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Sommario del 05/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Parolin: Santa Madre Teresa, uno specchio dell’amore di Dio

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Santa Teresa di Calcutta è stato uno “specchio dell’amore di Dio”. E’ quanto affermato dal card. Pietro Parolin nella Messa di ringraziamento per la Canonizzazione di Madre Teresa celebrata stamani in Piazza San Pietro, alla presenza di migliaia di fedeli, tra cui spiccava la presenza delle Missionarie della Carità. Il Segretario di Stato Vaticano ha messo l’accento sull’esempio di servizio al prossimo di Madre Teresa che nei poveri e nei deboli, come i bambini non nati, scorgeva il volto di Cristo. Oggi pomeriggio dalle 16 alle 18, i fedeli potranno venerare le reliquie della nuova Santa nella Basilica di San Giovanni in Laterano.  Sulla Messa di stamani, il servizio di Alessandro Gisotti

La folla non è quella del giorno prima, ma il sentimento di gratitudine è lo stesso. In Piazza San Pietro si celebra la Messa di ringraziamento per la Canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. Le Missionarie della Carità arrivano in Piazza, applaudite spontaneamente dalla gente. Un grazie espresso in tanti modi per quella che il card. Pietro Parolin definisce un’ “eroica testimonianza di fede” che ha reso Madre Teresa un “nitido specchio dell’amore di Dio e un mirabile esempio di servizio al prossimo, specialmente alle persone più povere, derelitte, abbandonate”.

Madre Teresa vedeva nei poveri il Volto di Gesù
Qual è il segreto di Madre Teresa, si chiede il card. Parolin: l’incontro con Gesù, la “chiamata nella chiamata” che l’ha portata a mettere in pratica in modo radicale le parole del Signore: “Tutto quello che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”:

“Madre Teresa ha scoperto nei poveri il volto di Cristo ‘che si è fatto povero per noi per arricchirci con la sua povertà’ (cf. 2Cor. 8,9) ed ha risposto al suo amore senza misura con un amore senza misura per i poveri”.

Santa Teresa di Calcutta, ha soggiunto il Segretario di Stato Vaticano, è stato un segno di misericordia luminoso: “Rischiarava le tenebre di quanti non avevano più neppure le lacrime per piangere la loro povertà e sofferenza”.

Per Madre Teresa i bambini non nati erano "i più poveri tra i poveri"
Il card. Parolin ha rammentato poi la difesa instancabile e coraggiosa della vita nascente, di quei bambini non nati che, per lei, sono “i più poveri tra i poveri”:

"Ella, perciò, difese coraggiosamente la vita nascente, con quella franchezza di parola e linearità d'azione che è il segnale più luminoso della presenza dei Profeti e dei Santi".

“Ciascuno di loro infatti - è stata la sua riflessione - dipende, più di qualsiasi altro essere umano, dall’amore e dalle cure della madre e dalla protezione della società". Il concepito "non ha nulla di suo, ogni sua speranza e necessità è nelle mani di altri. Egli porta con sé un progetto di vita e di futuro e chiede di essere accolto e protetto perché possa diventare ciò che già è: uno di noi, che il Signore ha pensato fin dall’eternità per una grande missione da compiere, quella di “amare ed essere amato”, come Madre Teresa amava ripetere”.

In Madre Teresa, ha ripreso, si vedeva il “felice e inseparabile binomio tra esercizio eroico della carità e chiarezza nella proclamazione della verità”. Era tutto questo, ha ricordato, “frutto di un amore che fa male, che l’ha avvicinata alle sofferenze di Cristo. Madre Teresa ha risposto al grido di Cristo sulla Croce, “Ho sete”. Una sete che “ardeva in Madre Teresa, sua croce ed esaltazione, suo tormento e gloria”.

La luce di Madre Teresa continua a rischiarare il mondo
Il card. Parolin ha concluso la sua omelia ringraziando Madre Teresa per continuare ad essere una luce per l’umanità:

“Quando Madre Teresa passò da questa terra al Cielo, il 5 settembre 1997, per alcuni lunghi minuti Calcutta rimase completamente senza luce. Lei su questa terra era un segno trasparente che indicava il Cielo. Nel giorno della sua morte il Cielo volle offrire un sigillo alla sua vita e comunicarci che una nuova luce si era accesa sopra di noi. Ora, dopo il riconoscimento ‘ufficiale’ della sua santità, brilla ancora più vivida.  Che questa luce, che è la luce intramontabile del Vangelo, continui ad illuminare il nostro pellegrinaggio terreno e i sentieri di questo difficile mondo! Santa Teresa di Calcutta, prega per noi!”.

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Madre Teresa: "L'amore genera amore"

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“Instancabile operatrice di misericordia”. Con queste parole Papa Francesco ha condensato, proclamandola Santa, l’essenza della vita di Madre Teresa di Calcutta. Nel giorno in cui la Chiesa ne celebra la memoria, riascoltiamo dalla sua stessa voce esperienze e pensieri spirituali che condensano l’essenza della sua vita. Il servizio di Alessandro De Carolis

Babele non esiste di fronte a un gesto di carità. Madre Teresa l’aveva imparato sulla sua pelle e lo aveva insegnato a chiunque incontrasse. “Forse non parlo la loro lingua, ma posso sorridere”, ha ricordato Papa Francesco di una delle tante affermazioni della Santa dei più poveri. Un atto d’amore gratuito – e un sorriso è il più semplice e gratuito di tutti – e una vita annerita dalla disperazione può scoprire di avere ancora il colore di una speranza. Madre Teresa ne parla in esperienza vissuta molti anni fa:

“I visited a home, one of the best homes in England…
Sono andata a visitare una casa di riposo per anziani, una delle migliori in Inghilterra. Ci sono le nostre suore che lavorano lì. Non ho mai visto tante cose belle in una casa di riposo come ne ho viste in quella eppure, non c’era un sorriso, non uno, sul volto di quelle persone. Tutte quelle persone anziane, tutte guardavano verso la porta… Ho chiesto alla suora responsabile, ho detto: ‘Sorella, perché loro sono così? Perché non sorridono? Io sono così abituata a vedere sorrisi sul volto delle persone, perché sono convinta del fatto che il sorriso generi sorriso, allo stesso modo in cui l’amore genera amore…’. Mi rispose: ‘È così tutti i giorni: aspettano sempre che qualcuno venga a trovarli. La solitudine se li sta mangiando…”.

