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Sommario del 17/03/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa Francesco: la compassione è la vera forza di una società

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La forza di una comunità si vede dalla sua compassione per i più deboli: è quanto ha detto Papa Francesco ai circa 3 mila partecipanti all'incontro promosso a Roma dall'Harvard World Model United Nations, ricevuti nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Si tratta di una iniziativa che riunisce studenti universitari di 115 Paesi con l’obiettivo di far comprendere l’attività svolta dall’Onu e dagli organismi internazionali e formare i leader mondiali del futuro. Il servizio di Sergio Centofanti

I problemi del mondo hanno un volto
Le Nazioni Unite e ciascuno degli Stati membri siano sempre disposti “al servizio di quanti nel mondo sono più vulnerabili ed emarginati”. Così Papa Francesco si rivolge ai giovani, sottolineando “la necessità e l’importanza” delle “strutture di cooperazione e di solidarietà, che sono state forgiate dalla comunità internazionale nel corso di molti anni”. Al centro dell’attenzione ci sia sempre la persona – è l’invito del Papa – perché i problemi hanno sempre un volto e “dietro ogni difficoltà che il mondo affronta, ci sono uomini e donne, giovani e vecchi”, persone come noi:

“Ci sono famiglie e individui che vivono ogni giorno lottando, che cercano di prendersi cura dei loro figli e di provvedere ad essi non solo per il futuro, ma anche per le elementari necessità dell’oggi. Così pure, molti di coloro che sono colpiti dai problemi più gravi del mondo attuale, dalla violenza e dall’intolleranza, sono diventati rifugiati, tragicamente costretti ad abbandonare le loro case, privati della loro terra e della loro libertà”.

La compassione verso gli altri è la forza di una comunità
Queste persone hanno bisogno di aiuto – sottolinea il Papa - chiedono a gran voce di essere ascoltate e sono più che mai degne di ogni nostro sforzo per la giustizia, la pace e la solidarietà:

“La nostra forza come comunità, a qualsiasi livello di vita e di organizzazione sociale, poggia non tanto sulle nostre conoscenze e abilità personali, quanto sulla compassione che mostriamo gli uni verso gli altri, sulla cura che pratichiamo specialmente per quanti non possono avere cura di sé stessi”.

Prendersi cura degli altri, vocazione di tutta l'umanità
Il Papa ricorda infine l’impegno della Chiesa Cattolica nel servire i poveri, i rifugiati, le famiglie e proteggere l’inalienabile dignità e i diritti di ogni essere umano:

“Noi cristiani crediamo che Gesù ci chiama a servire i nostri fratelli e sorelle, a prenderci cura degli altri, a prescindere dalla loro provenienza e dalle circostanze. Tuttavia, questo non è solo un distintivo dei cristiani, ma è una chiamata universale, radicata nella nostra comune umanità, una cosa che abbiamo dentro come persone!”.

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Francesco: speranza, virtù umile e forte che non ci fa annegare

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La speranza cristiana è una virtù umile e forte che ci sostiene e non ci fa annegare nelle tante difficoltà della vita. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha ribadito che la speranza nel Signore non delude mai, è fonte di gioia e dà pace al nostro cuore. Il servizio di Alessandro Gisotti

Gesù parla con i dottori della legge ed afferma che Abramo “esultò nella speranza” di vedere il suo giorno. Papa Francesco ha preso spunto dal passo del Vangelo odierno per sottolineare quanto la speranza sia fondamentale nella vita del cristiano. Abramo, ha detto, “ha avuto le sue tentazioni sulla strada della speranza”, ma ha creduto e ha obbedito al Signore e così si è messo in cammino verso la terra promessa.

La speranza ci porta avanti e ci dà gioia
C’è dunque, annota il Papa, come un “filo della speranza” che lega “tutta la storia della salvezza” ed è “fonte di gioia”:

“Oggi la Chiesa ci parla della gioia della speranza. Nella prima preghiera della Messa abbiamo chiesto la grazia a Dio di custodire la speranza della Chiesa, perché non ‘fallisca’. E Paolo, parlando del nostro padre Abramo, ci dice: ‘Credete contro ogni speranza’. Quando non c’è speranza umana, c’è quella virtù che ti porta avanti, umile, semplice, ma ti dà una gioia, delle volte una grande gioia, delle volte soltanto la pace, ma la sicurezza che quella speranza non delude. La speranza non delude”.

Questa “gioia di Abramo”, questa speranza – ha proseguito – “cresce nella storia”. “Delle volte – ha ammesso – si nasconde, non si vede; delle volte si manifesta apertamente”. Francesco cita l’esempio di Elisabetta incinta che esulta di gioia quando viene visitata da sua cugina Maria. E’ la “gioia della presenza di Dio – ha detto – che cammina con il suo popolo. E quando c’è gioia, c’è pace. Questa è la virtù della speranza: dalla gioia alla pace”. Questa speranza, ha ripreso, “non delude mai”, neppure nei “momenti della schiavitù”, quando il popolo di Dio era in terra straniera.

La speranza ci sostiene e non ci fa annegare nelle difficoltà
Questo “filo della speranza” incomincia con Abramo, “Dio che parla ad Abramo”, e “finisce” con Gesù. Francesco si sofferma sulle caratteristiche di questa speranza. Se, infatti, si può dire di avere fede e carità, è più difficile rispondere sulla speranza:

“Questo tante volte possiamo dirlo facilmente, ma quando si domanda: ‘Tu hai speranza? Tu hai la gioia della speranza?’ ‘Ma, padre, non capisco, mi spieghi’. La speranza, quella virtù umile, quella virtù che scorre sotto l’acqua della vita, ma che ci sostiene per non annegare nelle tante difficoltà, per non perdere quel desiderio di trovare Dio, di trovare quel volto meraviglioso che tutti vedremo un giorno: la speranza”.

La speranza non delude: è silenziosa, umile e forte
Oggi, ha detto il Papa, “sarà un bel giorno per pensare a questo: lo stesso Dio, che ha chiamato Abramo e lo ha fatto uscire dalla sua terra senza sapere dove dovesse andare, è lo stesso Dio che va in croce, per compiere la promessa che ha fatto”:

“E’ lo stesso Dio che nella pienezza dei tempi fa che quella promessa divenga realtà per tutti noi. E quello che unisce quel primo momento a quest’ultimo momento è il filo della speranza; e quello che unisce la mia vita cristiana alla nostra vita cristiana, da un momento all’altro, per andare sempre avanti - peccatori, ma avanti - è la speranza; e quello che ci dà pace nei brutti momenti, nei momenti più bui della vita è la speranza. La speranza non delude, è sempre lì: silenziosa, umile, ma forte”.

