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Sommario del 29/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa in Svezia: evento che mostra i frutti di 50 anni di dialogo

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Purificare la memoria e restaurare l'unità dei cristiani. Sono questi gli obiettivi della commemorazione congiunta dei 500 anni dall'inizio della Riforma cui partecipa Papa Francesco, lunedì 31 ottobre in Svezia. Sul tema, Fabio Colagrande, ha intervistato il pastore Heiner Bludau, decano della Chiesa evengelico luterana in Italia e mons. Franco Buzzi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana e studioso della Riforma. Sentiamo, per cominciare, il pastore Heiner Bludau

R. – Le Chiese luterane hanno sempre celebrato i centenari della Riforma. E spesso queste celebrazioni sono state manifestazioni contro la Chiesa cattolica o addirittura manifestazioni nazionali. Invece, nel 2017, per la prima volta nella storia si è aperta la possibilità di celebrare questo evento in un’atmosfera di dialogo. La Federazione Luterana Mondiale ha lavorato tanto in questa direzione e adesso l’apertura delle celebrazioni alla presenza del Papa è un bellissimo segno che sottolinea questo impegno. Perché non solo ha un significato all’interno delle Chiese, ma anche al di fuori: lo stesso segretario generale della Federazione, Martin Junge, ha detto che ritiene la celebrazione congiunta a Lund un buon esempio per come superare i conflitti e che questo è importante in un mondo lacerato da guerre e conflitti, perché si racconta in questa occasione di un conflitto superato. Questa è una testimonianza comune per un futuro comune scaturito dal dialogo.

Anche mons. Franco Buzzi sottolinea come questo anniversario della Riforma sia il primo ad essere ricordato in epoca ecumenica…

R. – Questa è la grande novità e rappresenta un passo in avanti veramente formidabile, perché in realtà con questo si sottrae Lutero a una visione semplicemente di Chiesa legata alla nazione tedesca: con questo fatto si riconosce anche una grandezza e una universalità del modo di pensare di Lutero, che può essere condivisa, in parte, anche dalla Chiesa cattolica. Quindi commemorare insieme questo evento significa sottrarre al particolarismo l’evento della Riforma e prenderlo sul serio per quanto sia possibile; ed uscire da quella mentalità conflittuale, semplicemente contrappositiva per accogliere tutto ciò che di bello, di buono, di vero possiamo condividere insieme. Non celebriamo la divisione, ma celebriamo la volontà di un’unione, che significa il superamento di quella contrapposizione polemica che ha visto purtroppo i due schieramenti - addirittura per cinque secoli, e con tanto di teologia controversista – contrapporsi quasi alla cieca, perché alla fine, sulla base di tesi precostituite, quando il problema è quello di dire il contrario dell’altro, si va sempre alla ricerca di tutti gli argomenti, ma si arriva a una teologia un po’ costruita. Io credo che, anche al di là di alcune tesi rigide tanto nel campo della cosiddetta Controriforma quanto nel campo della cosiddetta ortodossia luterana stretta, ci si renda conto che ci sono ricchezze all’interno delle opere di Lutero che sono, appunto, spunti di fede e di dottrina profondamente cristiana, che non possiamo in alcun modo trascurare. E quindi il fatto che il Papa si decida ad andare in Svezia per ricordare un evento doloroso, ma soprattutto per prospettare un futuro di gioia, di pace, di comunione, di unione in tutto ciò che è condivisibile, mi sembra un evento straordinario.

Sui possibili frutti di questa commemorazione congiunta dell’anniversario della Riforma sentiamo ancora il pastore Bludau:

R. – Rende visibili i frutti del dialogo degli ultimi anni. Ce ne sono tanti! In Germania, per esempio, i vescovi cattolici e i vescovi luterani già da tanti anni si esprimono insieme ufficialmente su temi etici; e c’è una forte collaborazione tra parrocchie cattoliche e comunità luterane. Inoltre questa realtà della Germania è una realtà poco conosciuta e quindi le celebrazioni di Lund-Malmö possono dare una ulteriore spinta per incentivare il dialogo anche nelle altre regione del mondo.

Un commento conclusivo sulla presenza di Papa Francesco in Svezia per le commemorazioni del 500.mo della Riforma è affidato a mons. Buzzi:

R. – Questa è un’iniziativa benedetta dal cielo. Lo vuole il cielo che ci sia questo incontro, questa volontà di colloquio, d’intesa, di fraternità, perché alla fine noi siamo tutti costituiti all’interno dell’unico Corpo di Cristo, grazie alla fede, grazie al Battesimo, grazie alla nostra vita che si svolge all’interno della Trinità. Argomento e tematica, quest’ultimo, che Lutero non si è mai sognato di mettere in discussione.