Per questo ha vissuto la Madre delle periferie e si è consumata perché non passasse un giorno, neanche il più riposante, senza che un invisibile “sociale” riacquistasse per mano sua e delle sue compagne un po’ di dignità. Un suo biografo, Saverio Gaeta, caporedattore di “Famiglia cristiana”, racconta questo aneddoto:

“Davanti a San Gregorio al Celio, una sera, dopo aver incontrato tante persone disse: ‘Allora, chi è che adesso viene con me per andare un po’ in giro a cercare i poveri e dar loro una mano?’ Tutti si defilarono. A un certo punto, un giornalista di un giornale di sinistra si offrì e un’altra persona molto benpensante disse: ‘Madre Teresa, no, non vada con quello… È un giornalista comunista!’. Allora, Madre Teresa disse: ‘Tu non sei venuto con me. Lui ha detto che viene con me. Io vado con lui’. Questo per dire che Madre Teresa non aveva paura di mettersi sotto braccio a qualcuno che la pensava diversamente da lei per poter andare in azione, a fare cose concrete”.

“Semmai diventerò una Santa – scrisse Madre Teresa nel 1962 – sarò di sicuro una Santa dell’oscurità. Sarò continuamente assente dal Paradiso per accendere la luce a coloro che sulla Terra vivono nell’oscurità’”. Questa luce è stata accesa in tanti la mantengono viva, passo dopo passo sulle orme della donna che ha preso la lettera del Vangelo per fare la rivoluzione della misericordia:

“Jesus came to give us the good news: that God loves us…
Gesù è venuto per portare la Buona Novella che Dio ci ama, e che dobbiamo amarci l’un l’altro come Lui ama noi (…) Dove ha inizio l’amore? Nella nostra famiglia. Come inizia? Pregando insieme. La famiglia che prega insieme, resta insieme. E se voi resterete insieme, vi amerete l’un l’altro come Gesù vi ama. Portate allora la preghiera, la gioia, l’amore e la pace nelle vostre famiglie. E così crescerete nella Santità. La Santità non è un lusso per pochi: è una bellezza semplice, perché Gesù ha detto: ‘Siate santi come il Padre mio che è nei Cieli’.

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Papa, intenzione di settembre: solidarietà in risposta alle crisi

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“Perché ciascuno contribuisca al bene comune e all’edificazione di una società che ponga al centro la persona umana”. E’ questa l’intenzione di preghiera di Papa Francesco per questo mese di settembre, affidata a un videomessaggio, pubblicato su Internet per consentirne la diffusione più ampia possibile.Trasmesso in lingua spagnola, il videomessaggio è sottotitolato in 8 lingue, tra cui arabo e cinese. Il servizio di Roberta Gisotti

“La centralità della persona umana” è fondamentale su ogni aspetto e problematica della vita e di ogni attività su questa Terra, ricorda Papa Francesco, di fronte ad un mondo tormentato nello spirito e nel corpo sociale:

“La humanidad vive una crisis que…”
"L'umanità – sottolinea – sta attraversando una crisi che non è solo economica e finanziaria... è anche ecologica, educativa, morale, umana”.

Non nasconde il Papa i rischi che sono insiti in questa situazione di smarrimento:

“Cuando hablamos de crisis, hablamos de peligros…"
"Quando si parla di crisi si parla di pericoli, ma anche di opportunità".

“Cuál es la oportunidad?...”

Dunque, si chiede Francesco: “qual è l'opportunità? : quella di essere solidali”.

Da qui l’invocazione a Dio:

“Vení...
“Vieni, aiutami...”.

“...Para que cada uno contribuya…
Perché tutti contribuiscano – la preghiera di Papa Francesco – al bene comune e alla costruzione di una società che ponga la persona umana al suo centro”.

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Francesco riceve il fondatore della Comunità Shalom

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Papa Francesco ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, l’arcivescovo Anselmo Guido Pecorari, nunzio apostolico in Bulgaria e Macedonia, l’arcivescovo Piero Poppo, nunzio apostolico in Camerun e Guinea Equatoriale e il fondatore e moderatore generale della “Comunidade Catolica Shalom”, Moysés Louro de Azevedo Filho.

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Papa, tweet: chi costruisce su Dio costruisce sulla roccia

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Chi costruisce su Dio costruisce sulla roccia, perché Lui è sempre fedele, anche se noi manchiamo di fedeltà”.

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Santa Croce: seminario su Comunicazione al tempo di Francesco

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Al via oggi il quinto seminario “The Church Up Close”, promosso dalla Pontificia Università Santa Croce. Il seminario, che si snoda durante tutta la settimana tra le aule dell’ateneo e il Vaticano, si sofferma sul tema della comunicazione ecclesiale al tempo di Papa Francesco. Quaranta i giornalisti partecipanti di 18 Paesi, di 5 continenti. Tante le personalità vaticane che intervengono dal card. Turkson al card. Pell, da mons. Camilleri a padre Geno Sylva, da mons. Ruiz a Greg Burke. Sul significato di questo evento, Alessandro Gisotti ha intervistato il docente di comunicazione della Santa Croce, prof. Daniel Arasa, membro del comitato organizzatore del Seminario: 

R. – Penso che l’obiettivo essenziale del corso sia quello di dare ai giornalisti la possibilità e anche gli strumenti per realizzare una copertura informativa di qualità sulla Chiesa cattolica. In tale quadro, penso che ci siano dei punti specifici che cerchiamo di offrire con questo corso. In primo luogo, un senso di quello che è la Chiesa, il Vaticano e il suo funzionamento. Poi, cerchiamo di offrire una conoscenza approfondita su alcuni temi rilevanti nell’ambito dell’informazione religiosa, come l’ecologia, i rapporti ecumenici, la bioetica ecc. Al tempo stesso, il corso si propone di facilitare la comprensione della complessità e insieme della bellezza della storia della realtà della Chiesa. Infine, penso che il corso offra una serie di contatti, risorse e fonti per la copertura giornalistica dei partecipanti.

