazione precisa per i volontari, che esprime l’attenzione speciale di Francesco a non dimenticare nessuno: “E a voi, i volontari, i nonni, le nonne che distribuirete il Vangelo, pensate alla gente che è in Piazza Pio XII – si vede che non è potuta entrare – che anche loro ricevano questo Vangelo.” 

L’augurio a tutti di “una buona domenica” e la consueta richiesta: “Per favore, non dimenticate di pregare per me”. “Buon pranzo e arrivederci!”

inizio pagina

Da 3 anni, Papa: gli auguri a Francesco del card. Vallini e fedeli

◊  

Grande gioia questa mattina in piazza San Pietro, gremita da decine di migliaia di persone arrivate da ogni parte del mondo per festeggiare i tre anni di pontificato di papa Francesco. Per l’occasione sono stati donati 40 mila libretti del Vangelo della Misericordia di San Luca. Questa volta, i volontari impegnati nella distribuzione sono stati  gli operatori e gli assistiti del Dispensario Pediatrico di Santa Marta in Vaticano, insieme a un migliaio di nonni ed anziani. Ma su questo terzo anniversario, ascoltiamo gli auguri del cardinal vicario della diocesi di Roma Agostino Vallini e dei fedeli presenti in piazza, nel servizio di Marina Tomarro

(Card. Vallini)
“Tutto il nostro affetto e la nostra gratitudine, come Vescovo di Roma e anche come Pastore della Chiesa universale. Dinanzi alle grandi sfide del mondo Papa Francesco rimane un grande punto di riferimento spirituale, morale … E poi, il riconoscimento universale che tutto il mondo attribuisce al suo magistero e alla sua testimonianza, sono una grande luce per tutti”.

(Fedeli)
R. – Siamo molto contenti di averlo tra di noi, come segno vivo di Gesù, per la sua grande accoglienza, per i suoi gesti, per il suo amore. Ringraziamo Dio.

R. – L’augurio è di essere sempre attento alle persone con problemi, con difficoltà ed essere sempre gioioso e disponibile nell’accogliere e nell’incontrare la gente.

R. – L’augurio è che possano esserci tanti, tanti anniversari della sua elezione, perché lui ha portato la luce nella nostra città e nel mondo: ha messo la povertà e la solidarietà al primo posto.

R. – Il dono che lui, come nostro Papa, possa continuare a lungo nel tempo e possa sempre essere confortato e sostenuto dalla fede del popolo del Signore, perché il Papa da solo non va bene, il popolo da solo ugualmente non va bene, ma insieme: Papa, vescovi e tutto il popolo di Dio. Questa è la grazia che noi dobbiamo invocare per lui e per tutti noi. che facciamo parte della stessa famiglia.

D. – Il Papa chiede spesso di pregare per lui: “Pregate per me”. Qual è il modo migliore per pregare per il Santo Padre?

R. – E’ come respirare, pregare. Ecco, allora il Papa ha bisogno di respirare per vivere e così noi preghiamo per lui, perché possa vivere e continuare a svolgere il suo ministero al servizio del Signore, l’unico Salvatore.

D. – C’è una frase di Papa Francesco che le è rimasta particolarmente nel cuore?

R. – “Misericordia come il Padre”, perché è il Vangelo, quello …

R. – “Non abbiate paura della tenerezza”: questa è la frase che più mi ha colpito e mi colpisce del Pontificato di Papa Francesco.

D. – Papa Francesco, in questi tre anni, ha anche dato inizio a una grande riforma. Cosa ha voluto dire?

R. – Una grande continuità con chi l’ha preceduto, in modo particolare con Benedetto XVI, con Giovanni Paolo II. E’ una nuova primavera per la Chiesa ma ha avuto la base in altri pontificati precedenti: questo, sì.

R. – Vedo che sta rinnovando il volto della Chiesa, come la vuole Gesù: una Chiesa nuova, una Chiesa dei poveri, una Chiesa famiglia.

D. – Ciao: come ti chiami?

R. – Danika.

D. – Danika, vuoi fare gli auguri a Papa Francesco?

R. – Tanti auguri, Papa Francesco! Ti voglio bene …

inizio pagina

Il Papa saluta la Conferenza internazionale dei cristiani a Gniezno

◊  

S’intitola “L’Europa dei nuovi inizi” la X Conferenza internazionale dei cristiani dell’Europa centro-orientale promossa a Gniezno in Polonia dall'11 al 13 marzo. All’apertura dei lavori, il primate polacco, l'arcivescovo Wojciech Polak, ha dato lettura del messaggio inviato da Papa Francesco. Il Pontefice ha esortato i polacchi a ripartire dal Battesimo in questo anno particolare in cui cade il 1050.mo anniversario di evangelizzazione del Paese. Sul tema dell'evento e sul modo in cui la Polonia si prepara a ricevere Papa Francesco nel mese di luglio sentiamo Zbigniew Nosowski, presidente del Comitato organizzatore, intervistato da Stefano Leszczynski

R. – We thought about defining new beginnings in the sense of pastoral conversion for the Church, …
Abbiamo riflettuto sulla definizione di nuovi inizi, nel senso di una conversione pastorale per la Chiesa, di un rinnovamento spirituale per l’Europa, di una riconciliazione nel nostro stesso Paese - che in questo momento soffre una forte divisione politica - ma anche nel senso di un rinnovamento personale: un nuovo inizio proprio con le modalità con cui Papa Francesco chiama noi tutti a farlo.

D. – Avete ricevuto un messaggio da Papa Francesco in occasione dell’apertura del vostro Convegno...

R. – The Pope in his message invited for a reflection on Poland’s baptism, on the previous achievements …
Nel suo messaggio, il Papa ci invitato a riflettere sul Battesimo della Polonia, sulle mete raggiunte e sulla pratica dell’esame di coscienza, che abbiamo fatto anche nella cattedrale di Gniezno.

D. – Alla Conferenza si parla di valori come la famiglia, l’economia, la cultura e la fede. Quale peso hanno questi valori, oggi, nella società civile e nel mondo politico in Europa?

