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Sommario del 31/10/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: cattolici e luterani testimonino insieme misericordia di Dio

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Il mondo attende una testimonianza comune dai cristiani, cattolici e luterani annuncino assieme la Parola di Dio. E’ l’esortazione levata da Papa Francesco nella Cattedrale luterana di Lund, in Svezia, dove si è svolta la preghiera ecumenica comune, nell'ambito della commemorazione luterano-cattolica della Riforma. Nella sua omelia, il Pontefice ha sottolineato che la separazione è stata “un’immensa fonte di sofferenze” ma ha anche fatto capire che senza il Signore “non possiamo fare nulla”. L’intervento del Papa è stato preceduto dall’omelia del segretario della Federazione Luterana Mondiale, il reverendo Martin Junge. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Dio è il padrone della vigna” e “l’unica cosa che egli desidera è che rimaniamo uniti come tralci vivi a suo Figlio Gesù”. Il Papa ha sottolineato così il significato più profondo del movimento ecumenico che, nella Cattedrale di Lund, ha vissuto una sua tappa storica. Francesco ha subito voluto evidenziare che la sua visita vuole “manifestare il comune desiderio di rimanere uniti” a Gesù per “avere la vita”.

“Católicos y luteranos hemos empezado a caminar juntos…”
“Cattolici e luterani – ha detto il Papa – abbiamo cominciato a camminare insieme sulla via della riconciliazione. Ora, nel contesto della commemorazione comune della Riforma del 1517, abbiamo una nuova opportunità di accogliere un percorso comune, che ha preso forma negli ultimi cinquant’anni nel dialogo ecumenico”. “Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza – ha ripreso – che la separazione ha prodotto tra noi. Abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri”.

“También nosotros debemos mirar con amor…”
“Anche noi – ha avvertito – dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono: Dio solo è il giudice”. Si deve riconoscere, ha soggiunto, “con la stessa onestà e amore che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetuata da uomini di potere di questo mondo più che per la volontà del popolo fedele”. Tuttavia, ha osservato, “c’era una sincera volontà da entrambe le parti di professare e difendere la vera fede, ma siamo anche consapevoli che ci siamo chiusi in noi stessi per paura o pregiudizio verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diversi”.

“Sin duda la separación ha sido una fuente inmensa de sufrimientos…”
“Indubbiamente – ha detto con rammarico – la separazione è stata un’immensa fonte di sofferenze e di incomprensioni, ma al tempo stesso ci ha portato a prendere coscienza sinceramente che senza di lui non possiamo fare nulla, dandoci la possibilità di capire meglio alcuni aspetti della nostra fede”. Con gratitudine, ha detto ancora, “riconosciamo che la Riforma ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”. “Come posso avere un Dio misericordioso?”. Questa, ha soggiunto il Papa, “è la domanda che costantemente tormentava Lutero”. In effetti, la questione del giusto rapporto con Dio “è la questione decisiva della vita”. Lutero, è stata la riflessione di Francesco, “ha scoperto questo Dio misericordioso nella Buona Novella di Gesù Cristo incarnato, morto e risorto”. Con il concetto di “solo per grazia divina”,  ha ripreso, “ci viene ricordato che Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta. La dottrina della giustificazione, quindi, esprime l’essenza dell’esistenza umana di fronte a Dio”.

“Esto es el testimonio que el mundo esta esperando…”
“Questa ha detto Francesco – è la testimonianza che il mondo sta aspettando da noi. Come cristiani saremo testimonianza credibile della misericordia nella misura in cui il perdono, il rinnovamento e la riconciliazione saranno un’esperienza quotidiana tra noi”. Insieme, ha ribadito, “possiamo annunciare e manifestare concretamente e con gioia la misericordia di Dio, difendendo e servendo la dignità di ogni persona. Senza questo servizio al mondo e nel mondo, la fede cristiana è incompleta”. Luterani e cattolici, ha concluso, “chiediamo il suo aiuto per essere membra vive unite a Lui, sempre bisognosi della sua grazia per poter portare insieme la sua Parola al mondo, che ha bisogno della sua tenerezza e della sua misericordia”.

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Firmata a Lund la Dichiarazione congiunta: testo integrale

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Nel corso della celebrazione della Preghiera Ecumenica Comune, nella Cattedrale Luterana di Lund, Papa Francesco e il Vescovo Munib Yunan, Presidente della LWF (Lutheran World Federation) hanno firmato la Dichiarazione congiunta. Ne riportiamo di seguito il testo:

«Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 15,4).

Con cuore riconoscente
Con questa Dichiarazione Congiunta, esprimiamo gioiosa gratitudine a Dio per questo momento di preghiera comune nella Cattedrale di Lund, con cui iniziamo l’anno commemorativo del cinquecentesimo anniversario della Riforma. Cinquant’anni di costante e fruttuoso dialogo ecumenico tra cattolici e luterani ci hanno aiutato a superare molte differenze e hanno approfondito la comprensione e la fiducia tra di noi. Al tempo stesso, ci siamo riavvicinati gli uni agli altri tramite il comune servizio al prossimo, spesso in situazioni di sofferenza e di persecuzione. Attraverso il dialogo e la testimonianza condivisa non siamo più estranei. Anzi, abbiamo imparato che ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide.

Dal conflitto alla comunione
Mentre siamo profondamente grati per i doni spirituali e teologici ricevuti attraverso la Riforma, confessiamo e deploriamo davanti a Cristo il fatto che luterani e cattolici hanno ferito l’unità visibile della Chiesa. Differenze teologiche sono state accompagnate da pregiudizi e conflitti e la religione è stata strumentalizzata per fini politici. La nostra comune fede in Gesù Cristo e il nostro battesimo esigono da noi una conversione quotidiana, grazie alla quale ripudiamo i dissensi e i conflitti storici che ostacolano il ministero della riconciliazione. Mentre il passato non può essere cambiato, la memoria e il modo di fare memoria possono essere trasformati. Preghiamo per la guarigione delle nostre ferite e delle memorie che oscurano la nostra visione gli uni degli altri. Rifiutiamo categoricamente ogni odio e ogni violenza, passati e presenti, specialmente quelli attuati in nome della religione. Oggi ascoltiamo il comando di Dio di mettere da parte ogni conflitto. Riconosciamo che siamo liberati per grazia per camminare verso la comunione a cui Dio continuamente ci chiama.

Il nostro impegno per una testimonianza comune
Mentre superiamo quegli episodi della storia che pesano su di noi, ci impegniamo a testimoniare insieme la grazia misericordiosa di Dio, rivelata in Cristo crocifisso e risorto. Consapevoli che il modo di relazionarci tra di noi incide sulla nostra testimonianza del Vangelo, ci impegniamo a crescere ulteriormente nella comunione radicata nel Battesimo, cercando di rimuovere i rimanenti ostacoli che ci impediscono di raggiungere la piena unità. Cristo desidera che siamo uno, così che il mondo possa credere (cfr Gv 17,21).

