Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 26/03/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa al Colosseo: la Croce dice che nulla può sconfiggere l'amore di Dio

◊  

Una lunga preghiera che invita a guardare la Croce di Cristo come “patibolo della persecuzione” e al tempo stesso come vessillo di vittoria: è quella pronunciata da Papa Francesco ieri sera al termine della Via Crucis al Colosseo. Dopo la lettura delle meditazioni scritte dall’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve – il cardinale Gualtiero Bassetti – il Pontefice si è soffermato sulle atrocità che dilaniano il mondo, sull’immoralità e sull’egoismo degli uomini, ma ha anche evidenziato il volto buono della stessa umanità. Nell’anfiteatro Flavio hanno portato la croce, tra gli altri, famiglie di diverse nazionalità e frati della Terra Santa. Il servizio di Tiziana Campisi

Sono una preghiera alla Croce di Cristo le parole di Papa Francesco, una sequenza di invocazioni nelle quali il Pontefice ha condensato il male e il bene di cui è artefice l’uomo di oggi. “Simbolo dell’amore divino e dell’ingiustizia umana, icona del sacrificio supremo per amore e dell’egoismo estremo per stoltezza”: questo è anzitutto il legno in cui Gesù è stato inchiodato, ha detto il Papa, che così ha proseguito:

“O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo eretta nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli uccisi, bruciati vivi, sgozzati e decapitati con le spade barbariche e con il silenzio vigliacco … O Croce di Cristo, ancora oggi ti vediamo nei dottori della lettera e non dello spirito, della morte e non della vita, che invece di insegnare la misericordia e la vita, minacciano la punizione e la morte e condannano il giusto … O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nel nostro Mediterraneo e nel mar Egeo divenuti un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata”.

E Croce, ha aggiunto il Pontefice, sono anche i fondamentalismi e il terrorismo di seguaci di religioni “che profanano il nome di Dio e lo utilizzano per giustificare le loro inaudite violenze”, la compravendita di armi che alimenta le guerre, il latrocinio e la corruzione. Il Papa ha identificato nella Croce di Cristo chi distrugge la “casa comune”, la solitudine degli anziani abbandonati, il disagio dei disabili scartati dalla società. Poi i segni dell’amore senza fine:

“O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nei volti delle suore e dei consacrati - i buoni samaritani - che abbandonano tutto per bendare, nel silenzio evangelico, le ferite delle povertà e dell’ingiustizia … O Croce di Cristo, ti vediamo ancora oggi nelle famiglie che vivono con fedeltà e fecondità la loro vocazione matrimoniale”.

E’ la via della Risurrezione; quella delle “persone semplici che vivono gioiosamente la loro fede nella quotidianità”, dei “volontari che soccorrono generosamente i bisognosi”.

Nella notte in cui rivive in 14 stazioni la Passione di Cristo, è la prima meditazione a spiegare che “la giustizia di Gesù … passa attraverso lo scandalo della croce” e che l’amore misericordioso di Dio supera ogni logica umana:

(Orazio Coclite) “Gesù … prende su di sé il male del mondo e non risponde al male con il male. E questo gli uomini non lo capiscono. Non capiscono che da una sconfitta dell’uomo può derivare la giustizia di Dio”.

E allora la sofferenza di Cristo è quella di uomini, donne e bambini che hanno patito strazi e supplizi e in ogni caduta sotto il peso della croce con Lui ci sono gli “ebrei morti nei campi di sterminio”, i “cristiani uccisi in odio alla fede”, le “vittime delle persecuzioni”, i minori schiavizzati. Ma c’è anche chi non ha un lavoro, giovani precari che hanno perso la speranza per il futuro o chi è a terra per un matrimonio fallito o un dramma familiare.

(Simona De Santis) XII stazione Gesù muore in Croce

(Francesca Fialdini) “Il grido di Gesù è il grido di ogni crocifisso della storia, dell’abbandonato e dell’umiliato, del martire e del profeta, di chi è calunniato e ingiustamente condannato, di chi è in esilio o in carcere. È il grido della disperazione umana che sfocia, però, nella vittoria della fede che trasforma la morte nella vita eterna”.

La Croce mostra “Dio che ama fino alla fine”, per questo c’è da invocarla, perché ci insegni, ha concluso Papa Francesco, che “l’alba del sole è più forte dell’oscurità della notte” e che “l’apparente vittoria del male si dissipa davanti alla tomba vuota”. Perché “nulla può sconfiggere”, “oscurare o indebolire” l’amore di Dio.

inizio pagina

Cantalamessa nell'omelia della Passione: la misericordia salva il mondo

◊  

Ieri pomeriggio Papa Francesco ha presieduto nella Basilica Vaticana la celebrazione della Passione del Signore in cui si ricorda la morte in croce del Figlio di Dio, simile ad agnello condotto al macello. Filo conduttore della predica tenuta da padre Raniero Cantalamessa, la misericordia di Dio che giustifica, cioè rende “giusto” l’uomo, e l’appello sempre attuale dell’apostolo Paolo: “lasciatevi riconciliare con Dio”. Una sintesi della sua omelia nel servizio di Adriana Masotti

“Il momento favorevole, il giorno della salvezza” è, per noi, l’anno della misericordia che stiamo vivendo. E’ adesso, spiega padre Cantalamessa, che arriva anche ai cristiani di oggi, l’appello contenuto nella seconda Lettera ai Corinti: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio". Ma che significa riconciliarsi con Dio? Padre Cantalamessa osserva che molti rimangono lontani dalla fede perché hanno un’immagine distorta di Dio, quella di un Dio rivale, arcigno, che invece di volere la felicità dell’uomo gli è ostile. Certo, nel cristianesimo non si è mai ignorata la misericordia di Dio, ma - continua il predicatore della Casa pontificia - la misericordia era l’eccezione, non la regola:

"L’anno della misericordia è l’occasione d’oro per riportare alla luce la vera immagine del Dio biblico che non solo fa misericordia, ma  è misericordia".

