Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 27/03/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Paesi e popoli martoriati al centro del messaggio di Pasqua del Papa

◊  

Nel messaggio di Pasqua Papa Francesco, dopo aver presieduto in Piazza San Pietro la Santa Messa, ha ricordato le ferite del mondo, “pieno di persone che soffrono nel corpo e nello spirito”. Il Santo Padre, che ha impartito la benedizione Urbi et Orbi dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, si è anche soffermato sul dramma di “efferati delitti che non di rado si consumano tra le mura domestiche” e sulla tragedia “di conflitti armati su larga scala che sottomettono intere popolazioni ad indicibili prove”. Il pensiero del Santo Padre è andato, in particolare, alle popolazioni di Paesi martoriati da guerre, alle vittime del terrorismo e ai migranti. “Gesù Cristo è risorto! L’amore – ha scritto inoltre il Pontefice nel tweet lanciato oggi - ha sconfitto l’odio, la vita ha vinto la morte, la luce ha scacciato le tenebre! Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Gesù è la nostra speranza. Solo Dio, con la sua misericordia eterna, può riempire “le voragini spirituali e morali dell’umanità”, i vuoti nei cuori che provocano odio e morte.

Riconciliazione in Siria
Gesù crocifisso e risorto – ha affermato il Papa - “ci dona il suo sguardo di tenerezza e di compassione verso gli affamati e gli assetati, i forestieri e i carcerati, gli emarginati e gli scartati, le vittime del sopruso e della violenza”. Gesù indica sentieri di pace:

“Cristo risorto indica sentieri di speranza alla cara Siria, Paese dilaniato da un lungo conflitto, con il suo triste corteo di distruzione, morte, disprezzo del diritto umanitario e disfacimento della convivenza civile. Alla potenza del Signore risorto  affidiamo i colloqui in corso, affinché con la buona volontà e la collaborazione di tutti si possano raccogliere frutti di pace e avviare la costruzione di una società fraterna, rispettosa della dignità e dei diritti di ogni cittadino”.

Pace in Medio Oriente
“Il messaggio di vita risuonato per bocca dell’Angelo presso la pietra ribaltata nel sepolcro - ha aggiunto il Santo Padre - sconfigga la durezza dei cuori”:

“…E promuova  un incontro fecondo di popoli e di culture nelle altre zone del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente, in particolare  in Iraq, nello Yemen e in Libia”.

In Terra Santa convivano israeliani e palestinesi
Il pensiero del Papa è poi andato alla Terra di Gesù:

“L’immagine dell’uomo nuovo, che splende sul volto di Cristo, favorisca in Terrasanta la convivenza fra Israeliani e Palestinesi, come anche la paziente disponibilità e il quotidiano impegno ad adoperarsi per edificare le basi di una pace giusta e duratura tramite un negoziato diretto e sincero”.

Pace in Ucraina
Il Pontefice ha espresso il proprio auspicio anche per un altro Paese dilaniato dalle violenze:

“Il Signore della vita accompagni pure gli sforzi intesi a raggiungere una soluzione definitiva alla guerra in Ucraina, ispirando e sostenendo anche le iniziative di aiuto umanitario, tra cui la liberazione di persone detenute”.

Terrorismo, forma cieca di violenza
Il Papa ha quindi ricordato le vittime del terrorismo:

“Il Signore Gesù, nostra Pace, che risorgendo ha vinto il male e il peccato, stimoli in questa festa di Pasqua la nostra vicinanza alle vittime del terrorismo, forma cieca ed efferata di violenza che non cessa di spargere sangue innocente in diverse parti del mondo, come è avvenuto nei recenti attentati in Belgio, Turchia, Nigeria, Ciad, Camerun e Costa d’Avorio e Iraq”.

Prospettive di riconciliazione in Africa
Non mancano – ha affermato Papa Francesco - “fermenti di speranza” per le prospettive di pace in Africa:

“Penso in particolare al Burundi, al Mozambico, alla Repubblica Democratica del Congo e al Sud Sudan, segnati da tensioni politiche e sociali”.

In Venezuela si lavori per il bene comune
Gesù – ha detto il Papa - è “la porta della misericordia spalancata per tutti”:

“Il suo messaggio pasquale si proietti sempre più sul popolo venezuelano nelle difficili condizioni in cui si trova a vivere e su quanti hanno in mano i destini del Paese, affinché si possa lavorare in vista del bene comune, cercando spazi di dialogo e collaborazione con tutti”.

Non si dimentichino migranti e rifugiati
L’annuncio del Cristo risorto – ha affermato il Pontefice - ci invita anche a non dimenticare migranti e di rifugiati –  tra cui molti bambini –  “in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla povertà e dall’ingiustizia sociale”:

“Questi nostri fratelli e sorelle, sulla loro strada incontrano troppo spesso la morte o comunque il rifiuto di chi potrebbe offrire loro accoglienza e aiuto. L’appuntamento del prossimo Vertice Umanitario Mondiale non tralasci di mettere al centro la persona umana con la sua dignità e di elaborare politiche capaci di assistere e proteggere le vittime di conflitti e di altre emergenze, soprattutto i più vulnerabili e quanti sono perseguitati per motivi etnici e religiosi”.