Molti membri delle nostre comunità aspirano a ricevere l’Eucaristia ad un’unica mensa, come concreta espressione della piena unità. Facciamo esperienza del dolore di quanti condividono tutta la loro vita, ma non possono condividere la presenza redentrice di Dio alla mensa eucaristica. Riconosciamo la nostra comune responsabilità pastorale di rispondere alla sete e alla fame spirituali del nostro popolo di essere uno in Cristo. Desideriamo ardentemente che questa ferita nel Corpo di Cristo sia sanata. Questo è l’obiettivo dei nostri sforzi ecumenici, che vogliamo far progredire, anche rinnovando il nostro impegno per il dialogo teologico.

Preghiamo Dio che cattolici e luterani sappiano testimoniare insieme il Vangelo di Gesù Cristo, invitando l’umanità ad ascoltare e accogliere la buona notizia dell’azione redentrice di Dio. Chiediamo a Dio ispirazione, incoraggiamento e forza affinché possiamo andare avanti insieme nel servizio, difendendo la dignità e i diritti umani, specialmente dei poveri, lavorando per la giustizia e rigettando ogni forma di violenza. Dio ci chiama ad essere vicini a coloro che aspirano alla dignità, alla giustizia, alla pace e alla riconciliazione. Oggi, in particolare, noi alziamo le nostre voci per la fine della violenza e dell’estremismo che colpiscono tanti Paesi e comunità, e innumerevoli sorelle e fratelli in Cristo. Esortiamo luterani e cattolici a lavorare insieme per accogliere chi è straniero, per venire in aiuto di quanti sono costretti a fuggire a causa della guerra e della persecuzione, e a difendere i diritti dei rifugiati e di quanti cercano asilo.

Oggi più che mai ci rendiamo conto che il nostro comune servizio nel mondo deve estendersi a tutto il creato, che soffre lo sfruttamento e gli effetti di un’insaziabile avidità. Riconosciamo il diritto delle future generazioni di godere il mondo, opera di Dio, in tutta la sua potenzialità e bellezza. Preghiamo per un cambiamento dei cuori e delle menti che porti ad una amorevole e responsabile cura del creato.

Uno in Cristo
In questa occasione propizia esprimiamo la nostra gratitudine ai fratelli e alle sorelle delle varie Comunioni e Associazioni cristiane mondiali che sono presenti e si uniscono a noi in preghiera. Nel rinnovare il nostro impegno a progredire dal conflitto alla comunione, lo facciamo come membri dell’unico Corpo di Cristo, al quale siamo incorporati per il Battesimo. Invitiamo i nostri compagni di strada nel cammino ecumenico a ricordarci i nostri impegni e ad incoraggiarci. Chiediamo loro di continuare a pregare per noi, di camminare con noi, di sostenerci nell’osservare i religiosi impegni che oggi abbiamo manifestato.

Appello ai cattolici e ai luterani del mondo intero
Facciamo appello a tutte le parrocchie e comunità luterane e cattoliche, perché siano coraggiose e creative, gioiose e piene di speranza nel loro impegno a continuare la grande avventura che ci aspetta. Piuttosto che i conflitti del passato, il dono divino dell’unità tra di noi guiderà la collaborazione e approfondirà la nostra solidarietà. Stringendoci nella fede a Cristo, pregando insieme, ascoltandoci a vicenda, vivendo l’amore di Cristo nelle nostre relazioni, noi, cattolici e luterani, ci apriamo alla potenza di Dio Uno e Trino. Radicati in Cristo e rendendo a Lui testimonianza, rinnoviamo la nostra determinazione ad essere fedeli araldi dell’amore infinito di Dio per tutta l’umanità.

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Papa in Svezia: viaggio importante nel segno dell'ecumenismo

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È cominciato il 17.mo viaggio apostolico di Papa Francesco: il Pontefice è in Svezia per la commemorazione ecumenica del quinto centenario della Riforma luterana e per incontrare, questa domenica, la comunità cattolica del Paese. Il servizio di Giada Aquilino

Un momento cruciale per l’ecumenismo. Papa Francesco lo aveva anticipato alla vigilia di questo 17.mo viaggio apostolico, lo ha ripetuto nel volo che da Roma Fiumicino lo ha condotto a Malmö, in Svezia, salutando i giornalisti al seguito:

“Questo viaggio è un viaggio importante perché è un viaggio ecclesiale, molto ecclesiale nel campo dell’ecumenismo. Il vostro lavoro aiuterà tanto a capire, affinché lo gente lo capisca bene”.

Atterrato poco prima delle 11 all'aeroporto di Malmö, il Pontefice è stato accolto dal premier svedese, Stefan Löfven, e dal ministro della Cultura, la signora Alice Bah-Kuhnke, con cui ha ascoltato l’esecuzione degli inni ufficiali. Presente anche la delegazione vaticana, altre autorità svedesi e alcuni membri della Federazione Luterana Mondiale. Nella sezione vip dello scalo, l’incontro privato tra Francesco e il premier. A seguire, il trasferimento per circa 42 chilometri a Igelösa, dove presso una grande struttura di ricerca medica - che ha già ospitato gli incontri della Conferenza episcopale svedese - il Pontefice soggiorna durante questo viaggio. Subito dopo, al Kungshuset di Lund, la visita di cortesia alla famiglia reale di Svezia, accolto dal re Carl XVI Gustav e dalla regina Silvia. Quindi la Preghiera ecumenica comune nella Cattedrale luterana di Lund e l’evento ecumenico alla Malmö Arena, seguito dall’incontro con le delegazioni ecumeniche.

Al decollo da Fiumicino, Francesco aveva fatto pervenire al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, gli auspici “per il benessere spirituale civile e sociale del popolo italiano”. Il capo dello Stato, nel messaggio di risposta, gli aveva assicurato che “l'Italia guarda con attenzione a questa missione, che rappresenta una tappa di primaria rilevanza nel dialogo ecumenico”. La presenza di Francesco alla commemorazione comune luterano-cattolica della Riforma, aveva poi sottolineato Mattarella, “lancia un messaggio di concordia e pace all'Europa e al mondo intero”, come testimonianza dell'impegno “da tempo profuso per alimentare un fecondo dialogo che consenta il superamento delle divisioni nel mondo cristiano”. Sorvolando l’Austria e la Germania, il Papa aveva pregato Dio affinché benedica tutti e conceda “pace e benessere”.

