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Sommario del 12/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: un gesto di misericordia al giorno è la "vera rivoluzione"

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Ognuno di noi faccia almeno un’opera di misericordia corporale o spirituale al giorno, un semplice gesto quotidiano: così ci sarà “una vera rivoluzione culturale”. E’ questo, in sintesi, l'invito che Papa Francesco ha rivolto ai fedeli nella catechesi dell’udienza generale, stamani in Piazza San Pietro. Tanti i fedeli presenti, come di consueto di ogni età e provenienti da ogni parte del mondo, tra loro anche circa 100 spagnoli, malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica, Sla. A tutti il Papa ricorda che le opere di misericordia sono occasione per incontrare Gesù. Il servizio di Debora Donnini

E’ come entrare nel cuore della misericordia: declinarla concretamente per viverla ogni giorno. Questo ha fatto nella catechesi Papa Francesco, ricordando le opere di misericordia corporali e spirituali e chiedendo di impararle a memoria:

“Sono convinto che attraverso questi semplici gesti quotidiani possiamo compiere una vera rivoluzione culturale, come è stato in passato. Se ognuno di noi, ogni giorno, ne fa una di queste, questa sarà una rivoluzione nel mondo! Ma tutti, eh! Ognuno di noi”.

Le opere di misericordia sono antidoto a virus dell'indifferenza
Si tratta dunque di quella santità della vita quotidiana di cui Francesco ha parlato più volte. Di quelle opere che nel corso dei secoli “tante persone semplici” hanno messo in pratica perché la Chiesa “fedele al suo Signore, nutre un amore preferenziale per i più deboli”:

“Spesso sono le persone più vicine a noi che hanno bisogno del nostro aiuto. Non dobbiamo andare alla ricerca di chissà quali imprese da realizzare. È meglio iniziare da quelle più semplici, che il Signore ci indica come le più urgenti. In un mondo purtroppo colpito dal virus dell’indifferenza, le opere di misericordia sono il miglior antidoto”.

Santa Teresa di Calcutta si chinava su chi incontrava per strada
Tanti Santi, infatti, sono ricordati non per le grandi opere che hanno realizzato, ma per la carità che hanno trasmesso. Come Santa Teresa di Calcutta:

“Non la ricordiamo per le tante case che ha aperto nel mondo, ma perché si chinava su ogni persona che trovava in mezzo alla strada per restituirle la dignità. Quanti bambini abbandonati ha stretto tra le sue braccia; quanti moribondi ha accompagnato sulla soglia dell’eternità tenendoli per mano!”.

Si tratta di piccoli gesti, non di sforzi sovrumani
“Queste opere di misericordia sono i tratti del volto di Gesù Cristo” che porta a ciascuno la tenerezza di Dio. Francesco, dunque, prosegue le catechesi sulla misericordia, in questo Anno Santo, e dopo aver parlato della misericordia di Dio e della sua incarnazione in Gesù, vuole ricordare come non sia sufficiente riceverla, ma bisogna anche trasmetterla diventandone “strumento per gli altri”. Un’esperienza che deve abbracciare tutta l’esistenza:

“Come, dunque, possiamo essere testimoni di misericordia? Non pensiamo che si tratti di compiere grandi sforzi o gesti sovraumani. No, non è così. Il Signore ci indica una strada molto più semplice, fatta di piccoli gesti che hanno però ai suoi occhi un grande valore, a tal punto che ci ha detto che su questi saremo giudicati”.

C’è una pagina del Vangelo che per Papa Francesco si potrebbe considerare come il “testamento di Gesù” da parte dell’evangelista Matteo: ogni volta che diamo da mangiare a chi ha fame, lo facciamo a Gesù stesso.

Tra le opere di misericordia spirituali c'è "sopportare le persone moleste"
Ci sono poi altre sette opere di misericordia cosiddette spirituali, che riguardano esigenze ugualmente importanti, soprattutto oggi, perché “spesso fanno soffrire di più”. Consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, pregare Dio per i vivi e per i morti. E una che è entrata nel linguaggio comune: “Sopportare pazientemente le persone moleste”. “Ce ne sono di persone moleste!”, sottolinea il Papa ricordando come questo contenga “un sentimento di profonda carità”. 

Ogni gesto di misericordia verso gli altri è fatto anche a Gesù
L’invito di Francesco è quindi a riconoscere il volto di Cristo in quello di chi è nel bisogno:

“Sono cose di tutti i giorni! 'Ma io sono afflitto…'- 'Ma Dio ti aiuterà, non ho tempo…'. No! Mi fermo, lo ascolto, perdo il tempo e consolo lui, quello è un gesto di misericordia e quello è fatto non solo a lui, è fatto a Gesù!”.

Ricordata la frase di Sant’Agostino: “Ho paura che il Signore passi”, cioè che “il Signore passi davanti a me in una di queste persone”, dice il Papa, “e io non me ne accorga che è Gesù”. Ma se si resta indifferenti, si perde l’occasione di incontro con Lui.

Al termine dell'udienza, il Papa ha salutato i numerosi pellegrini provenienti da molti Paesi, fra loro alcuni da Haiti, colpita la scorsa settimana da un forte uragano, e gli operai impegnati nel restauro della Basilica della Natività a Betlemme, accompagnati dal vicario generale della Custodia di Terra Santa, Fra Dobromir Jasztal. Fra i presenti anche i partecipanti alla Conferenza Europea delle Radio Cristiane.

