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Sommario del 06/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa riceve Mariella Enoc: Bambino Gesù sempre più opera di carità

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Papa Francesco ha ricevuto stamani a Casa Santa Marta la dott.ssa Mariella Enoc, presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Successivamente si è recata al Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano al quale l’Ospedale ha donato un ecografo. Al microfono di Alessandro Gisotti, la dott.ssa Mariella Enoc si sofferma sul suo primo incontro con il Pontefice: 

R. – Un clima di grande familiarità. Mi sono sentita subito a mio agio, per cui immediatamente il dialogo è stato molto semplice, molto vero. Il Papa mi ha ascoltata moltissimo con quella capacità di ascolto che il Papa ha guardandoti negli occhi, cercando la persona. Quindi diventa sempre più facile comunicare con lui, perché è un ascolto empatico, di persona, non solo di parole. Mi ha molto incoraggiata nel mio lavoro all’ospedale: ho veramente il suo sostegno e quello del Segretario di Stato. L’ospedale deve andare avanti, deve essere una grande opera di carità. Gli ho parlato anche del progetto dell’Africa, dell'ospedale pediatrico di Bangui, al quale si è molto interessato perché ha veramente l’Africa nel cuore.

D. – Può soffermarsi un po’ su qual è lo stato dell’attuazione di questo impegno che tra l’altro vede anche il contributo economico della Gendarmeria Vaticana? Che cosa ha potuto dire al Papa su questo progetto?

R. – Il Papa mi ha promesso un suo aiuto personale, aiuto economico, e questo è anche molto importante! Io ho raccontato al Papa del progetto; sapeva che ero stata a Bangui. Gli ho raccontato che noi stiamo "adottando" questo ospedale con la formazione dei medici, con la scuola di specializzazione in pediatria, con la costruzione dei padiglioni che sono nelle tende. Poi gli ho anche detto che attraverso l'aiuto della Fondazione Cariplo e altri enti siamo riusciti a togliere  i profughi dal Seminario Maggiore, per fare in modo che questo potesse riprendere la sua attività di formazione. Inoltre tramite la Fao stiamo portando avanti un progetto agricolo sostenuto anche dal Ministero che può diventare una grande risorsa di lavoro per le persone. Ho detto al Papa che per me il Centrafrica deve essere l’esempio di persone che non devono emigrare in Italia, perché quando pensiamo al Paese cerchiamo di fare tutto perché loro possano rimanere: questa è la prima grande accoglienza che noi dobbiamo fare.

D. – Si sa quanto il Papa abbia a cuore i bambini e soprattutto quelli che soffrono, i malati. In questo c’è un’attenzione particolare anche verso l’ospedale, che per antonomasia rappresenta i bambini che soffrono e i bambini malati in questa città ma in tutta l’Italia…

R. – In tutto il mondo direi! Ho anche detto al Papa che stanno venendo bambini un po’ da tutto il mondo, anche bambini che non avrebbero possibilità di pagare le cure; noi li accogliamo perché questo deve essere l’ospedale, deve essere la testimonianza di un ospedale che vive di valori cristiani. Io ho detto al Papa che non deve essere così perché, come dicono a Roma, “è l’ospedale del Papa”, questa è una grazia in più! Ma deve essere così perché ogni ospedale, che ha le sue radici nel Vangelo, deve essere così. Ho aggiunto che una delle cose per me importanti è che la ricerca che noi facciamo possa essere divulgata il più possibile in maniera che tutti ne possano usufruire.

D. – In questa giornata speciale, l’udienza con il Papa, anche il dono dell’ecografo al Dispensario pediatrico Santa Marta e la sua visita a questa struttura in Vaticano che da quasi cento anni dà accoglienza, cure ai bambini di Roma e del mondo…

R. – È una giornata che rimane fortemente nel cuore, la benedizione che il Papa mi ha dato sulla fronte. Certo, sono cose che rimangono nel cuore, però questo dono al Dispensario è legato a tanti gesti che l’Ospedale deve fare. Poi come dicevo ridendo a suor Antonietta Collacchi (responsabile del Dispensario ndr) in fondo "siamo della stessa ditta"! E quindi è anche giusto condividere i beni.