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Pastore Luca Baratto: viaggio del Papa porterà frutto

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Sul viaggio del Papa in Svezia ascoltiamo il commento del pastore valdese Luca Baratto, responsabile ecumenico della Federazione delle Chiese evangeliche d’Italia, al microfono di Fabio Colagrande

R. – Certamente è un evento particolare, un evento positivo che si situa anche in una volontà della Chiesa luterana di voler ricordare il 500.mo della Riforma in modo ecumenico. Il fatto che per la prima volta un Pontefice sia insieme agli esponenti mondiali della Chiesa luterana naturalmente segna un passo ulteriore, importante nel cammino ecumenico, un cammino che è già lungo ma che ha ancora molta strada da fare davanti; e quindi, sicuramente porterà una serie di frutti … Uno di questi potrebbe essere il fatto di rendere meno lontano, meno distante, per esempio al pubblico italiano, ai membri della Chiesa cattolica o di altre Chiese, il mondo della Riforma, che non è un mondo così distante ma è un mondo di testimonianza cristiana. E credo che la presenza del Pontefice a Lund lo testimoni.

D. – Dopo secoli di contrapposizioni teologiche, è possibile oggi – secondo lei – una rilettura comune della storia della Riforma e su quali basi?

R. – Ma … sicuramente oggi assistiamo da più parti a una rilettura storica, che non vuol dire revisione ma significa ripensare gli avvenimenti che sono avvenuti – e che spesso sono stati anche avvenimenti dolorosi e sanguinosi – leggendoli attraverso i nuovi rapporti che i cristiani hanno saputo stabilire e stanno stabilendo tra di loro. Per esempio, c’è un cammino tra mennoniti e luterani: i mennoniti sono gli anabattisti, la Riforma radicale che è stata perseguitata dai luterani e proprio in questi mesi sono stati pubblicati dei testi che rileggono gli avvenimenti di quel periodo, dicendo che effettivamente il male che è stato fatto oggi può essere riletto in modo da venire condannato e quindi da poter prospettare un futuro diverso. Ecco: non si tratta tanto di dare un significato diverso agli avvenimenti del passato, quanto a dire che i nuovi rapporti tra i cristiani creano una storia diversa tale, da rinnegare la violenza del passato.

D. – Assistiamo a collaborazioni importanti tra cristiani di confessioni diverse: penso al lavoro che gli stessi Valdesi fanno con la Comunità di Sant’Egidio, proprio collaborazioni sul piano sociale, di solidarietà, di aiuto … pensiamo soprattutto al tema dell’immigrazione. Sono collaborazioni che si concretizzano in questo momento storico, non a caso: perché?

R. – Sì, è vero: non a caso, perché in effetti il cammino ecumenico qualche frutto lo ha portato. Ci sono aperture che dipendono anche talvolta dalle persone. Sicuramente, con Papa Francesco l’atmosfera dei rapporti tra le Chiese è cambiata; sicuramente in Italia è cambiata. E il fatto di poter collaborare in ambiti sociali, della giustizia, come appunto il progetto dei corridoi umanitari, testimonia che il riconoscimento reciproco dei cristiani come fratelli e sorelle si deve concretizzare in azioni concrete, non soltanto con delle parole. Ecco: siamo arrivati al punto in cui abbiamo bisogno di azioni concrete, comuni per riconoscerci, per dire e mostrare che siamo veramente convinti di essere fratelli e sorelle, gli uni delle altre.

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Don Maffeis: non si celebra divisione, si rilancia cammino verso unità

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Il viaggio del Papa in Svezia prende il suo motto dal documento intitolato “Dal conflitto alla comunione” pubblicato dalla Commissione luterano-cattolica nel 2013, che traccia le linee della Commemorazione comune del 500.mo anniversario della Riforma. Ascoltiamo in proposito don Angelo Maffeis, membro della Commissione e presente a Lund, intervistato da Fabio Colagrande

R. – Il mio stato d’animo personale è di grande attesa, di grande gioia perché certamente costituisce un momento simbolico in cui il lavoro nascosto che si è compiuto in tanti anni di paziente dialogo e spesso anche di fronte a difficoltà o a battute d’arresto che potevano sembrare insuperabili, viene in qualche modo riconosciuto a livello più alto della Chiesa cattolica e quindi credo che questo sia certamente un momento di gioia per tutti. E’ un clima che respira, anche qui a Lund, tra i partecipanti a questo incontro.

D. - Come si è arrivati a questo avvenimento che assume caratteri sicuramente storici? Sappiamo che c’è stato un invito da parte della Federazione luterana mondiale e il Papa ha accettato, ma ovviamente c’è tutto un lavoro, dietro, immagino?

R. – Certamente. La celebrazione dei Giubilei della Riforma ha segnato la storia dei 400 anni precedenti ed è sempre stata un’occasione piuttosto netta per l’affermazione dell’identità luterana e dei protestanti in generale. Commemorando questo Giubileo, questo centenario – il quinto della Riforma protestante – in epoca ecumenica come la nostra, si è sentita l’esigenza di introdurre anche un registro nuovo. E la cosa che merita di essere sottolineata è che non solo il Papa è stato invitato dalla Federazione luterana mondiale, ma questa cerimonia, questa preghiera comune nella cattedrale di Lund vede come invitanti sia la Federazione luterana mondiale sia il Papa e la Chiesa cattolica. Quindi è stato un sugello del lavoro comune che si è condotto nel dialogo degli ultimi 50 anni tra la Chiesa cattolica e le Chiese della Federazione luterana mondiale.

D. – Per alcuni cattolici è incomprensibile che il Papa sia presente – tra virgolette – ai festeggiamenti di un evento che ha spaccato la Chiesa in Europa. Come rispondere?

R. – Ma … credo che non si celebri certamente la divisione della cristianità in Europa. Quello che si fa nel documento “Dal conflitto alla comunione”, e nella preghiera che verrà celebrata e che si ispira appunto a questo testo, è una distinzione. Bisogna evitare ogni manicheismo, come se ci fosse una risposta – diciamo – univoca a questo problema e all’eredità della Riforma. Il testo e la preghiera sottolineano tre aspetti: anzitutto, la dimensione penitenziale. Per la divisione bisogna chiedere perdono a Dio. C’è una dimensione di gratitudine, che è per la riscoperta di alcuni temi della predicazione evangelica, che certamente la Riforma ha messo in luce e che anche la tradizione cattolica ha riconosciuto. E c’è infine lo sforzo di fare memoria e di leggere la storia, che è una storia comune anche negli aspetti meno nobili in cui oggi non ci riconosciamo; ma lo sforzo di capire che cosa è accaduto, lo sforzo – come dice il documento – non di riscrivere i fatti storici, ma di ripensare il modo in cui questi fatti storici continuano a essere presenti nella nostra vita, nella storia e nelle vicende delle nostre Chiese.

D. – Come sacerdote cattolico che fa parte della Commissione luterano-cattolica, quali frutti si aspetta dalla giornata odierna?