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Papa: guerra in Siria è disumana, imploro cessate il fuoco

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Vicinanza a tutte le vittime del “disumano” conflitto in Siria. Con queste parole, l’ha sottolineata e ribadita ancora una volta Papa Francesco, all’udienza generale in Piazza San Pietro: 

“È con un senso di urgenza che rinnovo il mio appello, implorando, con tutta la mia forza, i responsabili, affinché si provveda a un immediato cessate il fuoco, che sia imposto e rispettato almeno per il tempo necessario a consentire l’evacuazione dei civili, soprattutto dei bambini, che sono ancora intrappolati sotto i bombardamenti cruenti”.

Sul terreno in Siria si registrano nuovi intensi raid aerei russi e governativi sui quartieri orientali di Aleppo, controllati dagli insorti. A riferirlo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria. Almeno 25 le vittime negli ultimi attacchi. In un altro bombardamento, condotto dall’esercito turco, sono rimasti uccisi 47 jihadisti del sedicente Stato Islamico. Sul piano diplomatico, si registra l'annullamento della visita di Vladimir Putin a Parigi, prevista per mercoledì prossimo. Secondo la stampa internazionale, all’origine ci sarebbero proprio le tensioni tra Russia e Francia circa i bombardamenti su Aleppo est. Nella zona, l’Onu stima si trovino ancora circa 275 mila civili. Per loro anche la preoccupazione di Caritas Internationalis. Giada Aquilino ne ha intervistato il segretario generale, Michel Roy

R. – È una strategia completa, perché i bombardamenti dell’esercito siriano con i russi sono sistematici: distruggono tutto. È una tattica per vuotare questa parte molto importante di territorio di Aleppo – Aleppo  Est –: è una strategia geopolitica. Ci sono bombardamenti anche sull’altra parte di Aleppo. Ma quest’approccio è il risultato dell’impossibilità di dialogare su una soluzione politica per la Siria, che è l’unica via per il futuro.

D. – Il Papa invoca ”implorando”, dice, un “immediato cessate il fuoco”; anche Caritas Internationalis: ecco, quanto è necessario e a cosa serve secondo quanto riferiscono i vostri operatori sul terreno?

R. – La soluzione immediata è il cessate il fuoco – lo abbiamo avuto prima, negli ultimi mesi –, perché esso permette l’arrivo degli aiuti umanitari; la gente può respirare di nuovo: la gente è traumatizzata; ed è necessario per andare avanti nel campo dei necessari negoziati politici, che adesso si sono fermati. Ma il futuro della Siria per noi – per la Chiesa in Siria e per Caritas Siria – è in un governo di unità nazionale. Ciò vuol dire che il futuro politico deve essere fatto con coloro che sono presenti: il governo del partito Baath e i ribelli, sicuramente anche i ribelli radicali. Allora dobbiamo implorare i russi, gli americani, gli europei, gli arabi, gli iraniani, a fermare una visione, che è una visione di guerra, di confitto, per permettere ai siriani di ogni parte di discutere.

D. – Caritas Internationalis si sofferma anche sull’emergenza per le infrastrutture sanitarie e gli ospedali…

R. – Sì, la salute è un campo prioritario: come ha detto il neocardinale, Mario Zenari, quello della salute è uno dei campi prioritari. Lavoriamo nell’ambito dell’accesso al cibo, dell’accesso all’acqua, della salute, ma anche in quello dell’educazione, perché un popolo di giovani senza istruzione è un popolo perso e che incrementa i rischi per il futuro.

D. – Papa Francesco parla dei civili, soprattutto dei bambini intrappolati sotto quelli che definisce “bombardamenti cruenti”. Caritas Internationalis evidenza che sono 100mila i bambini intrappolati ad Aleppo Est…

R. – Sì, queste sono le cifre che riceviamo da tutte le parti. Sicuramente, perché Aleppo è una città, con le famiglie, e sono pochi quelli che realmente fanno la guerra.

D. – Attraverso la campagna “Siria: la pace è possibile”, allora qual è il messaggio di Caritas Internationalis, e a chi è diretto?

R. – Arrivare ad un cessate il fuoco, in primo luogo; e in secondo luogo, facilitare un dialogo inclusivo tra i siriani. E questo messaggio lo portiamo dappertutto: abbiamo infatti domandato ai membri Caritas di tutto il mondo di parlare con il loro governo, il loro ministero degli Affari esteri, affinché essi non siano silenziosi su ciò che accade in Siria, e si impegnino, anche loro, per far sì che la guerra in Siria si fermi. Il Papa molto spesso ha parlato del commercio delle armi: una guerra è fonte di ricchezza per coloro che fabbricano le armi – hanno bisogno di guerre – allora, sarebbe bene che questo commercio fosse più trasparente e che la gente sappia.

