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Sommario del 17/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: "costernato" da terribile violenza in Siria e Iraq

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La fine della violenza “terribile” in particolare Siria e Iraq, dove si assiste a conflitti che “nessuna motivazione può giustificare o permettere” e dove i nostri fratelli cristiani e non solo sono costretti a soffrire “quotidianamente”. È l’auspicio del Papa nell’incontro in Vaticano col Catholicos Mar Gewargis III, Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente. Francesco, nel suo discorso, ha pregato anche per la piena comunione tra cattolici e assiri, esortando a rinnovare la “memoria comune” dell’attività evangelizzatrice. Il servizio di Giada Aquilino

Il dono della pace per il Medio Oriente, con la fine di “tanto dolore” lì sperimentato, e il cammino verso la “piena comunione” tra cristiani che il Papa desidera “ardentemente” proseguire. Questa la preghiera di Francesco, incontrando il Catholicos Mar Gewargis III. Prima di un momento di raccoglimento nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, il Pontefice si è soffermato in colloquio privato con il Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente. Quindi il pensiero è andato specialmente alla Siria e all’Iraq. Siamo “costernati”, ha detto il Papa, per quanto sta accadendo in quelle terre:

“Lì si riversa su centinaia di migliaia di bambini innocenti, di donne e di uomini la violenza terribile di sanguinosi conflitti, che nessuna motivazione può giustificare o permettere. Lì i nostri fratelli e sorelle cristiani, nonché diverse minoranze religiose ed etniche sono purtroppo abituati a soffrire quotidianamente grandi prove”.

“Ogni giorno”, ha osservato Francesco, vediamo cristiani che “percorrono la via della croce” seguendo con “mitezza” le orme di Gesù, che con la sua croce “ci ha riconciliati”: sono dei “modelli” che ci esortano “in ogni circostanza a rimanere col Signore, ad abbracciare la sua croce, a confidare” in Lui, perché la presenza di Cristo ci invita “anche nelle avversità” a non stancarci di vivere il suo messaggio “di amore, di riconciliazione e di perdono”:

“Questo impariamo dai martiri e da quanti oggi ancora, anche a costo della vita, restano fedeli al Signore e con Lui vincono il male con il bene. Siamo grati a questi nostri fratelli, che ci sospingono a seguire la via di Gesù per sconfiggere l’inimicizia. Come il sangue di Cristo, sparso per amore, ha riconciliato e unito, facendo germogliare la Chiesa, così il sangue dei martiri è il seme dell’unità dei Cristiani. Esso ci chiama a spenderci con carità fraterna per la comunione”.

Lo sguardo del Papa è andato ai “saldi legami fraterni” che già sussistono tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa assira dell’Oriente, rafforzati “ulteriormente” dalla visita del Patriarca, tanto “gradita e preziosa” al Pontefice. Molti “significativi” passi sono già stati compiuti, ha ricordato Francesco, menzionando il “traguardo storico” del 1994, con la firma a Roma della Dichiarazione cristologica comune tra Mar Dinkha IV e San Giovanni Paolo II: essa - ha spiegato - ci permette di confessare “la stessa fede nel mistero dell’Incarnazione” ed ha aperto la via “al nostro pellegrinaggio verso la piena comunione:

“In tale percorso confermo l’impegno della Chiesa Cattolica perché il nostro dialogo, già tanto fecondo, possa avanzare. Nell’avvenire esso potrà contribuire a ricomporre la piena armonia, a beneficio delle nostre comunità, che spesso già vivono a stretto contatto”.

L’auspicio è dunque stato che la Commissione congiunta per il dialogo teologico tra le due Chiese possa aiutare a “spianare la strada” verso il giorno “tanto atteso”, quello “della comunione ecclesiale pienamente ristabilita”, nel quale – ha indicato il Papa – “potremo celebrare il Sacrificio del Signore allo stesso altare”. Nel frattempo, ha constatato, c’è “l’opportunità di muovere passi spediti”, crescendo nella conoscenza reciproca e testimoniando insieme il Vangelo:

“La nostra vicinanza sia lievito di unità. Siamo chiamati a operare insieme nella carità dovunque possibile, così che l’amore indichi la via della comunione”.

Nel Battesimo, ha aggiunto Francesco, cattolici e assiri hanno riscoperto il fondamento della reale comunione, appartenendo “all’unico Corpo di Cristo” ed essendo “fratelli in Lui”:

“Con questa certezza procediamo, camminando insieme fiduciosamente, alimentando – nella preghiera e specialmente presso l’altare del Signore – la carità che ‘unisce in modo perfetto’. Essa ricompone le fratture e sana le lacerazioni. Non stanchiamoci di chiedere al Signore, medico divino, di guarire le ferite del passato con l’unzione benefica della sua misericordia”.

L’invito finale è stato a pregare “insieme, gli uni per gli altri” e a “rinnovare la memoria comune” dell’attività evangelizzatrice, che trova le proprie radici nella “comunione della Chiesa primitiva”, da cui si originò quella diffusione del Vangelo che, “agli albori della fede”, raggiunse Roma e le terre della Mesopotamia, “culla di antichissime civiltà”, dando alla luce “fiorenti” comunità cristiane:

“I grandi evangelizzatori di allora, i santi e i martiri di ogni tempo, tutti concittadini della Gerusalemme del cielo, ci esortano e ci accompagnano ora ad aprire, insieme, sentieri fecondi di comunione e di testimonianza”.