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Papa a colloquio col presidente portoghese su vita, famiglia e migranti

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Papa Francesco ha ricevuto oggi in Vaticano Marcelo Rebelo de Sousa, presidente della Repubblica Portoghese. Nel corso della visita, la prima all’estero del presidente dopo l’inaugurazione del suo mandato, “è stato espresso compiacimento per le buone relazioni tra la Santa Sede e il Portogallo, come pure per il contributo della Chiesa alla vita del Paese, con speciale riferimento al dibattito nella società sulla dignità della vita umana e sulla famiglia”.

Durante l’udienza, prosegue un comunicato della Sala Stampa Vaticana, “c’è stato uno scambio di vedute sulla situazione in Europa e nel bacino del Mediterraneo, in particolare sulla questione migratoria, nonché su altre questioni di rilevanza internazionale”.

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Tweet Papa: nessuno può essere escluso dalla Misericordia

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"Nessuno può essere escluso dalla Misericordia di Dio. La Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno rifiuta". E' il tweet pubblicato da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex in 9 lingue.

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Altre udienze e nomine

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina anche il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, mons. Nicola Girasoli, arcivescovo tit. di Egnazia Appula, nunzio apostolico in Trinidad e Tobago, Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Dominica, Giamaica, Grenada, nella Repubblica Cooperativistica della Guyana, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, San Vincenzo e Grenadine, Suriname, nonché delegato apostolico nelle Antille e rappresentante plenipotenziario della Santa Sede presso la Caribbean Community, e Félix Oudiane, ambasciatore del Senegal, in visita di congedo.

Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Clermont (Francia), presentata da mons. Hippolyte Simon, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

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Benedetto XVI: centralità dell'idea della misericordia di Dio è segno dei tempi

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“Come si arriva a credere”: è il titolo di un’intervista a Benedetto XVI del teologo gesuita Jacques Servais, pubblicata oggi su "L’Osservatore Romano", dove si affrontano temi cruciali della fede - giustificazione, salvezza, misericordia - che interpellano l’uomo contemporaneo. Il servizio di Roberta Gisotti: 

Si parte dalla giustificazione e dalla questione centrale su che cosa sia la fede e come si arrivi a credere. Da una parte, spiega il Papa emerito, “la fede è un contatto profondamente personale con Dio”, “al tempo stesso” “ha a che fare con la comunità” “dei fratelli e delle sorelle”. “L’incontro con Dio” ci fa infatti aprire, strappare dalla “chiusa solitudine”, per essere accolti “nella comunità vivente della Chiesa”. “La fede – aggiunge Benedetto XVI – non è un prodotto della riflessione e neppure un cercare nelle profondità” del nostro essere. E “la comunità non si crea da sola”, “non è un’assemblea di uomini che hanno delle idee in comune” da diffondere. “La Chiesa non è fatta da sé” ma “è stata creata da Dio” e “continuamente formata da Lui”. Si entra infatti nella Chiesa “non con un atto burocratico ma mediante il Sacramento”.

E se nei tempi odierni, ricorda Joseph Ratzinger, sovente “non è più l’uomo che crede di aver bisogno della giustificazione al cospetto di Dio” e sarebbe invece Dio a doversi giustificare “a motivo di tutte le cose orrende presenti nel mondo”, che “in ultima analisi dipenderebbero da Lui”, pure l’uomo ha in generale “la sensazione che Dio non possa lasciar andare in perdizione la maggior parte dell’umanità”. In altro modo continua “ad esistere la percezione che noi abbiamo bisogno della grazia e del perdono”. “Segno dei tempi”, “il fatto che l’idea della misericordia di Dio diventi sempre più centrale e dominante”, come rivelano Giovanni Paolo II e Papa Francesco. “Sotto la patina della sicurezza di sé e della propria giustizia – scrive Benedetto XVI – l’uomo di oggi nasconde una profonda consapevolezza delle sue ferite e della sua indegnità di fronte a Dio”. “Nella durezza del mondo tecnicizzato nel quale i sentimenti non contano più niente, aumenta però l’attesa di un amore salvifico che venga donato gratuitamente”.

Riguardo il tema della salvezza, dopo il Concilio Vaticano II - rammenta Benedetto XVI  - si è affermata la “consapevolezza che Dio non può lasciare andare in perdizione tutti i non battezzati”. “Cristo, in quanto unico, era ed è per tutti e i cristiani”, che “costituiscono il suo corpo in questo mondo” e “partecipano di tale essere per”. “Ciò non significa – chiarisce Joseph Ratzinger – un biglietto speciale per entrare nella beatitudine eterna, bensì la vocazione a costruire l’insieme, il tutto”. “Noi assieme al Signore che abbiamo incontrato – conclude il Papa emerito – andiamo verso gli altri e cerchiamo di render loro visibile l’avvento di Dio in Cristo”.

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Vatileaks2: prossima udienza rinviata al 6 aprile

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La  prossima udienza del processo in Vaticano per appropriazione e divulgazione illecita di documenti riservati è stata rinviata al 6 aprile alle 10.30. Lo ha disposto il presidente del Tribunale, come riferisce il direttore della Sala Stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi. La decisione è stata presa dopo che l’avvocato difensore di Francesca Immacolata Chaouqui ha presentato  documentazione medica da cui risulta che, in seguito a visita ospedaliera, è stato prescritto all’imputata “riposo assoluto a letto” per la durata di 20 giorni. L’udienza era prevista per domani.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Una chiamata all'umanità - Il Papa chiede di ascoltare la voce dei poveri e dei rifugiati

Una città affacciata sulla storia - Il cardinale Pietro Parolin all'apertura della mostra "Antiquorum habet" sui giubilei

Desideri, il lama venuto dall’Occidente - Silvia Guidi sul gesuita pistoiese che trecento anni fa raggiunse la capitale del Tibet

Uno sguardo unico - Emilio Ranzato a quarant’anni dalla morte di Luchino Visconti

La spada e il pastorale  - Piergiorgio Parroni sul Commento alla Monarchia di Dante di Cola di Rienzo

Punto di svolta - riflessione quaresimale di Mario Grech, vescovo di Gozo, presidente della Conferenza episcopale maltese