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Beatificati 4 monaci Benedettini, martiri nella guerra civile spagnola

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Sono stati beatificati questa mattina a Madrid quattro monaci benedettini, uccisi in odio alla fede nel 1936 durante la guerra civile spagnola. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha presieduto il rito nella Cattedrale dell’Almudena. Il servizio di Sergio Centofanti

La Chiesa - ha detto il cardinale Amato - conserva la memoria dei giusti, il ricordo della loro testimonianza di bene. I quattro monaci benedettini erano buoni e miti. Padre José Antón Gómez passava ore e ore in confessionale, sempre sorridente, sempre disponibile. Padre Antolín Pablos era già sfuggito miracolosamente alla persecuzione anticattolica scoppiata in Messico nel 1914. Padre Juan Rafael Mariano Alcocer Martínez sapeva toccare i cuori con le sue omelie. Padre Luis Eulogio Vidaurrázaga Gómez, il più giovane dei quattro, grande apostolo dell'Eucaristia, aveva 35 anni quando è stato ucciso. Ascoltiamo il cardinale Angelo Amato al microfono di Roberto Piermarini:

“Si tratta dell'ennesimo eccidio perpetrato contro il clero cattolico durante quei tristi anni della persecuzione della Chiesa. Anche i Beati Benedettini hanno mostrato di non aver paura del martirio, subito con fortezza cristiana e con animo mite e perdonante. Furono fucilati nella loro patria, uccisi a sangue freddo non perché erano malfattori, ma perché erano sacerdoti”.

I quattro monaci benedettini si aggiungono ai 1.600 martiri spagnoli beatificati dalla Chiesa a partire dal 1987. È una schiera immensa di sacerdoti, religiosi, laici, anziani e giovani, donne e uomini: circa 10mila cattolici uccisi durante una guerra che voleva cancellare il cristianesimo dalla Spagna. Il cardinale Amato spiega il messaggio che la Chiesa vuole dare con questa Beatificazione:

“Seguendo l'esempio dei martiri, la Chiesa oggi invita tutti a vivere secondo le beatitudini evangeliche, dissetando la città dell'uomo con l'acqua benefica del perdono, della mitezza, della fraternità, della gioia”. 

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Udienze e nomine

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Per le udienze e nomine odierne di Papa Francesco rimandiamo al Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Oggi in Primo Piano



Iraq: le milizie sciite attaccano a Ovest di Mosul

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In Iraq continua le seconda fase dell’offensiva per liberare Mosul. Le truppe sciite sostenute dall’Iran stanno attaccando la città di Tal Afar, a Ovest di Mosul, finora l’unico lato della città lasciato libero dall’attacco. L’obiettivo è quello di tagliare l’ultima via di fuga e di rifornimento ai miliziani dello Stato Islamico. Intanto, mentre continuano a essere uccisi civili dentro la città, a Baghdad continuano gli attentati. Sono oltre mille i cittadini uccisi dall’inizio di settembre. Per un punto su questa fase dell’offensiva, Michele Raviart ha intervistato Massimo Campanini, professore di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento: 

R. – È chiaro che, in una situazione di questo genere, si apre il vuoto geopolitico: l’Iran cercherà di occupare delle posizioni più forti per poter ovviamente contrattare una sua presenza in un territorio che ormai è strategico anche per gli equilibri di potenza iraniani. Come dall’altra parte, l’esercito iracheno, sostenuto dall’Occidente e dagli Stati Uniti, cercherà a sua volta di trovare gli spazi necessari da occupare per ricostruire la regione.

D. – Quale futuro per il cosiddetto Stato islamico, ora che è circondato su tutti i fronti?

R. – Secondo me, lo Stato islamico non ha nessun futuro. Prima o poi, con tempi più o meno brevi, l’Is verrà cancellato; bisognerà poi, con la dimensione della storia, capire anche chi l’ha costruito e finanziato. Quello che resterà in campo, sicuramente, è il terrorismo: l’Is si dissolverà, però non le schegge impazzite dei presunti jihadisti che vorranno continuare a spargere il loro seme mortale. Questo ci sarà inevitabilmente, perché è chiaro che quelli che resteranno in vita potranno anche, non solo tentare di effettuare attentati in Medio Oriente, ma anche, potenzialmente, venire in Occidente e in Europa.