E che ne è allora della giustizia di Dio? Padre Cantalamessa ricorda come, secondo San Paolo, la giustizia di Dio non sta nel rendere a ciascuno secondo le sue opere – questo ci sarà in futuro -  ma non ora:

“Dio si fa giustizia, facendo misericordia! Ecco la grande rivelazione. L’Apostolo dice che Dio è 'giusto e giustificante', cioè è giusto con se stesso, quando giustifica l’uomo; egli, infatti, è amore e misericordia; per questo fa giustizia a se stesso – cioè, si dimostra veramente per quello che è – quando fa misericordia".

E citando Sant’Agostino, padre Cantalamessa prosegue: La ‘giustizia di  Dio’ è quella per la quale, per sua grazia, noi diventiamo giusti:

"Dire perciò: 'Si è manifestata la giustizia di Dio', è come dire: si è manifestata la bontà di Dio, il suo amore, la sua misericordia. La giustizia di Dio, non solo non contraddice la sua misericordia, ma consiste proprio in essa!".

Ecco che cosa è avvenuto sulla Croce, afferma padre Cantalamessa: Dio, non si è accontentato di perdonare i peccati dell’uomo, ha fatto infinitamente di più, li ha presi su di sé. E continua:

"L’odio e la ferocia degli attentati terroristici di questa settimana a Bruxelles ci aiutano a capire la forza divina racchiusa in quelle ultime parole di Cristo: 'Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno'. Per quanto lontano possa spingersi l’odio degli uomini, l’amore di  Dio è stato, e sarà, sempre più forte. A noi è rivolta, nelle presenti circostanze, l’esortazione dell’apostolo Paolo: 'Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene'”.

L’opposto della misericordia non è, dunque, la giustizia, ma la vendetta. E aggiunge: "C’è una sola cosa che può salvare davvero il mondo, la misericordia! La misericordia di Dio per gli uomini e degli uomini tra di loro". E "può salvare, in particolare la cosa più preziosa e più fragile che c'è, in questo momento, nel mondo, il matrimonio e la famiglia". Infatti, anche nel matrimonio, "all’inizio non c’è la misericordia, ma l’amore. Non ci si sposa per misericordia, ma per amore. Ma dopo anni, o mesi, di vita insieme, emergono i limiti reciproci, i problemi di salute, di finanze, dei figli; interviene la routine che spegne ogni gioia. Quello che può salvare un matrimonio dallo scivolare in una china senza risalita è la misericordia".

Padre Cantalamessa chiude la sua omelia con una preghiera: "Che l’intenzione di Papa Francesco nel proclamare questo Anno Santo della Misericordia, trovi una risposta concreta nei nostri cuori e faccia sperimentare a tutti la gioia di riconciliarsi con Dio nel profondo del cuore”.

inizio pagina

Stasera la Veglia di Pasqua presieduta da Papa Francesco

◊  

È il silenzio la preghiera della Chiesa nelle ore del Sabato Santo. Un silenzio che verrà rotto dalla luce della notte di Pasqua, come accadrà stasera nelle chiese di tutto il mondo. In San Pietro la Veglia presieduta da Papa Francesco inizierà alle 20.30, introdotta dal rito di benedizione del fuoco nell’atrio della Basilica. Alessandro De Carolis ricorda in questo servizio alcune riflessioni del Papa sul significato del Sabato Santo: 

Golgota, qualche minuto dopo le tre del pomeriggio. Tutto si è compiuto. La colonna sonora dell’esecuzione – urla, ordini, gemiti, singhiozzi, insulti, i rumori crudi del supplizio e il rombo del sisma scaturito dal nulla – si dissolve in una lenta quiete dolorosa. Dopo le ore della Passione inizia, ha ricordato giorni fa Papa Francesco, “l’ora del silenzio di Dio”. il corpo di Gesù è oscurato da una lastra di pietra, diaframma tra la certezza di un Dio “tangibile” e la fede di un Dio “creduto”.

Appuntamento al sepolcro
Le ore silenziose del Sabato Santo sono per la Chiesa “l’ora della Madre”, Colei che sta e spera quando per i più – che hanno abbandonato il Calvario – ciò che si è compiuto è anche qualcosa di ormai svanito. Serviranno altre ore – quelle che porteranno alla sorpresa del giorno dopo il sabato e che da duemila anni la Chiesa celebra nella Veglia pasquale – perché l’angoscia del sepolcro vuoto diventi la gioia incredula della Risurrezione. Ed è qui che ogni volta il cristiano è atteso, ha detto Francesco lo scorso anno nella notte di Pasqua. Atteso sulla soglia del sepolcro nel quale è invitato a fare un passo avanti per “entrare nel Mistero che Dio ha compiuto con la sua veglia d’amore”:

“Entrare nel mistero significa andare oltre le proprie comode sicurezze, oltre la pigrizia e l’indifferenza che ci frenano, e mettersi alla ricerca della verità, della bellezza e dell’amore (…) Tutto questo ci insegnano le donne discepole di Gesù (…) Uscirono e trovarono il sepolcro aperto. Ed entrarono. Vegliarono, uscirono ed entrarono nel Mistero. Impariamo da loro a vegliare con Dio e con Maria, nostra Madre, per entrare nel Mistero che ci fa passare dalla morte alla vita”.

