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Sommario del 22/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: la morte non fa paura se siamo fedeli al Signore

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“La fedeltà al Signore non delude”: anche al momento della nostra morte e del Giudizio di Dio, se saremo stati fedeli, non avremo paura. E’ quanto ha affermato Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha messo in guardia dall’inganno dell’”alienazione” del vivere cioè, “come se mai si dovesse morire”, invitandoci invece a pensare a quale “traccia lascia la nostra vita”. Il servizio di Gabriella Ceraso

“Una chiamata del Signore a pensare sul serio alla fine”, “la fine di ognuno di noi, perché ognuno di noi avrà la sua fine”. E’ così che il Papa legge la riflessione cui la Chiesa conduce nell’ultima settimana dell’Anno Liturgico.

Pensiamo alla traccia che lascia la nostra vita
”Non piace pensare a queste cose” osserva ” ma c’è la verità”. “E quando uno di noi se ne sarà andato, passeranno gli anni e quasi nessuno ci ricorderà”. Io ho “un ‘agenda”, rivela Francesco, “dove scrivo quando muore una persona” e ogni giorno vedo quella “ricorrenza” e “come è passato il tempo”. “E questo ci obbliga”, indica, a pensare a cosa lasciamo, a qual è la “traccia” della nostra vita. E dopo la fine, come si racconta nella pagina odierna dell’Apocalisse di Giovanni, ci sarà il giudizio per ciascuno di noi:

“E ci farà bene pensare: Ma come sarà quel giorno in cui io sarò davanti a Gesù? Quando Lui mi domanderà sui talenti che mi ha dato, che ne ho fatto; quando Lui mi chiederà come è stato il mio cuore quando è caduto il seme, come un cammino o come le spine: quelle Parabole del Regno di Dio. Come ho ricevuto la Parola? Con cuore aperto? L’ho fatta germogliare per il bene di tutti o di nascosto?”.

Tutti saremo giudicati: no all'inganno dell'alienazione
Ognuno di noi dunque sarà davanti a Gesù nel giorno del giudizio, quindi, mette in guardia il Papa, riprendendo le parole del Vangelo di Luca, “non lasciatevi ingannare”. E l’inganno di cui parla è l’"alienazione”, “l’estraniazione”, l’inganno delle “cose che sono superficiali”, che “non hanno trascendenza”, l’inganno del “vivere come se mai dovessi morire”. “Quando verrà il Signore”, si chiede, “come mi troverà? Aspettando o in mezzo a tante alienazioni della vita?":

“Io ricordo che da bambino, quando andavo al catechismo ci insegnavano quattro cose: morte, giudizio, inferno o gloria. Dopo il giudizio c’è questa possibilità. ‘Ma, Padre, questo è per spaventarci…’. – ‘No, è la verità! Perché se tu non curi il cuore, perché il Signore sia con te e tu vivi allontanato dal Signore sempre, forse c’è il pericolo, il pericolo di continuare così allontanato per l’eternità dal Signore’. E’ bruttissimo questo!”.

Non avremo paura della morte se saremo fedeli al Signore
E’ dunque questa la riflessione a cui nuovamente il Papa richiama tutti: pensare a come sarà la nostra fine e a cosa avverrà davanti al Signore. E la conclusione per rifuggire anche dalla paura di quel momento, ancora una volta Francesco la trae dalla lettura odierna dell’Apocalisse di Giovanni, ed è il consiglio dell’Apostolo, “Sii fedele fino alla morte – dice il Signore – e ti darò la corona della vita”:

“La fedeltà al Signore: e questo non delude. Se ognuno di noi è fedele al Signore, quando verrà la morte, diremo come Francesco ‘sorella morte, vieni’…Non ci spaventa. E quando sarà il giorno del giudizio, guarderemo il Signore: ‘Signore ho tanti peccati, ma ha cercato di essere fedele’. E il Signore è buono. Questo consiglio vi do:‘Sii fedele fino alla morte -  dice il Signore - e ti darò la corona della vita’. Con questa fedeltà non avremo paura alla fine, alla nostra fine non avremo paura il giorno del giudizio”.

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Di carattere mariano i temi scelti dal Papa per le prossime Gmg

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Sono dedicati a Maria i temi scelti dal Papa per le Giornate Mondiali della Gioventù del prossimo triennio: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49) per la 32.ma Giornata del 2017; “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio” (Lc 1,30) per la 33.ma Giornata del 2018 ed “Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38) per la 34.ma Giornata internazionale in programma nel 2019 a Panama. Il servizio di Roberto Piermarini

"Il cammino spirituale indicato dal Santo Padre - rende noto il comunicato del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita - prosegue con coerenza la riflessione avviata con le ultime tre Giornate Mondiali della Gioventù (2014-16), incentrate sulle Beatitudini. Come sappiamo, Maria è colei che tutte le generazioni chiameranno beata (cfr. Lc 1, 49). Nel discorso preparato per l’incontro con i volontari della Gmg di Cracovia, Papa Francesco illustrava gli atteggiamenti della Madre di Gesù indicandola come modello da imitare. Poi, parlando a braccio in quell’occasione, il Santo Padre ha invitato i giovani a far memoria del passato, avere coraggio nel presente e avere/essere speranza per il futuro.

I tre temi annunciati - spiega la nota - mirano dunque a dare all’itinerario spirituale delle prossime Gmg una forte connotazione mariana, richiamando al tempo stesso l’immagine di una gioventù in cammino tra passato (2017), presente (2018) e futuro (2019), animata dalle tre virtù teologali: fede, carità e speranza. Il cammino proposto ai giovani mostra anche un’evidente sintonia con la riflessione che Papa Francesco ha affidato al prossimo Sinodo dei vescovi: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale".

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Bregantini: Francesco ci esorta a vivere tempo della Misericordia

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“Come desidero che gli anni a venire siano pieni di misericordia, perché ogni persona incontri la bontà e la tenerezza di Dio!” E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex. Parole che arrivano all’indomani della pubblicazione della Lettera “Misericordia et Misera” per la conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia. Proprio sul contenuto di questo documento del Papa, che ha suscitato l’interesse dell’opinione pubblica a livello mondiale, Alessandro Gisotti ha intervistato mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano: 

R. – Essenziale, bella! Raccoglie tutta la forza giubilare dentro tre parole, che mi sono sembrate veramente meravigliose: la prima è ringraziare, perché è stata veramente una benedizione; la seconda è celebrare; e la terza è vivere. Queste tre parole percorrono tutto il documento. Il grazie ovviamente è dato soprattutto nella prima parte. Si sente veramente la gioia di ogni pastore, di ogni prete, delle porte che anche io ho aperte: io ne ho aperte ben 14, come le opere di misericordia! Poi c’è la parola celebrare, con il fascino che ha specialmente il dono della Confessione, con il paragrafo 12 che passerà veramente alla storia, con questo superamento dei vincoli delle confessioni che è stata una cosa stupenda. E poi quel testimoniare attraverso il valore sociale della misericordia, che ha un fascino stupendo. Vedi veramente che quello che si è seminato è diventato frutto, è diventato albero, ma è all’interno della Chiesa e della società.

