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Sommario del 09/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: visitare malati e carcerati, gesti di misericordia sempre attuali

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Un profondo invito ad essere “strumenti della misericordia di Dio” anche verso chi ha sbagliato, come i carcerati, e a chi è solo, come i malati. Lo ha rivolto il Papa alla catechesi dell’Udienza generale, stamani in Piazza San Pietro, dedicata ancora alle opere di misericordia. Francesco chiede di non “puntare il dito” perché un carcerato sconta la pena  ma qualunque cosa un possa aver commesso, “rimane pur sempre amato da Dio”. Il servizio di Debora Donnini

Una misericordia che si declina in opere come assistere gli ammalati e far visita a chi si trova in prigione. E’ questo il cuore della catechesi del Papa che chiede condivisione. Si parte dal brano evangelico in cui Gesù guarisce la suocera di Simone. La vita di Cristo infatti è costellata di incontri con tanti malati che come i carcerati vivono la limitazione della loro libertà. “E proprio quando ci manca, ci rendiamo conto di quanto essa sia preziosa!”, esclama Francesco. Gesù però ha donato una libertà che proviene dall’incontro con Lui, una libertà “nonostante i limiti della malattia e delle restrizioni”.

No al giustizialismo ma essere strumenti di misericordia
Francesco chiede quindi di non giudicare chi ha sbagliato ma di farsi prossimi:

“Visitare le persone in carcere è un’opera di misericordia che soprattutto oggi assume un valore particolare per le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti. Nessuno dunque punti il dito contro qualcuno. Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto”.

Nel cuore del Papa le lacrime dei prigionieri quando si sentono accolti
Certamente se uno è in carcere è perché ha sbagliato e “sta scontando la sua pena”, rileva il Papa, ma “rimane pur sempre amato da Dio”. “Chi può entrare nell’intimo della sua coscienza per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso?”, si chiede il Papa le cui parole esprimono grande tenerezza:

“Penso spesso ai carcerati … penso spesso, li porto nel cuore. Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi. Quante lacrime ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati”.

Un cristiano quindi è chiamato a farsi carico di chi ha sbagliato perché comprenda il male che ha compiuto. E a fare di tutto per restituirgli la dignità, considerando che la mancanza di libertà è una delle privazioni più grandi e il “degrado” per le condizioni spesso prive di umanità in cui vivono queste persone.

Visitare gli ammalati: gli ospedali "cattedrali del dolore"
Nel cuore del Papa anche gli ammalati. Per una persona malata una visita è “un’ottima medicina”, “un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per chi si sente abbandonato a se stesso”, dice il Pontefice. Visitare gli ammalati in ospedale è dunque un’opera di volontariato impagabile e se fatto nel nome del Signore è anche “espressione eloquente ed efficace di misericordia”:

“Non lasciamo sole le persone malate! Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre. Gli ospedali sono vere ‘cattedrali del dolore’, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione”.

Anche Gesù e gli apostoli hanno fatto esperienza della prigione
Gesù stesso ha fatto esperienza della prigione, catturato, trascinato come un malfattore, incoronato di spine, “Lui, il solo Innocente!”, esclama Francesco. Anche San Pietro e San Paolo sono stati in carcere. Una pagina commovente quella degli Atti degli Apostoli in cui viene raccontata la prigionia di Paolo che “si sentiva solo” perché  “la grande maggioranza lo aveva lasciato solo … il grande Paolo”,  nota il Papa. Il pensiero va al Giubileo dei carcerati, di domenica scorsa. Nel pomeriggio, racconta, un gruppo di carcerati è andato a trovarlo:

“Mi hanno detto: ‘Andremo al carcere Mamertino per condividere l’esperienza di san Paolo’. È bello … sentire questo mi ha fatto bene. Questi carcerati volevano trovare Paolo prigioniero. È una cosa bella. A me ha fatto bene”. 

Essere strumenti di misericordia fa bene a noi
Queste opere di misericordia sono “antiche, eppure sempre attuali”, conclude il Papa: Gesù ha lasciato quello che stava facendo per andare a visitare la suocera di Pietro. La misericordia infatti è un atto concreto:

“Tutti noi possiamo essere strumenti della misericordia di Dio e questo farà più bene a noi che agli altri perché la misericordia passa attraverso un gesto, una parola, una visita e questa misericordia è un atto per restituire gioia e dignità a chi l’ha perduta”.

 

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Parolin: auguri al presidente Trump, possa lavorare per la pace nel mondo

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin fa gli auguri al nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, uscito vittorioso nel confronto con Hillary Clinton. Stamattina verso le 8 i risultati definitivi. Il porporato è stato interpellato dai giornalisti a margine dell'inaugurazione dell'Anno accademico della Pontificia Università Lateranense. Ascoltiamolo ai microfoni della Radio Vaticana: 

R. - Prima di tutto prendiamo nota con rispetto della volontà espressa dal popolo americano con questo esercizio di democrazia, che mi dicono sia stato caratterizzato anche da una grande affluenza alle urne. E poi facciamo gli auguri al nuovo Presidente perché il suo governo possa essere davvero, fruttuoso e assicuriamo anche la nostra preghiera perché il Signore lo illumini e lo sostenga al servizio della sua patria, naturalmente, ma anche a servizio del benessere e della pace nel mondo. Credo che oggi c’è bisogno di lavorare tutti per cambiare la situazione mondiale, che è una situazione di grave lacerazione, di grave conflitto.

