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Sommario del 23/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: annunciare Gesù, mai aggressivi ma alternativi al mondo

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Oggi è tempo di riannunciare con forza Gesù Cristo, unico salvatore di tutti, con il coraggio di essere alternativi al mondo ma senza mai essere polemici o aggressivi: è quanto ha detto Papa Francesco all’Angelus in una Piazza San Pietro affollatissima di pellegrini - circa 50mila - in questa domenica in cui si celebra la Giornata missionaria mondiale. Il servizio di Sergio Centofanti

Papa Francesco parte dall’esperienza missionaria di San Paolo, “risultata efficace, giusta e fedele solo grazie alla vicinanza e alla forza del Signore, che ha fatto di lui un annunciatore del Vangelo a tutti i popoli”:

“L’esperienza dell’Apostolo delle genti ci ricorda che dobbiamo impegnarci nelle attività pastorali e missionarie, da una parte, come se il risultato dipendesse dai nostri sforzi, con lo spirito di sacrificio dell’atleta che non si ferma nemmeno di fronte alle sconfitte; dall’altra, però, sapendo che il vero successo della nostra missione è dono della Grazia: è lo Spirito Santo che rende efficace la missione della Chiesa nel mondo”.

Oggi – ha detto Papa Francesco -  “è tempo di missione ed è tempo di coraggio!”:

“Coraggio di rafforzare i passi vacillanti, di riprendere il gusto dello spendersi per il Vangelo, di riacquistare fiducia nella forza che la missione porta con sé. È tempo di coraggio, anche se avere coraggio non significa avere garanzia di successo. Ci è richiesto il coraggio per lottare, non necessariamente per vincere; per annunciare, non necessariamente per convertire. Ci è richiesto il coraggio per essere alternativi al mondo, senza però mai diventare polemici o aggressivi. Ci è richiesto il coraggio per aprirci a tutti, senza mai sminuire l’assolutezza e l’unicità di Cristo, unico salvatore di tutti. Ci è richiesto coraggio per resistere all’incredulità, senza diventare arroganti. Ci è richiesto anche il coraggio del pubblicano del Vangelo di oggi che con umiltà non osa nemmeno alzare gli occhi al cielo,ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Oggi è tempo di coraggio, oggi ci vuole coraggio!”.

Quindi il Papa ha concluso:

“La Vergine Maria, modello della Chiesa “in uscita” e docile allo Spirito Santo, ci aiuti ad essere tutti, in forza del nostro Battesimo, discepoli missionari per portare il messaggio della salvezza all’intera famiglia umana”.

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Francesco: pace in Iraq, troppa violenza contro civili innocenti

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Dopo la preghiera dell’Angelus, Papa Francesco ha lanciato un nuovo appello per la pace in Iraq. “In queste ore drammatiche – ha detto - sono vicino all’intera popolazione” irachena, “in particolare a quella della città di Mosul”. Ascoltiamo le sue parole: 

“I nostri animi sono scossi dagli efferati atti di violenza che da troppo tempo si stanno commettendo contro i cittadini innocenti, siano musulmani siano cristiani siano appartenenti ad altre etnie e religioni. Sono rimasto addolorato nel sentire notizie dell’uccisione a sangue freddo di numerosi figli di quell’amata terra, tra cui anche tanti bambini. Questa crudeltà ci fa piangere, lasciandoci senza parole. Alla parola di solidarietà si accompagna l’assicurazione del mio ricordo nella preghiera, affinché l’Iraq, pur duramente colpito, sia forte e saldo nella speranza di poter andare verso un futuro di sicurezza, di riconciliazione e di pace. Per questo chiedo a tutti voi di unirvi alla mia preghiera”.

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Papa: fiume dell'odio nel mondo è vinto da oceano misericordia di Dio

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“Viviamo in tempi difficili”, quelli di una “guerra mondiale a pezzi”, ma “il fiume in piena dell’odio e della violenza, nulla può contro l’oceano di misericordia che inonda il nostro mondo”. Così Papa Francesco scrive nella prefazione del libro “Non aver paura di perdonare” di padre Luis Dri, padre confessore a Buenos Aires e grande amico di Bergoglio quando era arcivescovo della capitale argentina. Il volume, realizzato con la collaborazione di Andrea Tornielli e Alver Metalli, è pubblicato da RaiEri e sarà in libreria dal 25 ottobre. Il servizio di Michele Raviart

Di padre Luis Dri, Papa Francesco ricorda le lunghe ore trascorse in confessionale a Buenos Aires, il gesto di baciare la mano ai penitenti, lo scrupolo per aver perdonato troppo. Di fronte al Santissimo Sacramento, padre Luis chiedeva infatti lui stesso perdono per aver troppo perdonato e, come San Leopoldo Mandić, si rivolgeva a Gesù che in questo gli aveva dato “il cattivo esempio”.

Un atteggiamento quanto mai necessario oggi, scrive il Papa, perché al penitente - sia esso un fedele abituale, o qualcuno spinto da una qualche circostanza eccezionale, entrato in confessionale “per caso” (“ma nei piani di Dio padre nulla è casuale”, spiega Francesco) o come tappa finale di un percorso sofferto – “bisogna far percepire l’abbraccio misericordioso del nostro Dio. Un Dio che ci precede, ci aspetta, ci accoglie”.