“Qual è la mia Galilea?”
E dopo l’ingresso nel mistero, c’è l’uscita verso la Galilea. Là dove tutto è cominciato, Gesù Risorto dà appuntamento ai discepoli. “Anche per ognuno di noi c’è una ‘Galilea’ all’origine del cammino con Gesù”, osservò Francesco nella Veglia pasquale di due anni fa. Tornare in Galilea vuol dire riscoprire la “radice” e la “scintilla” del cammino personale della fede:

“In questa notte, ognuno di noi può domandarsi: qual è la mia Galilea? Si tratta di fare memoria, andare indietro col ricordo. Dov’è la mia Galilea? La ricordo? L’ho dimenticata? Cercala e la troverai! Lì ti aspetta il Signore”.

inizio pagina

Card. Grocholewski inviato al Congresso eucaristico bielorusso

◊  

Papa Francesco ha nominato il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto emerito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, come suo inviato speciale al Congresso eucaristico nazionale della Bielorussia che, in occasione del 25.mo anniversario dell’erezione della diocesi di Grodno, sarà celebrato dal 24 al 26 maggio prossimi nella città di Grodno.

inizio pagina

P. Spadaro: Papa su Instagram si fa prossimo con le immagini

◊  

Una settimana fa, Papa Francesco apriva il suo account “Franciscus” su Instagram, il social network per la condivisione delle immagini. In questi pochi giorni, l’account ha già raggiunto due milioni di follower. Si ripete dunque il successo dell’account @Pontifex su Twitter. Sulle ragioni di questa popolarità del Pontefice in un ambiente così fluido e dinamico come quello dei Social Network, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro

R. – Evidentemente, c’è grande bisogno di dialogo che - attraverso le immagini - avviene in maniera non mediata dalla lingua, quindi dalla differenza delle lingue, dalla capacità di comprensione: l’immagine arriva in maniera diretta. La Chiesa ha sempre annunciato il Vangelo attraverso i canali attivi in un preciso momento storico. Per quanto riguarda proprio le fotografie, dobbiamo ricordare che le foto del Pontefice hanno fissato nella memoria visiva dei momenti del suo Magistero, a partire da Pio IX, quando per la prima volta un Papa accettò di essere fotografato – e fu fotografato. Da allora in poi, l’immagine ha sempre assunto un ruolo di messaggio spirituale, superando quello di memoria storica o di semplice ritratto. Ecco, questa mi sembra la cifra che bisogna comprendere: l’immagine del Papa lancia un messaggio spirituale.

D. – Instagram e Francesco nel Giubileo della Misericordia. Colpisce che le prime immagini e video che sono presenti sul suo account hanno molto a che vedere con la tenerezza di Dio: la fronte del Papa poggiata ad una croce, il Papa in preghiera pensando alle vittime di Bruxelles o il Papa che bacia il piede di una persona durante il Giovedì Santo …

R. – Questo dice che c’è un grande bisogno di scoprire la maternità della Chiesa: il Papa l’ha detto più volte. La tensione missionaria della Chiesa è una tensione materna e la tensione materna è capace di superare le barriere e di toccare le persone. Allora, quello che colpisce di questo Pontefice e che poi chiaramente poi colpisce nelle immagini che noi abbiamo, è la sua capacità di prossimità, quindi di toccare anche fisicamente le persone che raggiunge. Bisogna anche dire che questa presenza del Papa su Instagram non è di adesso: di fatto, il Papa è stato presente su Instagram sin dal momento della sua elezione, quando le persone hanno incominciato a condividere in questo social network le immagini della sua presenza. Immagini a volte mosse, un po’ sfocate, ma molto efficaci, molto espressive proprio di questa vicinanza. Adesso, la decisione di assumere un account personale del Pontefice eleva questo dato di fatto – cioè la presenza del Papa – a un livello superiore, a un livello più personale, diretto, di partecipazione immediata della sua persona.

D. – Nel suo primo messaggio per le comunicazioni sociali, Francesco ha sottolineato che secondo lui il vero potere della comunicazione è la prossimità, farsi prossimi. Possiamo dire che anche con questa presenza sui social newtork, su Instagram, il Papa declina questo potere della prossimità?

R. – Per il Papa, comunicare significa essere prossimi, quindi “approssimarsi”: l’importante è approssimarsi bene. Allora, il potere dell’immagine è anche questo: poter avvicinare. Chiaramente, ci si può avvicinare bene o male. Qui i modelli che vengono presentati sono modelli assolutamente positivi e, tutto sommato, sono una sfida all’immaginario cristiano. Cioè, quali sono le immagini – ci chiediamo – che oggi comunicano meglio il contenuto del Vangelo?

D. – Proprio sul potere delle immagini e la comunicazione visuale: viviamo in un’epoca dove le immagini ci passano davanti agli occhi molto velocemente. Questa scelta particolare, dell’account Franciscus su Instagram, di soffermarsi proprio su dei dettagli, quasi fermare l’immagine, anche se presa da un momento o da un evento e quindi da un movimento, che messaggio può dare, anche rispetto alla modalità di comunicare?

R. – In fondo, se siamo più abituati a vedere le immagini del Pontefice in mezzo a grandi masse, a grandi folle, a grandi adunate è anche vero che adesso, invece, colpisce molto il dettaglio. Quindi, se prima si vedeva con il grandangolo e si apprezzavano queste immagini di grandi folle, adesso quello che in realtà colpisce il cuore dell’uomo è il dito, la mano che tocca un volto. Allora, fermarsi sul dettaglio significa rendere partecipi gli altri di un evento che tocca una singola persona ma che alla fine, poi, ha il respiro universale. Papa Francesco lo disse fin dall’inizio che non era abituato a grandi masse. Lui sa relazionarsi a tu per tu, con le persone, o all’interno di gruppi relativamente piccoli. Quindi, il fatto che lui continui ad avere questa modalità di relazione così personale o a piccolo gruppi, di fatto poi viene potenziata, amplificata e resa visibile grazie a questi mezzi. Probabilmente qui c’è proprio una cifra della vicinanza cristiana così come dev’essere: non grandi masse, ma percezione di una vicinanza profonda.

inizio pagina

Elemosineria apostolica, "Via Crucis" tra i senzatetto di Roma

◊  

Nella serata del Venerdì Santo, mentre era in corso la Via Crucis al Colosseo con Papa Francesco, l’Elemosiniere pontificio, l'arcivescovo Konrad Krajewski, ha compiuto un giro per le vie di Roma, accompagnato da alcuni suoi collaboratori volontari e da alcuni senzatetto ospiti del Dormitorio “Dono di Misericordia”, in unione spirituale con la Via Crucis celebrata dal Papa. Alle persone incontrate per strada sono stati distribuiti sacchi a pelo e un piccolo dono – “una carezza” – da parte del Papa. Si è trattato così di una Via Crucis in Città, di circa 100 stazioni, terminata dopo la mezzanotte.

inizio pagina

Oggi su "L'Osservatore Romano"

◊  

Le croci dell'umanità: preghiera di Papa Francesco al termine della Via Crucis al Colosseo.