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Oggi in Primo Piano



Vertice europeo sui migranti. Di Tora: non essere disumani

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Al via oggi a Bruxelles il vertice del Consiglio europeo per l'approvazione da parte dei  capi di Stato e di governo del piano di azione con la Turchia sui migranti. Ankara si è impegnata a riprendere tutti i profughi privi di documenti giunti nell’Unione europea e inviare al loro posto rifugiati siriani regolarmente riconosciuti, ottenendo in cambio stanziamenti per 6 miliardi di euro, l'accelerazione dei negoziati sulla liberalizzazione dei visti e sull'adesione all'Unione. Sulla difficile situazione che coinvolge tanti civili in fuga, Federico Piana ha sentito mons. Guerino Di Tora, presidente della Commissione Cei per i migranti: 

R. – Di fronte a questa situazione - che è sotto gli occhi del mondo intero - di gente che fugge dalla guerra, dalla miseria, donne, mamme, bambini, padri, e vedere questi muri che vengono alzati, queste frontiere, questi fili spinati che vengono nuovamente innalzati, si chiude il cuore umano. Diventa il senso di una disumanità di fronte a questa realtà. Prima ancora di tante situazioni, di problemi, c’è il diritto di ogni persona alla sopravvivenza, alla ricerca di quella che può essere una situazione e il Papa fa appello a ripartire primariamente da quello che è la necessità del momento. Leggere i segni dei tempi significa capire quali sono oggi le situazioni che stiamo vivendo. Il problema migratorio oggi è quello che risponde alla situazione di questo momento, il mondo che si sta spostando dalla realtà del disagio, della difficoltà, della morte, della miseria, verso la ricerca di un benessere, di una sicurezza. Io immagino tutte queste mamme, padri  che vogliono dare una speranza ai loro figli.

D. – A Bruxelles c’è un vertice decisivo con i turchi per fermare il flusso verso i Balcani. E dopo la chiusura della rotta balcanica i trafficanti hanno riattivato massicciamente la traversata dalla Libia …

R. - Queste sono due situazioni che evidentemente camminano insieme. La realtà della politica deve trovare il modo, la forma migliore, più giusta, per poter regolamentare questo flusso oppure creare quei luoghi di accoglienza più prossimi alle nazioni da cui si fugge. È chiaro che in questo contesto, ogni controparte tende a cercare il meglio per sé. E purtroppo tante volte a farne le spese è la povera gente, i  migranti che vedendo chiuse oggi le rotte balcaniche tornano alla situazione - anche se più pericolosa - dei barconi in mare e quindi la fuga dalla Libia, dalla Tunisia o da zone limitrofe per riappropriare questo approccio con la terraferma e l’Europa. Tutto questo accade con gravi rischi perché sappiamo che questi barconi sono carrette del mare e quindi quello che può significare. Noi dobbiamo pensare che la gente che rischia di morire in mare, di lasciare la propria vita tra le onde, è segno che almeno quella è la speranza, perché dall’altra parte non trova nulla. Del resto non possiamo oggi immaginare che il fenomeno migratorio, questo flusso di enormi popolazioni possa essere fermato con muri o cose del genere. È uno di quei fenomeni epocali che oggi si sta realizzando e che era stato previsto da tanto tempo, solo che non è stato preso in considerazione e ci si è trovati quindi all’improvviso con un fenomeno che oggi nessuno da solo è in grado di poter governare. Occorre l’Europa intera per fare questo! Anzi, essendo un fenomeno mondiale, deve poterlo governare l’Onu.

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Siria: ai colloqui di Ginevra anche le opposizioni moderate

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Il governo siriano mette in guardia chiunque tenti di minare l'unità e l'integrità territoriale della Siria: così Damasco risponde alla proclamazione di una federazione autonoma da parte dei curdi siriani nel nord del Paese, alla quale è contraria anche la Turchia. Intanto procedono i negoziati a Ginevra, dove per la prima volta sono ammessi anche i gruppi di opposizione più moderati. Roberta Barbi ne ha parlato con il prof. Luigi Bonanate, docente di Relazioni Internazionali presso l’università di Torino: 

R. – Siamo in una situazione veramente da capogiro, non si capisce più che cosa dobbiamo pensare, che cosa possiamo sperare. All’inizio gli oppositori ad Assad erano ben chiari - sapevamo chi erano - sapevamo che l’Occidente era oggettivamente dalla parte dei ribelli, perché il regime di Assad era un regime dittatoriale. Poi, un po’ per volta, la crisi siriana è talmente degenerata che non sappiamo più chi è con chi, chi è nemico di chi e quali sono le diverse modalità di questa specie di balletto straordinario in cui ogni tanto qualcuno cambia posizione. La cosa più significativa, da questo punto di vista, direi, è ancora un’altra: non tanto la crisi siriana, ma il fatto che l’Occidente si sia rivelato totalmente incapace di affrontarla. Quando dico Occidente voglio dire Europa, ma voglio dire ancora di più gli Stati Uniti, i quali hanno perduto quella loro capacità di fare da equilibratori o da congelatori delle crisi internazionali. Le trattative di adesso sono benvenute, ultra benvenute, ma chi può avere fiducia che servano a qualcosa di veramente sostanzioso e che risolva il problema siriano?

D. – Attualmente i colloqui tra le parti sono mediati dall’Onu, ma sembrano che possano diventare diretti. È corretto? E questo cosa comporterebbe?

R. – L’Onu negli ultimi anni si è rivelato assolutamente incapace di assumere delle posizioni significative. Adesso c’è questa possibile mediazione: io, se fosse possibile, preferirei che fosse l’Onu a gestire trattative di questo tipo, proprio perché l’Onu è l’unica istituzione, l’unico personaggio della nostra scena, che avrebbe la legittimità per convincere le parti a giungere a più ragionevoli conclusioni. Le trattative dirette hanno, invece, il vantaggio dell’essere dirette: cioè ci si guarda negli occhi e abbiamo botta e risposta. La situazione, personalmente, la vedo piuttosto difficile, perché poi ci sono altre questioni intorno alla questione siriana: c’è la questione dell’Is; c’è poi il prolungamento che va verso la Libia. L’Onu, quindi, sarebbe il soggetto ideale, che venne inventato nel ’45 per questo tipo di problemi. Purtroppo, l’Onu ha perso gran parte del suo prestigio e l’Unione Europea non è riuscita ad acquistarne a sua volta. Quindi speriamo che le cose migliorino, ma non possiamo fare altro che sperare.