R. – We try to interpret all these topics through the idea of new beginnings, which is the theme …
Cerchiamo di interpretare tutti questi argomenti attraverso l’idea di un nuovo inizio, che è appunto il tema del convegno. Significa che, per esempio, parlando di matrimonio noi proponiamo di pensare al matrimonio come un qualcosa che appartiene al futuro, non al passato; non è una cosa “passata” … Quindi, il nostro compito nella società civile di oggi dovrebbe essere concentrato non tanto nella difesa della cosiddetta “visione tradizionale del matrimonio”, quanto piuttosto nel promuovere considerazioni positive e scoprire l’idea del matrimonio come unione unica tra un uomo e una donna in maniera nuova. Poi, parlando di economia, abbiamo esaminato l’idea di un’economia senza esclusioni: c’è grande bisogno, nella società odierna, di trovare un nuovo concetto di economia che non divida il mondo tra ricchi e poveri. La stessa cosa vale per il rapporto tra fede e cultura: questo patto che, secondo Giovanni Paolo II, era stato infranto eppure potrebbe rivivere …

D. – Il Papa sarà in Polonia in occasione della Giornata mondiale della gioventù: qual è lo spirito con cui lo attende la Polonia, oggi?

R. – I personally do hope that this visit by Pope Francis will be a kind of new beginning, …
Personalmente spero che questa visita di Papa Francesco porti con sé una sorta di nuovo inizio, un rinvigorimento, prima di tutto uno spirito di riconciliazione all’interno della società polacca e un nuovo tipo di impegno, in particolare da parte dei giovani cristiani. Basti pensare che un quarto di secolo dopo la caduta del comunismo molte persone nella nostra società, soprattutto i giovani, hanno problemi a comprendere il ruolo della Chiesa: hanno molto timore che la Chiesa possa limitare la loro libertà. Penso invece che il modo in cui Papa Francesco testimonia la fede ai giovani potrà convincere molti di loro che la Chiesa non impone niente, ma propone delle cose: suggerisce la proposta più bella per noi, oggi!

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Vigilia dei negoziati su Siria: non c'è accordo su Assad

◊  

Si riaprono domani a Ginevra, sotto l’egida dell’Onu, i negoziati per riportare la pace in Siria dopo cinque anni di conflitto. Restano distanti le posizioni di governo e opposizione sul ruolo di Bashar al Assad nella transizione del Paese. Obiettivo dei colloqui, trovare l'accordo su un nuovo governo e una nuova Costituzione ed elezioni presidenziali e parlamentari entro diciotto mesi. Intanto sul terreno l’esercito governativo sarebbe pronto a riconquistare il centro archeologico di Palmira, occupato lo scorso maggio dai miliziani del sedicente Stato islamico. Il servizio di Elvira Ragosta

Riparte in salita il cammino negoziale per la pace in Siria. Il secondo round dei colloqui riprenderà domani, dopo l’interruzione del mese scorso, e proseguirà - annuncia l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Staffan De Mistura - al massimo fino al 24 marzo. “Affinché i negoziati abbiano successo, Bashar al Assad deve lasciare il Paese, vivo o morto”. Questa la condizione posta da Mohammed Alloush, capo negoziatore dell’Opposizione siriana, giunto ieri a Ginevra. Sull’argomento frena il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallem: “Non parleremo con nessuno che voglia mettere in discussione la presidenza", e aggiunge: "Assad resta per noi una linea rossa”. Assenti al tavolo negoziale i curdo-siriani, la cui presenza era stata fortemente caldeggiata dalla Russia. L’inviato dell'Onu, de Mistura, ribadisce che i  curdi costituiscono una componente importante per la Siria e afferma in un’intervista che occorrerà trovare una formula che permetta loro di esprimersi sulla costituzione e sulla forma del prossimo governo siriano. Sul terreno, mentre la tregua regge solo parzialmente, le truppe siriane, sostenute dall’aviazione, si avvicinano a Palmira. Secondo fonti locali, il governo sarebbe pronto a riconquistare l’antica città archeologica, occupata e parzialmente distrutta dal sedicente Stato islamico lo scorso maggio. Mentre nella provincia nord-occidentale di Idlib, secondo quanto denuncia l’Osservatorio siriano dei diritti umani, al Nusra, il braccio armato di al Qaeda in Siria, avrebbe strappato basi e armi ai ribelli filo-occidentali nel corso di violenti scontri scoppiati nella notte. I militanti del fronte al Nusra avrebbero anche preso in ostaggio 40 combattenti della formazione armata che agisce sotto l’egida dell’esercito libero siriano e ha ricevuto in passato aiuti e armi dai Paesi occidentali.

Alla vigilia dei colloqui di Ginevra, anche di Siria si discute oggi a Parigi. Al Quai d’Orsay, il ministro degli Esteri francese Ayrault ospita gli omologhi di Italia, Regno Unito e Germania, nonchè l’Alto rappresentante della politica estera europea per affrontare le principali questioni di politica internazionale.

inizio pagina

Caritas italiana: urgente superare il Trattato di Dublino

◊  

Immigrazione: Stoccolma ha minacciato il governo tedesco di rivolgersi alla Corte di giustizia europea se Berlino non rispetterà il regolamento di Dublino riammettendo i migranti che, pur essendosi registrati in Germania, sono passati oltreconfine ed hanno fatto richiesta di asilo in Svezia. Nei giorni scorsi il commissario europeo Avramopoulos aveva richiamato gli Stati dell’Unione ad accettare con urgenza i ricollocamenti dei rifugiati. Intanto l’Italia si prepara a un possibile nuovo arrivo massiccio di migranti attraverso la rotta adriatica e ha deciso di inviare nei prossimi giorni una ventina di poliziotti di frontiera per supportare il governo albanese nei controlli ai suoi confini. Adriana Masotti ha intervistato Oliviero Forti, referente per l’immigrazione della Caritas italiana chiedendogli prima di tutto un commento al caso svedese: 

R. – Mah, questi sono gli effetti prevedibili di una politica europea che non ha mai voluto riflettere seriamente su un sistema che è nato, a suo tempo – bisogna pur dire – per interessi di alcuni a scapito di altri. La Germania oggi sta pagando quello che l’Italia per anni ha dovuto subire, ovvero un regolamento – quello di Dublino – che impone, appunto, allo Stato di primo ingresso di prendersi completamente cura delle persone che giungono. Quindi, quello che sta avvenendo oggi in Germania, ripeto, è quello che abbiamo già visto per l’Italia, per la Grecia … E quindi è un ulteriore elemento che si aggiunge al più ampio quadro nel quale si chiede a piè sospinto – l’Italia in prima fila – di superare il Regolamento di Dublino.