Un'occasione irripetibile per passare dalle parole ai fatti: in prima pagina, Gualtiero Bassetti sui rifugiati e l'Europa.

L'omelia della veglia e il messaggio alla città e al mondo di Paolo VI per la prima Pasqua dopo il Concilio.

Eremita e diplomatico: Rocco Benvenuto sul sesto centenario della nascita di san Francesco di Paola.

Questa barca che è la terra: La Pira, i poveri di San Procolo e la Pasqua.

Infernale solitudine: Robert P. Imbelli sul Sabato santo nelle riflessioni di Joseph Ratzinger. 

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Iraq. Mons. Warduni: dialogo possibile se è disinteressato

◊  

In Iraq si preannuncia una Pasqua sanguinosa dopo l’attentato di ieri sera nello stadio di Iskanderiya, 50 chilometri a sud di Baghdad, e rivendicato dall’Is. A oggi il bilancio è di 41 morti e 105 feriti. Maria Laura Serpico ha chiesto a mons. Shlemon Warduni, ausiliare di Baghdad dei Caldei, quale clima si respiri in Iraq in questa Pasqua: 

R. – La situazione in generale non è molto tranquilla. Perciò, noi abbiamo fiducia in quello che dice Gesù quando dice: “Non abbiate paura!”. Noi siamo pieni di speranza, perché la fede cristiana è speranza: speranza nel Risorto, speranza nell’amore per il quale Lui ci ha detto di amarci gli uni gli altri, e poi amare Dio con tutto il cuore, e il prossimo e andiamo avanti!

D. – Il patriarca caldeo di Baghdad, mons. Louis Raphael I Sako, nel messaggio per la Pasqua ha esortato i cristiani a “rimanere uniti su questa nostra terra”. Perché i cristiani oggi dovrebbero rimanere in Iraq?

R. – Vivere insieme è una cosa, vivere gli interessi personali o religiosi oppure confessionali è un’altra cosa. Noi abbiamo vissuto insieme per tutti questi anni, con difficoltà, perché non è andato sempre tutto liscio, però abbiamo fatto il nostro possibile per mettere pace con i fratelli musulmani, cioè con i nostri coetanei e anche con quelli che c’erano prima. Però, anche noi non sappiamo: adesso sono aumentati gli interessi personali, sono aumentate le guerre, le divisioni. Secondo me, questo accade perché il mondo si allontana da Dio non solo qui in Iraq ma, come si vede, in tutto il mondo. Avete visto cosa è successo a Bruxelles, avete assistito tramite alla televisione, alcuni mesi fa, a quello che è successo in Francia. Noi gridiamo da tanto tempo: per favore, non vendete le armi a questa gente che non ha coscienza. Cercate di fabbricare altre cose che fanno bene all’uomo, cercate di obbedire a Dio, a Cristo nostro Signore, che dice: “Amatevi gli uni gli altri”. In questo modo possiamo vivere e continuare la nostra vita con loro. Ma quando ci sono i diavoli che sono scesi dall’inferno in terra, questi diavoli fanno tutto per dividere gli uomini da Dio, gli uomini tra di loro e anche l’uomo in se stesso, che è diviso, perché da una parte c’è Dio e la sua salvezza, e dall’altra parte c’è anche il diavolo che cerca, come ha fatto con Adamo, di allontanare l’uomo da Dio.

D. – Secondo lei, un dialogo interreligioso è ancora possibile oggi sul suolo iracheno?

R. – Se veramente abbiamo detto “dialogo”, dialogo vero, dialogo disinteressato, dialogo senza alcuna cattiveria, solo fare la volontà di Dio, questo dialogo è possibile. Ma quando ci sono tante altre cose che vogliono "tirare il buon cuore dal campo di Dio", allora sarà impossibile. Noi speriamo, in questa Santa Pasqua, che il Signore ci dia la sua grazia: chiediamo che sia una Pasqua di pace in tutto il mondo, perché non è solo l’Iraq, dove c’è la guerra, oppure la Siria, per tutto il mondo. Perché l’uomo si allontana da Dio. Andiamo a girare per le strade dell’Europa: cosa vediamo? Possiamo chiedere o parlare di Dio davanti agli altri? Subito diranno: questo non è il nostro interesse, questo non è affar nostro. Perché non si può parlare al parlamento europeo di cristianesimo? Questo è fanatismo? Oppure è fanatismo proprio “contro” Dio? Quindi, noi chiediamo la speranza, la pace, l’amore, la salvezza, l’unità per tutto il mondo, per mezzo dell’intercessione di nostra Madre, Maria.

inizio pagina

Bruxelles. Cheffou terzo terrorista. Brusa: pochi rischi nucleari

◊  

Perquisizioni e fermi anche oggi a Bruxelles, sarebbe stato identificato il terzo terrorista della strage all’aeroporto Zaventem. E mentre il presidente statunitense Barack Obama esprime sostegno per la lotta contro i jihadisti, il terrorista Salah Abdeslam ha smesso di collaborare con gli inquirenti. Confermata purtroppo la morte dell'italiana dispersa, Patricia Rizzo. Massimiliano Menichetti: 

A Bruxelles è guerra serrata contro il terrorismo e nella quarta giornata di fermi e indagini dopo la strage, spunta il nome di Faysal Cheffou. Sarebbe lui il terzo attentatore dell'aeroporto di Zaventem, quello con il cappello nero ripreso dalle telecamere di sorveglianza. Lo scrive il quotidiano belga Le Soir sottolineando che comunque ancora non è arrivata una conferma dalla Procura.