D. – Vi sono delle rivolte armate dei civili nella stessa Mosul che stanno combattendo contro le forze di occupazione del Califfato: chi sono?

R. – La mia impressione è che, siccome evidentemente il Califfato si è imposto con la violenza e la forza, massacrando non solo gli “infedeli”, ma gli stessi musulmani, costringendo la popolazione a sacrifici immani, nel momento in cui a un certo punto l’Is sta per crollare la gente del posto si ribella. Io penso che comunque, in una situazione di questo genere, ci siano anche delle infiltrazioni esterne: non ci sarebbe da stupirsi del fatto che siamo "noi" stessi, o i russi, coloro che possono armare queste truppe di resistenza interna.

D. – Continuano intanto gli attentati a Baghdad: qual è la forza del governo?

R. – La forza di un governo centrale, nella situazione attuale dell’Iraq, è puramente teorica. È chiaro che ci siano degli attentati a Baghdad, magari fomentati o realizzati anche da schegge impazzite dei jihadisti. Ma – ripeto – non esiste soluzione realistica a questo problema se non si entra nell’ottica di realizzare in Iraq uno Stato federale. Baghdad non può più avere, da sola, la capacità di tenere sotto controllo un territorio così frantumato ed eterogeneo addirittura livello etnico, ma anche religioso, politico, a livello di interessi e di localizzazione delle risorse – petrolio soprattutto – a Nord e a Sud. Secondo me, è assolutamente impensabile pensare che ci possa essere a Baghdad un governo accentrato com’era quello di Saddam Hussein.

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Centrafrica: torna la violenza, strage a Bambari

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È di 25 morti il bilancio, ancora provvisorio, di due giorni di scontri a Bambari, città 250 km a nord-est di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Lo ha reso noto la Missione ONU nella Repubblica Centrafricana (Minusca). “Secondo le informazioni ricevute, sei gendarmi e quattro civili hanno perduto la vita venerdì mattina (28 ottobre), in un’imboscata sulla strada Bambari-Grimari. Il giorno prima, scontri tra elementi anti-balaka ed ex Seleka, avevano causato la morte di 15 persone e il ferimento di un certo numero di altre a Mbriki e Belima, nei dintorni di Bambari” riferisce un comunicato della Minusca pervenuto a Fides.

Il Centrafrica cerca di uscire dalla guerra civile nella quale era sprofondato nel 2012 con la cacciata dell’allora presidente François Bozizé da parte della coalizione ribelle Seleka, alla quale si sono contrapposte le milizie anti-balaka.

Nonostante le elezioni presidenziali e legislative e la formazione di un nuovo governo legittimo, la situazione è lontana dall’essere stabilizzata. Le milizie anti-balaka e gli ex ribelli Seleka non sono stati disarmati, le forze dell’Onu sono accusate di “passività nei confronti dei gruppi armati” e la popolazione ormai diffida dei “Caschi Blu”, mentre il 31 ottobre ha ufficialmente termine la missione francese in Centrafrica, Sangaris, che ha finora contribuito a mantenere la situazione relativamente stabile. C’è chi teme che Seleka e anti-balaka con il ritiro dei militari francesi intendono riprendere le ostilità su vasta scala.

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Presidenziali Usa: Fbi riapre indagine su mail della Clinton

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Un nuovo colpo di scena irrompe nella campagna elettorale per le presidenziali statunitensi. L’Fbi riapre l’inchiesta sulle email inviate da Hillary Clinton con il suo account privato quando era segretario di Stato. Un consuetudine che avrebbe esposto questioni di importanza nazionale ad eventuali attacchi informatici. “È imperativo che l'Fbi spieghi”, afferma da parte sua la candidata democratica mentre la stampa americana giudica “contro la prassi” un’iniziativa tale del capo dell’agenzia federale James Comey, a soli 11 giorni dal voto dell’8 novembre. Esulta Donald Trump che nei sondaggi è dato ancora in svantaggio di circa sei punti percentuali. Per un commento, Marco Guerra ha sentito Mattia Diletti, docente di Scienza Politica alla Sapienza di Roma ed esperto di Stati Uniti: 