D. – Quindi il superamento di questo Trattato sarebbe una cosa positiva …

R. – Non solo: è necessario e urgente. Su questo, ancora non si vedono segnali significativi, e soprattutto, è necessario implementare quel sistema di solidarietà che è quello della cosiddetta “relocation”, quindi ricollocamento in giro per l’Europa di chi arriva sulle nostre coste, perché solo in questo modo non solo potremmo dire che siamo di fronte a un’Europa solidale, ma potremmo dire che finalmente la politica europea sull’immigrazione e l’asilo sono una politica sostenibile.

D. – Ecco, a proposito della ridistribuzione: nei giorni scorsi, il commissario europeo Avramopulos ha detto: “Gli Stati membri devono accettare con urgenza i ricollocamenti”. Ma ci sono forti resistenze …

R. – Sì, questo l’abbiamo visto – purtroppo – fin dall’inizio e ad oggi ancora tutti i Paesi dell’Unione – perché qui non si tratta di “alcuni” – la stragrande maggioranza dei Paesi si rifiuta di vedere arrivare sul proprio territorio le persone che arrivano in Grecia o in Italia, lasciando quindi a questi due Paesi – a causa del Regolamento di Dublino – tutto il peso di una gestione che non è più sostenibile.

D. – Ma si riuscirà a superare questa difficoltà? Mi viene da pensare: l’Europa si sta un po’ perdendo, anche rispetto ai suoi bei principi …

R. – Sì … Io direi che si è persa. Perché quello a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno è emblematico nella misura in cui i principi di solidarietà, quelli fondativi dell’Unione, sono stati completamene ignorati e anche l’atteggiamento della Svezia – il primo caso da cui siamo partiti – ne è dimostrazione: il fatto di portare un altro Paese che sta vivendo con grande fatica ma anche con grande generosità questa vicenda davanti alla Corte europea, significa non aver chiaro dove ci si trova e quali siano, soprattutto, gli impegni presi nel momento in cui si è deciso di aderire a questa unione di Stati.

D. – Chiusa la rotta balcanica, si parla di possibili altre vie di arrivo dei migranti, tra cui la via adriatica, e l’Italia si sta allarmando in quanto la più vicina all’Albania: si rafforzeranno i confini albanesi, anche con l’aiuto di poliziotti italiani….

R. – Sicuramente, la rotta balcanica è quella sotto maggiore pressione ed è chiaro che la chiusura dei confini macedoni in particolare porterà, nella ridefinizione del progetto migratorio, molti profughi a immaginare l’Albania come nuovo fronte attraverso il quale raggiungere l’Unione Europea. Nei fatti, non ci sono elementi per pensare che ci si troverà di fronte a situazioni paragonabili a quella che abbiamo visto negli ultimi mesi in Macedonia o in altri Stati della rotta balcanica; ci si sta preparando a “governare” – io spero – non soltanto a “controllare” e a “respingere” queste persone, perché chiudere e sigillare la frontiera albanese non significa risolvere la questione. Le incognite sono molte. Chiaramente, questa albanese è una ulteriore incognita. L’Italia, a tutti i livelli – anche le nostre Caritas – si sta attivando in questo senso, cercando di dare il contributo necessario.

D. – E’ chiaro comunque che fino a che le crisi – almeno le più intense – non verranno risolte dall’altra parte del Mediterraneo, i flussi in qualche modo proseguiranno …

R. – Io credo che questa sia l’unica certezza che abbiamo, oggi.

inizio pagina

Sud Sudan: oltre il tribalismo e la corruzione per vincere l'orrore

◊  

Stupri, sevizie gravissime, condotte anche contro i bambini, oltre 10.500 civili uccisi nel 2015: sono alcune delle informazioni contenute nel rapporto che l’Onu ha reso noto su ciò che sta avvenendo nel Sud Sudan, Paese africano divenuto indipendente nel 2011, dopo 30 anni di guerra contro Khartum e che dal 2013 è tormentato dalla violenza tra le etnie del presidente Salva Kiir e del suo ex vice Riek Machar. Francesca Sabatinelli ha intervistato Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell'Africa all'Università di Torino: 

R. – Quello che ci racconta questo Rapporto è che la situazione in Sud Sudan è completamente sfuggita di mano e, come dicono spesso, in particolare, le autorità religiose, se anche domani il conflitto finisse, ci vorrebbero se non generazioni sicuramente anni per ricomporre la popolazione di un Paese che, da ormai tre anni, sta vivendo una tragedia senza limite, che colpisce indiscriminatamente bambini, donne, uomini.

D. – E’ chiaro che ogni conflitto ha le sue atrocità in tutte le parti del mondo, però questi aspetti di crudeltà così forti, questi stupri come salario, bambini dati alle fiamme. Questa componente così crudele, nella popolazione del Sud Sudan, da dove arriva?

R. – Mi preme evidenziare due fattori che possono contribuire ad una situazione così drammatica. Il primo è il tribalismo, che spiega tante cose e che rappresenta una delle piaghe non soltanto del Sud Sudan ma di tutta l’Africa. Tribalismo che vuol dire non soltanto una divisione etnica, una divisione della società in etnie, ma vuol dire anche rapporti da decenni, e da secoli in certi casi, basati sulla reciproca ostilità e diffidenza, con l’aggravante di risorse limitate che inducono le comunità ad essere in conflitto fra di loro. Poi c’è da mettere in conto la storia del Sud Sudan, che dal 2011 è indipendente, ma che è diventato indipendente staccandosi dal resto del Paese dopo decenni di guerra civile che è stata devastante e che ha avuto conseguenze spaventose su tutta la popolazione. Bisogna pensare ad un popolazione giovane: metà degli abitanti del Sud Sudan ha tra i 15 e i 54 anni quindi, se andiamo indietro nel tempo, parliamo di bambini che sono vissuti nel terrore, nella disperazione, che sono stati separati dai genitori, che hanno visto morire, che hanno subito violenze, che hanno combattuto, perché in Sud Sudan, come in altri Stati africani, il reclutamento di bambini soldato è la norma. Oggi si fanno i conti anche con questa situazione: è gente cresciuta nella guerra e peggio ancora.