In spirito di comunione anche il discorso del Catholicos, che ha ricordato il proprio incontro nel 1991 con San Giovanni Paolo II, quando già venti di guerra spiravano in Iraq. Oggi, per un altro conflitto in corso, “donne, bambini ed anziani” hanno lasciato le loro case “in cerca di una vita sicura”, ha spiegato il Patriarca della Chiesa Assira dell’Oriente:

“On behalf of the thousands of displaced christians of Iraq and Syria…
A nome di migliaia di sfollati cristiani di Iraq e Siria e a nome di coloro che hanno già pagato con la propria vita e il proprio sangue la propria fede, imploro di perseverare nelle nostre ferventi preghiere e suppliche a Dio Onnipotente per porre fine al dolore e alla persecuzione a loro inflitti. Noi dovremmo incrementare la nostra fraterna collaborazione attraverso discussioni serie e studi rigorosi che mettano in luce l'attuale dilemma dei cristiani in Medio Oriente. Per questo, io umilmente suggerisco la convocazione di un raduno internazionale di tutti i Patriarchi e Primati delle Chiese apostoliche al fine di studiare e di capire come e perché simili indicibili tragedie stiano avvenendo nella regione mediorientale. Gli abitanti di questi Paesi d'Oriente ripongono in noi la loro speranza di poter essere salvati dalle loro orribili condizioni nella convinzione che qualsiasi cosa chiediamo sarà ottenuta”.

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Francesco: imprese esistono per servire, corruzione è piaga sociale

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“Tutte le attività umane, anche d’impresa, possono essere un esercizio di Misericordia”. Così il Papa nel suo discorso a circa 500 partecipanti alla Conferenza - in corso oggi e domani in Vaticano - sul tema “I leader d’impresa, agenti di inclusione economica e sociale”, promossa dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e dall’Unione internazionale degli imprenditori cristiani (Uniapac), presente in una quarantina di Paesi. Il servizio di Roberta Gisotti

Questo vostro incontro arriva – ha premesso il Papa - a conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia, con l’intento nobile di riflettere sul ruolo degli imprenditori cristiani per realizzare un’economia inclusiva, tenendo conto che “le attività d’impresa – ha osservato Francesco - assumono costantemente molti rischi”.  

“Deseo reflexionar hoy con ustedes sobre tres riesgos...
"Desidero riflettere oggi con voi su tre rischi: tra questi quelli che fanno la differenza sono il rischio di non usare bene il denaro, il rischio della disonestà e il rischio della non fraternità".

“Las empresas no deben existir para ganar dinero...
“Le imprese - ha chiarito il Papa - non debbono esistere per guadagnare soldi, sebbene il denaro serva per misurare le loro prestazioni. Le imprese esistono per servire”. “Il denaro - ha spiegato - non ha un valore neutro, ma acquista il valore secondo le finalità e le modalità con cui lo si usa”.

“Cuando se afirma la neutralidad....
"Quando si afferma la neutralità del denaro si sta cadendo in suo potere”. “Per questo è urgente – ha raccomandato Francesco - recuperare il sentire sociale delle attività finanziarie e bancarie, con la migliore intelligenza e inventiva dei leader d’impresa”, per sostenere le famiglie, i poveri, e tutte le attività primarie per il benessere delle società. Da qui anche la sfida di non trasformare il finanziamento dei Paesi poveri in attività di usura. Secondo rischio è “la corruzione”:

“La corrupción es la peor plaga social...
"E’ la peggiore piaga sociale. E’ la menzogna per cercare un guadagno personale o del proprio gruppo sotto le apparenze di un servizio alla società”.

“La corrupción es un fraude a la democracia...
"La corruzione è una frode alla democrazia e apre le porte agli altri mali come la droga, la prostituzione e la tratta delle persone, la schiavitù, il commercio di organi il traffico di armi".

Il terzo rischio è quello di ignorare che l’impresa è una comunità di lavoro, in cui tutti meritano rispetto e apprezzamanto fraterno da parte dei superiori, colleghi e sottoposti.

Il Papa ha infine ricordato a tutti gli impreditori che gran parte di loro appartengono a famiglie emigrate, quasi sempre povere, che hanno potuto progredire grazie a società che le hanno accolte, a volte anch’esse povere ma disposte a condivire il poco che avevano.

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Papa: l'amore "pazzo" di Dio piange per la nostra infedeltà

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L’amore "pazzo" di Dio per il suo popolo e la nostra infedeltà. Ruota attorno a questi due poli il cuore dell’omelia del Papa nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Un dramma che fa piangere Gesù davanti a Gerusalemme che non ha riconosciuto il tempo in cui è stata visitata da Dio. Il servizio di Debora Donnini

Gesù piange su Gerusalemme. Parte da questa immagine l’omelia del Papa che ne spiega il motivo. Gesù piange perché ricorda la storia del “suo popolo”. Da una parte questo amore di Dio "senza misure” e dall’altra “la risposta del popolo egoista, sfiduciata, adultera, idolatrica”: un “amore pazzo di Dio per il suo popolo”, dice Francesco, “sembrerebbe una bestemmia ma non lo è”. Il Papa fa riferimento ai passi dei profeti, come Osea e Geremia, quando esprimono l’amore di Dio per Israele. Sempre nel Vangelo del giorno Gesù lamenta anche: “perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”:

“E’ questo che fa dolore al cuore di Gesù Cristo, questa storia di infedeltà, questa storia di non riconoscere le carezze di Dio, l’amore di Dio, di un Dio innamorato che ti cerca, cerca che anche tu sei felice. Gesù vide in quel momento cosa lo aspettava come Figlio. E pianse… ‘Perché questo popolo non ha riconosciuto il tempo in cui è stato visitato’. Questo dramma non è accaduto soltanto nella storia e finito con Gesù. E’ il dramma di tutti i giorni. E’ anche il dramma mio. Può dire ognuno di noi: ‘Io so riconoscere il tempo nel quale sono stato visitato? Mi visita Dio?’”.