Non a caso nel confessionale di padre Luis si trova una riproduzione del quadro di Rembrandt che raffigura l’abbraccio del Padre con il Figliol Prodigo, accolto da due mani differenti tra loro, una più maschile l’altra più femminile.“La misericordia”, scrive ancora il Papa, è infatti sia “il viscerale amore materno, che si commuove di fronte alla fragilità della sua creatura e la abbraccia”, sia “la fedeltà forte del Padre che sempre sostiene, perdona e torna a rimettere in cammino i suoi figli”. Nessuna paura quindi che Dio non possa perdonare.

Per padre Luis, la misericordia è poi un atto di contestazione dell’egoismo, perché accetta che sia non “l’io” ma un “Altro” il principio ordinatore del mondo. Accettando la misericordia di Dio per l’uomo e imitandone il comportamento, si sperimentano benefici anche nella vita collettiva, perché “la misericordia è un atteggiamento profondamente sociale”. Ribadisce il Papa che nella “guerra mondiale a pezzi” che stiamo vivendo, “ogni segno di amicizia, ogni barriera scalfita, ogni mano tesa, ogni riconciliazione, anche se non fa notizia è destinata ad operare nel tessuto sociale”, dalla famiglia ai rapporti tra gli Stati. Un oceano di misericordia contro il fiume dell’odio, in cui immergersi e lasciarsi rigenerare.

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Giornata Missionaria. Papa: Chiesa sia testimone di misericordia

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La Chiesa ha il dovere di annunciare l’amore di Dio in ogni angolo della Terra: lo ricorda in modo del tutto particolare la Giornata Missionaria Mondiale che si celebra questa domenica. “Chiesa missionaria, testimone di misericordia”, il titolo del messaggio del Papa. In questa occasione, tutte le comunità ecclesiali sono invitate a pregare e a contribuire con la propria offerta al sostegno delle Chiese più giovani e bisognose e dei tanti uomini e donne impegnati nell’evangelizzazione. Ma con quale spirito va vissuta questa Giornata? Federico Piana lo ha chiesto a don Michele Autuoro, direttore di Missio, organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana: 

R. – Nello spirito del Giubileo. Papa Francesco, anche nel messaggio per questa 90.ma Giornata missionaria mondiale, ci dice proprio che il Giubileo straordinario della Misericordia offre una luce particolare a questa nostra Giornata missionaria. Ci invita a guardare alla missione “ad gentes” come ad una grande e immensa opera di misericordia, sia spirituale che materiale; e soprattutto ci invita di nuovo ad uscire, mettendo a servizio i talenti che ognuno ha, perché il Vangelo della Misericordia, il Vangelo della gioia, possa essere proclamato in ogni angolo della Terra. Io direi anche che la Giornata missionaria mondiale deve aiutare la Chiesa, anche attraverso la preghiera, a prendere consapevolezza della sua identità. Papa Francesco spesso dice che è la missione che fa la Chiesa e non la Chiesa che fa la missione. Quindi questa Giornata ci ricorda quello per cui noi siamo stati costituiti: per andare in ogni angolo della terra, perché a tutte le creature sia predicato il Vangelo; e quindi anche gettando – potremmo dire – uno sguardo, anche in questa domenica, verso coloro che hanno perso la fede, ma anche verso coloro a cui questo annuncio della fede ancora non è giunto e sono tanti…

D. – In questo momento storico particolare dire “missioni” cosa vuol dire? Dire “andare in missione” cosa vuol dire?

R. – Significa che siamo chiamati non a fare proselitismo, ma siamo chiamati a mostrare questa perla preziosa che è Gesù e a mostrarla con la nostra vita e soprattutto con tante opere di misericordia. Quindi dire “missione” significa anche - potremmo dire - andare per essere compagni anche di viaggio di tanti nostri fratelli e di tante nostre sorelle, per mostrare loro questa bellezza della nostra fede, questa bellezza di Dio.

D. – Tante volte, quando si dice “missione” si pensa alle missioni lontane, alle giovani Chiese; ma nel nostro mondo la missione è anche quella vicino casa…

R. – Certamente. Papa Francesco dice che tutti quanti noi siamo discepoli missionari: quindi non si è missionari solo quando si parte per le terre lontane per aiutare le Chiese che hanno bisogno di crescere, le Chiese giovani, o per il primo annuncio della fede. Si è missionari anche nella nostra realtà quotidiana, a partire da quella della nostra casa, a partire da quelli che sono i nostri amici, da quelli che incontriamo nei nostri ambienti di lavoro, per strada… E questo perché dobbiamo sentire questo comando di Gesù: “Mi sarete testimoni qui in Gerusalemme, in Giudea e fino agli estremi confini della Terra”. Certamente questa Giornata vuole essere veramente uno sguardo universale, con questa consapevolezza anche di Gesù davanti ad una umanità, di una messe che è molta e che ha bisogno di essere raggiunta.

D. – In questa Giornata i fedeli sono chiamati proprio a sostenere, con la preghiera e anche con delle offerte, queste missioni…

R. – Sì. Potremmo dire che è un momento proprio di comunione ecclesiale, è una colletta universale. Il Papa, anche quest’anno nel suo messaggio, lo ha ribadito, dando le indicazioni, lui stesso dice sapienti, dei suoi predecessori, perché in ogni parrocchia, in ogni comunità, in ogni movimento ci sia questo segno proprio di comunione, di solidarietà; perché insieme si possano mettere dei beni che saranno destinati a quello che viene chiamato il Fondo universale di solidarietà per sostenere le Chiese giovani e perché l’annuncio del Vangelo, attraverso anche il sostegno economico, possa continuare attraverso proprio questa testimonianza di carità.