D. – I curdi siriani vorrebbero una regione autonoma nel Nord-Est al confine con la Turchia, ma sia Damasco che Ankara si oppongono e neppure gli Stati Uniti la riconoscerebbero. Come si può sciogliere questo nodo?

R. – La questione curda è in pista da un secolo ormai, a sua volta, non si può continuare a far finta di niente. Possiamo capire che i turchi non vogliano cederla, possiamo capire la Siria, posto che una cosa che si chiama Siria esista ancora o sia destinata ad esistere – poche settimane fa si era parlato dello smembramento della Siria: un pezzo a me, un pezzo a te, un pezzo ai vicini -. Per cui Siria e Turchia non possono aiutare i curdi, questo è evidente. Che gli Stati Uniti si chiamino per l’ennesima volta fuori, mi sembra di cattivo gusto. I curdi sono sempre stati maltrattati da tutti. Quando ci fu la storia di Öcalan, quel leader del partito comunista curdo, che era stato arrestato in Italia, l'Italia lo mandò indietro alle prigioni turche con una sorta di disprezzo. La questione curda è una questione grave, importante e che va affrontata, ma ce n’è un’altra di questione in quella zona, che purtroppo fa da modello, ed è la questione israelo-palestinese: la questione palestinese non è mai stata affrontata direttamente dalla diplomazia mondiale; allo stesso modo non è mai stata affrontata direttamente la questione curda.

D. – Non sono ben chiari i termini, ma l’esercito russo ha annunciato che si ritirerà dalla Siria entro pochi giorni…

R. – Sono vere queste cose? Perché in questi ultimi giorni da qualche parte ho letto che si ritirerà, altri giornali dicono che gran parte delle truppe sono già tornate a casa, al punto che sono state festeggiate dai compatrioti, dai compaesani. E quindi non possiamo neanche essere sicuri che davvero la Russia si sia ritirata. Una cosa è invece sicura: Putin è, in questo momento, l’unico grande stratega di politica internazionale al mondo. Questo non lo dico con approvazione, ma lo dico come osservatore: è stato in grado di dirigere la musica - anche se una musica cacofonica al massimo grado -  della vita mediorientale.

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A Bangkok megaprocesso per sfruttamento di esseri umani

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E’ iniziato a Bangkok il più imponente processo di sempre contro la tratta degli esseri umani. La magistratura thailandese giudica oltre 90 persone, tra cui diversi personaggi eccellenti, per aver organizzato un racket finalizzato allo sfruttamento e alla riduzione in schiavitù di migliaia di migranti provenienti soprattutto dalle aree dell’etnia rohingya in Myanmar. Decine i corpi senza vita non identificabili rinvenuti in fosse comuni al confine con la Malaysia. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Stefano Vecchia, raggiunto telefonicamente a Bangkok: 

R. - La Thailandia è da anni al centro di un traffico che fa convergere su questo Paese immigrati illegali, profughi dalle aree limitrofe: dalla Cina, dalla Corea del Nord, ma anche dal Laos, dalla Cambogia e dal Myanmar. E di conseguenza il governo di Bangkok ha deciso, a partire dallo scorso anno, di correre in qualche modo ai ripari. L’anno scorso, davanti alla scoperta di fosse comuni al confine tra la Thailandia e la Malaysia, il governo di Bangkok ha deciso di chiudere le coste a questo flusso. Di conseguenza, questi migranti sono rimasti per settimane in balìa del mare, fino a che la Malaysia  e l’Indonesia non hanno poi deciso di accoglierli provvisoriamente.

D. – Con questa iniziativa giudiziaria, possiamo dire che la Thailandia in qualche modo si pone in linea con la lotta alla tratta degli esseri umani che l’Onu, ma anche gran parte della comunità internazionale, porta avanti da tempo?

R. – Per quanto riguarda i profughi, qui in Thailandia ne restano alcune migliaia: parliamo soprattutto dei rifugiati dalla Birmania. Il problema è che la Thailandia non è firmataria della Convenzione Onu per i rifugiati, quindi, questi ultimi sono considerati illegali. Questo vale per loro, come anche per i cristiani in fuga dal Pakistan, per i nord-coreani in fuga dal regime di Pyongyang o per i musulmani uiguri che fuggono dalla Cina. Quindi sono sempre sotto la minaccia o dell’incarcerazione o dell’espulsione coatta verso i Paesi di provenienza. Quindi il problema è serio e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che ha accettato di prendersi cura di questi gruppi di profughi, può soltanto garantire un mantenimento sul costo, ma non garantirne la sicurezza davanti alle autorità thailandesi.

D. – A che cosa vanno incontro? Qual è il destino di questi fuggiaschi?

R. – Loro cercano la fuga perché sono perseguitati nei loro Paesi di provenienza. La Thailandia era un punto di transito fondamentale sulle rotte, in parte marittime e poi via terra. Ora il problema è che, quando arrivavano in Thailandia, venivano presi in carico da emissari di questi traffici transnazionali e rinchiusi nei campi di raccolta, dove, in parte, venivano trattenuti per il tempo necessario al loro passaggio in altri Paesi, oppure in parte venivano trattenuti dietro richiesta di riscatto alle famiglie in patria. Poi, se il riscatto non era pagato, in molti casi purtroppo venivano uccisi, come dimostrano gli almeno 139 corpi ritrovati nelle fosse comuni presso i Campi provvisori al confine tra la Thailandia e la Malaysia. 

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L'intolleranza per gli immigrati passa per i social

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E’ soprattutto attraverso i social media che viaggiano i messaggi di odio nei confronti degli immigrati. E i giornali tradizionali spesso non fanno altro che rilanciare questa forma di discriminazione. E’ la conclusione a cui è arrivata la ricerca sull’”Hate speech, giornalismo e migrazioni”, messa a punto da quattro associazioni. Alessandro Guarasci: 

Rifugiati, migranti, minoranze. Sui social, chi vuole spargere odio si concentra su questi soggetti. Basta dire che nel 2014 ci sono stati più di 700 episodi di intolleranza su Twitter, Facebook, Youtube. Casi che non hanno nulla a che dare con la libertà d’espressione. Elisa Marincola, di Articolo 21, una delle associazioni che ha promosso la ricerca:

“Vigilare su Twitter e Facebook, che sono delle bacheche assolutamente aperte e incontrollate, in cui spesso anche questa apertura è legata alla necessità di raccogliere pubblicità, che sicuramente non aiuta il cittadino a ragionare e ad avere degli elementi buoni per farsi delle opinioni non malate, non distorte”.

