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Sommario del 15/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a Cop22: urge risposta collettiva responsabile per la casa comune

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"Il degrado ambientale, connesso a quello umano etico e sociale interroga tutti": serve una "risposta collettiva responsabile", libera da interessi e comportamenti particolaristici. Così in sintesi il Papa nel messaggio inviato ai partecipanti alla 22esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici Cop 22, in corso a Marrakech in Marocco. "Lo stile di vita basato sulla cultura dello scarto", è il suo ammonimento, "non è sostenibile". Il servizio di Gabriella Ceraso

A pochi giorni dall’entrata in vigore dell’Accordo di Parigi sul clima, adottato meno di un anno fa, ai grandi della terra riuniti in Marocco, il Papa fa arrivare la sua voce sulla cura e il servizio per la “nostra casa comune”. Il presupposto è che il "degrado ambientale", connesso fortemente con il "degrado umano etico e sociale, interroga tutti". “ Non è sufficiente un’azione individuale o nazionale”: la risposta, scrive il Pontefice rifacendosi alla sua Enciclica Laudato si', “deve essere collettiva”. Possiamo e dobbiamo, nel percorso avviato in Francia, veicolare con intelligenza la tecnologia, mettere il potere al servizio di un progresso più sano e umano, e l’economia al servizio della persona, della pace e della giustizia. La COP 22, osserva Francesco, è un primo passo importante e delicato nell’attuazione dell’accordo di Parigi, incide sull'umanità specie sui più poveri e vulnerabili e dunque richiede un’azione libera da "pressioni politiche e economiche" oltre che da "interessi e comportamenti particolaristici". Questo è il momento "dell’elaborazione delle regole e dei meccanismi istituzionali", ricorda il Papa, esprimendo l’auspicio che è necessario non solo uno "spirito collaborativo" ma anche un "continuo supporto politico", basato non su barriere e frontiere, ma sulla consapevolezza che siamo “una sola famiglia umana”. Nella promozione di strategie di sviluppo nazionali e internazionali che siano solidali, come si è stabilito a Parigi, il Papa ricorda che "non sono sufficienti le soluzioni tecniche" ma è doveroso "considerare gli aspetti etici e sociali". Qui “ si entra”, scrive Francesco "nella sfera degli stili di vita e dell’educazione”. E’ la “cultura della cura” e non quella "insostenibile dello scarto”, che Francesco chiede alla Conferenza di Marrakech di veicolare: è quindi culturale ed educativa la sfida a cui l’implementazione degli accordi di Parigi non può mancare di rispondere.

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Papa: no ai cristiani tiepidi, la loro tranquillità inganna

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Guardarsi dal diventare “cristiani tiepidi”, perché così perdiamo di vista il Signore. E’ l’ammonimento di Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che il Signore cerca sempre di correggerci, di risvegliare la nostra anima tiepida e addormentata nel tepore. Ed ha esortato a saper discernere quando il Signore  bussa alla nostra porta. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il Signore rimprovera i cristiani “tiepidi” della Chiesa di Laodicea. Francesco ha preso spunto dalla Prima Lettura, un passo tratto dall’Apocalisse di Giovanni, per soffermarsi sul rischio del tepore nella Chiesa, tanto oggi quanto per la prima comunità cristiana. Il Papa sottolinea come il Signore utilizzi un linguaggio forte, di rimprovero per i tiepidi, “cristiani che non sono né freddi, né caldi”. A costoro dice: “Sto per vomitarti dalla mia bocca”.

No alla tranquillità che inganna, lì non c’è Dio
Il Signore, soggiunge il Papa, rimprovera quella tranquillità “senza consistenza” dei tiepidi. Una “tranquillità che inganna”:

“Ma cosa pensa un tiepido? Lo dice qui il Signore: pensa di essere ricco. ‘Mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla. Sono tranquillo’. Quella tranquillità che inganna. Quando nell’anima di una Chiesa, di una famiglia, di una comunità, di una persona sempre tutto è tranquillo, lì non c’è Dio”.

Ai tiepidi, riprende Francesco, il Papa dice di non addormentarsi nel tepore, nella convinzione di non aver bisogno di nulla, di non fare male a nessuno.

Il Signore mostra che i tiepidi sono nudi, la loro ricchezza non viene da Dio
Il Signore, avverte, definisce costoro - che si credono ricchi - infelici e miserabili. Tuttavia, soggiunge, “lo fa per amore”, affinché scoprano un’altra ricchezza, quella che solo Lui può dare:

“Non quella ricchezza dell’anima che tu credi di avere perché sei buono, fai tutte le cose bene, tutto tranquillo: un’altra ricchezza, quella che viene da Dio, che sempre porta una croce, sempre porta tempesta, sempre porta qualche inquietudine nell’anima. E ti consiglio di comperare abiti bianchi, per vestirti, perché non appaia la tua vergognosa nudità: i tiepidi non si accorgono di essere nudi, come la favola del re nudo che è un bambino a dirgli: ‘Ma, il re è nudo!’ … I tiepidi sono nudi”.

I tiepidi, afferma il Papa, “perdono la capacità di contemplazione, la capacità di vedere le grandi e belle cose di Dio”. Per questo, il Signore cerca di svegliarli, di aiutarli a convertirsi. Ma, prosegue Francesco, il Signore sta anche “in un’altra maniera: sta per invitarci: ‘Ecco, sto alla porta e busso’”. Qui il Papa evidenzia l’importanza dell’essere capaci di “sentire quando il Signore bussa alla nostra porta”, “perché vuole darci qualcosa di buono, vuole entrare da noi”.

Saper discernere quando il Signore bussa alla nostra porta
Ci sono cristiani, è la sua constatazione, che “non si accorgono quando bussa il Signore”, “ogni rumore è lo stesso, per loro”. Bisogna allora “capire bene” quando bussa il Signore, quando vuole portarci la sua consolazione. Il Signore, aggiunge, sta davanti a noi anche “per farsi invitare”. E’ quello che avviene a Zaccheo, come narra il Vangelo odierno: “Quella curiosità di Zaccheo, il piccolo, è stata seminata dallo Spirito Santo”:

“L’iniziativa viene dallo Spirito verso il Signore: il Signore sta. Alza gli occhi e dice: ‘Ma, vieni, invitami a casa tua’. Il Signore sta … sempre sta con amore: o per correggerci o per invitarci a cena o per farsi invitare. Sta per dirci: ‘Svegliati’. Sta per dirci: ‘Apri’. Sta per dirci: ‘Scendi’. Ma sempre è Lui. Io so distinguere nel mio cuore quando il Signore mi dice ‘svegliati’? Quando mi dice ‘apri’? E quando mi dice ‘scendi’? Lo Spirito Santo ci dia la grazia di saper discernere queste chiamate”.