Non si sfrutti la terra per avido guadagno
In questo giorno glorioso – ha sottolineato poi il Santo Padre - gioisca la terra ricca di splendore ma tanto maltrattata “da uno sfruttamento avido di guadagno, che altera gli equilibri della natura”:

“Penso specialmente a quelle aree colpite dagli effetti dei cambiamenti climatici, che non di rado provocano siccità o violente inondazioni, con conseguenti crisi alimentari in diverse parti del pianeta”.

Si aprano strade di riconciliazione con Dio e con i fratelli
Papa Francesco ha infine esortato a riascoltare con i fratelli e le sorelle “che sono perseguitati per la fede e per la loro fedeltà al nome di Cristo e dinanzi al male che sembra avere la meglio nella vita di tante persone”, la consolante parola del Signore: “Non abbiate paura! Io ho vinto il mondo!”:

“A quanti nelle nostre società hanno perso ogni speranza e gusto di vivere, agli anziani sopraffatti che nella solitudine sentono venire meno le forze, ai giovani a cui sembra mancare il futuro, a tutti rivolgo ancora una volta le parole del Risorto: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose … A colui che ha sete darò gratuitamente acqua dalla fonte della vita. Questo rassicurante messaggio di Gesù, aiuti ciascuno di noi a ripartire con più coraggio e con più speranza per costruire strade di riconciliazione con Dio e con i fratelli. ne abbiamo tanto bisogno”.

inizio pagina

Veglia pasquale. Papa: amore di Dio, speranza che non delude

◊  

La Pasqua è la “festa della speranza”, perché l’amore di Dio non delude mai. Così, in sintesi, Papa Francesco nella Veglia pasquale presieduta nella Basilica Vaticana. Iniziata nell’atrio della Basilica con la benedizione del fuoco e la  preparazione del cero pasquale, la celebrazione ha visto il Papa amministrare i Sacramenti dell’iniziazione cristiana a 12 neofiti (8 donne e 4 uomini), provenienti da Italia, Albania, Camerun, Corea, India e Cina. Tra loro, l’ambasciatore della Corea del Sud presso l’Italia, Yong-Joon Lee, con la consorte, Hee Kim. A fare da padrini, i rispettivi omologhi presso la Santa Sede. Il servizio di Isabella Piro: 

Cercare la via dell’incontro e della fiducia
C’è una pietra da far rotolare via nella notte che conduce alla Pasqua. E non è soltanto la pietra che chiude il sepolcro di Cristo, ma è quella della “mancanza di speranza che ci chiude in noi stessi”. Il Papa lo ricorda nella sua omelia, tutta declinata intorno al verbo ‘sperare’. È speranza, infatti, quella che spinge Pietro a correre verso il sepolcro del Signore:

“Non rimase seduto a pensare, non restò chiuso in casa come gli altri. Non si lasciò intrappolare dall’atmosfera cupa di quei giorni, né travolgere dai suoi dubbi; non si fece assorbire dai rimorsi, dalla paura e dalle chiacchiere continue che non portano a nulla. Cercò Gesù, non se stesso. Preferì la via dell’incontro e della fiducia”.

Aprire il cuore a Dio. Centro della vita non sono i nostri problemi
In un certo senso, sottolinea il Papa, quel gesto è stato “l’inizio della ‘risurrezione’ di Pietro, la risurrezione del suo cuore”, che ha lasciato entrare la luce di Dio, “senza soffocarla”. Di qui, il richiamo del Pontefice ad aprire al Signore “i nostri sepolcri sigillati”, a portare a Lui “le pietre dei rancori, i macigni del passato, i pesanti massi delle debolezze e delle cadute”, perché Dio ci prenderà per mano e ci trarrà fuori dall’angoscia:

“Che il Signore ci liberi da questa terribile trappola, dall’essere cristiani senza speranza, che vivono come se il Signore non fosse risorto e il centro della vita fossero i nostri problemi”. 

Speranza è dono di Dio, non semplice ottimismo
Illuminare i problemi con la luce del Risorto, ovvero “evangelizzarli”: questo è il suggerimento del Papa che invita a non lasciare che “le oscurità e le paure” attirino lo sguardo dell’anima e prendano possesso del cuore. Speranza, dunque. Speranza che “non è semplice ottimismo”, né “un atteggiamento psicologico” e neppure “un invito a farsi coraggio”, ma è “dono di Dio che non delude”:

 “Il Consolatore non fa apparire tutto bello, non elimina il male con la bacchetta magica, ma infonde la vera forza della vita, che non è l’assenza di problemi, ma la certezza di essere amati e perdonati sempre da Cristo, che per noi ha vinto il peccato, la morte e la paura. Oggi è la festa della nostra speranza, la celebrazione di questa certezza: niente e nessuno potranno mai separarci dal suo amore (cfr Rm 8,39)”.