I giornali cartacei, i tg e le radio spesso vanno a ricasco. Ancora Marincola:

“I social traghettano anche una grande superficialità, anche un grande odio: e questo viene spesso rilanciato dai media che cercano visibilità attraverso queste forme di espressioni. Quindi non c'è un cambio di indirizzo”.

Per l’occasione è partita una campagna sui principali media contro ogni forma di discriminazione.

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Riapre dopo 30 anni il tesoro di Santa Maria Antiqua a Roma

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Riapre al pubblico dopo più di trent’anni Santa Maria Antiqua, la Basilica nel Foro Romano scoperta nel 1900: un tesoro inestimabile, scrigno di testimonianze pittoriche tra il VI e IX secolo. Chiusa dagli anni ottanta per un complesso intervento architettonico proseguito con il restauro delle pitture, alla riapertura della chiesa si accompagna la mostra “Santa Maria Antiqua. Tra Roma e Bisanzio”. Il servizio di Paolo Ondarza: 

Una perla rara incastonata in un gioiello di inestimabile valore. La piccola Chiesa di Santa Maria Antiqua collocata all’interno del Foro Romano si può definire così. Solo pochissimi esperti, tra le moltitudini di turisti e cittadini romani che quotidianamente percorrono gli antichi lastricati dell’area archeologica alle pendici del Palatino sono a conoscenza del patrimonio custodito all’interno della cappella: le pitture sono tra le poche testimonianze al mondo dello sviluppo dell’arte figurativa romana e greco bizantina. La battaglia iconoclasta, condotta tra l’VIII e il IX secolo dall’imperatore orientale Leone III Isaurico e poi da Leone V l’Armeno, cancellò infatti gran parte delle immagini sacre dell’epoca. Ricavata nel VI secolo dai resti della zona del palazzo di Domiziano, seppellita sotto le macerie del terremoto dell’847, tornata alla luce grazie allo scavo archeologico del 1900, Santa Maria Antiqua è rimasta chiusa al pubblico da trent’anni. Tanto è durato il restauro che restituisce al pubblico la purezza dell’impianto architettonico dei primi secoli del cristianesimo e soprattutto la parete palinsesto, vero e proprio museo dell’arte figurativa sacra tra IV e VIII secolo. Come i palinsesti - manoscritti antichi su pergamena, scritti, cancellati e riscritti - in una superficie di pochi metri quadri si susseguono sette strati di intonaci con frammenti di pitture di epoche diverse: lo sguardo ieratico di Maria Regina in trono del IV secolo, emerge tra dipinti di epoca precristiana e si affianca al volto ellenistico dell’Angelo Bello posteriore di 200 anni e a quello di un padre della Chiesa risalente al 700, epoca del pontificato dell’erudito Giovanni VII. Maria Andaloro è la  co-ideatrice della mostra "Santa Maria Antiqua tra Roma e Bisanzio”, insieme a Giulia Bordi e Giuseppe Morganti: 

R. – Santa Maria Antiqua è un monumento – come ha detto – nascosto proprio nel Foro, alle pendici del Palatino, scoperto nel 1900 e che nel corso del ‘900 ha avuto alterne vicende di abbandoni e di rivelazioni. In questi ultimi 30 anni è stata chiusa soprattutto per preparare quel restauro che si è poi effettuato tra il 2001 e ieri.

D. – Simbolo che attrarrà sicuramente tanti visitatori è la famosa parete palinsesto …

R. – Il palinsesto è la stratificazione di più pitture su nuovi intonaci, ogni volta sulla stessa parete. Però noi possiamo vedere quello che c’è sotto grazie alle lacune, quindi alla perdita di pittura degli strati in superficie: laddove c’è una lacuna dello strato più in superficie, noi vediamo affiorare lo strato sottostante e la pittura per quel tanto che coincide con la lacuna della parte superiore.

D. – Ahimè, non potremo mai vedere le pitture nella loro interezza…

R. – Per ora no! Però questa mostra si caratterizza per una serie di itinerari che abbiamo predisposto e, forse, il più interessante e il più importante dei quali è proprio il percorso multimediale, perché aiutiamo il visitatore a capire, a comprendere  com’era la chiesa, con i suoi dipinti, nelle varie fasi, attraverso un’opera di videomapping e di video, con l’idea di restituire il perduto attraverso delle restituzioni di carattere virtuale.

D. – La mostra sarà permanente?

R. – No. La chiusura della mostra è prevista per l’11 settembre. Però noi vogliamo lavorare affinché questi apparati multimediali, che sono proprio inerenti alla possibilità di comprendere il monumento che si mostra, possano diventare invece definitivi.

D. – Una storia travagliata quella di Santa Maria Antiqua nei secoli…Vogliamo ricordarle queste vicende?

R. – E’ una chiesa che è proprio incapsulata all’interno del complesso domizianeo della fine del I secolo, quel complesso che era in contatto – attraverso una rampa, che oggi fa parte integrante del percorso della mostra – con i palazzi imperiali sul Palatino. Questa chiesa nell’847, quindi molti secoli fa, a causa di un terremoto e poi di una frana che si è staccata dal Palatino, è stata abbandonata. Per dodici secoli circa, fino al 1900, questa chiesa è stata sottratta alla vista dei romani e del mondo. E’ stata scoperta, appunto, nel 1900: abbiamo poi avuto alterne vicende all’interno di questo secolo ed oggi con la mostra, che si è inaugurata ieri, diciamo che ha un secondo battesimo, che speriamo sia quello che porti questa chiesa alla conoscenza e alla partecipazione non solo dei romani, ma anche degli italiani e dei cittadini del mondo.

D. – Il valore, infatti, è inestimabile: conserva testimonianze rare, proprio perché di una pittura che è stata vittima di una battaglia iconoclasta tra il secolo VIII e IX…

R. – Nel momento in cui a Costantinopoli, in tutto l’Impero Bizantino, divampava la lotta iconoclasta. Santa Maria Antiqua è una testimonianza straordinaria di arte, ma anche di pensiero. 

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Nella Chiesa e nel mondo



Chiese cristiane: si faccia di più per migranti e rifugiati

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“L’Europa può e deve fare di più per proteggere la vita e la dignità di chi tra noi è più vulnerabile”: lo scrivono le Chiese cristiane europee e cinque organizzazioni ecumeniche ai leader politici europei in vista del Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles ed ha al centro della sua agenda la crisi dei migranti in Europa.