D. – Alla Santa Croce studiate con attenzione tutto ciò che si muove dentro e attorno alla comunicazione: c’è qualcosa che avete visto che è cambiata negli ultimi anni proprio rispetto all’informazione religiosa?

R. – Certamente la figura del Papa è diventata centrale, adesso praticamente in tutta l’informazione: quasi tutti i mezzi informativi, i documentari ecc, fanno riferimento alle azioni, alla persona e alle parole del Papa. In questo ambito, particolarmente interessante è il convegno che si tiene a Roma, in cui, oltre alle sessioni teoriche, gli incontri e i workshop, si partecipa anche ad alcuni incontri con Papa Francesco. Questi ultimi permettono di avere anche un contatto diretto con questa personalità così importante nell’ambito informativo.

D. – L’evento della canonizzazione di Madre Teresa ha avuto una copertura di mass media a livello mondiale. Questo torna sempre quando ci sono grandi eventi legati alla Chiesa: pensiamo a una canonizzazione piuttosto che all’elezione del Papa. Questo che cosa vi dice? La Chiesa ha sempre un appeal anche comunicativo…

R. – Sì, senz’altro. Infatti al convegno abbiamo anche invitato, una volta avvenuta la canonizzazione, padre Sebastian Vazhakala, cofondatore con Madre Teresa degli Uomini Contemplativi Missionari della Carità, proprio per parlare della figura di questa Santa così importante nella Chiesa, e portatrice di un messaggio così attuale.

D. – Si può dire che ci sono alcune figure – pensiamo proprio a Madre Teresa – che danno un messaggio che vince anche rispetto a temi difficili?

R. – Sicuramente, anche per il fatto di proporre un livello di esigenza personale e collettivo così alto, così come sta facendo adesso Papa Francesco. Mi riferisco ad esempio al tema dei migranti e della loro accoglienza. Penso che questi siano dei messaggi e degli atteggiamenti che certamente richiamano l’attenzione e scuotono la società e l’opinione pubblica. E i media sono il canale per trasmettere questi messaggi.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Donna della misericordia: il Papa canonizza Madre Teresa di Calcutta. E la indica come modello di santità al mondo del volontariato

Vite donate: all’Angelus il ricordo di suor Isabel uccisa ad Haiti

Roberto Righetto: Davide di fronte a Golia. Per un bilancio della cultura cattolica in Italia

Giuseppe Fiorentino: Prêt-à-porter shakespeariano. Londra ricorda il grande incendio del 1666 e rende un nuovo singolare omaggio al drammaturgo

Emanuela Barbieri: Questione di veli. Trame di un indumento controverso in un libro di Giulia Galeotti

François Euvé: Il gioco della creazione. Protezione dell’ambiente naturale ed eredità biblica.

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Oggi in Primo Piano



Germania, regionali: destra di Afd sorpassa Cdu della Merkel

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In Germania, le elezioni nel land del Meclemburgo-Pomerania sono state vinte dai dal Partito socialdemocratico (Spd) con il 30,6% delle preferenze. Sorprendente il risultato della formazione di destra “Alternativa per la Germania” (Afd) che ha superato con il 20,8% dei voti il Partito cristiano-democratico (Cdu), guidato dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, e non andato oltre il 19% dei consensi. A pesare sull’esito del voto, i temi legati all’immigrazione. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Quella tenutasi nel Land del Meclemburgo-Pomerania, anche se in questa regione dell’ex Germania dell’est grande quanto la Lombardia vive solo il 2% della popolazione, non è stata un’elezione marginale. La consultazione in questo land, dove c'è il collegio elettorale della cancelliera tedesca Angela Merkel, si è rivelata infatti un test non confortante per i principali partiti tedeschi. Hanno vinto i socialdemocratici ma hanno subito un calo di oltre 5 punti rispetto alle elezioni del 2011. Per il partito cristiano-democratico guidato dalla Merkel è il peggior risultato elettorale da quando si vota in questo land dopo la caduta del Muro. In questa regione il partito populista “Alternativa per la Germania” diventa dunque il secondo partito. E nel dibattito politico all’indomani del voto l’elemento più significativo della consultazione è proprio il sorpasso di questa formazione di destra ai danni dei cristiano-democratici. I mezzi di informazione tedeschi sottolineano che a pesare sull’esito del voto non sono state questioni locali, ma la ferma opposizione del partito “Alternativa per la Germania” alla politica migratoria della cancelliera tedesca Angela Markel. 

Sull’esito del voto Giancarlo La Vella ha intervistato Luigi Geninazzi del quotidiano “Avvenire”: 

R. - È un voto dal significato soprattutto simbolico e mediatico, perché il land del Meclemburgo-Pomerania è sempre stato un po’ anomalo: si trova nella ex Ddr e lì i due partiti maggiori hanno sempre dovuto fare i conti con i movimenti che si collocano all’estrema sinistra o all’estrema destra. Il fattore principale è la marea montante di protesta legato al problema dei profughi: la politica della cancelliera Merkel è stata un po’ contradditoria. All’inizio ha aperto le porte a tutti, poi è stata ben contenta che i Paesi sulla rotta dalla Turchia alla Germania chiudessero via via i varchi addirittura con l’innalzamento di filo spinato e muri e sbarrassero la strada a questi disperati che provenivano dalla Siria e dai campi della Turchia, poi la riammissione ancora del principio dell’accoglienza… Insomma, tutto questo ha fatto sì che il partito Alternative für Deutschland prendesse molta forza.

D. - Questo risultato potrà avere delle ricadute sulla politica migratoria della Merkel e quindi poi conseguenze in Europa?

R. - Alla politica migratoria la Merkel ha già posto delle correzioni: una facilitazione delle espulsioni, regole più strette per l’integrazione… Manca ancora un anno alle elezioni in Germania: bisognerà vedere cosa succede nel Paese e fuori, l’effetto della Brexit, il voto che ci sarà fra un mese in Austria, quello ci sarà in Francia… Per ora lei tiene dritta la barra, anche se chi protesta è sempre più forte.