Il Papa sottolinea che l’altro ieri la Liturgia faceva riflettere su tre momenti della visita di Dio: per correggere, per entrare in colloquio con noi, e “per invitarsi alla nostra casa”. Quando Dio vuole correggere, invita a cambiare vita. Quando vuol parlare con noi dice: “Io busso alla porta e chiamo. Aprimi!”. E a Zaccheo, per farsi invitare a casa, dice di scendere. Francesco chiede dunque di domandarsi come è il nostro cuore, di “fare un esame di coscienza, di chiedersi se “so ascoltare le parole di Gesù” quando bussa “alla mia porta” e dice :”Correggiti!”. Ognuno corre infatti un rischio:

“Ognuno di noi può cadere nello stesso peccato del popolo di Israele, nello stesso peccato di Gerusalemme: non riconoscere il tempo nel quale siamo stati visitati. E ogni giorno il Signore ci fa visita, ogni giorno bussa alla nostra porta. Ma dobbiamo imparare a riconoscere questo, per non finire in quella situazione tanto dolorosa: ‘Quanto più li amavo, quanto più li chiamavo, più si allontanavano da me’. ‘Ma no, io sono sicuro, ho le mie cose ... io vado a Messa, sono sicuro…’. Tu fai tutti i giorni un esame di coscienza su questo? Oggi il Signore mi ha visitato? Ho sentito qualche invito, qualche ispirazione per seguirlo più da vicino, per fare un’opera di carità, per pregare un po’ di più? Non so, tante cose alle quale il Signore ci invita ogni giorno per incontrarsi con noi”.

Per il Papa è dunque centrale riconoscere quando veniamo “visitati” da Gesù per aprirci all’amore:

“Gesù pianse non solo per Gerusalemme, ma per tutti noi. E dà la sua vita, perché noi riconosciamo la sua visita. Sant’Agostino diceva una parola, una frase molto forte: ‘Ho paura di Dio, di Gesù, quando passa!’. Ma perché hai paura? ‘Ho paura di non riconoscerlo!’. Se tu non stai attento al tuo cuore, mai saprai se Gesù ti sta visitando o no. Che il Signore ci dia a tutti noi la grazia di riconoscere il tempo in cui siamo stati visitati, siamo visitati e saremo visitati per aprire la porta a Gesù e così far sì che il nostro cuore sia più allargato nell’amore e serva nell’amore il Signore Gesù”.

 

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Papa alle Caritas: con coraggio profetico rifiutate ciò che umilia l'uomo

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Papa Francesco ha ricevuto nella Sala Clementina in Vaticano i membri del Consiglio di Rappresentanza della Caritas Internationalis, riuniti a Roma per l’assemblea istituzionale. La Chiesa – ha osservato il Papa nel discorso pubblicato dalla Sala Stampa vaticana - “esiste per evangelizzare”, ma “l’evangelizzazione richiede di adattarsi alle diverse situazioni, tenendo conto della vita familiare e di quella sociale, come anche della vita internazionale con speciale attenzione alla pace, alla giustizia, allo sviluppo”. Francesco ribadisce “l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri. Per questo siamo chiamati ad agire contro l’esclusione sociale dei più deboli e operare per la loro integrazione. Le nostre società, infatti, sono spesso dominate dalla cultura dello ‘scarto’; hanno bisogno di superare l’indifferenza e il ripiegamento su sé stesse per apprendere l’arte della solidarietà”.

Le Caritas - si legge ancora nel testo - “non sono delle agenzie sociali, ma organismi ecclesiali che condividono la missione della Chiesa”. “Si tratta di far risplendere la carità e la giustizia nel mondo alla luce del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa, coinvolgendo i poveri stessi perché divengano i veri protagonisti del loro stesso sviluppo”. “La povertà, la fame, le malattie, l’oppressione non sono una fatalità e non possono rappresentare situazioni permanenti. Confidando nella forza del Vangelo, noi possiamo veramente contribuire a cambiare le cose o almeno a migliorarle”.

Di qui l’appello del Santo Padre: “Vi invito ad avere sempre coraggio profetico, a rifiutare tutto ciò che umilia l’uomo, e ogni forma di sfruttamento che lo degrada. Continuate a porre quei piccoli e grandi segni di ospitalità e di solidarietà che hanno la capacità di illuminare la vita di bambini e anziani, di migranti e profughi in cerca di pace. Sono molto contento di apprendere che Caritas Internationalis porterà avanti una Campagna proprio sul tema delle migrazioni. Spero che questa bella iniziativa apra i cuori di tanti all’accoglienza dei profughi e dei migranti, perché possano sentirsi veramente ‘a casa’ nelle nostre comunità. Sia vostra cura sostenere, con rinnovato impegno, i processi di sviluppo e i cammini di pace nei Paesi da cui questi nostri fratelli e sorelle fuggono o partono in cerca di un avvenire migliore. 

“Siate artigiani di pace e di riconciliazione tra i popoli, tra le comunità, tra i credenti – esorta il Papa - Mettete in campo tutte le vostre energie, il vostro impegno, per lavorare in sinergia con le altre comunità di fede che, come voi, mettono la dignità della persona al centro della loro attenzione. Lottate contro la povertà e, allo stesso tempo, imparate dai poveri. Lasciatevi ispirare e guidare dalla loro vita semplice ed essenziale, dai loro valori, dal loro senso di solidarietà e condivisione, dalla loro capacità di risollevarsi nelle difficoltà, e soprattutto dalla loro esperienza vissuta del Cristo sofferente, Lui che è il solo Signore e Salvatore. Imparate, pertanto, anche della loro vita di preghiera e della loro fiducia in Dio”.