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Papa: cristiani già uniti quando sono perseguitati da terroristi e potenze

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I cristiani uniti anche dall'ecumenismo del sangue. Lo ha detto Papa Francesco ricevendo oggi, nell'auletta dell'Aula Paolo VI, i partecipanti alla Conferenza dei Segretari del “Christian World Communions”, organizzazione internazionale di carattere ecumenico. Francesca Sabatinelli

L’ecumenismo si fa in cammino, con il Gesù di tutti non con un Gesù contro l’altro: Papa Francesco si rivolge ai segretari del Christian World Communions per dire loro che è necessario riconoscere un particolare tipo di ecumenismo, oggi tanto attuale, quello del sangue:

"Quando i terroristi o le potenze mondiali perseguitano le minoranze cristiane o i cristiani, quando fanno questo non si domandano: 'Ma tu sei luterano? Tu sei ortodosso? Tu sei cattolico? Tu sei riformato? Tu sei pentecostale?', no! 'Tu sei cristiano!'. Loro riconoscono uno solo: il cristiano. Il nemico non sbaglia, sa bene riconoscere dove è Gesù. È questo l’ecumenismo del sangue".

Oggi si è testimoni di quanto accade, continua il Papa, pensando ai “frati ortodossi copti sgozzati sulle spiagge della Libia”:

"Sono i nostri fratelli. Loro hanno dato testimonianza di Gesù e sono morti dicendo: 'Gesù aiutami!'. Con il nome, hanno confessato il nome di Gesù. Così ecumenismo della preghiera, ecumenismo del cammino e il nemico ci insegna l’ecumenismo del sangue".

Francesco aveva iniziato il suo saluto ponendosi due interrogativi: “Sono capace di credere che Gesù è con noi? Sono capace di camminare con tutti insieme, anche con Gesù?” . Il lavoro dei teologi è molto importante, aveva proseguito, studiano, si mettono d’accordo o esprimono disaccordo, intanto però “l’ecumenismo si fa in cammino”, un cammino semplice che “si fa con la preghiera e con l’aiuto agli altri”. E’ l’ecumenismo della preghiera, quindi, “gli uni per gli altri e tutti per l’unità”. Francesco aveva parlato anche dell’ecumenismo del lavoro per tanti “uomini e donne che oggi soffrono ingiustizie, guerre”. Il suo appello è quello di aiutare e di mostrare la carità verso il prossimo, perché “questo è ecumenismo, questa è già unità, unità in cammino con Gesù”.

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Francesco: prevenzione e cura ambiente limitano disastri naturali

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All’udienza generale il Papa ha ricordato che domani, 13 ottobre, ricorre la Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali. Questo il suo appello: 

“I disastri naturali potrebbero essere evitati o quanto meno limitati, poiché i loro effetti sono spesso dovuti a mancanze di cura dell’ambiente da parte dell’uomo. Incoraggio pertanto a unire gli sforzi in modo lungimirante nella tutela della nostra casa comune, promuovendo una cultura di prevenzione, con l’aiuto anche delle nuove conoscenze, riducendo i rischi per le popolazioni più vulnerabili“.

 Il tema della Giornata di quest'anno è “Ridurre la mortalità”, primo obiettivo dei sette che le Nazioni Unite si sono poste entro il 2030. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Prevenire in modo corretto, allertare in modo sempre più veloce, costruire meglio, tener conto delle esperienze vissute: tutto questo serve a ridurre la mortalità per i disastri naturali. L’Onu e lo spot lancio per la giornata del 13 ottobre, ribadisce che in 20 anni sono morte oltre 1milione e trecentomila persone per terremoti, inondazioni, siccità, tsunami. Entro il 2030 devono calare almeno di 100mila unità chiede l’Onu che sottolinea, come anche il Papa che il tributo più alto lo pagano ancora  le comunità più vulnerabili .E’ inaccettabile spiega ai nostri microfoni  Fausto Guzzetti direttore Irpi, Istituto di ricerca per la Protezione idrogeologica, del Cnr: 

R. – Ovviamente non è accettabile, eticamente accettabile questo fatto, perché si hanno conoscenze enormi sui rischi naturali che poi non vengono applicate. Nei posti poveri del mondo muore molta più gente per i rischi naturali che nei posti ricchi. Però la differenza enorme, secondo me, la fa proprio l’organizzazione che c’è.

D. – Il primo punto che l’Onu raccomanda nella questione mortalità è migliorare la comprensione dei fattori di rischio. Che significa?

R. – Da una parte, una migliore conoscenza dei fenomeni fisici che stanno alla base di queste cose. Dall’altra parte una migliore consapevolezza della gente sui rischi che corre. Per esempio, a Cuba, quando ci sono grossi uragani hanno molte meno vittime degli altri Paesi caraibici attorno che hanno economie abbastanza simili. I cittadini sono informati, sanno come comportarsi. In Giappone ma anche a Taiwan queste  cose vengono insegnate ai bambini. In quei posti la mortalità sta scendendo.

D. – Invece per quanto riguarda la governance dei rischi di catastrofi - per esempio, si parla anche dei sistemi di allerta - le tecnologie non ci dovrebbero permettere di averlo archiviato questo capitolo?

R. – Sì e no, nel senso che alcune tecnologie ci sono… Purtroppo sono ancora tecnologie che costano molto e quindi alcuni Paesi se le possono permettere e altri no. Però questi sistemi sono importantissimi e sono ancora più importanti se prevedono il coinvolgimento della gente locale, della realtà locale, dei cittadini, dei villaggi… Dove la gente è informata muore meno.