D. - In passato è noto che il Papa fece un commento: “Chi costruisce muri non è cristiano…” … Poi ci fu un chiarimento, però diciamo che sul tema delle immigrazioni …

R. - Vedremo come si muove il Presidente. Normalmente dicono: altro è essere candidato, altro è essere Presidente, avere una responsabilità. E mi pare che in questo senso, anche da quello che ho sentito, anche se non ho approfondito molto, il futuro Presidente si è già espresso in termini da leader … Poi sui temi specifici vedremo quali saranno le scelte e in base a quelle si potrà dare anche un giudizio. Mi pare prematuro dare giudizi.

D. - La sua lectio magistralis di oggi per l’inaugurazione di questo importante anno accademico…

R. - Sì, io tratterò della diplomazia pontificia nel nuovo contesto globale, soprattutto, anche in riferimento a quanto dicevo prima, alla necessità di trovare nuove formule. Probabilmente la diplomazia oggi, la diplomazia pontificia, pure all’interno, è chiamata a trovare nuove formule per dare risposta ai nuovi problemi che si pongono alla comunità internazionale.

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Jurkovič: cooperazione internazionale contro armi biologiche

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“Nessuno Stato può vincere da solo la guerra contro la proliferazione di armi biologiche”. È il monito di mons. Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, nel suo intervento dei giorni scorsi all’ottava Conferenza di revisione della Convenzione sulle armi biologiche (BWC). Il presule ha messo l’accento sull’urgenza di una maggiore “cooperazione internazionale” sul fronte della biosicurezza e di un’azione comune e coordinata per impedire l’acquisizione, la produzione o l’impiego di armi chimiche e biologiche da parte di gruppi terroristici.

La minaccia del bioterrorismo alla sicurezza internazionale
Il sistema di sicurezza internazionale - ha evidenziato l’osservatore permanente - ha assunto una complessità senza precedenti: i progressi rivoluzionari nelle biotecnologie stanno ponendo sfide sempre più difficili all’implementazione del BWC, cresce il pericolo del bioterrorismo, mentre la frequente diffusione di pandemie minaccia la salute e la sicurezza mondiale.

Sostenere gli Stati più vulnerabili
Per questi motivi – ha sottolineato mons. Jurkovič – è importante che gli Stati aderenti alla Convenzione continuino e rafforzino il loro sostegno a quelli più bisognosi di assistenza, in particolare ai Paesi poveri che sono i più esposti al rischio di pandemie e anche i più vulnerabili in caso di attacco biologico, a dimostrazione dello stretto legame tra disarmo e sviluppo.

Le malattie non rispettano i confini
Per la loro stessa natura, infatti, le malattie non rispettano i confini: è quindi interesse di tutti – ha osservato l’osservatore permanente - che i nostri vicini abbiano un sistema sanitario nazionale solido. Inoltre, ha aggiunto, è urgente aggiornare le procedure di assistenza previste dalla Convenzione, considerati la rapida evoluzione della scienza e delle tecnologie in questo campo e i nuovi pericoli rappresentati dalla produzione di armi biologiche “fai da te”.

Sensibilizzazione ad un uso responsabile delle biotecnologie
Non meno importante - ha sottolineato in conclusione mons. Jurkovič - è l’opera di sensibilizzazione ad un uso responsabile delle biotecnologie finalizzato alla “promozione della vita e dello sviluppo umano integrale”. Tutti gli attori in gioco - scienziati, università, imprese , governi e agenzie internazionali  - devono unire le loro forze in questa direzione, perché “la noncuranza di oggi è la catastrofe di domani”. (A cura di Lisa Zengarini)

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Card. Turkson: prevenire catastrofe ambientale su scala globale

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Ci confrontiamo con la minaccia di una catastrofe ambientale su scala globale. Ma “un raggio di luce ha già iniziato a colpire le nuvole” che incombono sulla Terra, a portarci ciò che Papa Francesco descrive come “il calore della speranza”. E’ quanto ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, cardinale Peter Turkson, intervenendo oggi all’incontro a Parigi, presso la sede dell’Unesco, e incentrato sul tema “La Terra, nostra casa comune: sfida e speranza”.

Diventiamo “rivoluzionari” e abbiamo cura della terra
Durante l’incontro, organizzato dalla delegazione della Santa Sede presso l’Unesco e dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il card. Turkson ha ricordato recenti, importanti avvenimenti legati al cruciale tema ambientale. Tra questi, la Conferenza internazionale tenutasi nel 2015 ad Addis Abeba sullo sviluppo sostenibile. Un altro appuntamento ricordato dal porporato è stata l’assemblea plenaria delle Nazioni Unite tenutasi nel 2014 per adottare l’agenda globale centrata sulle persone e sul pianeta. La conferenza di Parigi nel 2015 e quella sul clima a Marrakesh – ha aggiunto il card Turkson – sono ulteriori passi per diventare ”insieme rivoluzionari”, superare le differenze e le disuguaglianze avendo cura della Terra, del bene comune e dei poveri.

“Laudato si’” è la speranza che accompagna l’inizio di millennio
L’Enciclica “Laudato si’”- ha concluso il card. Turkson - è la speranza “che avvia un millennio di rispetto per la vita, della nostra cura per la creazione di Dio, della nostra cura per i poveri” nel solco della solidarietà, della giustizia e in particolare della pace. Durante il suo intervento, il presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace ha infine ricordato gli insegnamenti della Chiesa sull’ecologia facendo riferimento al magistero sociale dei Pontefici a partire da Leone XIII. In particolare, il porporato si è soffermato sui contributi dati sui temi ambientali da Paolo VI, San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Quest'anno in S. Pietro albero di Natale trentino e presepe maltese

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Il prossimo 9 dicembre, alle ore 16.30, avrà luogo l’inaugurazione del Presepe e l’illuminazione  dell’albero di Natale in Piazza San Pietro. Lo rende noto un comunicato del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Quest’anno presepe ed albero rimarranno illuminati dal pomeriggio dell’inaugurazione fino alla notte di domenica 8 gennaio 2017, giorno in cui si commemora il Battesimo del Signore e si conclude nella liturgia il Tempo di Natale.