Cheffou identificato dal tassista
Cheffou è stato fermato giovedì sera e il suo arresto è stato confermato ieri dopo un lungo interrogatorio. E' stato identificato grazie alla testimonianza chiave del tassista che il giorno della strage aveva accompagnato il commando a Zaventem.

Zaventem riaprirà martedì
Lo scalo riaprirà martedì. Ieri nei quartieri di Schaerbeek, Forest e Saint-Gilles sono stati tre gli uomini arrestati tutti legati anche agli attentati del 13 novembre a Parigi. Tra di loro anche “un pesce grosso” che però non è, contrariamente a quanto detto in precedenza, Mohamed Abrini, il complice di Salah Abdeslam il quale che ha smesso di collaborare con gli inquirenti.

Paura a Schaerbeek
Ieri a Schaerbeek ancora paura quando uno degli arrestati ha provato a prendere in ostaggio una donna e un bambino, prima di essere bloccato dagli agenti che gli hanno sparato alle gambe. Confermato che nello zaino, che ha provato ad allontanare da sé, aveva “elementi esplosivi”. Ha fatto il giro del mondo l’immagine dell’uomo a terra, con vicino un robot sminatore utilizzato per prendere la borsa.

La mappa di Abdelhamid Abaaoud
Disegni e una mappa dell'aeroporto di Bruxelles sarebbero stati trovati poi in un Pc che si trovava nell'appartamento di Atene di Abdelhamid Abaaoud, considerato il cervello degli attentati di Parigi.

Hollande: presto cellula terroristica annientata
Dopo l’arresto giovedì di Reda Kriket, altra mente delle stragi parigine, il presidente Hollande ha detto che “la rete degli attentati” in Francia e Bruxelles è "sulla buona strada per essere annientata", ma ci sono - ha rimarcato - “altre reti” che restano “una minaccia".

Il sostegno di Barak Obama
Gli ha fatto eco oggi l’omologo statunitense Barack Obama che ne consueto discorso del sabato ha espresso sostegno per la sconfitta dell’Is che “rimane una priorità militare, di intelligence e di sicurezza”. Intanto è stata smentita ufficialmente la pista jihadista per l'omicidio dell’agente della sicurezza della centrale nucleare di Charleroi.

Le minacce alle centrali nucleari
Sulla possibile minaccia nei confronti delle centrali atomiche abbiamo intervistato l’ing. Luigi Brusa, già direttore tecnico di Sogim, società per la gestione di scorie e strutture nucleari: 

R. – Le centrali nucleari sono sempre state considerate un obiettivo sensibile e come tali soggette a speciali norme di protezione e di security. Un attacco dall’esterno, secondo me, è impraticabile perché si tratta di strutture particolarmente massicce, particolarmente protette. A meno che non si pensi ad un bombardamento o a scenari di guerra, ma non un attacco terroristico come a Bruxelles.

D. - Ovvero un attacco kamikaze fuori dalla struttura non avrebbe esito?

R. – A ridosso non della struttura, sicuramente no! Anche all’aeroporto belga non ci sono state conseguenze devastanti sulla struttura. Quelle usate fino ad ora non sono cariche in grado di provocare danni su strutture che hanno pareti di uno spessore di 30-40 cm, fatte di calcestruzzo armato… Per un danno consistente bisognerebbe ipotizzare veramente scenari diversi da quelli del terrorista che si fa esplodere.

D. – Invece se si riuscisse ad entrare in una struttura, che cosa potrebbe accadere?

R. – Ci potrebbero essere due possibilità. La prima: sapendo dove andare e riuscire a provocare una esplosione capace di provocare una dispersione di radioattività notevole. La seconda, la cosa più rischiosa, è la sottrazione di materiale radioattivo, con il quale costruire le famose bombe sporche.

D. – Qual è l’effetto che hanno questi esplosivi?

R. – Si crea, oltre ad un danno immediato, una contaminazione nella zona in cui viene provocata l’esplosione e qui si crea un danno permanente non trascurabile.

D. – Ma è relativamente semplice entrare in strutture di questo tipo?

R. – No. Non è facile penetrare in una centrale con tutte le protezioni. Ci sono doppie recensioni, barriere antisfondamento; c’è una sorveglianza continua 24 ore su 24: non è che uno arriva e entra!

D. – Quindi la minaccia maggiore qual è?

R. – Credo che la cosa più realistica – a meno di non pensare ad un commando armato di 20 persone, che occupa militarmente… ma certo andiamo su scenari da guerra – penso sia quella del tentativo di sottrarre del materiale e questo è possibile non soltanto sulle centrali, perché il materiale radioattivo viene oggi conservato in molti posti.

D. – Con questo allarme terrorismo sono aumentate le misure di sicurezza?

R. – Nelle centrali ci sono diversi livelli di preallarme e allarme: gli impianti - ad esempio - hanno una doppia recinzione e fra le due c’è un percorso che la vigilanza compie proprio per monitorare la situazione. In fasi di questo tipo viene intensificata la frequenza di queste ispezioni e, in passato, abbiamo avuto anche una vigilanza da parte dell’esercito. Quindi ci sono misure di protezione fisiche e di sicurezza che vengono normalmente innalzate in periodi particolarmente critici, com’è questo.

inizio pagina

Idomeni: i migranti cominciano a perdere la speranza

◊  

Prosegue il trasferimento volontario dei migranti dalla tendopoli di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia, dove si trovano circa 12 mila rifugiati. La decisione del governo di Atene - gestita con l’appoggio dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati - ha l’obiettivo di portare di un migliaio di persone in diverse strutture nei pressi di Salonicco. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Gabriele Casini, membro del team di emergenza di Save The Children che si trova a Idomeni: 

R. – E’ iniziato un processo di registrazione da parte dell'Unhcr e delle autorità greche di persone che, su base volontaria, vogliono essere trasferite in altri campi o comunque in altri siti nei pressi di  Salonicco. La cosa, però, ci ha colti un po’ di sorpresa: non eravamo a conoscenza di questi siti e non sappiamo se siano strutture adeguate ad accogliere famiglie e bambini. E’ successo tutto molto velocemente e senza troppo preavviso. Comunque lo sgombero volontario sta continuando tutt’oggi.