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Giubileo olandesi. Papa: irrigate la società col Vangelo

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Al termine dell’Anno Santo della Misericordia le diocesi olandesi sono giunte stamani in pellegrinaggio a Roma e hanno incontrato il Papa in San Pietro per ricevere la sua benedizione. Il “Mistero dell’amore di Dio, sorgente della nostra salvezza è inesauribile e tutti ne abbiamo bisogno”, ha detto loro Francesco, incoraggiandoli a lasciarsi “plasmare” ed “abbracciare” dal perdono del Padre in modo da diventare testimoni del Suo amore nel mondo. Ma sentiamo le parole del Pontefice : 

"Vi incoraggio perciò ad aprire i vostri cuori e a lasciarvi plasmare dalla misericordia di Dio. Così diventerete a vostra volta strumenti della misericordia. Abbracciati dal Padre misericordioso che ci offre sempre il suo perdono, sarete capaci di testimoniare il suo amore nella vita di ogni giorno. Gli uomini e le donne di oggi hanno sete di Dio, hanno sete della sua bontà e del suo amore. E anche voi, come “canali” della misericordia, potete aiutare a placare questa sete; potete aiutare tante persone a riscoprire Cristo, Salvatore e Redentore dell’umanità; come discepoli missionari di Gesù potete “irrigare” la società con l’annuncio del Vangelo e con la carità, soprattutto verso i più bisognosi e le persone abbandonate a sé stesse ".

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Chiusura Giubileo. Viganò: nasce Centro produzione audiovisiva

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Presentata in Filmoteca Vaticana la copertura mediatica per il Concistoro e il rito di chiusura del Giubileo della Misericordia, il 19 e il 20 novembre prossimi. La Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede ha, infatti, illustrato i dettagli delle produzioni effettuate dal Centro Televisivo Vaticano e dalla Radio Vaticana, in collaborazione con Eutelsat, Globecast e Sony. Il servizio di Giada Aquilino

(Papa Francesco) “È questa la porta del Signore”…
Era l’8 dicembre 2015 e Papa Francesco apriva la Porta Santa della Basilica Vaticana. Domenica prossima, 20 novembre, la chiusura del Giubileo straordinario della Misericordia, preceduto sabato 19 dal Concistoro per la creazione di nuovi cardinali. Dopo le sperimentazioni dell’anno scorso, si assisterà ora alle prime cerimonie papali della storia in diretta televisiva in Ultra HD, con l’aggiunta dell’High Dynamic Range (HDR). A presentare la copertura mediatica dei prossimi eventi, con una produzione e una distribuzione di massimo livello qualitativo, mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, che ha introdotto il nuovo Centro di produzione audiovisiva del Vaticano:

R. – E’ una fusione che permette di valorizzare quanto nella storia è stato fatto, sapendo che manteniamo vivi tutti i servizi. Nasce quello che è il Centro di produzione audiovisiva: nasce dalla confluenza del Centro Televisivo Vaticano e della Radio Vaticana, in particolare dei tecnici che seguono l’audio di produzione live del Papa. E già in questo evento della chiusura del Giubileo è un gruppo in essere, in sperimentazione. Il secondo gruppo che lavora insieme in quest’occasione, è il nuovo gruppo di Relazioni Internazionali, che valorizza sia quella parte della Radio Vaticana che si occupava dei rapporti con le radio di tutto il mondo, sia quella del Centro Televisivo Vaticano. E anche questo è un servizio che si implementa per la Segreteria per la Comunicazione. Siamo di fronte a un processo che prosegue secondo quanto ci hanno chiesto Papa Francesco e il Consiglio dei nove cardinali. E quindi non abbiamo più un insieme di media – di molti media – ma iniziamo a produrre in maniera “multimedia”.

D. – Lei ha sottolineato: “Il Giubileo finisce, ma la misericordia no”. Come coniugare il progresso tecnologico con le periferie esistenziali a cui ci richiama Papa Francesco?

R. – La riforma nasce anche proprio per una convergenza, oramai avvenuta, di tipo digitale. E proprio questa ci permette di non dimenticare le periferie, perché quella digitale è una tecnologia assolutamente poco costosa, che trova spazio oramai in quasi tutte le parti del mondo. Certo, ci sono alcune sacche ancora non raggiunte, ma queste saranno studiate caso per caso. Per esempio, stiamo creando dei collegamenti per avere la possibilità di "scaricare" le parole del Papa con le immagini in bassa definizione in alcune zone dell’India e dell’Africa. Però credo che – appunto – quell’esperienza importante della misericordia diventi la capacità, o almeno la responsabilità, di comunicare tenerezza e misericordia attraverso i media digitali.

Dodici le telecamere 4K dispiegate tra l’interno e l’esterno della Basilica di San Pietro, ha annunciato il direttore del Centro Televisivo Vaticano, Stefano D’Agostini, per rendere particolarmente “cinematografica” la ripresa della Porta Santa:

“Dobbiamo in qualche maniera interpretare, cioè dare delle visioni che coinvolgano, nel momento in cui il Santo Padre compirà l’atto della chiusura della Porta. C’è poi l’aspetto dell’integrazione del suono e del video in un’unica unità di produzione. Ci sarà inoltre una novità in questa celebrazione, dal punto di vista del suono: la Cappella Sistina eseguirà i canti dalla postazione della Basilica. Lì è stata predisposta una postazione di ripresa musicale assolutamente innovativa. Chi avrà la possibilità di partecipare attraverso il mezzo televisivo, potrà ascoltare per la prima volta un audio molto più ‘immersivo’ dal punto di vista musicale”.

