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Sommario del 08/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco a "Manos abiertas": la misericordia nasce dal cuore

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“La misericordia è un viaggio dal cuore alle mani”, lo afferma Papa Francesco rivolgendosi in un video-messaggio ai partecipanti all'incontro nazionale dell’associazione di volontari argentini “Manos Abiertas”. L’incontro a Santa Fè, in Argentina, è in corso da ieri e si concluderà domenica. “Amare e servire” è il motto dell’associazione, fondata nel 1992 a Villa de Mayo, nei pressi di Buenos Aires, su impulso del padre gesuita Ángel Rossi. L’obiettivo, infatti, è servire, promuovere e restituire dignità ai più bisognosi. Le parole del Papa nel servizio di Adriana Masotti

“Queridos amigos y amigas de “Manos Abiertas”…
“Cari amici e amiche di ‘Manos Abiertas’……In che cosa consiste la misericordia e in che cosa si differenzia dal provare pena, dalla filantropia, dai buoni sentimenti. Papa Francesco sceglie due pagine del Vangelo per chiarire il suo pensiero agli amici di 'Manos Abiertas'. Il primo è l’episodio del Buon Samaritano che, vedendo per strada l’uomo incappato nei briganti, prova compassione per lui nel cuore e, sceso da cavallo, lo tocca e se ne prende cura. La seconda scena è quella di Gesù che incontra il corteo funebre del giovane figlio della madre vedova, prova compassione per quella madre, si avvicina, e le dice: ‘Non piangere’”. Poi tocca la bara dicendo: “Giovane, alzati!”. In entrambi i casi, spiega il Papa, si tratta di “un viaggio dal cuore alle mani” e prosegue:

“El corazon se junta con la miseria del otro y eso es misericordia”
"Il cuore si unisce alla miseria dell’altro e questo è misericordia", e prosegue, non è provare pena, sentimento che posso sentire ad esempio di fronte ad un animale ferito. La misericordia spiega Francesco “è quando la miseria dell’altro, o una situazione di dolore o di miseria, si pone sul cuore ed io permetto che questa situazione tocchi il mio cuore. Io direi: è il viaggio di andata, il viaggio dalla miseria al cuore”. Papa Francesco insiste:

“No hay misericordia si no se parte del corazon”….
"Non c’è misericordia se non si parte dal cuore”(…) “E’ differente avere buoni sentimenti. E’ differente fare filantropia, è buono, è buono, però non è misericordia”. Ma come si fa a provare misericordia? E’ prima di tutto una grazia, risponde Francesco, e bisogna chiederla al Signore. L’unica strada però è quella di riconoscere il proprio peccato e insieme il perdono ottenuto da Dio. Si può essere misericordiosi solo se si sente realmente di avere ricevuto la misericordia del Signore e da qui, dice il Papa, inizia il viaggio di ritorno: quello che va dal cuore verso le mani, in questo sta la misericordia.

“Dejate herir el corazon por la miseria, por la de los otros y por la tuya….
Lascia che la miseria ferisca il tuo cuore, quella degli altri e la tua. Lascia che tu riceva misericordia e con le tue mani dai misericordia agli altri”, è l’invito conclusivo del Papa ai volontari di “Manos Abiertas”.

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Giubileo Mariano. Francesco: la Madonna ci porta a Gesù e al suo amore

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“La Madonna vuole portare a noi tutti il grande dono che è Gesù; e con Lui ci porta il suo amore, la sua pace, la sua gioia”. E’ il tweet pubblicato oggi da Papa Francesco a poche ore dalla Veglia di preghiera che presiederà alle 17.30 in Piazza San Pietro in occasione del Giubileo Mariano. Il momento culminante sarà domani, alle 10.30, quando il Papa celebrerà una Messa sul Sagrato della Basilica Vaticana per il Giubileo dedicato a Maria. Significativamente l’evento avviene dopo che ieri la Chiesa ha celebrato la Beata Vergine del Rosario. Federico Piana ne ha parlato com il mariologo Antonino Grasso, docente all'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Catania: 

R. – Questa festa è come una sintesi stupenda di tutto l’itinerario cristiano; compendia, in un certo senso, tutte le feste della Madonna e insieme tutta la vita di Gesù, al quale Maria fu associata. Così che l’accento posto sui Misteri da rivivere diventa come una luce, che alla fine si riverbera sul significato stesso della nostra vita. E’ quindi un’occasione da non sprecare per imparare e iniziare a vivere in armonia, con tutte le componenti del mistero della salvezza, che è mistero di amore, di totale donazione e di disinteressato servizio, così come fu l’intera esistenza di Cristo e di sua Madre.