D. – Papa Francesco sottolinea che nessun peccato è così grande da ostacolare l’abbraccio del Padre e quindi il perdono. Questo viene poi declinato nella vita di ogni persona. E - come ovviamente sappiamo - c’è stata una grande attenzione per quanto riguarda l’aborto…

R. – Una scelta che ci ha stupito, ma che ci ha fatto esultare: si è capito che la gravità è sottolineata, ma ha una spaziatura più ampia. Non fissarsi sull’aborto, ma entrare anche in gioco nei “peccati sociali”, nella mafia, nella droga; In fondo a dire: ogni peccato è intriso di morte, ma è anche vero che la misericordia, che è intessuta di grazia, è più forte di ogni peccato! Per cui il valore redentivo dell’Anno della Misericordia è dare ad ogni realtà la possibilità di cambiare, di spaziare, di vivere anche il dramma della morte. Bello quel paragrafo sulla morte e nella parola consolazione; come pure molto importante aver rilanciato il tema della Parola: che cose belle ha scritto! L’àncora della Parola, la Giornata della Parola, insieme alla Giornata dei poveri. Ecco, le due giornate che resteranno sono queste: la Giornata dei poveri prima della Solennità di Cristo Re e la Giornata della Parola, di cui ogni diocesi dovrà scegliere la data. Saranno, le 24 ore per il Signore e i gesti di misericordia che ogni sacerdote può dare, un ricamo di grazia e di benedizione!

D. – Questa Lettera, come ovviamente lo stesso Giubileo, implica una grande responsabilità per i cristiani, per i pastori, per i sacerdoti ovviamente. Viene sottolineato l’aspetto della Confessione, ma ovviamente anche dei laici…

R. – Sui preti ha dato cinque aggettivi che sono un capolavoro. Ci ha chiesto di essere accoglienti, solleciti, generosi, chiari e lungimiranti e questo è un aggettivo che non è mai stato usato nei confronti della Confessione e cioè di chi coglie che basta un cenno per far diventare pienezza, che basta un inginocchiarsi davanti al confessore e le condizioni poi si maturano insieme. Non pretende che tutto sia pronto, ma accompagnare! E poi questo tempo in cui la povertà viene messa al centro come tempo della misericordia vera e chiede che anche i laici attivino attorno a sé una serie di iniziative con la realtà della Chiesa gerarchia, perché tutta la Chiesa sia pienezza.

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Carità del Papa: on line nuovo portale dell’Obolo di San Pietro

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Un nuovo sito web per la carità del Papa. Da ieri, 21 novembre, è on line il portale dell’Obolo di San Pietro, raggiungibile su www.obolodisanpietro.va. Alla colletta che tradizionalmente si svolge in tutto il mondo cattolico in concomitanza della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e rappresenta l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre per le necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi si aggiunge ora la possibilità di una più estesa partecipazione.

La solidarietà del Papa anche via Internet grazie a Governatorato, Ior e Segreteria per la Comunicazione
Oggi – rende noto la Segreteria di Stato – l’antica iniziativa di solidarietà sbarca su Internet, attraverso un sito dedicato e completamente nuovo, disponibile da subito in italiano, inglese e spagnolo. Il portale sarà aggiornato con immagini e parole di Papa Francesco e presto sarà tradotto in altre lingue. Nato per volontà della Santa Sede, il sito è il frutto di una importante sinergia tra Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Segreteria per la Comunicazione e Istituto per le Opere di Religione.

Uno strumento per conoscere e approfondire il significato delle opere di misericordia
Oltre ai contenuti, grande accuratezza è stata rivolta alla cura tecnica e alla navigabilità del sito, rivolto ai fedeli di tutto il mondo, che potranno così approfondire i significati del loro gesto e offrire, anche on line, il loro apporto concreto alle opere di misericordia, di carità cristiana, di pace e di aiuto alla Santa Sede.

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Udienze e nomine di Papa Francesco

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Consulta le udienze e nomine di Papa Francesco nel Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Da giovedì il Simposio sull'escatologia della Fondazione Ratzinger

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“Escatologia: analisi e prospettive”, è su questo tema che si terrà giovedì e venerdì prossimi, all’Università della Santa Croce a Roma, il VI Simposio internazionale promosso dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. Si tratta di uno degli appuntamenti più importanti della Fondazione a cui parteciperanno eminenti studiosi, biblisti e teologi, tra cui anche due rabbini: Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma e da Gerusalemme, Moshe Idel. A conclusione del Convegno ci sarà la consegna del Premio Ratzinger assegnato quest’anno a mons. Inos Biffi, teologo di lunga e feconda carriera, e al prof. ortodosso greco, Ioannis Kourempeles. Sui due prossimi eventi, Adriana Masotti ha intervistato padre Federico Lombardi, presidente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI: 

R. - Una delle attività principali della Fondazione è proprio quella di promuovere, in collaborazione con delle facoltà teologiche, con delle università cattoliche, dei convegni di valore scientifico, di approfondimento su temi che siano anche interessanti dal punto di vista della teologia di Joseph Ratzinger, di Benedetto XVI. E l’escatologia è appunto una di queste grandi tematiche, perché il professor Joseph Ratzinger si occupò molto approfonditamente dei temi dell’escatologia, già quando era professore universitario, e poi anche ha continuato ad occuparsene quando era Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede. E anche da Papa: l’Enciclica Spe salvi ci parla con molta profondità dei temi della speranza cristiana e della vita eterna. Ora, la questione dell’escatologia, che vuol dire appunto le questioni ultime della nostra vita e della nostra storia, la vita eterna, la morte, il giudizio, sono temi che sono stati spesso lasciati un po’ da parte perché non sono facili da affrontare ma che ci toccano vitalmente, in un modo estremamente profondo, perché il tema del termine della nostra vita, del senso della nostra vita, della vita al di là della morte è qualcosa di estremamente importante e nella vita cristiana è un aspetto che non può assolutamente essere tralasciato. Riprendere queste tematiche e studiarle approfonditamente, sia nel pensiero di Joseph Ratzinger, sia nel Nuovo Testamento e nell’Antico Testamento, è lo scopo di questo convegno. Faccio notare che sono stati invitati a partecipare, oltre a biblisti e teologi di qualità, anche alcuni rabbini: per esempio, il dottor Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, parteciperà per parlare del pensiero rabbinico sull’escatologia, sulle ultime realtà; e anche da Gerusalemme viene uno studioso molto famoso, il prof. Moshe Idel, dell’Università Ebraica, che sarà una delle voci veramente autorevoli di questo convegno. Da parte della Fondazione Ratzinger come tale, partecipano tre cardinali che sono membri del Comitato scientifico della Fondazione, cioè il cardinale Amato per la inaugurazione e il cardinale Koch e il cardinale Ravasi, che terranno delle relazioni importanti nel corso del convegno.