Alla base dell’infrastruttura tecnologica allestita per le due cerimonie, l'impiego di strumenti in grado di coinvolgere anche le persone più lontane grazie ad immagini televisive dettagliate e ricche di colori, con l’HDR. Ce ne parla Benito Manlio Mari della Sony Europe e presidente di HD Froum Italia:

“L’HDR è un’evoluzione della televisione che porta informazioni più visibili all’occhio umano: e cioè che risponde al meglio alle capacità di percezione dei colori e della dinamica dei bianchi e dei neri dell’occhio. Se noi guardiamo insieme queste immagini – quando lo vedremo, il 19 e il 20, ce ne potremo accorgere – abbiamo la ‘percezione’ di essere lì, di essere immersi nell’evento che stiamo vivendo, come se lo vivessimo in un sito reale. Ma non dobbiamo mai dimenticare che tutto questo vale al 50 per cento, perché il restante 50 per cento è rappresentato dall’audio, dal sonoro. La radio ha la grande capacità di trasportare l’audio, il sonoro, senza il quale un’immagine perde il suo ‘appeal’ completamente. Quindi, anche per questi eventi, verrà fatta una ripresa particolarmente curata pure nella parte audio, proprio per essere abbinata a tale immagine così evoluta”.

Nell’ambito delle attività sperimentali tese a migliorare il servizio alla Chiesa, il segnale arriverà via satellite anche nella Repubblica di San Marino, come spiega Teodoro Lonfernini, segretario di Stato per il Turismo della Repubblica di San Marino:

“Partiamo con quella che è la trasmissione in diretta della chiusura della Porta Santa all’interno del nostro centro Kursaal: è un luogo dedicato ad eventi congressuali, a cui abbiamo invitato tutta la cittadinanza a partecipare, per consolidare questo sentimento comune che è decisamente presente all’interno del nostro Paese e nei cuori della nostra cittadinanza”.

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Nomine episcopali di Papa Francesco

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Nomine episcopali di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Grave responsabilità etica: alla Cop22 il Papa ricorda il legame tra la lotta al cambiamento climatico e la lotta alla povertà.

Un editoriale di Lucetta Scaraffia sul libro di Enzo Bianchi "Gesù e le donne".

Maurizio Sannibale illustra i capolavori in rosso e nero contenuti nel catalogo Astarita dei Musei vaticani.

Teologia del terremoto: Elene Buia Rutt su una riflessione di Brunetto Salvarani.

L'ateneo contestato: Giuseppe Buffon sulla lunga storia dell'Antonianum.

Unione senza responsabilità: Fausta Speranza sulla revisione del regolamento sul diritto d'asilo.

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Oggi in Primo Piano



Rapporto Acs su libertà religiosa: 23 i Paesi con gravi violazioni

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Sono 23 i Paesi con le più gravi violazioni alla libertà religiosa. E’ la fotografia scattata dal Rapporto sulla Libertà Religiosa nel mondo di Aiuto alla Chiesa che Soffre, presentato stamani a Roma. “La libertà religiosa è la madre di tutte le altre libertà”, ha detto alla presentazione il cardinale Mauro Piacenza, presidente internazionale di Acs. A seguire per noi la conferenza stampa, Debora Donnini

Un viaggio intorno al mondo per misurare la temperatura della libertà religiosa di cristiani e non solo in 196 Paesi, a cui è dedicata una scheda dettagliata. Il 13.mo Rapporto biennale si riferisce al periodo giugno 2014-giugno 2016. Trentotto i Paesi con violazioni, 23 quelli in cui sono più gravi, segnati col colore rosso sulla cartina del mondo. Dal Rapporto emerge che i principali responsabili delle violazioni non sono i governi ma organizzazioni militanti. 

Il triste primato alla Corea del Nord
Alla Corea del Nord va la "maglia nera". E’ la nazione più chiusa, dove si ritiene che nei campi di lavoro vi siano fra i 100 e i 200 mila prigionieri, un numero sconosciuto di loro sono cristiani, imprigionati per aver avuto una Bibbia o aver partecipato a incontri di preghiera. Alessandro Monteduro, direttore di Acs-Italia:

“Per la Corea del Nord è addirittura impossibile trovare una foto di come la persecuzione per ragioni di fede, ai danni di tutti i gruppi religiosi, sia feroce. Possiamo raccontare l’episodio di un reverendo che soltanto per aver esercitato la sua attività religiosa è stata accusato di sovversione e quindi condannato, come dicevo, ai lavori forzati a vita. Possiamo anche raccontare la storia di una donna che soltanto perché accusata di aver posto in circolazione delle Bibbie è stata condanna a morte e in Corea del Nord vige il reato di colpa per associazione e quindi tutti i suoi familiari sono stati condannati alla detenzione forzata”.

Durissima la persecuzione verso gli yazidi
Al secondo posto vengono le gravi violazioni ai danni degli yazidi nel Nord dell’Iraq, ma anche verso i cristiani. Ancora Monteduro:

“Non posso non accennare a quanto hanno patito e patiscono tuttora le comunità yazide nel Nord dell’Iraq. Credo che sia un dovere per quello che hanno subìto. Sappiamo che  dei cristiani sono stati costretti alla fuga, ma gli yazidi hanno subìto le brutalità più feroci, soprattutto le donne, le giovani, le bambine: sono stati loro uccisi i familiari, sono state schiavizzate”.

Una nuova categoria: l’iper-estremismo islamico
Quest’anno il Rapporto presenta una nuova categoria di classificazione: quella dell’iper-estremismo islamico. Centrale l’utilizzo dei social media per intimorire gli oppositori mostrando gesti di estrema crudeltà e per reclutare miliziani:

“Abbiamo voluto introdurre una nuova categoria, che non era presente nelle altre edizioni, la categoria dell’iper-estremismo islamico, dell’ultra-fondamentalismo. Parliamo di gruppi terroristici come gli uomini di al-Baghdadi nell’area mediorientale dell’Iraq e della Siria, di quel Boko Haram che vuole decristianizzare il Nord della Nigeria, parliamo di al-Shabaab in Somalia con sconfinamenti in Kenya, dell’Eritrea in cui bisogna considerare che lì la persecuzione è addirittura doppia, perché c’è anche quella statale… Quindi non potevamo non considerare questa nuova categoria dell’iper-estremismo islamico, con la quale ci dobbiamo fronteggiare tutti, perché vittime di questa categoria è stato 1 Paese su 5 nel mondo. E ancora quello che sta accadendo alla comunità sciita, perpetrato sempre da parte degli uomini di Daesh, è un fatto assolutamente conclamato”.

Dalla Siria la testimonianza di mons. Hindo
Preziosa la testimonianza di mons. Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi, in Siria. Sentiamolo:

R – I cristiani vivono come tutti gli altri cittadini siriani: c’è una mancanza di tutto, non ci si può spostare o viaggiare se non in aereo…

D. – Quanti sono i cristiani nella sua diocesi?

R. – Circa 30-40 mila. Ma la metà dei cristiani sono andati via. Io parlo della Chiesa siro-antiochena…

D. – Nelle zone dove imperversa il sedicente Stato Islamico, i cristiani hanno subito molte vessazioni. Lei ha alcune testimonianze che ci può raccontare?