Chiesa non è una struttura internazionale con regole e adepti
Forti di questa certezza, ribadisce Francesco, i cristiani sono chiamati a “suscitare la speranza nei cuori appesantiti dalla tristezza, in chi fatica a trovare la luce della vita”, “dimentichi di se stessi” ed annunciando il Risorto “con la vita e mediante l’amore”:

“…altrimenti saremmo una struttura internazionale con un grande numero di adepti e delle buone regole, ma incapace di donare la speranza di cui il mondo è assetato”.

Fare memoria della storia d’amore di Dio con l’umanità
Ma tale speranza va anche nutrita – è il monito del Papa – facendo memoria delle opere di Dio, della sua “storia di amore” e di fedeltà verso l’umanità:

“Facciamo memoria del Signore, della sua bontà e delle sue parole di vita che ci hanno toccato; ricordiamole e facciamole nostre, per essere sentinelle del mattino che sanno scorgere i segni del Risorto”.

“Cristo è risorto! Apriamoci alla speranza e mettiamoci in cammino – conclude il Pontefice – verso la Pasqua che non avrà fine”.

inizio pagina

Cordoglio del Papa per l'attentato kamikaze in uno stadio iracheno

◊  

In un messaggio di cordoglio, a firma del segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, Papa Francesco ha espresso il proprio dolore per le vittime dell’attentato terroristico avvenuto nello stadio di Iskanderiyah, in Iraq, costato la vita venerdì scorso ad almeno 40 persone. Il Santo Padre prega per le vittime e per i familiari. Il Pontefice prega anche affinché, in risposta a questa insensata azione di violenza, il popolo iracheno sia determinato nel respingere le vie dell’odio e del conflitto  e lavori unito senza paura per un futuro basato sul rispetto reciproco, sulla solidarietà e sulla libertà.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Pasqua in Terra Santa. Juthouruna Forum: i pellegrini non ci abbandonino

◊  

Una Pasqua di fede e speranza nonostante le tante difficoltà. E’ quella vissuta dai cristiani di Terra Santa, in un periodo contrassegnato purtroppo da tante violenze e nuove contrapposizioni nella regione mediorientale. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza del dott. Charlie Abou Saada, direttore del Centro ecumenico giovanile Juthouruna Forum, raggiunto telefonicamente a Betlemme: 

R. – Qui è il luogo dei miracoli, è il luogo dell’Incarnazione. Qui, a Betlemme, siamo molto vicini a Gerusalemme, che è anche luogo della nostra salvezza. Quindi sì abbiamo celebrato questa Pasqua con grande fedeltà, con grande gioia, malgrado tutti i problemi. Insieme ai nostri giovani, al nostro gruppo giovanile, ai nostri parrocchiani abbiamo cercato di dare un po’ di speranza alla gente e soprattutto ai giovani che – malgrado tutto – vogliono e vorrebbero restare a testimoniare la loro fede in questa terra. C’è violenza ed ogni giorno, ogni mattina e ogni sera sentiamo qualcosa che è accaduto a Hebron, a Gerusalemme…. Ma cerchiamo di restare fedeli, restare fedeli a Gesù e alla Chiesa.

D. – Prima delle celebrazioni di Pasqua erano stati fatti degli appelli anche dalla Terra Santa ai pellegrini…

R. – Vogliamo vedere i cristiani di tutto il mondo venire qui, venire qui a darci una mano. La nostra è una Chiesa che sta soffrendo, che sta soffrendo tantissimo e abbiamo bisogno dei cattolici di tutto il mondo. Abbiamo bisogno di tutti voi, qui, per pregare! Se parliamo, ad esempio, di Betlemme:  quasi il 40-45 per cento della popolazione di Betlemme vive grazie ai pellegrinaggi e ai pellegrini: quindi dagli alberghi ai souvenir shop, alle guide, ai ristoranti… Se ci sono pellegrini, questo vuol dire che i cristiani in Terra Santa e soprattutto a Betlemme riescono a vivere con dignità. Quindi venite, perché spesso ci sentiamo soli!

