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Sommario del 24/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: corruzione è bestemmia, civiltà del "dio denaro" cadrà

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La corruzione è una forma di bestemmia, il linguaggio di Babilonia per la quale “non c’è Dio” ma solo il “il dio denaro, il dio benessere, il dio sfruttamento”. E’ quanto sottolineato dal Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Francesco ricorda che in quest’ultima settimana dell’Anno liturgico, la Chiesa fa riflettere sulla fine del mondo e sulla nostra fine. Il servizio di Debora Donnini

L’omelia di Francesco ripercorre la Lettura dell’Apocalisse che parla di tre voci. La prima è il grido dell’angelo: “E’ caduta Babilonia”, la grande città, “quella che seminava la corruzione nei cuori della gente” e che porta “tutti noi per la strada della corruzione”.

La corruzione è una forma di bestemmia
“La corruzione è il modo di vivere nella bestemmia, la corruzione è una forma di bestemmia”, spiega Francesco, “il linguaggio di questa Babilonia, di questa mondanità, è bestemmia, non c’è Dio: c’è il dio denaro, il dio benessere, il dio sfruttamento”. Questa mondanità che seduce i grandi della terra cadrà:

“Ma questa cadrà, questa civiltà cadrà e il grido dell’angelo è un grido di vittoria: ‘E’ caduta’, è caduta questa che ingannava con le sue seduzioni. E l’impero della vanità, dell’orgoglio, cadrà, come è caduto Satana, cadrà”.

La voce dell'adorazione del popolo di Dio, peccatore ma non corrotto, che cerca la salvezza in Gesù Cristo
Contrariamente al grido dell’angelo, che era un grido di vittoria per la caduta di “questa civiltà corrotta”, c’è un’altra voce potente, sottolinea Francesco, il grido della folla che dà lode a Dio: “Salvezza, gloria e potenza sono del nostro Dio”:

“E’ la voce potente dell’adorazione, dell’adorazione del popolo di Dio che si salva e anche del popolo in cammino, che ancora è sulla terra. Il popolo di Dio, peccatore ma non corrotto: peccatore che sa chiedere perdono, peccatore che cerca la salvezza di Gesù Cristo”.

Questo popolo si rallegra quando vede la fine e la gioia della vittoria si fa adorazione. Non si può rimanere soltanto col primo grido dell’angelo, se non c’è “questa voce potente dell’adorazione di Dio”. Per i cristiani però “non è facile adorare”, rileva il Papa: “siamo bravi quando preghiamo chiedendo qualcosa” ma la preghiera di lode “non è facile farla”. Bisogna però impararla, “dobbiamo impararla da adesso per non impararla di fretta quando arriveremo là”, ammonisce Francesco che sottolinea la bellezza della preghiera di adorazione, davanti al Tabernacolo. Una preghiera che dice soltanto: “Tu sei Dio. Io sono un povero figlio amato da te”.

La voce soave di Dio che invita al banchetto
Infine la terza voce è un sussurro. L’angelo che dice di scrivere: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell’Agnello!”. L’invito del Signore infatti non è un grido ma “una voce soave”. Come quando Dio parla a Elia. Francesco sottolinea la bellezza di questo parlare al cuore con voce soave. “La voce di Dio - dice il Papa - quando parla al cuore è così: come un filo di silenzio sonoro”. E questo invito alle “nozze dell’agnello” sarà la fine, “la nostra salvezza”, dice Francesco. Quelli che sono entrati nel banchetto, secondo la parabola di Gesù, sono infatti coloro che erano nei crocevia dei cammini, “buoni e cattivi, ciechi, sordi, zoppi, tutti noi peccatori ma con l’umiltà sufficiente per dire: ‘Sono un peccatore e Dio mi salverà’”. “E se abbiamo questo nel cuore Lui ci inviterà”, aggiunge il Papa, e sentiremo “questa voce sussurrata” che ci invita al banchetto:

“E il Vangelo finisce con questa voce: ‘Quando cominceranno ad accadere queste cose - ossia la distruzione della superbia, della vanità, tutto questo - risollevatevi e alzate il capo, la vostra liberazione è vicina’, cioè ti stanno invitando alle nozze dell’Agnello. Il Signore ci dia questa grazia di aspettare quella voce, di prepararci a sentire questa voce: ‘Vieni, vieni, vieni servo fedele - peccatore ma fedele – vieni, vieni al banchetto del tuo Signore’”.

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Papa: mafia uccide chi combatte schiavitù della droga

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La dipendenza dalla droga è una ‘nuova forma di schiavitù’, che flagella l’uomo e la società in generale. Così il Papa nel discorso stamane ai partecipanti all’Incontro internazionale, promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze, sul tema “Narcotici: problemi e soluzioni di questa piaga mondiale”, i cui lavori aperti ieri in Vaticano si chiuderanno nel pomeriggio. Circa una sessantina gli esperti a vario titolo - accademici, ricercatori, medici, magistrati, delegati dell’Onu e della società civile - chiamati a dibattere su un fenomeno in crescita. Quasi 250 milioni le persone nel mondo che hanno fatto uso di droga. Il servizio di Roberta Gisotti

Papa Francesco li ha incoraggiati a continuare nel loro lavoro a servizio di chi soffre:

“La droga es una herida en nuestra sociedad...
“La droga – ha sottolineato - è una ferita nella nostra società”, una rete che cattura molte persone, “vittime” che perdono la loro libertà”, a causa di questa “nuova forma schiavitù”, di questa dipendenza ‘chimica’.  

“Es evidente que no hay una única causa...
"E' evidente che non c’è una sola causa” per restare vittime, ha osservato Francesco, sono tanti i fattori che influiscono: “l’assenza della famiglia, la pressione sociale, la propaganda dei trafficanti, il desiderio di vivere nuove esperienze”.

“Cada persona dependiente trae...
“Ogni tossicodipendente ha una storia personale diversa, che deve essere ascoltata, compresa, amata e per quanto possibile sanata e purificata".

“No podemos caer en la injusticia de clasificarlos...
"Non possiamo cadere nell’ingiustizia di classificarle come oggetti e attrezzi rotti, perchè ogni persona deve essere valorizzata e apprezzata nella sua dignità per poter essere recuperata”.

Sul fronte di lotta ai narcotrafficanti e al crimine organizzato, il Papa ha sollecitato il controllo dei circuiti di corruzione e del riciclaggio del denaro, risalendo dal piccolo smercio di stupefacenti alle forme più sofisticate di lavaggio dei soldi sporchi, che si annidano nel capitale finanziario e nelle banche. Ha detto Francesco che anche in Colombia, che 30 anni fa era un Paese di transito, poi di consumo e di distribuzione, si è cominciato a lavorare seriamente:

“Cuando se quiere buscar y acender por las redes...
"Ma quando si vogliono cercare le reti di distribuzione ci si trova a una parola di cinque lettere: mafia, che perfino uccide chi combatte la schiavutù della droga". 