D. - Dal 2013 c’è questo sanguinoso conflitto interno tra il presidente Salva Kiir e il suo ex vice Machar, ed è su quello che si è basata la mappa degli orrori delle Nazioni Unite, additando quali principali responsabili proprio i soldati del governo. Un conflitto etnico: è stato definito tante volte in questo modo. Sappiamo però che questo è anche il modo più facile per liquidare le ragioni dei conflitti che ci sono in Africa, quando poi sappiamo che si devono fare i conti anche con le manovre e gli interessi stranieri spesso…

R. – In questo momento il Sud Sudan è vittima, direi, di se stesso. Prima di tutto di una classe politica, di una classe dirigente, che non ha saputo nel 2011, quando il Paese è diventato indipendente, resistere a due tentazioni. La prima è quella della corruzione e cioè trasformare il potere politico in strumento di accesso alle risorse del Paese, per appropriarsene e disporne come se fossero proprietà privata. Le risorse del Paese sono immense, perché, separandosi dal resto del Sudan, il Sud Sudan si è trovato con i due terzi dei giacimenti di petrolio, già attivi tra l’altro. Da sola questa risorsa poteva bastare per far rinascere questo Paese dalle macerie, posto che, appunto, si resistesse alla tentazione di scialare, complice la corruzione e il malgoverno. L’altra tentazione era proprio quella di non assecondare l’aspetto tribale. All’origine dello scontro, nel 2013, c’è stato da un lato, da parte dei dinka, che sono poi la popolazione più numerosa - ma non dei dinka come popolazione, ma dei suoi leader (il presidente Salva Kiir è un dinka, ndr) - un progressivo accaparramento del potere. Le altre etnie, in particolare i nuer (etnia dell’ex vice Machar, ndr),  la seconda popolazione del Paese, hanno visto con crescente malcontento questa situazione, l’accentramento del potere sia a livello governativo, ma anche a amministrativo, e a un certo punto hanno reagito. Tutto è incominciato quando il vice presidente nuer ha dichiarato che alle successive elezioni presidenziali si sarebbe candidato. E’ stato immediatamente destituito e nel giro di poche settimane la situazione è precipitata: l’esercito si è diviso, i nuer da un lato e i dinka dall’altra, sono incominciati gli scontri armati e, nel giro di pochi mesi, la situazione è degenerata estendendosi alla popolazione.

inizio pagina

Emergenza siccità e falde inquinate nel nord del Bangladesh

◊  

Siccità e mancanza d’acqua potabile. Sono queste le attuali, principali criticità nella  parte nord occidentale del Bangladesh. L’acqua scarseggia in almeno una decina di distretti, dove vivono oltre 5,5 milioni di persone. Gli abitanti di diversi villaggi sono costretti a percorrere, ogni giorno, vari chilometri a piedi per trovare pozzi o fontane. Su questa emergenza, Amedeo Lomonaco ha intervistato, padre Alfio Coni, saveriano, per oltre 35 anni missionario nel Paese asiatico: 

R. – Adesso sta iniziando il caldo forte e quindi il problema dell’acqua si acuisce ulteriormente. È una stagione secca. Bisognerebbe trovare delle soluzioni per impiegare mezzi tecnici più aggiornati.

D. – Gli agricoltori locali, in particolare, lamentano il fatto che gli strumenti utilizzati sono poco profondi per irrigare i terreni quindi questo porta a consumare facilmente l’acqua in superfice e poi il resto è tutta acqua difficilmente reperibile …

R. – Questo è vero. I mezzi che hanno i contadini sono molto scarsi. Bisognerebbe andare in profondità. Però le falde acquifere stanno sprofondando sempre di più. L’altra questione è quella della salinizzazione del terreno, perché un po’ alla volta l’acqua risale dai fiumi, però è già inquinata dall’acqua del mare.

D. – Molti abitanti di vari villaggi sono costretti a fare diversi chilometri a piedi pur di trovare dell’acqua potabile …

R. – Per quanto riguarda l’acqua potabile bisogna tener presente che ci sono delle falde inquinate da arsenico. Poi ovviamente a lungo andare si sviluppano le malattie legate a questo. Nello stesso tempo l’acqua potabile non è più reperibile come prima a due o tre metri o a quattro o cinque di profondità. Bisogna andare molto, molto più giù. Queste sono tecniche che costano. Bisogna mettere pozzi che arrivano anche a duecento, trecento metri di profondità.

inizio pagina

Mons. Zuppi e Guccini ad Auschwitz con i ragazzi di una scuola media

◊  

Anche quest’anno, sotto l’Alto Patronato del presidente della Repubblica, è partito da Milano il viaggio per Auschwitz organizzato dal Comitato “In Treno per la Memoria” e Cgil-Cisl-Uil Lombardia. Lo spunto di riflessione scelto per il 2016 era “Il veleno di Auschwitz: restare umani di fronte al male”. A bordo del treno molti studenti e due ospiti d’eccezione: il cantautore Francesco Guccini, che 50 anni fa scrisse il brano “Auschwitz - Canzone del bambino nel vento” in memoria delle vittime dell’Olocausto, e mons. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna. Roberta Barbi ha raggiunto telefonicamente il presule in Polonia per farsi raccontare come è nato questo viaggio: 

R. – Il viaggio – il pellegrinaggio direi – nasce dall’idea di andare con Guccini, che 50 anni fa ha scritto questa canzone così nota che credo che tutti quelli della mia generazione, e anche della successiva, hanno cantato, imparato; e molti hanno conosciuto Auschwitz proprio per quelle parole, per quella musica. Quando Guccini la scrisse, la generazione era quella dei figli dei sopravvissuti; oggi sono i pronipoti. Dobbiamo sempre ripartire da lì per capire l’Europa, per trovare la risposta a quell’interrogativo sempre inquietante, ma anche così vero: “Ma quando mai l’uomo capirà? La belva umana quando sarà sconfitta?”.