R. – Abbiamo avuto 35 villaggi svuotati! Tutti i cristiani assiri sono fuggiti all’arrivo dei terroristi di Daesh, che un mese dopo sono ripartiti, portando via con loro 320 persone. Un anno dopo, il 23 febbraio, hanno rilasciato l’ultimo che avevano. Ne hanno uccisi tre o quattro ma tutti gli altri sono stati salvati.

Passi avanti in alcuni Paesi
Ci sono però anche delle luci per qualche passo in avanti fatto da Paesi come Egitto, Buthan e Qatar. Ancora Monteduro:

“Per quanto riguarda l’Egitto, che tra i tre Paesi è il più noto, abbiamo scorto come positivo il fatto che una normativa approvata dal parlamento egiziano frapponga meno ostacoli alla realizzazione di luoghi di preghiera cristiani. Abbiamo considerato positivo anche che il generale al-Sisi decidesse – e lo ha fatto – di partecipare alla Messa di Natale dei copti ortodossi. Abbiamo riscontrato dei minimi segnali che abbiamo voluto valorizzare proprio perché vogliamo anche dare una speranza”.

Una speranza che illumina un mondo segnato dal sangue e dalle lacrime di tanti innocenti.

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Trump a colloquio con Putin e Xi Jinping

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Donald Trump, in attesa del passaggio di consegne il 20 gennaio prossimo con il capo della Casa Bianca uscente, Barack Obama, comincia a tessere le sue relazioni internazionali. Terrorismo e cooperazione economica, sono i temi al centro dei colloqui telefonici avuti con i Presidenti cinese e russo, Xi Jinping e Putin. Scarsi per ora i contatti con i vertici europei. Quale futuro nei rapporti mondiali è possibile prevedere dalle prime mosse del neo Presidente? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Emanuele Schibotto, ricercatore del sito ‘geopolitica.info’: 

R. – In questa fase si cominciano a tessere relazioni; si comincia a capire che tipo di strategia Trump vuole impostare e se rispecchierà le posizioni emerse durante la campagna elettorale. Per quanto riguarda l’Italia, quali sono le sue priorità? Stati Uniti e Russia trovano una nuova via per una normalizzazione dei rapporti? Tanto meglio per il sistema Italia, sia dal lato degli approvvigionamenti energetici, che dal lato degli export. Stati Uniti e Cina trovano nuove convergenze”? Per l’Italia è solo un vantaggio evitare guerre economiche o attacchi commerciali, come abbiamo sentito in campagna elettorale. Il Presidente cinese e quello russo sono in una fase di studio: nessuno oggi sa, paradossalmente, quali saranno le politiche di Trump, e quindi stanno studiando come comportarsi nei confronti degli Stati Uniti.

D. – Invece, con l’Europa i contatti sono per ora pressoché nulli…

R. – La presenza Trump può rappresentare davvero un’opportunità per l’Europa. Se, come è vero, gli Stati Uniti pesano sul bilancio della Nato, per fare un esempio, per più del 70%, mentre i Paesi membri dell’Ue, escluso il Regno Unito, per il 23-24%, questo deve essere motivo di riflessione seria. Pensiamo a una configurazione europea che ci permetta di correre per il mondo da soli.

D. – Se le grandi potenze collaborano, sarà più facile pensare ad una possibile soluzione delle crisi mediorientali, soprattutto Iraq e Siria?

R. – Senza alcun dubbio. Stati Uniti, Russia e Cina sono i tre Paesi dominanti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ricordiamoci che ogni soluzione pacifica parte comunque sempre da lì e se le tre potenze sono d’accordo, assolutamente si potranno trovare molte soluzioni a problemi europei e anche globali. 

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Vescovi Usa a Trump: adottare politiche umane per gli immigrati

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I vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno chiesto ieri al Presidente eletto, il repubblicano Donald Trump, di adottare politiche umane nei confronti degli immigrati e dei rifugiati. La richiesta è stata fatta all’apertura della riunione d'autunno della Conferenza dei vescovi cattolici  (Usccb), che si tiene a Baltimora (Maryland), da ieri a mercoledì 16 novembre. L'Assemblea oggi ha eletto il card. Daniel DiNardo, arcivescovo di Houston, presidente della conferenza episcopale e mons. Jose Gomez, arcivescovo di Los Angeles, vice-presidente..

La Chiesa continuerà a proteggere la dignità umana dei rifugiati e degli immigrati
Il presidente uscente dei vescovi statunitensi, l’arcivescovo di Louisiana, mons. Joseph Kurtz, riferisce l'agenzia Fides - ha espresso questa richiesta in una lettera inviata al Presidente eletto in cui, per prima cosa, esprime la "volontà di lavorare insieme" per la "tutela della vita" e la "promozione della dignità umana”. Nel testo si sottolinea che fa parte dell’identità dei cattolici il servizio e l'accoglienza alle persone in fuga dai conflitti e dalla violenza, per questo "continueremo a promuovere politiche per proteggere la dignità umana dei rifugiati e degli immigrati, per mantenere le famiglie unite, e allo stesso tempo per preservare l'onore e il rispetto delle leggi di questo Paese".

I vescovi chiedono un trattamento "umano" degli immigrati
Venerdì scorso, il vescovo ausiliare di Seattle, che è il presidente della Commissione episcopale sulla migrazione della Conferenza episcopale degli Usa, mons. Eusebio Elizondo, aveva rilasciato una dichiarazione per chiedere un trattamento "umano" degli immigrati dopo la vittoria alle elezioni presidenziali di Trump. Anche mons. Mark Joseph Seitz, vescovo di El Paso, in Texas, aveva incoraggiato a "non avere paura" nel ribadire alla popolazione latina che la Chiesa rimarrà al suo fianco.

Le tante sfide della Chiesa oggi
Nella prolusione ai lavori dell’Assemblea autunnale dei vescovi mons. Joseph Kurtz si è congedato da presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ed ha invitato a collaborare con i neo-eletti e con la nuova amministrazione Trump per il bene comune, superando il rancore e il clima di scontro senza esclusione di colpi che hanno caratterizzato la Campagna per le presidenziali appena conclusa. Nel suo intervento – riporta l’agenzia Cns - il presule ha ricordato le tante sfide che ha di fronte oggi la Chiesa universale - a cominciare da quella delle persecuzioni religiose nel mondo – e, nello specifico, quella statunitense per promuovere “instancabilmente” la dignità della persona umana, la verità e la carità.