L’albero, un abete rosso alto 25 metri e con una circonferenza massima del tronco pari a 75 cm (ridotti a 65 per permetterne il trasporto), verrà donato dal Comune di Scurelle - Foreste del Lagorai - Provincia Autonoma di Trento. Al momento del taglio – previsto per domenica 13 novembre – i bambini della scuola elementare di Scurelle pianteranno circa 40 nuove piantine di abete rosso e di larice in una zona poco distante dove lo scorso autunno sono stati abbattuti alcuni alberi colpiti da un parassita. Dopo il taglio, il grande albero verrà trasportato a valle da un Elicottero dell’Esercito Italiano - Reggimento AVES “ANTARES” di Viterbo - con la collaborazione della Protezione Civile di Trento e poi adagiato sul TIR che lo trasporterà su gomma nella Capitale. Giungerà a Roma nella notte tra il 23 e il 24 novembre e, con l’ausilio del personale della Direzione dei Servizi Tecnici e dei Giardini Vaticani, verrà innalzato in piazza San Pietro.

Il presepe viene, invece, donato dall’Arcidiocesi e dal Governo di Malta che lo scorso anno hanno  indetto un apposito concorso tra artisti locali. Il bozzetto prescelto dalla commissione maltese è quello di un artista di Gozo, Manwel Grech. L’allestimento scenografico riproduce il paesaggio maltese, l’architettura delle costruzioni vernacolari, flora e fauna locali. L’opera misura 17 metri di larghezza, 12 di profondità ed un’altezza massima di 8 metri. I personaggi portano indumenti tipici maltesi e attrezzi e strumenti musicali. Sono presenti 17 figure, animali
esclusi; il riempimento delle statue è fatto in cartapesta. È presente nella scena la tradizionale “croce di Malta” ed un richiamo all’attualità rappresentato dal ‘luzzu’, tipica imbarcazione dell’arcipelago maltese che non solo rappresenta la tradizione, la pesca e la vita, ma - purtroppo - anche la realtà dei migranti che proprio in quelle acque navigano su imbarcazioni di fortuna per raggiungere l’Italia.

Anche quest’anno l’albero sarà ornato dalle riproduzioni di sfere in argilla raffiguranti disegni realizzati da bambini in cura presso i reparti oncologici di alcuni ospedali italiani. Questi bambini, insieme ai loro genitori, hanno partecipato ad un programma di ceramico-terapia ricreativa presso i laboratori ospedalieri permanenti ideati, coordinati e gestiti dalla Fondazione Contessa Lene Thun Onlus. Anche l’illuminazione sarà una novità soprattutto per la tutela dell’ambiente: 18.000 lampadine con tecnologia led di cui 1.400 ad effetto scintilla, per un peso totale di 140 kg ed un consumo di soli 1,7 KW.

Nella mattinata del 9 dicembre le delegazioni trentina e maltese, insieme ad alcuni dei bambini che hanno realizzato le sfere, verranno ricevuti in udienza dal Santo Padre per la presentazione ufficiale dei doni.

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Oggi in Primo Piano



Trump alla Casa Bianca: "Sarò il presidente di tutti"

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E’ il repubblicano Donald Trump il 45.mo presidente degli Stati Uniti. Questo l’esito della lunga giornata elettorale, che già dagli scrutini dei primi Stati ha messo in evidenza la vittoria del miliardario sulla democratica Hillary Clinton. 290 i gradi elettori conquistati da Trump contro i 218 della candidata democratica. Appello all’unità e alla ricostruzione del Paese tra le sfide evidenziate nelle prime parole del neo eletto capo della Casa Bianca. Il servizio di Giancarlo La Vella

“I pledge every citizen in our land that I will be the president for all americans …
“Mi impegno con ogni cittadino della nostra terra che sarò il presidente di tutti gli americani”. È un Trump diverso quello che appare agli americani e al mondo pochi minuti dopo l’ufficializzazione della sua elezione a 45.mo presidente degli Stati Uniti. Ringrazia il suo staff, i suoi cari, ringrazia anche Hillary Clinton, avversaria in questa difficilissima campagna elettorale. L’America dunque volta pagina. Trump incassa 290 dei grandi elettori necessari per essere eletto; ben 20 più del necessario, conquistando gli Stati chiave ed ottiene una vittoria nella quale neppure il suo partito repubblicano credeva. Hillary Clinton lo chiama e gli concede la vittoria; questi ricambia congratulandosi a sua volta con lei e lanciando un appello accorato: “È ora di unirci. L’America – promette Trump - deve tornare ad essere il Pase guida del mondo in campo politico, sociale ed economico”. Ma guardando al fronte interno americano, che cosa ha consentito a Donald Trump di battere Hillary Clinton, avendo contro il suo stesso partito repubblicano e il mondo dell’informazione? Sentiamo Paolo Mastrolilli, corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano La Stampa:

“Donald Trump, sin dal principio, è riuscito a parlare all’America profonda, soprattutto all’America dei bianchi della classe media, dei bianchi senza istruzione universitaria, che hanno visto negli ultimi anni il Paese sfuggire dal loro controllo. Sono stati colpiti dalla crisi economica, dagli effetti della globalizzazione; temono l’immigrazione, temono che le minoranze conquistino il controllo del Paese; pensano anche che gli Stati Uniti si siano indeboliti sul fronte internazionale e che siano minacciati dal terrorismo islamico”.