Sono poi necessari i programmi sociali, orientati alla salute, al sostegno familiare e soprattutto all’educazione:

“La formación humana integral es la prioridad...
"La formazione umana integrale è infatti la priorità, perché le persone possano avere gli strumenti del discernimento”, questa la migliore prevenzione. Infine una raccomandazione perché gli Stati si dotino di leggi che possano sostenere la piena riabilitazione delle vittime della tossicodipendenza:

"La lucha es dificil, y siempre que una da la cara…
"La lotta è difficile", ha concluso il Papa, specie quando ci si mette la faccia e si ricevono intimidazioni, ma si tratta di difendere l’intera famiglia umana.

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Papa ai Gesuiti: Chiesa abbia coraggio profetico e audacia

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La Civiltà Cattolica ha pubblicato oggi il dialogo spontaneo avuto da Papa Francesco con i Gesuiti il 24 ottobre scorso durante la loro 36.ma Congregazione Generale. Tanti i temi affrontati: dal coraggio profetico al clericalismo, dalla politica al discernimento delle situazioni morali, dalla pace alla crisi delle vocazioni. Vi propiniamo una sintesi di questo dialogo nel servizio di Sergio Centofanti: (testo integrale

Una parresia aggiornata
“Oggi più che mai - afferma Papa Francesco - è necessario avere coraggio e audacia profetica”, una “parresia aggiornata”. Un esempio forte - osserva - è “attaccare la corruzione, molto diffusa in alcuni Paesi” per cui “quando si esauriscono i periodi costituzionali di mandato, subito si cerca di riformare la Costituzione per restare ancora”.

Piccola politica
Sulla politica in generale, dice di ritenere che “la grande politica, si sia sempre più degradata nella piccola politica”. “Mancano quei grandi politici che erano capaci di mettersi sul serio in gioco per i loro ideali e non temevano né il dialogo né la lotta, ma andavano avanti, con intelligenza e con il carisma proprio della politica. La politica è una delle forme più alte della carità. La grande politica. E su questo credo che le polarizzazioni non aiutino: invece ciò che aiuta, nella politica, è il dialogo”.

Lo sfruttamento delle nazioni causa guerre
“Lavorare per la pace è urgente” – ribadisce – perché “ci troviamo nella terza guerra mondiale, a pezzetti. Adesso i pezzetti vanno riunendosi sempre di più. Siamo in guerra. Non bisogna essere ingenui. Il mondo è in guerra, e ne pagano lo scotto alcuni Paesi. Pensiamo al Medio Oriente, all’Africa: là c’è una situazione di guerra continua. Guerre che derivano da tutta una storia di colonizzazione e di sfruttamento. Certo, ci sono Paesi che possiedono l’indipendenza, ma a volte il Paese che ha dato loro l’indipendenza si è riservato il sottosuolo per sé. L’Africa resta un bersaglio dello sfruttamento per le ricchezze che possiede. Perfino da parte di Paesi che fino a tempo fa nemmeno pensavano a questo continente. L’Africa viene sempre guardata nell’ottica dello sfruttamento. E chiaramente questo provoca guerre”. Occorre lavorare per la pace, attraverso la convivenza: “con gli atteggiamenti cristiani che il Signore ci indica nel Vangelo, si può fare molto e si fa molto, e si va avanti. A volte lo si paga a carissimo prezzo, in prima persona. Ebbene, si va avanti comunque. Il martirio fa parte della nostra vocazione”.

Laudato si’ non è enciclica verde ma sociale
Riguardo all’enciclica «Laudato si’» precisa che non è un’«enciclica verde», ma un’enciclica sociale, perché è evidente che a soffrire le conseguenze della crisi ecologica “sono i più poveri, quelli che vengono scartati”.

Il mondo liquido crea disoccupazione
Il Papa dei problemi legati al mondo digitale: “La liquidità dell’economia, la liquidità del lavoro: tutto questo provoca disoccupazione. È il mondo liquido … C’è il desiderio di recuperare la dimensione concreta del lavoro. In Italia il 40% dei giovani dai venticinque anni in giù è disoccupato; in Spagna il 50%; in Croazia il 47%. È un segnale di allarme che mostra questa liquidità che crea disoccupazione”.

Il clericalismo, uno dei mali più seri della Chiesa
Torna poi a parlare della Chiesa povera per i poveri. Sant’Ignazio diceva che “la povertà è madre e muro. La povertà genera, è madre, genera vita spirituale, vita di santità, vita apostolica. Ed è muro, difende. Quanti disastri ecclesiali sono cominciati – ha detto - per mancanza di povertà”, “quanti scandali, di cui purtroppo devo essere informato, dato il luogo in cui mi trovo, nascono dal denaro”. “Il clericalismo, che è uno dei mali più seri nella Chiesa, si discosta dalla povertà. Il clericalismo è ricco. E se non è ricco di denaro, lo è di superbia”. “Il clericalismo è una delle forme di ricchezza più gravi di cui al giorno d’oggi si soffre nella Chiesa”.

Pietà popolare
In America Latina – sottolinea – l’unica cosa che si è più o meno salvata dal clericalismo è la pietà popolare. “Infatti, siccome la pietà popolare è una di quelle cose della gente in cui i preti non credevano, i laici sono stati creativi. Magari è stato necessario correggere alcune cose, ma la pietà popolare si è salvata perché i preti non ci hanno avuto a che fare. Il clericalismo non lascia crescere, non lascia crescere la forza del battesimo. È la grazia del battesimo a possedere la forza e la grazia evangelizzatrice dell’espressione missionaria. E il clericalismo disciplina male questa grazia e induce dipendenze che a volte mantengono interi popoli in un forte stato di immaturità”.

Crisi delle vocazioni
E riguardo alla crisi delle vocazioni, di cui si parlerà nel prossimo Sinodo, afferma: “Credo che le vocazioni esistano, semplicemente bisogna sapere come vengono proposte e quale cura ricevono. Se il prete va sempre di fretta, se è immerso in mille questioni amministrative, se non ci convinciamo che la direzione spirituale è un carisma non clericale ma laicale (che può svolgere anche il prete), e se non mettiamo e convochiamo i laici nel discernimento vocazionale, è evidente che non avremo vocazioni”. E aggiunge: “Non promuovere vocazioni locali è un suicidio, significa né più né meno sterilizzare la Chiesa”, è “una legatura delle tube ecclesiali. È non lasciare che quella madre abbia figli suoi. E questo è grave”.

