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Sommario del 26/11/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco: sentimenti di dolore per scomparsa Fidel Castro

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Sentimenti di dolore per la scomparsa di Fidel Castro, avvenuta stanotte a Cuba. Li esprime Papa Francesco in un telegramma di cordoglio al fratello, il Presidente Raul Castro, ai familiari tutti e al popolo di quella che definisce “amata nazione”. Il Pontefice, nell’apprendere la “triste notizia”, prega per il riposo eterno dell’ex Presidente del Consiglio di Stato e del governo della Repubblica di Cuba e affida i cubani all’intercessione della patrona del Paese, Nostra Signora della Carità del Cobre. 

Fidel Castro aveva 90 anni. Tre i Papi che lo hanno incontrato, l’ultimo, Francesco, nel suo viaggio il 20 settembre del 2015 quando, nella residenza a L’Avana, Fidel Castro gli donò una copia del libro "Fidel e la religione", di Frei Betto. Il servizio di Massimiliano Menichetti: 

“Rivoluzione è conoscenza del momento storico è conquistare tutto quello che deve essere cambiato è uguaglianza e libertà piena”. Così Fidel Castro parlava della rivoluzione, quella che lo vide protagonista contro il regime del dittatore Fulgencio Batista, assieme al fratello Raúl, Che Guevara, Camilo Cienfuegos e che cambiò il destino del suo Paese. Castro fu nel 1959 primo ministro di Cuba, poi Presidente del Consiglio di Stato e Presidente del Consiglio dei ministri, Primo Segretario del Partito Comunista, unica formazione del Paese. Dopo il fallito sbarco sulla spiaggia di Giron, nella baia dei Porci, nel 1961, da parte di millecinquecento esuli cubani appoggiati dagli Stati Uniti d'America nel tentativo di rovesciare il regime, Castro istituì la Repubblica di Cuba. Questo gli valse l’appellativo di Líder Máximo ovvero il Condottiero Supremo capace di resistere all’embargo americano. Controverso il giudizio sulla sua figura: accusato da una parte di violare i diritti umani e dall’altra lodato per miglioramento delle condizioni di vita sull’Isola. Nel 2008 dopo 50 anni annunciò che non avrebbe accettato una nuova elezione alla Presidenza, nel 2011 consegnò definitivamente i suoi poteri nelle mani del fratello Raùl. Ma è dal 2008 che presero vita diverse riforme e la normalizzazione delle relazioni con la comunità internazionale.

In questo contesto decisivo è stato il ruolo diplomatico della Chiesa cattolica, in particolare l'azione di Papa Francesco che ha portato alla normalizzazione dei rapporti tra Washington e L'Avana. Tre i Papi con cui Castro ha parlato. Sei, in diversi momenti, gli incontri del Comandante con San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Indimenticabile quello del 21 gennaio del 1998 a L’Avana con il Papa polacco appena sceso dall’aereo: i due si parlarono, guardarono i propri orologi come a siglare visivamente un istante che diventava storia.

Immediatamente San Giovanni Paolo II lanciò la sfida più grande:

“Que Cuba se abra con todas…
Possa Cuba aprirsi con tutte le sue magnifiche possibilità al mondo e possa il mondo aprirsi a Cuba”

Un auspicio che ha camminato nel tempo sostenuto anche da Benedetto XVI che nel marzo del 2012, proprio a Cuba, ribadì il “cammino comune” per tutti i cubani:

"La hora presente reclama de forma apremiante que en la convivencia humana…
L'ora presente reclama in modo urgente che, nella convivenza umana, nazionale ed internazionale, si eliminino posizioni inamovibili ed i punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l'intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione”.

E’ stato poi Papa Francesco che tre anni dopo, nel settembre 2015, “sull’isola della rivoluzione”, guardando ai nuovi rapporti con gli Stati Uniti, ha parlato di  “piccoli ponti” che uno dopo l’altro “fanno il grande ponte della pace”:

"Desde hace varios meses, estamos siendo testigos...
Da alcuni mesi, siamo testimoni di un avvenimento che ci riempie di speranza: il processo di normalizzazione delle relazioni tra due popoli, dopo anni di allontanamento. È un processo, è un segno del prevalere della cultura dell’incontro, del dialogo, del sistema della valorizzazione universale... sul sistema, morto per sempre, di dinastia e di gruppo".

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Papa: ripensare economia ascoltando il grido dei poveri

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Per ripensare l’economia, bisogna partire dalle piccole scelte quotidiane che tutti siamo chiamati a fare, usando i beni per scelte solidali, avendo cura del Creato e misurandosi con la povertà delle famiglie che ci vivono accanto. Questo il cuore del messaggio inviato da Papa Francesco al Simposio sull’economia in corso a Roma, presso la Pontificia Università Antonianum e organizzato dalla Congregazione per gli istituti di Vita consacrata e le Società di vita apostolica. Vi partecipano circa mille economi, impegnati sul tema: “Ripensare l’economia nella fedeltà al carisma”. Il servizio di Roberta Barbi

Carisma, fedeltà e un ripensamento dell’economia: il Papa ripercorre i tre punti salienti che formano il titolo del Simposio sull’economia organizzato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica per offrire le sue riflessioni sul tema. I carismi, innanzitutto, afferma il Santo Padre, nella Chiesa non sono “qualcosa di statico e rigido”, ma sono chiamati a fruttificare facendo nascere il bene all’interno della Storia. Parlare di carisma significa parlare di dono, di gratuità e di grazia, come conferma la radice del termine, charis: una società che non la possiede finisce per disumanizzarsi, mentre l’economia non è mai neutra dal punto di vista etico e antropologico e se non concorre a costruire rapporti di giustizia e solidarietà, genera situazioni di esclusione e di rifiuto. Questa, dunque, la chiamata cui devono rispondere i consacrati: restare vigili e rispondere alle situazioni concrete mantenendo vitali questi doni, ma anche ascoltando la Parola di Dio che ci parla e restando pronti a “sporcarsi le mani” lavorando nella storia scrutando in essa i segni di Dio e accompagnando le donne e gli uomini del nostro tempo. Leggere le domande per rispondervi, ascoltare il pianto per consolare, riconoscere le ingiustizie per condividere l’economia, discernere le insicurezze per offrire pace e guardare le paure per rassicurare: questo il delicato compito della vita consacrata.