D. – Questo Giubileo Mariano è stato indetto da Papa Francesco proprio nel Mese del Rosario…

R. – Non a caso il Giubileo Mariano si svolge nel mese di ottobre! I Sommi Pontefici, soprattutto a partire da Papa Leone XIII, hanno incoraggiato e raccomandato la recita del Rosario proprio nel mese di ottobre, rapportando la soluzione dei problemi della Chiesa e del mondo, soprattutto quella della pace, con la particolare efficacia di questa preghiera. Proprio ieri ricorreva il 47.mo anniversario dell’Esortazione Apostolica del Beato Paolo VI, dal titolo “Recurrens mensis october”, del 7 ottobre del ’69, con la quale – nella drammatica situazione del suo tempo, segnato dalla guerra del Vietnam – il Pontefice chiedeva alla Chiesa di recitare il Rosario per tutto il mese di ottobre per il superamento delle difficoltà della Chiesa e del mondo. Il Giubileo Mariano, voluto adesso proprio nel mese di ottobre, ricorda come ancora oggi continuano nel mondo micidiali conflitti, come la pace universale sia sempre più minacciata, come i diritti umani siano sempre più calpestati e su questo drammatico sfondo viene perciò riproposto l’invito a recitare la preghiera del Rosario come istanza appassionata, per il vero rinnovamento del mondo intero, intercedente la Vergine Madre, Regina della Pace e Madre misericordiosa degli uomini.

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Spagna: a Oviedo, Beati 4 martiri della persecuzione anni ’30

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Sono stati beatificati questa mattina nella cattedrale di Oviedo, in Spagna, i 4 martiri di Nembra, vittime della persecuzione religiosa del 1936. Si tratta di un sacerdote e di tre suoi parrocchiani che vanno ad aggiungersi ai 193 martiri il cui tributo di sangue l’arcidiocesi versò al tempo del terrore rivoluzionario degli anni ’30. A Oviedo, in rappresentanza del Papa, c’era il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, card. Angelo Amato. Il servizio di Roberta Barbi: 

Un bilancio spaventoso: 13 vescovi, 6.838 tra sacerdoti, religiosi e seminaristi, decine di migliaia di laici assassinati solo perché cattolici praticanti. Questa era la Spagna degli anni Trenta del secolo scorso, teatro di una persecuzione religiosa senza precedenti e senza sconti, il cui unico obiettivo era l’annientamento della Chiesa cattolica dalla società, come spiega il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, card. Angelo Amato:

“Fu proibito l'insegnamento cattolico nelle scuole pubbliche e fu ritirato il Crocifisso. Fu vietato agli ordini religiosi di esercitare la loro missione educatrice e si requisirono i loro edifici. Furono nazionalizzati gli immobili della Chiesa e si emanarono leggi contro l'istituzione familiare. Fu una feroce tirannia a favore dell'ateismo sociale”.

Moltissimo il sangue innocente versato in quella che fino ad allora era definita “la cattolicissima Spagna”, non da ultimo quello dei quattro martiri da oggi beati a Oviedo.

Tra loro don Jenaro Fueyo Castaňon, parroco di Nembra, ad Aller, nelle Asturie: un sacerdote zelante, premuroso nel visitare i malati e nel promuovere nuove vocazioni missionarie. Con lui morirono due parrocchiani: Segundo Alonso Gonzáles e Isidro Fernández Cordero, entrambi padri di famiglie numerose, membri dell’Adorazione notturna e del Sindacato cattolico dei minatori. Il più giovane, appena 24 anni, era Antonio Gonzáles Alonso, che per pochi anni vestì l’abito dominicano, al quale dovette rinunciare per una grave forma di tubercolosi.

Per tutti loro, che rifiutarono di abiurare e di calpestare gli oggetti sacri, una morte fra atroci sofferenze. Ma perché la Chiesa ancora oggi ricorda le stragi di questi innocenti? Ci risponde ancora il card. Amato:

“Se si dimentica il passato si è condannati a ripeterlo. Il ricordo è necessario nella vicenda dei nostri martiri, perché, uccisi in odio alla fede, risposero ai loro assassini con il perdono, diventando così eroi di autentica umanità e vincitori inermi di una diabolica e cieca violenza. A distanza di tempo il loro ricordo evidenzia la sublimità della mitezza cristiana e la fragilità del male. Solo la pietà rende umana la società”.

Non per documentare fatti di odio, dunque, ma per evocare la fede e l’amore di quei cristiani che hanno dentro di sé la forza di Dio che non ha bisogno di usare violenza, ma parla attraverso la bellezza e la Verità, come afferma Papa Francesco e come ci ricorda il porporato:

“Il sangue versato dai cristiani — afferma Papa Francesco — è la rugiada che feconda la Chiesa”.

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Udienze e nomine di Papa Francesco

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Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza: il Card. Marc Ouellet, P.S.S., Prefetto della Congregazione per i Vescovi; il Card. Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; Mons. Novatus Rugambwa, Arcivescovo tit. di Tagaria, Nunzio Apostolico in Honduras.

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia di mons. Hans-Jochen Jaschke all’ufficio di Ausiliare dell’arcidiocesi di Hamburg, in Germania.