Approfondire l’Evangelii gaudium
Quindi esorta di nuovo ad approfondire l’Esortazione apostolica «Evangelii gaudium» “perché è l’aria evangelizzatrice che oggi la Chiesa vuole avere”, è “la cornice apostolica della Chiesa di oggi”.

Il discernimento delle situazioni morali
Il discernimento – sottolinea – “è l’elemento chiave” per vagliare le situazioni morali. Il Papa parla della “carenza del discernimento nella formazione dei sacerdoti. Rischiamo infatti di abituarci al «bianco o nero» e a ciò che è legale” e “oggi in una certa quantità di seminari è tornata a instaurarsi una rigidità che non è vicina a un discernimento delle situazioni. Ed è una cosa pericolosa, perché può condurci a una concezione della morale che ha un senso casuistico”. Francesco ricorda di essere stato educato “a una scolastica decadente”: “Tutto l’ambito morale veniva ristretto al «si può», «non si può», «fin qui sì e fin qui no»”. “Era una morale molto estranea al discernimento”. Ai nostri giorni – osserva – “la teologia morale ha fatto molti progressi nelle sue riflessioni e nella sua maturità; ormai non è più una «casuistica». In campo morale bisogna avanzare senza cadere nel situazionismo; ma, d’altra parte, va risvegliata quella grande ricchezza contenuta nella dimensione del discernimento; e ciò è proprio della grande scolastica”, di san Tommaso e san Bonaventura i quali affermano affermano che “il principio generale vale per tutti, ma — lo dicono esplicitamente — nella misura in cui si scende nei particolari, la questione si diversifica e assume sfumature senza che il principio debba cambiare. Questo metodo scolastico ha la sua validità. È il metodo morale che ha usato il Catechismo della Chiesa Cattolica. Ed è il metodo che si è utilizzato nell’ultima esortazione apostolica, Amoris laetitia, dopo il discernimento fatto da tutta la Chiesa attraverso i due Sinodi. La morale usata in Amoris laetitia è tomista”. Ma ci sono certi punti della morale – spiega - su cui soltanto nella preghiera si può avere una luce sufficiente. E’ quella che chiama «teologia in ginocchio»: “Non si può fare teologia senza preghiera”.

Globalizzazione distrugge popoli indigeni
Rispondendo ad una domanda sulla questione dei popoli indigeni, afferma che oggi la globalizzazione uniformante e distruttiva li vuole annullare. Invece, le loro culture “vanno recuperate”. L’ermeneutica dell’epoca coloniale “consisteva nel cercare la conversione dei popoli”: era “un’ermeneutica di tipo centralista, dove l’impero dominatore in qualche modo imponeva la sua fede e la sua cultura. È comprensibile che a quell’epoca si pensasse così, ma oggi è assolutamente necessaria un’ermeneutica radicalmente differente” che valorizzi “ogni popolo, la sua cultura, la sua lingua”. Il Papa si riferisce alla positiva esperienza di inculturazione tentata dai missionari gesuiti Matteo Ricci in Cina e Roberto de Nobili in India: “Essi furono pionieri, ma una concezione egemonica del centralismo romano frenò quell’esperienza, la interruppe. Impedì un dialogo in cui le culture si rispettassero”.

Non ci si salva da soli
Alla domanda sul rapporto tra salvezza comunitaria e salvezza personale, risponde: “Nessuno si salva da solo. Chi pretende di salvarsi da solo” finisce nell’ipocrisia: “Il Signore è venuto a salvare tutti”.

Teologia e vita reale
Il Papa parla poi della necessità di studiare teologia in un contesto di vita vissuta reale: devono esserci studio accademico, contatto con la realtà, preghiera e discernimento personale e comunitario. “Se una comunità di studenti fa tutto questo – dice - io resto tranquillo”.

Non chiudere le porte alle critiche
Riguardo alle critiche risponde: “Credo che a volte perfino il peggiore dei malintenzionati possa fare una critica che mi aiuta. Bisogna ascoltarle tutte e discernerle. E non bisogna chiudere la porta a nessuna critica, perché corriamo il rischio di abituarci a chiudere porte. E questo non va bene. Dopo un discernimento, si può dire: questa critica non ha alcun fondamento, e scartarla”.

Sono piuttosto pessimista, ma il Signore mi consola
Il Papa poi confessa: “Io sono piuttosto pessimista” perché “tendo sempre a guardare la parte che non ha funzionato”. Per questo il migliore anti-depressivo è la consolazione che trova quando si mette davanti al Signore e lascia che Lui manifesti ciò che ha fatto durante la giornata, nonostante le sue resistenze. “È come sentire: «Lui è qui». Riguardo al mio pontificato, mi consola sentire interiormente: «D’accordo, a farmi entrare in questo ballo non è stata una convergenza di voti, ma c’entra Lui». Questo mi consola molto”.

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Il Papa riceve il Presidente del Vietnam: dialogo e collaborazione

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Nel pomeriggio di ieri Papa Francesco ha ricevuto in udienza il Presidente della Repubblica Socialista del Vietnam, Tran Dai Quang, che poi ha incontrato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

“Nel corso dei cordiali colloqui – riferisce la Sala Stampa vaticana - sono state evocate le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e il Vietnam, sostenute da un comune spirito di dialogo e di costante ricerca degli strumenti più idonei affinché esse possano ulteriormente progredire, ed è stata evidenziata la collaborazione tra la Chiesa e lo Stato in vari ambiti della società locale”.

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Le udienze di Papa Francesco

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Le udienze di Papa Francesco di oggi. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Francesco presiede la Messa in onore della Madonna di Guadalupe

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Per il terzo anno consecutivo, Papa Francesco celebrerà la Santa Messa nella Basilica di San Pietro il 12 dicembre alle 18.00, in onore di Nostra Signora di Guadalupe, Patrona dell’America e delle Filippine. L’Eucarestia sarà preceduta dalla recita del Santo Rosario alle ore 17.15 e dal tradizionale ingresso delle bandiere in rappresentanza dei diversi paesi devoti alla Vergine. È prevista una grande partecipazione di fedeli, in particolare delle comunità latinoamericane e filippine presenti a Roma, e di numerosi cardinali, vescovi, religiosi, religiose, membri della Curia Romana e del Corpo Diplomatico.

La Santa Messa sarà accompagnata da alcuni antichi canti liturgici, composti in idiomi indigeni; tra questi, un bellissimo inno dedicato alla Vergine di Guadalupe composto in lingua “nahuatl”, la lingua del “Nican Mopohua”, il racconto delle apparizioni di Nostra Signora all’indio San Juan Diego, e altri antichi brani in lingua quechua, mapuche e guaranì. Il Coro ufficiale della Cappella Sistina, sempre presente durante le celebrazioni pontificie nella Basilica, affiancherà il Coro Latinoamericano, diretto dal Maestro Eduardo Notrica.