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Tagle: chiude la Porta Santa, ma il cuore di Gesù è sempre aperto

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“Ho imparato dagli ultimi. La mia vita, le mie speranze”. E’ il titolo del libro autobiografico del cardinale Luis Antonio Tagle, edito da Emi, che verrà presentato domani alle 17 nelle sede di Civiltà Cattolica. Dopo l’introduzione del direttore della rivista dei Gesuiti, padre Antonio Spadaro, il direttore di Tv2000 Paolo Ruffini intervisterà lo stesso porporato filippino. Alessandro Gisotti ha incontrato il cardinale Luis Antonio Tagle ad una riunione di Caritas Internationalis, di cui è presidente, e gli ha chiesto qual è l’insegnamento più grande che gli hanno donato i poveri e quali frutti si raccoglieranno da questo Anno Santo della Misericordia: 

R. – Questa cosa è un regalo, per me, un dono: di scoprire dopo tanti anni come studente, come prete, come vescovo o come cardinale, ho imparato non solo dai libri, dagli autori, non solo dalle esperienze, ma dagli ultimi. Specialmente nell’ambito della fede, di una fede che non ha ragione per credere, la speranza, la fortezza dello spirito di resistere; il dubbio, la disperazione … e anche la generosità, l’amore, la capacità di pensare agli altri, anche quando sono bisognoso … Queste cose sono lezioni della vita umana e cristiana. Ho imparato dagli ultimi.

D. – Il Giubileo della Misericordia sta finendo. Quali sono, secondo lei, i frutti che poi si vedranno pian piano crescere, in futuro, da questo Giubileo?

R. – La Porta Santa chiude. Però il cuore del Signore non si chiude mai. Per me, questa è la grazia dell’Anno di Misericordia: di vedere il cuore di Gesù sempre aperto. ll cuore di Gesù è la via per incontrare i poveri e i poveri sono anche le vie per incontrare Gesù. Questa è una spiritualità, ma non è una spiritualità scritta, espressa solamente in una devozione, ma è una spiritualità che si sperimenta nella vita quotidiana, con gli occhi della fede aperti. Camminiamo con Gesù verso i poveri e camminiamo con i poveri verso Gesù. Per me, questo è il risultato desiderato dell’Anno della Misericordia.

D. – Come presidente della Caritas Internationalis, è spesso in viaggio per andare vicino alle persone che soffrono. Ultimamente è stato tra i terremotati, proprio qui, nel Centro Italia. Che esperienza è stata, per lei?

R. – Dai campi profughi in Grecia e in Libano ai centri dei detenuti immigranti illegali in Libano, dalle vittime del terremoto anche in Giappone e finalmente qui, a Norcia, ho visto la stessa cosa: c’è un volto della sofferenza comune, dappertutto. Però anche volti unici nei vari luoghi. Per me, non basta per un vescovo o un operatore pastorale o per la Caritas, vedere le sofferenze. Le sofferenze ci sono e dobbiamo rispondere adeguatamente. Per me è una missione, anche, della Caritas vedere segni di speranza. Segni di speranza, per esempio, a Norcia: una donna incaricata di una cappella di una frazione della città di Norcia, mi ha detto: “Sono molto triste perché la nostra cappella è parzialmente distrutta; una cappella della memoria e della fede … Ma ho una speranza: che i giovani, i giovani sempre apprezzino le loro eredità culturali e spirituali". L’edificio è crollato, ma la speranza rimane, non solo per il presente ma anche per il futuro. Ricostruire la vita, la speranza e la fede nei giovani è così bello!

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Altre udienze e nomine

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Per le altre udienze e nomine pontificie consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Oggi in Primo Piano



Il vescovo di Aleppo: i cristiani si radunano nonostante le bombe

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La guerra in Siria non ha pause. E' di almeno 25 vittime il bilancio dell’esplosione di un’autobomba a nord di Aleppo contro il quartiere generale di una milizia locale. Sempre ad Aleppo, ieri, un ospedale pediatrico è stato colpito da bombardamenti aerei governativi, secondo la Bbc. Almeno 21 persone sono rimaste uccise, tra cui cinque bambini. In questa situazione tragica, la piccola comunità cattolica resta al fianco della popolazione sofferente e non cessa di riunirsi per pregare per la pace. Ascoltiamo il vescovo caldeo di Aleppo, mons. Antoine Audo al microfono di Alessandro Gisotti

R. – Siamo in una situazione paradossale: da una parte ci sono le bombe, le difficoltà, le sofferenze che si leggono sui volti delle persone, dei bambini; dall’altro lato, nella Chiesa facciamo di tutto per continuare a vivere la fede, stare insieme, celebrare … Qui ad Aleppo ogni settimana abbiamo degli incontri con i catechisti, gli scout Boys, le famiglie … cerchiamo di cogliere ogni occasione per radunarci malgrado le difficoltà.

D. – Cercare di avere dei momenti di normalità in un momento che è tutto fuorché normale: ci riuscite, in qualche modo...

R. – Sì, facciamo in modo di stare insieme. Penso che sia la caratteristica dei cristiani: mettere al centro la Parola di Gesù nel Vangelo, radunarsi nel suo nome e così fare l’esperienza della presenza di Dio, della sua consolazione. E questo ci dà la forza di continuare la nostra vita.

D. – Il Papa creerà cardinale il nunzio in Siria, mons. Zenari. Lui stesso, annunciando questa notizia, ha sottolineato che è il modo che lui trova più forte di far capire quanto sia vicino al popolo siriano. I cristiani in Siria hanno colto così, in questo senso, questo messaggio, cioè che attraverso il cardinale Zenari il Papa è in Siria?

R. – Sicuro! Penso che sia, prima di tutto, un messaggio per il popolo siriano in generale, non soltanto per i cristiani. E devo dire che anche per il governo e per l’opposizione questo è un messaggio molto forte da parte del Santo Padre, per dire che la Chiesa ha fiducia nella pace, nel futuro della Siria. Penso che questo sia il messaggio: nella persona del nunzio che rappresenta il Santo Padre, è un messaggio molto forte per la società in generale, per le Chiese in Siria, sia quella ortodossa sia quella cattolica. Per tutti è un messaggio molto importante.