R. – Mi aspetto anzitutto un rinnovamento – potremmo dire – del fervore, della fiducia con cui il cammino, spesso abbastanza faticoso e che non mostra frutti immediati del dialogo ecumenico, possa essere continuato. E credo che ci sia la necessità, da un lato, di continuare con il lavoro che le commissioni fanno con gli strumenti dell’interpretazione biblica, del lavoro teologico, un lavoro che viene fatto a nome di tutta la Chiesa, e dall’altro soprattutto nei luoghi dove quotidianamente i cattolici e i luterani e i membri di altre tradizioni cristiane vivono insieme, di far crescere questa esigenza di una testimonianza cristiana che passa attraverso l’annuncio del Vangelo, ma passa anche attraverso il servizio all’umanità e ai suoi bisogno, che oggi si incontrano, appunto, in un mondo che è diventato pluralista, che si mette a confronto di diverse concezioni religiose e visioni del mondo in cui forse i cristiani hanno bisogno di ritrovare insieme un profilo che li renda riconoscibili per il messaggio, per la testimonianza, per il dono di cui sono depositari, che sono chiamati a consegnare all’umanità.

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Nomine episcopali di Papa Francesco

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Le nomine di oggi di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Verso la piena comunione: il Papa in Svezia per partecipare alla commemorazione comune della Riforma.

La tragedia di un passato distrutto: Francesco Scoppola sul terremoto che ha nuovamente colpito l'Italia centrale.

Impedire che si cancelli l'umano: Lucetta Scaraffia sul nostro avvenire tecnologico.

Nel cimitero di Casarsa: Elena Buia Rutt su sorprese e illuminazioni di Pasolini.

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Oggi in Primo Piano



Forze irachene entrate a Mosul

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Le forze irachene hanno annunciato di essere entrate a Mosul. Lo ha annunciato il generale Wissam Araji, dei servizi anti-terrorismo: le truppe sono adesso nel quartiere orientale di Karama. Almeno 5mila jihadisti sono pronti all'ultima difesa della città. I soldati iracheni starebbero avanzando molto velocemente e dovrebbero cominciare "a ripulire Mosul dai terroristi", afferma il generale Talib Shegati. L'operazione per liberare la riva sinistra del fiume Tigri a Mosul, da due settimane al centro di una vasta operazione di riconquista con circa 100mila uomini impegnati, è cominciata alle 6.30 ora locali su tre fronti.

L'Is, intanto, sta assediando Anah, nella provincia a Ovest di Anbar, tenendo in trappola 7000 civili. Sale anche l’allarme per gli ordigni esplosivi lasciati nelle aree liberate: fonti di sicurezza parlano di decine di giocattoli bomba preparati dai miliziani del Califfato.

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Sisma: si temono 100 mila sfollati. Renzi: ricostruiremo tutto

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E' trascorsa tra molto freddo e continue scosse - la più forte, di magnitudo 4.2, alle 2.27 - la prima notte per gli sfollati del nuovo terremoto di magnitudo 6.5 che ieri mattina alle 7.41 ha colpito tra Marche e Umbria con epicentro tra Castelsantangelo sul Nera, Preci e Norcia, la più provata tra i centri coinvolti. In attesa di essere trasferiti altrove - coloro che lo accetteranno, ma in molti vogliono le tende - gli sfollati hanno passato la notte tra centri di accoglienza e automobili. Il servizio di Roberta Barbi:

In pochi sono riusciti a riposare, molti – circa ottomila secondo i dati della Protezione civile – nei centri di accoglienza allestiti a tempo di record, ma la maggioranza ha scelto di trascorrere in macchina, vicino ai propri luoghi del cuore, la prima notte dopo il nuovo terremoto che ha squarciato il centro Italia. È il popolo degli sfollati del sisma, almeno 28mila: circa 25mila nelle Marche – ma il presidente della Regione teme che si possa arrivare fino a centomila persone bisognose di aiuto – e fra i tre e i cinquemila in Umbria, i primi verranno ospitati negli alberghi della riviera; per i secondi si sono rese disponibili le strutture ricettive del Trasimeno. Molti, però, nonostante la terra che non smette di tremare, vogliono restare vicino a casa, soprattutto gli allevatori che lasciando gli animali lascerebbero tutta la loro vita. Intanto è salito a 15mila il numero di persone assistite dalla Protezione civile nella notte, mentre da ieri mattina sono oltre 700 le scosse registrate dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, tutte entro magnitudo 5.

A Norcia questa mattina sono iniziate le piccole rapide visite degli abitanti nelle loro case nella "zona rossa" per recuperare i beni di primissima necessità come le medicine o i preziosi, mentre nel centro storico sono entrati i primi mezzi leggeri. E' allarme, inoltre, per gli animali nelle campagne, che sono senza assistenza da qualche giorno; molti sono rimasti uccisi nei crolli, altri sono bloccati dalle macerie. 

"Subito case prefabbricate per chi fugge dalle zone terremotate", è la promessa che ha fatto oggi in un'intervista al Messaggero il ministro dell'Interno Alfano che ribadisce l'essenzialità di un intervento che prevede il trasferimento delle persone per la loro sicurezza, mentre si assicura la ricostruzione dei borghi.

"La priorità è la sicurezza e la tranquillità delle persone": così il presidente del Consiglio Renzi oggi nella sua newsletter Enews, all'indomani del terremoto. "Non possiamo avere le tende per qualche mese in montagna, i posti in albergo ci sono per tutti", ha scritto nel tentativo di sedare le proteste dei cittadini di Norcia che, non volendo allontanarsi troppo dalle loro case, chiedono tendopoli subito anziché essere traferiti in luoghi sicuri ma lontani. 

“Ricostruiremo tutto, le case, le chiese, le attività commerciali - aveva già promesso ieri il presidente del Consiglio Renzi che per oggi alle 17 ha convocato a Palazzo Chigi una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri – non ci faremo imprigionare dalla burocrazia; i soldi ci sono”. Un appello all’unità politica e a evitare scontri e polemiche, invece, è arrivato dal presidente della Repubblica Mattarella che si trova in visita a Gerusalemme. E se nella notte la corrente è stata ripristinata quasi ovunque, per tutta la giornata di ieri sono proseguiti i crolli nelle aree colpite già dal doppio evento di mercoledì scorso e in quelle distrutte dal sisma del 24 agosto. Norcia, in particolare, è una città in ginocchio: rasa al suolo la frazione di Castelluccio, il centro storico completamente evacuato e la ferita mortale della Basilica del Patrono d’Europa, San Benedetto, venuta giù assieme alla cattedrale.  

Anche l'Unione Europea è tornata a farsi sentire: "L'Ue resta pienamente pronta ad aiutare la popolazione e le autorità italiane nuovamente colpite dal terremoto". A ribadirlo è stato il portavoce della Commissione Ue, margaritis Schinas. Dall'Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci) arriva un appello a continuare a far vivere dal punto di vista amministrativo i Comuni colpiti.