Il Papa ha nominato Vescovo dell’Eparchia di Santa María del Patrocinio en Buenos Aires (Argentina) mons. Daniel Kozlinski Netto, finora Amministratore Apostolico sede vacante della medesima Eparchia, trasferendolo dalla sede titolare di Eminenziana.

Il Santo Padre ha nominato il card. Luis Héctor Villalba, Arcivescovo emerito di Tucumán (Argentina), Suo Inviato Speciale alla celebrazione conclusiva del 50.mo anniversario della Diocesi di Caacupé (Paraguay), che si terrà presso il Santuario di Nuestra Señora de los Milagros l’8 dicembre 2016.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Clementina Mazzucco, Roberto Repole e Paolo Siniscalco ricordano il cardinale Michele Pellegrino a trent’anni dalla morte.

Paola Di Giammaria sull’arca dei gesuiti realizzata, per la chiesa del Gesù, per custodire le reliquie di santi della Compagnia.

Il primato della persona: Hermann Geissler sulla filosofia di John Henry Newman.

Haiti in ginocchio: circa mille morti per il passaggio dell’uragano Matthew.

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Oggi in Primo Piano



Haiti, 900 le vittime di Matthew. Unicef: 500mila bambini a rischio

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Oltre 900 persone, ma verosimilmente si ritiene sia un numero sottostimato, sarebbero le vittime del passaggio su Haiti di Matthew, l’uragano ormai declassato a categoria 2 dopo aver ucciso anche sei persone in Florida. La tempesta, che ha raggiunto la Carolina del Sud, ha attraversato anche la Georgia. Francesca Sabatinelli:

La conta dei morti ad Haiti sembra inarrestabile, il dramma umano acquista sempre più proporzioni da catastrofe e i danni economici sono incalcolabili. Matthew ha spazzato via il sud-ovest del Paese: 900, per ora, i morti; 350mila le persone che necessitano di assistenza umanitaria e, per questa prima fase di soccorso, servono subito sei milioni di dollari. E’ l’appello dell’Unicef, uno dei tanti che si susseguono per sensibilizzare la comunità internazionale, compreso quello del Presidente americano Barack Obama, che ha chiesto ai connazionali di aiutare il più possibile la popolazione dell’isola caraibica.  Le testimonianze sono agghiaccianti, raccontano della totale devastazione, dell’interruzione delle vie di comunicazione, di paesi interramenti distrutti. Oltre 21mila gli sfollati, con una delle zone colpite, quella di Jeremie, che registra l’80% degli edifici rasi al suolo. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che avverte che 500.00 bambini vivono nei dipartimenti più colpiti: 

R. – La situazione purtroppo si aggrava di ora in ora. Questi bambini vivono in condizioni molto difficili e, soprattutto, sono enormemente esposti al rischio di malattie. Parliamo di un’area che ha già problemi di colera endemico, ma che invece – purtroppo – adesso è esposta a rischi di zika, dengue e del colera stesso, per cui bisogna fare in fretta. Noi stiamo, proprio in queste ore, portando aiuti di ogni tipo, laddove è possibile, perché – lo voglio ricordare – molte di queste aree sono ancora irraggiungibili. Ci sono state delle onde tra i cinque e gli otto metri, scatenate da quest’uragano, che hanno di fatto raso al suolo non soltanto interi villaggi, intere zone, scuole e ospedali ma, soprattutto, hanno messo sott’acqua intere zone di Les Cayes. Quindi è chiaro che queste zone, difficili da raggiungere anche per noi, sono a rischio altissimo. Tra l’altro noi abbiamo, in questo momento, molto materiale stoccato a Panama, che serve soprattutto per ovviare alle necessità igieniche, per le vaccinazioni, e anche per costruire delle scuole temporanee, perché ci sono dei numeri altissimi di bambini che purtroppo non vanno più a scuola.

D. – I numeri che si stanno dando in queste ore sono del tutto provvisori, purtroppo le stime delle vittime, non solo dei morti, ma anche delle persone che stanno soffrendo, sono destinate a salire di ora in ora, si sta ancora scavando…

R. – Sì, il computo della morte purtroppo fa male e noi, spesso, cerchiamo anche di sottrarci a questo, perché ci piacerebbe parlare di vita e di quante ne salviamo. Però le cifre che stanno girando sono assolutamente irrealistiche: il numero dei morti purtroppo non solo è destinato a salire, ma segnerà, anche in questo caso, un’ecatombe. Quindi parliamo di una situazione che è molto simile a quella del terremoto del 2010, con un numero di morti imprecisato, ma molto alto, che assolutamente non è paragonabile a quello che stiamo leggendo adesso, proprio perché – lo ripeto – molte zone sono sott’acqua, letteralmente sott’acqua, e quindi si sta cercando di scavare. Il problema è che le comunicazioni più importanti, e parlo di strade e ponti, sono completamente distrutte.