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G20 in Cina: no al protezionismo, sì alla crescita inclusiva

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Sostenere “il sistema commerciale multilaterale” opponendosi “al protezionismo”. Questo uno dei punti del documento finale del G20 di Hangzhou, nella Cina orientale, redatto sotto la presidenza di Pechino. Oltre a definire l’emergenza migranti come “una sfida mondiale” - il cui peso finanziario “deve essere diviso tra tutti i membri dell'organizzazione” - e a impegnarsi a ratificare “al più presto” l'accordo di Parigi sul clima, le principali potenze industriali ed emergenti del mondo si impegnano pure a “stimolare una crescita inclusiva, solida, sostenibile” assieme all'occupazione, accordandosi inoltre per un forum globale per combattere la sovrapproduzione industriale. Ma, è stato sottolineato, la crescita rimane debole. Ce ne parla Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo all’Università Statale di Milano e presidente della Global Call to Action Against Poverty (GCAP), intervistato da Giada Aquilino

R. – Il tema della crescita è stato inseguito un po’ come un mito in questo anni, dal 2008 in avanti, per poter rilanciare l’economia, ricuperare i fatturati delle imprese e conseguentemente anche l’occupazione. A me sembra però che questo mito della crescita sia stato un po’ declinato senza qualificarlo, cioè senza preoccuparci realmente di quali settori avrebbero potuto consentire da un lato un recupero dell’occupazione, là dove si era ridotta, e dall’altro quali interventi avrebbero potuto orientare l’economia in una direzione più verde, economicamente sostenibile. Mi sembra che ci sia un punto nel documento finale che è di notevole interesse: è quello dell’attenzione alla sovrapproduzione industriale.

D. – Su questo punto, come valutare l’intesa su un forum globale per combattere la sovrapproduzione industriale? Durante i lavori c’è stata una discussione con la Cina, a proposito della sovrapproduzione dell’acciaio: Pechino ha accettato un taglio dell'export...

R. – Gli attuali “modelli” di sviluppo non sono sostenibili perché non è possibile che i sette miliardi che siamo, domani probabilmente nove, consumino allo stesso ritmo in cui la parte ricca del pianeta sta consumando oggi. E non possiamo continuare a immaginare di inseguire il “mito” della crescita continuando a produrre, senza chiederci per chi produciamo e in che modo e quanto costi in termini ambientali questa produzione. Il problema però non è solo porre dei freni: il problema è capire anche quali sono le esigenze reali della parte meno favorita del pianeta e capire dove c’è una colossale inutilità nella produzione della parte ricca o destinata alla parte ricca del pianeta. Occorrono dunque riforme graduali e - qui sì, assolutamente - occorre un’intesa internazionale, occorre un esercizio di “governance”. Ben venga quindi un forum in tale direzione, perché questa è una delle sfide del futuro.

D. – Il peso finanziario dell’emergenza migranti dev’essere “diviso” tra tutti i membri dell’organizzazione, è stato detto. Di fatto, che aiuto può venire per esempio all’Europa?

R. – Di fatto, ogni volta che abbiamo costruito una formula tra Paesi che si parlano per coordinare le loro politiche economiche, poi abbiamo sempre dato un colore politico: questo è ciò che è successo al G7 e al G8. Il G8 ha sviluppato intorno a sé un processo politico estremamente elevato, con un’agenda sullo sviluppo, un’agenda sull’ambiente, un’agenda sull’agricoltura e su moltissimi altri temi. Il G20 finora non l’aveva ancora fatto. E’ ovvio che, di fronte alle dimensioni dell’economia mondiale, il G20 assuma un ruolo più rilevante di quello del G8. Sembrava quasi dimenticato, il G8, con la crisi finanziaria. Poi, con la crisi ucraina e il deterioramento delle relazioni con la Russia, il G7 è tornato ad avere un ruolo e l’anno prossimo avremo il G7 in Italia. Io credo che in questo momento non siano ancora maturi i tempi perché accordi intorno al G20 possano avere reale rilevanza politica, per cui francamente temo che questa discussione sulla migrazione, sui costi dell’accoglienza ai migranti rimanga una discussione ancora teorica.

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Ad Abuja Conferenza Caritas contro la tratta, schiavitù moderna

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Promuovere la cooperazione tra organizzazioni religiose internazionali, forze dell’ordine e Ong per contrastare il fenomeno della tratta di esseri umani in Africa. E’ questo l’obiettivo della Conferenza internazionale sulla tratta di persone in Africa e provenienti dall’Africa, apertasi oggi ad Abuja – in Nigeria - e organizzata dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti insieme con Caritas Internationalis. Il servizio di Amedeo Lomonaco: 

Adulti e bambini in fuga da conflitti, povertà e persecuzioni che affliggono l’Africa. E’ questo il vulnerabile e spesso indifeso popolo composto da migliaia di persone, spinte dalla disperazione e dalla speranza di un futuro migliore, che rischiano di diventare vittime dei trafficanti. Per individuare, tra l’altro, strategie di prevenzione contro il dramma della tratta di esseri umani si è aperta stamani ad Abujia, in Nigeria, la Conferenza internazionale incentrata sul tema “Una sola famiglia umana, una sola voce: no alla tratta”. L’iniziativa ha anche lo scopo di condividere esperienze di organizzazioni e di realtà impegnate in azioni di contrasto contro la tratta di esseri umani. Si vuole inoltre offrire aiuto alle vittime sostenendo anche l’attuazione delle convenzioni e delle legislazioni anti tratta. Dalla Conferenza di Abuja si leva una sola voce contro la tratta, un coro di speranza che coinvolge tutti coloro che sono impegnati nell’arginare e prevenire questa piaga.