Fedeltà al carisma e alla missione della Chiesa
La fedeltà, invece, prosegue Francesco, oggi è “domandarsi cosa il Signore ci chiede di fare”. Chiedersi, dunque, “se le nostre opere manifestano o no il carisma che abbiamo professato – chiarisce il Papa – se rispondono alla missione che la Chiesa ci ha affidato”. Il criterio di valutazione, naturalmente, non può essere la redditività, ma – appunto. La fedeltà al carisma che richiede il coraggio di tenere lo sguardo ben rivolto a Cristo e le orecchie attente alla voce dei poveri.

"L'ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi danneggia la Chiesa"
Si arriva, dunque, al ripensamento dell’economia attraverso una rilettura attenta non solo della storia, ma della Parola di Dio, agendo poi con “quella fiducia coraggiosa nella provvidenza del Padre”. Il Papa invita a non farsi tentare dalla logica dell’individualismo, ma ad esprimere il discernimento che opera nel rispetto delle leggi e si pone controcorrente perché si serve del denaro, non serve il denaro, si avvale di specialisti perché necessita di competenze e capacità specifiche, ma riguarda anche la vita di ognuno. In questo senso il discernimento non si delega, perché investe la responsabilità personale. Anche gli istituti di vita consacrata – aggiunge il Papa – non sono esenti da rischi come la massimizzazione del profitto che è distorsione dell’economia, o come il cedere alla trappola dell’avarizia. “L’ipocrisia dei consacrati che vivono da ricchi ferisce le coscienze dei fedeli e danneggia la Chiesa – avverte Francesco – dobbiamo educarci a un’austerità responsabile perché non basta aver fatto la professione religiosa per essere poveri”, soprattutto se l’istituto cui si appartiene consente di gestire o godere di tutti i beni che si desiderano. Compiere scelte di onestà è faticoso – conclude il Papa - ma si tratta di acquisire un habitus, uno stile nel segno della giustizia e della condivisione spesso scomodo, ma come scrive San Giovanni Apostolo nella sua Prima Lettera, “se uno ha ricchezze di questo mondo vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio?”.

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Papa incoraggia giovani del Servizio Civile: "Apporto fondamentale"

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“Il grado di civiltà di un popolo si misura in base alla capacità di rispettare e promuovere i diritti di ogni persona, a partire dai più deboli”. E’ uno dei punti fondamentali del discorso del Papa ai 7 mila giovani del Servizio Civile Nazionale ricevuti oggi in Vaticano. Da Francesco anche un grazie all'Italia per quanto fa per i migranti e un ricordo per la gente colpita dal terremoto in Umbria e nelle Marche. Il servizio di Alessandro Guarasci

Il Papa incoraggia i giovani del Servizio Civile Nazionale, una via che dà “pienezza di significato" alla "vita”. “Questa via non è uguale per tutti, ma ognuno può trovare quella più adatta alla sua personalità, ai suoi doni, alla sua situazione”, dice il Papa:

“Sicuramente la strada del servizio va controcorrente rispetto ai modelli dominanti, ma in realtà ognuno di noi si sente contento e realizzato solo quando è utile per qualcuno. Questo sprigiona in noi delle energie nuove, ci fa percepire che non siamo soli e dilata i nostri orizzonti”.

Francesco definisce questi ragazzi “una forza preziosa e dinamica del Paese”. Ed ancora:

“Il vostro apporto è indispensabile per realizzare il bene della società, tenendo conto specialmente dei soggetti più deboli. Il progetto di una società solidale costituisce il traguardo di ogni comunità civile che voglia essere egualitaria e fraterna”.

Questo traguardo, oggi come ieri, però, a volte viene tradito. E ciò succede quando si “assiste passivamente al crescere della disuguaglianza tra le diverse parti sociali o tra le nazioni del mondo; quando si riduce l’assistenza alle fasce più deboli senza che siano garantite altre forme di protezione; quando si accettano pericolose logiche di riarmo e si investono preziose risorse per l’acquisto di armamenti; o ancora quando il povero diventa un’insidia e invece che tendergli la mano lo si relega nella sua miseria”.

Atteggiamenti che rappresentano - dice il Papa - uno “sfregio della nostra società e della sua cultura immettendo in esse criteri e prassi improntati all’indifferenza e alla sopraffazione, che rendono più povera la vita non solo di chi è dimenticato o discriminato, ma anche di chi dimentica o discrimina”.

Dunque, il Servizio Civile aiuta la società a crescere in modo armonioso e a “svolgere una funzione critica” nei confronti di prospettive “contrarie all’umano”. Un compito alto, dunque, che si esplica nella tutela dell’ambiente, nell’assistenza ai poveri, nell’aiuto ai “rifigiati e ai migranti”, compito quest’ultimo in cui l’Italia è impegnata sia sul fronte dell’accoglienza, sia sul fronte dell’integrazione.