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Italia-Sede: attenzione a Medio Oriente e immigrazione

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Italia e Santa Sede confermano i buoni rapporti bilaterali e guardano a come pacificare lo scenario internazionale, soprattutto in Medio Oriente. E’ quanto è emerso dall’incontro di questa mattina alla Farnesina tra il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e il Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Richard Gallagher. Alessandro Guarasci: 

Preoccupazione per la situazione in Siria e in Iraq,  ma anche apprezzamento per il buon andamento del Giubileo. Italia e Santa Sede hanno una visione comune dello scenario internazionale. Intanto si guarda a Oriente. E’ positivo il bilancio della visita di ieri in Vaticano del Presidente della Repubblica socialista del Vietnam, Tran Dai Quang. La parola a mons. Richard Gallagher:

“Crediamo che tutto questo faccia parte di un lungo cammino che seguiamo da tanti anni. Ci sono scambi di dichiarazioni per discutere questioni di interesse comune e anche questioni ecclesiali. Noi abbiamo manifestato la nostra soddisfazione per la nuova legge sulla religione in Vietnam e la preparazione di questa legge ha avuto anche la partecipazione della Conferenza episcopale dei vescovi cattolici del Vietnam. Anche questa è una buona indicazione. Evidentemente, come in tutti i rapporti, ci sono talvolta difficoltà, problemi, a volte qualche tensione, però siamo in grado adesso di discutere e  mantenere un dialogo su queste cose”.

Altro tema la questione migratoria. Per il ministro Paolo Gentiloni, l'Europa deve rispettare gli impegni presi, “non possiamo avere una Ue con un  atteggiamento rigido a corrente alternata”:

“Sappiamo bene che la questione migratoria ha una dimensione molto più ampia. È importante che l’Unione Europea rispetti gli impegni che ha preso; questo anche per il bene dell’Unione stessa. Poi per dare risposta alla questione migratoria che vuole una strategia di lungo periodo, che l’Italia sta cercando di promuovere, soprattutto indirizzata all’Africa, alle cause profonde dell’immigrazione nel continente e anche ad interventi mirati in alcuni Paesi africani di transito, come il Niger, stiamo mettendo a punto interventi insieme alla Francia e alla Germania”.

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Card. Amato: dibattito teologico fa bene, ma nel rispetto

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Si è aperto stamani alla Pontificia Università della Santa Croce il Simposio internazionale promosso dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sul tema: “L’Escatologia, analisi e prospettive”. Al termine del Simposio, il 26 novembre nel Palazzo Apostolico, avrà luogo la cerimonia del Premio Ratzinger, quasi un “Nobel della teologia”. Sarà Papa Francesco a conferire il Premio a Inos Biffi e Ioannis Kourempeles. Ad aprire i lavori del Seminario stamani, con una relazione sui Santi e l’escatologia, è stato il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. In questa intervista esclusiva alla Radio Vaticana, al microfono di Alessandro Gisotti, il porporato – già collaboratore di Joseph Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede – si sofferma sul pensiero teologico del Papa emerito, sull’amore di Francesco per la teologia dei Santi e sul dibattito tra teologi su alcuni punti del Magistero di Papa Francesco: 

R. – Il cardinale Ratzinger, che è stato anche un grande pastore, è colui che ha riflettuto molto sulle realtà fondamentali della fede e non solo sulla escatologia, ma anche sulla realtà cristologica, sulla Trinità, sulla Sacramentaria… Quindi il cardinale Ratzinger, come teologo professionista, ha molto approfondito questi aspetti e ha molto valorizzato la teologia dei Santi, perché lui cita - nelle sue opere - molte volte i grandi Santi, che sono stati eccellenti, eminenti, sia per dottrina e sia anche per come hanno esplicitato, illustrato, articolato anche la Dottrina Cattolica nel loro tempo.

D. – Il Premio Ratzinger, che viene anche un po’ definito il “Nobel per la Teologia”, si conclude con l’incontro in Vaticano e con Papa Francesco a sottolinearne l’importanza. Colpisce questo anche in un periodo in cui una parte di opinione pubblica, una certa pubblicistica vuole vedere una discontinuità tra Benedetto e Francesco anche nell’aspetto teologico…

R. – Assolutamente no: assolutamente no! Perché Papa Francesco è un Papa di alta cultura teologica e pastorale; sta evidenziando maggiormente il lato pastorale, però lui ha una grande cultura teologica e soprattutto una grande ammirazione per la Teologia dei Santi. Papa Francesco è molto aperto a valorizzare questi cristiani esemplari, per far vedere come la vita cristiana possa essere guidata anche dalla Dottrina, dal catechismo fatto bene, ma soprattutto può essere guidata da questi modelli di vita concreta, che sono i Santi.

D. – Oggi c’è,  a volte, la sensazione che ci sia un dibattito molto polarizzato, anche all’interno della comunità dei teologi, su alcuni punti in particolare del Magistero di Francesco. Pensiamo all’Amoris laetitia… Benedetto XVI e Papa Francesco danno una indicazione di senso diverso in questo, di una possibilità, di ragionamento assolutamente franco, diretto, anche scientifico, ma meno polarizzato come forse a volte sembra?

R. – Il dibattito fa parte dell’essere umano: domanda e risposta! La realtà dovrebbe essere quella di continuare il dibattito, però nel rispetto reciproco e soprattutto utilizzando i talenti delle rispettive posizioni, i punti forti e procedendo così. Il dibattito va avanti così e ci deve essere il dibattito! Io non direi polarizzazione, perché – almeno da parte mia – non vedo questa polarizzazione, però senz’altro è utile il dibattito, perché le posizioni possono essere sempre più integrate e possono essere sempre più migliorate.

Per chi voglia ascoltare l'integrale dell'invervista al cardinale Angelo Amato, in occasione del Simposio promosso dalla Fondazione Ratzinger, può trovarla qui: 

 

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Il 2 dicembre iniziano le prediche d'Avvento di p. Cantalamessa

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«Beviamo, sobri, l’ebbrezza dello Spirito». È il tema delle quattro meditazioni che il predicatore della Casa Pontificia, il cappuccino Raniero Cantalamessa, terrà alla presenza di Papa Francesco nei venerdì della prima settimana di Avvento, 2 dicembre, della seconda, 9 dicembre, della terza, 16 dicembre, e della quarta, 23 dicembre, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico.

«Nella riflessione teologica — sottolinea il religioso spiegando la scelta del tema — si va affermando sempre più quella che viene denominata “la teologia del terzo articolo”, intendendo con ciò l’articolo del Credo sullo Spirito Santo».