D. – Anche in questa Pasqua i cristiani testimoniano l’amore al Signore e lo sforzo di essere ponte, anche tra persone in contrapposizione tra loro…

R. – Lungo la storia, noi cristiani mediorientali siamo stati ponte fra Occidente e Oriente, fra le Chiese orientali e la Chiesa d’Occidente, tra musulmani, ebrei… Dovrei dire che quest’anno, ma anche negli ultimi anni, a causa di tutto quello che succede in Medio Oriente, stiamo vivendo un momento di difficoltà. Stiamo pregando tanto e stiamo invitando soprattutto i nostri giovani, a non aver paura, ad andare avanti sempre nella fede in Gesù Cristo, nella fede della Pasqua. Come dico sempre: “Noi chiamiamo la Chiesa del Santo Sepolcro la Chiesa della Resurrezione e quindi non aver paura e andare avanti malgrado tutto!”.

inizio pagina

Mons. Santoro: Dio non lascia sola l’Europa sotto attacco

◊  

C’è speranza anche in Europa, nonostante i recenti attentati compiuti a Bruxelles. La paura non può prevalere sugli autentici valori che sostengono l’Europa, sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Conferenza episcopale italiana: 

R. – E’ una Pasqua caratterizzata da una profonda preoccupazione, da una angustia in molti casi e dall’incertezza per il futuro: il pericolo si sente battere nel cuore dell’Europa e si sente battere alle porte delle nostre case. Quindi, il clima generale è proprio di incertezza e, allo stesso tempo, sostenuti dall’esperienza della fede, non ci si può arrendere alla paura o alla dissipazione. Poi, evidentemente, dove c’è un’esperienza di popolo più radicata, come accade in varie parti d’Italia, insieme con la liturgia, che è il punto forte di queste giornate, c’è la tradizione dei riti della Settimana Santa. Esattamente a mezzanotte del Venerdì Santo mattina, proprio all’origine della giornata, ho fatto partire la processione dell’Addolorata qui a Taranto alla presenza di 20 mila persone. Questa Addolorata è condotta con un ritmo che sembra un cullare la Madre, la Madre che va in cerca del Figlio e lo cerca per tutta la notte e non lo trova. E lo troverà sull’alto della Croce. E quella Madre rappresenta proprio tutto il dolore della gente, tutta la sofferenza che quest’anno si colora ancora di più di questi terribili fatti di terrorismo del Belgio, della Francia, dell’Africa, dell’Asia, delle quattro suore martirizzate nello Yemen… La mamma sente in sé il dolore di tutti i suoi figli. In questa fase confusa in cui la persona, le società, le nazioni sono attaccate da varie parti, non siamo soli. Lo sguardo del Signore è uno sguardo che illumina chi ha fede ma illumina e sostiene ciascuno di noi.

D. – Come tramutare questo tempo di dolore, di passione in un tempo di rinascita?

R. – Il cammino è quello che il Santo Padre ci indica: il cammino della vicinanza alla gente, il cammino della solidarietà, il cammino del rispetto dei più poveri, il cammino della cura della casa comune. Sono tutti punti che scaturiscono dal cuore del Vangelo, dal sacrificio di Cristo. Nel dolore rimaniamo nel vuoto se non incontriamo un volto, un volto che ci salva. E a partire dallo sguardo al volto di Cristo e al volto della Madre di Cristo, noi troviamo il punto di partenza per la nostra vita personale ma anche per un impegno solidale nella nostra società.

D. – Per l’Europa, in particolare, è anche un cammino di discernimento: discernimento, ad esempio, tra islam e islamismo per arginare e isolare l’estremismo …

R. – Certamente. Subito dopo i fatti di Bruxelles ho detto: “Questo non significhi dare spazio a un’onda di xenofobia, cioè innanzitutto di rifiuto dei migranti. Ci dev’essere un controllo, ma non la chiusura, non i muri. Ma i ponti, l’accoglienza intelligente. E poi ancora, il rapporto positivo con l’islam che riconosce che l’azione dei terroristi è una deriva errata della religione islamica e quindi loro per primi si schierano per isolarla. Al tempo stesso, però, è un grande monito per l’Europa perché questo radicalismo islamico che attecchisce nel cuore dell’Europa dipende da una debolezza culturale in cui noi abbiamo buttato via il riferimento al mistero, al significato delle cose. Mi domandava un giovane che è venuto a confessarsi: “Dov’era Dio, a Bruxelles?”. E io gli ho detto: “Ma proprio perché abbiamo dimenticato Dio, è successo quello che è successo!”. Perciò dico: l’attenzione ai nostri fratelli islamici in un sano dialogo religioso, però anche una robusta azione culturale nei confronti di radici profonde che vanno al di là dell’Europa delle finanze, dell’Europa del commercio… Quindi occorre un impegno di evangelizzazione che va dalla radice della nostra civiltà e cultura europea.

inizio pagina

Dopo sei anni di guerra, la speranza di Pasqua in Siria

◊  

C'è una nuova speranza in Siria in questa sesta Pasqua di guerra. La tregua e i colloqui in corso a Ginevra rappresentano infatti un raggio di luce per una popolazione duramente provata. Lo spiega al microfono di Paolo Ondarza il nunzio apostolico a Damasco mons. Mario Zenari

R. - Da sei anni la Pasqua, in Siria, si celebra purtroppo ancora in un clima di guerra, anche se quest’anno sembra intravedersi la fine del tunnel. Ci sono dei segnali che fanno sperare, e questi segnali sono dati dalla cessazione delle ostilità in una certa parte del territorio siriano. Cessazione che ha tenuto abbastanza bene da tre settimane. Non essere più sotto le bombe è già un grande sollievo. E ancora, un altro segnale positivo è la distribuzione degli aiuti umanitari, che è cominciata anche nelle zone di difficile accesso, dove vivono circa 4 milioni e mezzo di persone e, parallelamente, questo dialogo di Ginevra alla ricerca di una soluzione politica.

