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Sommario del 27/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa vicino ai terremotati del Centro Italia. Continuano le scosse

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Oltre 200 scosse dalle 19.10 di ieri, cioè da quando la terra ha tremato nuovamente nel Centro Italia. Lo rende noto l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Alle popolazioni è giunto il pensiero di Papa Francesco. Il servizio di Giada Aquilino

“Sono vicino con la preghiera alle persone colpite dal nuovo terremoto nel Centro Italia”. Così sull’account Twitter @Pontifex, Papa Francesco partecipa alla sofferenza delle popolazioni nuovamente toccate dal sisma. Dopo il terremoto del 24 agosto, ieri la terra ha tremato alle 19.10 con magnitudo 5,4, poi alle 21.18, con una scossa del 5,9, quindi alle 23.42, magnitudo 4,6. L’epicentro è stato localizzato tra Castelsantangelo sul Nera, Visso e Ussita, nelle Marche, e Preci, in Umbria. Stamani, poco dopo le 10.30, nuova scossa del 4,4 nella stessa zona. “Abbiamo l’80% delle abitazioni inagibili” ha detto il sindaco di Ussita, Marco Rinaldi. La notte è trascorsa tra paura e pioggia per le migliaia di sfollati nelle strutture di accoglienza, nelle tende, nei prefabbricati del sisma del '97, in alloggi di fortuna o a bordo delle auto. Limitati per ora i danni alle persone: un uomo di 73 anni è morto d'infarto a Tolentino per lo spavento, segnalati alcuni feriti lievi. I danni più gravi agli edifici sono nelle Marche, dove sono stati anche evacuati tre ospedali, a Tolentino, Matelica e Cingoli, e il carcere di Camerino. Diverse zone sono ancora senza luce e telefono. Nel pomeriggio il presidente del Consiglio Matteo Renzi sarà nelle zone colpite. Il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio ha assicurato una “soluzione ideale per assistere al meglio la popolazione” che, data la stagione, non può essere accolta “nelle tendopoli”: si pensa - ha detto - al “trasferimento degli sfollati verso la costa”. Il Commissario per la ricostruzione Vasco Errani ha confermato “l'impegno del governo” a ricostruire “tutto”. Sul fronte della solidarietà ai terremotati, la Caritas italiana ribadisce l’impegno a sostenere la nuova emergenza “grazie anche all'avvio dei gemellaggi che vedono il coinvolgimento di tutte le Caritas”, ha detto il direttore don Francesco Soddu, segnalando le donazioni ricevute dall'estero per aiutare le popolazioni già colpite il 24 agosto, tra cui quella “particolarmente significativa” della comunità cristiana di Erbil, in Iraq, che ha raccolto quasi 20 mila euro.

Per un quadro della situazione, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente il comandante dei Vigili del Fuoco di Macerata, l’ing. Achille Cipriani, che sta monitorando il territorio: 

R. – Dalle prime ricognizioni effettuate sul territorio, ho visto diversi dissesti statici, diversi crolli. Camerino ha subito danni come Visso e Ussita. Quindi si parla di patrimonio edilizio abbastanza compromesso, oltre alla paura e all’ansia con le quali le persone vivono la situazione.

D. - In queste ore le scosse si stanno susseguendo?

R. – Stamani ad esempio c’è stata un’altra scossa di quarto grado.

D. - A Camerino ci sono crolli nel carcere, tant’è che è stato evacuato…

R. – Sì. E non solo quello. I crolli chiaramente sono abbastanza diffusi. Sono state evacuate diverse Rsa, residenze sanitarie per gli anziani a Matelica, Ussita, San Ginesio, Pieve Torina: diverse strutture di questo tipo hanno subito danni.

D. - Come si muovono i vigili del fuoco in queste ore?

R. - Noi abbiamo subito messo in atto un dispositivo che ha portato qui a Macerata 135 Vigili del Fuoco dalle altre province, Chieti, Ancona, Pesaro, poi Emilia Romagna, Lazio, Toscana. Si paventava che sotto le macerie, sotto i crolli, ci fossero vittime: fortunatamente abbiamo verificato che questa tipologia di incidente non c’era. Molte persone sono comunque corse ai pronto soccorso, ai nosocomi a Camerino, a San Severino e Tolentino, più per codici gialli o verdi ma non codici rossi.

Stanno effettuando verifiche sul territorio e soccorrendo la popolazione anche le Misericordie d'Italia, Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente il coordinatore nazionale area emergenze, Alberto Corsinovi

R. – In questo momento abbiamo il quadro della situazione di Camerino e Ussita. Il centro di Camerino è interdetto a chiunque, in attesa di verifiche circa la staticità: questo fa sì che circa 1.100 persone siano fuori dalle abitazioni. In questo momento sono ospitate nel Palazzetto dello Sport e nell’area che è adibita ai trasporti urbani.

D. – Voi state aiutando la popolazione, in quest’area?

R. – Da questa mattina alle prime luci dell’alba, con sei squadre abbiamo perlustrato tutte le frazioni che stanotte non erano state raggiunte; siamo stati attivati al dipartimento anche per la realizzazione di un campo con la cucina da campo, i moduli-bagno, anche a servizio delle strutture – immobili, palazzetti di ritrovo – che evidentemente non hanno né servizi né la possibilità di distribuire i pasti al gran numero di persone che ospitano. Si sta parlando, in alcuni casi, di 600 o 300 persone …

D. – Nelle zone di Camerino si parla di un’interdizione precauzionale oppure, come si è detto nelle prime ore, c’è proprio una distruzione della città?

R. – C’è una parziale distruzione, ci sono crolli di grande evidenza, però a occhio nudo non ci pare che sia la stessa situazione che abbiamo visto, per esempio, ad Arquata del Tronto, ad Amatrice ...

D. – Invece, la situazione a Ussita qual è?

R. – Leggermente meno grave, anche perché è inferiore il numero della popolazione residente. Mentre a Camerino si stimano circa 6.700 persone più tutti gli universitari fuori sede della locale università, per quanto riguarda Ussita siamo in presenza di circa 350 persone: con stesse modalità, sono fuori dalle case, anche perché lì ci sono stati crolli. Gli sfollati si trovano ora presso due aree di ammassamento. E anche in quel caso il nostro compito è dare assistenza alla popolazione. Abbiamo delle ambulanze con personale sanitario per le necessità: stamattina abbiamo distribuito la colazione, hanno reperito un ristorante della zona che non ha problemi di staticità che fornirà i pasti alla popolazione. Noi ci stiamo preoccupando della distribuzione.

D. – Ma adesso verranno montate anche delle tende?

R. – Allora: la soluzione-tende non è quella che viene privilegiata, nel senso che le condizioni climatiche fanno propendere fin da subito per una soluzione diversa.

D. – Cioè: chi può, torna a casa o altrimenti in albergo, anche verso la costa?

R. – Altrimenti in albergo, anche verso la costa.

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Papa: anche oggi Dio piange davanti a calamità e guerre

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Anche oggi davanti alle calamità, alle guerre fatte per “adorare il dio denaro”, ai tanti innocenti uccisi dalle bombe, Dio piange.  Lo ha sottolineato il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. “Dio oggi piange”, ha detto Francesco, per l’umanità che non capisce “la pace che Lui ci offre, la pace dell’amore”. Il servizio di Debora Donnini

Nel Vangelo del giorno, Gesù definisce Erode “volpe” , dopo che alcuni farisei gli hanno riferito che vuole ucciderlo. E dice quello che succederà: “si prepara a morire”. Gesù poi si rivolge alla “Gerusalemme chiusa”, che uccide i profeti che gli sono inviati.