Il mondo intero guarda al 45.mo presidente degli Stati Uniti con l’incertezza e la curiosità di sapere anche quale sarà la politica estera del magnate, un tema che è rimasto sullo sfondo di questa campagna elettorale. Sentiamo l’americanista Ferdinando Fasce, docente di Storia Americana all’Università di Genova:

"C’è una grandissima incognita, perché Trump ha sottolineato la propria intenzione di rilanciare quello che potremmo chiamare l’unilateralismo statunitense. Trump ha fortemente spinto sull’idea del protezionismo americano, sull’idea del 'facciamo per conto nostro; non rinnoviamo la logica dell’interdipendenza', e poi ancora sul disimpegno in più aree e più in generale, un rapporto di riduzione delle grandi strategie dell’interdipendenza, non senza allentamento delle tensioni sia nei confronti della Russia che nei confronti della Cina".

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Trump smentisce i sondaggi e dopo la vittoria cambia tono

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La vittoria di Donald Trump arriva inattesa rispetto a previsioni e sondaggi e rivede in profondità l’identità del Partito repubblicano. Un effetto rottura che si accompagna anche alle nuove sfide lanciate nel primo discorso del Presidente dai toni già diversi rispetto alla campagna elettorale. Il servizio di Gabriella Ceraso

Donald Trump è alla Casa Bianca grazie al voto popolare di rivolta che si è espresso a favore dei repubblicani ma che non ha nulla a che vedere con l’idea tradizionale di quel partito. E’ la prima novità che emerge dalla lunga notte americana: Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, per anni corrispondente negli Stati Uniti:

R. – Il ceto medio bianco disagiato degli Stati del Midwest, che ha trovato in Donald J. Trump il suo paladino, lo ha accompagnato prima nella conquista del Partito repubblicano, perché nelle primarie lui ha sbaragliato tutti i suoi avversari che aveva dinanzi – oltre una dozzina: era un’espressione dell’establishment del partito tradizionale. Dopodiché, esprimendo ancora più forza, lo ha accompagnato fino a un passo dalla Casa Bianca. L’America sembra cambiare pelle ma soprattutto il Partito repubblicano è diventato un’altra cosa.

L' elezioni di Trump è una novità anche rispetto a previsioni, sondaggi, Tv e stampa, Cnn in testa, che per mesi hanno proiettato sul mondo l’immagine di una Hillary Clinton vincente. Un clamoroso errore? O l’America vera non è quella che si vuole mostrare? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Castelvecchi docente di Public speaking alla Luiss:

R. – Nel tono era assolutamente conciliante, ma questo è di prammatica. Nei contenuti politici, il Donald Trump che abbiamo sentito conferma sostanzialmente il fatto di volere dare fiato all’economia industriale, di volere dare fiato alle infrastrutture con un piano di investimenti … cioè, ci sono anche dei contenuti politici abbastanza coerenti con il suo messaggio. Quello che è venuto meno, ovviamente, è quel tono al fulmicotone, quelle sue battute da battaglia in cui lui è anche molto bravo. Quello che non ci aspettavamo è il silenzio amareggiato della sconfitta, cioè di Hillary Clinton. Normalmente, chi perde le elezioni fa il cosiddetto speech di concessione, il 'concession speech' (il discorso con cui il candidato sconfitto riconosce la vittoria dell'avversario, ndr), che viene preparato anche questo: nel caso tu perda, devi avere pronto il discorso per poter parlare. Hillary Clinton no: è sparita. Ha fatto pronunciare a John Podesta, che è il capo della sua campagna di comunicazione, un piccolo speech in cui dice “ringraziamo Hillary Clinton per quello che ha fatto”; ma tale e tanta è stata l’amarezza della sconfitta, che rompendo veramente gli schemi della comunicazione politica non si è mostrata al pubblico. E questo fa capire quanto duro e quanto in profondità abbia picchiato la vittoria di Donald Trump a queste elezioni presidenziali.

La sfida economica è tra le prime che Trump intende affrontare: raddoppiare il pil e ricostruire l'America. Sentiamo a questo proposito Alia Katia Nardini americanista e docente di relazioni internazionali allo Sring Hill College di Bologna:

R. – Questo è il motivo per cui l’elettorato l’ha scelto: l’economia, portare il budget di nuovo in pari e riportare l’economia non soltanto in crescita ma appunto vedere una crescita molto importante. Con queste elezioni abbiamo visto che il voto ha espresso una bocciatura di quello che è stato fatto dalle politiche per l’occupazione dell’era Obama: quanto sarà possibile fare per Trump, è terreno inesplorato, perché l’impegno per il protezionismo sembra controintuitivo rispetto a un miracolo di crescita, che è quello che ha promesso Trump nel suo discorso della vittoria. 