Sul dramma della tratta di persone in Africa, al centro della Conferenza internazionale apertasi oggi ad Abuja, Linda Bordoni ha intervistato padre Pierre Cibambo, assistente ecclesiastico di Caritas Internationalis e responsabile per il settore Africa: 

R. - This is an important issue. Caritas Internationalis and the Pontifical Council of pastoral care for migrants …
Questo è un argomento importante. La Caritas Internazionalis e il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sono insieme gli organizzatori di questa Conferenza internazionale, ospitata da Caritas Nigeria. Vogliamo risvegliare la consapevolezza e dare speranza alle persone prigioniere di questa tragedia di schiavitù moderna. Noi vogliamo dare il nostro contributo alla lotta al traffico di persone umane ed è bene, per questo, averlo organizzato in Nigeria: questo è un Paese in cui tale fenomeno rappresenta un problema reale. Ma devo dire che non solo la Nigeria, ma tutta l’Africa è coinvolta. La nostra intenzione era quella di riunire persone in grado di prendere iniziative che vengano da Chiese, organizzazioni religiose, capi e funzionari impegnati nella lotta al traffico delle persone umane nell’intero Continente africano. Sicuramente la Nigeria – ripeto - è un Paese colpito da questo fenomeno, attualmente, è diffuso nella maggior parte dei Paesi africani.

D. – In che modo le organizzazioni religiose possono contribuire a risvegliare la consapevolezza e favorire la ricerca di soluzioni?

R. – It is all about coming together, analyzing, sharing, engaging together, mobilizing resources …
Lo scopo è riunirsi, analizzare il fenomeno, condividere, impegnarsi tutti, mobilitare risorse per lottare contro questa che Papa Francesco ha definito una “schiavitù moderna”.

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I terremotati di Lazio e Marche non vogliono lasciare la propria terra

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L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha reso noto che dall’inizio del terremoto di magnitudo 6.0 delle 3.36 del 24 agosto scorso che colpito il centro Italia, ha localizzato complessivamente oltre 5mila scosse sismiche. Uno sciame avvertito ogni giorno dalle 4.700 persone assistite e ospitate nelle strutture adatte e nelle tendopoli allestite dalla Protezione civile. Nelle Marche in particolare, le autorità vogliono far uscire a breve gli oltre 1.000 terremotati dalle tende e trovare soluzioni abitative compatibili con l’inverno ma soprattutto gli anziani, vogliono rimanere vicino alle proprie case. Purtroppo il freddo è in arrivo e già oggi è previsto un peggioramento meteo con temporali, vento e possibili smottamenti. Il Commissari Errani ha promesso i prefabbricati entro aprile. Roberto Piermarini si è recato in una delle tre tendopoli di Arquata del Tronto, quella di Pretare ed ha intervistato il parroco, di tre delle frazioni più colpite, don Francesco Armandi: 

D. – Don Francesco, tu visiti ogni giorno i tuoi parrocchiani che vivono nelle tendopoli: che cosa ti chiedono?

R. – Chiedono di rimanere vicino alle loro case, anche se momentaneamente si trovano nelle tende. Chiedono che i campi prefabbricati siano allestiti vicino ai loro paesi, cosicché possano rimanere almeno in contatto visivo con le loro case, i loro affetti e i loro ricordi.

D. – Qual è il loro stato d’animo?

R. – Dipende dai paesi: in alcuni un po’ meglio, in altri peggio. A Pretare, dove sono rimasti tutti insieme – tutti della stessa frazione – lo stato d’animo è migliore rispetto a Pescara del Tronto, dove purtroppo non c’è neanche una famiglia che non abbia avuto un lutto. A Capodacqua, dove sono stati tutti allontanati per mancanza di spazio, le persone sono un po’ abbattute. Questo è un po’ in generale lo stato d’animo delle persone; in ogni caso tutte, indistintamente, chiedono di rimanere nei loro paesi, e che questi ultimi vengano ricostruiti. A Pescara infatti, dopo tutti i morti che ci sono stati, pensavo che gli abitanti non avessero più la volontà di ricostruire il paese; e invece si è già costituito un comitato, che si è già riunito proprio con l’obiettivo di premere per la ricostruzione del paese.

D. – A Pescara del Tronto, dove sei parroco, hai perso molti parrocchiani: che cosa ricordi di loro?

R. – Li ricordo tutti. Con alcuni di loro, la sera prima avevamo festeggiato il compleanno ed eravamo tutti in piazza al rinfresco per stare vicino a loro. Cinque giorni prima, una coppia originaria di Pescara aveva festeggiato il 25.mo di matrimonio: e anche in quell’occasione ci eravamo ritrovati tutti insieme in piazza per partecipare al rinfresco. Di questa coppia, ad esempio, si è salvata solo la moglie e un figlio, mentre l’altro figlio, il marito e i genitori sono morti. Lo stato d’animo è quindi facilmente intuibile…

D. – Anche nella frazione di Capodacqua ci sono stati ingenti danni, anche dal punto di vista artistico…

R. – Sì, molti. C’è ancora una chiesa molto famosa, ottagonale, con dipinti di Cola di Amatrice, che ora è in pericolo di crollo; e purtroppo non riusciamo ancora ad intervenire dato il pericolo che tuttora incombe. Certamente però sarebbe un peccato, perché queste chiese, antiche di secoli, non sono solo un monumento all’arte, ma – secondo me – sono un monumento alla fede, perché le hanno costruite gli abitanti del paese, i nostri paesani, “togliendosi il pane dalla bocca”.

D. – Qual è la situazione invece nelle altre chiese delle due parrocchie dove sei parroco?

R. – La situazione delle chiese purtroppo è grave, perché sono tutte inagibili, anche quelle che non sono crollate. E tanto è vero che al campo di Pretare abbiamo allestito una tenda dedicata alla chiesa.

D. – Oggi come si svolge la tua attività pastorale? Devi girare per i vari campi?

R. – Io dico la Messa nella tendopoli di Pretare. Però, dato che i miei parrocchiani di Capodacqua e di Pescara del Tronto sono sparsi nei campi di Borgo d’Arquata e Pescara, almeno una volta al giorno vado in uno dei campi a trovarli e a parlare con loro.

D. – C’è attesa per la visita del Papa qui?

R. – Certo! Tutti mi domandano: “Ma verrà per davvero? E se viene, quando?” Perché tra i fedeli il Papa è molto amato e stimato. E tutti – veramente – lo aspettano con affetto e attendono da lui una parola di conforto: che forse è l’unica sincera.