La Chiesa come comunione
Il presidente uscente dei vescovi americani ha quindi citato una serie di esperienze personali da lui vissute in questi tre anni di mandato da cui ha tratto insegnamenti importanti: avere sempre come obiettivo il bene comune e non quello personale; promuovere l’amore per il prossimo; aprire il cuore alla gioia che altri possono dare; non lasciare che un governo delimiti per legge i confini della fede; vivere la Chiesa come comunione.  “L’assemblea dei vescovi – ha rilevato a questo proposito - non è una semplice riunione:  è una famiglia di pastori e come in una famiglia ciascuno cerca di servire l’altro per offrire un servizio autentico a tutti , altrimenti - ha concluso - i nostri cuori di pastori rimarranno superficiali  ed avranno una vita breve”.

L’agenda dei lavori
​Nelle tre giornate di lavori i vescovi americani oltre al nuovo presidente e il vice presidente già nominati, dovranno eleggere i cinque presidenti di altrettante Commissioni (Affari canonici e di governo, Affari ecumenici ed interreligiosi, Evangelizzazione e Catechesi, Giustizia internazionale e pace, Protezione dei bambini e dei giovani). La sessione dovrà poi discutere il Piano strategico 2017-2020 della Conferenza episcopale, considerando le cinque priorità approvate lo scorso novembre: evangelizzazione; famiglia e matrimonio; vita umana e dignità; vocazioni e formazione permanente; libertà religiosa.  Saranno presentati anche diversi rapporti, tra i quali un aggiornamento della speciale Task Force della Usccb per promuovere la pace e la riconciliazione tra comunità che vivono situazioni di tensione razziale. L’istituzione dello speciale gruppo di lavoro, presieduto dall’arcivescovo afro-americano di Atlanta Wilton Daniel Gregory, è stata decisa lo scorso mese di luglio per fermare l’escalation di tensioni e violenze tra comunità afro-americane e forze dell’ordine accaduti  in questi mesi in diverse parti del Paese, con diverse vittime. (C.E. - L.Z.)

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Iraq: un terzo di Mosul sotto il controllo governativo

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In Iraq prosegue l’assedio di Mosul, dove un milione di cittadini restano nelle zone controllate dallo Stato Islamico. Stesso scenario di devastazione in Siria. Qui la Russia ha rilanciato una vasta offensiva contro i gruppi ribelli nelle province di Idlib e Homs. Il servizio di Marco Guerra: 

Un terzo del lato orientale della città è stata riconquistata dalle forze irachene, circa mille jihadisti sono stati uccisi, 108 sono stati catturati e 4000 bombe sono state lanciate dagli aerei della coalizione internazionale. Questi i numeri a quasi un mese dall’inizio dell’offensiva lanciata per riconquistare Mosul. Dall’altra parte del fiume, nelle zone ovest e nei quartieri meridionali e settentrionali, rimangono però circa un milione di persone sotto il giogo dello Stato islamico. Secondo stime Onu, gli sfollati hanno raggiunto 54.000 unità e oggi centinaia di civili affamati si sono messi in fila per il cibo nelle zone liberate. Preoccupano anche i fumi dei pozzi dati alle fiamme dai miliziani dell’Is e l’orrore delle mutilazioni sui cadaveri dei jihadisti. Intanto sul fronte siriano la Russia annuncia l’avvio di una massiccia offensiva contro LlIs e al Nusra nei pressi di Idlib e Homs. Coinvolta nell'operazione anche la portaerei russa al largo della costa. Dopo giorni di relativa calma, nuovi bombardamenti si registrano anche sui quartieri est di Aleppo controllati dai ribelli. Colpito un ospedale nella parte ovest. Almeno quattro le vittime complessive.

Sulla situzione dell'offesiva a Mosul e della battaglia per Aleppo, il commento di Gabriele Iacovinoresponsabile analisti del Cesi-Centro studi internazionali: 

R. – È un’azione lunga, che inevitabilmente prenderà più tempo. Più si andrà avanti e più entrerà nel contesto urbano; perché una cosa è l’avanzata in un contesto “aperto”, come quello dei vari villaggi alle porte di Mosul, e un’altra cosa sarà il combattimento, strada per strada, all’interno della stessa città. Inoltre, più ci si avvicina a Mosul e più inevitabilmente andranno a crescere le tensioni all’interno della coalizione che sta portando avanti le operazioni. Sì, il nucleo fondamentale – il più grande – è l’esercito iracheno, ma poi ci sono anche le truppe dei Peshmerga, le milizie sciite, quelle sunnite. L’accordo prevede che ad entrare nella città saranno solo ed esclusivamente le truppe irachene; laddove però, di fatto, quasi tutte le realtà che stanno portando avanti quest’operazione vorranno avere un ruolo, e molto probabilmente vorranno anche entrare. Quindi, più si entra nel vivo delle operazioni, più, da una parte salgono i rischi, e dall’altra le tensioni all’interno della coalizione.

D. – Più complessa la situazione in Siria, dove c’è la capitale del sedicente Stato Islamico, Raqqa, e c’è Aleppo est, in mano ai ribelli…

R. – Sì, lo scenario siriano si può dividere in questi due grandi fronti: quello di Raqqa, dove l’Is viene combattuto da una coalizione capeggiata da milizie curde, supportate dagli Usa, laddove anche lì, in quella zona, ci sono forti tensioni tra gli stessi Usa, che supportano le milizie curde siriane, e la Turchia, che non vuole assolutamente che a riprendere Raqqa possa essere una compagine curda. Per quanto riguarda Aleppo, si sta preparando la grande offensiva del regime contro i ribelli, laddove sta arrivando anche la portaerei russa in area di operazioni; questa potrebbe avere un ruolo fondamentale per supportare l’avanzata lealista nei confronti dei ribelli. Quindi è uno scenario molto eterogeneo, dove gli interessi, sia regionali che internazionali, si vanno ad intersecare, e non sono assolutamente univoci.