D. – Che cosa si chiede alla comunità internazionale? Fermo restando appunto la difficoltà nel raggiungere le zone colpite, che cosa sollecitate?

R. – Di non voltarsi dall’altra parte nel ritenere la situazione di Haiti, come purtroppo sto sentendo troppo spesso, una situazione irrisolvibile. Parliamo di un Paese che è stato colpito ogni due anni da una calamità, perché è dal 2010 che queste popolazioni hanno sofferenze continue. E quindi, proprio in ragione di questo, bisogna innanzitutto finanziare tutte le attività delle organizzazioni umanitarie e delle Ong presenti che purtroppo, al momento, risultano sotto finanziate, dando il massimo della visibilità alle problematiche di cui stiamo parlando. Haiti oggi vive nuovamente un incubo, a distanza di pochi anni e, quindi, la comunità internazionale si deve impegnare innanzitutto per raccontare ai propri cittadini e ai propri Paesi quello che sta accadendo a queste popolazioni. Lo ripeto: sono popolazioni martoriate; sono popolazioni che vivono in un’area dove ci sono, ogni anno o due anni, dei fenomeni talmente gravi per i quali purtroppo, specialmente i bambini, pagano dei prezzi altissimi. Per cui noi chiediamo innanzitutto aiuti e donazioni.

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Siria: all'Onu si tratta per una nuova tregua ad Aleppo

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La Siria continua ad essere lo scenario di violenze. Intorno alla già martoriata città di Aleppo si registrano cruenti scontri armati. Il sedicente Stato Islamico avrebbe riconquistato alcuni villaggi limitrofi. Intanto sempre forti le contrapposizioni tra Russia e Stati Uniti. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu voterà oggi alle 14.30 ora di New York, le 20.30 in Italia, la bozza di risoluzione presentata dalla Francia per una nuova tregua ad Aleppo. Ma è quasi certo che la Russia porrà il veto alla questione. Nonostante tutto ad Aleppo in molti sperano ancora che la vita possa ricominciare, anche di fronte alla devastazione  e alla paralisi della diplomazia. Pace e ascolto: è questa la richiesta che arriva dalla popolazione, come racconta, al microfono di Gabriella Ceraso, Pascal Bedros, del Movimento dei Focolari, ad Aleppo: 

R. – Prima di tutto io penso che la gente della Siria, e soprattutto quella di Aleppo, sia molto grata per la preghiera e la solidarietà. Purtroppo c’è una situazione veramente molto drammatica e non solo perché non c’è luce e acqua, ma anche perché la violenza continua. Questa settimana, all’Università di Aleppo, alcuni giovani sono morti per le bombe che cadono dove non c’è nessuno che possa fare del male a qualcuno… Si soffre anche perché sentono che non c’è una vera volontà di pace. C’è la volontà di distruggere lo Stato in sé, le strutture dello Stato e questo a loro fa tanto dolore e sentono che, molte volte, tutto il loro dolore viene manipolato…

D. – Si è detto anche che la guerra che sta subendo la Siria è una guerra organizzata, che segue degli interessi totalmente estranei alla popolazione. Voi che siete, anche come Focolari, presenti sul terreno come riuscite a stare e a vivere accanto alla gente, a sostenere la comunità?

R. – Anzitutto il fatto di rimanere ad Aleppo è in sé una scelta che vuole mostrare la nostra vicinanza e la nostra solidarietà; ma che vuole anche creare delle oasi di pace, in cui le persone possono sentire che la loro vita ha un senso; e questo attraverso incontri, parlando della situazione, ma anche comprendere come connettere questa vita che è lì, sul posto, con la vita della Chiesa universale. Per questo loro sentono tanto vive le parole del Papa, che arrivano al loro cuore. Sentono che c’è una grande assonanza con quello che dice. D’altra parte sperimentano che solo nel donarsi agli altri la loro vita ha un senso: una donazione non solo per i cristiani, ma per i musulmani e per qualsiasi persona siriana che è lì e che ha bisogno di aiuto. Noi cerchiamo di mettere al centro la presenza di Dio, la presenza di Gesù, perché Lui ha dato la vita per noi, e questo dà loro tutto il potenziale per poter poi operare laddove sono.

D. – In chi avere fiducia? Come operare, anche perché la politica possa interessarsi ad una popolazione che sembra dimentica?

R. – Prima di tutto vogliamo che la guerra cessi! Bisogna fermare le armi e vogliamo che si dialoghi. Purtroppo il popolo siriano ha bisogno di aiuto: il Paese è distrutto! Aleppo era la capitale economica…. Io conosco tante persone che vivono nel bisogno e che non vanno a chiedere aiuto, ma c’è bisogno di aiuto, di vicinanza e di ascolto prima di tutto. Secondo me la causa di questo problema è che tutti dicono: “Io so cosa è meglio per la Siria!”. Ma non si ascoltano i siriani! Tutti vogliono decidere per loro e parlare a loro nome. Io mi auguro che anche in Occidente, si ascoltino le altre voci e non solo purtroppo una voce. E’ necessario informarsi, perché nessuno ha la verità. La verità viene fuori solo dal popolo! E fare anche pressione sulle istituzioni, affinché si faccia qualcosa.