D. – Di questo tema si parla anche nell’ultimo libro intervista “Ultime conversazioni” di Benedetto XVI, soprattutto dal punto di vista personale…

R. – Sì, è molto vero. Una delle cose che vanno rilevate nella teologia di Ratzinger è che è una teologia profondamente vissuta anche dal punto di vista spirituale, non è una teologia solo concettuale, astratta, fatta un po’ di parole, ma è vissuta. E proprio in questo periodo ultimo della vita, in cui il Papa emerito, come ci ha spiegato, si prepara all’incontro con Dio, naturalmente questi temi sono di grande importanza per lui e tornano alla sua mente. Nelle “Ultime conversazioni” si vede che questo studio della teologia che egli ha compiuto, riferendosi proprio alle questioni ultime, è in continuità con la sua esperienza esistenziale e spirituale, anche in questo ultimo tempo della sua vita. Quindi si tratta di una teologia che è vissuta nella fede ed è collegata all’esperienza cristiana. Questo lo si riscontra molto profondamente in tutto il modo di pensare e di parlare di Ratzinger - Papa Benedetto XVI. La sua, come è stato notato anche da Papa Francesco, è una teologia “in ginocchio”, una teologia “orans”, profondamente intessuta di preghiera e di fede.

D. -  Al termine del Simposio, ci sarà la consegna del Premio Ratzinger 2016 che quest’anno verrà dato a mons. Inos Biffi e a Ioannis Kourempeles. Il motivo di questa scelta…

R. – Il Premio Ratzinger giunge alla sua sesta edizione. E’un premio che intende essere un riconoscimento per un lavoro serio di studio della teologia e questa il Papa Benedetto XVI desiderava che fosse una delle finalità della Fondazione: promuovere, quindi anche riconoscere il valore dello studio della teologia con questo premio. E’ stato dato sempre su proposta del Comitato Scientifico della Fondazione, che attualmente è costituito dai cardinali Amato, Koch, Ravasi, e dall’arcivescovo Ladaria. Questo Comitato ogni anno propone al Papa due eminenti studiosi per questo premio. Finora sono stati dati - comprendendo anche quest’anno - 13 premi a studiosi di 11 Paesi diversi. Questo significa che il Comitato si è impegnato a cercare di allargare lo sguardo sul lavoro della teologia nel mondo anche nei diversi Paesi, nelle diverse regioni e situazioni, e anche al di là dei confini della Chiesa cattolica, perché già in passato uno dei premi era stato consegnato a un anglicano, e quest’anno viene consegnato anche a un ortodosso, perché il professor Kourempeles è ortodosso greco. Come sono state individuate queste due personalità dal Comitato scientifico? Mons. Biffi è un teologo anziano, è al termine di una lunghissima carriera di ricerca teologica estremamente feconda, ricca di pubblicazioni, e ha insegnato alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale, alla Facoltà teologica di Lugano, è membro di accademie, dell’Accademia di teologia, dell’Accademia San Tommaso, grande studioso di San Tommaso e della storia della teologia nel Medioevo e un po’ in tutte le diverse epoche. Quindi è una figura estremamente autorevole nel campo degli studi teologici e questo riconoscimento si riferisce a tutto il lavoro svolto nella sua vita. Per il professor Kourempeles il criterio è stato differente, nel senso che si tratta di una persona più giovane - ha 50 anni, più o meno – quindi non ha il curriculum di pubblicazioni che può avere Inos Biffi, però è una persona già impegnata con ottimi risultati nel campo della teologia, ad esempio ha a suo attivo una pubblicazione importante su Romano il Melode, e in particolare è una persona che sta orientando e ha orientato già la sua riflessione anche sul pensiero di Joseph Ratzinger, specificamente riconoscendone la fecondità e l’interesse anche nell’ambito della teologia orientale, quindi dell’incontro del pensiero dell’oriente con l’occidente. Proprio questo aspetto di specifica competenza e approfondimento del pensiero di Joseph Ratzinger ha fatto pensare al Comitato scientifico che fosse ben adatto per il Premio, sia per incoraggiare la prosecuzione dei suoi studi e della sua ricerca teologica, sia per continuare  anche l’approfondimento di questo dialogo teologico con il pensiero di Ratzinger da parte sua e dei suoi collaboratori. Il professor Kourempeles, infatti, ha già partecipato negli anni passati a uno degli incontri del “nuovo” Ratzinger Schülerkreis, cioè il nuovo circolo degli studiosi del pensiero di Ratzinger, con una relazione importante su questi temi. Ecco quindi il motivo per cui, allargando lo sguardo si è pensato di dare il premio anche a un teologo della Grecia, un teologo ortodosso, che ha manifestato, oltre al valore dei suoi studi finora compiuti, interesse e impegno nell’approfondimento della figura e del pensiero di Joseph Ratzinger.

D. - Quindi il pensiero di Joseph Ratzinger suscita ancora interesse, anzi allarga i suoi orizzonti di studio e di approfondimento. E la Fondazione quindi è in piena attività?