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Israele: si lavora a sanatoria avamposti ebraici in Cisgiordania

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Il Parlamento israeliano ha approvato la proposta di legge sulla sanatoria retroattiva degli avamposti ebraici in Cisgiordania, eretti anche su terra privata palestinese. Gli avamposti sono alloggi non contigui con gli insediamenti già stabiliti. La proposta - avversata dall'opposizione al governo Netanyahu - è stata criticata dalla leadership palestinese, assieme a Egitto, Giordania e amministrazione Usa. Pur trattandosi di una lettura preliminare, secondo alcuni osservatori, il provvedimento rischierebbe di creare un nuovo motivo di contrasto tra Israele e la comunità internazionale. Se fosse approvato così com'è, ci sarebbe una sanatoria per circa 2500 abitazioni. Marco Guerra ne ha parlato con Janiki Cingoli, direttore del Cipmo, il Centro italiano per la pace in Medio Oriente: 

R. - Va detto subito che questo è un voto preliminare, che deve andare in Commissione e poi deve essere rivotato. Ed è molto improbabile che arrivi a conclusione. Netanyahu da una parte si trova la concorrenza di Bennett, che è alla sua destra e che non gli  vuole lasciare la palma del difensore dei coloni, e d’altra si rende conto che tanto la legge difficilmente potrebbe avere l’approvazione dell’Alta Corte di Giustizia, che ha già detto che la considera illegale. Secondariamente, ha ottenuto il voto favorevole dei moderati del suo governo, con la promessa che poi insabbi la legge. E’ una questione di gioco delle parti.

D.  – C’è stata la stigmatizzazione da parte di quasi tutta la comunità internazionale. Quindi Israele, se vuole andare avanti con la sanatoria delle colonie, rischia di ritrovarsi isolato...

R. – Israele non è mai stato meno isolato di oggi. Perché Israele oggi avrà sostanzialmente un appoggio molto più forte da parte di Trump, la cui figlia si è convertita e ha sposato un ebreo. Trump è inviso all’ebraismo americano, tuttavia rispetto ad Israele - in quanto Stato - le aspettative di Netanyahu verso Trump sono alte. E poi occorre tener presente che Israele in questo momento ha rapporti eccellenti con i russi - c’è stata recentemente anche la visita di Medvedev e gli scambi quasi settimanali di telefonate con Putin - perché c’è un interesse russo ad utilizzare le tecnologie israeliane. Ci sono anche i rapporti di Israele con l’India, con la Cina, anch’esse entrambe interessate alla tecnologia israeliana; poi ci sono tutti i rapporti stabiliti con l'Africa centrale; e, infine, ci sono i rapporti che sono in via di decollo con l’America Latina. Quindi francamente se dovessi dire chi, in questo momento, è isolato sul piano internazionale, direi che lo sono molto di più i palestinesi. Detto questo, poi, è chiaro che Netanyahu sa che ci sono dei limiti e io credo che cercherà di non superarli.

D. -  Resta il fatto che le colonie israeliane nei Territori difficilmente saranno sgomberate...

R. – Qui non stiamo parlando delle colonie, che è un discorso diverso: qui stiamo parlando degli avamposti illegali, cioè degli 'outpost', che sono stati stabiliti al di là delle colonie esistenti e in violazione della 'Road map', che era stata stabilita con l'amministrazione americana, perché dicevano che questi insediamenti dovevano essere demoliti. C’è un’ordinanza di demolizione di uno di questi insediamenti della Corte Suprema e c’è il tentativo di Bennett di sanare questi insediamenti illegali – sono così chiamati – perché costruiti su terra palestinese. Quindi non è in discussione la questione delle colonie: è in discussione il destino degli avamposti al di fuori delle colonie. 

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Yemen. Giallo su tregua annunciata dagli Usa e smentita da Hadi

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Il segretario di Stato americano John Kerry, al termine di una visita negli Emirati Arabi Uniti, aveva annunciato ieri la firma di una tregua per il conflitto in Yemen che, entro la fine dell’anno, avrebbe portato alla formazione di un governo di unità nazionale. La notizia – accolta con grande favore dall’Iran – è stata però poi smentita dal governo filo-saudita del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi. Per capire meglio la situazione nel Paese arabo, Roberta Barbi ha intervistato l’analista dell’Ispi, esperta dell’area, Eleonora Ardemagni

R. – Già in passato c’erano stati dei colloqui informali tra la fazione degli Houthi e di Saleh con l’Arabia Saudita, scavalcando il presidente Hadi. Si era trattato di colloqui informali per mettere in sicurezza il confine tra Yemen e Arabia Saudita. Questo era accaduto qualche mese fa e per un po’ di settimane la guerriglia lungo il confine tra i due Paesi era diminuita, così come erano diminuiti i lanci di razzi della fazione sciita in territorio saudita. La novità di questa trattativa è che per la prima volta, in maniera più formale, gli Houthi e l’Arabia Saudita parlano direttamente e, in modo esplicito, pubblico, il governo ad interim del presidente Hadi viene scavalcato. Questo delegittima ulteriormente il suo ruolo, ma potrebbe paradossalmente portare a una situazione di svolta proprio perché i due attori che in questo momento possono creare un cambiamento nel conflitto sono proprio i sauditi e gli Houthi.