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Card. Hummes: mancano missionari per l'Amazzonia

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L’Amazzonia ha urgente bisogno di missionari: è l’appello che lancia il cardinale Cláudio Hummes, presidente della Rete Ecclesiale Pan-amazzonica (Repam). La regione, che comprende 9 Paesi sudamericani, vive una situazione sempre più difficile anche dal punto di vista dello sfruttamento delle multinazionali che mettono in pericolo le comunità indigene. Una grande sfida per la Chiesa come dice il cardinale Hummes al microfono di Cristiane Murray

R. – L’Amazzonia continua ad essere una sfida molto grande per la Chiesa. In questo il Papa ci accompagna e ci incoraggia. Ci dice sempre che dobbiamo essere coraggiosi, rischiando anche di percorrere nuove strade e cercare nuove soluzioni. Abbiamo davvero pochi missionari per le nostre comunità indigene – e sono tante le comunità - che una volta sembra avessero più assistenza di oggi. E questo perché? Perché oggi è difficile trovare delle vocazioni missionarie per gli indigeni: per l’Amazzonia ancora se ne trovano abbastanza, ma non di coloro che vogliono lasciare la città – perché in Amazzonia ci sono anche tante città – non di coloro che vogliono uscire dalle parrocchie e andare a vivere con gli indigeni. Ma gli indigeni lo desiderano e ci dicono: “Noi siamo stati evangelizzati dai missionari. Siamo cattolici e abbiamo bisogno di un sacerdote, abbiamo bisogno di una Chiesa qui!”. E ci dicono anche: “Abbiamo bisogno di un padre che battezzi i nostri figli!”. E una volta era così: c’erano i missionari. Oggi mancano, mancano! Questo rappresenta veramente una sfida molto grande. Non dobbiamo perdere il grande lavoro che i missionari hanno svolto con gli indigeni. Noi non possiamo perdere questo! Il Papa sa anche questo e ci dà un aiuto molto forte. Sta con noi sempre e sempre ci incoraggia: ogni volta che un vescovo viene dal Brasile e parla con lui di queste cose, lui torna ad incoraggiarci ad andare avanti e a fare tutto il possibile per non perdere l’Amazzonia. 

D. – Ci sono anche altre sfide in Amazzonia…

R. – C’è anche una grande sfida riguardo all’ecologia, alla sostenibilità, a quale sviluppo portare all’Amazzonia. Il Papa accompagna tutto questo molto da vicino ed è molto informato. Lui ci guida adesso anche attraverso l’Enciclica Laudato si’, che è la magna charta del nostro lavoro come Chiesa, sia della Commissione per l’Amazzonia dei vescovi brasiliani, sia della Repam, che è la Rete ecclesiale Panamazzonica, che include tutti i nove Paesi che hanno una regione amazzonica. La Laudato si’, così come le Conferenze internazionali sul clima, affronta i grandi temi del momento e rappresenta il lavoro che facciamo lì come Chiesa.

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I cattolici nel mondo sono quasi 1 miliardo e 300 milioni

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In occasione della Giornata Missionaria Mondiale, l’Agenzia Fides presenta come di consueto alcune statistiche scelte in modo da offrire un quadro panoramico della Chiesa nel mondo. Le tavole sono tratte dall’ultimo «Annuario Statistico della Chiesa» (aggiornato al 31 dicembre 2014) e riguardano i membri della Chiesa, le sue strutture pastorali, le attività nel campo sanitario, assistenziale ed educativo. Tra parentesi viene indicata la variazione, aumento (+) o diminuzione (-) rispetto all’anno precedente, secondo il confronto effettuato dall’Agenzia Fides.

Popolazione mondiale supera i 7 miliardi
Al 31 dicembre 2014 la popolazione mondiale era pari a 7.160.739.000 persone, con un aumento di 66.941.000 unità rispetto all’anno precedente. L’aumento globale riguarda anche quest’anno tutti i continenti, ad eccezione dell’Europa: gli aumenti più consistenti, ancora una volta, sono in Asia (+37.349.000) e in Africa (+23.000.000), seguiti da America (+8.657.000) e Oceania (+649.000). Diminuisce l’Europa (-2.714.000).

I cattolici nel mondo sono 1.272.281.000
Alla stessa data del 31 dicembre 2014 il numero dei cattolici era pari a 1.272.281.000 unità con un aumento complessivo di 18.355.000 persone, più contenuto rispetto a quello registrato l’anno precedente. L’aumento interessa tutti i continenti ad eccezione dell’Europa, è più deciso, come lo scorso anno, in Africa (+8.535.000) e in America (+6.642.000), seguiti da Asia (+3.027.000) e Oceania (+208.000). Diminuisce l’Europa (-57.000). La percentuale dei cattolici è aumentata dello 0,09%, attestandosi al 17,77%. Riguardo ai continenti, si sono registrati aumenti in Africa (+0,38), America (+0,12), Asia (+0,05), Europa (+0,14) ed Oceania (+0,09). 

Abitanti e cattolici per sacerdote
Il numero degli abitanti per sacerdote è aumentato anche quest’anno, complessivamente di 130 unità, raggiungendo quota 13.882. La ripartizione per continenti vede, come per gli anni precedenti, aumenti in America (+79), Europa (+41) ed Oceania (+289); diminuzioni in Africa (-125) e Asia (-1.100). Il numero dei cattolici per sacerdote è aumentato complessivamente di 41 unità, raggiungendo il numero di 3.060. Si registrano aumenti in Africa (+73), America (+59), Europa (+22) ed Oceania (+83). Unica diminuzione in Asia (-27).