D. – Come stanno reagendo le persone?

R. – La gran parte delle persone sembra essere non particolarmente turbata da questo, anzi molti hanno deciso di essere trasferiti volontariamente. C’è poi una parte della popolazione del campo che sta protestando e che prova a convincere le persone a non andare e a rimanere lì per continuare a fare una sorta di massa critica. Hanno paura che, se verranno divisi in altri siti più piccoli, il mondo si dimenticherà di loro.

D. – Cosa ti ha colpito maggiormente in queste ore?

R. – In queste ore mi ha colpito molto il livello di attività che c’è nel campo, ma anche il livello di disinformazione che c’è tra le persone che ci abitano: sembra che nessuno abbia una idea molto chiara di quali siano le reali condizioni di vita in questi nuovi siti e che nessuno abbia una idea chiara di ciò che spetterà loro per il futuro. Non ci sono rappresentanti del governo greco o di altre organizzazioni che si occupano di diffondere informazione corretta: questa è una cosa che crea molta tensione e molta agitazione…

D. – Possiamo dire che c’è una situazione di caos?

R. – No, al momento non direi che c’è una situazione di caos. La situazione rimane tesa, ma non è caotica.

D. – Quindi come vi organizzerete per i prossimi giorni?

R. – Quello che prima di tutto vogliamo assicurarci, in quanto Save the Children, è che i bambini e soprattutto i bambini non accompagnati – e sono tantissimi a Idomeni – non vengano messi in altre situazioni difficili. Quindi ci assicuriamo che prendano decisioni informate e che abbiano delle persone incaricate della protezione dei bambini sempre con loro per impedire che vengano esposti a situazioni ancora più pericolose di quelle in cui sono adesso.

D. – Di cosa c’è bisogno maggiormente in questo momento a Idomeni?

R. – In questo momento c’è bisogno di chiarezza: ho parlato con molte persone del campo e molti di loro mi hanno detto che stanno perdendo ogni speranza e questo soprattutto perché non hanno alcun tipo di informazione. Quindi c’è bisogno di chiarezza e di posizioni precise da parte dell’Europa, da parte della Grecia e in generale della Comunità internazionale. Anche perché – come vediamo – sono anzitutto i bambini a pagare le conseguenze più gravi di questa indecisione e di questa mancanza di informazione, perché vengono esposti al rischio di diventare vittime di trafficanti, al rischio di violenze varie che possono esplodere improvvisamente nel campo... E’ necessario fare chiarezza su quali siano i piani per il futuro!

inizio pagina

Pasqua a Gerusalemme. Twal: Cristo risorto vince violenza e odio

◊  

“Vi annunzio una grande gioia che è l’Alleluia”. E’ con queste parole, pronunciate dal diacono al Patriarca Twal e all’assemblea riunitasi durante la Veglia di Pasqua al Santo Sepolcro, che è stata annunciata la Resurrezione. Da Gerusalemme il servizio di Miriam Bianchi

E’ ancora mattino presto, una leggera pioggia e una Città santa ancora avvolta nel silenzio accoglie molti tra religiosi, cristiani locali e pellegrini che, “in attesa”, si recano alla Basilica del Santo Sepolcro, seguendo l’esempio delle donne, come ci narra il Vangelo di Luca, letto dal Patriarca stesso proprio davanti alla Tomba vuota. “Il giorno primo della settimana al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato”. “La madre di tutte le veglie” recita la liturgia. Un lungo rito che ha il sapore della tradizione, scandito da diversi segni simbolici, qui a Gerusalemme. La benedizione del fuoco all’inizio della veglia. La luce del cero pasquale, infatti, viene presa direttamente dal Sepolcro: da quella piccola fiamma vengono accese le lampade davanti all’edicola e le candele dei fedeli. “La luce del Cristo che risorge glorioso” annuncia cantando in latino il Patriarca. Il suono dell’organo e delle campane irrompono nell’Anastasis al Canto del Gloria. La benedizione dell’acqua, nella parte settentrionale dell’Anastasis, per il rinnovo delle promesse battesimali con l’aspersione ai fedeli. Un  nuovo segno di speranza.

Presenti fedeli giunti da tutto il mondo, in una celebrazione presieduta dal Patriarca Latino Fouad Twal e concelebrata da molti tra vescovi e sacerdoti provenienti da tutto il mondo. Nelle parole del Patriarca il profondo significato di questa lunga liturgia:

“La celebrazione di oggi è la celebrazione della luce. Più che mai ha significato. Quando il nostro mondo vive nelle tenebre, nella violenza e nell’odio viene la luce di Cristo per dire ‘Io sono la luce, io sono la via, io sono  la strada’. Auguri a tutti”.