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Siria: i bambini di Aleppo chiedono la pace

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Erano diverse centinaia i bambini e i ragazzi di Aleppo, cristiani e musulmani, che giovedì scorso, si sono radunati per chiedere con la preghiera e il canto che torni la pace in tutta la Siria. Il raduno - riferisce l'agenzia Fides - si è svolto nell'ampio spazio davanti all'edicifio dell'ex scuola francescana di Terrasanta. Analoghe manifestazioni si sono svolte ieri nelle scuole di Damasco, Homs Yabroud, Tartus. 

Appello di pace dei bambini verrà consegnato a Onu e Ue
Nel corso degli incontri, i bambini hanno sottoscritto una petizione da inviare all’Unione Europea e all'Onu. L'appello per la pace, con tutte le firme dei bambini e dei giovani sottoscrittori, verrà consegnato nei prossimi giorni ai rappresentanti di Ue e Onu, nelle sedi di Bruxelles e Ginevra, da tre Patriarchi orientali che portano il titolo di Antiochia: il greco-melchita Gregoire III, il greco-ortodosso Yohanna X e il siro-ortodosso Ignatius Aphrem II.

Ad Aleppo situazione di terrore generale
Ad Aleppo, anche nel giorno dell'iniziativa dei bambini a favore della pace, colpi di artiglieria sono caduti in abbondanza anche sui quartieri controllati dal'esercito siriano, provocando morti e feriti. “Da settimane” riferisce alla Fides mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo, “siamo di nuovo in una situazione di terrore generale, anche se si cerca di mantenere aperte istituzioni pubbliche come l'università". 

Mons. Audo: informazione occidentale manipolata
"Dai quartieri controllati dai ribelli - afferma mons. Audo - arrivano ogni giorno colpi d'artiglieria con armi sofisticate, che seminano morte, anche se i ribelli non hanno gli aerei. Tra i soli cristiani, nelle ultime due settimane, ci sono stati più di venti morti. Ma di quello che succede da noi, i media occidentali non parlano. A noi che siamo qui, tutto il sistema mediatico globale appare manovrato da interessi geopolitici che manipolano l'informazione. Tutto diventa pretesto di propaganda. E si continua a nascondere il ruolo e le operazioni messe in atto da Paesi come la Turchia, il Qatar e l'Arabia Saudita”. (G.V.) 

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Plenaria Ccee: card. Angelo Bagnasco eletto nuovo presidente

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È il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, il nuovo presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, Ccee. Ad eleggerlo sono stati i vescovi e i cardinali d’Europa riuniti a Monte Carlo per l’annuale Assemblea plenaria del Ccee. Il cardinale Bagnasco prende la carica lasciata dal card. Peter Erdo, arcivescovo di Esztergom-Budapest che ha guidato il Ccee per due mandati, dal 2006 al 2016. Nella stessa sessione elettiva, sono stati eletti anche i due vice presidenti del Ccee: sono il card. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, e mons. Stanislaw Gadecki, arcivescovo di Poznan. La nuova presidenza è entrata effettivamente in carica subito l’elezione.

Presentato il rapporto su intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa
​Ieri mattina Martin Kugler, presidente dell’Osservatorio sull’intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa ha presentato ai vescovi europei il rapporto 2015 sulla situazione dei cristiani in Europa. Dal rapporto emerge che sono  in aumento “in modo visibile e graduale” i fenomeni di intolleranza e discriminazione contro i cristiani in Europa soprattutto in Francia, Inghilterra, Olanda e nei Paesi scandinavi perché “spesso la legislazione è problematica, la risposta dei politici cristiani manca e la coscienza collettiva diminuisce”.

Forme di intolleranza culturale in Ungheria e Spagna
Il Rapporto – riferisce l'agenzia Sir – distingue tra forme di intolleranza che toccano l’aspetto culturale e forme invece di discriminazione legale. E’ per esempio una forma di “intolleranza” di tipo culturale – spiega Kugler – la manifestazione che si è svolta in Ungheria la scorsa settimana contro la decisione della Polonia sull’aborto. In quella manifestazione si è ridicolizzata la figura del prete che al posto della comunione dava ai manifestanti la pillola del giorno dopo. Altra forma di intolleranza è l’esposizione di un artista spagnolo a Pamplona nel novembre 2015 dove con 200 ostie consacrate rubate ha composto la parola pedofilia.

In Inghilterra chiuse agenzie cattoliche contrarie ad adozioni a coppie gay
​Per discriminazione legale “entrano in conflitto i diversi diritti umani”. Il caso più emblematico è in Inghilterra dove sono state chiuse 10 su 12 agenzie cattoliche che lavorano per le adozioni di bambini a causa del loro no alle adozioni alle coppie gay. 