Circoscrizioni ecclesiastiche e stazioni missionarie
Le circoscrizioni ecclesiastiche sono 9 in più rispetto all’anno precedente, arrivando a 2.998, con nuove circoscrizioni create in Africa (+1), America (+3), Asia (+3) ed Europa (+2). L’Oceania non registra variazioni. Le stazioni missionarie con sacerdote residente sono complessivamente 1.864 (7 in meno rispetto all’anno precedente) e sono aumentate in Africa (+39) e in Europa (+2). Sono diminuite in America (-35), Asia (-8) ed Oceania (-5). Le stazioni missionarie senza sacerdote residente sono aumentate complessivamente di 2.703 unità, raggiungendo così il numero di 136.572. Aumentano in Africa (+1.151), America (+2.891) ed Oceania (+115). Diminuiscono in Asia (-1.452) ed Europa (-2).

I vescovi sono oltre 5mila
Il numero totale dei Vescovi nel mondo è aumentato di 64 unità, raggiungendo quota 5.237. Anche quest’anno aumentano sia i Vescovi diocesani che quelli religiosi. I Vescovi diocesani sono 3.992 (47 in più), mentre i Vescovi religiosi sono 1.245 (17 in più). L’aumento dei Vescovi diocesani interessa come lo scorso anno tutti i continenti ad eccezione dell’Oceania (-1): America (+20), Asia (+9), Africa (+1) ed Europa (+18). I Vescovi religiosi aumentano ovunque: Africa (+5), America (+2), Asia (+3), Europa (+6), Oceania (+1).

In aumento i sacerdoti
Il numero totale dei sacerdoti nel mondo è aumentato di 444 unità rispetto all’anno precedente, raggiungendo quota 415.792. A segnare una diminuzione consistente è ancora una volta l’Europa (-2.564) e, in misura più lieve, l’America (-123) e l’Oceania (-86), gli aumenti si registrano in Africa (+1.089) e Asia (+2.128). I sacerdoti diocesani nel mondo sono aumentati globalmente di 765 unità, raggiungendo il numero di 281.297, con aumenti in Africa (+1.023), America (+810) e Asia (+848). La diminuzione, anche quest’anno, è in Europa (-1.914) cui si aggiunge l’Oceania (-2). I sacerdoti religiosi sono diminuiti in complesso di 321 unità e sono 134.495. Consolidando la tendenza degli ultimi anni, crescono in Africa (+66) e in Asia (+1.280), mentre le diminuzioni interessano America (-933), Europa (-650) ed Oceania (-84). 

In aumento i diaconi permanenti
I diaconi permanenti nel mondo sono aumentati di 1.371 unità, raggiungendo il numero di 44.566. L’aumento più consistente si conferma ancora una volta in America (+965) e in Europa (+311), cui si aggiungono quest’anno Africa (+25), Asia (+65) ed Oceania (+5). I diaconi permanenti diocesani sono nel mondo 43.954, con un aumento complessivo di 1.304 unità. Crescono ovunque: in Africa (+8), America (+971), Asia (+36), Europa (+285), Oceania (+4).  I diaconi permanenti religiosi sono 612, aumentati di 67 unità rispetto all’anno precedente, con aumenti in Africa (+17), Asia (+29), Europa (+26) e Oceania (+1), unica diminuzione in America (-6).

Diminuiscono le religiose
I religiosi non sacerdoti sono diminuiti per il secondo anno consecutivo, in controtendenza rispetto agli ultimi anni precedenti, di 694 unità, arrivando al numero di 54.559. Aumenti si registrano in Africa (+331) e in Asia (+66), mentre diminuiscono in America (-362), Europa (-653) e Oceania (-76). Anche quest’anno si conferma la tendenza alla diminuzione globale delle religiose, quest’anno ancora superiore rispetto all’anno precedente, di 10.846 unità. Sono complessivamente 682.729. Gli aumenti sono, ancora una volta, in Africa (+725) e in Asia (+604), le diminuzioni in America (–4.242), Europa (-7.733) e Oceania (–200).

Istituti secolari
I membri degli Istituti secolari maschili sono complessivamente 654, con una diminuzione globale di 58 unità, quasi uguale a quella dell’anno precedente. A livello continentale cresce anche quest’anno solo l’Africa (+2), mentre diminuiscono America (-13), Asia (-16) ed Europa (-31), invariata anche quest’anno l’Oceania. I membri degli Istituti secolari femminili sono aumentati complessivamente di 243 unità, per un totale di 24.198 membri. Aumentano in Asia (+44) ed Europa (+515) mentre diminuiscono in Africa (-7), America (-306) ed Oceania (-3). 

In crescita i missionari laici e i catechisti
Il numero dei Missionari laici nel mondo è pari a 368.520, con un aumento globale di 841 unità ed aumenti in Africa (+9), Europa (+6.806) e Oceania (+41). Diminuiscono invece in America (-5.596) e Asia (-419). I Catechisti nel mondo sono aumentati complessivamente di 107.200 unità, raggiungendo quota 3.264.768. Anche quest’anno consistenti aumenti si registrano in Africa (+103.084), in Asia (+6.862), in misura più contenuta in Oceania (+271). Diminuzioni in America (-2.814) e in Europa (-203).