D. - Più volte si è palesata l’ipotesi di un governo di unità nazionale, ma il nodo da sciogliere è sempre la partecipazione dei ribelli sciiti Houthi…

R. - Il governo di unità nazionale - secondo il piano di cui si era parlato qualche settimana fa, il piano che l’inviato dell’Onu aveva proposto - dovrebbe portare a un 'accantonamento' del presidente Hadi che dovrebbe essere sostituito da un vicepresidente, il quale dovrebbe nominare appunto il governo di unità nazionale. Da sempre, Hadi non è riuscito a trovare sostegno sul campo da parte delle tante milizie, prevalentemente sunnite, che si oppongono all’avanzata dei ribelli sciiti, ma che in realtà non sostengono la sua presidenza né un’ipotesi di Yemen unito nel futuro.

D. - Il governo yemenita attualmente in carica, riconosciuto dalla comunità internazionale, in passato ha rifiutato una bozza di accordo proposta dalle Nazioni Unite, giudicata troppo favorevole agli insorti…

R. - Nelle ultime settimane l’inviato dell’Onu è stato criticato sia dalla fazione sciita sia dai filogovernativi. Forse questo è un buon segno, nel senso che le Nazioni Unite stanno cercando di mediare davvero tra le due parti, ma in realtà John Kerry, ancora una volta, si è appoggiato - nei colloqui che ci sono stati in questi giorni  - sull’Oman, un Paese chiave per provare a risolvere la crisi yemenita. Ed è proprio in Oman che sono avvenuti i colloqui tra la fazione degli Houthi alleata con Saleh e i sauditi.

D. - Inquadrando il conflitto in Yemen nell’area, il recente compromesso per l’elezione del presidente libanese può aprire uno spiraglio alla pace?

R. - In realtà il compromesso all’elezione del presidente libanese ha ulteriormente ridotto l’influenza dell’Arabia Saudita in Libano e quindi, a livello regionale, l’Arabia Saudita ha avuto l’ennesima prova che sono gli iraniani, in questa fase, ad avere le carte più favorevoli per giocare nella regione. Infatti il possibile riflesso sullo Yemen è che forse, scavalcando Hadi, i sauditi possono provare a trovare un punto di accordo, un punto di sintesi con gli Houthi per un governo, ma mi chiedo se i sauditi possano davvero rinunciare, per esempio, alla capitale Sana’a che in questo momento è ancora sotto il controllo della fazione sciita.

D. - Dopo l’accordo sul nucleare iraniano, gli analisti si interrogavano sulla solidità dell’appoggio Usa all’Arabia Saudita. Ora, con il cambio alla Casa Bianca, che cosa si profila all’orizzonte?

R. - L’elezione di Trump alla presidenza americana è una grande incognita in particolare per le monarchie del Golfo. Dall’altra parte, le alleanze regionali dell’Arabia Saudita sono sempre più incerte perché ad esempio l’allontanamento politico tra l’Arabia Saudita e l’Egitto è sotto gli occhi di tutti. L’Arabia Saudita sta cercando di stringere, invece, una relazione più forte dal punto di vista militare con la Turchia proprio per provare a fare fronte comune, marcatamente sunnita, che provi a contenere l’Iran in un Medio Oriente che potrebbe diventare sempre più imprevedibile e che quindi potrebbe forzare i sauditi a fare da soli anche dal punto di vista militare.

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Convegno in Amazzonia: fermare distruzione e sfruttamento

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Un importante focus sull’Amazzonia con le sue problematiche politiche, sociali, economiche, culturali e religiose. Se ne discute sino a domani nella città brasiliana di Belem, dove si svolge il Convegno ecclesiale dell’Amazzonia. Con questa iniziativa la Chiesa cattolica ribadisce il suo impegno per la promozione e la difesa della vita degli abitanti e della biodiversità della regione. Cristiane Murray, della nostra redazione brasiliana, sta seguendo il Convegno, a margine del quale ha intervistato don Ezio Borsani, sacerdote fidei donum della diocesi di Milano, da otto anni missionario a Maranao, in Amazzonia: 

R.  – Credo che la nostra Chiesa debba esprimersi davanti alle grandi problematiche che ci sono, che riguardano l'ambiente, l’ecologia, ma non solo: ci sono le politiche del governo brasiliano attuale e anche passato, che stanno distruggendo la vita perché puntano soprattutto allo sfruttamento delle risorse naturali e non vengono considerate, per esempio, i popoli indigeni e le classi sociali meno abbienti. I poveri sono sempre coloro che poi pagano questo modello di sviluppo, che punta solo al guadagno e non a far crescere la vita di tutti, nella giustizia e nella pace.

D. – Quali sono le problematiche più difficili?

R. – Maranao, dove io sto vivendo, ha come grandi sfide un progetto del governo che è lo sfruttamento per l’agroindustria, con la distruzione di questo bioma che è quello che fornisce poi tutte le sorgenti, l’acqua per l’Amazzonia, senza tenere in conto la popolazione. Quindi arrivano queste grandi industrie, ci saranno espropriazioni di terreni, quindi ci sono conflitti per la terra. Le altre problematiche sono legate al fatto che è una zona con pochissimo sviluppo, non c’è lavoro, dipende molto poi dalle condizioni climatiche e quindi ci sono anni, come questi ultimi, con poca pioggia e la gente ha sofferto molto. Dal punto di vista ecclesiale, invece, abbiamo molte forze per un’effettiva pastorale indigenista. Inoltre, abbiamo pochissimi sacerdoti locali e anche poche vocazioni.

D. – In questo senso incontri come questo possono aiutare ad aprire prospettive?

R.  – Sì, soprattutto è arricchente conoscere la realtà, le problematiche e anche gli orientamenti che si seguono nelle varie diocesi dell’Amazzonia e anche l’incontro personale con gli altri vescovi, preti, è sempre molto arricchente. Le situazioni sono sempre in continua evoluzione. E’ un momento anche importante per aggiornarsi sulle varie situazioni e quindi sicuramente è un incontro che farà molto bene a tutti.