Allora  cambia tono, sottolinea il Papa, e  “incomincia a parlare con tenerezza”, “la tenerezza di Dio”. Gesù “guarda il suo popolo, guarda la città di Gerusalemme”. E quel giorno “pianse su Gerusalemme”.  “E’ Dio Padre che piange qui nella persona di Gesù: ‘Tante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali e voi non avete voluto!’”:

“Qualcuno ha detto che Dio si è fatto uomo per poter piangere, piangere quello che avevano fatto i suoi figli. Il pianto davanti alla tomba di Lazzaro è il pianto dell’amico. Questo è il pianto del Padre”.

Il pensiero va quindi al padre del figliol prodigo, quando gli chiede l’eredità e se ne va via. Quel padre non è andato dai suoi vicini a dire: “Ma guarda, guarda cosa mi è accaduto! Ma questo povero disgraziato cosa mi ha fatto! Ma io maledico questo figlio …”. Non ha fatto questo, prosegue il Papa. “Sono sicuro, forse se ne è andato a piangere da solo”:

“E perché dico questo? Perché il Vangelo non dice questo, dice che quando il figlio tornò lo vide da lontano: questo significa che il Padre continuamente saliva sul terrazzo a guardare il cammino per vedere se il figlio tornava. E un padre che fa questo è un padre che vive nel pianto, aspettando che il figlio torni. Questo è il pianto di Dio Padre. E con questo pianto il Padre ricrea nel suo Figlio tutta la creazione”.

E il pensiero di Francesco va anche al momento in cui Gesù con la croce va al Calvario: alle pie donne che piangevano, dice di piangere non su di Lui, ma sui propri figli. Dunque un “pianto di padre e di madre che Dio anche oggi continua a fare”:

“Anche oggi davanti alle calamità, alle guerre che si fanno per adorare il dio denaro, a tanti innocenti uccisi dalle bombe che gettano giù gli adoratori dell’idolo denaro, anche oggi il Padre piange, anche oggi dice: ‘Gerusalemme, Gerusalemme, figlioli miei, cosa state facendo?’. E lo dice alle vittime poverette e anche ai trafficanti delle armi e a tutti quelli che vendono la vita della gente. Ci farà bene pensare che il nostro Padre Dio si è fatto uomo per poter piangere e ci farà bene pensare che nostro Padre Dio oggi piange: piange per questa umanità che non finisce di capire la pace che Lui ci offre, la pace dell’amore”.

 

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Papa Francesco: sconcertante cancellare differenze sessuali

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La bellezza del disegno di Dio sul matrimonio e la misericordia per le famiglie ferite, le sfide delle nuove tecnologie e la sconcertante ideologia gender: questi i temi affrontati da Papa Francesco nel discorso rivolto alla Comunità Accademica del Pontificio Istituto "Giovanni Paolo II" per Studi su Matrimonio e Famiglia in occasione del nuovo Anno accademico. Il servizio di Sergio Centofanti

Crisi famiglia: prevale sempre più l’io sul noi
Oggi “i legami coniugali e famigliari sono in molti modi messi alla prova”: il Papa parte da una riflessione sulla cultura odierna “che esalta l’individualismo narcisista, una concezione della libertà sganciata dalla responsabilità per l’altro, la crescita dell’indifferenza verso il bene comune, l’imporsi di ideologie che aggrediscono direttamente il progetto famigliare, come pure la crescita della povertà che minaccia il futuro di tante famiglie”.

“Ci sono poi le questioni aperte dallo sviluppo delle nuove tecnologie – sottolinea - che rendono possibili pratiche talvolta in conflitto con la vera dignità della vita umana”. Prevale sempre più l’“io” sul “noi”, l’individuo sulla società: “E’ un esito che contraddice il disegno di Dio, il quale ha affidato il mondo e la storia alla alleanza dell’uomo e della donna”.

Ideologia gender: sconcertante
Senza nominare direttamente l’ideologia gender, il Papa parla della necessità “di riconoscere la differenza come una ricchezza e una promessa, non come un motivo di soggezione e di prevaricazione. Il riconoscimento della dignità dell’uomo e della donna comporta una giusta valorizzazione del loro rapporto reciproco. Come possiamo conoscere a fondo l’umanità concreta di cui siamo fatti senza apprenderla attraverso questa differenza?”:

“E’ impossibile negare l’apporto della cultura moderna alla riscoperta della dignità della differenza sessuale. Per questo, è anche molto sconcertante constatare che ora questa cultura appaia come bloccata da una tendenza a cancellare la differenza invece che a risolvere i problemi che la mortificano”.

In effetti – prosegue il Papa – “quando le cose vanno bene fra uomo e donna, anche il mondo e la storia vanno bene. In caso contrario, il mondo diventa inospitale e la storia si ferma”.

Bellezza del matrimonio e misericordia per le famiglie ferite
La testimonianza della “bellezza dell’esperienza cristiana della famiglia” – rileva Francesco – dovrà dunque ispirarci ancora più a fondo”; nello stesso tempo è necessario avere “grande compassione e misericordia per la vulnerabilità e la fallibilità dell’amore fra gli esseri umani”, ma senza rassegnarci al fallimento umano, per sostenere il riscatto del disegno divino sulla famiglia, “icona dell’alleanza di Dio con l’intera famiglia umana”:

“E’ giusto infatti riconoscere che a volte «abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle famiglie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario» (Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 36)”.

Vicinanza della Chiesa
Il duplice appuntamento sinodale sulla famiglia – ha osservato ancora il Papa – ha “manifestato la necessità di ampliare la comprensione e la cura della Chiesa per questo mistero dell’amore umano in cui si fa strada l’amore di Dio per tutti”. In questo senso, “il tema pastorale odierno non è soltanto quello della ‘lontananza’ di molti dall’ideale e dalla pratica della verità cristiana del matrimonio e della famiglia; più decisivo ancora diventa il tema della ‘vicinanza’ della Chiesa”:

“Vicinanza alle nuove generazioni di sposi, perché la benedizione del loro legame li convinca sempre più e li accompagni, e vicinanza alle situazioni di debolezza umana, perché la grazia possa riscattarle, rianimarle e guarirle. L’indissolubile legame della Chiesa con i suoi figli è il segno più trasparente dell’amore fedele e misericordioso di Dio”.

Teologia e pastorale vanno insieme
Papa Francesco ricorda, infine, che “teologia e pastorale vanno insieme”: “Non dimentichiamo che anche i buoni teologi, come i buoni pastori, odorano di popolo e di strada e, con la loro riflessione, versano olio e vino sulle ferite degli uomini”:

Una dottrina teologica che non si lascia orientare e plasmare dalla finalità evangelizzatrice e dalla cura pastorale della Chiesa è altrettanto impensabile di una pastorale della Chiesa che non sappia fare tesoro della rivelazione e della sua tradizione in vista di una migliore intelligenza e trasmissione della fede”.