R.  – I convegni teologici annuali e il Premio sono le due cose più evidenti, i due appuntamenti più rilevanti. Però la Fondazione, proprio perché è stata voluta da Benedetto XVI per la promozione dello studio e della ricerca teologica, dà anche ogni anno delle borse di studio a dottorandi in teologia, Sacra Scrittura e discipline connesse. Sono borse per studi di approfondimento, di dottorato, e ogni anno ne diamo almeno 10. E poi ci sono anche altre attività, come il sostegno di una biblioteca specializzata su Joseph Ratzinger e gli studi su di lui, che si colloca all’interno della Biblioteca del Collegio Teutonico in Vaticano: la Fondazione sostiene con contributi l’acquisto, l’arricchimento graduale di un fondo librario che è già di tutto rispetto, specializzato sul tema di Joseph Ratzinger e della sua teologia. E attorno a questa biblioteca si può creare anche un gruppo di studio e di interesse, si incontrano dei dottorandi e noi favoriamo l’incontro, la conoscenza, lo scambio di idee fra tutti  coloro che si interessano in questi studi. C’è stato anche un corso di Master su Joseph Ratzinger e la sua teologia presso l’Istituto Augustinianum che però terminerà con questo semestre, e poi ci sono attività di contatti e collaborazioni con altre istituzioni connesse con il pensiero di Ratzinger, che curano l’Opera Omnia in tedesco e in italiano, come i due Ratzinger Schülerkreis – “vecchio” e “nuovo” - e l’Istituto di Studi Ratzinger di Ratisbona.

D. – Lei ha avuto occasione di parlare con il Papa emerito di tutto questo, di discutere  queste attività? Quanto segue l’opera della Fondazione e come?

R.  – Naturalmente, sì, ho molto desiderato di parlarne con lui e questo è avvenuto nel mese di settembre nel corso di un bellissimo colloquio. Sono sempre molto emozionanti i colloqui con il Papa emerito! E lui mi disse molto brevemente e semplicemente, ma chiaramente e profondamente, qual era un po’ l’intuizione che stava dietro questa Fondazione che, ricordiamo, è stata costituita con i proventi dei diritti d’autore dei libri di Joseph Ratzinger, che egli ha destinato in parte a questa Fondazione per promuovere lo studio della teologia, che è stata una delle dimensioni fondamentali della sua vita. Mi disse dunque in quel colloquio una cosa che mi colpì molto, disse: “Bisogna favorire e incoraggiare lo sviluppo della teologia dal suo interno”, cioè la teologia cresce e si sviluppa, si mantiene, sviluppa nuovi orizzonti se svolge una sua ricerca rispondendo alla sua vocazione di riflessione sulla fede nella Chiesa in un modo profondo, in un modo ecclesiale; ma non si può pensare di aiutare tanto la teologia con delle misure e degli orientamenti esterni ad essa, di carattere disciplinare o altro. E’ la teologia stessa che va aiutata a trovare, all’interno della sua dinamica e della sua vocazione, la bellezza del suo servizio per la Chiesa e per la fede e la sua fecondità. E’ una visione estremamente positiva quella del Papa emerito e che noi cerchiamo di fare nostra, aiutando - con le risorse che abbiamo, che sono limitate ma non disprezzabili - iniziative, convegni, studiosi, pubblicazioni, così che si incoraggi e si manifesti apprezzamento per uno sviluppo positivo della teologia.

D. – Quali sono i prossimi appuntamenti della Fondazione?

R. – Ci sono molte cose all’orizzonte. Per esempio, in dicembre verrà presentato all’Università Gregoriana, nell’Aula magna, un nuovo volume dell’Opera Omnia di Ratzinger in italiano, dedicato al Concilio Vaticano II, che è molto interessante perché aiuta a capire bene quale è stato il contributo di Ratzinger al Concilio Vaticano II, dove, come sappiamo, era esperto al seguito del cardinale Frings e ha avuto un ruolo molto significativo. E questo volume ci dà tutti gli elementi per capirlo profondamente. Poi stiamo appoggiando per l’anno prossimo un Convegno in collaborazione con l’Università Gregoriana su San Bonaventura, nell’ottocentesimo anniversario della nascita di San Bonaventura, e in questo convegno verrà anche sviluppato lo studio di Ratzinger su San Bonaventura, che è stato oggetto della sua dissertazione per l’abilitazione ed è connesso alla sua idea di “rivelazione”, che lo ha condotto a contribuire al Concilio sul rapporto tra Scrittura e tradizione. Sono temi estremamente importanti e ci sarà anche un nuovo volume dell’Opera Omnia, appunto su San Bonaventura, che verrà pubblicato l’anno prossimo. Poi c’è un convegno in Costa Rica nel dicembre 2017, in collaborazione con l’Università cattolica del Costa Rica, che invece sarà centrato sulla tematica “ecologica”, della cura della Creazione in Benedetto e in Francesco, a due anni dalla Enciclica Laudato si’ : è infatti un tema che Benedetto aveva già sviluppato molto profondamente. Infine abbiamo cominciato a riflettere anche ad un altro convegno importante, in collaborazione con la Lumsa, nel 2018, sui fondamenti del diritto, sul pensiero giuridico di Benedetto; io ricordo in particolare l’importantissimo discorso che egli fece al Parlamento tedesco su questo tema, riflettendo sui limiti del positivismo giuridico e su quali possono essere i fondamenti del diritto: un discorso che rimane un riferimento importante e che va ripreso e sviluppato. Quindi ci sono temi molto grandi su cui si può lavorare nei prossimi anni. Tra l’altro vedo che l’interesse per la figura e per il pensiero del Papa emerito è molto grande, ci sono diverse pubblicazioni che stanno uscendo - biografie, studi sul pontificato - e mi dicono che tra i dottorandi delle facoltà teologiche romane i due autori che riscontrano più interesse sono attualmente Von Balthasar e Ratzinger. C’è evidentemente un apprezzamento e una comprensione del valore grande della teologia di Ratzinger, un valore non solo momentaneo ma di lungo corso nella Chiesa.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Rimbocchiamoci le maniche: intervista all'arcivescovo Fisichella sul giubileo.

Rembrant in Vaticano: i contributi del cardinale Kurt Koch, Arnold Nesselrath e di Peter van der Coelen.

Memoria viva: Anna Foa sull'accordo tra il Marocco e il Memorialwe de la Shoah di Parigi.

L'eroismo del Cechov d'Irlanda: Gabriele Nicolò ricorda lo scrittore William Trevor.

Scrivere a tre dimensioni: Francesca Biasetton sull'arte della calligrafia dall'antichità a Steve Jobs.