Da qui, parte il primo annuncio pasquale che si estende al mondo intero: la luce ha vinto sulle tenebre. Cristo è Risorto. E’ Pasqua a Gerusalemme.

inizio pagina

L'Ora della Madre a Santa Maria Maggiore, in attesa della Risurrezione

◊  

Il cardinale Santos Abril y Castelló, arciprete di Santa Maria Maggiore, ha presieduto stamane in questa Basilica papale la celebrazione dell’Ora della Madre, che ricorda la fede di Maria nell’attesa della Risurrezione del Figlio. Si tratta di un rito che unisce testi e canti della tradizione latina e bizantina per celebrare il Sabato Santo, il giorno del silenzio, il giorno di Maria che, nonostante il buio della morte, crede e spera per tutta l’umanità. Ascoltiamo il padre servita Ermanno Toniolo, al microfono di Sergio Centofanti

R. – La fede si è raccolta tutta nel cuore della Madre in quel giorno. Nessuno ci credeva più; tutti pensavano che fosse fallito, il Signore. Lei sola portava, Lei che tutto ricorda nel cuore, le sue divine parole, con le quali aveva promesso che sì, sarebbe morto, ma poi il terzo giorno sarebbe risorto. Con questa fede ardente, con questa speranza viva, Lei rimane, pregando, implorando, per così dire anticipando la venuta del Signore con le sue suppliche, Lei che ne è la Madre. L’Ora della Madre, dunque, è il commemorare insieme, come figli, quello che Lei ha per noi sofferto, completando ciò che ancora mancava, dice Paolo, alla Passione di Cristo per la sua Chiesa e per il mondo. E quindi è l’ora del suo dolore ultimo, la desolazione, l’abbandono totale, anche per Lei, come per Gesù sulla Croce, l’abbandono totale, dove sembrava tutto finito, o la tentazione che la faceva dubitare; ma Lei rimane intrepida, ferma, e porta la sua speranza alta come fiaccola sul mondo intero. E allora ecco che abbiamo il duplice aspetto: la celebrazione del dolore della Vergine, la celebrazione della speranza, della gioia della prossima Pasqua, e quasi l’invito al Signore a tornare presto tra i vivi. E noi con Lei diciamo: “Mostraci, o Madre, il Figlio tuo risorto”. E quindi è tutta una celebrazione che si vive in intimità, con Colei che, Madre di Dio, è diventata, specialmente con il testamento di Gesù sulla Croce, la Madre nostra, la Madre della misericordia, della tenerezza, la Madre che ci accompagna, come dice Papa Francesco, sicura, giorno dopo giorno, del nostro cammino.

D. – È un invito ad affidarsi a Maria, che crede e spera per tutti noi, che di fronte al male siamo tentati di disperare. Maria ci porta a Gesù risorto…

R. – Certo. Nonostante tutto, sembrava tutto fallito… “Quel seduttore” - dissero a Pilato - “quando era vivo ha detto che sarebbe risorto. Metti le guardie!”. Sembrava tutto finito e che il male avesse la vittoria in pugno. Ma Dio è più grande del male. Alla fine sarà sempre Dio, che è amore, che vincerà, nonostante la cattiveria di tutti gli uomini. Ecco, allora il Cristo che risorge, glorioso, portando con sé tutti i padri antichi, morti da Adamo in poi, per aprire con loro le porte del Cielo, e iniziare, Lui, il primogenito tra tanti fratelli, il Paradiso degli Angeli e dei Santi, dove saremo anche noi piacendo al Signore, con l’aiuto della Madre, che è Regina incoronata. Ed ecco che la Vergine Santa, in quest’attesa del compimento pasquale del Figlio, della vittoria del bene sul male, di Dio sugli uomini: ecco che la Vergine diventa anche per noi segno luminoso di speranza, che ci accompagna sì nel nostro tribolato cammino, ma con la certezza di trovarci tutti insieme – le porte sono ormai spalancate – in quel Paradiso di Dio, dove il Padre ci attende, Egli che è infinito amore, con il Figlio e lo Spirito Santo. 

inizio pagina

Il commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo di Pasqua

◊  

La liturgia di Pasqua ci propone il Vangelo in cui le donne si recano al sepolcro con gli aromi, ma non trovano il corpo di Gesù. Ed ecco, appaiono due uomini in abito sfolgorante, dicendo: 

«Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno"».

Sulla Pasqua di Risurrezione ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma:

Lo splendore del Re ha vinto le tenebre del mondo!” canta la Chiesa, esultando nella notte beata in cui il Signore Gesù sconfigge la morte. La Parola proclamata nella santa assemblea profetizza: “il faraone e il suo esercito, cavallo e cavaliere, precipitano nel mare”, il diavolo e i suoi angeli vinti dalla potenza della Risurrezione, sono costretti ad inchinarsi davanti al popolo di Dio e a lasciare ogni insidia. Coloro che confidano in Lui, infatti, lo attendono vegliando, e liberati al Suo passaggio dall’oppressione della paura, ricevono la vita divina: sentimenti di compassione e di amore nuovo sgorgano nei cuori dei credenti e dal sacro fonte nascono nuovi figli di Dio.  “Cristo è veramente risorto!”, questo saluto cristiano è la buona notizia che l’umanità attende, è la testimonianza di cui siamo debitori verso tutti, l’Amore che ha portato su di sé i peccati del mondo fino all’estremo supplizio,  risorge dal sepolcro regnando in eterno e vivificando chiunque lo accoglie. L’alleluia pasquale risuona nel mondo sulle labbra di schiere festanti per il prodigio della vita immortale che si rinnova fra gli uomini. Siamo tutti coinvolti nella missione di diffondere la potenza della vittoria della Misericordia sul peccato, di trasmettere la speranza del lieto annuncio: “è la Pasqua di nostro Signore!”.

inizio pagina

Domani torna l'ora legale

◊  

Alle ore 2.00 di questa notte entrerà in vigore l’ora estiva europea, con conseguente spostamento di un’ora in avanti delle lancette degli orologi. L’ora legale resterà in vigore fino alla notte tra il 29 e il 30 ottobre. Non vi saranno cambiamenti di rilievo per il nostro Radiogiornale, che andrà in onda alle stesse ore.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Card. Bo: sia una vera Pasqua di Risurrezione per il Myanmar

◊  

Quella di quest’anno è “una Pasqua davvero speciale per il popolo del Myanmar per i segni di resurrezione che vediamo attorno a noi”. Con queste parole il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, apre il suo messaggio pasquale ai fedeli birmani che negli ultimi mesi hanno assistito a cambiamenti politici di portata storica: dalle elezioni vinte a novembre 2015 dalla Lega nazionale per la democrazia del primo presidente civile, dopo 50 anni di dittatura militare.