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Bobba: investiamo nel Servizio Civile per più solidarietà

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Tra i presenti in Aula Paolo VI stamattina per l'incontro del Papa con i giovani del Servizio Civile Nazionale, anche il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba, che ha la delega proprio al Servizio Civile Nazionale, svolto negli ultimi 15 anni da oltre 340 mila ragazzi. Ma questo apporto dato alla nostra società, come è cambiato in questi anni? Sentiamo lo stesso Bobba intervistato da Alessandro Guarasci

R. – È cambiato prima di tutto perché è cresciuto: un numero maggiore di giovani può fare quest’esperienza, che è in primis un’esperienza di formazione personale, di cittadinanza attiva, quindi di impegno anche di natura civica, e poi di servizio per una comunità. Insomma, far crescere il bene comune, le opere di pace e di giustizia.

D. – Ma i fondi, in questo governo – in questa maggioranza – ci sono fondi per rafforzare ancora il Servizio Civile?

R. – Sicuramente sì. C’è la volontà determinata del governo di offrire questa opportunità e di dare ancora la possibilità a tutti i giovani, che scelgono volontariamente di fare il Servizio Civile, di poterlo fare. E questo è l’obiettivo che vogliamo conseguire, gradualmente, nel giro di pochi anni.

D. – I giovani del Servizio Civile come sono visti, secondo lei, dal resto della società?

R. – Sono visti come un’opportunità e una risorsa; perché costruire legami comunitari, prendersi cura di chi è più debole, cercare di realizzare opere che hanno a che fare con l’interesse delle nostre comunità, e in particolare di quei cittadini che fanno più fatica a stare al passo con gli altri, è vista come un’opportunità di futuro. Migliorando la vita delle persone più fragili, si migliora la vita di tutti.

D. – Ma l’apporto dei giovani del Servizio Civile va visto come una forma sostitutiva dello Stato, anche per ovviare alle tante carenze del Welfare State?

R. – Non è sostitutiva: è un modo di realizzare quello che è il principio di sussidiarietà, mobilitando le risorse della società civile, gli enti che promuovono, anche i Comuni che ingaggiano questi giovani e costruiscono il bene di tutti.

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Papa al Premio Ratzinger: tutta la Chiesa grata a Benedetto XVI

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“Tutta la Chiesa” sarà “per sempre” grata al Papa emerito Benedetto XVI per il suo pensiero e il suo magistero “fecondo”. Così Papa Francesco in Sala Clementina, nel saluto alla cerimonia di consegna del Premio Ratzinger 2016 e a conclusione del Simposio internazionale sul tema: “L’Escatologia: analisi e prospettive”, svoltosi in questi giorni a Roma. Il riconoscimento, assegnato dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger–Benedetto XVI, è andato a mons. Inos Biffi e al teologo ortodosso Ioannis Kourempeles. Il servizio di Giada Aquilino

La “profondità” del pensiero di Joseph Ratzinger “ci aiuta a rimanere aperti all’orizzonte dell’eternità”, dando così senso anche “alle nostre speranze e ai nostri impegni umani”. Così Papa Francesco esprime ancora una volta “grande affetto” e riconoscenza per il Papa emerito Benedetto XVI, che - sottolinea – “continua ad accompagnarci” con la preghiera:

“Il suo è un pensiero e un magistero fecondo, che ha saputo concentrarsi sui riferimenti fondamentali della nostra vita cristiana, la persona di Gesù Cristo, la carità, la speranza, la fede. E tutta la Chiesa gliene sarà per sempre grata”.

Un sentimento di gratitudine che Francesco accompagna al ricordo del lavoro teologico di Joseph Ratzinger, in particolare sul tema dell’Escatologia, “molto importante” nell’impegno del Papa emerito sia quando insegnava, sia quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sia durante il suo pontificato. Messe in luce specialmente le sue “profonde considerazioni” sulla vita eterna e sulla speranza nell’Enciclica “Spe salvi”:

“Il tema dell’escatologia è fondamentale quando si riflette sul senso della nostra vita e della nostra storia senza restare chiusi in una impostazione materialistica o comunque puramente intramondana. Il Giubileo della Misericordia, da poco concluso, ci ha ricordato tante volte che la misericordia è al cuore del ‘protocollo’ su cui Gesù dice che saremo giudicati: ‘Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto  sete e mi avete dato da bere’”.

Consegnando i riconoscimenti del Premio Ratzinger e congratulandosi con i vincitori dell’edizione 2016, introdotti dal card. Kurt Koch a nome del Comitato scientifico della Fondazione Ratzinger, Papa Francesco menziona per mons. Inos Biffi i “meriti di una vita intera dedicata agli studi teologici nella Chiesa e nel suo servizio”: un riconoscimento, osserva, per così dire “alla carriera” di un grande teologo. Del lavoro teologico dell’ortodosso Ioannis Kourempeles, Papa Francesco sottolinea “l’interesse da lui dedicato al pensiero di Joseph Ratzinger” e l’impegno nel “sondare la fecondità dell’incontro” fra il pensiero del Papa emerito e la teologia ortodossa.

Proprio alla promozione della ricerca teologica aveva fatto riferimento, nella sua introduzione, padre Federico Lombardi, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Ratzinger, ricordando il contributo di Benedetto XVI:

“Promuovere la teologia come servizio ecclesiale di riflessione sulla fede e nella fede dal suo stesso interno, come si è espresso il Papa emerito in un bellissimo incontro che ho potuto avere con lui circa due mesi fa. Parole significative, dette da un uomo che è stato professore di Teologia, poi prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e poi Papa, ma che effettivamente si è sempre impegnato ad esercitare le sue responsabilità come uomo di pensiero che vive anzitutto la sua fede e riflette su di essa per servire sempre meglio e profondamente la gioia dell’annuncio del Vangelo nella Chiesa e nel mondo”.