I presuli della Ccee sul lungomare di Nizza per pregare per le vittime dell'attentato e per la pace
Tutti i vescovi e cardinali riuniti a Monte Carlo, si sono recati ieri sera a Nizza per esprimere la propria solidarietà al popolo francese e per pregare per la pace. Accolti dal vescovo della città, mons. André Marceau, dal sindaco di Nizza Philippe Pradal e dal presidente della Regione Christian Estrosi, i vescovi si sono messi in silenzio davanti al Memoriale - che campeggia lungo la Promenade des Anglais, costruito spontaneamente dalle persone, con fiori, candele, messaggi in ricordo delle 86 persone rimaste uccise nell’attentato del 14 luglio scorso - ed hanno recitato, con profonda commozione, un Padre Nostro ed un’Ave Maria. (R.P.)

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Elezioni in Georgia: scelta tra filoccidentali e filorussi

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Dopo il recente viaggio di Papa Francesco nel Caucaso, la Georgia torna sulle prime pagine. Oggi il Paese al voto per le elezioni legislative, in un voto che si preannuncia incerto. Da Tbilisi, sentiamo Alessandra Benignetti

Si vota in tutto il Paese, ad eccezione dei territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, autoproclamatisi indipendenti negli anni ’90, dopo due conflitti militari. La sfida è fra i due principali partiti del Paese, entrambi di orientamento filo occidentale: lo United National Movement, fondato dall’ex Presidente georgiano, Mikhail Saakashvili, e Georgian Dream, l’attuale partito di governo, fondato nel 2011 dal magnate Bidzina Ivanishvili, favorito nei sondaggi. La campagna elettorale è stata più libera e meno tesa rispetto a quella del 2012. Non sono mancati inoltre gli incidenti, come una sparatoria durante un evento elettorale a Gori e l’esplosione di un’auto in cui è rimasto ferito un candidato dello Unm, tre giorni fa nella capitale.

Sul clima di queste consultazioni Giancarlo La Vella ha intervistato Monica Ellena, giornalista già docente di Comunicazione Politica all’Università di Tbilisi: 

R. – Diciamo che in generale c’è una delusione nei confronti dei principali partiti politici: sia nei confronti della coalizione attualmente al potere, il Sogno Georgiano, sia nei confronti del principale partito politico di opposizione, che è quel Movimento Nazionale Unito, dell’ex Presidente, Mikhail Saakashvili, che da dieci anni – dal 2003 al 2013 – ha dominato la scena politica. Quindi è una tornata elettorale importante, anche perché per la prima volta una larga parte della popolazione, sulla base dei sondaggi, è indecisa. C’è un buon 60% che fino ai primi di settembre non sapeva per chi avrebbe votato. E quindi questo rende il voto molto imprevedibile.

D. – Recentemente Papa Francesco è stato in Georgia e ha parlato anche ai politici. C’è una sorta di ricaduta delle parole del Pontefice nella campagna elettorale? Sono tematiche di cui si è parlato?

R. – Ci sono due aspetti che possiamo sottolineare: uno è il motto del viaggio del Santo Padre, che è “Pax Vobis”. Nel suo discorso, durante l’incontro con il Santo Padre, il Presidente Giorgi Margvelashvili ha fatto proprio il riferimento al fatto che la pace, che la Georgia ha conosciuto poco negli ultimi 25 anni, deve essere anche applicata alla situazione politica. Le elezioni non sono mai tranquille e in Georgia non lo sono mai state. Dall’altro, c’è anche il riferimento alle ferite aperte delle regioni separatiste georgiane, che Tbilisi considera di fatto occupate dalla Russia, per cui il richiamo alla pace è uno dei fattori ai quali far riferimento in questa tornata elettorale.

D. – In che modo i rapporti con Mosca influiscono su questo voto?

R. – La Russia gioca un ruolo indirettamente molto importante. Da un lato, ci sono i filo occidentali che sono stati sempre gli alfieri dell’integrazione euro atlantica. Ci sono poi dei partiti che sono chiaramente filorussi, che guardano alla Russia, diciamo, come un alleato naturale e che riescono ad avere un certo riscontro tra la popolazione delusa da questa integrazione euro-atlantica che non vedono arrivare. Quindi molta gente guarda alla Russia, dicendo: “Ci ha portato del male; ci abbiamo fatto la guerra, ma in fondo la conosciamo e quindi forse è il minore dei mali”.