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Papa: impegno concertato per eliminare tratta degli esseri umani

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Rafforzare l’impegno per eliminare la piaga sociale della tratta di persone. E’ l’appello di Papa Francesco rivolto al Gruppo Santa Maria, realtà che riunisce autorità ecclesiastiche e civili, impegnate a contrastare questa nuova forma di schiavitù. L’indirizzo d’omaggio al Papa è stato rivolto dal card. Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster. Il servizio di Alesssandro Gisotti

Contrastare la “piaga sociale della tratta delle persone” rappresenta “una delle maggiori sfide del nostro tempo”. Così Papa Francesco incontrando il Gruppo Santa Marta in prima linea proprio per eliminare questa nuova forma di schiavitù.

Eliminare le cause della tratta, assistere le persone sfruttate
Il Papa ha sottolineato con amarezza che le vittime “sono uomini e donne, spesso minorenni, sfruttati approfittando della loro povertà ed emarginazione”:

“Come vi scrissi un anno fa in occasione della vostra riunione all’Escorial, quello che serve è un impegno concertato, fattivo e costante, sia per eliminare le cause di questo complesso fenomeno, sia per incontrare, assistere e accompagnare le persone che cadono nei lacci della tratta”.

Continuare in questo impegno in favore di chi è schiavizzato
Il numero di queste vittime, ha soggiunto, "cresce, purtroppo, ogni anno. Sono i più indifesi, ai quali viene rubata la dignità, l’integrità fisica e psichica, persino la vita":

“Cari amici, vi ringrazio e vi incoraggio a proseguire in questo impegno. Il Signore saprà ricompensare quanto è fatto a questi piccoli della società di oggi. Lui ha detto: ‘Avevo fame… avevo sete…’ e mi hai aiutato; oggi potrebbe dire anche: ‘Ero abusato, sfruttato, schiavizzato…’ e mi hai soccorso”.

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Arcivescovo di Juba: il Papa vuole visitare il Sud Sudan

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La tragica situazione in Sud Sudan, dove dal luglio scorso è riesplosa la guerra civile, è stata posta all’attenzione di Papa Francesco, che questa mattina ha incontrato in udienza nel Palazzo Apostolico i leader religiosi cristiani del Paese. “Nel contesto delle tensioni che dividono la popolazione e distruggono la convivenza nel Paese”, si legge in un comunicato della Sala Stampa Vaticana, “si è preso atto della buona e proficua collaborazione fra le Chiese cristiane per promuovere il bene comune, tutelare la dignità della persona, per proteggere gli indifesi e per realizzare iniziative di dialogo e riconciliazione”. Il servizio di Michele Raviart

Il Sud Sudan, il più giovane Paese del mondo, indipendente dal 2011, si trova da quest’estate in piena guerra civile tra i gruppi che sostengono il presidente Salva Kiir e quelli fedeli all’ex vice presidente Riek Machar. Le due fazioni avevano già combattuto dal dicembre 2013 all’agosto 2015, quando furono raggiunti degli accordi di pace, violati il luglio scorso con degli scontri nella capitale Juba. Da allora il Paese è allo sbando, con Amnesty International che ha denunciato “deliberate uccisioni di civili, stupri di donne e ragazze e saccheggi”. La situazione è seguita con grande attenzione da Papa Francesco, come spiega mons. Paolino Lukudu Loro, arcivescovo di Juba, ricevuto oggi dallo stesso Pontefice:

“Abbiamo toccato la situazione nel Paese adesso. C’è guerra, ci sono uccisioni, c’è morte, ci sono rifugiati, c’è gente nei campi nel Paese. C’è proprio il disgusto della situazione. La gente sente che non c’è un governo, anche se c’è il presidente è come se fosse assente, c’è paura, c’è paura! Abbiamo fatto sapere tutto questo al Santo Padre e noi facciamo il nostro meglio, come Chiesa, per aiutare in questa situazione. E noi – naturalmente – abbiamo chiesto al Santo Padre di venire a visitarci. Noi, come Chiesa cattolica, a gennaio avevamo chiesto una visita del Santo Padre. Adesso chiediamo, come Chiesa ecumenica, che lui venga. Lui ci ha detto: 'Sentite, io sono con voi, io soffro e vivo con voi. Voglio visitare il sud Sudan'. Ha detto: 'Io voglio visitare il Sud Sudan’”.

Insieme a mons. Lukudu Loro, Papa Francesco ha incontrato anche il reverendo Daniel Deng Bul Yak, arcivescovo della provincia della chiesa episcopale del Sud Sudan e del Sudan e il reverendo Peter Gai Lual Marrow, moderatore della chiesa presbiteriana del Sud Sudan. Nell’incontro, come si legge ancora nel comunicato, si è constatata la disponibilità delle Chiese cristiane “a camminare insieme e a lavorare con rinnovata speranza e con reciproca fiducia, nella convinzione che, attingendo ai valori positivi inerenti alle proprie tradizioni religiose, si possano mostrare le vie per rispondere in maniera effettiva alle aspirazioni profonde di quella popolazione, che anela pressantemente a una vita sicura e a un futuro migliore”.

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Altre udienze e nomine di Papa Francesco

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Le udienze di Papa Francesco nel Bollettino della Sala Stampa Vaticana. Consulta qui.

Nomina episcopale di Papa Francesco in Spagna. Consulta il Bollettino della Sala Stampa Vaticana qui

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Santa Sede: proteggere civili, principali vittime delle guerre

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La protezione dei civili in scenari di guerra, le atrocità provocate da gravi crimini internazionali, come il genocidio e la pulizia etnica, e le violenze contro le donne. Sono i temi al centro del discorso pronunciato ieri, a New York, da mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu. Il presule ha anche ricordato la priorità di un efficace controllo delle armi per prevenire i conflitti.

Protezione dei civili
Ricordando il discorso di Papa Francesco, lo scorso 25 settembre all’Assemblea generale dell’Onu, mons Auza ha sottolineato che la protezione dei civili “dovrebbe essere uno degli elementi centrali delle missioni di peacekeeping”. Un’analisi dell’evoluzione dei conflitti – ha aggiunto – mostra che “la maggior parte delle vittime sono civili innocenti”. Mons. Auza ha ricordato, in particolare, che all’inizio del 1900 circa il 5% delle vittime erano civili. Negli anni ’90, invece, oltre il 90% erano non combattenti.

Conseguenze dei conflitti
L’osservatore permanente della Santa Sede presso l'Onu ha poi indicato le drammatiche conseguenze dei conflitti: un gran numero di vittime civili, tra cui molti bambini, e di sfollati. Tra gli effetti, anche crisi che coinvolgono rifugiati e migranti e la distruzione di infrastrutture nevralgiche come scuole e presidi sanitari. Un'altra piaga ricordata dal presule è quella dell’utilizzo dei civili come armi da guerra, attraverso la privazione del cibo e dei beni di prima necessità. A questo si aggiungono, negli scenari di guerra, il totale disprezzo degli operatori umanitari e dei giornalisti e altre violazioni del diritto umanitario internazionale.

Violenze contro le donne
Mons. Auza ha osservato che le donne e le ragazze soffrono, in modo sproporzionato, per le devastazioni provocate dai conflitti essendo un facile bersaglio per diffondere la paura nella società. Papa Francesco – ha detto il presule – ha ricordato che non si deve dimenticare un altro crimine orrendo contro le donne: lo stupro. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu ha inoltre sottolineato che “gli sforzi per risparmiare donne e bambine dal divenire vittime di conflitti dovrebbero essere accompagnati da iniziative che rafforzino il ruolo delle donne nella diplomazia preventiva”. Il ruolo della donna, in un contesto di pace e di sicurezza, non dovrebbe essere considerato un tema “politicamente corretto” ma un elemento essenziale per evitare ulteriori drammi e violenze.