Diminuiscono i seminaristi maggiori
I seminaristi maggiori, diocesani e religiosi, anche quest’anno sono diminuiti, precisamente di 1.312 unità, e hanno così raggiunto il numero di 116.939. Come per l’anno precedente, gli aumenti si registrano solo in Africa (+636), mentre diminuiscono in America (-676), Asia (-635), Europa (-629) ed Oceania (-8).  I seminaristi maggiori diocesani sono 70.301 (-1.236 rispetto all’anno precedente) e quelli religiosi 46.638 (-76). Per i seminaristi diocesani gli aumenti interessano solo l’Africa (+222). Le diminuzioni sono in America (-594), Asia (-373), Europa (-471) e Oceania (-20). I seminaristi maggiori religiosi diminuiscono in tre continenti: America (-82), Asia (-262) ed Europa (-158). Aumentano in Africa (+414) ed Oceania (+12).

Aumentano i seminaristi minori
Il numero totale dei seminaristi minori, diocesani e religiosi, quest’anno è aumentato di 1.014 unità, raggiungendo il numero di 102.942. Sono aumentati in tutti i continenti ad eccezione dell’Oceania (-42): Africa (+487), America (+1), Asia (+174), Europa (+394). I seminaristi minori diocesani sono 78.489 (-67) e quelli religiosi 24.453 (+1.081). Per i seminaristi diocesani la diminuzione si registra in America (-47), Asia (-668) e Oceania (-37), l’aumento in Africa (+291) e Europa (+394). I seminaristi minori religiosi invece sono in crescita in Africa (+196), America (+48) e Asia (+842), mentre diminuiscono in Oceania (-5) e sono stabili in Europa.

Istituti di istruzione ed educazione
Nel campo dell’istruzione e dell’educazione, la Chiesa gestisce nel mondo 73.580 scuole materne frequentate da 7.043.634 alunni; 96.283 scuole primarie per 33.516.860 alunni; 46.339 istituti secondari per 19.760.924 alunni. Inoltre segue 2.477.636 alunni delle scuole superiori e 2.719.643 studenti universitari.

La galassia degli ospedali e degli istituti di assistenza cattolici
Gli istituti di beneficenza e assistenza gestiti nel mondo dalla Chiesa comprendono: 5.158 ospedali con le presenze maggiori in America (1.501) ed Africa (1.221); 16.523 dispensari, per la maggior parte in Africa (5.230), America (4.667) e Asia (3.584); 612 lebbrosari distribuiti principalmente in Asia (313) ed Africa (174); 15.679 case per anziani, malati cronici ed handicappati, per la maggior parte in Europa (8.304) ed America (3.726); 9.492 orfanotrofi per la maggior parte in Asia (3.859); 12.637 giardini d’infanzia con il maggior numero in Asia (3.422) e America (3.477); 14.576 consultori matrimoniali, per gran parte in Europa (5.670) ed America (5.634); 3.782 centri di educazione o rieducazione sociale e 37.601 istituzioni di altro tipo.

Circoscrizioni dipendenti dall’Evangelizzazione dei Popoli
Le Circoscrizioni ecclesiastiche dipendenti dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Cep) al 4 ottobre 2016 sono complessivamente 1.108, tre circoscrizioni in meno rispetto all’anno precedente. La maggior parte delle circoscrizioni ecclesiastiche affidate a Propaganda Fide si trova in Africa (508) e in Asia (480). Seguono America (74) ed Oceania (46).

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Giubileo Corali, Fisichella: il canto è una forma di evangelizzazione

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Sono giunti in 10mila da tutto il mondo per il Giubileo delle Corali e degli Animatori Liturgici. La manifestazione, organizzata dalla Nova Opera Onlus e dal Coro della Diocesi di Roma, ha preso il via venerdì e si è conclusa questa domenica, con la Messa nella Basilica di San Pietro presieduta da mons. Rino Fisichella e la partecipazione all’Angelus in Piazza San Pietro, dove il Papa ha rivolto alle corali presenti un saluto particolare. Il servizio di Eugenio Murrali: 

Sono arrivate a Roma portando la gioia del canto le corali che hanno preso parte alle giornate loro dedicate, nell’ambito del Giubileo della Misericordia. E di misericordia ha parlato, nella sua omelia, il presidente del Pontificio Consiglio della Nuova Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella. Sullo sfondo della parabola del fariseo e del pubblicano, che si rivolge a Dio chiedendo con poche parole “Abbi pietà di me”, l’arcivescovo ha ricordato ai fedeli presenti a San Pietro – coristi, cantori, animatori liturgici – la forza del canto:

"Il nostro servizio è quello del canto, che non è una cosa secondaria, nella vita della Chiesa. Il canto può essere realmente una forma di nuova evangelizzazione".

Mons. Fisichella ha poi citato Sant’Agostino, che, nelle “Confessioni”, descrive così il ruolo del canto nella sua conversione:

"Quando mi tornano alla mente le lacrime che canti di chiesa mi strapparono ai primordi della mia fede, e alla commozione che ancora oggi suscita in me non il canto, ma le parole cantate, se cantate con voce limpida e la modulazione più conveniente, riconosco profondamente l'utilità di tutto questo. Un canto fatto a Dio strappa le lacrime della conversione, perché può commuovere il cuore, può renderlo più vicino a Dio".

Il presule ha inoltre insistito sulla gioia e ha citato l’antico “Pastore di Erma” dove si legge che “la preghiera dell’uomo triste non ha la forza di giungere all’altare di Dio”. Ha poi aggiunto, tornando alle parole del vescovo di Ippona:

"Ognuno chiede in quale modo cantare a Dio: canta a Lui, ma canta bene (Canta nel giubilo: questo lo aggiungo io - dice mons. Fisichella). Canta nel giorno del tuo giubileo, ma canta nel giubilo: giubilo-giubileo, è la stessa terminologia".