D. – Il passato, le esperienze passate, dice l’Onu, devono servire da lezione…

R. – Purtroppo non è così. Allora, a livello globale la situazione è davvero complicata però alcune cose sono prevedibili e si potrebbe fare qualcosa ma impatta su un tessuto sociale, politico, istituzionale, organizzativo che è diverso da posto a posto, che cambia da posto a posto. Ma cambia a livello globale come cambia addirittura a livello locale: cioè, il gradiente che c’è nel mondo, calato nel nostro piccolo, ce l’abbiamo in Italia, per cui dove ci sono regioni più preparate e regioni molto meno preparate e nel mondo ci sono nazioni preparate e nazioni molto meno preparate. Quindi in un mondo perfetto riusciremmo realmente a imparare le lesson learned, riusciremmo realmente a imparare  dal passato. La realtà dei fatti ci dice che ancora lo stiamo facendo molto poco.

D. – Il Papa oggi sottolinea comunque che bisogna lavorare insieme a tutti i livelli specie perché chi ne paga le conseguenze sono spesso le persone più vulnerabili…

R.  – Certo. Questa è una consapevolezza che è ben consolidata, per fortuna, perché un tempo si pensava che queste cose le dovessero affrontare solo gli esperti. Invece no, è tutto il sistema: il singolo cittadino, la singola persona, il singolo ragazzino dentro a una scuola può fare la differenza. Non ci si riuscirà mai a difendere con solo la scienza, solo la tecnologia, solo l’infrastruttura, solo i soldi… Costa troppo, è troppo complicato. Uno dei motivi per cui, lo scambio delle informazioni, delle lesson learned, non ha avuto così successo in passato è proprio perché questa sinergia non c’è stata. Non che sia facile farla. E’ una bella idea ma poi quando si applica è molto complicata da fare. Però è l’unica strada.

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Il saluto del Papa ai calciatori della Partita per la Pace

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Al termine dell’udienza generale il Papa ha rivolto “un saluto speciale agli organizzatori e ai partecipanti alla ‘Partita per la pace e la solidarietà’ che si terrà questa sera alle 21.00 allo Stadio Olimpico”, promossa da Scholas Occurrentes, Comunità Amore e Libertà, Centro Sportivo Italiano e Unitalsi. “Uniti per la pace” è lo slogan di questa manifestazione che vede scendere in campo campioni di ieri e di oggi, tra cui Diego Armano Maradona e Francesco Totti. Scopo dell’iniziativa, voluta da Papa Francesco e giunta alla seconda edizione, è quello di fornire un aiuto concreto ai terremotati del Centro Italia e di promuovere nel mondo la pace per tutti i popoli. Sull'evento Giancarlo La Vella ha intervistato Virginia Priano, responsabile comunicazione di Scholas Occurrentes:

 

R. – Come dice il Papa, il calcio e anche i giocatori sono un esempio, un modello, specialmente per i giovani, di tutto il mondo. Per questo il Pontefice chiede a tutti i grandi giocatori di partecipare a questa partita – simbolica – per la pace, perché lui dice che in questo momento il mondo ha bisogno di pace e i giocatori di tutto il mondo sono contenti di essere parte di questo grande evento.

D. – Grande attesa per Diego Armando Maradona …

R. – Lui ha detto di essere molto felice del fatto che il Santo Padre lo abbia chiamato a partecipare a questa partita e che anche gli piacerebbe fare di più per la pace, ma già partecipare a questa partita per lui è una cosa grande.

D. – Può riuscire lo sport dove non riesce la diplomazia?

R. – E’ difficile, ma lo sport può essere l’occasione per mettere insieme gente diversa. Papa Francesco pensa che l’educazione si debba fare non soltanto nella scuola: i bambini e i ragazzi di oggi hanno bisogno di altre forme e modi di essere educati. E lo sport è un modo di fare educazione. Per esempio, nel calcio, quando i bambini, i ragazzi si incontrano sono tutti uguali …

D. – La partita per la pace vuole anche aiutare chi ha sofferto recentemente a causa del terremoto in Italia centrale: quindi, un valore aggiunto?

R. – Sì, sì, certamente. Questa partita è l’occasione per dare un aiuto, per fare beneficienza e venerdì prossimo Scholas andrà ad Arquata del Tronto per lavorare con i bambini e i ragazzi che sono là nella scuola temporanea che il Ministero ha aperto, anche per essere con loro in un evento un po’ più felice con lo sport, con l’arte … Prima della partita si pianterà simbolicamente un ulivo della pace. L’idea è portare questo ulivo, benedetto dal Papa, ad Arquata per essere piantato là.

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Papa nomina nunzio in Belgio mons. Augustine Kasujja