Rispettare obblighi del diritto internazionale
La lettera – diffusa oggi e ripresa dall’agenzia Sir – è firmata dalla Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme), dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek), da Eurodiaconia, Ue-Cord e Act Alliance. In particolare, essa esorta “i governi europei a mantenere le loro promesse e gli obblighi ai sensi del diritto internazionale”, ed invita l’Ue ad “incrementare gli sforzi per soccorre le persone nella regione del Mediterraneo e, al tempo stesso, a creare passaggi sicuri e legali per i rifugiati, nonché servizi di supporto adeguati una volta arrivati in Europa”.

Garantire passaggi sicuri e ricongiungimenti familiari
Il “passaggio sicuro” dei rifugiati nel continente – proseguono le Chiese firmatarie – deve includere programmi di “ricongiungimento familiare”, perché “l'unità della famiglia è importante per l'integrazione dei rifugiati nelle società europee” ed in tal modo si eviterà che i migranti “rischino la vita o ricorrano ai trafficanti”. Di qui, il richiamo ad assicurare gli standard minimi europei per le condizioni di accoglienza dei rifugiati e la richiesta di rimuovere, ove possibile, ciò che ostacola l’accesso ai servizi sanitari, alla formazione, alle iniziative di inclusione sociale ed al mercato del lavoro.

Necessaria cooperazione e collaborazione tra Paesi
“La crisi dei rifugiati – si legge ancora nel documento - è una sfida sia per l’Ue sia per i Paesi vicini e richiede un’ampia cooperazione e collaborazione con i Paesi al di là delle frontiere esterne dell’Ue”. Per questo, le Chiese europee esprimono preoccupazione per l’accordo proposto tra Ue-Turchia, in particolare per il cosiddetto piano “one in, one out” per i rifugiati siriani, ma che rischia di escludere chi arriva da altri Paesi come Afghanistan o Eritrea. “Le espulsioni collettive – prosegue la missiva - sono in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo; inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte europea di giustizia e della Corte europea dei diritti dell'uomo, chiunque ha diritto di chiedere asilo nel Paese di arrivo o in qualsiasi altro Paese”.

Pace per la Siria
Di qui, l’auspicio che “qualsiasi futuro accordo con la Turchia rispetti gli obblighi degli Stati membri dell'Unione europea secondo il diritto europeo e internazionale, e in particolare i principi sanciti dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati”. Invocando, poi, la pace per la martoriata Siria, i firmatari auspicano che la giustizia ed il rispetto delle minoranze religiose ed etniche siano la priorità di un futuro accordo per il Paese.

Vivere nell’Europa della solidarietà
Consapevoli, quindi, “delle pressioni e delle controversie” presenti nelle società europee circa l’accoglienza dei rifugiati, le Chiese si dicono d’accordo sulla necessità di “sviluppare un sistema più ordinato”, ma al contempo ricordano quanto sia più importante dare “segni di speranza e di umanità”, perché così - conclude la missiva - si vive “l’Europa della solidarietà”, cui la politica dovrebbe guardare di più. (I.P.)

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San Patrizio. Primate d'Irlanda: non dimenticare chi era migrante

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“Auguri agli irlandesi in patria e all’estero, ma in modo speciale ai nuovi irlandesi, i tanti immigrati che hanno fatto dell’Irlanda la loro casa”. Apre così il messaggio dell'arcivescovo di Armagh Eamon Martin. Primate d'Irlanda, per l’odierna festa nazionale di San Patrizio, patrono d’Irlanda. 

Una festa per celebrare le conquiste e ricordare le sfide dell’Irlanda oggi
Una giornata – rileva mons. Martin - che è al tempo stesso di celebrazione e di sfida: di celebrazione per le tante conquiste del Paese che quest’anno festeggia il centenario della sua indipendenza e per la radicata identità cristiana di cui è permeata la società irlandese con i suoi valori di fede, speranza e carità. “Ma l’Irlanda del 2016 deve anche affrontare numerose sfide: dalla povertà, all’emergenza abitativa alle enormi sfide sulla famiglia. Di fronte a queste sfide la Festa di San Patrizio  - sottolinea il messaggio - ci ricorda il suo profondo senso personale della misericordia di Dio e il desiderio di condividerlo con gli altri.

Seguire l’esempio di San Patrizio con la solidarietà verso i rifugiati
Di qui l’esortazione a tutti gli irlandesi a seguire il suo esempio aprendosi all’amicizia personale con Cristo e all’esperienza della misericordia di Dio nelle proprie vite per portare questa misericordia e carità a tutti i sofferenti e bisognosi del mondo, in particolare ai rifugiati e alle famiglie sfollate: “Come popolo irlandese - sottolinea mons. Martin – non possiamo pensare a Patrizio,  il prigioniero, lo schiavo in esilio, l’immigrato irregolare, senza riconoscere le enormi sfide umanitarie e pastorali affrontate dalle tante persone oggi sfollate senza uno status riconosciuto nel mondo, come accade nella sconvolgente crisi dei rifugiati in Europa.

Non dimenticare gli emigrati irlandesi nel mondo
​Infine il messaggio ricorda i tanti emigranti irlandesi nel mondo e l’opera svolta dalle loro cappellanie nei vari Paesi in cui sono immigrati: Ispirati dall’insegnamento del Vangelo: essi offrono una aiuto pastorale essenziale ai tanti irlandesi che cercando di stabilirsi in nuove società”. (L.Z)

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Yemen. Mons. Hinder: ancora nessuna notizia del sacerdote rapito

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A quasi due settimane dal massacro perpetrato da un commando terrorista nella casa di cura di Aden, dove hanno perso la vita quattro suore Missionarie della Carità insieme ad altre 12 persone – tra personale e assistiti – non si hanno ancora notizie certe di padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote salesiano che si trovava nella struttura e che i terroristi hanno prelevato e portato via con sé dopo aver compiuto la strage. “Non sappiamo niente, non sappiamo dove si trovi e se è ancora vivo. Speriamo e preghiamo per lui” riferisce all'agenzia Fides il vescovo Paul Hinder, vicario apostolico per l'Arabia meridionale.