D. - Accennava ai negoziati indiretti che si stanno svolgendo a Ginevra. Anche questi, quindi, sono vissuti come un segnale di speranza per il futuro della Siria?

R. – Direi che, con l’aiuto della comunità internazionale, ci sia bisogno di una soluzione politica, perché solamente con un’adeguata soluzione politica tutti gli altri mali verranno meno. C’è urgente bisogno di questa soluzione politica con l’aiuto, beninteso, della comunità internazionale. Non è un cammino facile, è un cammino tutto in salita, ma ci si rende conto da tutte le parti che non c’è altra soluzione.

D. – La Pasqua vissuta dalla comunità cristiana in Siria quale testimonianza offre al mondo intero?

R. – E’ una Pasqua segnata ancora da queste ferite e la sofferenza è trasversale. E’ un Venerdì Santo che vivono tutti i siriani, il sesto Venerdì Santo, una croce molto, molto pesante: pensiamo a queste numerose, numerosissime vittime; pensiamo a più di diecimila bambini morti in questa guerra o sotto le macerie o morti perché toccati da proiettili o annegati in mare; pensiamo ai moltissimi bambini traumatizzati dalla violenza che hanno visto e di cui sono stati vittime. Direi, quindi che è un Venerdì Santo che vivono tutti i siriani. C’è da pregare e sperare che sia l’ultimo Venerdì Santo, l’ultimo Venerdì di Passione, che la croce possa essere alleggerita e che anche la Siria possa arrivare al giorno della Pasqua, una Resurrezione dopo questi sei anni di Venerdì Santo.

inizio pagina

L'Africa celebra la Pasqua tra progressi, sfide e contraddizioni

◊  

In Africa, continente dalle grandi potenzialità, sfide e contraddizioni, vivere la Pasqua vuol dire sperare in una società rispettosa della dignità umana, delle pace e della riconciliazione. Tante le attese e le aspirazioni degli africani, spesso afflitti da povertà, guerre e terrorismo. Ma "non mancano i segni evidenti della Resurrezione" spiega padre Giulio Albanese, direttore delle riviste delle Pontificie Opere Missionarie. Paolo Ondarza lo ha intervistato: 

R. – Stiamo parlando di un continente che ha infinite potenzialità, da un punto di vista sociale, politico ed economico; ma direi che è soprattutto rilevante il dato antropologico: nel continente africano vi sono oltre 800 popoli che, in una maniera o nell’altra, rappresentano una straordinaria risorsa. Certamente vi è un evidente bisogno di partecipazione dal punto di vista della democrazia. Ma non solo: vi è bisogno, anzitutto e soprattutto, di affermare il primato della persona umana su tutto il resto.

D. – Che cosa vuol dire celebrare la Pasqua in quei contesti segnati dalla violenza del terrorismo: pensiamo, in particolare, alla Nigeria, al Mali, alla Costa d’Avorio, al Burkina Faso; luoghi in cui – per citare il titolo del suo ultimo libro – "Vittime e carnefici nel nome di Dio" non mancano, sono la quotidianità…

R. – Significa capire, comprendere col cuore e con la mente, che la vita umana è sempre sacra agli occhi di Dio e dovrebbe esserlo anche agli occhi degli uomini! Purtroppo questo è un fenomeno che coinvolge chiaramente in primis le minoranze religiose, ma ha anche a che fare – ed è inutile nasconderselo - con quote consistenti della società civile, per esempio appartenenti al mondo islamico. E’ il caso della Somalia, ma anche della Nigeria, dove queste organizzazioni criminali, raggruppate sotto il cartello di Boko Haram, colpiscono chiunque si opponga al loro delirio. Per poter voltare pagine è necessario innanzitutto e soprattutto che vengano smascherate le complicità legate al business delle armi, agli interessi economici. Quindi la sfida è certamente politica, ha una valenza sociale ed economica, ma è anche culturale.