Le possibili risposte della comunità internazionale in caso di guerre
Dopo aver sottolineato che crimini come il genocidio e la pulizia etnica continuano a sconvolgere diverse regioni del pianeta, mons. Auza ha spiegato che il vertice mondiale del 2005 attribuisce alla comunità internazionale la possibilità di prendere appropriate azioni collettive nel caso in cui uno Stato non riesca a proteggere la propria popolazione. La Santa Sede – ha osservato il presule – ritiene che l’applicazione di questo principio è fondamentale per la protezione dei civili. Non sempre tale principio, però, è conciliabile  con quello del non intervento sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.

Il controllo delle armi per prevenire conflitti
Per prevenire conflitti, proteggere i civili, ristabilire la pace e promuovere la riconciliazione – ha spiegato il presule - una efficace strategia è quella del controllo degli armamenti. La Santa Sede rinnova il suo appello agli Stati a limitare la produzione, la vendita e il loro trasferimento. Devono anche essere prese misure in grado di porre fine al traffico di armi e a finanziamenti che, direttamente o indirettamente, sono la causa di atroci crimini.

Abusi sessuali da parte di peacekeepers dell’Onu
L’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite ha detto infine che sono profondamente preoccupanti i casi di abusi sessuali e di altre forme di sfruttamento da parte di peacekeepers delle Nazioni Unite.  Nonostante le misure speciali adottate dal segretario generale dell’Onu  e dal Consiglio di sicurezza, il problema – ha sottolineato mons. Auza - continua ad essere grave e deve essere affrontato con urgenza. Maggiori misure preventive, in particolare, devono essere prese in considerazione perché gran parte della credibilità e dell’autorevolezza delle operazioni di peacekeeping dell’Onu e delle Nazioni Unite dipendono da tali iniziative. Mons. Auza ha ricordato, infine, che Papa Francesco ha espresso apprezzamento per l’impegno dei Caschi Blu nelle missioni di pace in varie zone del mondo. (A.L. e A.P.)

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Oggi in Primo Piano



I vescovi di Macerata e Camerino: dolore e tanta solidarietà

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Sono alcune migliaia gli sfollati per il nuovo terremoto che ha colpito il Centro Italia. La Chiesa con i suoi organismi assistenziali si è subito attivata per i soccorsi. Mons. Nazzareno Marconi, vescovo della diocesi di Macerata, si stringe al dolore dei familiari del 73enne Luciano Santecchia, morto per infarto, ed esprime preoccupazione per la popolazione già provata dal sisma di agosto. Ascoltiamolo al microfono di Luca Collodi

R. – La nostra diocesi comprende cinque ex-diocesi: Macerata, Tolentino, Recanati, Cingoli e Treia. Nelle parti più a Nord, quelle più vicine all’epicentro, abbiamo avuto danni piuttosto significativi già nel terremoto dello scorso agosto, ma adesso i danni sono notevolmente peggiorati. Fortunatamente non ci sono vittime.

D. – La situazione degli ospedali della zona …

R. – A Cingoli e Tolentino ci sono dei reparti che sono stati evacuati perché ci sono stati crolli di controsoffitti e alcune zone sono pericolanti. Questo avviene in qualche casa per anziani, strutture che erano un po’ più antiche e quindi hanno maggiori fragilità.

D. – Ci sono problemi anche per la stabilità della cattedrale di Macerata?

R. – Sì la cattedrale era già stata chiusa a livello preventivo dopo il terremoto di quest’estate. Anche ultimamente c’è stato un sopralluogo che ha confermato la pericolosità di parecchie fessurazioni sulla volta interna della cattedrale. Io, ieri sera, dopo la prima scossa sono andato a fare un’ispezione: continuano le cadute di materiali, stucchi dalle volte.

D. – La zona di Tolentino è quella più colpita, forse, della sua diocesi …

R. – Sì, lì già noi avevamo, nel centro storico, tre chiese chiuse; ieri sera ho parlato due volte con il parroco di San Catervo, che è la concattedrale a Tolentino, una delle poche chiese che erano rimaste aperte, e mi ha detto che in vari punti ci sono stati crolli. Lì c’è anche la casa del clero che è stata risistemata dopo il terremoto del 1997, quindi, da questo punto di vista è solida. E' un edificio antisismico ma è vecchio e starci dentro non dà serenità …

D. – E purtroppo a Tolentino dobbiamo registrare una vittima indiretta, forse, del terremoto …

R. – Sì dalle informazioni che ho, un anziano è venuto a mancare per infarto e pare che la situazione di stress di ieri e degli ultimi giorni abbia influito moltissimo su questo. E’ una vittima indiretta del terremoto, ma anche questa è una realtà. E’ tanta la gente che soffre questa situazione perché una tensione protratta a lungo, parecchie notti che non si dorme, rende le cose un po’ difficili …

Sulla situazione nell’arcidiocesi di Camerino-San Severino Marche, Luca Collodi ha intervistato l’arcivescovo Francesco Giovanni Brugnaro, il quale rimarca la grande solidarietà delle persone: 

R. – Ussita, Visso e Sant’Angelo sul Nera erano già stati provati drammaticamente nel sisma di agosto; adesso, questa scossa è stata disastrosa anche per Camerino e le città vicine. Abbiamo dovuto evaquare il carcere, questa notte, perché gravemente lesionato; è crollato il tribunale, la chiesa di Santa Maria in Via, il palazzo vescovile è completamente fuori uso, del Duomo sta per cadere un lato della parete; tanta la popolazione sfollata che ieri sera è stata raccolta anche in due tendopoli perché pioveva tantissimo … Abbiamo portato la gente, soprattutto alla casa del ricovero, alla casa del clero, alle strutture sportive, dove si sono raggruppati anche 600-700 studenti … Quindi tutti fuori, all’addiaccio e poi sono stati accolti, assistiti, sono state messe delle brandine, delle coperte, distribuita l’acqua e qualcosa di caldo per le famiglie … In queste ore sono al lavoro anche Protezione civile, Vigili del fuoco e organismi competenti in grado di prestare i soccorsi necessari.

D. – Ci sono molti sfollati nella sua diocesi, quindi, mi sembra di capire …

R. – Certamente. Ho parlato con i sindaci, che sono disperati, anche perché Castel Sant’Angelo sul Nera e Ussita hanno circa 20-25 piccole frazioni, le chiese completamente crollate, le due case di riposo sfollate già ad agosto e per di più l’acqua che rende le strade difficilmente percorribili. La statale Valnerina non si può percorrere, altre strade non si possono percorrere anche perché sono costeggiate da una parte e dall’altra da case lesionate o smottamenti d’acqua e quindi sono pericolose. Comunque c’è tanta solidarietà tra la gente, soprattutto verso gli anziani.

D. – La difficoltà del suo territorio diocesano è che è un territorio montano, dove non esistono veri e propri centri storici, ma tanti villaggi sparsi nella collina e nella montagna …

R. – Sono Comuni con centinaia di abitanti i quali però hanno tutti tre-quattro-cinque frazioni … E quindi, evidentemente, tutto questo determina una difficoltà, anche per i pubblici amministratori a soccorrere direttamente la popolazione. Certo, adesso la stragrande maggioranza della popolazione è via, è già messa in stato di allarme dal terremoto di agosto.