Ed è tornato a fare il punto della situazione anche il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, che ha parlato di "dignità e solidarietà": due caratteristiche dell'Italia in stato di emergenza. Stavolta il terremoto non ha fatto vittime perché eravamo già attivi - ha dichiarato - dal 26 ottobre scorso e ancora prima, addirittura dalla scossa del 24 agosto. Quanto a come si vince la paura del terremoto, ha detto: "Con la prevenzione, la pianificazione e il dialogo con i sindaci che è fondamentale". In mattinata è stato effettuato un giro di ricognizione sulle aree terremotate da parte di Curcio e del commissario straordinario Errani, secondo il quale, all'ennesima scossa, i test di agibilità sugli edifici sono tutti da rifare. E' stato riattivato, infine, il numero solidale 45500 a sostegno delle popolazioni terremotate, nato dal protocollo d'intesa tra la Protezione civile e i principali gestori telefonici.

Nel bilancio fatto a fine mattinata da Rieti dalla direttrice dell'Ufficio emergenza della Protezione civile, Titti Postiglione, emerge una "situazione ancora difficile" soprattutto sul fronte della viabilità, ma non vengono tralasciati i traguardi raggiunti, come il ripristino delle linee elettriche e telefoniche. Resta sorvegliato speciale il fiume Nera, ma la priorità - è stato ribadito - è il benessere delle persone e il sostegno alle aziende affinché riescano a proseguire le attività.  

Intanto sul fronte "romano" del terremoto, era stato inizialmente chiuso al traffico Ponte Mazzini a causa di una crepa con conseguente perdita d'acqua, ora il traffico sta lentamente tornando alla normalità, restano interdetti solo i due marciapiedi. Inagibili, inoltre, due chiese del centro storico: San Francesco nel rione Monti e Sant'Eustachio. Chiuse, oggi, le scuole in via precauzionale; verifiche in corso su un cavalcavia della via del Mare.

Proseguono, dunque, le scosse in tutto il territorio di Umbria e Marche colpito dal sisma. L’epicentro, che resta quello tra Norcia e Castelsantangelo sul Nera, potrebbe spostarsi? Emanuela Campanile lo ha chiesto al sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Massimo Cocco

R. – L’epicentro non si sposta, l’epicentro è il luogo in cui ha origine la frattura. Quello a cui noi abbiamo assistito è che in un volume che va da Amatrice fino a Pieve Torrina, circa 60 km in direzione dell’Appennino, ci sono stati tre terremoti forti ad aver fratturato porzioni della crosta di una lunghezza variabile tra 15 e 25 km: il terremoto di magnitudo 6.0 del 24 agosto, il terremoto del 26 ottobre di magnitudo 5.9 e quello di ieri di magnitudo 6.5. Questi hanno rotto tre porzioni diverse di un segmento di faglia, di un sistema di faglie, all’interno di una singola sequenza sismica. La sismicità è confinata in questo settore, settore all’interno del quale abbiamo assistito a una migrazione perché è il meccanismo con cui queste strutture sismogenetiche, queste faglie, interagiscono tra loro in un modo a noi non prevedibile, se non ricostruibile a posteriori.

D. – Quindi non si può dire se ci saranno altri movimenti, altre scosse?

R. - Sicuramente ci saranno altre scosse, questo ce lo dobbiamo aspettare, anche di magnitudo tale da poter generare panico e risentimento nella popolazione. Quando si assiste a sequenze sismiche costituite, formate, da scosse multiple di magnitudo alta e tra loro confrontabile, come in questo caso, è chiaro che la probabilità di avere magnitudo elevata rimane alta in questo volume. Ma, in ogni caso, ci saranno scosse e repliche per mesi e mesi in quanto questo volume focale è stato perturbato fortemente e ieri ha avuto un’ulteriore grossa perturbazione dal terremoto 6.5 che, in termini di energia, è 5 volte quello del 24 agosto e 8 volte quello del 26 ottobre.

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Vescovo di Norcia: tutte le chiese distrutte, sostenere speranza

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Oltre alle case e alle aziende, pesantemente danneggiati il patrimonio artistico e gli edifici di culto di Norcia. Alessandro Guarasci ha sentito il vescovo della cittadina, mons. Renato Boccardo: 

R. - Distrutta! Santa Maria, la Basilica di San Benedetto, la Chiesa della Madonna Addolorata, la Chiesa della Madonna delle Grazie, la Chiesa di Santa Rita: distrutte, completamente!

D. – Come Chiesa locale, come state intervenendo?

R. – Assicurando una presenza e una vicinanza. Qui il problema grave sono certo i muri crollati e i tetti che non ci sono più; ma il problema gravissimo è la gente: la gente che vive da due mesi in uno stato di continua preoccupazione e paura e quindi con uno stress psicologico notevole e che sta perdendo la speranza. Proprio in questo momento, stavo parlando con alcune persone che mi dicevano: “Ormai non vale la pena ricominciare. Abbiamo ricominciato già tante volte, ormai…” – “Io non ce la faccio più; io non ho più le forze!”. Per cui c’è anche questa tentazione dello scoraggiamento. Allora quello che noi cerchiamo di fare è anche quello di sostenere, di sostenere la speranza, di ascoltare gli sfoghi ed asciugare le lacrime.

D. – Da quello che lei ha visto, il patrimonio edilizio religioso e di culto potrà – in qualche modo – essere non dico ricostruito, ma tutelato per quello che è rimasto?

R. – Ho parlato con il presidente del Consiglio, che mi ha detto: “Ricostruiremo tutto! Case, chiese, edifici pubblici: ricostruiremo tutto!”. E’ il messaggio che io sto continuando a ripetere qui, a questa gente, sfidando anche la loro diffidenza e la loro incredulità, devo dire onestamente…

D. – Anche perché è difficile ricostruire dei patrimoni artistici del Medio Evo...

R. – Lei pensi che qui le nostre chiese sono del XII-XIII secolo… Dunque sono opere d’arte certamente, ma sono soprattutto opere della fede e la gente di queste zone trova in queste chiese la propria identità. Ho visto la gente più addolorata per le chiese che per la propria casa! 

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I terremotati: chiediamo aiuto a Dio e fatti concreti allo Stato

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La popolazione è stremata, ha paura, teme per la sua incolumità, ma non vuole perdere le terre in cui è nata, che sono state la culla per intere generazioni. Per una testimonianza diretta, Emanuela Campanile ha raggiunto telefonicamente ad Arquata del Tronto Fabio Cortellesi, membro della polizia di Stato di Arquata, volontario e lui stesso terremotato: 

R. – Noi stiamo vivendo un periodo drammatico. Le nostre notti sono iniziate due mesi fa e da allora non finiscono. Noi abbiamo tanta paura che la terra ci si apra sotto i piedi. Non abbiamo più paura delle mura che cadono, che ormai sono diventate polveri, ceneri. Noi non abbiamo più nulla nella nostra comunità di Arquata del Tronto. Noi abbiamo perso Pescara del Tronto, Capodacqua, Tufo, Arquata del Tronto, tutte le altre fazioni sono inesistenti. Non abbiamo più nulla, non abbiamo più neanche la forza di pregare. Noi chiediamo un supporto a Dio affinché protegga le nostre idee e speranze, i nostri sogni. Abbiamo trascorso la notte in macchina e nelle strutture alberghiere che hanno potuto ospitarci. Però, siamo finiti.