D. – Don Francesco, cosa ti fa più paura una volta che i riflettori si spegneranno?

R. – La solitudine, perché sicuramente il rischio è che questa gente sia abbandonata a sé stessa. E il pericolo mi pare sia abbastanza imminente: già rispetto al primo giorno, oggi c’è una differenza di afflusso di mezzi e personale. Anche perché è diminuita la presenza delle televisioni e delle radio che fanno interviste: molti erano qui solo per quello.

D. – Che cosa ti ha lasciato questo terremoto?

R. – Mi ha lasciato una sensazione di grande sconforto, ma al tempo stesso mi ha dato una speranza. Perché ho visto che in tante persone le disgrazie tirano fuori il meglio del loro animo.

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Cinema: "Jesus - VR", la storia di Cristo emoziona in virtuale

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Sono stati presentati alla Mostra del Cinema di Venezia sei episodi tratti dal film "Jesus VR - The Story of Christ", diretto da David Hansen: un'esperienza emozionante di partecipazione visiva, grazie alla realtà virtuale, che immerge per la prima volta lo spettatore nei luoghi e nei momenti più famosi della narrazione evangelica. Il servizio di Luca Pellegrini

Puoi quasi unirti ai Magi nel loro cammino, accarezzare il bue nella grotta, cogliere lo sguardo d'amore di Maria che guarda il bambino, essere con Giovanni nel Giordano mentre battezza Gesù, e vivere l'ultima cena con i discepoli, mentre Lui lava loro i piedi e spezza il pane. Poi Giuda fugge dal Cenacolo ed eccolo nel Getsemani tradire con un bacio. E ancora, la Via Crucis vissuta a fianco del Messia condotto al Golgota e, impressionante, la Crocifissione con le pie donne e la Madre lì vicino, i centurioni e gli scribi. David Hansen è entusiasta di essere il primo a sfruttare la realtà virtuale per raccontare, con una immersione totale a 360°, il Vangelo. Quaranta minuti di proiezione, indossando l'apposita maschera, sono stati sufficienti per vivere un'esperienza emozionante davvero. Il film completo, un'ora e mezza di durata, uscirà a Natale, si potrà scaricare dal web, memorizzare sul cellulare e vedere con un paio di semplici occhialini di cartone o strumenti più sofisticati. "Sono cresciuto cattolico – ha dichiarato il regista – ho passato molto del mio tempo, da bambino, a leggere la Bibbia immaginandomi che cosa sarebbe stato essere lì, insieme a Gesù, quando compie un miracolo o predica la Sua parola". Così, quando David ha iniziato a conoscere la realtà virtuale e ciò che quell'esperienza avrebbe potuto offrire allo spettatore, ha subito capito che il primo film con questa tecnologia doveva essere proprio questo, "La storia di Cristo". Produttore esecutivo è Enzo Sisti. Che ricorda così gli inizi del progetto:

R. – Lo abbiamo preso come esperimento. Poi, invece l’atmosfera sul set è stata bella: c’era molta tranquillità. Ed è venuta una cosa bella: ho cominciato a vedere i risultati e sono stato coinvolto in una maniera ancora più importante.

D. – Rispetto a tutti i film su Gesù, di cui è costellata la storia del cinema, questo che cosa aggiunge?

R. – Questo aggiunge la possibilità di entrare dentro la storia, dal punto di vista del racconto: è esattamente tratto dai Vangeli, raccontato bene, coinvolgente. E poi una cosa nuova, che non c’è mai stata in nessun film, è il punto di vista di Gesù Cristo dalla Croce, quello finale.

D. – Questo è un materiale che naturalmente può essere anche utilizzato…

R. – Sì, per far conoscere la Parola di Gesù nel mondo. È più facile: è un mezzo di diffusione incredibile. E la gente, nei posti più lontani, si trova immersa nella storia. Per me questa è una cosa importantissima.

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Nella Chiesa e nel mondo



Summit Chiese su futuro dei cristiani in Medio Oriente

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Si apre domani, ad Amman, la XI Assemblea generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, che vede la partecipazione dei Capi e dei rappresentanti di tutte le compagini ecclesiali presenti nell'area mediorientale. All'incontro, che vede come Chiesa ospitante il Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme, prendono parte tra gli altri il Patriarca greco ortodosso di Antiochia, Yohanna X; il Patriarca caldeo, Louis Raphael I; il Patriarca latino emerito di Gerusalemme, Fouad Twal: il Patriarca siro cattolico, Ignace Youssif III; il Patriarca greco melkita, Gregoire III, e il Patriarca copto ortodosso, Tawadros II.

Tra i temi: il dialogo e la convivenza con le comunità islamiche
Gli incontri e i colloqui tra i Capi delle Chiese e delle comunità religiose - riporta l'agenzia Fides - si concentreranno sulla condizione dei cristiani mediorientali nella travagliata fase storica attraversata dalla regione, e prenderannno in esame anche la necessità di favorire il dialogo e la convivenza con le comunità islamiche maggioritarie, e le iniziative di soccorso ai rifugiati e alle vittime delle guerre messe in atto dalle comunità ecclesiali. Si valuteranno anche le iniziative da prendere per sollecitare la Comunità internazionale e le potenze globali e regionali a favorire la fine dei conflitti in Siria e Iraq il più presto possibile.

La Giordania un modello di “coesistenza armoniosa” tra cristiani e musulmani
Ospitando il summit ecclesiale di alto livello, il Regno Hascemita di Giordania rivendica anche il suo ruolo di custode dei Luoghi Santi cristiani, e attesta di nuovo la propria sollecitudine a riconoscere la presenza cristiana come elemento autoctono indispensabile e ineliminabile del mosaico di popoli e comunità religiose che convivono in Medio Oriente. Domenica 4 settembre Re Abdallah II, ricevendo il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, ha voluto ribadire che la Giordania rappresenta un modello di “coesistenza armoniosa” tra cristiani e musulmani.