Lo Yemen continua ad essere sconvolto da violenze e attacchi militari 
Lunedì scorso, 14 marzo, almeno 107 persone sono morte a causa del bombardamento su un mercato affollato, compiuto dalla coalizione a guida saudita ad al Khamis, nella provincia di Hajjah. Nella sola giornata di martedì, gli aerei di Riyad hanno lanciato 11 attacchi contro il campo militare di Arkub, presso la capitale Sana'a. Dal marzo del 2015 a oggi, le operazioni saudite non sono servite a riportare al potere l'ex Presidente e alleato, Abd Rabbih Mansur Hadi. Da allora, il conflitto ha provocato almeno 10mila morti e oltre un milione e mezzo di sfollati. (G.V.)

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Vescovi della Costa d'Avorio sull'attentato a Gran Bassam

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“Serenità e coesistenza pacifica”. E’ quanto invocano i vescovi della Costa dopo i recenti attentati a Gran Bassam, dove il 13 marzo, un gruppo di terroristi islamisti ha attaccato alcuni resort turistici sulla spiaggia, uccidendo 18 persone (15 civili e 3 membri delle forze speciali).

Preghiera per le vittime e per la conversione di chi mette la pace in pericolo
In una dichiarazione, firmata da mons. Alexis Touabli Youlo, vescovo d’Agboville e presidente della Conferenza episcopale, i presuli esprimono gratitudine a tutti i volontari che si sono mobilitati per aiutare i feriti ed elogiano la pronta reazione delle forze speciali di sicurezza, dei servizi di pronto soccorso e la presenza sul luogo degli attentati del Presidente  Alassane Ouattara. Quindi i vescovi ivoriani si dicono vicini nella preghiera ai connazionali feriti e alle vittime (tra le quali quattro stranieri). Infine, l’invocazione a Dio affinché possa “purificare i cuori di tutti coloro che mettono la pace in pericolo, trasformi tutti gli uomini in testimoni della verità, della giustizia e dell’amore fraterno” e aiuti i governanti della Costa d’Avorio a mantenere la pace e la sicurezza nel Paese.

Mons. Touabli: evitare equazione tra terrorismo e Islam
​L'attentato - come è noto - è stato rivendicato da Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqim) e segue simili azioni terroristiche compiute in questi mesi in Africa da formazioni di ispirazione qaedista contro diversi hotel o locali frequentati da stranieri, in Tunisia, Mali e Burkina Faso. Nei giorni scorsi lo stesso mons. Touabli aveva invitato a non stabilire legami diretti tra quest’azione barbara e l’Islam , dicendosi certo che anche “i nostri fratelli musulmani condannano ciò che è successo”. (L.Z.)

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Vescovi Paraguay: lo Stato ascolti il grido dei contadini

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La Conferenza episcopale del Paraguay (Cep) esprime il suo sostegno alle esigenze della popolazione che darà vita alla XXIII "Marcia del Contadino Povero" in programma oggi, nella capitale paraguaiana, a cui si prevede la presenza di migliaia di famiglie raggruppate nella Federazione Nazionale Contadina (Fnc).

Assistenza sanitaria e istruzione pubblica per i contadini
“Abbiamo bisogno che la misericordia abbracci la giustizia, ecco perché abbiamo bisogno di promuovere soluzioni strutturali ai problemi dei contadini attraverso il dialogo e l'incontro tra i responsabili delle politiche pubbliche di sviluppo integrale e sostenibile" dice la lettera della Cep, ripresa dall'agenzia Fides. I vescovi sottolineano le necessità delle famiglie che vivono nelle zone rurali del Paese e ribadiscono che la soluzione è stabilire un modello di "agricoltura familiare" per i contadini del Paraguay. Inoltre sollecitano interventi urgenti nel campo dell'assistenza sanitaria e dell’istruzione pubblica di qualità per la popolazione rurale. Il testo si conclude ricordando che "E' responsabilità dello Stato ascoltare il grido dei contadini e le loro proposte".

Nel Chaco Paraguayo strade sconnesse o inesistenti
All’agenzia Fides, la testimonianza di mons. Gabriel Escobar Ayala, vescovo del vicariato apostolico del Chaco Paraguayo, che invita la popolazione a denunciare la terribile situazione delle strade all’interno del Paese, in modo particolare nell’Alto Paraguay, dove praticamente non esistono. Il vescovo racconta che il 15 marzo hanno dovuto soccorrere un ragazzo malato della scuola dell’ "Internado Ñu Apu'a" a circa 100 km da Fuerte Olimpo. Sebbene fossero andati con un fuoristrada, attrezzato per questo tipo di terreno, hanno rischiato di non arrivare a causa delle 17 interruzioni incontrate lungo la strada, mettendo così a rischio la salute del ragazzo. Mons. Escobar ha già denunciato questa situazione anche in precedenti occasioni. (C.E.)

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Perù. Marcia per la vita. Card. Cipriani: difendere diritto primario

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Oltre 750mila persone hanno partecipato, il 12 marzo, alla quarta edizione della “Marcia per la vita”, svoltasi a Lima, in Perù, con l’obiettivo di tutelare la vita dal concepimento e fino alla morte naturale. Alla marcia – riferisce l’agenzia cattolica Aica – hanno preso parte sia i cattolici, insieme all’arcivescovo di Lima, il card. Juan Luis Cipriani Thorne, sia cristiani di diverse denominazioni. “È stata la maggior quantità di cittadini mai riuniti prima, nel Paese, con un’unica idea ed un’unica motivazione: difendere il nostro primo diritto, quello alla vita”, ha sottolineato il porporato.

L’aborto non è un diritto, ma un omicidio
“La giovane generazione del Perù – ha aggiunto il card. Cipriani, parlando ai partecipanti, tra cui molte donne incinte, famiglie con bambini, anziani e persone disabili – sogna un Paese diverso. Per questo, vogliamo un Perù nel quale ci sia la possibilità di vita per tutti gli esseri umani, senza esclusioni e aborti, ma cercando sempre la dignità di ogni persona”. Di qui, l’appello a tutelare la famiglia e “la donna che abortisce”, perché colei che vive “questo dramma va perdonata – ha sottolineato il porporato – ma non possiamo lasciare che si dica che l’aborto è un diritto, perché non è un diritto, bensì un omicidio”.