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Marocco: primo partito gli islamisti di “Giustizia e Sviluppo”

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In Marocco le elezioni legislative, tenutesi ieri, sono state vinte dalla formazione del premier Abdel Ilah Benkirane: il partito islamista “Giustizia e Sviluppo”, ha conquistato 125 seggi su 395. I liberali di centrosinistra del partito “Autenticità e Modernità” hanno invece ottenuto 102 seggi. Si è recato alle urne il 43% degli elettori. Sull’esito di queste consultazioni Amedeo Lomonaco ha intervistato Fabrizio De Longis, giornalista esperto dell’area nordafricana: 

R. – La conferma del partito “Giustizia e sviluppo”, in Marocco, rappresenta un prosieguo del processo di stabilizzazione interna al Paese. Arriva dopo la riforma costituzionale del 2011, portata dal re Mohammed VI, che fece in modo di evitare la “Primavera araba” nel Paese. E il re condusse proprio il partito “Giustizia e sviluppo” al governo. Il Marocco si sta proponendo, in Nord Africa, per la stabilizzazione del Mediterraneo. Quindi guardano con grande interesse a questo Paese sia l’Unione Europea, sia l’America e anche la Russia. In questa vittoria si vede una differenza rispetto al 2011: il partito “Giustizia e sviluppo” avrà più difficoltà a formare un governo di coalizione come quello uscente. Teniamo presente che il Marocco ha un grosso problema interno, un problema di sicurezza: quello del Fronte Polisario, che continua ad essere un fronte che si sta avvicinando all’Isis. E al Nord del Paese crea diversi problemi.

D. – Il Paese ha gli anticorpi per arginare la minaccia terroristica?

R. – Il Paese ha forti difese interne. Ha un’abitudine al contrasto del terrorismo. Va considerato il fatto che il partito “Giustizia e sviluppo” è un partito conservatore, un partito islamista che però sta guidando il Paese verso una forte riforma della giustizia. C’è una forte capacità di contrasto del terrorismo. Il rischio ovviamente persiste, se non altro perché all’interno del Paese c’è un movimento terroristico che, però, si sta provando ad orientare verso quel processo che consiste nel guidare i movimenti ribelli a diventare un partito.

D. – Il Marocco ha recentemente presentato una richiesta per rientrare, dopo 32 anni di assenza, nell’Unione Africana. Questa decisione può portare ad una soluzione della questione del Sahara occidentale e, quindi, a soffocare almeno in parte questo fronte di forte tensione?

R. – Ci sarà, forse, una soluzione a lungo termine. Comunque è un atto molto importante e vede il Marocco rientrare e, anzi, proporsi come primo soggetto per la stabilità di quell’area. Ma è difficile che si possa avere una soluzione a breve termine. Il Marocco, prima di tutto, deve porre una soluzione alle sue problematiche interne. Poi potrà riuscire a giocare questo ruolo importante.

D. – Tra le problematiche principali del Paese ci sono sicuramente il sistema sanitario, l’istruzione e, soprattutto, la disoccupazione. Un giovane su cinque, in Marocco, è disoccupato …

R. – Questa sarà la grande sfida del partito “Giustizia e sviluppo”, che però è stato accusato dai suoi stessi alleati - per cui sarà più difficile, per questo partito, tenere in questo momento il governo di coalizione - di aver fatto poco nei cinque anni passati.

D. – Un dato significativo di queste elezioni è quello dell’affluenza: ha votato solo il 43% degli elettori…

R. – Sono molto pochi. Ci sono state accuse di brogli. Questo dato dimostra il fatto che la regione meridionale del Marocco è ancora rurale. E' una parte che ha bisogno di sviluppo e c’è – in virtù anche della poca istruzione – poco interesse alla politica.

D. – Un altro nodo cruciale è quello legato all’ambiente: il Marocco ospiterà a novembre, tra l’altro, la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima. Un appuntamento importante, cruciale per il Paese …

R. – Certamente. Sarà questa l’opportunità, per il Marocco, di dimostrare la capacità di essere leader dell’area del Nord Africa. E un'opportunità per affrontare un tema di grande importanza mondiale ma anche di grande interesse per queste nazioni maggiormente emergenti nel contesto africano. Il Marocco sta anche guardando, con grande attenzione, alla potenzialità del clima in un’ottica di evoluzione di economia verde.

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Chiesa colombiana: felicitazioni per il Nobel per la Pace a Santos

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Dopo aver ricevuto la notizia dell’assegnazione del premio Nobel per la Pace al Presidente della Colombia Juan Manuel Santos, il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo di Tunja, si è felicitato con il Presidente, manifestando la propria gioia.

Il Nobel è anche un encomio al processo di pace
“Voglio complimentarmi di cuore con il Presidente Santos – ha detto – e dirgli che sono molto felice, così come sono felici i colombiani per questo premio che, oltre a essere un riconoscimento al suo sforzo personale, è anzitutto un encomio al processo di pace. Mi auguro che questo premio sproni anche coloro che stanno dialogando per trovar una soluzione rapida e che possiamo continuare ad avanzare nel cammino di pace”. Per il presule, infatti - riferisce l'agenzia Sir - il riconoscimento dev’essere un’opportunità perché si prosegua nel dialogo senza trarre un profitto personale”. (R.P.)