D. – Lei è in contatto con i suoi parroci, in diocesi?

R. – Continuamente. Sono tutti sul luogo e la Caritas diocesana è sempre in collegamento sia con i sindaci sia con le dislocazioni della Caritas territoriale, in maniera da soccorrere e aiutare. Vorrei ringraziare per la  tanta solidarietà, solidarietà che è data dal farsi prossimo nella maniera più concreta e anche nella maniera più solidale: nell’ospitalità e nel sostenere le persone. Soprattutto sarà il dopo, evidentemente, un grande e un grave problema …

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Cittaducale: oltre mille opere salvate dopo il sisma di Amatrice

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Le scosse di ieri hanno causato nuovi crolli nel Centro Italia, come quello della Chiesa di San Salvatore a Campi di Norcia, dell’importante Abbazia di Sant’Eutizio a Preci, in Umbria, o del campanile di Santa Maria in Via a Camerino, nelle Marche. E proprio poche ore prima del sisma, il Ministero ha aperto eccezionalmente alla stampa il deposito reatino di Cittaducale, la cui stabilità è stata verificata questa notte. Qui sono conservate le oltre 1.300 opere laziali, salvate dopo il sisma del 24 agosto. Il servizio di Eugenio Murrali

Era un capannone per gli automezzi del Corpo Forestale dello Stato, oggi contiene, catalogate e imballate, tutte le opere che è stato possibile salvare fino a ora dal terremoto di agosto. Il ministro Dario Franceschini ha visitato il deposito di Cittaducale e ha ribadito che, con un decreto, è stata istituita una sovrintendenza speciale per l’area colpita dal sisma e particolari misure sono previste per il patrimonio ecclesiastico, che poi ha subito, anche con le scosse di ieri, i danni maggiori:

Ci sarà un tavolo con i rappresentati delle diverse diocesi anche per identificare le priorità di ricostruzione. Le chiese sono talmente tante che richiederanno anni per la loro rimessa in sicurezza e riapertura. Quindi insieme alla Chiesa individueremo da quale partire, al fine di rioffrirle come edifici di culto. In secondo luogo abbiamo approvato una norma importante che estende l’art bonus, il vantaggio fiscale, dal patrimonio pubblico ai beni ecclesiastici; quindi se si farà una donazione per intervenire su una chiesa si otterrà un beneficio fiscale del 65%".

Sulla ricchezza del territorio e sul valore, anche spirituale, delle opere, ha parlato mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti:

"Questa espressione artistica è espressione di una religiosità molto stratificata. L’una e l’altra cosa, l’arte e la fede, a me sembrano due cifre per interpretare il territorio che al momento è marginale, ma che invece avrebbe molto da dire e dare al nostro Paese.

Il segretario regionale per i beni culturali, Daniela Porro, ha illustrato alcuni degli interventi più importanti:

"Stiamo per avviare l’intervento di messa in sicurezza della  Torre civica di Amatrice, che è un po’ il simbolo del sisma, quella dove c’è l’orologio con le lancette ferme alle 3.36 del 24 agosto. Amatrice è soprannominata la 'Città delle cento chiese'. È cominciata la messa in sicurezza insieme ai Vigili del fuoco della chiesa di Sant’Agostino. Tra l’altro abbiamo recuperato molti degli archivi parrocchiali".

Era anche previsto un recupero di opere nella chiesa di San Francesco ad Amatrice. Al momento, però, dopo gli eventi sismici di ieri sera, tutto è bloccato. I Vigili del Fuoco, per ragioni di sicurezza, hanno vietato l’accesso di tecnici del Ministero all’area rossa fino a lunedì. Bisognerà procedere a nuove schedature e talvolta rischedare edifici già valutati. Al Ministero dei Beni Culturali, afferma il capo dell’Unità di Crisi Nazionale, il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, stanno arrivando decine di segnalazioni.
I numerosi salvataggi, compiuti in questi due mesi, sono stati possibili soprattutto grazie all’impegno di forze specializzate. Le stesse attive in queste ore.
Il maggiore Luigi Spadari, del nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, ha raccontato come, nelle scorse settimane, siano riusciti a estrarre dalle macerie una tela nella Chiesa dell’Assunzione a Cossito, frazione di Amatrice:

"La Chiesa era rasa al suolo. C’era questa Madonna su una parete, bloccata da una trave. Vedete lì cè il foro. C’erano tante macerie, un pezzo di muro rimasto in piedi.  Abbiamo chiamato la squadra dei vigili del fuoco che con la sega elettrica hanno tagliato la trave, abbiamo preso la Madonna e l’abbiamo portata via, anche se non era un intervento programmato, perché se avessimo aspettato altri due giorni probabilmente non avremmo trovato niente, sarebbe stata distrutta".

A Cittaducale sono custoditi anche frammenti degli affreschi di due santuari medievali, oggetto di grande devozione, quello della Filetta e quello dell’Icona Passatora, come spiega Gisella Capponi, la Direttrice dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma, impegnato sul campo insieme all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze:

"Siamo intervenuti nel raccogliere i frammenti, che erano di gran lunga maggiori, purtroppo, di quelli della chiesa della Filetta. Adesso sono stati tutti ricoverati qui all’interno di questo deposito, che poi avrà a breve una parte di laboratorio di restauro".

Bisogna sperare che le scosse di ieri non abbiano aggravato la situazione.Ma tornando al lavoro già compiuto fino adesso, il successo nel recupero di beni mobili e immobili poggia anche sull’attaccamento della popolazione al proprio territorio, un attaccamento profondo come lo descrive la storica dell’Arte Alessandra Acconci, funzionaria del Ministero che partecipa alle operazioni di messa in sicurezza:

"Hanno una cura per il loro patrimonio, un’attenzione e delle forme di devozione – parliamo di piccoli villaggi di montagna – dove la chiesa è affidata alla signora Adele, al signor Luigi, che hanno le chiavi, che guardano quello che facciamo, che vengono a vedere cosa portiamo via, che si informano, che stanno lì e trepidano per noi e per  i loro beni".

Il Corpo Forestale, sottolinea il Comandante Umberto D’Autilia,  accoglie con senso di responsabilità le opere, e questa vicinanza alle zone colpite dal sisma è una rassicurazione per gli abitanti di Amatrice, di Accumoli e delle frazioni.
Non ci sono ancora dati precisi sui costi e sui tempi di ricostruzione, soprattutto dopo le ultime scosse. Presto arriveranno 10 milioni di euro, ma ne serviranno decine per restaurare tutto. Probabilmente il lavoro sulle tele e gli altri beni terminerà prima della ricostruzione delle chiese e le opere resteranno a lungo nel deposito, che il Ministro vuole dedicare all’ex direttrice del Museo Civico “Cola di Amatrice”, Floriana Svizzeretto, morta sotto le macerie.
Per le opere dell’Umbria è invece attivo il deposito del Sacro Chiodo a Spoleto, mentre le Marche mettono al sicuro i loro beni nel deposito nel Forte Malatesta di Ascoli Piceno.