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Udienza del Papa

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Per le udienze del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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La gratuità è ricchezza: il Papa ringrazia i volontari del servizio civile italiano per gli aiuti a profughi e terremotati.

Il telegramma del Pontefice per la morte di Fidel Castro e un articolo di Luca M. Possati dal titolo "Leader dalle mille facce".

E' l'Umbria, non la Toscana: Francesco Scoppola sul primo disegno delineato da Leonardo.

Ricucire le ferite: Angela Mattei su Rosemary Nyirumbe e le ex bambine soldato.

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Oggi in Primo Piano



Morte Fidel Castro. L'ex nunzio Musarò: Cuba continua a camminare

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In queste ore la speranza è che Cuba esca sempre di più dalla sofferenza che ha vissuto. Così in sintesi l'arcivescovo mons. Bruno Musarò già nunzio apostolico a L'Avana ed ora rappresentante pontificio in Egitto, dopo la morte di Fidel Castro. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato: 

R. - Il mio ricordo personale di Fidel Castro, l’unico praticamente, è quando l’ho ricevuto sulla porta della nunziatura in occasione della visita di Papa Benedetto XVI a Cuba nel marzo del 2012, quando gli ho detto: “Benvenuto. Le dico subito, comandante, che io sono stato alunno di un suo caro amico, il presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica”. Lui fa: “Ah, mons. Zacchi!” – il quale era stato nunzio a Cuba per tanti anni, rappresentante pontificio… Di fatto, Fidel Castro con frequenza mandava a mons. Zacchi una scatola di sigari cubani. Poi dopo ha mandato una scatola di sigari anche a me…

D. - Lei è stato nunzio a Cuba tra il 2011 e il 2015: cosa la colpiva dell’Isola?

R. - Io rimasi veramente esterrefatto nel vedere a Cuba la sofferenza, la povertà, la miseria…

D. - La Chiesa cattolica ha giocato un grande ruolo per l’apertura di Cuba: ricordiamo Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Papa Francesco…

R. - Veramente, con tanta generosità questi Pontefici, la stessa Santa Sede, la Segreteria di Stato hanno lavorato per migliorare la situazione del popolo cubano. Papa Francesco ci esorta ad avere pazienza, soprattutto ad avere speranza ed è questo l’augurio per tutto il popolo cubano, che veramente cambi la sua situazione e che veramente sorga un’era di libertà e di prosperità.

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Padre Lombardi: gli incontri di Fidel Castro con i Pontefici

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Fidel Castro ha incontrato tre Papi. Sentiamo padre Federico Lombardi, che, da direttore della Radio Vaticana e della Sala Stampa Vaticana, fu testimone di due di quegli incontri tra I Papi Bendetto XVI e Francesco con il lider maximo. L'intervista è di Giancarlo La Vella

R. – Certamente il rapporto tra i Papi e Cuba, tra i Papi e Fidel Castro, è un aspetto estremamente importante del lunghissimo cammino di riapertura di rapporti fra Cuba e la Chiesa, fra Cuba e il mondo. E sono episodi che hanno avuto un grandissimo ruolo in questo itinerario. Castro incontrò due volte Giovanni Paolo II. Una prima volta quando venne qui a Roma per un evento internazionale, ma poi naturalmente durante il viaggio di Giovanni Paolo II a Cuba, un viaggio che rimase assolutamente storico, il primo di un Papa in quell’isola. Io non ero presente in quel viaggio. Invece ero presente nei due viaggi successivi dei Papi, quello di Benedetto XVI e quello di Francesco, in cui anche ci fu l’incontro con Fidel Castro, inevitabilmente, come uno dei momenti assolutamente importanti, anche se non era più il capo del governo del Paese.

D. Che cosa la colpì di questi ultimi due incontri?

R. - Quello che colpì in particolare fu il suo desiderio di ascoltare. Mentre tutti si potevano immaginare che Castro - era una persona che parlava molto, era una persona che faceva lunghi discorsi - avrebbe voluto anche in occasione dell’incontro col Papa dire lui tante cose al Papa, invece no, fu esattamente il contrario. Egli voleva domandare al Papa domande, ma domande di grande orizzonte, domande profonde sulla storia, sulla fede, sulla Chiesa, perché era nella fase in cui svolgeva anche una riflessione di ampio raggio sulla storia, sulla condizione dell’umanità. Quindi furono domande piuttosto consistenti, su cui egli voleva sentire il parere di una grande autorità del mondo di oggi, come il Papa della Chiesa cattolica.

D. - Come fu il colloquio con Papa Benedetto?

R. - Il colloquio con Benedetto fu un bel colloquio lungo - mi pare tra mezz’ora e un’ora - in cui egli pone delle domande e il Papa rispondeva con gusto, con la sua chiarezza, con la sua grande lucidità. E anche nel colloquio più recente dell’ultimo viaggio del Papa Francesco - in cui il Papa si recò alla residenza di Castro, mentre in quello precedente era Castro che era stato ancora in condizioni di venire alla nunziatura per incontrare Benedetto - il Papa si recò alla residenza di Castro e anche lì si svolse un colloquio molto cordiale e molto ampio in cui si manifestò anche la vivacità culturale e intellettuale del presidente Castro. 