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Oggi in Primo Piano



Usa: Trump annuncia misure per i primi 100 giorni alla Casa Bianca

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Il neo Presidente americano, Donald Trump, a due mesi dall’insediamento del 20 gennaio prossimo, rende noto il piano dei primi 100 giorni alla Casa Bianca. In un videomessaggio ha annunciato, tra gli altri, interventi su restrizione dei visti di ingresso negli Stati Uniti, lavoro e ripresa della produzione energetica. Sul fronte commerciale spicca la volontà di uscire dai negoziati su Partenariato Transpacifico, da sostituire con accordi bilaterali equi. Nessun cenno al muro col Messico e alla riforma del piano sanitario di Obama. Giancarlo La Vella ha intervistato Luciano Bozzo, docente di Studi Strategici e Relazioni Internazionali all’Università di Firenze: 

R. – Diciamo che non c’è niente di nuovo rispetto a quello che Trump aveva sostenuto, a più riprese, durante la campagna elettorale. Si tratta di vedere se e quanto gli Stati Uniti potranno davvero realizzare questi intenti, nel senso che – ad esempio – essi potrebbero andare a colpire la capacità e la possibilità di consumo di beni a basso costo e quindi ritorcersi, in qualche maniera, contro gli stessi interessi americani e la volontà di mantenere elevato il tasso di consumo.

D. – Donald Trump e con lui tutti coloro che lo hanno votato avvertono che, in questo momento, gli Stati Uniti sono sotto attacco…

R. – Sì, Trump ha colto questo senso di timore che indubbiamente è presente nella società americana e quindi questa percezione profonda di insicurezza e vuole in qualche maniera rassicurare il proprio elettorato.

D. – Nessun cenno ai rapporti con l’Europa…

R. – E’ abbastanza evidente a tutti gli osservatori che l’Europa è un attore secondario, ammesso che la si possa definire un attore unitario. Trump non si preoccupa particolarmente del rapporto con l’Europa: l’Europa, per lui, pare rappresentare una sorta di fastidio, più che un problema. Quello che pare interessare soprattutto Trump, nel rapporto con l’Europa, è cercare di redistribuire, a vantaggio ovviamente degli Stati Uniti, i costi per la difesa comune e quindi per la Nato: ad oggi gli Stati Uniti, da soli, si fanno carico di oltre il 70% del bilancio dell’Alleanza Atlantica, ma ovviamente non hanno i due terzi del prodotto interno lordo dei Paesi membri e quindi vogliono giungere ad una ripartizione del peso economico derivante dalla spesa militare per l’Alleanza.

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Colombia: è ancora 'no' all'accordo di pace con le Farc

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Continua la grave situazione di stallo in Colombia dove, dopo sei ore di colloqui, l’opposizione ha detto no al nuovo accordo di pace raggiunto a metà novembre tra i negoziatori del governo e quelli delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie. Una prima intesa, raggiunta a Cuba alla fine di agosto, era stata bocciata dai cittadini in un referendum il 2 ottobre scorso. Francesca Sabatinelli ha intervistato il giornalista Alfredo Somoza, Presidente dell’Icei, Istituto Cooperazione Economica Internazionale: 

R. – Lo scenario è ancora una volta molto incerto, perché si sosteneva che tra governo e fronte del “no” (l’opposizione ndr) ci sarebbe stato un accordo definitivo per portare questo secondo accordo in Parlamento e lì convalidarlo. E’ saltato, questo dialogo, per questioni anche di merito e di forma, nel senso che il governo voleva che in Parlamento non si potessero modificare gli accordi, inoltre non ha voluto che il fronte del “no” incontrasse i dirigenti delle Farc che, nel frattempo, sono rientrati tutti a Bogotà per firmare l’accordo. Il fronte del “no” voleva anche incontrare gli esponenti, su questo il governo ha messo il veto, il negoziato è saltato e quindi torniamo alle due ipotesi che c’erano in partenza, cioè quella del governo per il quale in caso di accordo in Parlamento basta quello per convalidarlo, e quella dell’opposizione che, invece, è tornata a dire che qualsiasi accordo si faccia si deve passare di nuovo per un referendum, ciò che il governo di Santos vorrebbe evitare, considerando che ha una maggioranza autonoma alla Camera, mentre al Senato è in coalizione. Bisogna capire la tenuta del fronte delle forze politiche che sostengono il Presidente Santos.

D. – Su quali punti dell’accordo rigettato si è intervenuti per arrivare al testo attuale?

R. – Del pacchetto di critiche che avanzava il fronte del “no”, il nuovo accordo ne ha accolto – secondo gli esperti colombiani – tra il 70% e l’80%. Sono cambiate diverse cose, l’accordo non va scritto in Costituzione; i reati di narcotraffico vengono visti volta per volta dal giudice; non ci saranno giudici stranieri ma tutto passa per la giustizia locale, eccetera. Quello che invece non hanno concesso le Farc, e quindi il governo nella mediazione non ha potuto portare a casa rispetto al fronte del “no”, riguarda: il carcere duro per le persone, per i dirigenti che si sono macchiati di reati molto gravi, che continueranno a non andare in carcere;  un’altra cosa che non è stata raggiunta è sull’eleggibilità di questi leader delle Farc che, anche se macchiati di reati gravi, nelle prossime elezioni potranno essere candidati al Parlamento. Ricordiamo che gli accordi prevedono 5 seggi garantiti al Senato e 5 seggi garantiti alla Camera, a prescindere dal risultati, quindi sostanzialmente i dirigenti delle Farc diventerebbero tutti parlamentari con l’immunità. Sono fondamentalmente questi due i punti, c’è ne è un terzo,  ossia che i reati collegati al narcotraffico non sono stati totalmente stralciati, resta cioè a discrezione del giudice collegarli o no agli altri reati. Sono questi i punti centrali per il fronte del “no”, sui quali il nuovo accordo ha sorvolato, è quindi ovvio che sia molto difficile che un gruppo come le Farc, che sta negoziando, possa accettare che i suoi dirigenti vadano in galera il giorno dopo aver firmato l’accordo. Perché, sostanzialmente, se passassero tutte le richieste del “no”, le Farc si auto-condannerebbero ad andare in galera, come dirigenti.