R. – Ancora veramente non sappiamo, perché non abbiamo grandi indiscrezioni di quello che c’è dentro queste email. A mio avviso ancora non è sufficientemente importante per rappresentare un pericolo per la Clinton, perché non si sa di che contenuto si tratti, non si sa esattamente nemmeno che tipo di mail siano. Non sappiamo se ci saranno indiscrezioni. Sappiamo che queste email sono state trovate dentro il computer di un democratico, caduto in disgrazia qualche tempo fa per via di una indagine: quindi sono state trovate all’interno di un altro filone di indagini, ma non sappiamo nemmeno se queste email le abbia ricevuto, le abbia mandate…. Si capirà qualcosa se ci saranno delle indiscrezioni. Al momento non sembra essere ancora un grosso problema per la Clinton.

D. – Clinton chiede all’Fbi di spiegare in fretta. E’ possibile, quindi, chiudere l’indagine prima del voto? E cosa rischia, invece, un eventuale presidente sotto indagine?

R. – Lei ha fatto una mossa molto buona, perché consigliata dal capo della sua campagna - John Podesta - che è un uomo di grandissima esperienza, che ha lavorato già nell’amministrazione del marito e quindi si è voluto chiedere subito di cosa effettivamente si trattasse, per dare l’idea che la Clinton non abbia nulla da nascondere. Questa – dal punto di vista tattico – è la mossa migliore! Per quel che riguarda l’idea di un candidato presidente sotto indagine, sì certo è una delle tante forme di pressione che possono arrivare su un presidente e non è un buon inizio. Comunque, questa campagna elettorale è così pesante e porterà delle scorie appena la Clinton eventualmente dovesse entrare in carica. Questo è uno dei suoi punti di debolezza. Può esserci, ma dipende tutto da cosa c’è dentro queste email.

D. – Possiamo ricordare velocemente come nasce e in cosa consiste lo scandolo delle email della candidata democratica, che ha inviato dal suo indirizzo privato?

R. – Facendola molto semplice, lei ha anche ammesso di aver commesso un errore: lei dovrebbe usare sempre le email governative, perché nelle email private si può entrare con maggior facilità: un hacker può riuscire a leggere cosa anche un segretario di Stato sta scrivendo e dicendo a proposito di questioni che riguardano la sicurezza nazionale. Il centro di tutto è questo. Poi ovviamente c’è l’idea che Hillary Clinton sia stata reticente rispetto a questo problema e che non abbia veramente raccontato la verità, non l’abbia detta tutta… Questo ha fatto parte anche del bagaglio di strategie comunicative di Trump, che continua ad accusare la Clinton di essere una mentitrice. Lei ha ammesso di aver sbagliato e per adesso non sembra che questo errore abbia comportato dei rischi per la sicurezza nazionale.

D. – Comunque si tratta di un colpo a favore di Trump in questa campagna molto dura; tuttavia il candidato repubblicano resta indietro di diversi punti percentuali nei sondaggi. I repubblicani come devono gestire questo nuovo colpo di scena?

R. – Lo faranno al solito modo: cercheranno cioè di attaccare la Clinton in modo furioso, perché mancano meno di due settimane al voto. Ricordiamoci, però, che Hillary Clinton è molto forte in diversi Stati chiave; che Trump ormai non può più vincere, se diamo retta ai sondaggi; e che, in realtà, negli Stati Uniti moltissime persone in alcuni Stati – circa il 30 per cento – ha già votato per posta. Questo scandalo sta arrivando molto tardi… Non si sa quanto effettivamente questo scandalo possa ingigantirsi, ma al momento le proporzioni non sembrano tali da impensierire la Clinton. In fondo è un ennesimo pezzo che si inserisce in una narrativa trumpiana -  quella dell’incapacità della Clinton di governare e della sua tendenza a nascondere le cose - che ha fatto breccia fino ad un certo punto: lui è indietro e al momento sembra restare indietro…

 

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Sisma Centro Italia, la gente chiede di non essere abbandonata

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Il sisma che ha colpito la provincia di Macerata, nella serata del 26 ottobre, ha lasciato ingenti danni materiali nei comuni colpiti. Andrea Walton ha intervistato Giancarlo Temperilli, sindaco di Sefro, per raccogliere la sua testimonianza su quanto è successo nel suo comune: 

R. – Noi ci siamo subito attivati dopo la prima scossa. Infatti, quando è arrivata la seconda scossa eravamo in Comune: avevo già convocato la Protezione Civile e i volontari. Ero con il personale del Comune proprio per decidere il tipo di intervento e la seconda scossa la abbiamo avvertita tutti quanti e la gente era già tutta in piazza, dopo la prima scossa. Questo indubbiamente ha fatto sì che, anche se abbiamo subito dei danni nelle abitazioni, la gente era già tutta in strada. Il panico era effettivamente alto, perché convivere con il terremoto non è semplice: è un qualcosa che ti condiziona dentro e alla lunga è snervante! Quindi per quelle che erano le esigenze primarie abbiamo fatto un buon lavoro di prevenzione e questo grazie all’esperienza della Protezione Civile e degli stessi funzionari del Comune.