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Bagnasco nelle zone del sisma: non abbandonare terremotati

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La terra continua a tremare nelle zone del Centro Italia colpite dal sisma dello scorso 30 ottobre. Disagi per le popolazioni sfollate, mentre il presidente del Consiglio Matteo Renzi promette che l’adeguamento antisismico si farà. Intanto oggi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, si è recato in visita nella Valnerina. Il servizio di Elvira Ragosta

Non si registrano nuovi crolli, ma la terra nelle zone colpite dal sisma continua a tremare lievemente. Decine le scosse registrate dalla mezzanotte, la più forte, secondo i rilevamenti dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, di magnitudo 3.5, alle 04,15 con epicentro vicino Ussita. Restano i disagi per le popolazioni dei centri colpiti. Sia gli sfollati nelle tendopoli che quelli ospitati nelle strutture alberghiere del litorale desiderano ritornare al più presto alla loro vita normale. Stamani messa in sicurezza della torre civica del palazzo comunale di Norcia. I vigili del fuoco hanno realizzato un'imbracatura provvisoria per evitare il crollo, dato per certo, e che avrebbe potuto compromettere ulteriormente la facciata della Basilica di San Benedetto. Il cardinale Angelo Bagnasco incontra in Valnerina le popolazioni e visita anche la zona rossa di Norcia. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente:

R. – Mi ha commosso l’affetto che ho visto da parte della gente, verso i loro preti e i loro vescovi: detto molto chiaramente da parte loro. Questa è una cosa veramente bella, una grande grazia che noi sacerdoti sentiamo e di cui siamo riconoscenti alla nostra gente. Dall’altra parte, l’impressione è vedere di persona questi luoghi che sono diventati fantasmi di se stessi, perché sono stati proprio distrutti, letteralmente: è veramente impressionante e anche doloroso. Nello stesso tempo, però, sono rimasto ammirato per la determinazione con cui la gente vuole rimanere qui o ritornare qui per continuare la propria vita con le proprie tradizioni e la propria identità.

D. – Cosa chiede la popolazione della Valnerina? Che sentimenti hanno condiviso con lei, gli sfollati?

R. – Il desiderio di non essere dimenticati. Quindi, il timore di essere abbandonati. Che si spengano i riflettori e che tutto si addormenti. Quindi, questo significa – da parte di tutti, assolutamente di tutti: il mondo della politica, le istituzioni, la Chiesa, naturalmente – che ci sia una presenza e un’attenzione costante e concreta verso questa gente.

D. – Tantissimi danni anche al patrimonio artistico e religioso. Lei è entrato nella zona rossa di Norcia, ha potuto vedere quel che resta della Basilica di San Benedetto, emblema di questi crolli. Allora, anche qui la ricostruzione è importante per ripartire …

R. – Sì. E’ impressionante quello che si vede, qui, potendo girare intorno … il disastro è ancora più grande. Impressionante. Naturalmente, ho sentito, ho visto che però tutto questo grande patrimonio artistico, culturale, religioso dalla gente è avvertito, sì, nel suo valore di arte e di storia, ma è sentito soprattutto come parte di se stesso, della propria identità, come un fatto importante della propria anima. E quindi, questo valore, questo sentire così questi luoghi di culto da parte delle popolazioni, diventa qualcosa che è commovente da una parte ma dall’altra responsabilizza ancora di più perché ci sia un occhio di attenzione anche ai luoghi di culto: dai cimiteri alle proprie chiese, alle basiliche, alle edicole … Hanno salvato una Madonnina di un metro e mezzo in uno di questi paesini e l’hanno messa nella grande tenda dove fanno refettorio, luogo di comunità e così via. Ma è diventata, questa Madonnina con il Bambino in braccio, un punto di riferimento della comunità che è rimasta qui. E questo anche è un fatto commovente: la dice lunga.

Ad accompagnare il cardinale Bagnasco è l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, che a proposito della situazione degli sfollati della diocesi all’indomani dell’ennesima notte di scosse ai nostri microfoni afferma:

R. – La popolazione, come sempre, reagisce con forza e con determinazione anche se questo moltiplicarsi e susseguirsi di scosse logora la resistenza. Questa è gente che da oltre due mesi sta affrontando questa situazione di incertezza, di fragilità, di paura … E sentire che questo sciame sismico non finisce, certamente aumenta l’insicurezza. Allo stesso tempo – ripeto – è gente forte, determinata, che sa resistere.

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Card. Filoni ai seminaristi di Lusaka: non abbiate paura di seguire Gesù

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Nell’ambito della sua visita pastorale in Zambia, il card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha dedicato la mattinata di ieri, ai Seminari: ha infatti presieduto la celebrazione eucaristica nel Seminario maggiore di Lusaka, dedicato a St. Dominic, quindi ha incontrato i formatori dei tre Seminari maggiori (St.Dominic, St.Augustine ed Emmaus).

Una vita al servizio del Vangelo e della missione evangelizzatrice della Chiesa
Nell’omelia, dedicata al tema del servizio di Cristo, il Prefetto del dicastero missionario ha sottolineato: “L’aspetto del servizio, cari seminaristi, dovrebbe essere al centro del vostro percorso formativo. Una vita al servizio del Vangelo e della missione evangelizzatrice della Chiesa è il segno della vita degli autentici discepoli di Gesù”. Citando le parole di Papa Francesco, il cardinale ha esortato a non limitarsi a “piccoli progetti” o a desiderare “una vita confortevole e sicura”, ma ad offrire coraggiosamente i migliori anni della propria vita, in piena disponibilità verso il proprio vescovo, a servizio dei poveri e degli emarginati.

Dialogo quotidiano con Cristo e fedeli alla scelta del celibato
Per vivere la vocazione di servizio come sacerdoti di Gesù Cristo, ha sottolineato ancora il cardinale, siamo chiamati “ad un dialogo quotidiano con Cristo, incontrandolo nel tabernacolo e sviluppando un rapporto personale di amicizia con il Signore”, inoltre ad essere fedeli alla libera scelta del celibato. “Non dimenticare mai quanto Dio ha fatto per voi. Abbiate fiducia che Egli provvederà sempre alle vostre esigenze e non abbiate paura di seguire Gesù ovunque egli vi conduce” ha concluso.