D. - Lei è terremotato e anche soccorritore, una doppia veste in un contesto sempre più drammatico …

R. – Sì, oltre che soccorritore e terremotato sono anche un padre di famiglia. Adesso, noi chiediamo aiuto adesso solamente a Dio che abbiamo come punto di riferimento e a nessun altro. In questo momento abbiamo bisogno, nella quotidianità e immediatamente, di un aiuto economico. Ripeto, immediatamente! Oggi! Non promesse di interventi per recuperare i nostri paesi e le nostre strutture. Abbiamo necessità oggi! C’è tanta gente che ha perso il materiale per poter lavorare, oltre che il lavoro. Noi siamo disperati. Le belle parole che sentiamo da parte di tutte le persone che ci stanno aiutando, le rispettiamo e le stimiamo, però non servono più, non bastano più solo le parole. Non bastano più. Noi siamo volenterosi, non stiamo perdendo la calma, non l’abbiamo persa due mesi fa e non la perdiamo nemmeno ora, però ci troviamo in difficoltà. Chiediamo aiuto, noi come tutti i  nostri amici  qui vicino, e siamo migliaia! Da noi è sparito tutto. io abitavo a Capodacqua, di Arquata del Tronto non c’è più nulla, nulla.

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Sisma, presidente Umbria: misure urgenti e interventi rapidi

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"In Umbria la situazione resta difficilissima. Siamo ancora impegnati nella massima emergenza per  continuare ad assistere oltre 5000 persone".  Lo ha detto la presidente  della Regione Umbria, Catiuscia Marini, che stamattina ha  tenuto un incontro operativo insieme al capo del Dipartimento della protezione civile Fabrizio  Curcio e il Commissario per la Ricostruzione Vasco Errani. Oggi pomeriggio la Marini è attesa al Consiglio dei ministri a Roma. Francesca Sabatinelli l’ha intervistata: 

R. – La situazione di maggiore problematicità ce l’abbiamo nei tre comuni di Norcia, Cascia e Preci, che sono quelli pesantemente colpiti, dove siamo in presenza di un numero di persone fuori dalle abitazioni molto elevato, e non paragonabile alle scosse precedenti, che ci configurano una situazione di assistenza radicalmente diversa: parliamo di quasi 5 mila persone e quindi di un numero elevato. Ci stiamo occupando da ieri dell’assistenza, un primo gruppo abbastanza consistente di cittadini del Comune di Norcia è andato verso le strutture ricettive alberghiere, che abbiamo messo a disposizione della Regione fuori dall’area sismica, e questa è la soluzione migliore! Contemporaneamente stiamo organizzando anche delle strutture più leggere di accoglienza per impedire che chi è rimasto a Norcia e nelle sue frazioni stia in macchina o all’aperto. Quindi oggi, d’intesa con l’ing. Curcio e con il commissario Errani, abbiamo concordato anche delle tensostrutture, delle tende collettive per dare un immediato riparo.

D. – Lei ha fatto un giro di questi luoghi, cosa ha visto? Che cosa le hanno detto le persone?

R. – Le persone sono anche in grande difficoltà psicologica, sono esasperate da due mesi di terremoto continuo e di scosse sismiche. Quindi, è comprensibile uno stato anche di frustrazione per quello che sono costretti a vivere. Io li continuo ad incontrare, anche quando li trovo in tensione, perché non si devono sentire in alcun modo soli! Ci stiamo occupando degli interventi di prima necessità, quindi i pasti, dove dormire e assistenza primaria. Contemporaneamente devono avere però la certezza che il lavoro che stiamo facendo è un lavoro finalizzato a riportare le persone nel territorio e quindi a ricostruire, a ristrutturare le nostre città, le nostre case e anche lo straordinario patrimonio artistico che è stato buttato completamente a terra.

D. – Questo è quello che lei dirà oggi pomeriggio al Consiglio dei ministri?

R. – Oggi io dirò anche di quelle che sono le misure urgenti, a mio avviso, e che ci devono anche aiutare ad essere più celeri. Io credo che dobbiamo trovare una strada, anche semplificata, per assistere immediatamente le persone e per ridurre il più possibile i tempi, ovviamente in legalità e trasparenza, ma dobbiamo far sì di essere immediatamente operativi e concreti, essendo consapevoli che non possiamo usare regole ordinare nella gestione di emergenze così straordinarie.

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Libano: Michel Aoun è stato eletto presidente

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Il leader cristiano Michel Aoun ha ottenuto il numero di voti necessari per essere eletto Presidente della repubblica del Libano al terzo scrutinio tenutosi stamane nel parlamento. In questo modo - riferisce l'agenzia AsiaNews - il Libano riesce ad avere un presidente dopo almeno 29 mesi di vuoto istituzionale.

L'elezione alla terza votazione
La prima votazione si è conclusa con 84 voti per Aoun contro 36 schede bianche e due annullate. Per l’elezione del Presidente al primo turno erano necessari 86 voti ovvero i due terzi a favore. Il secondo turno di votazione è stato invece annullato: il presidente del Parlamento ha notato irregolarità come un numero superiore di voti (128 schede) rispetto al numero dei presenti (127). La terza votazione è avvenuta con la chiamata ad uno ad uno dei deputati che si sono diretti a depositare la loro scheda mostrando che era una ed una sola, un fatto mai avvenuto prima nella storia del Libano ed Aoun ha ottenuto 83 voti a favore.

L'elezione di Aoun era sicura dopo gli accordi tra le fazioni libanesi
La vittoria dell’ex generale Aoun - maronita cristiano come vuole la Costituzione, originario del distretto di Jezzin nel sud del Libano - era annunciata dalla settimana scorsa ed i preparativi del suo partito Il Tayyar el Mustakbal “Corrente del Futuro” ha iniziato dalla mattina di oggi a distribuire dolci per le strade e a fare i preparativi per la festa nel centro di Beirut, alla Piazza dei Martiri, prevista per le ore 20 di stasera.

Aoun era stato Presidente pro tempore nel 1988
Il nuovo Presidente della Repubblica, il 13° nella storia recente del Paese dei Cedri, prende il potere in un Paese fragile e circondato da minacce di guerra regionale, internazionale e contro lo Stato Islamico. Il gen. Michel Aoun ritorna al Palazzo Presidenziale dopo 26 anni. Nel 1988 il Presidente libanese Amin Gemayel avendo terminato il suo mandato, lo ha nominato Presidente del Paese pro tempore, in qualità di Comandante supremo delle Forze Armate. È il periodo in cui Aoun cerca di combattere il predominio della Siria nel Paese. Nel 1990 egli fugge in Francia, mentre il Libano trova un po’ di pace con gli Accordi di Taif.