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Papa Francesco benedice giovani pellegrini in bicicletta

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Un fuori programma, come tanti a cui Papa Francesco ci ha abituato. Stamani, intorno alle 10, il Pontefice è uscito da Casa Santa Marta per benedire, nel piazzale antistante la Domus, un gruppo di ragazzi del milanese impegnati in un pellegrinaggio in bicicletta. Alessandro Gisotti ha raccolto la testimonianza di don Andrea, il sacerdote che accompagna questi giovani: 

R. – Siamo due parrocchie: Canegrate e San Giorgio su Legnano, in provincia di Milano, della diocesi di Milano. Siamo venuti a Roma per partire in fiaccolata con la bicicletta in occasione del Giubileo. Abbiamo ricevuto la benedizione da Papa Francesco e ora partiamo contenti!

D. – Un momento eccezionale per questi giovani che sono con lei. Papa Francesco si è trattenuto con voi in un modo sorprendente…

R. – Il nostro “grazie” va a una persona: il card. Rodríguez Maradiaga, che da tanti anni è amico delle nostre parrocchie e ci ha fatto questo regalo.

D. – Quale spirito avete adesso per questa fiaccolata dopo una benedizione addirittura del Papa?

R. – Lo spirito del Signore, che anche incontrando il Papa si rinnova: già nella Gmg e adesso anche in questo piccolo incontro.

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Giubileo e viaggi, l'agenda del Papa da settembre a novembre

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Due viaggi internazionali – in Georgia e Azerbaigian e poi in Svezia – e quattro cerimonie giubilari, oltre alla Messa di chiusura dell’Anno Santo della misericordia. Sono gli appuntamenti che spiccano sull’agenda papale da qui a fine novembre, resa nota dal maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, mons. Guido Marini. Il servizio di Alessandro De Carolis

Tre mesi ancora strettamente legati dal filo della misericordia, col quale Francesco ha voluto intessere la trama di un anno speciale. Quattro domeniche giubilari – il 25 settembre con i catechisti e il 9 ottobre per il Giubileo mariano, quest’ultimo preceduto il pomeriggio prima da una Veglia in Piazza San Pietro – quindi un finale in “crescendo”, perché a suggellare l’Anno Santo saranno le due “periferie” attese dal Papa nella Basilica Vaticana, il 6 novembre con il Giubileo dei carcerati e sette giorni dopo con il Giubileo dei senza fissa dimora – l’ultimo abbraccio riservato agli ultimi, gli “scartati” che Francesco mai dimentica.

Nel mezzo anche due viaggi apostolici. Tra meno di un mese, dal 30 settembre al 2 ottobre, il ritorno del Papa nella regione del Caucaso per la doppia visita in Georgia e Azerbaigian, dopo i giorni di fine giugno trascorsi in Armenia. Un mese più tardi, il 31 ottobre, Francesco volerà in Svezia per prendere parte, nella cattedrale di Lund, alla commemorazione ecumenica congiunta luterano-cattolica a 500 anni dalla Riforma. Una visita che terminerà la mattina successiva, primo novembre, quando il Papa presiederà la Messa attorniato dalla comunità cattolica svedese.

Da annotare anche, il 16 ottobre in Piazza San Pietro, la Messa di Canonizzazione di sette Beati – tra cui il “Cura Brochero”, il Santo gaucho argentino – e la Messa del 4 novembre in suffragio dei cardinali e dei vescovi morti durante l’anno.

Infine, l’atto conclusivo del Giubileo fissato per domenica 20 novembre, con la Messa di chiusura dell’Anno Santo della Misericordia nella Solennità di Cristo Re dell’universo.

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Papa, tweet: il grande dono di Gesù, la misericordia di Dio

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Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex: “Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare per farci sperimentare la misericordia del Padre!”.

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Caritas: un intervento globale contro tratta e nuove schiavitù

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Prosegue ad Abuja, in Nigeria, la Conferenza contro la tratta degli esseri umani in Africa, promossa da Caritas Internationalis. Dal dibattito sta emergendo fortemente la necessità di un intervento globale per far fronte alle nuove schiavitù, favorite anche dal moltiplicarsi dei conflitti nel continente. Giancarlo La Vella ha intervistato il direttore di Caritas Internationalis, Michel Roy

R. – La prima cosa è il fatto che questo fenomeno è divenuto una cosa immensa; secondo, che ci sono tante vittime nel mondo: qui siamo in Africa, abbiamo voluto fare questa conferenza qui, perché, specialmente dalla Nigeria, tante donne partono e poi sono usate e abusate. Però, sono presenti anche vittime dell’Asia, dell’America e dell’Europa e questo dimostra la capacità che abbiamo, come rete di organizzazioni cristiane, ma anche di altre fedi, di lavorare insieme per combattere questo fenomeno che è un fenomeno mondiale.