La visita in Giordania del Patriarca copto ortodosso Tawadros
Durante il suo primo giorno in Giordania, Papa Tawadros ha inaugurato a Madaba il monastero copto ortodosso di Sant'Antonio – la cui prima pietra era stata posta dal suo predecessore Shenuda III nel 2005 – e si è recato in visita al Monte Nebo, da dove Mosè ebbe la visione della Terra Promessa destinata da Dio al Popolo Eletto.

Un Consiglio per superare i contrasti di matrice confessionale
Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, fondato nel 1974 a Nicosia e attualmente con sede a Beirut, ha lo scopo di facilitare la convergenza delle comunità cristiane mediorientali su temi di comune interesse e favorire il superamento di contrasti di matrice confessionale. (G.V.)

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Il conflitto siriano tra i temi del G20

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Nel corso della riunione del G20, che si sta svolgendo in questi giorni a Hangzhou, in Cina, fervono i contatti bilaterali tra Stati Uniti, Russia e Turchia in merito al conflitto in Siria. Divergenze separano gli americani e i russi, secondo la Cnn che cita una fonte statunitense, tant’è che i ministri degli esteri John Kerry e Serghei Lavrov non hanno raggiunto un’intesa. Migliore la situazione tra Stati Uniti e Turchia: nella giornata di ieri il Presidente Obama ha parlato di un sostanziale accordo con il suo omologo turco Erdogan sul perseguire una transizione politica pacifica in Siria. Rimane, però, la forte ostilità di Ankara al ruolo che i curdi, alleati degli americani, hanno assunto nel corso del conflitto.

L’Isis cacciato dal confine tra Turchia e Siria
Il premier turco Binali Yildirim ha confermato che i ribelli siriani appoggiati da Ankara hanno messo in sicurezza 91 km di confine con la Turchia mettendo in fuga le milizie dell’Isis. L’Isis ora non controlla più alcun territorio alla frontiera, attraverso la quale passavano ingenti quantità di armamenti, denaro e combattenti destinati al sedicente Stato Islamico. Nel corso dell’operazione “Scudo dell’Eufrate”, iniziata il 24 agosto, l’esercito di Ankara e i ribelli alleati hanno strappato 600 chilometri quadrati di territorio alle milizie dell’Isis e a quelle a maggioranza curda.

Cinque attentati nelle aree governative
Serie di attentati nelle aree lealiste del Paese. La tv panaraba al Arabiya riferisce dell’esplosione di autobombe e di attentati kamikaze: due a Tartus, sulla costa, uno vicino a Homs, nel centro del Paese e uno a Sabbura, tra la capitale Damasco e il confine con il Libano. Un’altra esplosione si sarebbe verificata a Hasake, nel nord-est. Al momento si registrano 38 morti, di cui 4 soldati governativi e decine di feriti. (A.W.)

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Vescovi Usa: appello per dignità umana e tutela della famiglia

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Dignità per ogni essere umano e sacralità del lavoro dato da di Dio: questi i due assi portanti del messaggio dei vescovi degli Stati Uniti per il “Labour Day”, la Giornata del lavoro che ricorre oggi, 5 settembre. Nel documento, a firma di mons. Thomas Wenski, arcivescovo di Miami e presidente del Comitato episcopale per la giustizia e lo sviluppo umano, i presuli sottolineano “i tempi difficili” che vive oggi l’umanità e “la parola di speranza” offerta dalla Chiesa per “sostituire la disperazione e l’isolamento con la vera solidarietà”.

Crisi della famiglia, piegata dalle pressioni economiche
Tanti i segnali drammatici visibili nell’epoca contemporanea, spiegano i vescovi: salari bloccati, milioni di famiglie che vivono in povertà, bambini costretti all’indigenza, industrie che abbandonano le città, lavoro in calo nel settore privato. A tutto questo va aggiunta “la crisi della famiglia, piegata dal peso delle pressioni economiche e dei relativi problemi culturali”, come ad esempio la mancanza di accesso all’istruzione superiore, il divorzio, la tossicodipendenza. Si tratta di problematiche che i vescovi Usa non trascurano: “La Chiesa piange con tutte queste famiglie, con tutti questi bambini il cui mondo viene infranto”, si legge nel messaggio.

Lavoro dignitoso, chiave essenziale per costruire la società  
Guardando, poi, al contesto politico, i presuli richiamano l’importanza dell’unità, notando con rammarico come “sembrino aumentare gli sforzi per dividere” la società, invece di puntare “sul dialogo e sulle soluzioni costruttive”, in vista del “bene comune”. “Per un cambiamento dinamico – sottolineano i presuli – dobbiamo sostituire la paura con una visione più ampia, supportata fortemente dalla fede”. Di qui, il richiamo ad un “lavoro dignitoso”, che – come diceva San Giovanni Paolo II – diventa “chiave essenziale per comprendere le nostre relazioni sociali, strumento vitale per la formazione della famiglia e la costruzione delle comunità, secondo la dignità donataci da Dio”.

Guardare ai principi di solidarietà e sussidiarietà
Per questo, i vescovi statunitensi esortano a “fare affidamento ai principi della solidarietà e della sussidiarietà” per “ricostruire le comunità su basi più solide”. “Tutti noi abbiamo la responsabilità di prenderci cura gli uni degli altri, in particolare dei poveri e vulnerabili” si legge ancora nel messaggio che invita soprattutto i cristiani ad impegnarsi nell’aiuto a chi è in difficoltà. Aiuto “che può essere cibo, denaro, amicizia, sostegno spirituale o altre forme di amore e di gentilezza”. Ai datori di lavoro, in particolare, i presuli chiedono di “rispettare la dignità dei dipendenti attraverso un giusto salario e condizioni lavorative che consentano una vita familiare sicura”.

Impegno per il bene comune, forma eminente di carità
Ricordando, quindi, quanto scritto da Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, i vescovi statunitensi ribadiscono che “l’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici”.