Il neo Presidente nominerà Saad Hariri come Primo ministro
Secondo accordi presi nei giorni scorsi, Aoun nominerà Saad Hariri come Primo ministro. Questi  fa il suo rientro dopo un esilio e dopo la perdita di popolarità e l'indebolimento del suo alleato saudita nella regione. Fonti da Beirut assicurano che Hariri comporrà il futuro governo verso la fine della settimana. (P.B.)

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Iraq. Qaraqosh: prima Messa nella cattedrale devastata dall'Is

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Lo spesso strato di fuliggine che copre i muri della chiesa non basta a nascondere la scritta “Stato islamico” dipinta a mano libera. Alcune piastrelle si sono sbriciolate sotto l’effetto del calore, i banchi sono stati rovesciati e parti del tetto sono crollate, ma la cattedrale dell’Immacolata Concezione svetta sempre con fierezza nel centro di Qaraqosh. Dopo oltre due anni di occupazione dei jihadisti del sedicente Stato islamico (Is) - riporta l'agenzia AsiaNews - per la prima volta risuonano degli inni sacri in aramaico nella più importante città cristiana dell’Iraq. 

La chiesa di Qaraqosh è un simbolo per i cristiani iracheni
Mons. Petros Mouché, arcivescovo siro-cattolico di Mosul, di Kirkuk e di tutto il Kurdistan, sottolinea che “questa chiesa è un simbolo per noi”. “Ve lo dico in modo chiaro - aggiunge - se non l’avessimo ritrovata come è ora, se fosse stata davvero distrutta, la gente di Qaraqosh non avrebbe voluto rientrare”. Accompagnato da quattro sacerdoti, l’arcivescovo è tornato a Qaraqosh ieri per la prima Messa dalla caduta della città e dalla fuga dei suoi abitanti. E nella sua predica ha fatto un riferimento diretto a coloro i quali hanno bruciato la città dove è nato 73 anni fa. 

Pulire la città dall'odio di cui sono stati vittime i cristiani iracheni
“Ci siamo riuniti qui oggi per pulire questa città da tutte le tracce dell'Is, dell’odio di cui tutti noi siamo stati vittime” ha aggiunto il prelato. “Non esistono grandi uomini e piccoli uomini, non vi sono re e schiavi. Questa mentalità deve scomparire” prosegue, posando gli occhi blu su ciascun elemento del suo pubblico formato da un manipolo di soldati delle milizie cristiane e di responsabili politici. Presto, il profumo dell’incenso si mescola con l’odore di cenere, mentre lo scricchiolio dei piedi sui pezzi di legno bruciato risuona nella navata. 

Qaraqosh porta le cicatrici dei feroci combattimenti
Brulicante di soldati ma svuotata dei suoi abitanti, la città liberata da circa una settimana porta le cicatrici di diversi giorni di feroci combattimenti. Auto carbonizzate fino alle lamiere riposano su cumuli di macerie, di fronte a facciate di case crivellate da colpi di proiettile e annerite dalle fiamme. Di tanto in tanto risuonano ancora alcuni spari e il rombo degli aerei della coalizione non è mai lontano. Per padre Majeed Hazem, larghe spalle avvolte in un lungo abito nero, sembra certo che questa prima Messa segna “un nuovo inizio e mostra al mondo la resistenza dei cristiani, malgrado le ingiustizie subite”.

L'androne della cattedrale utilizzato dall'Is come poligono di tiro
Sotto una delle arcate del cortile all’esterno della cattedrale, centinaia di cespugli ricoprono il terreno. All’altra estremità, manichini sfigurati si reggono a malapena in piedi: l’androne era utilizzato dai jihadisti come poligono di tiro. “Non rispettano nulla” brontola  Imad Michael che, a 71 anni, è entrato nei ranghi delle Unità di protezione della Piana di Ninive, una milizia cristiana che funge da avamposto di polizia nella città fantasma. “In verità, non sono musulmani ma sono degli infedeli” afferma Imad Michael sollevando il suo Kalashnikov verso il cielo. Quarant’anni in meno di lui, il giovane Michael Jelal, con la sua arma d’assalto sulla spalla e la fatica negli occhi, ora spera in un rapido ritorno degli abitanti. “Prima avevo molti amici - sottolinea con tristezza il 21enne miliziano - ma sono partiti tutti e si sono trasferiti all’estero”. 

La Chiesa vuole che i cristiani fuggiti all'estero tornino in città
“Molte organizzazioni umanitarie - aggiunge padre Michel, appoggiandosi su un palo della luce tutto storto - sono venute a trovarci e ci hanno proposto di trasferirci in Libano, in Australia o in Canada, ma ho rifiutato. Noi vogliamo che le nostre famiglie tornino qui, noi vogliamo anche che tornino pure quelli che sono partiti per l’estero”. Tuttavia, prima sarà necessario che le forze di sicurezza ripuliscano la città dalle mine antiuomo che l'Is ha disseminato per il terreno. Una vicina chiesa, dove sono stati ammucchiate pile di tubi metallici e di sacchi di nitrato di potassio, era usata come officina di produzione (degli ordigni rudimentali).  “Nel profondo del loro cuore, le persone desiderano rientrare ma vogliono prima di tutto che siano ricostruire le infrastrutture” spiega mons. Mouché, prima di riprendere la strada in direzione della città di Erbil, dove vive ancora oggi in esilio. “E prima di ricostruire le infrastrutture - aggiunge - la zona deve essere messa in sicurezza. Sappiamo benissimo che la città è disseminata di mine”. (R.P.)

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Chiese irachene: presto per parlare di futuro della Piana di Ninive

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Per la futura gestione politica e amministrativa della Piana di Ninive, appena liberata dal dominio dei jihadisti del sedicente Stato Islamico (Daesh), occorrerà trovare e realizzare modalità “accettabili” che siano conformi alle “disposizioni della Costituzione irachena”. Nel frattempo, i capi e gli alti rappresentanti delle Chiese cristiane autoctone sono persuasi che al momento tale questione non rappresenta la priorità da affrontare sul momento, “è meglio lasciare questo problema alla fase successiva alla liberazione al ritorno degli sfollati e al loro reinserimento” dopo aver bonificato città e villaggi dalle mine e aver ripristinato per l'uso le case e le infrastrutture. Solo allora si potrà discutere del futuro politico della Piana di Ninive attraverso un dialogo pacifico e sereno con le parti interessate”.

Ad Ankawa presenti i capi delle Chiese cristiane irachene
E' questo il messaggio chiave lanciato da patriarchi e vescovi delle Chiese autoctone presenti in Iraq, che si sono incontrati ieri, presso la sede del Patriarcato caldeo a Ankawa, sobborgo di Erbil, per fare il punto - riferisce l'agenzia Fides - sulle nuove prospettive che si apriranno nella regione quando anche Mosul verrà liberata dalle milizie di Daesh. All'incontro di Ankawa, tra gli altri, hanno preso parte il Patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, Mar Gewargis III Sliwa, Patriarca della Chiesa assira d'Oriente, e Nicodemus Daoud Matti Sharaf, metropolita siro ortodosso di Mosul.