D. – Che tipo di danni sono stati registrati nel vostro Comune e nella vostra area geografica di riferimento?

R. – Noi abbiamo 4-5 zone rosse: la più colpita è la frazione di Agolla, dove il campanile della chiesa principale, che dà sulla piazza, è crollato e all’interno ha ceduto il muro e attorno alla chiesa anche le case sono inagibili. E infatti la abbiamo delimitata… Abbiamo un’altra zona a Sorti, che è stato lesionato: molti comignoli sono stati lesionati e anche questa è stata delimitata ed è un’altra zona rossa. Sempre a Sorti, un altro borgo, quello di Cerreto, ha avuto problemi. Nel capoluogo abbiamo due zone rosse che abbiamo delimitato, perché anche qui sono caduti dei comignoli e all’interno di una abitazione ci sono stati dei crolli… Abbiamo una ventina di sfollati, ma siamo riusciti a trovare per loro altre soluzioni.

D. – Cosa vi aspettate dai tempi e dai modi della ricostruzione?

R. – Cosa ci aspettiamo? Innanzitutto di non essere abbandonati, perché siamo realtà di montagna e questa è già una realtà precaria, perché per poter rimanere sul territorio, la vita è indubbiamente più complessa di altre realtà: a cominciare dalla Guardia Medica a tutti gli altri servizi essenziali, per i quali lottiamo con le unghie e con i denti per riuscire a mantenerli. Indubbiamente queste situazioni rendono ancora più fragile il nostro contesto. Inoltre noi viviamo anche di turismo e quando ci sono queste situazioni, il turismo si allontana dalle nostre zone. Di conseguenza chiediamo interventi immediati per la prima emergenza, ma soprattutto una programmazione che ci sostenga per far sì che queste nostre zone non siano dimenticate e che vengano ricordate; che vengano anche immediatamente aiutati i proprietari che hanno avuto lesioni e aiutate le persone maggiormente in difficoltà certamente a livello umano, ma anche con il sostegno economico. Adesso, come prima reazione la Protezione Civile è stata efficiente e questo lo devo dire! Ma in prospettiva occorre che, in qualche modo, il governo rilasci dei fondi specifici per la montagna anche in prospettiva per sostenere una programmazione più di lungo termine, oltre che in questa prima emergenza. 

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Vangelo diffuso nelle case degli italiani, ma in pochi lo aprono

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“Il Vangelo e gli italiani”, il titolo di una ricerca del Censis, che rileva come il testo fondamentale per la religione cristiana sia notevolmente diffuso nella case ma poco letto e conosciuto. Come interpretare questi dati? Roberta Gisotti ne ha parlato con Andrea Monda, docente di religione: 

Il 70% cento degli italiani possiede un copia del Vangelo in casa, ma il 50% non lo ha mai aperto e il 20% lo ha fatto raramente. Il 60% ritiene i suoi valori fondamentali per tutti, anche per i non cristiani, circa il 50% lo reputa un testo importante del patrimonio culturale e spirituale del Paese ma quasi il 45% non sa dire quanti sono gli evangelisti e il 12% non ne conosce i nomi. Più disinteressati sono le persone di mezz’età, rispetto a giovani e anziani.

D. - Prof. Monda, dati contradditori?  

R. – Sono complessi, vanno letti attentamente. Certo, mettono il dito sulla piaga; innanzitutto sulla piaga della lettura, cioè gli italiani sono scarsi in questa pratica: non siamo un popolo di lettori. Mi pare che già Leopardi dicesse che siamo un popolo di scrittori più che di lettori: tutti scriviamo, nessuno legge. Io, come docente di religione, quest’oblio del Vangelo e della Bibbia in generale, lo riscontro quotidianamente con i miei studenti: le parole della religione fanno parte di un lessico non più familiare. È vero pure che quasi il 50% considera il Vangelo una parte importante del nostro patrimonio culturale. Cioè, la considerazione e la stima che gli italiani continuano ad attribuire al Vangelo è altissima: sono gli anziani e i giovani che hanno questa stima, mentre la mezza età ha perso contatto. Secondo me, questo è un dato su cui riflettere e mi sembra purtroppo molto vero. Lo riscontro quando vengono a parlare i genitori dei miei alunni.