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Il Papa ha nominato Nunzio Apostolico in Belgio S.E. Mons. Augustine Kasujja, Arcivescovo titolare di Cesarea di Numidia, finora Nunzio Apostolico in Nigeria.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare dell’arcidiocesi di Manaus (Brasile) il Rev.do P. Edmilson Tadeu Canavarros dos Santos, S.D.B., finora Direttore pedagogico del Collegio “Santa Teresa” a Corumbá, assegnandogli la sede titolare vescovile di Feradi minore. Il Rev.do P. Edmilson Tadeu Canavarros dos Santos, S.D.B., è nato il 3 dicembre 1967 a Corumbá, nell’omonima diocesi, nello Stato di Mato Grosso. Ha emesso la Professione religiosa il 31 gennaio 1988 nella Società di San Francesco di Sales (Salesiani) e ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 7 dicembre 1996.  Ha frequentato il Corso di Filosofia presso l’Università Cattolica “Dom Bosco” a Campo Grande e quello di Teologia presso l’Istituto Teologico “Pio XI” a São Paulo. Ha conseguito la Laurea in Educazione. Inoltre, ha partecipato a Corsi post-universitari di accompagnamento spirituale, di Etica sessuale e di Spiritualità salesiana.  Nel corso del ministero sacerdotale ha ricoperto i seguenti incarichi: Socio del Maestro dei Novizi (1997); Direttore dell’Istituto “São Vicente” (Aspirantado) a Campo Grande (2000); Direttore del Collegio e della Facoltà Salesiana di Lins (2002); Direttore dell’Istituto Teologico “Pio XI” a São Paulo (2005-2008); Vice-Ispettore dei Salesiani del Mato Grosso con sede a Campo Grande (2008-2014); Direttore del Post-Noviziato, Campo Grande (2010-2014). Attualmente è Direttore della Comunità religiosa di Corumbá, Direttore Pedagogico del Collegio “Santa Tereza”, Direttore della Facoltà e Vicario parrocchiale del Santuario “Nossa Senhora Auxiliadora”.

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Oggi in Primo Piano



Nuovo no dell'Europa all'utero in affitto

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Nuovo rifiuto dall’Europa alla maternità surrogata, respinta dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa - cui aderiscono 47 Paesi - dopo essere stata già bocciata per due volte nell’aprile e nel settembre scorso dalla Commissione Affari sociali ed ancor prima bandita dal Parlamento dell’Unione Europea, nel dicembre 2015, come “pratica lesiva della dignità della donna”. Roberta Gisotti ha intervistato a Strasburgo Nicola Speranza, portavoce della Federazione europea delle Associazioni familiari cattoliche. 

R. – Certo è un passo significativo che manda un segnale all’Europa intera. Sappiamo che in molti Paesi questo tema è in discussione e qui a Strasburgo usciamo da un dibattito molto intenso, a volte carico anche di inclinazioni dell’ideologia che divide l’Assemblea parlamentare, divide le persone, i cittadini e gli Stati. Ci sono Stati in Europa che ancora permettono alcune forme di maternità surrogata e ne tollerano la realtà dicendo che non è per motivi commerciali. Ma sappiamo benissimo che è una finzione: la maternità surrogata “altruista” – come è chiamata – non esiste. È semplicemente una finzione. Quindi il vero progresso adesso, il passo in avanti da compiere è indirizzare una vera lotta e una prevenzione alla maternità surrogata e il ricorso a questa pratica.

D. – La discussione come è proceduta?

R. - È stata molto, molto intensa da parte dei sostenitori di Petra De Sutter, il relatore del gruppo socialista. C’era una grande organizzazione soprattutto da parte di Paesi che hanno alcuni interessi economici, finanziari, legati alla pratica della maternità surrogata. D’altro canto è apparso che la divisione non era tanto politica ma trasversale, geografica, in tutti i gruppi politici che potevano trovare voci contro la maternità surrogata. E questo è stato palese nel gruppo del relatore stesso, Petra De Sutter. Nel gruppo socialista i membri sono stati molto chiari nel non voler appoggiare questa risoluzione che si presentava come molto ambigua.

D. - Qual era l’ambiguità di questa risoluzione?

R. - L’ambiguità era che non si esprimeva un parere. Si chiedeva al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa di fare delle vaghe linee guida per proteggere i diritti dei bambini senza però condannare categoricamente la maternità surrogata, quando sappiamo che il primo diritto di ogni bambino è quello di non essere trattato come merce. La maternità surrogata può essere realmente combattuta, i diritti dei bambini possono essere realmente preservati se la maternità surrogata viene impedita.

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Pakistan: ore di attesa per la sorte di Asia Bibi

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Sono ore di attesa in Pakistan per la sorte di Asia Bibi, la donna cristiana, madre di 5 figli, accusata di blasfemia in carcere dal 2009 e condannata a morte. Per domani è fissata l’udienza presso la Corte Suprema, terzo e ultimo grado di giudizio. Massimiliano Menichetti ha intervistato il prof. Mobeen Shahid,  fondatore dell’Associazione internazionale Pakistani Cristiani in Italia, realtà voluta dal ministro cattolico per le minoranze pakistano, Shahbaz Bhatti, ucciso da fondamentalisti islamici nel 2011. 

R. – C’è la probabilità che domani stesso il caso si chiuda positivamente a favore di Asia perché a livello giuridico non ci sono prove sufficienti: non solo le colleghe di Asia Bibi l’hanno accusata di blasfemia ma anche l’iman del quartiere di Ittan Wali che non era presente sul posto.

D. - Domani potrebbe essere liberata?

R. - Normalmente le decisioni prese presso la Corte Suprema sono abbastanza veloci, però attualmente la situazione politica del Pakistan non è molto favorevole per le minoranze religiose. L’ultimissimo esempio è proprio la chiusura delle undici televisioni cristiane del Paese. Questa decisione è da valutare nel quadro delle nuove elezioni che ci saranno nel 2018. Per cui la situazione politica potrebbe in qualche maniera influenzare anche il giudizio.