D. – Pasqua vuol dire Resurrezione e va rilevato che non mancano segnali di rinascita: pensiamo alla Repubblica Centrafricana, Paese visitato di recente da Papa Francesco. Qui il Santo Padre ha aperto il Giubileo della Misericordia che stiamo vivendo…

R. – La visita di Papa Francesco ha davvero sortito un vero e proprio miracolo: da quel momento si è inaugurata una nuova stagione. Certamente vi sono situazioni ancora di conflittualità nel Paese, soprattutto in alcune zone periferiche, in cui continuano ad esserci gruppi armati che saccheggiano i villaggi; però è anche vero che la visita di Papa Francesco ha fatto sì che si tornasse a dialogare, soprattutto anche nell’ambito di un cammino interreligioso. In questo Paese sono state anche celebrate le elezioni: il cammino è ancora lungo, ma i segnali di speranza per un cambiamento ci sono tutti quanti.

D. – Elezioni che si sono svolte recentemente anche in vari altri Paesi africani: possono essere viste, in qualche modo, come segnali di speranza?

R. – La Domenica delle Palme si è votato effettivamente in diversi Paesi e non solo per consultazioni politiche, ma anche referendarie, come nel caso del Senegal. Ora è chiaro che da una parte è evidente che le vecchie oligarchie fanno fatica a farsi da parte, però è anche vero che vi sono segnali di partecipazione senza precedenti. Dunque il cammino è lungo, però vi sono dei cambiamenti che fanno ben sperare, guardando al futuro.

D. – Spostiamo l’attenzione ad un altro contesto, quello europeo, che proprio in questi giorni vive la paura e l’acuirsi di un clima di tensione dovuto agli attentati di Bruxelles. Come vede quando sta accadendo?

R. – Il fenomeno del terrorismo rappresenta – per così dire – la mannaia del terzo millennio e a pagare il prezzo più alto è la povera gente. Questo significa anzitutto capire che non siamo di fronte ad una guerra di religione, ma siamo di fronte ad una strumentalizzazione della religione per fini eversivi da parte di organizzazioni criminali. Purtroppo vi sono dei mandanti: organizzazioni, anche statuali, che - in una maniera o in un’altra - foraggiano il terrorismo. E’ lì che la Comunità internazionale deve intervenire! Può essere sconfitto se vi è collaborazione nel consesso delle Nazioni, nella consapevolezza che siamo di fronte ad una guerra a pezzettini – per usare il gergo di Papa Francesco – e questo esige maggiore coerenza – per esempio – nei controlli per quanto riguarda soprattutto i flussi di denaro, che oggi sono tracciabilissimi. Per non parlare poi degli approvvigionamenti di armi e munizioni che rispondono, ancora una volta – ed è tristo dirlo - al diktat dell’interesse economico.

inizio pagina

Colombia, mons. Quiroga: sia una Pasqua di riconciliazione

◊  

La Pasqua in Colombia si vive anche nella speranza di una autentica riconciliazione, di una rinascita del Paese dopo decenni di conflitto con le Farc. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo di Tunja, mons. Luis Castro Quiroga,  presidente della Conferenza episcopale della Colombia: 

R. – La Santa Pasqua si vive, in Colombia, con molta devozione, con molta pietà. I cattolici in questa Settimana Santa riflettono sui misteri della passione, della morte e della resurrezione del Signore. Evidentemente, sembra che ci sia un contrasto forte tra questa vita di pietà, da una parte, e un contesto ancora di guerra e di violenza dall’altra. Precisamente per questo noi cerchiamo, nel corso della Settimana Santa, di infondere questi sentimenti di amore e anche di misericordia. Sentimenti, specialmente, di perdono e di riconciliazione che sono veramente una cosa urgente per la Colombia: dopo 50 anni di guerra i cuori si riempiono di desiderio di vendetta, di odio. La speranza è che, strutturalmente, il nostro Paese possa cambiare e si possa arrivare a ricostruire la nostra società, nella quale possiamo tutti vivere da fratelli e non da lupi che si uccidono.

D. – Per quanti riguarda il processo di pace, le speranze sono riposte nei negoziati che proseguono a Cuba, proprio per porre fine a questo conflitto che insanguina il Paese da cinquant’anni…

R. – Le speranze sono poste adesso in questi incontri che si svolgono a Cuba. In questo momento, ci sono delle difficoltà. Difficoltà che significano che tanti punti difficili si lasciano per dopo ma adesso già non c’è più il “dopo”. Devono essere affrontate le questioni della sicurezza. I guerriglieri devono distruggere le armi o consegnarle allo Stato, devono inserirsi in una vita democratica, da cittadini normali. E tutto questo in un ambiente in cui ci sono altri gruppi, loro nemici, e questo può rappresentare una grande difficoltà. Tutto questo deve essere risolto: penso che attraverso il dialogo si arriverà anche ad una soluzione per incominciare a ricostruire questo Paese.