D. – Stanno venendo fuori i veri motivi dello svilupparsi di questo fenomeno?

R. – La tratta è il risultato dell’estrema povertà. Qualsiasi siano le ragioni, abbiamo di fronte a noi gli obiettivi di sviluppo sostenibile posti dalle Nazioni Unite, che prevedono il dare la possibilità a molta più gente di rimanere a casa propria e di sviluppare il proprio benessere localmente; secondo, è importante lavorare sulla dignità umana: la percezione del valore della persona non è ritenuta cosa importante, ancora; questo apre al pensiero che sia lecito usare persone come fossero “cose” in questa cultura – come dice Papa Francesco – dell’indifferenza. Allora bisogna fare questa rivoluzione per rimettere al centro la persona umana. La sua vulnerabilità non dev’essere un’opportunità per altri di guadagnare soldi: dev’essere una possibilità di crescere come famiglia umana.

D. – Perché c’è poca attenzione nel mondo, soprattutto a livello mediatico?

R. – Penso che l’indifferenza sia la causa principale. Ognuno è preso dai propri problemi. Vediamo il caso di Amatrice: due settimane dopo il terremoto, chi pensa ancora alle vittime?

D. – Nell’immediato, si possono mettere in piedi degli interventi – chiaramente con l’aiuto della Chiesa che da sempre fa da megafono – per risolvere queste emergenze?

R. – Bisogna lavorare di più con le autorità degli Stati, con la comunità internazionale, perché questo, che è riconosciuto come crimine dal diritto internazionale, sia veramente perseguito. Bisogna operare non solo localmente, ma anche a livello nazionale e internazionale, nel campo della legge.

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"Sorella morte", dignità del vivere e morire per mons. Paglia

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L’eutanasia, uno dei capisaldi del pensiero moderno, è immagine della deriva totalitaria e della profonda solitudine che vive la società occidentale. Questo uno dei temi affrontati nel libro, “Sorella morte - La dignità del vivere e del morire” di mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Il titolo del testo, edito da Piemme e da oggi in libreria, riprende l’espressione del Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi. Sui tanti argomenti di attualità affrontati, campeggia la necessità di ritessere legami di vicinanza fra le persone e le generazioni, spiega mons. Paglia nell’intervista di Debora Donnini

R. – Il cuore del messaggio che promana da queste pagine è il bisogno di accompagnarci gli uni gli altri, dall’inizio alla fine. In un mondo dove la solitudine sembra diventare una malattia virale che ha colpito l’intera società, la vita e la morte sono amare, ancor più amare, se non sono accompagnate. Ecco perché penso che riflettere su quello che poi l’esistenza ci presenta davanti, perché tutti viviamo, tutti moriamo, credo sia importante. Diceva Santa Teresa – o Madre Teresa, come il Papa ci ha autorizzato a continuare a chiamarla – che la malattia dell’Occidente, soprattutto ma non solo, è la solitudine. E l’unica medicina per guarirla è l’amore. E lei per prima ha dato questa medicina dell’amore ai moribondi, cambiando la loro morte.

D. – Infatti, è in Occidente che si parla tanto di eutanasia, forse proprio perché c’è questa malattia così grande che è la solitudine…

R. – Sì, infatti, c’è come una grande menzogna dell’Occidente: non si accompagna il morente, se ne affretta la morte. Io sono convinto, ed è uno dei motivi del libro, che sia importante riflettere e dibattere sui temi ultimi, l’ignoranza è sempre deleteria. Nessuno di noi è un’isola: ognuno di noi non è solo se stesso, ma è se stesso insieme con gli altri. Quindi, stroncare la vita di una persona vuol dire stroncare la persona e tutte le sue relazioni. C’è bisogno di ridare la coscienza della communio in una società iper-individualista, iper-tecnologica e alla fine iper-solitudinaria. Ecco, con questo libro vorrei mostrare l’indispensabilità dell’essere legati gli uni agli altri.

D. – Quello che faceva Santa Madre Teresa, infatti, era “raccogliere” lebbrosi, moribondi per le strade di Calcutta, stando loro vicino nel momento della morte, cioè aiutandoli a morire sentendosi amati e non rifiutati…

R. – Sì, direi che questa può essere anche la sintesi del libro. Madre Teresa ha capito, con l’intuizione spirituale, che in una cultura che vive praticando lo scarto, la rivoluzione è fare il contrario: stare accanto a chi è scartato. E’ da qui che si cambia il mondo, è da qui che si cancella la disumanità. Credo che quando chi è scartato viene amato, è proprio qui che inizia il Paradiso.