D. – Per lei era la prima volta ad Auschwitz? Che emozione si prova a visitare questi luoghi?

R. – Non era la prima volta, ma è sempre come se fosse la prima volta. È l’emozione di sperimentare l’abisso dell’uomo e di come sia possibile arrivare a una fabbrica di morte. E anche che non è difficile – purtroppo – di fronte a tanti episodi di indifferenza, di violenza, forse non pianificata come la tragica contabilità di morte dei nazisti, ma certamente così distruttiva e dispersiva dell’uomo. Ci fa rientrare un po’ in noi stessi, ci aiuta a comprendere da che parte stare, a capire che ci sono dei sommersi e dei salvati, ci aiuta a scegliere di rifiutarsi di essere complici in tanti modi con una logica di morte.

D. – Siete partiti con una classe di una scuola media: come si può spiegare ai ragazzi una tragedia come Auschwitz e come comunicare nonostante questo la speranza?

R. – Spiegarlo si può molto con la storia, con le storie, per evitare l’anonimato dei numeri. Per questo la canzone di Guccini è bella, perché fa parlare un bambino. I ragazzi si sono preparati ascoltando molto le storie: da quella sempre eloquente e appassionate di Anna Frank, alle descrizioni di alcuni dei sopravvissuti. Come si fa a far vivere la memoria, cioè a capire che non è mai soltanto qualcosa del passato, ma è una domanda del presente? Questo è anche il nostro dovere: aiutare anche a vedere le tante situazioni di vittime, a conoscerle sempre non da spettatori, ma come una domanda diretta. Una delle cose che mi ha sempre colpito della canzone di Guccini è il verso “Quello è mio fratello”. E se partiamo da questo - cioè quell’umanesimo che unisce tutti - per me è profondamente intriso del Vangelo, che aiuta anche ad essere compagni di viaggio per disinquinare questa casa comune anche da tanto inquinamento di violenza e di pregiudizio.

D. – Quali sono le Auschwitz di oggi?

R. – Subito molti hanno pensato, siccome si è parlato di un bambino, ai barconi e a quelle Auschwitz di oggi: quel bambino era Aylan, il bambino siriano. Possiamo dire che, se ad Auschwitz il pregiudizio era l’antisemitismo e l’antigitanismo, spesso il pregiudizio verso gli stranieri o verso chi scappa dalla violenza e dalla guerra, è molto, molto simile.

inizio pagina

Marche: 4 mostre per celebrare il Giubileo con la bellezza dell'arte

◊  

E' stata inaugurata ad Ascoli Piceno la prima di quattro mostre organizzate nelle Marche per celebrare il Giubileo della Misericordia. Anche Osimo, Loreto e Senigallia ospiteranno questi eventi espositivi che si protrarranno fino al gennaio del 2017. Maria Laura Serpico ha chiesto a Stefano Papetti, curatore della rassegna allestita ad Ascoli e direttore della locale Pinacoteca Civica, come si articola questa iniziativa: 

R. – La regione Marche, insieme alla Fondazione Giovanni Paolo II e alla Fondazione Cavallini Sgarbi, ha inteso celebrare quest'Anno giubilare attraverso l’organizzazione di quattro grandi mostre, distribuite in vari luoghi della regione, e - anche dal punto di vista cronologico - divise tra l’autunno e la primavera. Per quanto riguarda le prime due mostre, la prima a partire dal 12 marzo ad Ascoli, in Pinacoteca, è dedicata a Francesco nell’arte da Cimabue a Caravaggio; e la seconda dal 18 dello stesso mese ad Osimo, in Palazzo Campana, dove per la prima volta sarà possibile vedere 130 opere appartenenti alla cospicua raccolta di dipinti e sculture che Vittorio Sgarbi con i suoi familiari hanno messo insieme nell’arco di questi anni.

D. – Perché le Marche hanno avuto il desiderio di onorare in questo modo il Giubileo?

R. – Nessun'altra regione d'Italia ha messo in campo tanto attivismo, tanto investimento per iniziative di questo genere. E questo anzitutto perché le Marche, con il Santuario di Loreto, sono una meta di pellegrinaggio internazionale e quindi una vocazione a valorizzare i luoghi sacri - e non soltanto il Santuario di Loreto, ma molti altri luoghi della fede - che caratterizzano la nostra regione. Questo naturalmente si esterna attraverso la bellezza, attraverso la consapevolezza che - grazie alla committenza religiosa - grandissimi artisti marchigiani e non, hanno lasciato nella nostra regione capolavori straordinari. Questa è l’occasione per vederli, per ammirarli, concentrati in luoghi di grande fascino, anche dal punto di vista storico, artistico e architettonico.

Il vescovo della diocesi di Ascoli Piceno, mons. Giovanni D’Ercole, spiega perché la prima rassegna è stata dedicata all’iconografia di San Francesco: 

R. – Per noi ha un significato particolare, perché il 2015 ha segnato l’ottavo centenario del passaggio di San Francesco in Ascoli Piceno. Narrano le cronache che San Francesco - quando venne qui - conquistò tutta la popolazione e lo seguirono addirittura 30 giovani. In ricordo del passaggio di San Francesco ci sono state varie iniziative e tra queste possiamo iscrivere anche questa mostra, che vuole ricordare non tanto il passaggio di San Francesco qui ad Ascoli, ma piuttosto le rappresentazioni francescane, il francescanesimo dell’arte.

D. – Che tipo di rapporto sussiste tra l’arte e l’evento giubilare?

R. – L’arte ha una grande importanza, perché questo è un Giubileo che parla della misericordia di Dio e quindi riuscire a rappresentare, attraverso opere artistiche, il tema della misericordia, mi pare che sia molto importante. D’altra parte, l’arte è una delle espressioni che – a mio modo di vedere – più toccano il cuore. Quando si parla di arte ovviamente si intendono tutte le arti insieme e la capacità dell’uomo di esprimere qualcosa di più profondo e di raggiungere il cuore degli altri attraverso, appunto, l’arte; e che oggi andrebbe molto rivalorizzata ed anche sottolineata dal punto di vista religioso. Io colgo anche qui, come davanti ad alcune opere d’arte, ad alcune sculture ed architetture, ci sia una profonda commozione che nasce nel cuore della gente. 