25 marzo: Giornata del nascituro
Oltre che a Lima, la “Marcia per la vita” è stata organizzata anche in altre città, come Arequipa, Tumbes, Piura, Tumbes, Piura, Trujillo, Cusco, Ayacucho, Tacna, Cañete, Huánuco, Huaraz, Abancay, Huacho, Ayaviri. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per il “Giornata del nascituro”, che ricorre il 25 marzo e che fa riferimento all’articolo 1 della Costituzione del Perù, in cui si afferma: “La difesa della persona umana e del rispetto della sua dignità sono il fine supremo della società e dello Stato”.

La normativa nazionale sull’aborto terapeutico
Da ricordare che in Perù, in base all’articolo 119 del Codice penale, è legale l’aborto terapeutico, ammesso in caso di pericolo di vita per la madre a causa di patologie o malattie gravi (gravidanza ectopica, cancro maligno o cardiopatie). In tal caso, l’interruzione terapeutica della gravidanza è permessa fino a 22 settimane di gestazione, ma solo con l’autorizzazione della gestante o del suo rappresentante legale.

Respinto disegno di legge su depenalizzazione aborto dopo stupro
​A novembre 2015, invece, il Comitato Costituzionale del Congresso del Perù ha respinto definitivamente un disegno di legge che mirava a depenalizzare l'aborto in conseguenza ad uno stupro. Entrambe le normative, naturalmente, sono state contrastate dalla Conferenza episcopale che, in più occasioni, non ha mancato di manifestare il suo dissenso. (I.P.)

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Hong Kong: oltre 3000 battesimi nella Veglia pasquale

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“Non avete soltanto trovato la luce, dovete anche trasformarvi in luce che illumina il mondo”: così il card. John Tong Hon, vescovo di Hong Kong, ha esortato i catecumeni durante il rito degli scrutini, celebrato nella quarta domenica di Quaresima, il 6 marzo. In vista della Santa Pasqua, il cammino quaresimale dell’Anno di Misericordia della diocesi di Hong Kong si intensifica. Secondo le informazioni del settimanale diocesano Kung Kao Po, riprese dall’agenzia Fides, saranno 3.200 i catecumeni che nella diocesi di Hong Kong riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana, battesimo, cresima ed eucaristia, nella prossima Veglia pasquale.

Tra i catecumeni: famiglie intere, genitori e figli, e giovani coppie di sposi
Dal 28 febbraio, terza domenica di Quaresima, le parrocchie hanno iniziato gli scrutini per i catecumeni. Nella quarta domenica, il card. Tong ha presieduto due scrutini nella parrocchia di S. Francesco. Erano presenti circa 1.600 persone tra catecumeni, padrini, madrine e catechisti che hanno seguito il loro cammino di fede e di preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. “Grazie ad un intenso corso di catechismo, agli incontri di preghiera, alla condivisione della Sacra Scrittura, alla spiritualità…. voi vi state avvicinando sempre di più alla fede e alla Chiesa – ha detto il cardinale -. Dopo il battesimo, dovrete testimoniare la fede attraverso il servizio alla Chiesa, la cura dei piccoli e dei deboli. Perché non avete soltanto trovato la luce, ma dovete anche trasformarvi in luce che illumina il mondo”. Tra i catecumeni ci sono famiglie intere, genitori e figli, e giovani coppie sposate da poco. (N.Z.)

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Plenaria vescovi Francia: dal dialogo con l'islam ai rifugiati

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Il Giubileo della Misericordia, i cristiani perseguitati nel mondo e l’emergenza rifugiati in Europa, il dialogo con i musulmani in Francia, la prossima Gmg di Cracovia, la crisi economica, ma anche gli scandali della pedofilia nel clero, tornati alla ribalta in questi giorni con l’apertura di un’inchiesta nei confronti del cardinale Philippe Barbarin. Questi i temi principali all’attenzione dei vescovi francesi riuniti dal 15 marzo a Lourdes per la loro sessione primaverile.

Necessario un sussulto di coscienza di fronte alla crisi dei rifugiati 
Nella prolusione ai lavori, il presidente della Conferenza episcopale francese, mons. Georges Pontier, ha rivolto un pensiero particolare ai “cristiani che vivono sulla propria carne il mistero pasquale: in Iraq, Siria, Nigeria e in altri Paesi dell’Africa, ma anche in Asia”. E poi, parlando delle centinaia di migliaia di rifugiati che “fuggono dalla guerra, dalla miseria e dalla morte”, ha denunciato quella che ha definito "l'azione satanica dello Stato Islamico che con la violenza e anche nel nome di Dio fa regnare la morte e la tirannia”.  L’arcivescovo di Marsiglia ha quindi sollecitato "un sussulto di coscienza",  incoraggiando l'Europa “a mostrare una solidarietà costante verso i profughi “lontana dagli egoismi nazionali” ." I migranti - ha detto  - non possono essere trattati come "merce di scambio “ alla mercé degli interessi dei Governi.

Dopo Parigi occorre un dialogo fiducioso tra cristiani e musulmani in Francia
Mons. Pontier ha poi invocato "un dialogo fiducioso e impegnativo", in particolare "tra cristiani e musulmani" di fronte alla minaccia del terrorismo islamico che continua a incombere sul Paese dopo gli attentati di Parigi del 2015:  "L'appartenenza a una stessa nazione – ha sottolineato - deve appoggiarsi su un amore comune della nostra storia. Il rispetto necessario tra francesi non può fondarsi sul divieto di esprimere le proprie convinzioni profonde. Sarebbe l’acqua di coltura dei temuti fondamentalismi".

Preoccupazione per la crisi economica, in particolare degli agricoltori francesi
Preoccupazione è stata espressa anche per la crisi economica e in particolare nel settore agricolo da tempo in difficoltà in Francia: “Non possiamo rimanere indifferenti dinanzi alle difficoltà di tante persone che hanno come unica ambizione quella di vivere del loro lavoro, coltivando prodotti sani, rispettando la natura e gli animali”. Mons. Pontier ha auspicato in proposito che l’accordo Cop21 possa portare benefici a “un’ecologia integrale e rispettosa del creato”.

Dare un futuro ai giovani
Mons. Pontier ha rivolto poi un pensiero ai giovani, invitandoli, a nome dei vescovi, a partecipare numerosi alla prossima Gmg di Cracovia a luglio. Il presule si è soffermato in particolare sulla situazione delle nuove generazioni segnate dalle difficoltà ad “entrare nella vita attiva e a costruire una vita di coppia e una famiglia” e ha invocato politiche capaci di dare prospettive, in particolare per i giovani ponendo un freno “alle logiche finanziare che nulla hanno a che vedere con l’uomo”. (L.Z.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 77

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.