D. – Centrale è poi il discorso sugli anziani. Prima i bambini stavano vicini agli anziani, anche nel momento della morte. Oggi, invece, i bambini vengono per lo più allontanati dai nonni malati e morenti, creando così una rottura tra le generazioni. Il Papa ha ribadito più volte quanto invece abbiano da insegnare i nonni nella famiglia. Un tema centrale anche nel suo libro…

R. – E’ uno dei temi centrali del volume. Qualche studioso parla della morte come della nuova “pornografia contemporanea”, ciò di cui non si deve parlare, ciò che i bambini non debbono neppure avvicinare. Ha ragione Papa Francesco a richiamare l’urgenza di ritessere il legame tra le generazioni, perché la dignità è l’essere legati gli uni agli altri, e la dignità è capire che questo legame d’amore è ciò che più conta in tutta la nostra esistenza: più della carriera, più dei soldi, più delle ricchezze materiali. E’ la ritessitura dell’umanità, il grande compito che è affidato alle nostre mani.

D. – Lei è stato nominato recentemente da Papa Francesco alla guida della Pontificia Accademia per la Vita e Gran Cancelliere dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su Matrimonio e Famiglia. In un Chirografo, il Papa si rivolge a Lei e torna ad auspicare che la Chiesa si chini sulle ferite dell’uomo per curarle e sia come un "ospedale da campo", un’immagine che aveva già usato. Concretamente, come si traducono per lei queste parole nel suo nuovo compito?

R. – Questa missione si traduce nell’aiutare la coscienza dei credenti, ma anche dei non credenti, a comprendere che questa missione che Dio ci ha affidato inizia partendo dalla concretezza delle periferie e dai drammi che spesso le caratterizzano. La stessa scienza teologica e pastorale relativa al matrimonio, alla famiglia e alla vita è una scienza che deve sporcarsi le mani con la realtà della vita. In questo, Papa Francesco chiede anche alla Teologia e alla Pastorale di non stare a "pettinare" i concetti – se così mi è permesso dire – ma di aiutare a salvare le vite.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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In prima pagina: Nel Mediterraneo si continua a morire.

Chi sono io per giudicare? Sergio Massironi sul Vangelo di Giovanni e l’interrogativo di Papa Francesco.

Un articolo di Silvia Guidi su David Foster Wallace: Amato perché difficile.

Maurizio Gronchi: Una teologia della predicazione. Riedita in Italia l’opera del gesuita Hugo Rahner.

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Oggi in Primo Piano



Stallo in Siria. Scaglione: per Usa e Russia interessi divergenti

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Si attendono nuovi sviluppi in Siria, dopo la fumata nera sull'atteso accordo tra Stati Uniti e Russia riguardante il cessate il fuoco nel Paese mediorientale. Dopo l’incontro in Cina, a margine del G20, tra Barack Obama e Vladimir Putin – per il quale il capo della Casa Bianca ha parlato di "mancanza di fiducia" tra le parti, mentre il Presidente russo ha minimizzato, affermando che comunque le "posizioni sono più vicine" – sul terreno rimane forte incertezza. Le forze del regime di Damasco hanno stretto di nuovo l'assedio attorno ad Aleppo e l'Isis ha rivendicato una raffica di attentati che ha provocato una cinquantina di vittime. Secondo gli osservatori, Washington vorrebbe una tregua complessiva fra il regime di Assad e i ribelli su tutto il territorio, mentre Mosca punterebbe ad una soluzione parziale, a seconda delle città. Sui motivi di tali strategie, Giada Aquilino ha intervistato Fulvio Scaglione, giornalista di Famiglia Cristiana e profondo conoscitore dell’area: 

R. – Stati Uniti e Russia hanno interessi strategici completamente divergenti: l’interesse di Washington è proteggere i Paesi mediorientali alleati, che sono soprattutto le “petromonarchie” del Golfo Persico; queste, a loro volta, sono le grandi animatrici e finanziatrici dell’estremismo islamico, che in Siria ha l’obiettivo di rovesciare il regime di Assad. Putin ha il desiderio e l’esigenza esattamente opposta: conservare in piedi il regime di Assad, perché continui a reggere quella catena di Paesi sciiti, che va dall’Iran all’Iraq, alla Siria e al Libano, che hanno un’alleanza strategica di fondo con Mosca. In più, va aggiunto che questo confronto in Siria è un tassello di un confronto più globale, che riguarda anche, come si è visto al G20, il rapporto con la Cina, l’Ucraina, l’hackeraggio, l’elezione presidenziale americana: è insomma un confronto a tutto campo in cui la Siria è un tassello importante, ma comunque un tassello.