La morte e risurrezione di Cristo paradigma della storia recente del Paese
“Questa – scrive l’arcivescovo di Yangon citato dall’agenzia Asianews – è la stagione delle speranza. In questo mondo che sta soffocando per l’oscurità, la storia prova che la speranza della resurrezione permane nel cuore degli uomini”. Per il cardinale Bo, la morte e risurrezione di Cristo sono un paradigma della storia recente del Paese, dove è risorta la libertà dopo tanti anni di oppressione politica e religiosa. 

Un anno di perdono e riconciliazione
Il messaggio esorta quindi i cristiani a portare un messaggio di misericordia in questo anno giubilare. “Il Papa – sottolinea – ci chiama a essere misericordiosi con noi stessi, allo stesso modo in cui il Padre celeste è misericordioso, (…) a ritornare al Signore tramite il perdono. Perdonare gli altri, riconciliarsi con coloro che sono feriti e adottare un atteggiamento positivo, sono tutti segni del popolo della resurrezione”. Dalla Pasqua – prosegue – la comunità cattolica deve trarre la forza per “costruire la nazione attraverso la pace e la riconciliazione, lo sviluppo umano, l’educazione e l’affermazione dei diritti delle popolazioni indigene.  Dobbiamo essere segno di speranza. Siamo stati perseguitati, sepolti nella tomba della povertà, dell’oppressione e della negazione dei diritti. Per molti di noi è stata una lunga Via Crucis. Siamo stati gente del Venerdì Santo e qualche volta ci siamo chiesti se ci sarebbe stata una domenica di Pasqua nel nostro Paese. Ma Dio è il Dio della storia. Egli parla attraverso i segni dei tempi. Io credo fermamente che la risurrezione del Myanmar dal suo passato doloroso stia accadendo”.

Portare la speranza di un nuovo Myanmar di pace
“Come popolo della Pasqua – conclude messaggio – assumiamo questo compito di muovere le montagne delle tragedie umane e portare la speranza di un nuovo Myanmar di pace, prosperità e amicizia. Siamo la gente della fede e della speranza. Diamoci da fare per spostare le montagne”. (L.Z.)

inizio pagina

Canada. Vescovi: errore chiudere Ufficio per libertà la religiosa

◊  

La Conferenza episcopale canadese esprime grande disappunto per la decisione del governo di chiudere l’Ufficio per la libertà religiosa. L’Amministrazione Trudeau ha infatti respinto il 24 marzo la richiesta presentata in parlamento dal Partito conservatore di prolungare il mandato dell’Ufficio, istituito nel 2013 presso il Ministero degli esteri dal precedente governo di Stephen Harper e la cui scadenza è prevista il 31 marzo 2016. Il motivo – come ha spiegato la responsabile del medesimo dicastero, Stéphane Dion – è che il nuovo esecutivo intende rivedere la sua azione per promuovere in modo più incisivo la libertà religiosa nel mondo.

Una decisione “deplorevole”
I vescovi canadesi definiscono la decisione “deplorevole”. “L’Ufficio – affermano in una nota – inviava un segnale importante alla comunità internazionale e ai canadesi  sulla singolare rilevanza della libertà religiosa e sulla vergognosa assenza di voci disposte a difenderla nella nostra società. La libertà di religione e di coscienza – sottolineano – ha un posto centrale tra i diritti della persona. Essa è più che un diritto dell’individuo di credere e pregare, perché riguarda anche l’identità di una comunità credente e la sua interazione con la società”.

Tante le persecuzioni contro i cristiani e le altre minoranze religiose
La nota ricorda le tante vessazioni e violenze subite dalle minoranze religiose nel mondo e in particolare la situazione dei cristiani in Medio Oriente, dove sono presenti da duemila anni:  “Questa minoranza condivide l’insicurezza e le tensioni economiche, politiche e sociali che sono parte della crudele realtà della regione oggi ed è minacciata anche da forze estremiste implicate nel conflitto. Una vulnerabilità – denunciano i vescovi – non riconosciuta o sottovalutata dai governi occidentali”.

inizio pagina

Pasqua, 2 mila nuovi cattolici entrano nella Chiesa britannica

◊  

La Veglia pasquale, nella quale oltre un migliaio di cristiani di altre confessioni – specie anglicani – e di non appartenenti ad alcuna religione diventano cattolici per la prima volta, è il momento in cui la Chiesa di Inghilterra e Galles rinasce davvero. Come riporta l’agenzia Sir, nella sola arcidiocesi di Westminster, quella che comprende Londra ed è la più importante del Paese, guidata dal primate, il cardinale Vincent Nichols, in 622, già battezzati come cristiani e provenienti da 123 parrocchie, diventeranno cattolici quest’anno mentre i catecumeni, coloro che devono ricevere per la prima volta il Battesimo, sono 353.

Cifre significative in un contesto secolarizzato
Nell’ultimo quadriennio, in tutto quasi duemila persone ogni anno hanno scelto di entrare nella Chiesa cattolica nel Regno Unito, una cifra che è destinata a ripetersi anche quest’anno se si pensa che, nella sola diocesi di Shrewsbury, un piccolo campione di tutta la Chiesa, vi sono in questa Pasqua 32 candidati e 12 catecumeni. Si tratta di numeri significativi se si considera il contesto di grande secolarizzazione nel quale la Chiesa opera in Inghilterra e Galles. Nella loro ultima riunione plenaria, i vescovi di Inghilterra e Galles hanno indicato, per la prima volta, "chi non ha nessuna religione" come "obiettivo privilegiato del lavoro di catechesi del nostro dipartimento”, così come ha spiegato Clare Ward, responsabile del settore evangelizzazione per la Conferenza cattolica delle isole inglesi. “Diverse ricerche recenti - ha indicato - dimostrano che nel Regno Unito le persone che dicono di non avere religione sono in continuo aumento”.

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 86

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.