Economia e politica siano al servizio della persona umana
​Un appello viene rivolto anche ai sindacati ed alle associazioni dei lavoratori che “rimangano una parte essenziale dello sforzo” compiuto insieme “alle persone di fede e di buona volontà” per sostenere “posti di lavoro e salari che forniscano una vita dignitosa alle singole persone ed alle loro famiglie”. Il messaggio si conclude con un rinnovato “senso di speranza e di cambiamento duraturo”, affinché “i sistemi economici e politici siano al servizio della persona umana”. “C’è molto da fare! Andiamo avanti”, concludono i vescovi degli Stati Uniti. (A cura di Isabella Piro)

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Colombia: la Settimana per la Pace a Cali

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Nell’ambito della Settimana per la Pace, che si svolgerà nella città colombiana di Cali tra il 4 e l’11 settembre, l'arcidiocesi di Cali, guidata dal suo arcivescovo, mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía, ha preparato importanti eventi. L’agenzia Fides segnala quello del 6 settembre sul tema: ”Dai dialoghi agli accordi di riconciliazione”. Questo incontro si collega all’accordo di pace recentemente firmato dal governo colombiano e dai ribelli marxisti delle Farc e all’imminente referendum popolare per ratificarlo.

Le tematiche affrontate
Nel corso dell’evento si affronteranno i temi delle scelte consapevoli da assumere circa il referendum, delle sfide e delle opportunità per la cittadinanza colombiana che derivano dal processo di pace. Nel corso dell’incontro-dialogo sarà presentata l’esperienza della Chiesa nella costruzione della pace e l’importanza della riconciliazione in quest’ottica. Il principale invitato è mons. Luis Augusto Castro Quiroga, arcivescovo de Tunja e presidente della Conferenza episcopale della Colombia.(A.W.)

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Cile: più di 100mila in piazza in difesa della vita

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Più di 100mila persone hanno manifestato per la vita sabato scorso a Santiago del Cile, su iniziativa dell’arcidiocesi, in collaborazione con i rappresentanti di diverse Chiese e Comunità cristiane: in modo pacifico e gioioso, i partecipanti hanno ringraziato per il dono della vita, dal concepimento e fino alla morte naturale, dando un messaggio forte al Parlamento cileno che in questi mesi sta discutendo della legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, in alcune situazioni. Durante la manifestazione - riferisce l'agenzia Sir - si sono alternati momenti musicali e intense testimonianze di coppie, madri e figli che si sono trovate a difendere la vita umana in momenti particolarmente difficili della propria esistenza.

Dichiarazione comune pro vita dei Capi delle Chiese cristiane
Il card. Ricardo Ezzati, arcivescovo di Santiago, ha firmato una dichiarazione, assieme ai rappresentanti di altre Chiese e Comunità cristiane (tra cui Anglicani e Pentecostali), nella quale si ribadisce “l’irrinunciabile rispetto a tutta la vita umana dal concepimento fino alla morte naturale”. Inoltre si conferma l’impegno a “generare una cultura della vita”. Al momento della benedizione il cardinale ha ringraziato tutti i presenti: “Oggi vogliamo gridare forte, molto forte, la nostra convinzione: sì alla vita, regalo prezioso di Dio e inestimabile patrimonio del nostro Paese”. (R.P.)

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Messico: preghiera collettiva per la famiglia e i migranti

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L’agenzia Fides riferisce che circa 18 mila persone hanno partecipato sabato sera 3 settembre, a Ciudad Juarez, alla Messa presieduta da mons. Jose Guadalupe Torres Campos, vescovo di Ciudad Juarez. Il tema della celebrazione era quello della difesa di famiglia e migranti.

L’invito a proteggere la famiglia
Il vescovo ha esortato, durante l’omelia, ad ascoltare la voce di Dio che continua a parlarci durante l’Eucaristia. L’esempio da seguire è quello di Giuseppe, che, ascoltando la voce di Dio, tutela e protegge la sua famiglia, portandola in Egitto e allontanandola dal nemico. Sullo stesso altare, costruito per la visita di Papa Francesco in Messico, hanno concelebrato il Segretario della Conferenza episcopale messicana e alcuni vescovi di Messico e Stati Uniti.

Il tema dei migranti
 La Messa è stata anche l’occasione per affrontare il tema dei migranti: è stata la celebrazione finale della “Marcia per le famiglie”, organizzata pensando alle tante famiglie divise dal confine tra Stati Uniti e Messico e nel programma degli eventi per l’Anno della Misericordia. (A.W)

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Sud Sudan: appello leader religiosi per rafforzare Forza di pace Onu

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I leader religiosi cristiani del Sud Sudan, nel corso di un incontro con alcuni ambasciatori del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno chiesto il dispiegamento di una forza di interposizione a Juba. I rappresentanti dei 15 Paesi del Consiglio di sicurezza si trovano in Sud Sudan per tentare di persuadere il presidente Salvia Kiir ad accettare il dispiegamento di un contingente regionale, minacciando sanzioni in caso contrario. 

Gli Usa chiedono altri 4mila peacekeepers africani
Per l’ambasciatore Usa presso l’Onu servirebbero almeno altri 4mila peacekeepers africani, cosa che il governo sud-sudanese rifiuta in quanto lo considera una minaccia alla propria sovranità. Negli ultimi mesi Juba è stato teatro di nuove violenze tra le truppe fedeli a Kiir e l’ex capo ribelle Riek Machar, violenze che hanno messo in pericolo i fragili accordi di pace firmati nel 2015 per mettere fine a una devastante guerra civile durata 18 mesi e che ha provocato decine di migliaia di morti. 

La Chiesa chiede un'immediata Forza di interposizione Onu
Per il vescovo cattolico mons. Paulino Lukudu Loro la Forza di interposizione delle Nazioni Unite deve essere realizzata immediatamente, una posizione condivisa dall’arcivescovo anglicano Daniel Deng Bul. Anche il nunzio apostolico per il Kenya e il Sud Sudan, mons. Charles Daniel Balvo. ha espresso tutta la propria preoccupazione per la grave situazione di violenza parlando in esclusiva all’emittente radiofonica con sede in Juba, Radio Bakhita, alla quale ha dichiarato che alla ricerca della pace promossa dalla Chiesa del Paese, va il sostegno e la solidarietà della Santa Sede. (A cura di Stefano Leszczynski)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 249

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.