R. – Quanto c’entrano i fatti che avvengono sul terreno? L’esercito siriano - affiancato dai raid aerei russi - ha recuperato posizioni intorno ad Aleppo, stringendo d’assedio gli oppositori, mentre continuano gli attentati del sedicente Stato islamico (Is)…

R. – Questa è una guerra molto sporca, come tutte le guerre civili. Ed è una guerra in cui nessuno dei due contendenti può ambire ad un’ideale integrità politica. Non bisogna dimenticare che, se i russi non fossero intervenuti, oggi probabilmente la Siria sarebbe governata in larghissima parte dall’Is. Perché, per quanto si possa fare dell’apprezzamento, e soprattutto della retorica, intorno ai ribelli moderati, il punto forte della guerra contro Assad in Siria sono sempre stati i ribelli tutt’altro che moderati dell’Is e di al Nusra. E dall’altro canto naturalmente, come ben sappiamo, la guerra condotta dai russi e dal regime di Assad è una guerra durissima, che come vediamo tutti i giorni ha un costo elevato anche in vittime civili. È una guerra veramente molto sporca.

D. – In questo quadro, come si pone la proposta della Turchia di creare una “no-fly zone” nel nord della Siria?

R. – Le proposte turche hanno sempre un orientamento di interesse nazionale. Si sa che la Turchia non vuole che i curdi si scavino, con l’aiuto degli americani, una enclave nel nord della Siria, perché questo potrebbe essere il magnete tale da richiamare altre ambizioni dei curdi, che non hanno mai rinunciato all’idea di avere un proprio Stato. E quindi Ankara ha tutto l’interesse a “surgelare” la situazione, a bloccare tutto allo stato attuale. Perché qualunque sviluppo, soprattutto con gli americani di mezzo che appoggiano i curdi, potrebbe essere in qualche modo insidioso per la propria esigenza strategica di fondo. La “no-fly zone” proposta, secondo me, risponde soprattutto a questo intento politico di lungo periodo. 

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Hong Kong: nuovi deputati per l'indipendenza in parlamento

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Una nuova generazione di attivisti democratici è entrata a far parte del parlamento di Hong Kong con un numero di seggi tale da esercitare il diritto di veto. Si tratta di almeno quattro giovani esponenti dell'organizzazione separatista locale protagonisti della “rivoluzione degli ombrelli" che nel 2014 cercò di ottenere la rottura con la Cina. Grande è stato il sostegno popolare e la svolta è da ritenersi rilevante come spiega al microfono di Gabriella CerasoRoberto Peruzzi, docente al corso di laurea in Relazioni internazionali comparate alla Ca’ Foscari di Venezia: 

R. – Perché sui 70 seggi di questo mini-parlamento legislativo, 30 sono comunque nominati d’ufficio. Quindi su 40 eletti, i dati che abbiamo per ora dicono che forse arriveranno fino a 30 gli eletti di questa “fazione” che si chiama localisti più che indipendentisti…

D. – Qual è la novità che li caratterizza?

R. – Il fatto nuovo è che sono giovani. Non hanno più un’agenda politica anche di contestazione alle autorità di Pechino su elementi formali. Hanno invece esteso la loro messa in discussione del potere di Pechino e dell’autorità di Pechino a molti altri aspetti, innanzitutto all’autoritarismo in sé. Ma in più, hanno iniziato a mettere in discussione anche sul piano sociale ed economico le politiche di Pechino e le politiche degli interessi e delle lobby di Hong Kong. E questo è sicuramente un fatto nuovo.

D. – Nel concreto, la loro capacità di porre veto quanto peserà effettivamente?

R. – Il potere di veto conta formalmente. Fino ad oggi, si è sempre cercato comunque di agire in maniera moderata. Questi nuovi eletti invece dicono espressamente che loro utilizzeranno il potere di veto contro Pechino e quindi c’è una dichiarazione di battaglia, non di un’azione moderata. Bisognerà vedere fino a che punto questa cosa si estenderà, fino a che punto questa cosa verrà tollerata.