La chiamata ad evangelizzare ci viene dal Vangelo 
Nell’incontro con i formatori dei seminaristi, svoltosi dopo la Messa, il Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha ribadito l’importanza dell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco. “Dobbiamo sempre ricordare che la chiamata ad evangelizzare ci viene dal Vangelo e si rinnova continuamente nel nostro incontro personale con Gesù. Per quanti si dedicano al servizio di formatori dei futuri sacerdoti esiste la seria necessità di rinnovare regolarmente e rafforzare il proprio rapporto con Gesù Cristo” ha messo in evidenza.

Vita spirituale da alimentare nella preghiera quotidiana e sulla vita morale
Quindi il porporato si è soffermato sulla vita spirituale, da alimentare nella preghiera quotidiana, e sulla vita morale, attraverso la scelta del celibato, collegata all’ordinazione sacerdotale. Il cardinale ha poi espresso il suo compiacimento perché sono stati intensificati gli incontri dei seminaristi con il Signore presente nell’Eucaristia, e ha invitato a incentivare la conoscenza e l’amore per la Parola di Dio, “che deve essere alla base della preghiera quotidiana”. Infine il card. Filoni ha ringraziato i formatori, a nome del Santo Padre e della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, per il loro servizio: “il vostro zelo e i vostri sforzi instancabili sono un grande dono per la Chiesa”. (S.L.)

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Canada: difficoltà per i medici cattolici che rifiutano l'eutanasia

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Cresce la tensione nei Centri d’assistenza sanitaria della regione dell’Ontario, perché solo pochi mesi dopo l’approvazione da parte del Parlamento canadese del suicidio assistito, gli ospedali cattolici, i Centri di cure palliative e singoli medici sono stati chiamati dai pazienti che hanno chiesto loro di aiutarli nel suicidio. Cinque medici hanno presentato un esposto legale contro il Collegio dei Medici e Chirurghi dell'Ontario che chiede ai medici che si rifiutano di partecipare al suicidio assistito e all'aborto, di indirizzare i pazienti verso altri medici.

Coalizione dei cattolici per rappresentare i medici cattolici in difficoltà
Dal momento che la situazione è diventata molto tesa e delicata, l'arcidiocesi di Toronto e quella di Vancouver hanno deciso di far parte della nuova organizzazione denominata “Coalition for Health Care and Conscience”, per rappresentare i medici cattolici in difficoltà. Mons. Ronald Peter Fabbro, vescovo della diocesi di London, che è presidente dell'Assemblea dei vescovi cattolici dell'Ontario, ha detto che i vescovi della provincia hanno deciso di mettere come priorità assoluta la protezione della decisione di obiezione di coscienza.

La Chiesa è contraria alla richiesta delle autorità di fornire assistenza all'eutanasia
​Il Parlamento canadese ha legalizzato il suicidio assistito nel mese di giugno per ordine della Corte Suprema del Canada. La British Columbia, un'autorità sanitaria locale, ha suggerito di richiedere a tutte le istituzioni a finanziamento pubblico di fornire servizi di assistenza al suicidio, tra cui gli ospedali cattolici e le Case di riposo per gli anziani. L’arcivescovo di Vancouver, mons. J. Michael Miller, ha espresso in diversi momenti la sua contrarietà alla proposta. (C.E.)

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ActionAid-Ue: progetto contro le mutilazioni genitali femminili

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“Dall’Africa all’Europa: combattere le mutilazioni genitali femminili”. Presentato ieri in Italia il progetto After finanziato dal Programma diritti, uguaglianza e cittadinanza dell’Unione Europea per contrastare una pratica aberrante, che lede l’integrità fisica, diffusa ancora oggi in 30 Paesi. Roberta Gisotti ha intervistato Rossana Scaricabarozzi, responsabile del Programma diritti delle donne di ActionAid-Italia, organizzazione umanitaria partner del progetto, che sarà impiantato anche in Spagna, Irlanda, Belgio e Svezia. 

R. – La pratica è ancora molto diffusa. Gli ultimi dati del 2016, resi pubblici da Unicef, parlano di 200 milioni di donne, che hanno subito la mutilazione dei genitali a livello globale, e di questo passo da qui al 2050, altri 63 milioni subiranno questa pratica, che lede i diritti fondamentali delle donne e che ha delle conseguenze a livello sanitario molto gravi, soprattutto nel momento del parto. E’ diffusa anche in Europa: nei dati del Parlamento europeo si parla di 500 mila donne almeno, ed è un problema che riguarda anche il nostro Paese.

D. – Ricordiamo che in Italia, le stime ferme a dati però del 2010, indicano 57 mila donne mutilate nei genitali. Dr.ssa Scaricabarozzi, nella lotta al fenomeno si è proceduto finora sul piano legislativo e punitivo, il progetto After punta invece ad altro?

R. – Sì, si riconosce che ormai di mutilazioni genitali femminili si parla molto a livello globale e anche a livello europeo; molti rapporti, anche da parte delle istituzioni europee, hanno contribuito a creare conoscenza sul fenomeno e a valutare anche quello che i governi hanno fatto finora. Molti degli Stati membri dell’Unione Europea, ad esempio, hanno legiferato contro questa pratica. Quello che però viene riconosciuto dalle stesse istituzioni europee è che comunque è ancora inadeguato e insufficientemente finanziato il lavoro di prevenzione che coinvolge direttamente le comunità dei migranti. Ed è proprio su questo aspetto che vogliamo cercare di contribuire attraverso il progetto After.