D. – Comunque c’è uno Stato Islamico che, per essere sconfitto, richiederà ulteriori sforzi da parte di tutti, perché c’è una componente comunque sunnita che ancora lo appoggia sul territorio e il fronte è molto disgregato…

R. – Assolutamente sì; ma se vogliamo gli sforzi maggiori, che richiederà l’operazione contro lo Stato Islamico, non saranno esclusivamente militari, perché da un punto di vista militare il confronto dovrebbe essere abbastanza “facile” da risolvere per quanto riguarda la coalizione che combatte l’Is. Il problema sarà andare a cercare di estirpare le ragioni profonde – economiche, sociali e politiche – che hanno dato luogo alla nascita dell’Is. E questa sarà un’operazione ancora più complessa. Alle influenze politiche regionali si andranno  ad innestare anche altre dinamiche prettamente locali, sia in Iraq sia in Siria, che riguardano divisioni ancestrali per quanto concerne il palcoscenico mediorientale: sia religiose, tra sunniti e sciiti, ma anche etniche, tra arabi, curdi e le altre minoranze come gli yazidi, e via dicendo.

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Venezuela: dialogo prosegue. I vescovi chiedono risultati concreti

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“Mi dà un dolore immenso vedere che la gente cerca cibo tra la spazzatura”. Lo ha detto, conversando con i giornalisti in occasione della chiusura del Giubileo nella chiesa di “Nuestra Señora de Chiquinquirá” il card. Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas. Il porporato ha messo in evidenza il grande sforzo, durante l’Anno della misericordia, fatto dalle parrocchie e dalla Caritas per attivare iniziative di solidarietà e distribuzione di alimenti e medicine, soprattutto per bambini e anziani.

Il porporato invoca risultati concreti
Secondo l’arcivescovo, il tavolo di dialogo aperto tra il Governo e la Mesa de unidad democratica, con la facilitazione del Vaticano, “è molto importante”. Bisogna però “che ci siano subito risultati, che la gente veda che il dialogo porta a qualcosa di concreto”. In effetti le parti in causa hanno deciso di proseguire nel dialogo e il primo punto in agenda è la possibilità di aprire canali umanitari, finora sempre negati dal Governo, per far giungere nel Venezuela in piena crisi economica ed umanitaria aiuti dalle organizzazioni internazionali. Pochi passi in avanti si registrano invece sulle principali controversie politiche, a partire dal referendum revocatorio chiesto dall’opposizione (che è però maggioranza in Parlamento) a proposito del Presidente Maduro.

Il dialogo deve aprire le porte alla riconciliazione, al protagonismo del popolo
​A questo proposito, un’altra voce si leva dall’episcopato sui media e sui social network della Conferenza episcopale. Mons. Mario Moronta, vescovo di San Cristobal, scrive infatti: “Oggi i dirigenti politici passano per la strada senza voltarsi ad ascoltare e a fare proprie le richieste della gente: la mancanza di alimenti e medicinali, l’alto costo della vita, la crescente insicurezza, la disillusione e la frustrazione. Il dialogo non deve solo occuparsi di situazioni di tipo politico, pure importanti e urgenti, ma soprattutto deve aprire le porte alla riconciliazione, al protagonismo del popolo, vero soggetto sociale”. (R.P.)

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Brasile: a Belem iniziato il convegno ecclesiale dell’Amazzonia

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Operatori pastorali, religiosi, religiose e laici di sei regioni della Conferenza episcopale brasiliana prendono parte in questi giorni al Convegno ecclesiale dell’Amazzonia, che ha preso avvio ieri a Belém. L’incontro, si legge nel sito della Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) ha l’obiettivo di discutere la politica, sociale, economica, culturale e religiosa della regione e il contributo della Chiesa cattolica per la promozione e la difesa della vita degli abitanti e della biodiversità. La proposta è di fare un’analisi generale di come si è sviluppato il lavoro missionario attualmente nella regione. 

Un incontro per creare unità tra le Chiese dell'Amazzonia
Il presidente della Commissione episcopale speciale per l’Amazzonia della Chiesa brasiliana, card. Claudio Hummes, ha affermato che l’incontro costituisce un’opportunità per creare tra queste Chiese un’unità ancora maggiore: “Questi incontri mirano sempre a rafforzare le unità, senza mancare di rispetto alle specificità di ciascuna regione, naturalmente”.

La Chiesa è sempre stata presente nella storia dell’Amazzonia
​Il convegno traccia in qualche modo un bilancio di ben 400 anni di opera evangelizzatrice in Amazzonia, fin da quando fu appunto fondata la città di Belém. Ha affermato ancora il card. Hummes: “La Chiesa è sempre stata presente nella storia dell’Amazzonia per accompagnare le persone nella storia e per illuminare il loro cammino”. Molto resta ancora da fare, ha spiegato dom Erwin Kräutler, vescovo emerito di Xingu e presidente del Comitato brasiliano della Rete ecclesiale pan-amazzonica (Repam), facendo memoria del primo convegno tenutosi a Manaus nel 2013, “ma l’importante è che le Chiese prendano coscienza che tutti siamo chiamati a camminare nella stessa direzione e a vivere lo stesso impegno per l’Amazzonia”.

L’Amazzonia sfida insieme la Chiesa del Brasile 
Il presidente della Cnbb, dom Sergio Da Rocha, arcivescovo di Brasilia, che sabato verrà creato cardinale, afferma di “aver molto desiderato questo incontro e di averne incentivato e appoggiato la realizzazione”. Certo, esso riguarda in primo luogo le diocesi amazzoniche, “ma l’Amazzonia sfida insieme la Chiesa del Brasile e per certi aspetti quella di tutta l’America Latina”. (R.P.)