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Vescovi Bolivia: legge sul gender contraria a natura umana

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La famiglia, il no all’ideologia del gender, la politica intesa come servizio al bene comune, l’attenzione ai più vulnerabili e la chiusura del Giubileo della Misericordia. Sono questi i temi centrali del Messaggio al popolo di Dio “Misericordiosi come il Padre” scritto dai vescovi boliviani al termine della 102.ma assemblea della conferenza episcopale tenutasi a Cochabamba dal 10 al 15 novembre.

No alla legge sull’identità di genere, contraria alla natura umana
Respingendo la legge sull’identità di genere, che “risponde ad una ideologia che è contraria alla famiglia e alla natura dell’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, maschio e femmina”, i presuli dedicano alla cellula fondamentale della società gran parte della loro attenzione. “Valorizziamo e ringraziamo le tante famiglie che vivono con fedeltà il loro impegno, offrendo una vera testimonianza di amore ai figli e mettendo a disposizione il loro tempo per collaborare con la comunità ecclesiale”.

Misericordia sia visibile nella difesa della famiglia e della vita
“Invitiamo le famiglie a vivere, a partire dalla misericordia, i valori fondamentali umani e cristiani e a riscoprire la gioia dell’amore autentico” come proposto da Papa Francesco. I vescovi della Bolivia si dicono poi preoccupati per quei casi in cui la famiglia soffre la violenza, l’abbandono, la disgregazione e la povertà, materiale e spirituale. Quindi nel documento si esprime gratitudine a tutti coloro, autorità e società civile, che attraverso progetti di edilizia abitativa, servizi di base e altri sforzi hanno aiutato concretamente queste famiglie sofferenti. L’auspicio è che la misericordia si faccia visibile nella difesa della famiglia e della vita umana in tutti i suoi stadi, dal concepimento alla morte naturale.

Appello ad una rinnovata pastorale familiare e prematrimoniale
I pastori della Chiesa cattolica boliviana invocano quindi un rafforzamento della pastorale familiare:  mediante la formazione di operatori preparati a comprendere la vocazione della famiglia cristiana; attraverso una più attenta preparazione prematrimoniale che indichi nella bellezza del sacramento del matrimonio la realizzazione del progetto del Creatore e la partecipazione al mistero pasquale; manifestando vicinanza ai separati, ai divorziati, a coloro che sono stati abbandonati e accompagnando le famiglie con situazioni di fragilità con particolare attenzione al processo abbreviato dei decreti di nullità matrimoniali secondo le indicazioni del Papa. Infine si suggerisce l’istituzione di una “settimana nazionale della famiglia” da celebrarsi la terza domenica di avvento.

Bene comune prevalga su interessi particolari e divisioni
I vescovi boliviani auspicano inoltre una politica al servizio del bene comune, dell’unità nella diversità, del dialogo, denunciando le persistenti divisioni e logiche di scontro e divisione nella società, così come la squalifica e la persecuzione di qualsiasi voce contraria alla maggioranza. Nel documento si denuncia la “complicità in questi conflitti sociali da parte di alcuni cristiani, che non rendono così testimonianza al Vangelo della misericordia. La misericordia – è la raccomandazione – sia sempre la modalità di trattarci gli uni gli altri, imparando a convivere nella verità, nel rispetto, fuggendo la menzogna e l’aggressività.

Femminicidio, tratta, aborto e linciaggi contro sacralità vita umana
Gli interessi particolari – si legge – cedano il passo all’interesse per il bene comune, particolarmente a favore dei più vulnerabili e dei rifiutati. Forte la denuncia del femminicidio, “contrario alla sacralità della vita umana” così come della tratta, dell’aborto, dei linciaggi, e di tutte le forme di violenza persistenti nella società.  “La misericordia – precisano i presuli  – ispiri la pratica della giustizia, spesso  invece strumentalizzata da interessi politici e dalla corruzione”: “l’uso del carcere preventivo senza sentenza definitiva e protratto per lungo tempo –  scrivono – minaccia il diritto alla presunzione di innocenza, dando luogo a condizioni disumane nelle carceri”.

No all’inquinamento, curare la nostra casa comune
La chiusura del Giubileo Straordinario della Misericordia da occasione ai vescovi del Paese latino-americano di tracciare un bilancio dell’Anno Santo: “siamo stati testimoni di molti fratelli che hanno sperimentato l’abbraccio misericordioso del Padre nell’Eucarestia, nella Riconciliazione, nei pellegrinaggi e nelle opere di misericordia”; “tutti abbiamo bisogno della misericordia e tutti siamo chiamati a viverla. Infine preoccupazione viene espressa per il surriscaldamento globale con la raccomandazione ad una cura maggiore della casa comune, evitando ogni forma di inquinamento. Dai vescovi la preghiera a Dio perché conceda al popolo e alla terra della Bolivia di godere dell’acqua, dono e fonte di vita. (A cura di Paolo Ondarza)

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Uruguay. Vescovi: lotta costante contro abusi su minori

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Un impegno permanente per raccogliere le denunce di abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti o persone consacrate, prevenire tali piaghe e fare in modo che non si ripetano più in nessun ambito ecclesiale. Questo in sintesi quanto dichiarato in un comunicato diffuso dalla Conferenza Episcopale dell’Uruguay, al termine della Plenaria svoltasi dal 9 al 15 novembre nella città di Florida. La dichiarazione fa seguito al documento “Perdono e impegno” con il quale lo scorso mese di aprile i vescovi del paese sudamericano si rivolgevano con dolore e vergogna alle persone ferite da tali abusi. I presuli confermano la disponibilità piena ad accogliere, ascoltare ed accompagnare le vittime, indagando e procedendo con il massimo rigore e l’aiuto di professionisti. Le denunce giunte attraverso la linea telefonica attivata dalla Chiesa uruguaiana così come quelle raccolte dai social network e diffuse da un noto programma televisivo – si spiega - sono state immediatamente trasmesse al vescovo del luogo o al superiore competente, nel caso di membri di Congregazioni religiose. Da circa cinque mesi – si precisa – non sono arrivate nuove segnalazioni.