D. – In questo scenario di conflitto, i più vulnerabili restano i bambini. Secondo l’Unicef da quando sono iniziati i colloqui di pace, nel 2013, – tre anni fa – sono almeno 250 mila i bambini colpiti dal conflitto in vario modo. Oltre 230 mila, in particolare, sono gli sfollati. Proprio negli occhi dei bambini è riflessa la guerra ma anche la speranza in un futuro migliore. E’ un po’ questa l’immagine della Colombia, un Paese ferito che però guarda al futuro …

R. – Ci sono bambini che sono stati reclutati per andare in guerra. Questo è il problema più grande che abbiamo. Per un bambino iniziato al dramma della guerra, questo è un gioco. Recuperare una persona così è molto difficile però, in qualche modo bisogna riuscirci.  Quindi, da una parte ci sono questi bambini. Dall’altra parte ci sono tutti quelli che hanno perso i familiari, vittime della violenza. E poi, ci sono altri – specialmente quelli appartenenti ai gruppi indigeni – che vivono una situazione tale per cui muoiono per mancanza di cibo e per una situazione generale che non permette loro di crescere. Questo anche è un grande problema al quale il Paese riserva grande attenzione, perché i bambini sono il futuro del nostro, come di ogni altro Stato. Quindi speriamo di iniziare una tappa nuova nella vita del Paese.

inizio pagina

Pasqua in India, mons. Machado: la parola di Gesù attrae e converte

◊  

E’ una Pasqua ricca di conversioni in India. Durante quest’anno Santo della Misericordia – sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo di Vasai, mons. Felix Machado – “molte persone sono rimaste attratte da Gesù”: 

R. – Sono venuti parecchi indù, con una grande devozione. Molti indù si sono commossi alle parole di Gesù quando proclamiamo la Parola di Dio nel Vangelo di San Giovanni. Ascoltano questa Parola con grande, grande attenzione.

D. – E’ una Pasqua, questa, ricca di conversioni?

R. – Sono veramente contentissimo, perché questa è diventata ormai una nostra tradizione. Prepariamo molto seriamente al Battesimo questi adulti con catechesi: ogni anno ci sono musulmani, ci sono indù, ci sono anche parecchi appartenenti alla religione tradizionale, qualche volta ci sono anche i sikh. Noi non facciamo proselitismo. Mai lo facciamo questo!. La gente continua a chiederci di essere battezzata perché sono attratti dal Cristo, sono attratti dalla sua parola di misericordia e dal suo volto misericordioso; sono attratti dal perdono che sempre ci dà Gesù. Chiedono ed insistono di essere battezzati.

D. – Queste persone sono attratte dalla misericordia di Dio, che non è una misericordia in termini astratti. Sono gesti, parole, voci concrete, una persona reale…

R. – In Asia e quindi anche in India – come dice la Lettera “Ecclesia in Asia” di Giovanni Paolo II – dobbiamo veramente proclamare Gesù concreto, Gesù mistero trascendentale ma anche Gesù della storia, Gesù come è apparso alla gente. Allora i gesti di Madre Teresa continuano ancora. La gente è attratta dalla vita caritativa della Chiesa. Lee nostre cliniche, Le nostre suore religiose che curano la gente, le scuole che abbiamo, i sacerdoti che sono sempre disponibili… Questi sono gesti che la gente vede: non è una religione di filosofia, non è una religione di idee, ma è una religione di gesti, di voci. La fede cristiana è un volto della misericordia, è una voce della misericordia, è un atto concreto della misericordia. E per questo sono tanti coloro che chiedono di essere battezzati.

D. – Ci sono tanti che si convertono e questo anche grazie all’Anno Santo della Misericordia indetto dal Papa e anche grazie alle parole pronunciate da Papa Francesco…

R. – Certamente! Il Santo Padre, in questo anno, ha articolato tanto bene questa realtà. Per noi è diventata una cosa molto semplice quella di andare avanti. E’ certamente molto rilevante che il Santo Padre ci abbia dato questo anno come Giubileo della Misericordia di Dio.

inizio pagina

Nella Chiesa e nel mondo



Card. Bagnasco: "Sotto la superficie del male brulica la vita buona"

◊  

“Sotto la superficie spumeggiante del male brulica la vita buona degli umili e dei semplici, degli onesti e dei generosi, delle famiglia che con amore e sacrificio sono esempi di dedizione e di eroismo”. Lo ha affermato nell’omelia pasquale il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e arcivescovo di Genova. “Troviamo l’esempio dei martiri straziati e uccisi perché sono cristiani”, ha detto nella cattedrale di San Lorenzo, e “tutto questo è segno che Gesù è risorto ed è con noi. E’ primizia del mondo che verrà, anzi che è nato in Lui e che germoglia nella storia”. In precedenza il porporato aveva domandato: “Dobbiamo attendere la morte e la risurrezione finale per gioire e gustare il mondo nuovo? Se guardiamo a ciò che accade, al terrorismo contagioso, alla violenza diffusa, ai muri e alle barriere verso chi soffre, al nuovo disordine mondiale, al nichilismo allegro della morte, ai nostri difetti ricorrenti… la risposta sembrerebbe inevitabile: sì, dobbiamo aspettare i tempi ultimi per intravvedere l’alba di un’umanità che non divori se stessa”. Ma, ha aggiunto il cardinale, “lo sguardo del buon senso e della fede dice diversamente”. (M.R.)