D. - SignificativI anche lo scambio dei regali...

R. - In tutte e due le occasioni i Papi regalarono a Castro dei libri perché questo era quello che lui desiderava per approfondire il discorso e continuarlo. Quindi noi abbiamo il ricordo di una persona consapevole dell’importanza del ruolo morale di guida del Papa nel mondo e anche desiderosa di ascoltarne la saggezza nel panorama del mondo di oggi.

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Maltempo: tregua al nord Italia, l'allerta si sposta al sud

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Ancora emergenza in Italia per il maltempo, che da ieri si è spostato a sud della penisola abbatendosi soprattutto su Calabria, Sardegna e Sicilia. Migliora la situazione nelle zone nord occidentali del Paese, colpite dai violenti temporali dei giorni precedenti, anche se l’allerta rimane comunque alta. Ce ne parla Marina Tomarro: 

Continua in Italia l’emergenza maltempo, che da ieri si è spostato nel sud della penisola, colpendo soprattutto Calabria, Sardegna e Sicilia. In particolare il nubifragio che si è abbattuto sulla Sicilia occidentale ha messo in ginocchio diversi comuni nell'area di Agrigento e Messina, dove si sono verificate esondazioni di fiumi e torrenti. Gravissimi i danni in agricoltura, la Coldiretti stima una perdita del 50% degli agrumi nei territori tra Ribera e Sciacca. Due uomini da ieri risultano dispersi. Codice rosso anche in Calabria, dove nella notte le piogge hanno colpito pesantemente la Locride, interrompendo una linea ferroviaria, e il Crotonese. Diverse le frazioni isolate. Migliora la situazione in Piemonte e Liguria, anche se la stima dei danni rimane altissima. Tante le frane e le strade allagate. Centinaia ancora le persone sfollate nelle zone di Cuneo e Torino, 210 solo a Moncalieri, dove l'esondazione del fiume Chisola ha allagato tre borgate. Continua a salire il livello del fiume Po, monitorato dalla protezione civile. Ma sulla situazione attuale a sud della penisola ascoltiamo Paolo Cappadona, responsabile dell'Ufficio emergenze della Protezione Civile della Calabria:

R. – Purtroppo, stiamo avendo intensissime precipitazioni proprio nell’area della Locride, area che un anno fa era già stata colpita da una fortissima alluvione: aveva quindi ancora delle situazioni di criticità in atto, che derivavano da quelle residuali dell’anno scorso. Queste sono state ovviamente aggravate dalle piogge delle ultime ore, e in alcune stazioni, abbiamo registrato oltre 400 millimetri di pioggia accumulata: quindi dei valori elevatissimi. Oltre alla Locride, abbiamo problemi anche nel Crotonese.

D. – Quali sono i danni registrati?

R. – Fino a questo momento abbiamo avuto esondazioni di torrenti in vari punti; frane su strade provinciali, con interruzione della viabilità primaria e quindi con molte frazioni che diventano difficilmente raggiungibili. Sono delle situazioni per fortuna al momento localizzate, che stiamo riuscendo a fronteggiare con i mezzi che abbiamo a disposizione; oltre alle associazioni di volontariato che abbiamo attivato.

D. – Avete avuto molte chiamate di emergenza, di richiesta di aiuto?

R. – Sì, ovviamente soprattutto da parte di molti sindaci, che avevano difficoltà soprattutto legate all’isolamento delle frazioni. Stiamo cercando di risolvere il problema. Al momento la situazione è critica, ma non ci sono particolari allarmi.

D. – Quale comportamento deve avere la popolazione di fronte ad un improvviso maltempo?

R. – Quando ci sono precipitazioni così intense, oramai la tipologia di fenomeni la conosciamo. Le aree grosso modo che sono a rischio si conoscono. Molti sindaci oggi hanno chiuso le scuole nella Locride e nel Crotonese e questa è una buona cosa: evitare che i ragazzi vadano in giro. Per quanto riguarda i cittadini, bisogna evitare quei punti critici che in questi casi possono rappresentare fonte di pericolo. Quindi bisogna evitare di percorrere strade collinari dove ci sono versanti soggetti a frane; evitare di attraversare ponti sulle fiumare quando si è in condizioni critiche. Occorre mettere in atto delle buone norme comportamentali che possano evitare che in questo caso i danni siano elevati.

D. – Ci può essere anche un modo per prevenire i danni di questi forti temporali, secondo lei?

R. – Sì, la prevenzione è un argomento abbastanza complesso. Ci sono tantissime cose da fare, a partire dai comportamenti di autoprotezione: ossia i comportamenti personali, per finire con quelli che sono gli interventi di prevenzione e di rimessa in sicurezza: interventi che vanno fatti. Queste piogge intense hanno interessato un’area che già l’anno scorso era stata colpita da un’alluvione; per cui c’erano delle situazioni di rischio residuo, sulle quali si stava ancora lavorando al fine di mitigarle, e che invece si sono aggravate. Quindi siamo ancora molto indietro per quanto riguarda la prevenzione.

D. – Cosa si prevede per le prossime ore?

R. – Per tutta la giornata di oggi, abbiamo ancora un’allerta rossa. Sebbene in alcune aree – per fortuna – il tempo sia decisamente migliorato stamattina. Noi ovviamente ci auguriamo che questa perturbazione vada man mano rallentando, ma in ogni caso fino a stasera manterremo un livello di allerta elevatissima.