Dolore e vergogna per le vittime degli abusi
In totale sono 44, contando i casi già giudicati e quelli relativi a imputati deceduti, le denunce relative a 40 persone in un arco di 70 anni. Diciotto denunce si riferiscono a fatti accaduti oltre 40 anni fa,  16 i casi registrati tra i 20 e i 40 anni fa, 5 sono databili tra 10 e 20 anni orsono, mentre per altri 5, risalenti agli ultimi 10 anni,  si è dimostrato trattarsi non di abusi su minori, ma di rapporti sessuali con persone maggiorenni. Le 20 denunce  relative a membri di Congregazioni religiose sono già parte di un protocollo di indagine avviato dai rispettivi superiori; le altre 24, riguardanti sacerdoti del clero secolare, sono state consegnate ai rispettivi vescovi per le indagini. In alcuni casi l’indagine non è stata ratificata da chi ha sporto denuncia ed è stata quindi data per chiusa,  invece in altri risalenti a molto tempo fa, le persone hanno preferito non avviare alcun procedimento, chiedendo semplicemente di essere ascoltate dalla Chiesa per ricevere una parola di consolazione e comprensione. Infine vanno citati alcuni episodi in cui è stato dimostrato che la denuncia era senza fondamento. I vescovi dell’Uruguay spiegano poi che vi sono denunce sulle quali si sta ancora indagando e riguardano quattro sacerdoti che sono stati immediatamente allontanati dal loro ministero.

Costituita una Commissione per la prevenzione degli abusi
Guardando al futuro la Conferenza episcopale ha costituito, all’interno del Dipartimento  dell’Educazione Cattolica,  una Commissione per la prevenzione degli abusi sessuali su minori al fine di proporre, in un lavoro congiunto con il Centro di Prevenzione del Vaticano, normative che garantiscano  ambienti sicuri in parrocchie e luoghi educativi. Ai fini della prevenzione sono stati avviati corsi con esperti della Chiesa del Cile rivolti a vescovi, sacerdoti ed educatori.

Una giornata penitenziale per chiedere perdono alle vittime di abusi
Rispondendo all’invito rivolto da Papa Francesco a tutte le Conferenze episcopali del mondo, la Chiesa dell’Uruguay ha quindi deciso di celebrare la Giornata Penitenziale per chiedere perdono alle vittime degli abusi il prossimo primo marzo, mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima.

Impegno della Chiesa per l’educazione e la lotta alla violenza
Tra gli altri temi al centro della plenaria dei vescovi dell’Uruguay ed oggetto di un comunicato separato, vanno segnalati l’educazione e la lotta alla violenza. Nel primo caso i presuli con il contributo dell’AUDEC, Associazione uruguaiana dell’educazione cattolica, riferiscono che l’80% dei collegi cattolici si trova in quartieri popolari e che sono 161 i progetti di educazione non formale rivolti dalla Chiesa a 15mila, tra bambini e adolescenti. Trattando il tema della violenza in vari ambiti della vita cittadina,  i vescovi invece ne evidenziano alcune cause: prima fra tutte la cultura attuale che non favorisce la ricerca di un significato della vita , la scoperta della bellezza e della pienezza alle quali siamo stati chiamati. “Chi non trova il senso della propria vita – scrivono i pastori uruguaiani – resta prigioniero tra la ricerca di distrazione  e l’inevitabile insoddisfazione personale”. I vescovi auspicano quindi coesione, fraternità  e pace in una società frammentata; chiedono che la dignità della persona umana sia posta al centro di ogni iniziativa economica, sociale e politica. Allo Stato la Conferenza episcopale raccomanda l’attenzione alla sicurezza pubblica e gli sforzi per lo sviluppo sociale e il superamento delle disuguaglianze. “Le leggi – è la raccomandazione – si basino sulla legge naturale che ha il suo centro nel rispetto della persona e della vita umana”.

In preparazione la visita ad Limina nel 2017
Nel comunicato finale della Plenaria, la Conferenza episcopale annuncia il tema del prossimo anno pastorale, “Sono io che ti parlo” tratto dal dialogo di Gesù con la Samaritana, la convocazione a Montevideo, a novembre 2019, del V Congresso Eucaristico Nazionale e saluta positivamente il Congresso della famiglia a cui hanno partecipato lo scorso mese di ottobre oltre 800 persone. I vescovi annunciano anche la preparazione della visita ad Limina prevista per il 2017. (A cura di Paolo Ondarza)

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Padre Gaetani confermato presidente della Cism

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La Conferenza Italiana Superiori Maggiori, riunita dal 13 novembre a Rimini per l’annuale assemblea generale sul tema “Riorganizzazione Province, esperienze, criteri e prospettive”, ha confermato come suo presidente padre Luigi Gaetani, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, eletto quattro anni fa ad Acireale. Padre Luigi è nato a Gallipoli il 15 agosto 1959 ed è sacerdote dal 1989. Ha frequentato le facoltà teologiche al San Luigi di Napoli e al Teresianum di Roma, conseguendo poi la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, con una tesi su “La coscienza di Gesù davanti alla morte nella tradizione sinottica”. E’ stato professore ordinario di Cristologia, di Metodologia teologica e di Teologia della Vita Consacrata dal 1987 al 2003 presso lo Studio interreligioso Santa Fara, affiliato all’Antonianum di Roma. Nel suo Ordine religioso è stato maestro dei postulanti e degli studenti, nonché e consigliere  provinciale per la zona di Napoli. (A cura di padre Egidio Picucci)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 322

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.