D. – Oggi, se si dovesse tornare al referendum, i cittadini cosa sceglierebbero?

R. – I cittadini si sono spaventati del risultato. C’è stato un ripensamento successivo, ma quello che è stato chiaro fin dal primo momento è che i cittadini non erano contrari alla pace, ovviamente, ma erano contrari all’accordo così come era formulato. E da questo punto di vista, la vittoria del “no” , e la successiva modifica degli accordi, hanno mostrato che effettivamente l’Accordo avrebbe potuto essere un po’ meno vantaggioso per le Farc di come era stato proposto. Detto questo, la sensazione che prevale in Colombia, a questo punto, è la preoccupazione, perché la Colombia è il Paese americano con l’economia più dinamica, con un grande tasso di crescita, gli accordi avevano ovviamente ulteriormente entusiasmato gli investitori internazionali. Portare avanti una conflittualità di questo tipo, sicuramente non fa bene al Paese. Quindi, fermo restando che ai colombiani non sono simpatici i leader delle Farc, arrivati a questa seconda ipotesi di accordo, molto ragionevolmente dovrebbero essere soddisfatti, almeno una buona parte di chi ha votato “no” alla prima tornata. Se si capisce che non ci sono i numeri per avere una convalida di questo accordo in Parlamento, l’ultima carta che rimane è sicuramente quella del referendum, rifacendosi ai cittadini e soprattutto sapendo che se, ancora una volta, si votasse per il “no”, gli accordi salterebbero definitivamente e, quindi, la guerra potrebbe ripartire. Questo, in Colombia, non lo vuole nessuno.

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Chiesa venezuelana: dialogo non va, la gente cade in depressione

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Il presidente della Conferenza episcopale venezuelana (Cev), mons. Diego Padrón, venuto a Roma per accompagnare l'arcivescovo di Mérida Enrique Porras Cardozo, creato cardinale nel Concistoro del 19 novembre, ha rilasciato all'agenzia Fides alcune dichiarazioni sulla grave situazione che vive il Venezuela attualmente. “Innanzitutto - ha detto mons. Padrón - non si può parlare di dialogo tra governo e opposizione, perché l’opposizione in questo caso è costituita dall’80% dei venezuelani, quindi il governo deve cambiare atteggiamento e accettare un dialogo vero”.

Non ci sono gesti di buona volontà da parte del governo
“Né la Chiesa né la popolazione – prosegue - vedono positivamente lo sviluppo del processo di dialogo che ha avuto inizio lo scorso 30 ottobre. Ci devono essere gesti di buona volontà, come il rispetto dei diritti umani, quindi, liberare i prigionieri politici che ci sono. In secondo luogo, si devono aprire canali per gli aiuti umanitari che ci vengono offerti per tutti i venezuelani, che hanno urgente bisogno di cibo e soprattutto di medicine" ribadisce l’arcivescovo alla Fides.

La popolazione sta cadendo in depressione perchè sfiduciata
​“La cosa più triste è che popolazione sta cadendo nella depressione, perché non vede una via d’uscita, non vede come si possa andare avanti, è la delusione per il dialogo che non va” conclude mons. Padrón. (C.E.)

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Indonesia: minoranze religiose in piazza in difesa della laicità dello Stato

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Migliaia di indonesiani di diverse religioni, compresi i cattolici, hanno manifestato nei giorni scorsi in tutto il Paese contro i gruppi estremisti in difesa della Pankasila, “cinque pilastri” su cui si fonda la Costituzione laica del Paese.

Una risposta ai fondamentalisti islamici
La mobilitazione voleva essere una risposta all’attentato avvenuto il 13 novembre ai danni di una chiesa cristiana protestante a Samarinda, in cui ha perso la vita una bambina di 2 anni, e alla protesta organizzata il 4 novembre da gruppi integralisti musulmani contro il governatore di Giacarta Basuki Tjahaja Purnama , cristiano e di etnia cinese, accusato di blasfemia e per questo successivamente indagato.

Crescono le preoccupazioni delle minoranze religiose
Le due vicende hanno acceso le preoccupazioni delle minoranze etniche e religiose del Paese musulmano, che temono di essere nelle mire dei gruppi islamisti, . “Con questa iniziativa vogliamo assicurare a coloro che si sentono minoranze che non sono soli”,  ha dichiarato all’agenzia Ucan Nia Sjaridin, attivista dell’Alleanza nazionale per l’unità e la diversità. “Dobbiamo combattere questi estremisti”, ha detto da parte sua Charles Lelu Umbu Sogar Ame Talu, un seminarista francescano che ha partecipato alla manifestazione nella capitale insieme ad altri 32 confratelli.

2 milioni di simpatizzanti dell’IS in Indonesia 
Secondo i risultati di un sondaggio diffusi lo scorso agosto dalla Wahid Foundation, un’organizzazione impegnata nella promozione dell’armonia religiosa in Indonesia, dall’Indonesian Survey Insitute,  circa 12 milioni di musulmani indonesiani – su una popolazione di circa 250 milioni di abitanti - hanno posizioni fondamentaliste. Di essi 2 milioni sono simpatizzanti del cosiddetto Stati Islamico. Una minoranza che tuttavia rischia di destabilizzare la tradizionale armonia religiosa del Paese sancita dalla Costituzione del 1945. (A cura di Lisa Zengarini)

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Giubileo: vescovi Rwanda chiedono perdono per il genocidio

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Domenica scorsa in occasione della chiusura dell’Anno Giubilare, in tutte le parrocchie del Rwanda è stata letta una lettera firmata dai vescovi del Paese africano, in cui si chiede perdono dei peccati commessi nel genocidio del 1994 da parte dei cristiani cattolici, così come di altri peccati commessi successivamente. Sul significato di questa dichiarazione che sarà tradotta in tutte lingue ufficiali del Paese, sentiamo al microfono di Samuel Bleynie, mons. Philippe Rukamba, vescovo di Butare e presidente della Conferenza episcopale del Rwanda: 

R. – En pensant à cette année de la miséricorde …
Pensando all’Anno Santo della Misericordia, qui, in Rwanda, non si può non pensare al perdono delle offese. Ovviamente, l’elemento più drammatico che noi riconosciamo nella nostra storia recente è il genocidio [del 1994]. E’ in questo quadro, in realtà, che abbiamo redatto questa lettera, che è divisa in tre parti, per dire che ringraziamo Dio per tutti i doni che ci ha fatto: il dono della vita, il dono della nostra cultura, dei nostri genitori, il dono del nostro Paese. E noi chiediamo perdono per tutto il male che è stato fatto, soprattutto per tutti coloro che sono stati uccisi nel genocidio e per le conseguenze del genocidio e cioè le vedove, i bambini, gli orfani. Il nostro progetto, per il futuro, è chiedere ai cristiani di vivere il cristianesimo in maniera più profonda, che non siamo a favore, non accettiamo alcuna ideologia che conduca al genocidio.

D. – Già nel 2000 erano state formulate delle scuse. Perché oggi tornate su questo argomento?

R. – Nous avions fait des excuses en l’an 2000, au moment du jubilée aussi …
Nel 2000 – era sempre un Anno Santo – avevamo fatto le nostre scuse: l’avevamo fatto nel corso di una celebrazione liturgica. In quell’occasione avevamo voluto mandare un messaggio affinché la nostra posizione fosse chiara e perché ci fosse anche un atto di compassione. Questo è un atto che noi ripeteremo tra due anni: intanto, rifletteremo sulla riconciliazione, l’unità del Paese per superare gli strascichi del genocidio.