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Fra Ibrahim, parroco di Aleppo: la speranza va oltre la guerra

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“Un istante prima dell’alba. Cronache di guerra e di speranza da Aleppo” è intitolato così il libro scritto da fra Ibrahim Alsabagh, parroco nella chiesa latina di San Francesco ad Aleppo, presentato questa mattina a Roma al Teatro San Francesco. Il volume, edito da Edizioni Terra Santa, racconta giorno dopo giorno la vita ad Aleppo dove, nonostante la disperazione e la morte, i frati cercano di aiutare come possono chi non è fuggito attraverso viveri, medicinali e conforto umano e spirituale. Il servizio di Marina Tomarro

Raccontare l’orrore della guerra in Siria giorno dopo giorno come in un diario, per far conoscere la sofferenza di chi ci abita ma anche i segni della speranza che lasciano aperta la possibilità che presto arrivi un alba di pace. Vuole raccontare questo il libro di fra Ibrahim Alsabagh. Ascoltiamo quanto dice sulla situazione nel Paese:

R. - La situazione è drammatica. Non ci sono parole che possano descrivere quello che succede lì, ad Aleppo. Vivere, come popolo, senza elettricità; tante volte senz’acqua; con l’80 percento delle persone disoccupate, senza lavoro, e con i prezzi dei generi alimentari alle stelle. E in più anche le bombe, che cadono sulle scuole, sugli ospedali, sulle chiese, le moschee, ma anche sulle abitazioni e le strade. E fanno tanti danni, non soltanto alle strutture, ma anche agli uomini. Non si vede una via d’uscita e non c’è una soluzione militare per Aleppo. Però tutte le parti sono convinte di farla finita proprio attraverso la soluzione militare.

D. - Nonostante la situazione difficilissima non ha mai voluto abbandonare la sua parrocchia e i suoi abitanti. Tante sono state le situazioni di grave pericolo che si è trovato ad affrontare, come la caduta di una bomba sul tetto della chiesa mentre celebrava Messa...

R. - Nel momento della Comunione, nella Messa più affollata della domenica sera, è caduto un missile: era stato lanciato proprio per prendere di mira la cupola, e avrebbe dovuto causare una strage, lasciando anche un centinaio di cadaveri per terra. E invece la cupola ha respinto per miracolo il missile, che è scoppiato sulla tettoia danneggiandola completamente. Siamo rimasti con il terrore, con l’amarezza, ma allo stesso tempo anche con ferite leggere di diversa gente; e abbiamo subito ripreso il cammino della fede e della speranza.

D. - Drammatica è la situazione dei cristiani che sono una minoranza, spesso sono vittime di ingiustizie e vessazioni, e molti di loro per questo decidono di lasciare la Siria...

R. - Noi come cristiani stiamo diminuendo: c’è la piaga dell’emigrazione generale, ma poi la piaga della migrazione che tocca le minoranze, tra cui i cristiani sicuramente. Mancherebbe un elemento molto importante per edificare la pace, la condivisione e la convivenza tra i popoli. Ed è per questo che stiamo lottando anche noi: non vogliamo, ma incoraggiamo la gente almeno con i fatti; per aiutarli nei progetti di aiuti umanitari, affinché non siano costretti a lasciare le loro case, il loro Paese, e la loro cultura, ma rimanere lì. Perché noi, come cristiani, crediamo che abbiamo ancora oggi una missione speciale nel Medio Oriente. Vogliamo essere mediatori di pace, di carità, e creare ponti di riconciliazione tra tutte le parti.

D. -  Continui sono gli appelli di Papa Francesco per la pace in Siria. Ma quanto è importante la presenza del Papa per chi vive in quei luoghi?

R. - Sentiamo Papa Francesco come se vivesse lì con noi ogni giorno. Lo sentiamo molto vicino, attraverso i suoi interventi, numerosissimi fino ad oggi: lo sentiamo anche attraverso l’aiuto umanitario che viene offerto nel nome di tutta la Chiesa per tutta la popolazione, non soltanto i cristiani. Lo sentiamo proprio come se fosse presente con noi, a soffrire con noi, a condividere con noi. Sentiamo tanta compassione, tanta solidarietà, da parte dei popoli di tutto il mondo.

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Iraq: Patriarca Sako visita le città liberate della Piana di Ninive

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Il Patriarca Louis Raphael I Sako, accompagnato dal vescovo ausiliare Basel Salim Yaldo, ha visitato cinque città e villaggi della Piana di Ninive già liberati nelle operazioni militari concertate che puntano a riconquistare Mosul, la città nord-irachena divenuta dal giugno 2014 roccaforte dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh). La visita patriarcale ha toccato le città di Bartella, Karmles, Qaraqosh, Teleskof, Baqofa e Batnaya i cui abitanti – quasi tutti cristiani – erano fuggiti davanti all'avanzare delle milizie jiihadiste, e vivono ancora in gran parte come rifugiati nel Kurdistan iracheno.

Nelle chiese visitate, la devastazione dei jihadisti
Durante la visita – riferiscono le fonti del Patriarcato, riprese dall'agenzia Fides – il Primate della Chiesa caldea ha incontrato i responsabili delle Forze armate irachene e delle truppe curde Peshmerga impegnate nell'offensiva su Mosul. Il Patriarca ha anche potuto visitare alcune chiese delle diverse città, constatando di persona le devastazioni operate in esse durante l'occupazione jihadista, compresi i tunnel e i rifugi sotterranei scavati negli edifici di culto cristiano che erano stati scelti come basi logistiche dai miliziani del Daesh. Alcune aree delle città visitate sono chiuse all'accesso a causa delle mine disseminate dai jihadisti prima della loro ritirata. In ogni chiesa visitata, il Patriarca ha recitato una preghiera per chiedere il ritorno alla pace e alla stabilità nell'intera regione. 

Rilanciato la proposta di proclamare il 2017 come “Anno della pace in Iraq
Con la sua visita, il Primate della Chiesa caldea ha voluto soprattutto ricordare che le città liberate erano in passato abitate da cristiani, auspicando che inizi presto il ritorno dei battezzati nei centri abitati della Piana di Ninive, definiti dal Patriarca “la nostra Terra Santa”. Louis Raphael I ha anche rilanciato la proposta di proclamare il 2017 come “Anno della pace in Iraq”, promosso e sostenuto dalle Chiese e comunità cristiane attraverso momenti di preghiera ecumenica e iniziative ecclesiali e culturali condivise, per alimentare a vantaggio di tutto il popolo iracheno la “cultura della pace e della convivenza” nel Paese martoriato dai conflitti settari. (G.V.)

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Etiopia: continuano le proteste delle etnie Oromo e Amara

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Continuano in Etiopia le proteste antigovernative delle etnie Oromo e Amara, che costituiscono la maggioranza della popolazione del Paese, ma sono marginalizzate dal potere. Al governo, dal 1991, c’è l’etnia Tigrina, che costituisce solamente il 7% della popolazione. Continua anche la repressione governativa: oltre 1.600 persone sono state arrestate dal 9 ottobre scorso, quando è stato proclamato lo stato di emergenza. Andrea Walton ha intervistato sull’argomento Enrico Casale, responsabile news del sito Africarivista.it: 

R. – Queste manifestazioni possono essere lette in due modi: gli oromo e gli amara insieme rappresentano la maggior parte della popolazione etiope, ma soprattutto per quanto riguarda gli oromo, sono stati sempre esclusi dalla gestione del potere; sono stati marginalizzati dalla minoranza tigrina che ha preso il potere ma è appunto una minoranza e rappresenta solo il 7% della popolazione, eppure gestisce i principali centri di potere del Paese. Un secondo modo è il contrasto che esiste tra un Paese che sta crescendo a ritmi vertiginosi, ma che in questa crescita  non ha incluso l’intera popolazione.