D. – Lavorare con le comunità dei migranti servirà forse anche a fare emergere il sommerso?

R. – Sicuramente sì, anche se non è lo scopo primario. Le rilevazioni dei dati comunque sono sempre molto difficili: ci sono Centri di ricerca che stanno facendo questo sforzo. Il progetto After, però, mira soprattutto a far prendere coscienza, da parte delle comunità, del fatto che la pratica comunque è una violazione dei diritti umani delle donne e che è necessario fermarla.

D. – Sappiamo che la pratica delle mutilazioni genitali affonda le sue motivazioni in tradizioni culturali e religiose. Come scardinare l’idea che queste possano essere un alibi per fare tutto ciò?

R. – Ovviamente, nell’immaginario comune spesso si tende ad attribuire questa pratica soprattutto all’Islam, ma i dati ci dicono che queste pratiche comunque sono diffuse anche presso Paesi dove la religione dominante è cristiana. Quello che noi cerchiamo di fare è di non stigmatizzare le comunità islamiche su questo, ma cercare di far capire che si tratta di un fenomeno che è di stampo culturale, più che religioso; quindi in realtà la religione non ha molto a che fare con questa pratica. Per questo si è cercato molto, anche a livello globale, di coinvolgere i leader religiosi, per far rigettare questa pratica dagli stessi leader religiosi in modo che venga sfatata la credenza che questa sia una pratica legittimata dalle religioni. E, le discussioni con le comunità sono rivolte proprio a questo obiettivo.

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Signis: 65 anni a servizio dei media nelle zone missionarie

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Portare la parola di Dio attraverso la comunicazione in oltre 140 Paesi nel mondo, toccando cosi, ogni angolo della terra. E’ questo l’obiettivo di Signis l’Organizzazione Mondiale per i Media e la comunicazione che questa mattina a Roma, a palazzo di San Callisto,  ha celebrato con un incontro i 65 anni di attività, dove ha ripercorso le varie tappe della sua storia e presentato nuove prospettive. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro: 

257 progetti pastorali sulla comunicazione in oltre 20 Paesi nel mondo solo nel 2015, più di 40 radio e tv locali lanciate in Africa negli ultimi 10 anni. E’ grande l’impegno di Signis, l’Organizzazione Mondiale per i Media, per promuovere nei popoli attraverso la comunicazione, la dignità umana la giustizia e la riconciliazione alla luce del Vangelo. Ascoltiamo la testimonianza di padre Fabrizio Colombo direttore dell’organizzazione:

R. – Questa missione è quella di aiutare il mondo missionario e il mondo dei media cattolici a fare il proprio dovere: proclamare e annunciare la Buona Notizia e il Vangelo, soprattutto a favore dei più poveri, dei più abbandonati, per la dignità. Il motto di Signis è i “Media per la pace-Media for peace”. 65 anni per confermare che questa missione è ancora vera, è ancora lì. E noi siamo lì con le nuove tecnologie ovviamente, e - distribuendo media un po’ in tutto il mondo – vogliamo sostenere e accompagnare i media, in particolare nelle zone missionarie, ad essere veramente effettivi: una comunicazione cioè che possa anche cambiare la vita delle persone.

D. – Uno dei vostri obiettivi è proprio quello di raccontare storie di speranza. Ma cosa vuol dire? Quali sono queste storie di speranza?

R. – Le storie di speranza sono tutte quelle storie che vengono raccontate dai media missionari. Quando si parla - ad esempio - dell’Africa, si ha sempre una visione molto pessimista:  l’Africa dei problemi, delle guerre, della corruzione… I media cattolici sono più positivi: quindi raccontano di testimonianze di cristiani che danno la vita, che si impegnano per la pace, per i diritti umani. Queste sono le storie di speranza che generano ovviamente altri testimoni e che danno speranza in un mondo in cui regna purtroppo la paura e il terrore. I media cattolici possono essere, invece, i promotori della speranza e anche della gioia in questo tempo di crisi.

D. – Come è cambiato il modo di comunicare l’evangelizzazione?

R. – Uno dei nostri impegni è proprio quello di guidare, anche a livello pastorale, i media missionari perché capiscano la convergenza: oggi il modo di comunicare è diventato multimediale e molto spesso ci confrontiamo con radio a cui diciamo “No. Dovete, allo stesso tempo, curare il nostro sito internet, creare delle produzioni multimediali, dei video da mettere sul vostro canale Youtube”… Capire che quando si fa comunicazione oggi bisogna farla multipiattaforma è importante. Seconda cosa: il mondo dei giovani è ormai digitale, è ormai concentrato sugli smartphone, sui tablet e questo in qualsiasi parte del mondo. Quindi l’uso dei social è importante. E questo è uno dei grandi cambiamenti che sono alla base anche delle nostre formazioni, che facciamo ai vescovi, ai seminaristi, per capire che comunicare è importante, che comunicare è missione e che comunicare la Buona Notizia deve oggi andare su tutte le piattaforme.

D. – Lei è un missionario della comunicazione. C’è qualcuna delle sue esperienze che le è rimasta particolarmente nel cuore?

R. – Sì! Io ho vissuto nove anni in Ciad, dove sono stato direttore del Centro Audiovisivi in una diocesi del sud e poi per cinque anni direttore della radio cattolica: la mia esperienza lì è stata forte, perché abbiamo scelto di dire la verità e difendere i più poveri. Quando ovviamente abbiamo toccato certi potenti – dai militari alla Polizia, a certi politici corrotti.. – prima ci hanno bruciato tutto, poi abbiamo avuto le minacce di arresti… Però questo non ha smosso niente! Il giorno in cui – racconto un piccolo aneddoto – sono dovuto andare a presentarmi comunque alla Polizia, ero scortato dalla popolazione intera della città: c’erano cattolici, c’erano musulmani, c’erano le Ong, c’erano varie istituzioni dei diritti umani. Lì mi sono accorto che effettivamente la nostra radio faceva il suo dovere: quello cioè di difendere gli ultimi e di stare dalla parte dei poveri. E credo sia questo il seme e il centro del Vangelo.