E ha concluso, ancora con Sant’Agostino:

"Canta. Canta e cammina. Canta e cammina. Non fermarti. Non uscire di strada. Non volgerti indietro: rivolgiti al Signore. Canta e cammina. E possa la tua vita essere sempre un canto di lode al Signore'".

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Oggi in Primo Piano



La luce dei "Corridoi umanitari" nel buio in Siria e Iraq

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In Iraq, va avanti la battaglia per riconquistare Mosul, occupata dal cosiddetto Stato Islamico. Siamo appena all'inizio e già si contano centinaia di morti. In Siria, la tragedia di Aleppo - dove ieri sera è finita una fragile tregua - e di tante altre città sconosciute non sembra avere fine: tanti i bambini tra le vittime. In questa situazione drammatica, dominata dalle grandi potenze, c'è chi, nel piccolo, lavora per salvare le popolazioni civili. Tra lunedì e martedì, il progetto “Corridoi umanitari” della Comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con la Federazione delle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese, porterà in Italia altri 130 profughi provenienti dalla Siria. Salgono in questo modo a 400 i profughi ospitati ed è sempre più vicino l’obiettivo di mille rifugiati in due anni, in un periodo in cui l’emergenza della crisi migratoria è sempre più attuale, come conferma al microfono di Roberta Barbi, il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Roberto Zuccolini: 

R. – Dobbiamo ancora capire cosa succederà a Mosul e nella zona attorno, dove già – peraltro – ci sono dei campi profughi enormi, c’è la Piana di Ninive, ci sono tantissimi problemi da risolvere. Direi, soprattutto, che l’ondata migratoria continuerà finché continueranno le guerre e non solo quella irachena, ma soprattutto quella siriana: non dimentichiamo il dramma di Aleppo e il milione e passa di profughi che stanno in Libano e le centinaia di migliaia che sono in Giordania. Non dimentichiamo neanche l’emergenza economica e ambientale che si vive in tantissimi Paesi africani, che contribuirà alla pressione migratoria nei prossimi mesi e, credo, anche nei prossimi anni.

D. – La Comunità internazionale chiede continuamente corridoi umanitari. Voi, in concreto, li avete attivati. È possibile, quindi?

R. – È vero! La Comunità internazionale chiede corridoi umanitari, ma non riesce a realizzarli perché non c’è volontà politica, perché le grandi istituzioni internazionali si dimostrano impotenti di fronte a problemi che sarebbero risolvibilissimi, anche con un sforzo limitato. L’esempio è molto chiaro: noi siamo arrivati ormai a 400 profughi siriani con il prossimo arrivo dal Libano, l’Europa non riesce a spostare decine – e dico decine! – di persone in Ungheria o in altri Paesi a causa di litigi, a causa di muri politici, oltre che fisici, che vengono costruiti e che vengono posti tra una nazione l’altra, tra l’Europa e il fuori Europa. Però si danno tantissimi soldi per accordi, che – peraltro – non funzionano e che non stanno funzionando con la Turchia!

D. – Ad accogliere i nuovi arrivati anche alcuni rifugiati arrivati nel febbraio scorso. Una bella testimonianza…

R. – E’ una scelta che rivela un fatto: quando c’è una volontà e quando c’è una sinergia tra società civile e istituzioni – come è il caso di “Corridoi umanitari”, realizzati in Italia in accordo con lo Stato Italiano – le cose possono funzionare. Con una spesa anche relativa, portata avanti da noi, con una raccolta fondi della Comunità di Sant’Egidio e dall’8xmille dei Valdesi… Naturalmente noi non potremo portare migliaia di persone - noi abbiamo l’obiettivo di portarne mille entro il 2017 – ma così abbiamo dimostrato che questo modello è realizzabile e volendo è esportabile e praticabile anche dagli Stati.

D. – A questo progetto sono interessati molti Paesi, tra cui Germania, Polonia e Francia. Come replicarlo in queste realtà?

R. – In Polonia c’è stata una richiesta molto chiara da parte della Chiesa polacca nei confronti dello Stato: siamo in attesa di capire un po’ il risultato di questi colloqui per la possibilità di realizzare corridoi umanitari in Polonia. È una cosa molto positiva che si realizzi in un Paese dell’Est Europa. In Francia ci sono dei contatti tra la stessa nostra Comunità, le Chiese protestanti e lo Stato; in Spagna ci sono stati degli interessamenti… Un piccolo segnale è venuto da vicinissimo, da San Marino che ha già ospitato famiglie di profughi. Secondo la nostra Comunità, la Comunità di Sant’Egidio, si apre un orizzonte diverso, perché se si riesce a dimostrare che è possibile realizzare dei corridoi umanitari, cambia anche l’immagine dell’Europa di fronte a questo fenomeno.

D. – Una volta fatti arrivare in Italia, cosa si fa di concreto per l’integrazione dei profughi?

R. – Al di là dell’accoglienza che noi avevamo preparato - noi e le comunità protestanti in Italia e le Chiese evangeliche e valdesi – abbiamo visto che in realtà si sono mobilitati i cittadini: le famiglie che hanno offerto case; la gente che ha risposto chiamandoci e inviandoci email, dicendo: “Vogliamo collaborare. Vogliamo unirci a questo lavoro di accoglienza e non solo di accoglienza, ma anche d’integrazione”. La prima cosa che noi proponiamo a chi arriva con i corridoi umanitari è di apprendere la lingua italiana, di incontrare le nostre famiglie, di far giocare i loro bambini con i nostri bambini: tutto questo moltiplica la generosità, che sembra, invece, in declino quando prevale la demagogia, quando prevalgono gli slogan che parlano di presunte invasioni.