D. – Tra i cattolici praticanti sono molti quelli che si limitano ad ascoltare il Vangelo durante la Messa e poi non lo aprono più; questo nonostante i tanti richiami che vengono fatti dai sacerdoti e dal Papa stesso…

R. – Il Papa fa bene, insiste molto perché il problema c’è. E lo dice bene il presidente del Censis, De Rita: noi cattolici non leggiamo il Vangelo proprio perché lo ascoltiamo. Non siamo una religione del libro come per gli ebrei o gli islamici, dove c’è proprio un contatto diretto; e nemmeno forse come i protestanti, che invece, sono molto attenti alla dimensione del libro. Lutero nasce quando nasce anche la stampa. Proprio il fatto che sia il libro, non più ascoltato nelle piazze, nelle chiese, ma letto - un libro accessibile, disponibile a tutti, a ciascuno - forse anche questo, secondo me, ha permesso la svolta luterana. Noi ascoltiamo il Vangelo e quasi lo diamo per ‘liquidato’. Il Papa fa benissimo a dire: “No, portatevelo nella quotidianità, portatevelo in tasca”; perché, se noi riduciamo il Vangelo a un momento, magari anche emotivo come può essere anche l’ascolto di una buona omelia del sacerdote, stiamo ‘inaridendo’ questa fonte straordinaria che è il Vangelo.

D. – Prof. Monda, quindi, la lettura del Vangelo può essere considerata anche un atto di responsabilità da parte di chi si dichiara credente…

R. – Assolutamente sì, perché altrimenti si vive il cristianesimo – appunto – in maniera deresponsabilizzata. È una sorta quasi di clericalismo: c’è il sacerdote che ci legge il Vangelo e il mio rapporto con Gesù finisce qui. No, dobbiamo camminare anche noi con le nostre gambe, e possiamo farlo, anche perché, per il credente, Dio si è rivelato in un libro, in una narrazione, in un racconto. E non si può circoscrivere il nostro rapporto con questo racconto ad un momento così isolato della settimana o durante l’anno. Sì, è il momento di crescere e di diventare responsabili anche da questo punto di vista.

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Il commento di don Sanfilippo al Vangelo della Domenica XXXI T.O.

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Nella 31.ma domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo della conversione di Zacchèo, ricco capo dei pubblicani di Gerico. L’uomo sale su un sicomòro per vedere Gesù tra la folla. Il Signore lo invita a ospitarlo a casa. Zacchèo lo accoglie pieno di gioia, dicendo: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».  Gesù risponde:

«Oggi per questa casa è venuta la salvezza … Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

“Il figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare chi era perduto”. Ogni uomo si perde nell'egoismo per la propria superbia e ha bisogno di essere trasformato dal perdono di Cristo. Questo incontro salvifico è sempre ostacolato da una  “folla di tentazioni”: affanni, concupiscenze e distrazioni. Il Maestro costantemente passa accanto a noi per beneficarci, in mille occasioni: col giubileo della misericordia, la prima comunione di un figlio, l'invito ad una catechesi, oppure l'omelia in un funerale, la testimonianza di un collega, il perdono ricevuto da un cristiano.  La libertà umana resiste spesso a questi  impulsi dello Spirito Santo. Quando, però, gli si apre il cuore, scocca la scintilla, e si è disposti a far un po' di fatica per vedere il Salvatore “salendo sul sicomoro” per eludere la folla. Ed ecco, ci accostiamo alla confessione a lungo rimandata, ascoltiamo le catechesi prima disattese, o accogliamo persone umanamente scomode. E accade l'imprevisto: Gesù stesso si ferma, ci chiama per nome, come Zaccheo, entra in casa nostra, e questo ingresso è fondamentale per la nostra salvezza e quella di coloro che Dio ci affida. La gioia ritrovata, la forza di superare le critiche, il desiderio del pubblicano di ripristinare la giustizia e la prodigalità con i propri beni testimoniano la conversione autentica. Il Signore ci conceda questa grazia.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 303

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.