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La Svizzera al voto per uscire dal nucleare

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Domani, domenica 27 novembre, gli svizzeri si recheranno alle urne per un referendum “per un uscita pianificata dal nucleare”, ovvero per porre un limite massimo all’età di esercizio delle centrali nucleari pari a 45 anni. Il servizio di Francesco Gnagni: 

Il governo elvetico ha finora sposato la linea più vicina a quella tedesca, che prevede un abbandono graduale del nucleare; secondo i promotori dell’iniziativa referendaria invece, capeggiata dal partito dei verdi e da un’alleanza che comprende diverse associazioni ambientaliste, l’atteggiamento del governo risulta essere troppo debole, mentre al contrario si dovrebbero fissare delle date molto più ravvicinate per la chiusura delle cinque centrali nucleari attualmente attive, che producono circa il 40% dell’energia elettrica del Paese, impostando quindi in maniera diversa le politiche energetiche nazionali.

Abbiamo sentito entrambi i fronti della consultazione. Per il sì, un rappresentante dei Verdi del Ticino, il coordinatore della sez. di Bellinzona Daniele Bianchi:

R. – L’iniziativa per l’uscita del nucleare riduce il rischio di catastrofi e garantisce la fine pianificata alla mala gestione economica delle centrali perché oltre che dannose per l’ambiente non sono più redditizie. La politica ha l’obiettivo ma non il piano, perché noi chiediamo di uscire entro il 2029 e entro il 2029 deve essere spenta l’ultima centrale svizzera mentre il governo chiede più tempo. E visto che noi abbiamo anche le centrali più vecchie del mondo - Beznau è del ’74 - immaginate un auto del ’74 in che stato può essere, e in centri abitatissimi, sull’altopiano svizzero e in zone a rischio.

D. – Quale sarebbe l’alternativa al nucleare?

R. – Investire di più nelle rinnovabili, sicuramente. Perché oltretutto l’energia nucleare  è già sussidiata e dunque levare questi fondi a questa energia che non ha un futuro e investire nel rinnovabile, che può essere l’eolico, il solare, varie componenti assieme.

D. – Pensa sia possibile per quella data?

R. – Sì, è abbastanza possibile perché oltretutto non sono più nemmeno redditizie economicamente. Dunque è possibile perché si sta chiedendo da molto tempo e questo passo altre nazioni l’hanno già fatto: Fukushima insegna, Chernobyl insegna… Insomma, non è un tema nuovo, è da sempre che chiediamo che vengano spente queste centrali, anche perché, come ha scritto Papa Francesco in Laudato si’, la Casa comune è da proteggere e curare.

Mentre per il no ne abbiamo parlato con una rappresentante del Dipartimento federale svizzero dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, il Capodivisione Media e politica Marianne Zünd:

R. - In our country we have five nuclear power plants ..
Attualmente abbiamo attive 5 centrali nucleari e l’iniziativa vorrebbe chiuderle in sei date. Questo significherebbe che se il voto sarà sì 3 delle 5 centrali verranno fermate nel corso del prossimo anno, e l’ultima nel 2029. Il parlamento però ha già votato però riguardo al nucleare, e insieme a una strategia energetica, a partire dalla fine di settembre, ha approvato un nuovo piano che prevede un’uscita dal nucleare ma in altri termini, ovvero che le centrali vengano chiuse nel momento in cui non potranno più operare in sicurezza.

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Vescovi del Centroamerica chiedono società più giuste e pacifiche

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“I centroamericani che hanno lasciato i nostri Paesi come emigranti e i fratelli stranieri che migrano nelle terre dell'America Centrale o vi transitano, occupano un posto speciale nel nostro cuore di Pastori e nel cuore della nostra Chiesa”. E’ questa la prima preoccupazione pastorale dei vescovi dell’America centrale, riuniti per l’Assemblea annuale del Secretariado Episcopal de América Central (Sedac), dal 21 al 25 novembre in Guatemala, espressa nel messaggio pubblicato al termine dei lavori.

Il Centroamerica sia una degna casa abitabile, da dove nessuno sia costretto ad emigrare
Ispirati da Papa Francesco - riferisce l'agenzia Fides - i vescovi esortano i governi della regione a dar vita “a progetti nazionali e regionali di attenzione umanitaria a favore dei nostri emigranti e dei migranti che giungono nei nostri Paesi, rafforzando i progetti che già esistono”. L’auspicio espresso è che “la nostra regione sia una degna casa abitabile, da dove nessuno sia costretto ad andarsene e una casa così grande da accogliere altri fratelli stranieri che aspettano la nostra solidarietà”.

Progressi nel campo della giustizia realizzati in alcuni Paesi
Tra gli aspetti positivi rilevati nell’incontro, i vescovi hanno notato con soddisfazione i progressi nel campo della giustizia realizzati in alcuni Paesi; la presenza solidale della Chiesa nei casi di denuncia dello sfruttamento del creato; la profonda spiritualità dei popoli centroamericani, che consente loro di non perdere la speranza nelle drammatiche situazioni di dolore e di povertà; la testimonianza di amore fedele di tante coppie; l’impegno missionario di sacerdoti e operatori pastoriali; l’impegno gioioso dei giovani.

Continuiamo ad impegnarci a costruire società più giuste e pacifiche
“Tuttavia – prosegue il testo -, continuiamo a vedere con grande preoccupazione il progressivo avanzamento del relativismo etico, il doloroso dramma della tratta degli esseri umani, la violenza generata dal traffico di droga, l’inarrestabile disuguaglianza economica che ferisce le nostre società generando nuove forme di povertà spirituale e materiale”. Inoltre preoccupa la battuta d'arresto in alcuni Paesi in materia di diritti umani, di governabilità e democrazia. “Di fronte a realtà così complesse e difficili, invitiamo tutti a non perdere la speranza e a testimoniare con la vita la potenza della risurrezione di Gesù… Continuiamo ad impegnarci a costruire società più giuste e pacifiche”.