D. – “Corridoi umanitari” ha ricevuto il Premio “Terra e Pace” 2016. Questo riconoscimento è servito a dare visibilità all’iniziativa?

R. – Serve molto parlarne, serve molto incontrare queste persone. Questo è fondamentale: far incontrare chi viene da situazioni di guerra con i cittadini italiani e far capire che dietro a queste storie di chi arriva, di chi continua ad arrivare con i barconi a rischio della propria vita, ci sono delle persone, con storie dolorose di famiglie, ma c’è anche una grandissima voglia di costruire il futuro.

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Caritas Libano: Paese accoglie i profughi ma è allo stremo

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Il Libano è uno dei Paesi più colpiti dalle guerre in Siria e Iraq: in oltre quattro anni, il Paese dei cedri ha ospitato quasi 1,6 milioni di rifugiati siriani e deve affrontare tutti gli squilibri demografici, economici, politici e di sicurezza connessi. Tante anche  le famiglie di cristiani iracheni giunti da Baghdad, Mosul ed Erbil, per non parlare degli esuli palestinesi. Il Libano conta circa 4,4 milioni di abitanti e appare sempre più in difficoltà  come ci riferisce padre Paul Karam, direttore della Caritas libanese, al microfono di padre Leszek Gesiak, responsabile del Programma polacco della Radio Vaticana: 

R. – La situazione sicuramente non è molto facile: è una realtà molto tragica, perché l’aumento dei profughi che vengono dalla Siria crea tanti problemi alla società libanese che già ha altri problemi al suo interno: iniziando dalla sicurezza, passando per l’aspetto sociale e quello educativo – ci sono tanti bambini che non vanno a scuola: tanti genitori, a loro volta profughi, preferiscono che vadano a lavorare o a chiedere l’elemosina alla gente … Ma se – ad esempio – un bambino non va a scuola, sarà facile vittima delle idee fondamentaliste. La situazione è tale da richiedere maggiore attenzione per poter dare aiuto a questa gente. C’è l’aspetto della salute – soprattutto – poi l’aspetto della vita quotidiana – assicurare il cibo e i kit igienici – e poi ci sono malattie croniche o altro che hanno bisogno di cure. Anche i libanesi non hanno accesso a questo! Noi adesso sentiamo che la gente dice “basta”, cosa che non accadeva nel 2011, nel 2012, nel 2013: “Adesso non possiamo più sopportare”. La gente grida: “Noi siamo poveri, abbiamo bisogno di aiuto come loro!”. Come dico sempre: le necessità sono enormi e le capacità sono molto limitate.

D. – Voi state toccando direttamente il problema della guerra. In che ambito si svolge il lavoro della Caritas Libano?

R. – Noi abbiamo degli operatori sociali che ci aiutano e fanno un gran lavoro. Infatti, loro vanno a fare le inchieste per capire quali siano le necessità, sia nelle famiglie sia a livello individuale. Noi chiediamo sempre aiuto al network di Caritas nel mondo e posso dire un grande “grazie” a chi lo gestisce, perché sappiamo che loro hanno anche altri problemi. Ma con questi progetti ci aiutano molto a consolidare l’aspetto umano e a dare un piccolo aiuto a queste persone che hanno bisogno. La Caritas sta lavorando molto. Ricordo che la Caritas è l’organismo unico e ufficiale della Chiesa cattolica in Libano; ma ci sono tante sfide: perché quando tu vedi ogni giorno l’afflusso dei profughi – e io non parlo soltanto dei siriani, ma anche gli iracheni, di cui nessuno parla; oppure la situazione nei campi palestinesi: forse è una situazione un po’ dimenticata – questo non è giusto. Qualora ci fosse un bel cammino per rinforzare la pace, deve essere per fermare questa guerra e non per infliggere ancora ferite a questa gente!

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Venezuela, proteste per lo stop al referendum contro Maduro

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In Venezuela, il Consiglio nazionale elettorale ha rinviato a tempo indeterminato la raccolta delle firme per il referendum sulla destituzione del presidente Nicolas Maduro, accusato di essere responsabile della grave crisi economica che ha colpito il Paese. Motivo ufficiale della decisione è una presunta irregolarità nella raccolta delle firme. L'opposizione grida al golpe e invita i venezuelani a scendere in piazza. Migliaia di donne hanno manifestato a Caracas affermando di essere pronte alla disobbedienza civile. Insieme allo stop del referendum, le autorità hanno firmato un decreto per impedire all'ex candidato presidenziale Enrique Capriles e agli altri leader dell'opposizione di uscire dal Paese. Sulla difficile situazione nel Paese Clarissa Guerrieri ha sentito Luis Badilla Morales, direttore del Sismografo: 

R. – La situazione appare molto confusa, anche perché dal punto di vista giuridico, costituzionale e legale, non è chiaro quali siano i margini di manovra che ha il presidente Maduro o quelli che lui ha ritenuto di avere per prendere questa decisione molto grave, perché alla fine è il referendum revocatorio la questione principale nel dialogo che si dovrebbe avviare, ma che non si riesce a far decollare, tra i partiti dell’opposizione e il governo. Quindi la prima impressione è che questa decisione del presidente sia una sorte di scacco ai partiti con i quali doveva dialogare. Perciò sembra molto difficile il futuro di questo Paese che, già da quattro anni a questa parte, appare terribile, drammatico.