Il cardinale Edoardo Menichelli, arcivescovo della diocesi di Ancona-Osimo, sottolinea come il Giubileo abbia dato vita a un nuovo impulso di sensibilizzazione nei confronti della cultura: 

R. – Credo che questo Giubileo, oltre naturalmente ai significati classici, storici e antichi che il Santo Padre ha richiamato - e quindi il rapporto con la misericordia di Dio e il rapporto con la misericordia che noi dobbiamo esercitare tra fratelli - abbia anche questa apertura, questa specie di invito a saper godere delle cose belle e a farle diventare un nutrimento, anzi direi addirittura una medicina per le nostre durezze del cuore e per le nostre durezze interiori.

D. – Qual è il nesso tra bellezza e misericordia?

R. – La misericordia fondamentalmente è l’amore: un amore donato, un amore sperimentato, un amore vissuto. Credo che il nesso sia più che evidente. Per questo capiamo le due parole: capiamo cos’è la misericordia, che è amore donato; e capiamo la bellezza, che non è solo una visione estetica delle cose. Per me, penso che questo pensiero possa essere condiviso: il massimo della bellezza del Vangelo è sul calvario, laddove l’immagine umana è – come dire – non proprio splendente, ma lì è il massimo della bellezza, perché lì c’è il massimo dell’amore. Allora l’arte può aiutare contemplando, nel caso specifico il volto del Crocifisso; e può aiutare a fare un passo e a dire: “Entro in questa contemplazione della bellezza di amore e cerco di introdurla nella mia vita e cerco di viverla".

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Iraq, attacco chimico dell'Is a Kirkuk

◊  

Iraq, due attacchi dell'is con armi chimiche a Kirkuk: muore una bimba di 3 anni, oltre 600 i feriti
I jihadisti del sedicente Stato islamico hanno sferrato due attaccati con armi chimiche su Taza, nelle vicinanze della città curda di Kirkuk, in Iraq. Secondo le autorità irachene nelle esplosioni è rimasta uccisa una bimba. Oltre seicento, poi, sarebbero le persone ferite o intossicate, mentre in centinaia stanno fuggendo dalla zona contaminata. Il luogo colpito era già stato stato preso di mira tre giorni da razzi armati con testate chimiche. "Quel che l'Is ha fatto nella cittadina di Taza non resterà impunito", hanno dichiarato le autorità irachene. Sameer Wais, la cui figlioletta Fatima è morta nell'attacco, è tra i combattenti sciiti che lottano contro i jihadisti dell’Is nella provincia di Kirkuk. Quando sono cadute le bombe chimiche, Sameer era di pattuglia, è tornato di corsa a casa, ha portato la piccola, ferita, in ospedale. Sembrava che Fatima si riprendesse. Poche ore dopo, però, gli effetti delle armi chimiche ne hanno provocato la morte. Tra i ricoverati in ospedale - ha raccontato un'infermiera - molti soffrono per bruciature e infezioni, hanno sintomi di soffocamento e disidratazione. Otto persone, ferite in modo più grave, sono state trasferite a Baghdad. (E.R.)

inizio pagina

Yemen, scontri tra polizia e al Qaeda: 14 vittime

◊  

Scontri tra polizia e militanti di Al Qaeda in Yemen: almeno 14 vittime
Secondo quanto riferito da media locali, sarebbe di almeno 12  militanti di al Qaida e due poliziotti yemeniti il bilancio delle vittime nei violenti scontri e in diversi raid aerei della coalizione araba avvenuti ad Aden, nello Yemen. Jet da combattimento ed elicotteri apache della coalizione a guida saudita hanno lanciato 4 raid a sostegno delle forze di sicurezza. Scontri tra gli agenti, che hanno installato nuovi checkpoint,  e i militanti sono avvenuti, la notte scorsa, nel distretto di Mansura. Sembra che al Qaida e i jihadisti del sedicente Stato islamico stiano approfittando del conflitto tra i ribelli Houthi e le forze filo-governative per rafforzare la loro presenza nel sud del Paese, compresa la citta' di Aden. (E. R.)

inizio pagina

Pakistan, più seggi alle minoranze religiose

◊  

La Commissione parlamentare pakistana per il diritto e la giustizia ha approvato all’unanimità l’aumento dei seggi riservati alle minoranze religiose sia nell’Assemblea nazionale che in quelle provinciali. La proposta – riferisce L’Osservatore Romano verrà ora portata nell’agenda del Parlamento per essere votata e diventare legge.

Poca trasparenza e rappresentatività per le minoranze religiose
La questione della rappresentatività delle minoranze religiose è sempre stata molto delicata: i cristiani hanno spesso parlato di “deficit di trasparenza e di rappresentatività”, denunciando un meccanismo di selezione basato sul clientelismo, condizionato dalla corruzione, e in molti casi affidato alla scelta di partiti musulmani. Nel 2011 è entrato in vigore un provvedimento che riserva alle minoranze religiose (cristiane e indù) quattro seggi del Senato pakistano per ogni provincia. Ma la selezione dei candidati è appannaggio dei partiti, che sono per la maggior parte islamici. E avviene sulla base di criteri puramente finanziari, cioè valutando il contributo, in milioni di rupie, che un candidato può dare al partito. La presenza di cristiani o indù nell’Assemblea nazionale in Pakistan è storicamente minima. La situazione di altri gruppi minoritari è perfino peggiore: ad esempio i circa quattro milioni di ahmadi in Pakistan sono esclusi dal voto nelle elezioni.

Minoranze religiose fortemente discriminate
In un recente rapporto sulla libertà religiosa in Pakistan, realizzato dal Governo degli Stati Uniti e da alcuni gruppi e attivisti per i diritti umani, emerge che le minoranze religiose sono fortemente “discriminate” e nel Paese asiatico si respira «un’atmosfera di intolleranza religiosa», mentre i leader religiosi continuano in un’opera di costante islamizzazione. La storia recente del Paese è segnata da conflitti locali perpetrati in nome della religione: da quando è entrata in vigore la shariah (la legge basata sui precetti del Corano, in vigore in Pakistan dal 1991) sono aumentate in misura esponenziale le violenze e gli abusi dei fondamentalisti islamici verso le minoranze. (L’Osservatore Romano)