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Scuola Ucsi. Occhetta: giornalisti riscoprano “vista interiore”

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E’ in corso ad Assisi la scuola di formazione giornalistica dell’Ucsi, l’Unione Cattolica Stampa Italiana. In occasione di questo evento è stato lanciato il nuovo sito dell’associazione Ucsi.it. La tre giorni di lavori è incentrata sul trinomio “Vedere, comprendere, narrare” su cui si sofferma il padre gesuita Francesco Occhetta, consulente ecclesiastico nazionale dell'Ucsi, intervistato da Alessandro Gisotti

R. – Il primo è il vedere. Sorprendentemente nella Scrittura esce che vede solo chi conosce interiormente. Il Vangelo di Marco, al capitolo 10, pone come ultimo miracolo di Gesù proprio il miracolo del cieco perché ridonandogli la vista il Signore gli permette di diventare il primo discepolo che lo seguirà sotto la Croce per vedere cosa Lui farà per noi. Questo è fondamentale. Allora, il giornalismo deve recuperare una "vista interiore" che gli permetta di vedere la realtà situandola e situandosi però costruendo in comunione, permettendo che tutto quello che si dice è comunque vero perché lo si vede. La seconda dimensione è quella del comprendere, quindi io comprendo ciò che è la somma di un’esperienza che io vivo, per cui è la rielaborazione di come io vedo e che posso comprendere e quindi trasmettere. Ed è per questo che due giornalisti che vedono la stessa cosa la ripetono in maniera diversa perché vedono in maniera diversa. E poi il narrare - che oggi è un verbo fondamentale, lo usa anche la politica… - attiene alla capacità di parlare della vita delle persone e di entrare fondamentalmente nei problemi che vivono e anche nelle gioie e nelle speranze, come dice il Concilio Vaticano II, per poter accompagnare la loro vita.

D. - Che cosa il giornalista credente può dare oggi come contributo alla comunicazione e anche a questo sviluppo di vedere-comprendere-narrare?

R. – Il giornalista credente deve dare a mio giudizio un’antropologia, un’etica di fondo che permette di approfondire e rendere liberi gli interlocutori davanti a una notizia. Molte volte infatti si può essere schiavi o ci si può vendere davanti ad alcune notizie. Per cui giornalismo ha una responsabilità incredibile e proprio in questo momento in cui la politica è abbastanza debole il giornalismo può spostare anche i consensi e quindi è fondamentalmente questo: rendere libere le persone per far sì che loro scelgano.

D. – E’ stato annunciato il tema del Messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del prossimo anno. Balza questo binomio, "speranza e fiducia". Come in un mondo dove sembra che le cattive notizie facciano più rumore di quelle buone, un giornalista può dare speranza e fiducia alla società a cui parla e che racconta?

R. – La speranza, diceva Aldo Moro, è "la certezza delle cose future", per cui anche davanti alla morte c’è sempre una vita che va oltre e quindi noi la dobbiamo annunciare. Il credere si basa su questo! La fiducia è fondamentale per il giornalismo perché è su legami di fiducia che oggi si costruisce una notizia, non sulla quantità di informazioni che arrivano, ma sulla qualità delle persone con cui tu sei in relazione che ti possono aiutare a capire come leggere la realtà.

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Il commento di don Sanfilippo al Vangelo della Domenica XXVIII T.O.

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Nella 28.ma domenica del Tempo ordinario, ci propone il Vangelo in cui Gesù guarisce dieci lebbrosi, ma solo uno di essi, un samaritano, lo ringrazia. Il Signore dice:

«Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Dieci i lebbrosi guariti nel passo evangelico odierno, ma fra questi solamente uno è salvato, proclama Gesù Cristo. Nove sono stati purificati nel corpo, ma unicamente un samaritano, un eretico, è stato guarito anche nell’anima dalla lebbra dell’errore e dell’idolatria. L’obbedienza nell’andare a presentarsi ai sacerdoti di un culto nel quale non si riconosceva ed erano, anzi, ostili, la riconoscenza al Signore, al quale si prostra e la gioia della sua lode attestano la fede con cui dava gloria a Dio. Oggi, corriamo lo stesso rischio dei nove che si sono “accontentati”, e a volte  affermiamo con certezza: “Basta la salute!”. La cultura dominante c’induce sottilmente a ritenere di straordinaria importanza la cura del corpo trascurando la crescita dell’anima. I nostri figli hanno le giornate impegnatissime nella formazione scolastica, sportiva, musicale, alle lingue straniere…, ma sanno a malapena recitare il Padre Nostro e rimangono alla “prima elementare dello spirito”. “Dovrà decidere da grande, liberamente, se fare il Battesimo, la Prima Comunione o la Cresima”: è il triste pensiero di non pochi genitori che si dicono cristiani, ma che si guardano bene dal concedere la stessa libertà nei confronti della scuola. Pertanto è urgente riannunciare il Vangelo, afferma san Paolo, sopportando anche incomprensioni e sofferenze.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 282

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.