Si tratta di una «corrente — aggiunge padre Cantalamessa — che non intende sostituirsi alla teologia tradizionale, ma piuttosto affiancarla e vivificarla», proponendosi «di fare dello Spirito Santo non soltanto l’oggetto del trattato che lo riguarda, ma per così dire l’atmosfera in cui si svolge l’intera vita della Chiesa e, in particolare, ogni ricerca teologica».

«In questa linea — conclude il cappuccino — le meditazioni di Avvento si propongono di riflettere sullo Spirito Santo come la novità teologica e spirituale più importante del dopo Concilio e la sorgente maggiore della speranza della Chiesa».

Alle quattro prediche, che avranno inizio alle 9, sono invitati i cardinali, gli arcivescovi e i vescovi, i segretari delle Congregazioni, i prelati della Curia Romana e del Vicariato di Roma, i superiori generali e i procuratori degli ordini religiosi facenti parte della Cappella pontificia.

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Arrivato in Piazza San Pietro l'albero di Natale del Trentino

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E’ arrivato nella notte in Piazza San Pietro l’albero di Natale: si tratta di un abete rosso alto 25 metri proveniente dalle Foreste del Lagorai, in Trentino. E’ stato donato dal Comune di Scurelle. Al momento del taglio, il 13 novembre scorso,  i bambini della scuola elementare locale hanno piantato una quarantina di nuove piantine di abete rosso e di larice in una zona poco distante dove lo scorso autunno sono stati abbattuti alcuni alberi colpiti da un parassita. Il legno dell’abete, come ogni anno, verrà poi utilizzato per scopi di beneficenza

L’albero di Natale sarà inaugurato il prossimo 9 dicembre, alle 16.30, insieme al presepe che quest’anno viene da Malta. Resteranno illuminati fino alla notte di domenica 8 gennaio, festa del Battesimo del Signore e conclusione del Tempo di Natale.

Anche quest’anno l’albero sarà ornato dalle riproduzioni di sfere in argilla raffiguranti disegni realizzati da bambini in cura presso i reparti oncologici di alcuni ospedali italiani. Questi bambini, insieme ai loro genitori, hanno partecipato ad un programma di ceramico-terapia ricreativa presso i laboratori ospedalieri permanenti coordinati dalla Fondazione Contessa Lene Thun Onlus. Sull’albero ci saranno 18.000 lampadine con tecnologia led di cui 1.400 ad effetto scintilla, per un consumo di soli 1,7 KW.

Nella mattinata del 9 dicembre le delegazioni trentina e maltese, insieme ad alcuni dei bambini che hanno realizzato le sfere, verranno ricevuti in udienza dal Papa per la presentazione ufficiale dei doni.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Coraggio e audacia profetica: il dialogo del Papa con i gesuiti. lo scorso 24 ottobre, (pubblicato da Civiltà Cattolica) riuniti per la trentaseiesima Congregazione generale.

Una catena da spezzare: il Papa denuncia il legame fra traffico di dfroga, mafia e ricilaggio di denaro 

Serge Thomas Bonino sull'alta dignità del corpo nell'istruzione "Ad resurgendum cum Christo".

Da Seoul, Cristian Martini Grimaldi sulla pacifica protesta delle studentesse in Corea del Sud.

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Oggi in Primo Piano



Colombia: firmata la nuova intesa di pace tra governo e Farc

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In Colombia prosegue il processo di pace tra governo ed ex ribelli delle Farc. Dopo la bocciatura in referendum di un primo accordo, ieri a Bogotà è stata firmata una nuova intesa, che modifica in parte la precedente. Per il presidente Santos si archivia un capitolo doloroso della storia del Paese. Per l’ex capo dello Stato, Uribe, alla guida del fronte del “no”, invece, troppe le concessioni fatte. Ce ne parla Giancarlo La Vella

Il nuovo accordo, di 310 pagine, introduce oltre 50 modifiche volte ad attenuare le critiche portate al testo precedente dal leader dell’opposizione di destra ed ex Presidente, Alvaro Uribe, che tuttavia non appare ancora convinto. I cambiamenti vanno dal divieto per i magistrati stranieri di giudicare i crimini commessi dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, all’impegno degli ex ribelli a rinunciare alla proprietà su alcuni beni, derivanti dal traffico della droga, allo scopo di risarcire le vittime. Nel suo discorso il Presidente Santos ha riconosciuto che il nuovo testo non soddisfa tutti, ma è l'unica opportunità di chiudere un capitolo così doloroso della storia colombiana. Sarà ora il Congresso che dovrà ratificare il trattato.

Sulla possibilità che, comunque, sia stato avviato uno stabile processo di pace in Colombia, Giancarlo la Vella ha sentito l’esperto di America Latina, Roberto Da Rin, inviato speciale del Sole 24 ore: 

R. - È quello che tutti si augurano. Certamente non sarà facile placare proteste dei parenti delle vittime, ma forse l’ostacolo più grande viene da Uribe , l’ex presidente della Colombia, che guida il Comitato per il “No” al processo di pace. In verità è un “no” all’accordo di pace, che è stato siglato dal suo ex delfino, Santos, ora presidente delle Repubblica. Santos ha dovuto naturalmente accettare dei compromessi, per concludere questo accordo, che è stato reso possibile anche dalla mediazione di Cuba che ha svolto un ruolo importante, e questo è stato riconosciuto a livelli internazionale persino dagli Stati Uniti. Uribe non vuole l’accordo di pace, perché concede troppo spazio agli ex guerrieri delle Farc, che ora tecnicamente potrebbero essere eletti in Parlamento come deputati.

A questo punto l’ultima parola spetta al parlamento. Una sorta di escamotage per evitare il rischio di un nuovo fallimento in referendum?

R. - È esattamente così. È un escamotage che cerca di trovare una exit strategy al “no” del referendum popolare. Quindi l’accordo è stato naturalmente rivisto non in modo sostanziale, ma con dei piccoli accorgimenti e il parlamento lo approverà senz’altro, perché ovviamente c’è già stato un accordo preventivo tra le forze politiche in campo. Quindi il voto popolare purtroppo viene dribblato, anche se, va detto, questo accordo di pace, nella sua prima stesura, aveva perso di poco nel giudizio popolare.