inizio pagina

Germania, si vota in tre Länder, test su Merkel

◊  

Tredici milioni di tedeschi alle urne oggi in tre Länder: Renania-Palatinato, Baden-Wuerttemberg e Sachsen-Anhalt. Elezioni che si profilano come un test cruciale di gradimento per la cancelliera Angela Merkel, soprattutto relativamente alla sua politica sui rifugiati. I primi sondaggi mostrano una forte sconfitta per i Cristiano-democratici (Cdu) di Merkel, che potrebbe indebolire il partito in vista delle elezioni nazionali del 2017. L’ipotesi è che ad avanzare sarà la destra populista dell’Afd. La decisione di Merkel di mantenere i confini tedeschi aperti, nonostante l'arrivo di oltre 1 milione di richiedenti asilo nel 2015, avrebbe fatto perdere molti dei suoi tradizionali sostenitori al partito di centro destra. Secondo il sondaggio di Politbarometer, pubblicato giovedì scorso, infatti, la Cdu perderebbe il suo status di più grande partito nel Baden-Wuerttemberg, scendendo al 29%, mentre i Verdi salirebbero al 32%. In Renania-Palatinato, sempre secondo i sondaggi, la Cdu potrebbe  scendere al 35%, finendo dietro all'Spd, suo partner nella coalizione di governo, che invece si attesterebbe al 36%. Il partito di Angela  Merkel, infine, resterebbe il soggetto più forte in Sassonia-Anhalt, dove però i sondaggi mostrano una crescita fino al 18% dell'AfD (Alternative für Deutschland) il partito euroscettico di estrema destra fondato da Bernd Lucke, professore di macroeconomia dell'Università di Amburgo. (E.R.)

 

inizio pagina

Presidenziali Usa: Rubio vince i caucus a Washington D.C.

◊  

Rubio vince nella capitale statunitense e ottiene 10 delegati
Marco Rubio vince i caucus repubblicani a Washington D.C. e conquista dieci delegati. Per il senatore della Florida si tratta della terza vittoria nella corsa per le presidenziali statunitensi. Rubio, infatti, ha già vinto i caucus del Gop in Minnesota e le primarie repubblicane a Porto Rico.

Tensioni ai comizi di Trump
Non accennano a diminuire, intanto, i contrasti e le tensioni tra sostenitori e oppositori dell’altro candidato repubblicano, il magnate Donald Trump. Ieri, a causa delle proteste, è stato annullato il comizio previsto a Chicago, mentre dopo le due tappe in Ohio e Missouri, la polizia è intervenuta anche a Kansas city per separare contestatori e supporters. (E.R.)

inizio pagina

Terra Santa: le comboniane da 50 anni presenti a Betania

◊  

Le Suore missionarie comboniane, l'istituto esclusivamente missionario fondato nel 1872 da san Daniele Comboni, hanno celebrato da poco i cinquant'anni di presenza a Betania, la località della Giudea attualmente nel territorio dello Stato palestinese, e separata dalla vicina Gerusalemme dal Muro di divisione. 

Video su Comboni e la Terra Santa e Messa
Sabato scorso, 5 marzo - riferisce l'agenzia AsiaNews - il momento più intenso delle celebrazione ha visto una moltitudine di amici e conoscenti partecipare alla proiezione di un video sulla storia e la spiritualità delle comunità fondata dal Comboni, che prima di iniziare il suo lavoro apostolico in Sudan era voluto passare per Betlemme e Gerusalemme, sostando presso il Santo Sepolcro, come è raccontato nei suoi scritti. Dopo la proiezione, una Messa è stata celebrata dal vescovo William Shomali, vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme.

Le comboniane assistono i beduini, i richiedenti asilo e le donne straniere
In Terra Santa le suore comboniane - riferiscono i media ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme, in un reportage curato da Andres Bergamini – attualmente svolgono la loro missione apostolica soprattutto nei campi dell'istruzione e dell'assistenza ai beduini, ai richiedenti asilo e alle donne straniere. Una comunità si trova anche nella città giordana di Kerak. “Comboni” racconta nel reportage suor Adele Brambilla, superiora della comunità in Kerak “ci ha donato il suo spirito che avvicina i più poveri ed esclusi. Per questo noi siamo in Kerak, una zona prevalentemente musulmana, al servizio dei più poveri ed esclusi: beduini, rifugiati siriani ai quali offriamo accoglienza e cure mediche che non possono trovare altrove”.

Oggi una scuola solo per i bambini di Gerusalemme
La Casa delle suore di Betania comprende una scuola che oggi serve i bambini di Gerusalemme Est. In passato, la scuola era frequentata anche dai bambini di Betania. Poi gli israeliani tra la scuola e la città palestinese hanno innalzato il Muro di separazione, All'inizio, una porta aperta nel muro consentiva ai bambini di Betania di continuare a frequentare la scuola. Poi anche quel passaggio è stato chiuso.

Per il cinquantesimo la presenza di tanti collaboratori
Alla festa per i cinquant'anni di presenza a Betania delle comboniane hannno preso parte, tra gli altri, anche il rabbino Jeremy Milgram (coinvolto nel lavoro delle suore a favore dei beduini), la dottoressa Diddy Mymin Kahn (che ha collaborato con suor Azezet per la scrittura a quattro mani del libro su come aiutare i sopravvisuti alle torture) e Betina Birmans, medico neurologo che fa parte dei Medici per i diritti umani (Physician for human rights). (G.V.)

inizio pagina

Vescovi Capo Verde: al voto per libertà religiosa e famiglia

◊  

Lavorare per il bene comune, tutelare la libertà religiosa, promuovere la vita e la famiglia: sono queste le linee-guida che i vescovi di Capo Verde indicano nella loro  nota pastorale diffusa in vista delle prossime elezioni. Domenica 20 marzo, infatti, il Paese è chiamato alle urne per le votazioni legislative, un appuntamento – scrivono i presuli – che evidenzia il “diritto-dovere del cristiano di esercitare il voto in modo libero, consapevole ed autonomo, tenendo conto della Dottrina sociale della Chiesa, della responsabilità collettiva nei confronti del bene comune” e “dei diritti della persona umana”.