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Diritti dell'infanzia: "Terre des Hommes" a difesa dei minori

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In vista della Giornata Internazionale per i Diritti dell’Infanzia (20 novembre), ‘Terre des Hommes’ ha presentato nella Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini a Roma, il nuovo dossier “Maltrattamento e abusi sui bambini’’. In questa occasione è stata esposta l’indagine nazionale sulle attività di cura di cinque eccellenze ospedaliere italiane in Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana e Puglia a favore delle ‘vittime-bambino’ . L’associazione ha così evidenziato il quadro della violenza sui più piccoli, sottolineandone la gravità per la salute pubblica. Ad introdurre il lavoro è stato il presidente del Senato, l’on. Pietro Grasso, mostratosi a favore delle strutture ospedaliere sostenitrici della causa . Al microfono Clarissa Guerrieri ha intervistato Federica Giannotti, responsabile ‘Advocacy e Programmi Italia Fondazione Terre des Hommes Italia’: 

R. – Il senso della Giornata di oggi e del dossier che oggi presentiamo come Terre des Hommes, in collaborazione con cinque eccellenze ospedaliere delle città di Torino, Milano, Firenze, Padova e Bari, è quello di portare all’attenzione delle istituzioni e dell’opinione pubblica, in generale, il fatto che il maltrattamento all’infanzia non può più essere considerato esclusivamente come un tema che concerne la vita sociale delle persone, ma deve invece essere riconosciuto finalmente come una vera e propria patologia e quindi come un fenomeno che attiene alla sfera della salute pubblica. Questo perché il maltrattamento in tutte le sue forme - anche nel caso della violenza assistita, che potrebbe essere invece non percepita come tale - ha delle conseguenze sul piano fisico e chimico del bambino che ne è vittima. Nel corso della giornata presentiamo quella che è l’attività di cinque eccellenze ospedaliere che ogni giorno hanno a che fare con il problema di riconoscere il maltrattamento nelle sue diverse forme. Ed è emerso che il maltrattamento colpisce in modo trasversale qualunque tipo di bambino – quindi dagli zero ai diciotto anni – e che le forme più presenti sono non solo il maltrattamento fisico – il “Neglect” che è la trascuratezza – ma anche forme molto più subdole, che colpiscono anche bimbini molto piccini, dagli zero ai due anni, che sono lasciati in “Shaken baby syndrome”, cioè la sindrome del bambino scosso, piuttosto che il “Chemical abuse, l’uso cioè di sostanze nei confronti del bimbo per – per esempio – sedare e addormentare il bambino oppure svegliarlo nel caso della cocaina. Quindi abbiamo voluto testimoniare, attraverso proprio chi opera sul piano sanitario, come il fenomeno della violenza sui bambini sia effettivamente una questione di salute pubblica e che come tale debba essere affrontata dalle istituzioni. Bisogna mettere il Paese nelle condizioni di avere medici formati, attrezzature adeguate, strumentazioni per poter fare una diagnostica avanzata, perché soltanto con strumentazioni all’avanguardia un sospetto può essere confermato. Quindi come ci siamo mossi sul piano di tante altre patologie, affrontando l’argomento in modo sistematico, così dobbiamo fare oggi con il maltrattamento.

D. – In che modo questa rete di strutture ospedaliere interviene sui casi?

R. – Hanno ciascuno un modello parzialmente differente, perché nascono con storie differenti, ma sono anzitutto centri di eccellenza perché centri di riferimento regionale: questa è la prima cosa. Quindi ricevono la segnalazione del tribunale per invio della famiglia, per invio della scuola… Quindi la provenienza della segnalazione del caso. E loro operano così quotidianamente.

D. – Possono aspettarsi un futuro migliore i bambini vittime dopo aver ricevuto il sostegno di queste strutture?

R. – Sì, anche se nel momento in cui un bambino arriva all’ospedale vuol dire che sono state già perse delle occasioni. Molti degli ospedali che abbiamo oggi avuto al nostro fianco ci raccontano che casi da loro trattati erano casi – per esempio – di bambini vittima di “Shaken baby syndrome, quindi del bambino scosso, e da un esame attentato del cervello sono risultati già vittimizzati in precedenza: avevano cioè già subito questo fenomeno in altre situazioni. Proprio per questo motivo intercettare e prevenire è fondamentale.

D. – Quale potrebbe essere il suo appello finale?

R. – Replicare il modello di “System care” che questi ospedali già rappresentato - ma sono pochi, perché sono solo cinque… – in tutte le regioni italiane, in modo tale che quanto meno ogni regione abbia il suo centro di riferimento. Per cui da ospedali periferici, si possano inviare i casi agli ospedali di riferimento o viceversa come fa Padova: l’équipe dell’ospedale di riferimento si muove e si sposta negli ospedali di periferia per fare essa stessa la diagnostica di quel singolo caso. Ecco, ora chiediamo che anche i grandi ospedali pediatrici vengano dotati di servizi, e quindi di facility, ed equipaggiamenti comunque all’avanguardia; alle istituzioni, invece, chiediamo di formare meglio i medici di domani, inserendo il maltrattamento nella Facoltà di Medicina e Chirurgia.

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Unesco e Focolari. Convegno a Parigi: "Reinventare la pace"

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Vent’anni fa, il 15 novembre 2016, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, riceveva a Parigi il Premio Unesco “Per l’educazione alla pace”. Nella motivazione si sottolineava l’azione intrapresa dal Movimento nel “gettare ponti tra le persone e i popoli”. Oggi, sempre a Parigi, si ricorda quell’evento con un Convegno, promosso dai Focolari insieme alla Direzione Generale dell'Unesco e all'Osservatore Permanente della Santa Sede, che ha per titolo “Reinventare la pace” e che intende testimoniare l’impegno attuale per l’unità. Ma qual era la visione del mondo che la Lubich aveva in cuore e per la quale ha vissuto? Adriana Masotti lo ha chiesto a Rita Moussallem, teologa libanese, corresponsabile del Centro Internazionale del Dialogo interreligioso dei Focolari: 

R. – Chiara Lubich da sempre ha avuto questa grande passione di fare dell’umanità una famiglia e cioè la passione della fraternità universale; ma anche quella di rispondere alla preghiera di Gesù: “Padre che tutti siano uno”. Tutta la sua vita ha lavorato per questo e ce lo ha anche lasciato come una grande consegna: lavorare per la fraternità universale, collaborare con tutti, con la Chiesa per fare un modo più unito, più fraterno, più vivibile, più bello. Per questo Chiara aveva dato come linea il dialogo, il dialogo che richiede un grande superamento di se stessi, che richiede anche sacrificio, che richiede di perdonare, che richiede fiducia.

D. – Ed oggi il Movimento, nel ricordare vuole anche presentare le idee, i metodi, le pratiche che ha messo in atto in diverse parti del mondo. Ecco, costruire la pace vuole dire anche confrontarsi con un tipo di economia, di giustizia ecc…

R. – Vuol dire parlare della pace che entra anche nel nostro modo di impostare l’educazione, educare le persone ad una cultura della pace, a vari livelli: accettare il diverso, convivere con l’altro in modo pacifico. Poi si passa - ad esempio - al mondo del diritto e quindi mettere in primo piano il bene degli altri e non l’interesse, ad un’economia basata sulla condivisione... L’ecologia: come possiamo noi pensare alla fraternità se non custodiamo il Creato? Si tratta quasi di un capovolgimento di mentalità a vari livelli e in vari ambiti, cominciando dal livello individuale per arrivare a quello collettivo e per arrivare poi a quello mondiale.