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Francia, fermati 12 reattori nucleari: "situazione molto preoccupante"

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In Francia il presidente dell'Authority sulla sicurezza nucleare (ASN) Pierre-Franck Chevet ha lanciato un allarme sulla situazione “molto preoccupante” delle centrali nucleari. Lo scenario è peggiorato a partire dall'aprile 2015, afferma Chevet, in seguito alla scoperta di un eccesso di carbonio nell'acciaio della vasca dell'Epr (reattore pressurizzato europeo) dell'impianto di Flamanville. Da lì si sono verificate numerose “altre brutte sorprese”: anomalie generiche che hanno comportato la chiusura di 12 reattori per effettuare dei controlli, nella speranza che non si riscontri un'alterazione della capacità meccanica dei generatori di vapore. Francesco Gnagni ne ha parlato con Giuseppe Zollino, professore di impianti termonucleari all’università di Padova e già presidente della Sogin, la Società Gestione Impianti Nucleari: 

R. – Ovviamente si tratta di una misura precauzionale. Il fatto che l’autorità intervenga a eseguire dei controlli e poi faccia fermare, per questi controlli, prima 7, poi altre 5 centrali, secondo me, dovrebbe produrre una certa tranquillità perché l’autorità di sicurezza francese è autorevole. Non produrrà pochi squilibri nella rete europea, ne produrrà significativi e soprattutto produrrà un aumento di costi.

D. – Quali ripercussioni avrà sui costi dell’elettricità in Italia?

R. – Non ci sarà il rischio che in Italia manchi energia elettrica. Si fanno delle previsioni di rincari o di aumenti complessivi della bolletta dell’ordine del miliardo, miliardo e mezzo. Non sono cifre che possano creare allarme dal punto di vista economico ma soprattutto è giusto rassicurare: non c’è nessun rischio che in Italia rimaniamo senza energia elettrica.

D. – La Francia è un Paese che ha fatto dell’energia nucleare un perno del suo sviluppo. Sappiamo che quasi l’80% dell’energia francese viene dalle centrali nucleari e ora sembra che in qualche modo si trovi in crisi. Significa che può prendere spazio l’idea di un uovo modello di sviluppo?

R. – Non vedo una fuoriuscita da questo modello per ragioni legate alla sicurezza o al fatto che l’energia nucleare sia una scelta del passato. Si tratta di scelte certamente legate alle preferenze dei cittadini, all’accettabilità di certe tecnologie rispetto ad altre ma, soprattutto, come è facile intuire, si tratta di scelte economiche. L’energia elettrica serve in grande quantità perché è il primo degli “alimentatori” – mi passi il termine – dell’industria: se è troppo cara non serve più. Quindi il futuro del mix francese… Via via che dovranno essere sostituiti i reattori esistenti, a un certo punto bisogna chiuderle, smantellarle, e mentre si smantellano quelle vecchie si possono, oppure no, costruire centrali nuove. Da un punto di vista del bilanciamento del mix, l’80% dell’energia elettrica dal nucleare è forse troppo. E infatti la Francia è l’unico Paese al mondo che ha questa situazione.

D. – In Europa c’è una forte sensibilità su questo tema, anche a livello popolare. Non a caso il 27 novembre, tra pochi giorni, la Svizzera voterà per un’uscita pianificata dal nucleare. Che ne pensa?

R. – La situazione delle centrali svizzere è abbastanza simile a quella francese, sono centrali anzianotte. La verità è che una moderna centrale nucleare costa un po’ di più delle centrali nucleari che si costruivano negli anni ’70 e ’80, per varie ragioni. Questo già spiega perché le società elettriche sono un po’ restie a sostituire agevolmente vecchie centrali con nuove e quindi queste sostituzioni devono essere imposte dall’esterno con delle regole, con delle procedure: queste - del “phase-out” si chiama in Svizzera - dopo 45 anni, vanno chiuse. In Europa, è vero, c’è una sensibilità contraria alla costruzione di centrali nucleari. Io mi auguro che non costruendo centrali nucleari esse vengano sostituite da altre tecnologie che comunque non emettano anidride carbonica. Perché, se come sta succedendo in questi giorni in Vietnam, decidono di non costruire più una centrale nucleare, di cui era già cominciata la costruzione, per sostituirla con una centrale a carbone, questa non è una bella notizia. Infatti, una centrale a carbone senz’altro costa di meno di una centrale nucleare ma produce, come sappiamo, un gas fortemente climalterante che è il primo responsabile di questo già attuale cambio climatico ma ha potenzialmente un cambio climatico ancora più distruttivo negli anni prossimi.

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Festival Dottrina sociale: al via a Verona con mons. Viganò su nuovi media

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“La pervasività dei media che tipo di relazioni permette?”. Questo il titolo dell’incontro con mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto per la Segreteria della comunicazione della Santa Sede che – dopo il videomessaggio di Papa Francesco – aprirà questa sera alle 20.30 a Verona, il Festival della Dottrina sociale, ideato dalla Fondazione Toniolo. “In mezzo alla gente” è il tema di questa sesta edizione. 

Una riflessione su vecchi e nuovi media
“Un Festival che vuole essere ‘In mezzo alla gente’, che vuole incontrare l’umanità in tutte le sue sfumature, che vuole mescolarsi alla vita, al lavoro, alla scuola – spiegano gli organizzatori –, non può che partire dalla comunicazione, dai media – vecchi e nuovi – e dalla riflessione sulla loro presenza e sulla loro influenza nella vita quotidiana delle persone e nel loro modo di relazionarsi”. 

L'importanza per le persone, di parlarsi e guardarsi negli occhi
Non a caso, chiarisce all'agenzia Sir mons. Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo di Verona e coordinatore del Festival, in questo momento, “è fondamentale che le persone possano parlarsi e guardarsi negli occhi. Essere ‘In mezzo alla gente’ vuol dire anche questo: invece di un sms, incontro te”. E se il mondo della comunicazione in rapida, costante evoluzione condiziona inevitabilmente le scelte quotidiane, il rischio è che i nuovi media diventino strumento di isolamento, individualismo, divisione e mancanza di dialogo. “Ecco perché – sono convinti gli organizzatori della manifestazione – essi costituiscono un moderno terreno di sfida per la Chiesa e per la Dottrina sociale”. Dopo le parole del Papa sono previsti i saluti di mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, del sindaco Flavio Tosi e di Claudio Gentili, direttore della rivista “La Società”. (R.P.)