Le speranze per la Gmg di Panama
Tra i motivi di speranza, i vescovi citano la Giornata Mondiale della Gioventù del 2019, a Panama, invitando i giovani a prepararsi. “E' anche la grande opportunità perchè i giovani centroamericani possano offrire al mondo la loro testimonianza di credenti che fanno parte di una Chiesa prevalentemente giovane, gioiosa e missionaria, arricchita dalla saggezza dei poveri e dal sangue dei suoi martiri”.

La profonda comunione di fede e di amore dei vescovi con Papa Francesco
Nel messaggio i vescovi ribadiscono la loro profonda “comunione di fede e di amore con Papa Francesco”, al quale esprimono la loro gratitudine per i suoi gesti evangelici e per il suo sforzo di rinnovamento della Chiesa sotto l'azione dello Spirito. “Per questo motivo abbiamo dedicato molto tempo per riflettere sulla enciclica Laudato si' e sull'Esortazione apostolica Amoris laetitia, cercando di coglierne la novità evangelica e ricercando insieme i modi concreti di attualizzarli in America Centrale”. (S.L.)

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Card. Muller presenta il libro di Kiko: tra spiritualità e mistica

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E’ stato presentato ieri pomeriggio, al Teatro Olimpico di Roma, il libro di Kiko Argüello, "Annotazioni 1988-2014", edito da Cantagalli, che raccoglie oltre 500 piccoli e medi aforismi, riflessioni, pensieri, poesie e preghiere dell'iniziatore del Cammino neocatecumenale. Nella profondità dell’esperienza mistica di Dio, il libro illustra il cammino spirituale percorso dall’autore, assieme a Carmen Hernandez e don Mario Pezzi negli ultimi 30 anni. Sono intervenuti il card. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’autore Kiko Argüello. Nel suo intervento prendendo spunto dalla Lettera Iuvenescit Ecclesia sulla relazione tra doni gerarchici e carismatici per la vita e la missione della Chiesa il card. Muller ha detto che il carisma del Cammino neocatecumenale viene dallo Spirito ed è frutto del Vaticano II.  Al card. Muller Roberto Piermarini ha chiesto quanto bene può fare questo libro: 

R. - Sono tante riflessioni di una profonda spiritualità e mistica, come ho detto nella mia conferenza. E aiuta molto per approfondire la propria spiritualità, perché la nostra fede non è una summa di conoscenze teoretiche astratte ma un incontro personale con Cristo. Poi, c’è anche la dimensione razionale della nostra fede, perché l’atto della fede non è un atto irrazionale, solo sentimentale. Per questo, esprimersi in parole chiare, distinte, fa parte della nostra fede. La spiritualità è un incontro con Dio, nello spirito di Dio e nella Parola di Dio, che è Gesù Cristo. Per cui questo libro aiuta l’unità fra la teologia e la spiritualità.

D. - Qual è il filo rosso che lega questo libro?

R. - Sono i gradi della mistica tradizionale: tutto si evolve prima intorno alla conversione, poi all’essere colmati di grazia e infine all’unione dell’uomo con il Dio dell’amore trinitario, quando Dio viene a dimorare nell’uomo e l’uomo in Dio. Questo è il filo rosso che lega questo libro.

Il ministro italiano Graziano Delrio è stato colpito dall’amore per l’uomo che traspare dalle riflessioni di Kiko:

R. - Sì, c’è una grande passione per l’uomo, per le sue fragilità ma anche per le sue grandi originalità: la capacità di stare insieme nelle comunità, di avere fede, di avere capacità di cambiare il mondo… Quindi è un libro di grande profondità umana oltre che spirituale, ovviamente.

“Questo libro non è solo una sorta di bilancio è piuttosto un mio testamento per i catecumeni” ha affermato Kiko il quale ha confessato che è stato molto restio a pubblicare i suoi pensieri nel timore che fosse soltanto una pretesa della sua vanità. Ma si è poi convinto ricordandosi ciò che gli disse una volta un anziano sacerdote: “Non smettere mai di fare il bene per paura della vanità, perché questo viene dal demonio”. Ai nostri microfoni Kiko spiega i suoi timori a pubblicare le sue riflessioni:

R. - Le sofferenze dell’anima sono cose molto intime, c’è una specie di pudore a svestire l’anima. Per questo non so soprattutto se aiutava, se serviva...

D. - Pensi che possa servire?

R. - Sì, molta gente mi ha detto che le ha fatto del bene, che le sta facendo molto bene, che le mie sofferenze sono un poco anche le sue.

D. - Il filo conduttore di questo libro è l’umiltà: cosa rappresenta l’umiltà oggi per questa generazione?

R. - Io dico “Santa umiltà di Cristo”. E’ un mistero immenso che Dio essendo Dio si sia fatto uomo, peccato, miserabile. Una cosa veramente inimmaginabile! E la Chiesa d’Oriente dice questa frase: “Oh santa umiltà di Cristo chi ti potrebbe trovare?”. L’umiltà. Non c’è niente nel cristianesimo senza umiltà. Dimmi quanto sei umile e ti dirò quanto sei santo. L’umiltà è la verità.

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Vescovi Pakistan: censire la popolazione per dati sulle minoranze

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Urge un censimento della popolazione pakistana, per aggiornare anche i dati relativi alle minoranze religiose: è la richiesta sollevata dai vescovi pakistani riuniti nei giorni scorsi a Lahore nella loro Assemblea annuale. Il censimento è importante per il buon governo dello Stato e per una migliore gestione dei servizi sociali e un'equa distribuzione delle risorse, osservano i presuli in un comunicato ripreso dall'agenzia Fides. Inoltre i cristiani e le altre comunità religiose desiderano conoscere con maggiore precisione l'entità della popolazione, per poter fornire un servizio adeguato ai fedeli, a livello di culto e anche di opere caritative.