D. – Oggi, cosa è stato fatto per prevenire, per impedire che tutto questo accada di nuovo?

R. – Nous avons plusieurs actions: la Caritas qui aide aussi …
Ci muoviamo in diverse direzioni. C’è la Caritas che aiuta come può le vittime del genocidio; interveniamo nelle scuole, negli incontri con i cristiani con la Commissione della giustizia e pace; abbiamo istituito qua e là i “conciliatori”, se così possiamo chiamarli, a tutti i livelli, cioè messaggeri di pace. Queste sono le azioni che abbiamo iniziato in tutte le diocesi, perché noi vediamo questo periodo del dopo-genocidio come un momento di pace e non come un momento di rancore, di voglia di vendetta. Pensiamo – non solo noi, questa è la Dottrina della Chiesa – che sia l’unico modo per impedire che vi siano nuovi genocidi o che ci siano altri mali che vengono dallo spirito di vendetta e dalla volontà di fare del male all’altro, perché un giorno egli ha fatto del male a noi.

D. – In questo quadro, quali sono stati i frutti di questo Anno giubilare, in particolare per quanto riguarda appunto il genocidio, la riconciliazione, il perdono?

R. – Il y a plusieurs personnes qui se sont rencontrées et ont essayée de se pardonner …
Molte persone si sono incontrate alla ricerca del perdono; in concreto, abbiamo cercato di mettere insieme tutte le persone insieme e abbiamo detto che non accettiamo l’ideologia che porta al genocidio. Non è sempre facile, perché ci sono dei momenti in cui le persone reagiscono e non vogliono capire … Penso che tutto questo ci abbia dato un po’ più di pace, di tranquillità; è stato un anno molto fecondo in diversi ambiti, perché tutte le categorie, anche i bambini, i giovani e molti movimenti di azione cattolica, hanno avuto modo di passare [in questi luoghi di incontro], di ricevere una buona formazione e quindi di potersi confessare e creare in loro un atto di riconciliazione, un atto di misericordia nei riguardi di loro stessi.

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Argentina: Chiesa di Quilmes denuncia grave crisi sociale

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Con una massiccia presenza di fedeli è stata celebrata sabato scorso, 19 novembre, la "Messa della speranza" presso il grande parco delle Malvinas, punto di incontro dei tre distretti che compongono la diocesi argentina di Quilmes. Da 21 anni si celebra qui la "Messa della Speranza", che quest’anno ha avuto una motivazione speciale: la chiusura del Giubileo dell'Anno della Misericordia e i 40 anni della creazione della diocesi di Quilmes.

Vescovo denuncia disoccupazione, precarietà lavorativa, fame e narcotraffico
Nell'omelia della Messa, mons. Carlos José Tissera, vescovo di Quilmes - riferisce l'agenzia Fides - ha usato parole forti per descrivere la disoccupazione e la precarietà del lavoro, la fame e anche il traffico di droga di cui soffre la diocesi. "Non è una cosa che ci viene raccontata, ma lo stiamo vedendo: alle nostre mense pubbliche è aumentato il numero di bambini e adolescenti. Attualmente in alcuni quartieri i giovani chiedono anche solo un piatto di cibo. La gente non ha più soldi per comprare da mangiare" ha detto il presule. 

Casi di malnutrizione e di tubercolosi
Mons. Tissera ha sottolineato: "le statistiche dicono che è diminuito persino il consumo di latte". "Siamo seriamente preoccupati dal fatto che in alcuni quartieri è in aumento il numero di bambini con la tubercolosi. Ci sono anche casi di malnutrizione".

Denunciato lavoro nero e mal pagato
Proprio per la numerosa presenza di cittadini, il vescovo ha anche denunciato la situazione del lavoro in nero e mal pagato. "Siamo qui oggi perché vogliamo pregare per avere un lavoro, il lavoro è necessario. Ma non per un lavoro mal pagato. Non ce la facciamo ad arrivare alla fine del mese. Sappiamo anche che è crisi per tutti, anche per le piccole e medie imprese, ma queste sono la spina dorsale della nostra regione meridionale".

Aumento dei poveri nei centri urbani
​Nella conclusione mons. Tissera ha anche lamentato l’aumento del numero di persone, perlopiù povere, che dalla campagna si insediano nei centri cittadini, costruendosi alloggi precari: “è un grave problema avere un alloggio, e a questo si unisce il problema della salute, dell'istruzione, dell'insicurezza e della droga". (C.E.)

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Comece: osservazioni sul pilastro Ue dei diritti sociali

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La Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece) ha reso note le sue osservazioni nel quadro della Consultazione pubblica dell’Ue sul pilastro europeo dei diritti sociali. Il testo contenente le risposte elaborate dalla commissione degli Affari sociali della Comece è infatti consultabile ora on line (www.comece.eu).

Adottare un “approccio inclusivo”
Il documento – riporta l’agenzia Sir - ritorna sull’idea di “economia sociale di mercato” cara alla Comece e al mondo cattolico europeo, incoraggiando l’Ue “a non perdere di vista la strategia Europa2020, a combattere le condizioni di lavoro precarie e a costruire un fondamento solido per l’unione economica e monetaria”. La Comece si dichiara concorde con gli obiettivi della proposta Ue di un “pilastro dei diritti sociali” ma ritenendo “non sufficientemente considerati alcuni aspetti”, formula alcune raccomandazioni: invita cioè a “promuovere la coerenza delle politiche tra iniziative esistenti” e ad adottare un “approccio inclusivo” che comprenda tutti i membri Ue e non solo i 19 Paesi euro.

Tutelare il diritto a un “orario di lavoro decente”
​La Comece incoraggia a un “monitoraggio regolare e con il coinvolgimento di tutte le parti interessate” e chiede di tutelare il diritto a un “orario di lavoro decente” e a un “giorno comune di riposo settimanale”, che dovrebbe essere la domenica. Il documento invita altresì a “ripensare la nozione di formazione”, alla luce del fatto che istruzione e formazione sono “i motori della convergenza sociale”. La consultazione Ue si concluderà il 31 dicembre prossimo. (L.Z.)