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Sant'Egidio presenta riforme per umanizzazione delle carceri

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Presso il carcere di Regina Coeli, la Comunità di Sant’Egidio presenta ai detenuti le proposte fatte durante l’appuntamento “Pena e speranza: carceri, riabilitazione, esecuzione della pena, riforme possibili”, svoltosi il 16 novembre nella Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi Parlamentari, per una esecuzione della pena più capace di riabilitazione, con la partecipazione del Cortile dei Gentili, di deputati e senatori, testimoni ed esperti. C’era per noi Davide Dionisi: 

Non è stato certo una “spallata al sistema”, ma il Giubileo e il successivo incontro su “Pena e speranza. Carceri, riabilitazione, esecuzione della pena, riforme possibili”, promosso lo scorso 16 novembre dal Cortile dei Gentili, ha mosso qualcosa nel mondo carcerario. Ha tolto un po’ di polvere dalle sbarre e sollecitato gli organismi preposti a creare strutture extramurarie, utili a contrarre i tempi per la riabilitazione, oppure a individuare forma di depenalizzazione dei reati minori e offrire la possibilità di scegliere soluzioni alternative. Oggi nel carcere di Regina Coeli la Comunità di Sant’Egidio ha presentato ai detenuti le proposte avanzate in quella sede per rendere più dignitosa la loro vita. La testimonianza di Paolo Impagliazzo, volontario della Comunità di Sant’Egidio nelle carceri di Rebibbia e Regina Coeli:

R. – Molto è stato fatto, negli ultimi anni, come la riduzione del numero dei detenuti e l’aumento delle misure alternative, e questo già è un passo molto importante portato avanti dal governo italiano. Rimangono aperte tante questioni: io penso che la principale sia quella dell’incontro e dell’ascolto per i detenuti che si trovano soli e quindi maggiormente in difficoltà. Non conta tanto avere un paio di pantaloni in più, quanto piuttosto qualcuno con cui parlare, con cui confrontarsi. E la domanda che viene rivolta spesso a chi da fuori entra dentro è: “Che si dice, fuori? Che cosa succede?”, cioè la voglia di rimanere in contatto con il mondo. Rimane poi ancora la grande domanda del lavoro, che è troppo poco presente in carcere, per cui tanti detenuti sono costretti a un ozio forzato, perché non ci sono opportunità di lavoro.

D. – Si parla spesso di radicalizzazione, in carcere, soprattutto per quanto riguarda i detenuti musulmani. E’ possibile auspicare di vivere la propria fede in carcere? E’ utile?

R. – In carcere c’è tanto tempo per pensare. Spesso si riscopre la propria fede. Spesso ci si confronta con il proprio fallimento, con quello che non si è riusciti a fare. Da qui nascono, credo, due sentimenti: la rabbia contro tutto e contri tutti, quindi una rivolta; il secondo sentimento è il desiderio di ricominciare e questo spesso è legato anche alla richiesta di perdono, di sentirsi parte di una comunità di fedeli … Allora, in questo senso credo che non dobbiamo lasciare la ricerca religiosa al fai-da-te o alla televisione, ma dobbiamo prendere in considerazione la domanda profonda di fede di ogni uomo. Con la Comunità di Sant’Egidio festeggio in carcere il Natale, ma festeggio anche la fine del mese di digiuno del Ramadan con i musulmani. Io credo che siano momenti molto importanti, e credo che la presenza di preti, di catechisti ma anche di imam, che possano guidare, è molto importante per evitare proprio la radicalizzazione.

D. – Nell’incontro nel carcere di Regina Coeli si è parlato di umanizzazione del carcere, ma anche di festa con i detenuti alla presenza di alcuni artisti. Che significato può avere un momento del genere?

R. – Un significato importantissimo. I carcerati soffrono per tanti motivi, però un sintomo lampante di questa sofferenza è il fatto che i suicidi in carcere sono molti di più che “fuori”, gli atti di autolesionismo sono frequentissimi … Noi non possiamo calcolare numericamente l’effetto di questi momenti, se riducono o meno i suicidi; sappiamo però che hanno un effetto positivo perché ridonano dignità alle persone, fanno loro sentire che sono parte di un mondo come il nostro ed è molto importante per abbassare le tensioni, per ridurre le tensioni.

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Terremoto: 16 milioni di euro dalla Caritas per la ricostruzione

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A tre mesi dalla prima scossa di terremoto in Italia centrale, l'impegno della Caritas resta costante. Lo assicura l'organismo pastorale della ‘Cei’ secondo cui è doveroso rispondere con impegno nel lungo periodo. Ammonta a 16 milioni di euro la cifra raccolta dalla Caritas italiana e sarà distribuita alle diocesi colpite per i primi interventi. Lunedì  28 novembre, avrà luogo nella sede della Cei a Roma, un nuovo incontro con i vescovi delle diocesi interessate ed in quella occasione sarà presentato un protocollo per la risoluzione dei problemi post-sisma. Determinante per l’operatività delle norme prese in esame è stato anche l’incontro tra il commissario straordinario del Governo per la ricostruzione, Vasco Errani, Fabrizio Curcio, capo Dipartimento della Protezione Civile; Antonia Pasqua Recchia, segretario generale del ministero dei Beni culturali e turismo e monsi. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Clarissa Guerrieri ha intervistato Don Andrea La Regina, responsabile nazionale macro-progetti Caritas:  

R. – Dal punto di vista della raccolta, noi abbiamo il doppio canale che viene dai cittadini che mandano direttamente a Caritas italiana la loro offerta, il loro dono. Poi c’è la colletta nazionale che è stata indetta dalla Conferenza episcopale nel settembre scorso. Questi 16 milioni verranno impiegati… Il primo milione, quello erogato subito dalla Conferenza episcopale, è stato già trasferito alle diocesi interessate per tutto ciò che riguarda viveri, vestiario, aiuti alle famiglie… Mentre, invece, la realtà dell’emergenza attuale è quella di fare in modo che attraverso i gemellaggi ci sia la possibilità di pensare alle famiglie. Noi riteniamo che la concretizzazione di questa nostra prossimità possa passare attraverso la costruzione anche di centri e di comunità che rendano possibile la vita delle comunità alle diocesi colpite. Però accanto a questi centri polifunzionali per le attività della comunità riteniamo importante sostenere il tessuto socioeconomico. Attendiamo anche le scelte delle istituzioni pubbliche, con cui noi siamo in dialogo, per fare in modo che accanto ai loro interventi ci siano interventi di natura economica o strutturale da parte di un organismo pastorale come la Caritas.

D. – In che modo sono organizzati questi centri funzionali all’interno delle comunità?

R. – Con una struttura che essendo polifunzionale fa in modo che questi centri possano essere trasformati da luogo in cui si prega, luogo di culto, a luoghi che possano prevedere le attività educative per i ragazzi o le attività sportive.

D. – Che tipo di rapporto è presente tra enti pubblici ed istituzioni ecclesiastiche?

R. – E’ un rapporto con finalità diverse ma con la finalità comune di dare le risposte da mettere in campo bene, subito, commisurate ai bisogni delle comunità. Abbiamo come finalità quella di essere prossimi alle persone, vicini alle persone.

D. - Che ruolo svolge la Chiesa in questa situazione tanto delicata?

R. – La Chiesa è consapevole di avere una responsabilità forte. Attraverso i gemellaggi abbiamo la possibilità di assicurare una presenza umana prima che di beni o di cose. La cosa importante nei gemellaggi non è il fatto che chi ha più dà a chi ha meno: è un cammino ecclesiale che si fa insieme.