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Presentato a Roma il film "Agnus Dei"

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E’ stato presentato a Roma il film di Anne Fontaine, “Agnus Dei”, che sarà in sala dal 17 novembre, ispirato alla vera storia di sette monache stuprate nel 1945 dai soldati russi in un monastero della Polonia. Il confronto è tra la fede e la scienza, ma dal loro dialogo è tutelata la vita.Il servizio di Luca Pellegrini: 

Durante il canto delle Lodi mattutine, le suore di una comunità benedettina nella Polonia da poco liberata - siamo nel 1945 -, rimangono immobili, anche se l'angoscia le assale. «E' la fine della guerra - precisa poco dopo suor Maria - ma non è la fine della paura». I tedeschi se ne sono andati lasciando macerie, i russi sono arrivati provocandone altre, nei corpi delle donne. 'Agnus Dei' è un film intenso e vigoroso che Anne Fontaine ha girato avendo intercettato la vera storia di Madeleine Pauliac - conservata in alcuni suoi appunti -, medico ufficiale delle Forze Interne Francesi nominata nell'aprile del 1945 Primario all'Ospedale francese di Varsavia e in forza alla Croce Rossa. In queste circostanze ebbe modo di scoprire l'orrore degli stupri sistematicamente perpetrati dai russi, che non avevano risparmiato di abusare per giorni anche di quelle monache, lasciandone sette incinte. La regista, con squisita sensibilità femminile e assoluto rispetto per un tema così forte e doloroso si mette a lato della dottoressa conservandone lo stupore e l'angoscia, perché la Madre superiora vorrebbe occultare la verità per proteggere la comunità, ma alle donne non possono essere negate le cure mediche e la futura maternità, che verrà portata a termine.

Incontrando la regista francese, le si chiede come è entrata in contatto con questo episodio della storia del ‘900.

R. - On a fait tout un travail biensur de recherche…
Abbiamo fatto un lavoro certamente di ricerca, di approfondimento dei personaggi, della storia, semplicemente, anche se c’era già questo percorso-sentiero di questo incontro, noi crediamo, tra il mondo laico, incarnato da questa giovane dottoressa – e questo è stato interessante da approfondire – e il mondo della fede, il mistero del mondo della fede. Dunque, questo incontro mi sembrava molto forte perché mi è sembrato parlare a tutti, perché sono due fedi che si incontrano: una fede nella vita, e questo mi è parso un tema estremamente profondo e complesso, umanamente.

D. - Si è appoggiata anche ad una esperienza personale nell’ambito religioso?

R. - Naturellement, je me suis rapprochée de l’experience…
Naturalmente mi sono avvicinata all’esperienza di comunità, sono stata dai benedettini, dai religiosi benedettini per fare anch’io un ritiro per comprendere un po’ da dentro come si articolasse la vita in comunità. Lì ho incontrato delle persone: donne, uomini, anche, dei preti, e ho parlato con loro del tema ed erano molto sconvolti da questo tema: queste donne religiose che hanno fatto voto di castità e che soprattutto non hanno un rapporto con la maternità, un rapporto attivo, concreto, alla maternità. Dunque sono rimaste subito molto colpite, mi hanno parlato e quindi c’è stato uno scambio. Più concretamente,  il canto latino, la maniera in cui le suore cantano, la scelta dei canti, l’ho fatta con un monaco che si chiama Jean-Pierre Longeat, che è un monaco benedettino che dirigeva l’Abbaye Saint-Martin de Ligugé e dunque ha avuto questa collaborazione artistica, in qualche modo più artistica.

D. - Quali sono state le reazioni delle comunità religiose alla proiezione del film?

R. - Ecoutez, je ne peux pas dire de communaute en generale…
Non posso parlare delle comunità in generale, non ho fatto il film per le comunità. Ma ho visto più volte tra gli spettatori ai quali è stato presentato il film suore e religiosi, c’è stato un vescovo francese che ha scritto un pezzo molto bello sul film. Penso che siano stati particolarmente toccati dal fatto che una tale storia sia capitata a questa comunità ed è impossibile restare insensibili. Allo stesso tempo, quello che è terribile è che è stata tenuta segreta, completamente dimenticata e ignorata dalla Chiesa polacca.

D. - In fondo, il suo film rispetta tutti i punti di vista, quello delle religiose e quello della scienza. Auspicandone il dialogo per la tutela della vita.

R. - Je pense qu’il faut pas donner de reponse pour rassurer…
Penso che non bisogna dare delle risposte per rassicurare, ma dare voce. Sarebbe troppo crudele se non ci fosse l’idea del superamento, l’idea che ci si può avvicinare e che due mondi possano avvicinarsi e che non ci sia un’impermeabilità violenta tra il mondo laico e il mondo spirituale: c’è un attraversare insieme, perché è la condizione umana. Queste donne che sono abbandonate a loro stesse daranno la vita senza essere preparate un secondo a essere madri, dunque è il rapporto con la maternità, molto forte in questa storia, è il  rapporto essenziale nella vita di una donna. Dunque il tema è come ci si possa riappropriare della vita malgrado aver subito una violenza di una crudeltà barbara: sono domande e sono inizi di risposte, sarebbe presuntuoso e ingenuo dare risposte confezionate.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 314

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.