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Specola Vaticana concilia mondo ecclesiale e quello scientifico

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“E quindi uscimmo a riveder le stelle” cita Dante nel celebre verso che chiude l’ultimo canto dell’Inferno per descrivere la missione dell’astronomia di “restituire agli uomini la giusta dimensione di creature piccole e fragili davanti allo scenario incommensurabile di miliardi e miliardi di galassie” secondo Padre Funes, ex-direttore della Specola Vaticana. Di questi temi si è discusso alla presentazione a Roma del libro “La Specola Vaticana" di Maria Rosaria Buffetti. Il servizio di Francesca Di Folco

È uno degli osservatori astronomici più antichi del mondo. La Specola Vaticana, istituto di ricerca della Santa Sede, mosse i primi passi alla fine del '500 ed oggi è affidata ai Gesuiti che conducono la propria attività scientifica nel centro principale, a Castelgandolfo e in Arizona, grazie al telescopio costruito sul Monte Graham. La sua storia, in particolare quella degli ultimi decenni, è raccontata nel libro "La Specola Vaticana", curato da Maria Rosati Buffetti. Ce ne parla padre Gabriele Gionti, cosmologo dell'Osservatorio Vaticano:

“La Specola Vaticana è nata nel 1891, lo stesso anno in cui venne pubblicata l’Enciclica Rerum Novarum di Leone XIII. È stata fondata per dimostrare che la Chiesa non era contro la scienza, in un momento in cui imperversava nel mondo il modernismo; c’erano degli ambienti scientifici molto ostili alla Chiesa che era vista  come retrograda. La Specola Vaticana nasce quindi nel 1891 grazie a padre Francesco Denza, barnabita, allievo di un famoso astronomo gesuita, padre Angelo Secchi, considerato il fondatore dell’astrofisica moderna perché fu il primo a proporre una classificazione stellare in base agli spettri - quindi alla scomposizione della luce che proveniva dalle stelle - e non solo in base all’intensità luminosa. Padre Francesco Denza suggerì a Leone XIII di fondare un nuovo osservatorio astronomico perché la Santa Sede con l’unità d’Italia aveva perso tutti gli osservatori astronomici a sua disposizione. Leone XIII accettò e fondò questa Specola Vaticana con sede in Vaticano. La Specola iniziò ad occuparsi di un progetto molto importante: la mappatura fotografica del cielo, iniziata tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Il progetto si concluse nel 1952. Nel frattempo la Specola Vaticana ha vissuto diverse vicissitudini. A causa dell’inquinamento luminoso è stata trasferita dal Vaticano, sua sede originaria, a Castelgandolfo e a Tucson, in Arizona”.

Papa Leone XIII fondò la Specola per dimostrare che la Chiesa non era contro la scienza ma promuoveva una scienza “vera e solida”, secondo le sue stesse parole. La Specola, nata con uno scopo apologetico, è divenuta parte del dialogo della Chiesa col mondo e lo studio delle leggi del cosmo avvicina a Dio. Ascoltiamo ancora padre Gionti:

“La Specola è nata con lo scopo di conciliare il mondo della Chiesa con quello della scienza. I membri della Specola Vaticana  sono scienziati che lavorano come gli altri, quindi pubblicano su riviste internazionali, partecipano a congressi internazionali e al grande dibattito della società degli astronomi e cosmologi. Questa dicotomia in contrapposizione – scienza e fede - in realtà non esiste perché si può essere dei bravi scienziati. Attraverso la re-investigazione scientifica e la ricerca, si cerca di arrivare a Dio; attraverso l’armonia che esiste nell’universo, le legge scientifiche, si riesce a risalire a questa bellezza che ci parla di un Dio creatore di questa armonia”.

La Specola collabora con altri istituti di ricerca internazionali. Del sodalizio con il Cern di Ginevra ci parla Simonetta Gentile, docente di Fisica all'Università La Sapienza e studiosa nello stesso Cern:

“Quella con il Texas è l’albore di una grande collaborazione che potrà poi estendersi ad altri osservatori; è la via giusta. Qui, alla Specola che cosa si può fare? Si può eseguire l’analisi dati ed educare dei giovani che per un certo periodo vengono mandati fuori, in modo che quando rientrano possono fare del lavoro a casa. Il lavoro preparatorio agli esperimenti, il lavoro di analisi dati che si può fare tranquillamente ovunque purché siano presenti un ambiente e un dibattito culturale scientificamente elevato”.

"Fede e ragione sono le due ali con cui si eleva lo spirito umano" dissero sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI. Ci possono essere tensioni ma non c’è contraddizione tra quello che noi sappiamo attraverso la fede e quello che apprendiamo attraverso la scienza.

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Centenario Turoldo. Ravasi: capace di dialogo profondo con tutti

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Ricorre oggi il centenario della nascita di David Maria Turoldo. Al sacerdote friulano, “poeta e profeta dei tempi nuovi”, la città di Udine ha dedicato due giorni di convegno di studio. Suo caro amico fu il cardinale Gianfranco Ravasi. Quando questi era Superiore arcivescovile del Seminario di Milano, lo incontrava settimanalmente in Brianza, non lontano da Sotto il Monte, dove Turoldo viveva. Ascoltiamo i ricordi personali del presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, nell’intervista di Antonella Palermo

R. – In maniera particolare vorrei ricordare due componenti, delle quali la prima era il dialogo profondo che lui aveva con il mondo della cultura e devo dire che veramente tutti lo conoscevano e tutti egli incontrava; e dall’altra parte il mondo dei non credenti e l’orizzonte nel quale lui era l’unico che poteva parlare ascoltato.

D. – Perché?

R. – Era un uomo di frontiera che passava, che valicava, che travalicava e che soprattutto aveva la capacità – secondo me – di poter incidere su di loro, perché risaliva alle radici dei temi.

D. – Come avrebbe vissuto Turoldo le scelte del Pontificato di Francesco?

R. – Come le sue, per eccellenza! D’altra parte si sarebbe trovato ancora di fronte  ad una componente che avrebbe sollecitato la sua reazione polemica. Io penso ai populismi, agli integralismi, ai razzismi che emergono ora e che attraversano non soltanto l’orizzonte politico, ma anche l’orizzonte popolare.

D. – Eminenza, cosa le rimane più impresso dei tempi in cui frequentava i suoi luoghi?

R. – Quando lui celebrava, lassù, Sotto il Monte, c’era il contrasto fra questa gente semplice che veniva a Messa e magari figure importanti della cultura, della politica. E lui parlava agli uni e agli altri nella stessa maniera e dopo la Messa li incontrava senza privilegiare nessuno.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 327

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.