D. - Come sta vivendo Asia Bibi queste ore?

R. - Ovviamente è molto tesa e preoccupata perché finora due personalità come il ministro Shabbaz Bhatti e il governatore Salman Taseer hanno perso la vita per difenderla e per difendere tutte le vittime dell’abuso di questa legge sulla blasfemia. E nel caso ci fosse un giudizio positivo si presenterà immediatamente anche la necessità di proteggere Asia Bibi e i suoi famigliari, nonché gli avvocati della difesa e i loro famigliari. L’avvocato Khalil Tahir Sindhu - che è anche il ministro per minoranze religiose del Pujab, dove attualmente è imprigionata Asia Bibi e da dove proviene - per motivi di sicurezza ha dovuto fare emigrare la moglie e i figli in Inghilterra. Lui sta seguendo Asia Bibi e tanti altri accusati di blasfemia.

D. - Ma il governo non ha previsto delle misure di sicurezza per Asia Bibi?

R. - Ovviamente il governo - visto il caso di Asia Bibi, diventato simbolico a livello mondiale, specialmente dopo l’appello di Papa Benedetto XVI e dopo i due omicidi così importanti come Shabbaz  Bhatti, il ministro delle minoranze religiose del Pakistan e di Salman Taseer, il governatore - ha tutto l’interesse per presentare il Pakistan come il Paese dove le minoranze sono protette e provvedere alla protezione di Asia Bibi, però se Asia Bibi venisse dichiarata innocente il rischio concreto è che qualcuno le si avvicini per ucciderla o uccidere chi l’ha aiutata.

D. - Qual è la condizione delle minoranze in Pakistan in questo momento e qual è il punto sulla legge della blasfemia?

R. - Sulla blasfemia c’è una commissione che lavora a provvedimenti per evitare l’abuso di questa legge, ma allo stesso tempo le minoranze religiose del Pakistan, dopo la morte di Shabbaaz Bhatti non avendo una rappresentanza propria presso il gabinetto federale, stanno vivendo una situazione peggiore rispetto al 2011, quando il ministro Shabbaz Bhatti era ancora vivo. Serve un ministero federale per le minoranze religiose del Pakistan e serve che il Pakistan non provi solo a difendere le proprie minoranze e ma che si spenda anche per progetti di sviluppo.

D. - Cosa si sente di dire ai microfoni della Radio Vaticana proprio sul caso di Asia Bibi?

R. - Chiedo alla comunità internazionale e ai cristiani la preghiera per Asia Bibi e i suoi famigliari, ma anche per i suoi avvocati che hanno avuto un grande coraggio rischiando la propria vita e mettendo a rischio quella dei propri cari.

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Colombia: Chiesa presente nel dialogo governo-guerriglia Eln

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Il presidente della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Luis Castro Quiroga, ha confermato la presenza della Chiesa nella fase pubblica del dialogo tra il governo colombiano e la guerriglia dell’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln), che si aprirà il prossimo 27 ottobre, a Quito (Ecuador).  Il presule ha spiegato che la partecipazione della Chiesa “sarà di sostegno, e non di mediazione”, come è stato chiesto dall’Eln e con il consenso del Presidente colombiano Juan Manuel Santos.

Cinque i vescovi della commissione che rappresenta la Chiesa
Il presidente dell’episcopato colombiano ha informato che la Chiesa assicura la sua presenza nei colloqui attraverso “una commissione composta da cinque vescovi che rappresentano i territori più colpiti da questo gruppo guerrigliero”. Ci saranno, tra gli altri, l’arcivescovo di Cali, mons. Dario de Jesús Monsalve e i vescovi delle diocesi di Arauca, Chocò e Tibù. Inoltre, mons. Castro ha spiegato che la commissione è stata istituita circa un anno fa proprio per partecipare in rappresentanza della Chiesa a questi colloqui.  “Il processo di pace con la guerriglia dell’Eln – ha aggiunto – dovrebbe avanzare con intelligenza, prudenza e rapidità sulla base di punti concreti per raggiungere un accordo”.

Un negoziato diverso da quello delle Farc
La notizia dell’inizio dei negoziati con la guerriglia dell’Eln era imprevedibile, specialmente dopo il referendum della scorsa settimana che ha detto “no” alla firma dell’accordo di pace tra il governo e le Farc. Eppure, ci sono voluti oltre tre anni e 22 colloqui tra il delegato del governo colombiano, Frank Pearl, i rappresentati dell’Eln e la mediazione della Chiesa - rappresentata dall’arcivescovo di Cali, mons. Monsalve - per arrivare a questo primo incontro ufficiale. Lo stesso mons. Monsalve ha spiegato che dopo la liberazione dei sequestrati, il principale ostacolo per portare avanti i negoziati è stato proprio che la guerriglia dell’Eln “non voleva essere considerata un’appendice dei colloqui del governo con le Farc”.

“Un ambiente favorevole alla pace”
L’annuncio dell’avvio del dialogo tra governo ed Eln è stato reso pubblico lunedì scorso, dopo l’incontro a Caracas (Venezuela) delle rispettive delegazioni del governo e del gruppo guerrigliero, che si sono date appuntamento per la fine di questo mese in Ecuador. Prima di tale accordo, l’Eln ha liberato tre persone sequestrate e ne consegnerà altre due prima dell’apertura dei negoziati. Altrettanto ha fatto il governo colombiano, che provvederà alla scarcerazione di alcuni “prigionieri politici”. In un comunicato congiunto le parti s’impegnano inoltre a compiere “altre azioni umanitarie per creare un ambiente favorevole alla pace”. (A cura di Alina Tufani)

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Un milione di bambini in preghiera per la pace e l’unità

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La foto di Omran Daqneesh, il bimbo siriano di cinque anni scioccato, coperto di sangue e detriti e seduto in un’autoambulanza ha recentemente fatto il giro del mondo ed è ancora viva nella nostra memoria. Quale sarà il futuro delle generazioni che oggi vivono la loro infanzia in queste condizioni limite? Come aiutarle?