D. – Questi potrebbero sembrare dei grandi ideali, dei grandi propositi. Ma abbiamo dei fatti concreti che ci dicono che funziona questo mettersi in dialogo?

R. – Certamente! Abbiamo anche esposto molte buone pratiche, molte testimonianze in varie parti del mondo, in Egitto, in Africa, in Burkina Faso, e in America Latina, per dire che non si tratta di pensiero o di ideali, ma si tratta veramente di una vita che viene tessuta e fatta con questo animo che guarda all’umanità intera.

D. – Indubbiamente uno dei dialoghi più importanti è quello proprio tra le religioni…

R. – Sì. Se negli ultimi due decenni, soprattutto in Occidente, la religione era più riservata all’ambito privato, oggi vediamo che diventa sempre più protagonista nell’ambito pubblico. E questo non senza, però una grande ambiguità. Vediamo anche come la religione venga tanto strumentalizzata, strumentalizzata dal potere politico, economico, mediatico. E certamente sfruttando anche terreni molto fragili, fragili per la carenza di educazione, fragili per la povertà… In questo scenario o puntiamo al dialogo e quindi all’incontro con l’altro – come Papa Francesco anche ama tanto dire – oppure arriviamo allo scontro. Da varie parti vediamo che ci sono tante persone che vogliono, che vivono e che danno anche la vita per il dialogo. E non solo cristiani, ma anche musulmani, ebrei, buddhisti, indù.

D. – Domenica scorsa a Parigi si sono ricordati gli attentati. Che effetto fa riunirsi e parlare di dialogo e di pace proprio a Parigi?

R. – Forse è ancora di più una risposta, una risposta che vuol dire che non ci si lascia prendere dalla paura. Questo evento è anche un segno in questo momento e in questo luogo: un segno che la pace è più forte, che la speranza è più grande.

 

 

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A Roma il Kolno'a 2016, rassegna di film ebraici e israeliani

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11.ma edizione del Pitigliani Kolno’a Festival, rassegna di cinema ebraico e israeliano. Sarà a Roma, dal 19 al 24 novembre, e si dividerà tra Maxxi, Casa del Cinema e Centro Ebraico Italiano, a titolo gratuito. Sarà l’occasione per vedere film inediti in Italia e che hanno ottenuto importanti riconoscimenti internazionali. Il servizio di Francesca Sabatinelli

Da ‘Sguardo sul nuovo cinema israeliano’, a ‘Percorsi ebraici’, ai documentari: ritornano, così come è stato per gli ultimi dieci anni, le sezioni del Kolno’a Festival, l’unica rassegna in Italia dedicata alla cinematografia israeliana e di argomento ebraico, che quest’anno dedica il suo omaggio a Ronit Elkabetz, grande protagonista del cinema in Israele, scomparsa lo scorso aprile. Ariela Piattelli con Dan Muggia dirige il Festival:

R. – Ci sono più titoli internazionalmente riconosciuti in questa edizione, rispetto ai film delle altre edizioni. Non a caso, apriamo il Festival con un film, “One week and a day”, opera prima di Asaph Polonsky presentato a Cannes e molto, molto elogiato dalla critica, che è una sorta di versione israeliana de “La stanza del figlio”. E’ la storia di una famiglia che affronta un lutto, ma che lo fa anche con umorismo, come reazione, come una dimostrazione della volontà di sopravvivere e di andare avanti. A chiudere il Festival abbiamo “Un appuntamento per la sposa” di Rama Burshtein, una commedia hassidica, che segue la sua drammatica opera prima, “La sposa promessa”. Questo è un film molto divertente, che è stato presentato e apprezzato al Festival di Venezia, e non potevamo esimerci dal riproporlo, peraltro è un film che uscirà nelle sale italiane credo nel 2017.

D. – Alcuni di questi titoli hanno, come unica occasione, questa del Kolno’a per essere visti, perché per alcuni non ci sarà quest’apertura sul circuito italiano…

R. – Come sempre facciamo, abbiamo scelto una serie di film che non sarà possibile vedere nelle sale. Sono film che riflettono la diversità culturale della società israeliana, così come l’accoglienza, la tolleranza. Abbiamo “Mr Gaga” di Tomer Heymann, che è un film, un documentario, straordinario sulla vita di Ohad Naharin, ovvero colui che ha inventato il metodo “Gaga” e che, tuttora, dirige la Batsheva Dance Company, la compagnia di danza più importante di Israele e la più conosciuta dal pubblico internazionale. “Mr Gaga” è un film sulla personalità straordinaria di Ohad Naharin, che in qualche modo viene raccontata da tanti personaggi, tra cui una testimonianza molto carina di una sua seguace, che è Natalie Portman!

D. – Tanta storia, anche in questa edizione, con due pellicole che, a titolo diverso, parlano della Shoah. C’è invece poca attualità, per la prima volta, su quella che è la tensione, il conflitto, in Israele: una scelta, una casualità?

R. – In realtà è una casualità, nel senso che mi sono accorta alla fine, a programma stampato, che è il primo anno dove non vediamo neanche un carro armato nell’edizione del Festival. Riguardo ai film sulla Shoah, ne abbiamo scelti due, grandissimi: “Il labirinto del silenzio” di Giulio Ricciarelli, un film che parla della presa di coscienza da parte della Germania di aver commesso l’orrore della Shoah e “Il figlio di Saul”, che è un film importantissimo, ha vinto anche l’Oscar. E torniamo appunto su quella drammatica storia che evoca i fantasmi e gli orrori del passato.

D. – È un’edizione che vuole ricordare anche un personaggio illustre, scomparso prematuramente, un’attrice e bravissima regista, Ronit Elkabetz…

R. – Sì, abbiamo voluto celebrare questa edizione del Festival con un omaggio a Ronit Elkabetz, una grande sceneggiatrice, regista ed attrice israeliana, che in qualche modo ha accompagnato sempre sullo schermo questi undici anni del nostro Festival. Celebreremo Ronit attraverso la “Trilogia di Viviane”, tre film importantissimi che lei ha diretto con suo fratello, Shlomi Elkabetz, che sarà nostro ospite e con noi per le proiezioni della trilogia.

 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 320

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.