D. - L’opposizione oltre a proteste di piazza, ha qualche altra possibilità?

R. - Ho l’impressione che i partiti dell’opposizione possono appellarsi a determinate istanze giuridiche e costituzionali del Paese che sarebbe la cosa più saggia in questo momento. Capisco che le manifestazioni di piazza - mi pare abbiano già annunciato una grande manifestazione per mercoledì prossimo - sono pericolose. Il problema di fondo è che l’intero impianto costituzionale e istituzionale venezuelano è controllato dal governo. Quindi la domanda che si fanno in molti è questa: se le opposizioni decidono di appellarsi ad istanze giuridiche “terze”, tra virgolette, queste istanze avranno l’autonomia, la libertà e la sovranità per decidere indipendentemente dalla volontà e dalla decisione del governo? Questa incognita appesantisce molto il futuro del Paese ancora una volta, perché se viene chiusa la via legale con ogni probabilità si aprirà una via violenta e non vogliamo neanche immaginare dove possa condurre.

D. - Qual è il ruolo della Chiesa in questa crisi?

R. - Il ruolo della Chiesa è sempre stato molto attivo, dinamico e molto vicino alla sofferenza del popolo venezuelano, perché alla fin fine parliamo di tutte queste cose e dimentichiamo che la questione di fondo è che lì c’è un popolo, milioni e milioni di persone che da quattro anni soffrono in un modo indicibile. La Chiesa è stata sempre vicina a questa sofferenza nella misura delle sue possibilità, perché anche alla Chiesa sono state tagliate le ali. Adesso si vede in lontananza una certa disponibilità non solo da parte dell’opposizione, ma anche da parte del governo, verso il buon ufficio della Chiesa, la sua disponibilità a facilitare questo dialogo, perché senza questo dialogo, che è l’unica alternativa, non ci sono alte soluzioni.

D. - Come sarà possibile uscire da questa crisi internazionale?

R. - L’unica possibilità che io vedo è che tutti gli attori che si stanno muovendo in favore del dialogo - la Santa Sede che più di una volta ha dichiarato la sua disponibilità, anche ufficialmente con una lettera del cardinale segretario di Stato, la Chiesa cattolica venezuelana, le altre Chiese dell’America Latina, diversi governi latino americani come Colombia, Cile, Cuba, Argentina e tutte queste forze che in qualche modo dal proprio punto e nella propria specificità danno un contributo a spingere verso il dialogo -  riescano a convincere il presidente Maduro e soprattutto gli uomini forti che stanno dietro di lui, perché questo è l’altro problema del Venezuela: è vero che c’è un presidente legittimo costituzionale che si chiama Nicolas Maduro, ma è anche vero che il presidente dipende dagli uomini del suo partito che sono più ostili al dialogo di quanto lo sia lui stesso. Quindi è l'ora che in Venezuela i poteri occulti, che si trovano dietro al presidente, vengano fuori.

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Germania. Vescovi cattolici e luterani insieme in Terra Santa

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Un “significativo passo verso la riconciliazione delle due maggiori Chiese cristiane in Germania”. Così il cardinale Reinhard Marx e il vescovo luterano Heinrich Bedford-Strohm, rispettivamente presidenti della Conferenza episcopale tedesca (Dbk)  e del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), valutano il loro primo pellegrinaggio comune in Terra Santa.  La visita, alla quale ha partecipato una delegazione di 9 vescovi delle due Chiese, è iniziata il 16 ottobre.

Creare le premesse per rapporti più stretti tra le due Chiese
Le tappe principali del pellegrinaggio sono state Gerusalemme, Betlemme e il Mar di Galilea,   dove hanno avuto incontri di carattere religioso e con personalità politiche, e la visita al memoriale dell’Olocausto. L’obiettivo primario era quello di creare le premesse per rapporti più stretti tra le due Chiese di Cristo “attraverso la solidarietà espressa dalla fede”.

Le commemorazioni del 2017 rafforzeranno ecumenismo
In un messaggio congiunto diffuso al termine  della visita e ripreso dall’agenzia Sir, il card. Marx e il vescovo Bedford-Strohm sottolineano l’importanza di questa visita nell’Anno Santo della misericordia indetto da Papa Francesco e a pochi mesi dall’inizio delle commemorazioni del quinto centenario della Riforma luterana nel 2017. “La nostra missione comune per il nostro Paese – scrivono i due presidenti nel documento,  che definiscono un “messaggio di Cristo” – non è ancora completata. Siamo certi che la festa di Cristo nel 2017 sarà una testimonianza credibile di Dio e ci rafforzerà nel nostro cammino verso la piena unità visibile”.

La diversità riconciliata un obiettivo impegnativo
“Nell’incontro con i Luoghi Santi abbiamo percepito l’unità profonda tra di noi, discepole e discepoli di Cristo, nella sua sequela”, ha detto il card. Marx a Gerusalemme in una conferenza stampa. Il rev.do Bedford-Strohm ha descritto il pellegrinaggio come un’esperienza “memorabile”, nella quale “abbiamo imparato a vedere attraverso gli occhi degli altri. Questa è una base molto solida per lo spirito ecumenico dell’anniversario della Riforma”, ha detto il vescovo luterano,  ma “nella celebrazione eucaristica e nella comunione abbiamo anche sentito che la diversità riconciliata è un obiettivo impegnativo”. (L.Z.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 297

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.