Un vero e proprio social network mariano
Da 11 anni Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) coinvolge in una grande iniziativa i bambini di tutto il mondo. Lo scopo è evitare in futuro vicende analoghe a quella nella quale è rimasto coinvolto il piccolo Omran. Ogni bambino però ha una famiglia, e per questo l’iniziativa, concepita specificamente per i più piccoli, di fatto crea una grande comunità internazionale pacifica e orante, un vero e proprio social network mariano. E’ infatti la recita del rosario il cemento di questa particolare comunità. 

San Pio: se un milione di bambini pregherà il rosario, il mondo cambierà
Il prossimo 18 ottobre alle ore 9.00, dall’Italia alla Germania, dal Pakistan all’Iraq, dalla Repubblica Ceca al Kenya, dal Cile al Myanmar, dovunque essi si trovino, i bambini saranno i protagonisti dell’iniziativa promossa dalla Fondazione pontificia, che ha fatto proprie le parole di san Pio da Pietrelcina: «Se un milione di bambini pregherà il rosario, il mondo cambierà». Acs è impegnata nella diffusione del rosario tra i più piccoli, e proprio per loro ha creato un piccolo testo intitolato “Noi Bambini preghiamo il rosario”, che dal 2009 a oggi è stato tradotto in otto lingue, pubblicato in 600.000 copie e diffuso dalla stessa Acs in tutto il mondo. Ognuno può coinvolgere figli e nipoti nell’iniziativa. (M.P.)

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Sudafrica. Scontri tra polizia e universitari: ferito anche un gesuita

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“Quello che gli studenti desiderano è maggiore uguaglianza nell’accesso universitario. Sosteniamo questa richiesta. Ma non giustifichiamo la violenza, il saccheggio e la distruzione della proprietà da parte degli studenti e l’uso della forza da parte della polizia e dell’esercito” afferma una dichiarazione firmata, a nome della Southern African Catholic Bishop’s Conference, da mons. William Slattery, arcivescovo di Pretoria, dopo gli incidenti del 10 ottobre tra polizia e studenti che protestavano per le alte tasse universitarie.

Ferito un sacerdote gesuita
Negli incidenti presso l’università di Braamfontein - riferisce l'agenzia Fides - è rimasto ferito un sacerdote gesuita, padre Graham Pugin. “Padre Graham è stato raggiunto da un colpo diretto in faccia con un proiettile di gomma mentre stava offrendo rifugio agli studenti spaventati” riferisce mons. Slattery. Il fatto si è verificato presso la chiesa della Santissima Trinità a Braamfontein, come riferisce in un comunicato alla Fides padre David Rowan, Superiore dei Gesuiti in Sudafrica. 

La chiesa di padre Graham è stata luogo per i negoziati
“Padre Graham è stato uno dei facilitatori, insieme ad altri sacerdoti ed ex leader studenteschi, per raggiungere un accordo tra studenti, management e altre autorità nell’Università di Witwatersrand. La chiesa della Santissima Trinità di Braamfontein è servita come uno spazio sacro e sicuro per i negoziati, e speriamo che continuerà ad esserlo” afferma padre Rowan.

Il bilancio degli scontri è di 20 feriti e 15 persone arrestate 
“Pensiamo che in questa fase sia poco quello che le autorità universitarie possono fare. In effetti si sono dimostrate in genere comprensive nei confronti delle domande degli studenti” afferma mons. Slattery. “Ma le soluzioni richieste dagli studenti al momento superano le capacità finanziarie e organizzative delle autorità universitarie. D’altronde, devono rimanere nella nostra agenda come priorità per il futuro” sottolinea l’arcivescovo di Pretoria.

Mons. Slattery chiede di giungere ad un compromesso
“Spetta al governo assicurare che l’anno accademico sia completato in pace. Il governo e gli studenti devono ora appianare le loro difficoltà. Si deve prendere in considerazione un compromesso, perché non si possono trovare all’istante gli ingenti fondi richiesti per un’educazione gratuita universitaria” conclude mons. Slattery. (L.M.)

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P. Carlin, esorcista: Vangelo, preghiera e Sacramenti vincono il diavolo

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Papa Francesco parla spesso nelle sue omelie del diavolo: una volta ha detto che “hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste - ha affermato con forza - e noi dobbiamo lottare contro di lui”. Purtroppo ancora oggi ci sono tante persone che soffrono per la sua azione. Ne abbiamo parlato con il padre cappuccino Paolo Carlin, esorcista nelle Diocesi di Ravenna e Faenza e portavoce dell’Associazione internazionale degli esorcisti. L’intervista è di Sergio Centofanti

R. – Sono persone che soffrono e devono soffrire purtroppo nel nascondimento perché non trovano nella cultura di oggi accoglienza, ascolto perlomeno, comprensione, se non nell’essere considerati malati di mente. Però la realtà è una realtà che esiste. Ci sono tante persone che soffrono proprio perché c’è anche la componente, l’azione del nemico. Queste possono ricevere solamente aiuto quando vengono considerate e ascoltate anche sotto questo aspetto.