D. - Ci possono essere altre motivazioni che potrebbero portare ad un aggravarsi di queste manifestazioni di protesta e di contrasto con il regime etiope?

R. - Il governo di Addis Abeba ha accusato influenze esterne in queste manifestazioni, puntando il dito su due nazioni straniere: l’Eritrea che è il Paese tradizionalmente nemico negli ultimi 20 anni - il principale avversario, che avrebbe interesse a destabilizzare l’Etiopia per renderla più fragile soprattutto con il confronto con l’Eritrea - e l’Egitto che sembra un Paese lontano ma è direttamente interessato alle questioni etiopi. Non è sicuro che l’Egitto sia dietro queste manifestazioni ma Addis Abeba lo ha denunciato più volte.

D. - È possibile immaginare un’apertura democratica del regime etiope nel prossimo futuro?

R. - Formalmente è già una democrazia nel senso che si tengono elezioni, c’è qualche forma di coinvolgimento. È chiaro che la classe politica attuale - quella che è venuta dalla rivoluzione che ha abbattuto il regime di Mengistu - tiene saldamente il potere e quindi finché non ci sarà un’apertura da parte di questa classe politica incentrata soprattutto sull’etnia tigrina, difficilmente si potrà parlare di una democrazia piena in Etiopia.

D. - Come pensa che si potrebbe evolvere la situazione che coinvolge le etnie oromo amara e queste proteste?

R. - Attualmente la repressione da parte del governo è stata durissima. Ci sono stati centinaia di arresti nelle ultime settimane soprattutto a seguito dell’imposizione dello stato di emergenza. Il rischio è che questo stato di emergenza tenda ulteriormente la situazione e la aggravi; la speranza è che si riesca ad evitare questo, ma il rischio è molto forte.

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Filippine: no dei vescovi alla legalizzazione dei matrimoni gay

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Anche nelle Filippine la legalizzazione dei matrimoni omosessuali entra nel dibattito politico. Ai primi di ottobre il presidente della Camera dei Rappresentanti Pantaleon Alvarez ha annunciato l’intenzione di presentare un progetto di legge in tal senso  per garantire - ha detto – il rispetto della dignità e dei diritti costituzionali delle persone omosessuali. Secondo il leader politico, vicino al Presidente Rodrigo Duterte,  il provvedimento allo studio riguarderà innanzitutto le unioni civili e disciplinerà i diritti patrimoniali delle coppie dello stesso sesso.
 
Le obiezioni dei vescovi
Alle critiche di diversi parlamentari, in queste settimane si sono aggiunte le obiezioni dei vescovi filippini, i quali hanno ribadito che i matrimoni omosessuali sono contrari alla legge divina,  ma anche  a  quella naturale. In questo senso si è espresso mons. Honesto Ongtioco, vescovo dio Cubao. “Agli occhi di Dio una coppia sposata è composta da un uomo e da una donna”,  ha dichiarato, da parte sua, l’arcivescovo  Ramon Arguelles, citato dall’agenzia Eglises d’Asie  (EdA).

In programma la creazione di un ministero sulla famiglia in ogni diocesi
Il mese scorso la Conferenza episcopale filippina (Cbcp) ha intanto annunciato l’intenzione di creare un ministero pastorale specifico in ogni diocesi filippina per aiutare i fedeli a comprendere la posizione della Chiesa sull’omosessualità. L’obiettivo -  ha spiegato mons. Gilbert  Garcera, presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita - è anche di spiegare ai fedeli la dottrina della Chiesa sul matrimonio alla luce dell’esortazione post-sinodale di Papa Francesco Amoris laetitia.

 
La lettera pastorale del 2015 sui matrimoni omosessuali
Già nel 2015  l’episcopato filippino aveva pubblicato una lettera pastorale sulla legalizzazione delle unioni omosessuali, esortando  i leader politici ad “opporsi con chiarezza e pubblicamente” ad ogni progetto legislativo orientato in questo senso. Intitolato “Una risposta pastorale all’accettazione degli stili di vita omosessuali e alla legalizzazione  delle unioni omosessuali”,  il documento ricordava i fondamenti antropologi e biblici del matrimonio eterosessuale , ovverosia  “la complementarietà sessuale” tra uomo e donna “uguali nella dignità, ma allo stesso tempo diversi e non interscambiabili” e la capacità di procreare. La lettera si soffermava  quindi sulla natura dell’omosessualità secondo il Magistero della Chiesa, ricordando la distinzione tra orientamento omosessuale, che di per sé non è un peccato, e gli atti omosessuali che “anche se espressione di un amore genuino tra due persone dello stesso sesso”, sono “contrari alla legge naturale” e un “grave peccato contro la castità”. Di qui l’esortazione a tutti i fedeli cattolici ad opporsi a leggi profondamente ingiuste, quali quelle che in diversi Paesi equiparano le unioni omosessuali a matrimonio .
 
Il Presidente Duterte favorevole ai matrimoni omosessuali
Da ricordare che prima di essere eletto Presidente, Rodrigo Duterte, è  stato il primo sindaco filippino ad avere firmato nel 2012 un un’ordinanza anti-discriminazioni a favore delle minoranze nella città di Davao, tra le quali la comunità Lgbt e che durante la campagna elettorale si era pronunciato a favore del matrimonio omosessuale e contro la legalizzazione del divorzio nelle Filippine.  (A cura di Lisa Zengarini)

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Immigrazione: italiani all'estero superano stranieri in Italia

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Il numero degli italiani all’estero nel 2015, per la prima volta da molti anni, ha superato quello degli stranieri residenti in Italia. E’ uno dei tanti dati contenuti nel Dossier Statistico Immigrazione 2016, presentato oggi a Roma dal Centro studi e ricerche Idos e dalla rivista interreligiosa Confronti, in collaborazione con l’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazione razziali, e che rileva che gli immigrati sono l'8,3% della popolazione. Francesca Sabatinelli

A fare la differenza sono 200 mila persone, che portano il numero degli italiani residenti in altri Paesi a 5 milioni e 200 mila, contro i cinque milioni di stranieri nella penisola. In realtà però il dossier precisa anche come il dato sugli stranieri vada ampliato per calcolare coloro che, pur avendo un permesso di soggiorno, non hanno la residenza, il che porta il numero a 5 milioni e mezzo. A questo si aggiunge il milione e 150 mila cittadini italiani di origine straniera, che si prevede che nel 2050 supereranno i sei milioni. I Paesi di provenienza restano soprattutto Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina mentre tra le regioni italiane si conferma l’Emilia–Romagna quella con la maggiore incidenza di cittadini immigrati che, per quanto riguarda la voce lavoro, in tutta Italia, sempre nel 2015, hanno rappresentato il 28,9% dei nuovi assunti, in particolare impiegati presso le famiglie e in agricoltura. Aumentate anche le imprese a gestione immigrata, ad oggi circa 550mila e cresciute nell’ultimo anno di 26mila unità. Gli immigrati, inoltre, contribuiscono al sistema pensioni con oltre 10 miliardi di contributi. Franco Pittau, del Coordinamento redazionale del Dossier:

R. – C’è stata una movimentazione di oltre 600 mila persone: 250 mila nuovi registrati, più di 70 mila nati da entrambi i genitori stranieri, poi ci sono stati 46 mila che hanno perso il posto di lavoro e sono dovuti tornare al loro Paese, e poi abbiamo quasi 180 mila cittadini stranieri che sono diventati cittadini italiani. In più, come tutti sanno, c’è stato questo grosso arrivo di profughi richiedenti asilo e altri, che nel 2015 sono stati 154 mila e nel 2016 sembra che superino anche questa cifra.