Nuovo censimento non è stato ancora ufficializzato
Date le voci su un possibile imminente censimento lanciato dal governo, i vescovi hanno invitato sacerdoti, catechisti e insegnanti a sensibilizzare la popolazione cristiana a registrare i propri nomi nel processo di raccolta dei dati con la massima disponibilità e precisione. L’ultimo censimento realizzato in Pakistan risale al 1998 e uno nuovo era stato programmato nel 2016, ma non è ancora stato ufficializzato.

Dare alle minoranze religiose una percentuale di posti di lavoro nella pubblica amministrazione
Nell'incontro della Conferenza episcopale si è anche sollevata la questione dell'occupazione, e si è invitato il governo a rispettare il provvedimento che assegna alle minoranze religiose una percentuale dei posti di lavoro nella pubblica amministrazione: "Ci appelliamo al governo perchè sostenga questa prassi, e controlli le irregolarità" afferma la nota che, su questo punto, stigmatizza anche "la crescente corruzione nel Paese" e la gestione della cosa pubblica secondo interessi privati.

Possibile modifica alla legge che regola il matrimonio cristiano
I vescovi hanno fatto riferimento anche alla questione di una possibile modifica alla legge che regola il matrimonio cristiano nel Paese (Christian Marriage Act) che risale al 1872. A tal fine la Chiesa cattolica, insieme a tutte le principali denominazioni cristiane protestanti, sta studiando un progetto di legge per riformare l’antico ordinamento e si tiene in stretto contatto e coordinamento con il ministro cristiano Kamran Micheal, che nell’esecutivo pakistano si occupa di diritti umani e minoranze religiose.

Appello di pace dei vescovi
​I vescovi non hanno mancato di esortare alla calma e alla pace nel Paese, invitando tutti a costruire una "convivenza pacifica", liberandosi “dalla morsa stretta dell'estremismo, delle uccisioni settarie, del terrorismo e dell'insicurezza". (P.A.) 

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Myanmar: sfollati e ridotti alla fame i Rohingya musulmani

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Le tensioni nello Stato Rahkine del Myanmar sono iniziate nel 2012, quando sono scoppiati violenti scontri tra la maggioranza buddista e i Rohingya, considerati "bengalesi illegali", alludendo al loro arrivo dal vicino Bangladesh. Le Nazioni Unite stimano che siano state sfollate 30 mila persone, quasi tutte appartenenti alla minoranza musulmana Rohingya. Oltre 70 mila sono quelli che hanno bisogno urgente di generi alimentari. Secondo fonti internazionali, da quando ogni aiuto umanitario è stato tagliato, dal 30 al 50% dei 3 mila bambini affetti da malnutrizione severa acuta nell’area rischia di morire a breve tempo. 

Attacchi contro i ribelli Rohingya
L’ultima escalation di violenza si è verificata lo scorso ottobre, quando diverse centinaia di Rohingya armati di machete, fionde e bastoni hanno attaccato tre posti di sicurezza. Il Governo ha confermato la morte di oltre 100 persone. La scorsa settimana sono stati utilizzati elicotteri da combattimento contro presunti insorti. Molti nella comunità musulmana dello Stato di Rakhine sono sgomenti, e anche i buddisti sono terrorizzati. 

Nelle zone dei Rohingya violati i diritti umani
Nelle zone di conflitto, dove c’è poco controllo, risulta un precario rispetto dei diritti umani. I militari non sono in grado di fornire la giusta protezione e, in particolare, nello Stato settentrionale di Rakhine. Immagini satellitari diffuse di recente da Human Rights Watch mostrano più di 1.000 case Rohingya rase al suolo. Gli attivisti Rohingya hanno dichiarato che le forze di sicurezza stanno appiccando il fuoco a interi villaggi. (A.P.)

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo della I Domenica d'Avvento

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Nella prima Domenica d’Avvento, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù invita tutti a tenersi pronti, ricordando il diluvio universale ai tempi di Noè, arrivato inatteso. Così sarà la venuta del Figlio dell’uomo:

“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Il Signore ritorna, ma non dice quando, è necessario, dunque, non trovarsi impreparati alla sua venuta. La Chiesa ci aiuta, nel tempo d’Avvento, a rinvigorire l’attesa che talvolta langue, o addirittura viene a mancare, al pensiero che tanto… il Signore farà tardi o visiterà qualcun altro prima. È un tempo forte, ricco di speciali grazie per rafforzare la nostra fede e risvegliare in noi, per tutto l’anno liturgico che inizia, quell’attitudine spiccatamente cristiana che è la sobria vigilanza. In tale prospettiva è molto importante che nelle nostre parrocchie risuoni con rinnovato vigore il Kèrigma e la catechesi, e si moltiplichino le occasioni per ascoltare la Parola di Dio favorendo, in tal modo, anche la confessione sacramentale. Solo così sarà possibile rompere con il peccato che distrugge la vita divina in noi, rivestirci delle armi della luce, per poter esercitare con le opere di misericordia l’autentica carità. Egli ci visiterà certamente nel momento della nostra morte corporale e con altrettanta certezza verrà alla fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti, e regnare in eterno col suo popolo santo. Contrariamente alla mentalità pagana, il cristiano chiede di essere liberato dalla morte improvvisa, di poter fare una morte santa, confidando nella potente intercessione della Vergine Maria e del suo castissimo sposo San Giuseppe.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 331

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.