Capi delle Chiese chiedono che la componente cristiana non sia discriminata
“I cristiani” si legge nel resoconto finale della riunione, pervenuto alla Fides, “sono una componente originale dell'Iraq”, hanno sempre dato un contributo prezioso di moderazione e apertura verso le altre componenti etnico-religiose della regione, e dopo le violenze e i crimini subiti da parte dei gruppi jihadisti, il loro apporto appare ancor più necessario per aiutare la riconciliazione e la convivenza pacifica. Per questo – sottolineano i capi delle Chiese – occorre che la componente cristiana sia liberata da ogni discriminazione, e i diritti dei cristiani siano tutelati come quelli di tutti gli altri iracheni, “con i fatti, e non con le parole”, in ottemperanza a quanto è scritto nella Costituzione.

Gratitudine per le forze militari coinvolte nella liberazione della Piana di Ninive
Nel documento diffuso alla fine dell'incontro, i patriarchi e i vescovi iracheni rendono omaggio grato a tutte le forze militari coinvolte nella liberazione della Piana di Ninive, comprese le unità di protezione popolare formate da cristiani. I capi delle Chiese cristiane riferiscono anche di aver concordato un prossimo incontro con parlamentari e leader di organizzazioni politiche cristiani. (G.V.)

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Vescovi Venezuela: appello ai politici per la ripresa del dialogo

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Il tavolo di dialogo tra il Presidente Nicolas Maduro e l’opposizione, che è però maggioranza in Parlamento, riunita nella Mesa de Unidad Democratica, ha preso il via ieri dopo giorni di incertezza a Caracas e non, come inizialmente previsto, nell’isola di Margarita. Al tavolo dell’opposizione – guidato dal segretario generale della Mud, Jesús Torrealba, mancava solo la rappresentanza del partito Voluntad Popular di Leopoldo López. L’inviato del Vaticano mons. Carlo Maria Celli - riferisce l'agenzia Sir - ha auspicato che nella trattativa prevalga “la cultura dell’incontro”.

Vescovi invitano al dialogo e al rispetto della costituzione
“Un appello urgente, tanto ai rappresentanti del Governo nazionale che alla Mesa de Unidad Democratica” era stato rivolto ieri dalla Conferenza episcopale del Venezuela (Cev) prima dell’inizio del dialogo. I vescovi – nel messaggio firmato dal primate del Venezuela, card. Jorge Urosa Savino, dall’attuale presidente della Cev, mons. Diego Rafael Padrón Sánchez, arcivescovo di Cumaná, oltre che dai due vicepresidenti e dal segretario generale della Cev – chiedono espressamente alle parti politiche “di essere coerenti con quanto richiesto al Santo Padre” (entrambi gli schieramenti hanno infatti più volte negli ultimi mesi caldeggiato un intervento del Vaticano per favorire la pacificazione nazionale) e a comprendere che solo il cammino del dialogo, unitamente al rispetto per la Costituzione e le leggi, e non il perenne scontro, possono permettere di trovare delle soluzioni ai tanti mali che si attanagliano”.

Invito della Chiesa ad ascoltare le richieste del popolo
La Conferenza episcopale venezuelana invita poi le forze politiche a “rispettare l’impegno assunto davanti al Paese di avviare il dialogo il 30 ottobre, con l’accompagnamento del rappresentante della Santa Sede inviato a tal proposito, al fine di evitare una spirale di violenza che procuri un’ancora maggiore sofferenza al nostro amato popolo” e di “valorizzare la preoccupazione e lo sforzo del Santo Padre Francesco, affinché attraverso un dialogo rispettoso si trovino modalità e si gettino ponti per la ricerca di soluzioni ai grandi mali dai quali il Paese è avvolto in questo momento”. Segue, ancora, un appello “ad ascoltare il popolo con le sue manifestazioni, speranze e richieste” e a “evitare appelli e azioni arrischiate che possano scatenare atti di violenza”.

Invito a tutti i credenti a pregare per la pace
​“Approfittiamo dell’occasione - ​concludono i vescovi venezuelani - per confermare il nostro ringraziamento e la nostra totale adesione al Santo Padre Francesco nei suoi sforzi in favore del popolo venezuelano e invitiamo tutti i credenti a unirsi a noi in preghiera affinché il Signori illumini le mente e i cuori degli attori politici”. (R.P.)

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Auxilium: Giornate di studio per rilanciare lavoro e competenze

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“Il lavoro tra ricerca di senso, nuove competenze e occupabilità”. Il titolo di tre giornate di studio, organizzate dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium di Roma. Iniziativa promossa in preparazione della 48.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che verrà  ospitata dal 26 al 29 ottobre del 2017 a Cagliari. Lo scopo è di aprire un dibattito – supportato da esperienze concrete – su uno dei gravi mali sociali che affligge il mondo e pesa sul futuro dei giovani: l’incertezza e l’insicurezza nell’accesso al lavoro, la perdita dell’occupazione, la precarietà del modello di sviluppo. Gli incontri avranno luogo di sabato - 5 novembre, 3 e 17 dicembre – dalle 9 alle 12.

Il lavoro umano, il suo valore, i suoi non luoghi. Quale futuro?
Ospiti del primo appuntamento il 5 novembre saranno Luigino Bruni, docente alla Lumsa e Antonio Diana, presidente di Erreplast, azienda di riciclo del casertano che trasforma le bottiglie in plastica, provenienti dalla raccolta differenziata, in nuova materia prima. Bruni e Diana dialogheranno sul senso del lavoro come vocazione ed espressione della dignità della persona.

Competenze e lavoro 
Secondo appuntamento il 3 dicembre con Maria Cinque, docente alla Lumsa, e Marica Franchi, collaboratrice al Progetto Bestr, piattaforma digitale per valorizzazione le competenze acquisite, sia in contesti formali che informali. Cinque e Franchi si confronteranno sulle competenze da sviluppare in un tempo in cui ‘il lavoro che non c’è’ spinge ad accettare nuove sfide e a liberarsi da condizionamenti e scoprire nuove potenzialità.

Guardare oltre la crisi, mettendo a frutto il genio femminile
Terzo appuntamento il 17 dicembre con Laura Zanfrini, direttore del Centro di ricerca Wwel, dell’Università Cattolica di Milano e Luciana Delle Donne, iniziatrice di “Officina Creativa”, cooperativa che opera in ambito sociale a favore delle donne. Zanfrini e Delle Donne valuteranno le difficoltà per le donne - negli attuali contesti di precarietà lavorativi - di trovare un’occupazione a causa di barriere sociali, culturali ed economiche e come rilanciare il ruolo femminile per ridare senso al lavoro e tempi e recuperare la qualità della vita. Per informazioni: www.pfse-auxilium. (A cura di Roberta Gisotti)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 305

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.