D. - Secondo lei le persone colpite dal terremoto stanno ricevendo il giusto supporto e sono soddisfatti?

R. – In questo momento dire di essere “soddisfatti” è una parola grossa. Certamente la risposta delle istituzioni è stata pronta però ho visto che le popolazioni hanno la forza di saper far valere anche i propri diritti. Bisogna passare dalle parole previste dalla normativa all’attuazione che va fatta nell’ascolto costante e capace di riscatto che possiamo anche dare noi come Chiesa ma che è anche una finalità delle istituzioni civili.

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Vescovi Nicaragua: appello per popolazioni colpite da uragano Otto

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L’uragano Otto continua a colpire l’America centrale con piogge torrenziali e venti impetuosi. In Costa Rica le autorità hanno fatto evacuare 4 mila persone nella parte nord della costa caraibica del Paese e hanno ordinato la chiusura delle scuole per l’intera settimana. Inoltre, viste le piogge torrenziali previste in alcune aree, sono stati chiusi anche gli uffici pubblici. 

Danni per le colture di caffè
In Nicaragua, oltre alla evacuazione di 10 mila persone e la chiusura delle scuole, si teme il peggio per i contadini e le colture di caffè, che erano quasi pronte al raccolto. In un comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale del Paese, ripreso dall'agenzia Fides, i vescovi invitano l’intera popolazione ad attenersi alle indicazioni delle autorità nazionali e regionali per garantire la loro sicurezza e prevenire eventuali e ulteriori danni collaterali. 

Invito alla preghiera per le popolazioni colpite dall'uragano
​I vescovi, inoltre, invitano alla preghiera per le persone, le famiglie e le comunità coinvolte nell’uragano e per il personale delle organizzazioni al servizio dei soccorsi. Secondo il Centro statunitense di controllo degli uragani di Miami, la tempesta tropicale si è trasformata nel settimo uragano della stagione 2016, con venti che soffiano a 120 chilometri l’ora. (A.P.)

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Messaggio dei vescovi Usa per la Giornata del Ringraziamento

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In occasione del giorno del Ringraziamento, che si celebra oggi, il presidente ed il vice presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (Uscbb), il card. Daniel N. DiNardo, arcivescovo di Galveston-Houston, e l’arcivescovo di Los Angeles, mons. José H. Gomez, appena eletti a questa carica dalla recente Assemblea dell’episcopato, hanno reso pubblico un messaggio.

Aprire ai bisognosi l'opportunità di partecipare pienamente alla speranza dell'America
"Questo giovedì, 24 novembre, la nostra nazione farà una pausa per ringraziare Dio per le abbondanti benedizioni che Egli ci ha concesso". "E' una tradizione di riconoscenza di persone di molte fedi che si tramanda da prima della fondazione del nostro Paese” inizia il testo, ripreso dall'agenzia Fides.
“Nei tempi moderni, il Ringraziamento è diventato un giorno in cui le famiglie disperse si riuniscono di nuovo intorno alla tavola per cenare insieme – proseguono - . In innumerevoli parrocchie, il giorno del Ringraziamento è anche un giorno di servizio, perché i volontari preparano un pasto per i meno fortunati. Preghiamo per tutti coloro che sono separati dall'abbondanza del nostro Paese, che Dio li possa confortare e si possano aprire per loro delle opportunità di partecipare pienamente alla speranza dell'America”.

Ricordare in questo giorno anziani, bisognosi e persone sole
​Il Messaggio poi invita a ricordare in particolare “gli anziani e coloro che sono nel bisogno, così come chiunque possa essere solo in questo giorno. Che possano sperimentare la vicinanza di Dio”. Il testo si conclude: “Nel giorno del Ringraziamento, milioni di americani, dalle grandi città alle piccole località rurali, chineranno il capo per dire ‘Grazie’. Tutti insieme, il cittadino e il nuovo arrivato, sorelle e fratelli di tutti noi. Diversi come siamo, siamo uniti nell’essere debitori di Dio e nella nostra volontà di dire a Lui Grazie!”. (C.E.)

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Brasile: vescovi critici verso la riforma della scuola

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La Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb), attraverso il proprio Consiglio pastorale episcopale (Consep), riunitosi a Brasilia il 22 e 23 novembre, ha diffuso ieri, a conclusione dell’incontro, una nota sulla riforma della scuola superiore presentata dal Governo federale al Congresso nazionale, sotto forma di misura provvisoria. Secondo i vescovi - riporta l'agenzia Sir - sono lodevoli quelle iniziative che cercano di portare un dibattito, una discussione e un miglioramento sulla realtà scolastica e formativa brasiliana. Tuttavia, così come altre proposte recenti, soffre i limiti di una ricerca frettolosa di una soluzione”. 

Richiesto un dibattito con la società civile
La Chiesa brasiliana ritiene che “un settore così importante come l’istruzione non può limitarsi alla riforma della scuola superiore”. In ogni caso, la riforma richiede “un ampio dibattito con la società civile, in particolare con il mondo della scuola. È questa la migliore forma di legittimazione rispetto a misure così importanti”.

La scuola coinvolge la dimensione etica, estetica, religiosa, politica e sociale
Nel testo, i vescovi sottolineano che l’educazione dovrebbe guardare alla formazione integrale della persona umana. “L’obiettivo della scuola non può essere solo quello di fornire una conoscenza tecnologica e strumentale – si legge nella nota -. Essa deve guardare anche alla dimensione etica, estetica, religiosa, politica e sociale. La scuola è un ambiente educativo nel quale crescere e apprendere a vivere”. Si chiedono i vescovi: “Che modello di uomo e di donna sta sotto a questo provvedimento provvisorio?”. Il documento contesta infatti che tale riforma “prepara al mercato ma non alla cittadinanza”. Il tutto mentre gli studenti “reclamano protagonismo” e gli insegnanti, “già penalizzati per i bassi salari, vengono ignorati”. 

Non lasciarsi vincere dalla rassegnazione
La Chiesa brasiliana invita gli studenti e le loro famiglie a non lasciarsi vincere dalla rassegnazione, “la partecipazione popolare pacifica è fondamentale per cercare nuove soluzioni”. In assenza, in questi giorni, del presidente della Cnbb, il neocardinale Sergio Da Rocha, la nota è firmata dal vicepresidente della Cnbb , dom Murilo S. R. Krieger, arcivescovo di Salvador de Bahia, da dom Guilherme A. Werlang, vescovo di Ipamerí e presidente della Commissione episcopale per la Carità, Giustizia e Pace, e dal segretario generale della Cnbb , dom Leonardo Ulrich Steiner, vescovo ausiliare di Brasilia. (R.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 329

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.