Votare per promuovere bene comune e costruire società più giusta
Di qui, il richiamo dei presuli capoverdiani affinché non si verifichi la compravendita di voti, insieme all’esortazione a “denunciare vigorosamente presso le autorità competenti ogni tentativo di manipolazione elettorale”. Il prossimo 20 marzo, dunque, si dovrà “votare con una coscienza morale e sociale ben formata”, capace di discernere, in modo completo ed approfondito, i vari candidati, così da prediligere coloro che “servono lo Stato ed il bene comune, e non gli opportunisti in cerca di vantaggi personali, a detrimento del popolo”. Il tutto con l’obiettivo di “edificare una società più giusta, democratica e fraterna”. “I cristiani hanno l’obbligo morale e civile di votare per promuovere il bene comune – ribadiscono nuovamente i vescovi – Per questo, non votare può ritenersi una grave mancanza civica”.

Rispettare le differenze, l’altro non è un nemico da abbattere
Altro punto essenziale della nota pastorale riguarda “il rispetto delle differenze”: in uno “spirito democratico”, infatti, i vescovi esortano ad “accettare il pluralismo di idee e di programmi” politici, senza considerare “un nemico da abbattere” chi la pensa diversamente, perché “l’unità deve prevalere sul conflitto”. In quest’ottica, l’auspicio è che “la campagna elettorale sia contrassegnata da comportamenti etici e da discorsi di alto livello” e che il diritto di voto sia “un esercizio di responsabilità”. Al contempo, i politici vengono esortati a “promuovere la giustizia sociale, intervenendo per evitare situazioni di esclusione”.

Tutelare lavoro dignitoso e libertà religiosa, fondamentali per pace sociale
Centrale, inoltre, il richiamo al lavoro dignitoso, poiché esso “costituisce uno dei principali fattori con cui la maggioranza delle persone supplisce alle proprie necessità basilari e permette la piena integrazione sociale” di ciascuno. In particolare, poi, i presuli capoverdiani si soffermano sulla libertà religiosa, definito “un tema sensibile e fondamentale per l’affermazione dei diritti umani e della pace sociale”. Allo stesso livello di importanza i vescovi pongono la promozione della vita e della famiglia, chiedendo alla politica di difendere “il diritto inalienabile alla vita ed alla dignità della persona umana dal concepimento e fino alla morte naturale” e di tutelare “il valore della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna”.

Promuovere economia sostenibile, cura del Creato e giustizia di qualità
Non solo: la Chiesa di Capo Verde auspica anche “progetti politico-sociali che difendano la qualità dell’ambiente e dell’ecosistema”, perché “la salvaguardia della Casa Comune è un imperativo sociale per garantire una terra salubre alle generazioni future e proteggere i più deboli”. Ulteriori punti della nota pastorale riguardano “la promozione di un’economia sostenibile e solidale”, socialmente forte, incentrata sull’uomo ed attenta ai più poveri; l’attuazione di una giustizia “veloce e di qualità”, “condizione fondamentale per un’autentica pace sociale”; “l’attenzione all’educazione, diritto basilare per lo sviluppo della persona”; l’impegno per “una cultura umanistica e per una politica totalmente orientata alla dignità all’essere umano”.

Appello alla partecipazione: astensionismo impedisce sviluppo democratico
Il documento si conclude, quindi, con un forte appello a votare, perché “chi deliberatamente non si reca alle urne – spiegano i vescovi – perde l’opportunità di collaborare alla promozione ed allo sviluppo della democrazia nel Paese”. (A cura di Isabella Piro)

inizio pagina

Vescovi Algeria. Charles de Foucauld, testimone di misericordia

◊  

“Charles de Foucauld resta una figura esemplare per il nostro mondo e per la testimonianza del Vangelo. La sua esistenza è stata segnata dalla preghiera, dall’adorazione, dal senso profondo dell’Eucaristia ma anche dalla presenza di Gesù nei più poveri. Ha superato le barriere dell’appartenenza religiosa, sì è fatto uomo per tutti”. Lo scrivono i vescovi dell’Algeria in una lettera che ricorda il centenario della morte di Charles de Foucauld (1858-1916), che ricorrerà il 1° dicembre 2016, ed in cui gli dedicano un intero anno, congiuntamente al Giubileo della Misericordia.

Celebrazioni ad El Meniaa, dove è stato tumulato nel 1929
Le celebrazioni si sono aperte il 4 dicembre 2015 ad El Meniaa, dove il suo corpo riposa dal 1929, e culmineranno l’1 dicembre 2016. In questo periodo “siamo tutti invitati, in ogni diocesi, a celebrare la sua memoria a conoscere meglio la sua vita e la sua testimonianza”. Una mostra permanente resterà aperta tutto l’anno nella chiesa di El Meniaa, vicino al cimitero in cui è sepolto, ed un’altra esposizione itinerante toccherà diverse località.

E' stato uno dei testimoni per eccellenza della Misericordia di Dio
Nella lettera, i vescovi ripercorrono la vita di Charles de Foucauld, i frutti della sua opera, fino alla beatificazione, nel 2005, ed “il suo desiderio di essere il ‘fratello universale’, sull’esempio di Gesù, aperto all’accoglienza di tutti, di qualsiasi condizione sociale, religiosa o etnica”. Concludono con questo interrogativo: “Lo seguiremo su questo arduo cammino di imitazione di Gesù, come uno dei testimoni per eccellenza della Misericordia di Dio al di là di ogni frontiera ?”.

La sua vita 
​Charles de Foucauld (Fratel Carlo di Gesù) nasce a Strasburgo (Francia) il 15 settembre 1858. Orfano a 6 anni, intraprende la carriera militare. Nell’adolescenza si allontana dalla fede. Durante una esplorazione in Marocco, l’incontro con la fede dei musulmani risveglia in lui l’interrogativo sull’esistenza di Dio. Rientrato in Francia, si mette in ricerca e a 28 anni ritrova la fede. Un pellegrinaggio in Terra Santa gli rivela la sua vocazione: seguire ed imitare Gesù nella vita di Nazareth. Vive 7 anni alla Trappa, prima a Nostra Signora delle Nevi, poi ad Akbès in Siria. In seguito vive solo, nella preghiera, nell’adorazione, in grande povertà, presso le Clarisse di Nazareth. Ordinato sacerdote a 43 anni (1901), si reca nel deserto algerino del Sahara, vivendo una vita di preghiera nell’incessante desiderio di essere, per ogni persona il “fratello universale”, viva immagine dell’Amore di Gesù. Viene ucciso la sera del 1° dicembre 1916 da una banda di predoni. (S.L.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 73

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.