D. – Il diavolo, roba medievale, dicono alcuni: lei nella sua esperienza di esorcista che dice?

R. – Satana ha interesse a far credere che non esiste se non nella misura in cui l’uomo si illude che sia servito da Satana stesso. Ma Satana non è un amico è il primo e unico grande nemico dell’uomo proprio perché è invidioso e geloso della natura umana. Io l’ho visto Satana agire, l’ho visto chiaramente. Da quando faccio questo servizio vi posso dire che non ho più nessun dubbio di fede! E se prima mi facevo delle domande, adesso è fin troppo chiaro: adesso l’unica lotta che devo fare è con la mia fragilità umana perché il nemico insidia tutti e c’è una lotta dura che dobbiamo fare in questo mondo se vogliamo rimanere fedeli al Signore. Altrimenti cadiamo nelle trappole del nemico e lui sa come ingannarci perché è un astuto tentatore, subdolo, sottile.

D. – Come difendersi dal maligno?

R. – Noi abbiamo strumenti che Gesù già ci ha dato. Gli strumenti che ci ha dato sono tre: l’ascolto, il dialogo, l’incontro. L’ascolto è attraverso il Vangelo. Il Vangelo è  necessario ed è fondamento della fede perché cancella quei pensieri ossessivi di disperazione, di confusione, di disordine, di paura, di ansia, di angoscia che incominciano a partire dalla testa perché il nemico comincia ad attaccarci dalla testa. Perché? Perché la testa è la sede del libero arbitrio e della volontà dell’uomo. Allora se la testa è piena della Parola di Dio, non può entrare il nemico. Perché? Come ha cacciato Gesù Satana nelle tentazioni? L’ha cacciato citando la Scrittura. Con quella che è luce di verità ha smascherato la menzogna e la tentazione. Se la testa non ha la Parola di Dio noi facilmente rimaniamo soggiogati e confusi. L’altro strumento che Gesù ci ha dato per avere questa relazione con lui è il dialogo. E il dialogo avviene attraverso la preghiera. La preghiera non è sciorinare parole, bla, bla, bla, bla … ma è fare proprie quelle parole o addirittura dirne di proprie in quel momento. Ma dopo aver ascoltato Lui, però, perché solo se ascolto prima Lui dopo saprò anche come rispondere, come invocarlo, come ascoltarlo, come affidarmi a Lui, come avere la pace, la forza. Allora, pregare significa dialogare con Lui, non tanto fare delle pratiche. Come ascoltarlo non è leggere o studiare il Vangelo. Quindi bisogna entrare in questa logica di relazione personale. Terzo strumento è il Sacramento. Che cos’è il Sacramento? E’ il luogo dove incontro personalmente Gesù, Dio stesso nella persona di Gesù Sacramento. Sacramenti che scaturiscono dal sacrificio di Cristo sulla Croce e dalla sua Risurrezione. Gesù ha vinto il male, la sofferenza. Il cristiano non si spaventerà mai, non sarà mai depresso perché sa che ha già vinto nella fede in Gesù contro il male e la sofferenza. Ma, allora, io se soffro come faccio a vivere? Vivrai la tua sofferenza non con disperazione ma mettendola nelle mani di Dio. Quindi è importante che io usi i Sacramenti e li viva non tanto come cose da fare, precetti domenicali o pratiche religiose ma proprio come un incontro vero, concreto, con il Signore Gesù Risorto. Perché nel Sacramento della Riconciliazione sperimento il perdono di Dio, quindi se io vivo il Sacramento in questo modo, veramente per quello che è, ecco che allora l’azione di Dio nella mia vita si fa potente. E il nemico “va fuori dai piedi”… Mi piace sottolineare quello che tutti gli esorcisti testimoniano - perché hanno visto il maligno agire come l’ho visto io, l’ho visto proprio come trasforma il corpo della gente – e cioè che il Sacramento della Riconciliazione è potentissimo, è più potente addirittura di un esorcismo. L’altro Sacramento importante che ci accompagna è il Sacramento dell’Eucaristia. E’ il Pane di vita per l’anima: senza questo Pane l’anima è un sacco vuoto. Come se uno pretendesse di andare avanti senza mangiare. I Sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione ci mantengono figli di Dio, figli della luce, non delle tenebre. Allora a questo punto siamo forti contro ogni male. Paradossalmente pure essendo esseri inferiori a Satana, che è un angelo puro, siamo più forti di lui. Non per niente, quando invochiamo la Madonna, lui va su tutte le furie, neanche la nomina, dice: “Quella là”. Sapete perché? Perché la Madonna è un essere umano, ma a differenza sua che è stato disobbediente e lo sarà per l’eternità, perché ormai non può tornare indietro in quanto è un angelo, la Madonna invece è tutta pura, tutta immacolata, tutta in comunione con Dio proprio perché ha detto sì a Dio e no a lui. E questo per lui diventa motivo di più grande sconfitta: essere sconfitto da un essere inferiore (in quanto essere umano). Ecco perché la teme. La teme proprio perché Lei è l’unica tra gli esseri umani che non può toccare e di tutti quelli che sono consacrati a Maria lui dice sempre: “Io non posso fare più niente perché ‘Quella là’ lo protegge”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 286

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.