inizio pagina

Card Scola: i jihadisti sono anti-martiri

◊  

“Gli attentati e le violenze che sconvolgono oggi alcune metropoli europee sono l’appendice di quell’amaro pane quotidiano di cui intere popolazioni, dall’Iraq alla Siria, dall’Afghanistan alla Somalia, per non parlare della Nigeria, si nutrono ormai da anni”. Ad affermarlo è l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, che in un’intervista al Corriere della Sera ha ricordato anche gli oltre mille cristiani iracheni uccisi dal 2003. “I nuovi martiri”, ha detto il porporato in una riflessione sulla Pasqua, “ci invitano a guardare al Crocifisso per trovare rinnovata speranza a livello personale, ecclesiale e sociale” e smascherano la retorica degli attentatori suicidi. “Il jihadista che pensa di poter imporre la sua verità attraverso la sofferenza delle sue vittime è l’opposto del martire, è l’anti-martire”, ha proseguito Scola e ha poi aggiunto: “i martiri non sono andati a cercarsi la loro fine, ma nel momento della scelta non hanno avuto esitazioni: hanno creduto che il male non ha l’ultima parola. Ed è a questa certezza che noi ora abbiamo così bisogno d’attingere”. “Nel frastuono di commenti sui dolorosi fatti di Bruxelles, sono ancora queste umili covi a dirci la parola più vera”. (M.R.)

inizio pagina

Bruxelles: arrestato in Italia un complice dei terroristi

◊  

Doveva essere la giornata della “marcia contro la paura”, ma anche se le autorità non hanno autorizzato la manifestazione per motivi di sicurezza, i cittadini di Bruxelles continuano ad onorare le vittime degli attentati di martedì scorso con fiori e canti a Place de la Bourse. I tre kamikaze hanno ucciso finora 28 persone, confermano fonti ufficiali,  ma restano ancora da identificare quattro corpi. Un bilancio che rischia di aumentare dato che dei 340 feriti ancora un centinaio sono ricoverati in ospedale, la maggior parte dei quali in terapia intensiva. Intanto continuano gli arresti. L’unico collegato direttamente agli attentati è Faysal Cheffou, giornalista freelance noto per la sua propaganda radicale, mentre per Abdheraman Ameroud, arrestato a Schaerbeek e già condannato per l’omicidio del comandante afghano Massoud, c’è l’accusa di partecipare ad attività terroristiche. In provincia di Salerno fermato invece l’algerino Djamal Eddine Ouali, 40 anni, che poco più di una settimana aveva chiesto il permesso di soggiorno alla questura. E’ stato arrestato su mandato europeo delle autorità del Beglio alla fermata di un autobus e senza opporre resistenza. Si sospetta sia lui ad aver fornito i documenti falsi a Salah Abdeslam e a Najiim Laachroui, organizzatori degli attentati di Parigi e Bruxelles. (M.R.)

inizio pagina

Siria: l'esercito riconquista Palmira dalle mani dell'Is

◊  

L’esercito siriano, sostenuto dall’aviazione russa, ha ripreso il “pieno controllo” della città di Palmira, occupata dai jihadisti dello Stato Islamico dal maggio 2015. A riferirlo sono fonti militari citati dalla tv siriana, che mostra elicotteri e carri armati delle forze governative nella città.  Palmira, sede del sito archeologico d’epoca romana patrimonio dell’Unesco, “sarà la base da cui si estenderanno le operazioni militari contro l’Is a Deir Ezzor e Raqqa”, ha annunciato l’esercito in un comunicato, sottolineando l’intenzione di “mettere fine all’esistenza dei terroristi” in queste due aree. L'Osservatorio siriano per i diritti ha confermato l'allontanamento dei jihadisti dalla città. (M.R.)

inizio pagina

Primarie Usa: Sanders vince in Alaska, Washington e Hawaii

◊  

Il candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti Bernie Sanders ha vinto le primarie negli Stati di Washington, Alaska ed Hawaiii. Il senatore del Vermont ha conquistato oltre il 70% dei delegati e riduce il suo distacco dalla favorita Hilary Clinton. Dopo la vittoria nello Stato di Washington e in Alaska la Clinton è ancora in vantaggio con 1.234 delegati contro i 956 di Sanders, ai quali vanno aggiunti la maggior parte dei superdelegati scelti dal partito. La soglia per esseri nominati dal partito per le presidenziali di novembre è di 2.383 delegati. Decisive saranno le primarie nello Stato di New York e nella costa est,  previste il 19 e il 26 aprile prossimo. (M.R.)

inizio pagina

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 87

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.