D. – Si parlava dei nuovi cittadini italiani, resta però il fatto che in Italia non c’è una legge che riconosca come tali i figli di stranieri nati però sul territorio italiano…

R. – E’ auspicabile per sostenere l’attaccamento dei figli dei cittadini stranieri che nascono in Italia, approvare anche questa legge. Penso che ci arriveremo. L’importante è capire che l’immigrazione, ormai, è una componente essenziale dell’Italia: il futuro senza gli immigrati non sarebbe pensabile. Noi, nel 2015, abbiamo avuto le morti di italiani soli che sono prevalse sulle nascite di 228 mila unità. Questo vuol dire che in dieci anni più di due milioni e 200 mila italiani verranno meno, la popolazione italiana diminuirà. Siccome noi abbiamo bisogno di un equilibrio della popolazione, l’immigrazione è questo equilibrio, è questo sussidio. Certo è che nascono anche problemi, però bisogna riuscire a superare i problemi vedendo anche questi benefici.

D. – La fotografia che voi avete fatto chiaramente non può essere omogenea per tutta l’Italia. Che differenze ci sono, tra Nord, Sud e Centro?

R. – Nel Nord è molto più avanzato il processo di integrazione, la maggior parte di questi casi di cittadinanza sono nel Nord, come anche nel Nord sono più elevati i permessi di soggiorno di lunga residenza, quelli che danno diritto a restare senza essere mandati via. E questa è la differenza, perché il Sud è più combattuto tra una parte degli immigrati che si inseriscono, e ci sono delle belle comunità, che lavorano in agricoltura, nel servizi, e una parte di immigrati che vengono come luogo di sbarco, di primo arrivo e che poi si spostano in altre parti d’Italia. Direi che il Sud ha una posizione molto difficile perché deve pensare all’integrazione e all’accoglienza poi, quando le persone vengono spostate, all’accoglienza deve pensare anche il Nord e poi vediamo qualcosa che non va bene, come il caso dei comuni dove hanno rifiutato poche donne richiedenti asilo.

D. – Questo di Goro adesso sta diventando un esempio di come l’Italia non dovrebbe essere, sebbene i cittadini si stiano difendendo dicendo: “Non sapevamo che fossero donne e bambini”, soprattutto viene rilevato che il territorio, i piccoli territori, non sono messi nella condizione di capire questo fenomeno che, possiamo dire, li travolge. Quindi, non è perdonabile quel comportamento, ma forse bisognerebbe creare un collante tra i nuovi arrivati a gli italiani, soprattutto nei piccoli territori …

R. – Noi abbiamo pensato – almeno, in una certa misura si è pensato – che l’accoglienza fosse fatta dai soldi che servono. Il che è vero, perché l’accoglienza costa anche, però è fatta anche dall’atteggiamento e, probabilmente, sull’atteggiamento non abbiamo investito tanto. E non dico solo gli amministratori, ma anche noi forze sociali, religiose, si sarebbe dovuto fare molto di più! Bisogna capire che accogliere è un problema e chi lo nasconde non fa un buon servizio alla verità. Accogliere costa sacrificio, costa tempo, costa soldi, l’accoglienza non è fatta solo di strutture dove si mangia e si beve, per l’inserimento nella società ci vuole il coinvolgimento della società. Gli amministratori avranno fatto degli sbagli? Penso di sì. Noi delle forze sociali abbiamo fatto degli sbagli? Io penso di sì. Perché avremmo dovuto investire di più, parlare con la gente, parlare anche negli ambienti difficili e specialmente far capire che da qua al 2050 è previsto che l’Italia perda 12 milioni di cittadini italiani. E’ – diciamo – un equilibrio: bisogna regolamentare le cose e pensare anche al futuro.

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Comece. Card. Marx: impegno della Chiesa per superare stallo Ue

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“La Chiesa intende fornire il suo contributo per aiutare l’Unione Europea a superare le molteplici crisi che sta affrontando”: lo ha affermato il card. Reinhard Marx, presidente della Comece, nel discorso di apertura che ha inaugurato ieri l’Assemblea plenaria dei vescovi dei Paesi aderenti all’Ue. “In questa crisi esistenziale dell’Unione – ha sostenuto Marx – la Comece è più importante che mai”. 

Messaggio del card. Marx affinché Regno Unito e Ue tornino a confrontarsi
Per quanto riguarda le conseguenze della decisione del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea, il presidente della Comece ha sottolineato – come riferisce una nota ripresa dall'agenzia Sir – che non si tratta solo di un problema britannico. Al contrario, ha detto Marx, è l’Unione Europea nel suo complesso che deve riflettere sul suo percorso politico e su quali obiettivi intende raggiungere. Il cardinale ha inoltre inviato un messaggio affinché Regno Unito e Ue tornino a confrontarsi. 

Convegno Comece a Roma nel 2017 sul tema: “Ripensare l’Europa”
Marx ha poi annunciato che la Comece organizzerà un convegno di alto livello a Roma, nell’autunno 2017, sul tema: “Ripensare l’Europa”, per consentire uno scambio sul futuro dell’integrazione comunitaria. “Il compito che abbiamo davanti a noi, in quanto membri della Comece”, ha specificato il cardinale tedesco, “non è quello di cercare soluzioni nel passato, ma, consapevoli delle ricchezze del passato, di ritrovarle nel futuro, guardando con fiducia all’avvenire”. (R.P.)

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Francia: delegazione di Al-Azhar nella chiesa di padre Hamel

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Padre Jacques Hamel, il sacerdote barbaramente ucciso questa estate da due ragazzi radicalizzati in una chiesa di Rouen mentre celebrava la Messa, diventa ponte di dialogo con l’Islam e profeta di pace. Ieri pomeriggio una delegazione dell’Università di Al-Azhar del Cairo ha visitato la Chiesa Saint-Etienne de Saint-Étienne-du-Rouvray. La delegazione – composta da 5 persone – fa parte della “Carovana della Pace”, un’iniziativa del Consiglio dei saggi musulmani al quale partecipano docenti universitari e religiosi. 

La delegazione musulmana ha incontrato l'arcivescovo di Rouen
La delegazione - riferisce l'agenzia Sir - era guidata dal prof. Oussama Nabil, membro del Consiglio dei saggi musulmani, direttore degli studi francofoni e ricerche di islamologia all’Università di Al-Azhar nonché fondatore e direttore dell’Osservatorio di Al-Azhar, fondato nel 2015 per la lotta contro la diffusione di idee estremiste nel mondo musulmano. La delegazione è stata ricevuta da padre Pierre Belhache, responsabile delle relazioni con l’Islam per la diocesi di Rouen e dall’arcivescovo Dominique Lebrun. 

Incontri con gruppi per il dialogo interreligioso
​Dopo la visita nella chiesa di padre Jacques, la delegazione ha incontrato un gruppo di attori del dialogo islamo-cristiano nel territorio della diocesi. Erano presenti membri del Consiglio regionale del culto musulmano e rappresentanti di associazioni che lavorano per il dialogo come Coexister e Fraternité Banlieues. (R.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 301

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.