D. – Perché Pechino, in realtà, ha già intimato loro di non usare questa posizione per portare avanti il discorso indipendentista…

R. – Infatti, loro mettono l’accento sull’elemento localista più che indipendentista, probabilmente per non creare nemmeno un alibi a Pechino. Aggirando questo termine, si mantiene la discussione, la contestazione su un piano strettamente politico ed economico e sociale.

D. – Il Consiglio legislativo, comunque, non elegge il leader che amministra Hong Kong, che rimane scelto dalla Cina…

R. – Sì. Però, naturalmente, avere un primo ministro in conflitto con un Consiglio legislativo o comunque avere i membri del Consiglio legislativo che sistematicamente contestano, anche se questo non va poi ad avere un effetto diretto sulle scelte legislative o sulle scelte politiche da parte dell’amministrazione di Hong,  però si tratta di avere un confronto diretto costante con qualcuno che mette in discussione quelle politiche e che stigmatizza i favori, le nomine incongrue e tutto ciò che può essere contestato nell’amministrazione politica ed economica di Hong Kong. E in un contesto cinese già questa cosa è di per sé rivoluzionaria.

D. – E questo vuol dire anche che c’è un voce di Hong Kong che chiede un cambiamento?

R. –  Certo e che non può essere tacitata: questi giovani potranno parlare nel Consiglio legislativo e quindi potranno fare da megafono delle contestazioni, delle proteste… Naturalmente, bisogna vedere le autorità di Hong Kong, le autorità di Pechino, fino a che punto siao disponibili ad accettare questa cosa.

D. – Lei vede possibile un lavoro comune per la società o vede uno scontro profilarsi all’orizzonte?

R. – Allo stato attuale, sembra più uno scontro. Molto dipenderà da come a questo scontro risponderà Pechino. Potrebbe essere un banco di prova di una volontà, come dire, di ammorbidire il proprio controllo politico e di accettare, in qualche modo, un’evoluzion,e almeno alla lontana, più democratica da parte di Pechino. Oppure, in alternativa, una chiusura totale.

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Sisma. Capo Vigili del Fuoco: la gente ha reagito con forza e dignità

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Per il terremoto in Centro Italia oggi inizia la cosiddetta “fase di dialogo e ascolto”, il premier Renzi farà 'il punto della situazione con il commissario Errani e presto sarà di nuovo ad Amatrice. Escluso l’aumento delle tasse sulla benzina per sovvenzionare la ricostruzione. La terra intanto continua a tremare con scosse di magnitudo 3 avvertite nella notte e l'area del sisma non è stata risparmiata neanche dall'ondata di maltempo, che ha portato piogge e un brusco abbassamento della temperatura. Roberto Piermarini si è recato sul versante marchigiano e nel paese di Pescara del Tronto, uno dei centri più colpiti, ha intervistato l'ing. Dino Poggiali, Comandante dei Vigili del Fuoco nell'area del sisma 

R. – Stiamo operando nel complesso del territorio colpito con tre comandi operativi avanzati. Ne abbiamo posizionato uno nelle Marche, ad Arquata del Tronto, dove ci troviamo in questo momento; un altro a Cittàreale, dove si occupa di prestare le operazioni di soccorso su tutta l’area laziale e un altro a Norcia che ha la competenza sul territorio della regione Umbria colpita dal sisma.

D. - In questo momento come state intervenendo visto che la prima fase dell’emergenza, del recupero delle salme e dei feriti è terminata?

R. - C’è stata questa fase ovviamente concitata nella speranza di trovare ancora persone in vita. Terminata questa prima fase almeno nella zona delle Marche – l’ultima persona che ci dicevano essere dispersa è stata recuperata venerdì scorso  - abbiamo iniziato subito la seconda fase che prevede un’assistenza stretta alla popolazione. Molta gente è scappata di casa, quasi tutti sono scappati di casa senza potersi portare via niente; quindi giustamente cerchiamo di recuperare tutto il possibile e cerchiamo prima di tutto di mettere in sicurezza la viabilità principale, quindi puntellamenti, cerchiaggi, piccole demolizioni di tutto ciò che può essere di ostacolo al libero movimento delle persone e dei mezzi di soccorso. In una fase successiva garantiremo anche i puntellamenti delle strutture che non sono proprio direttamente sulla viabilità principale, ma che comunque ancora possano essere recuperate.

D. - Le continue scosse stanno aggravando la situazione?

R. - Devo dire che non abbiamo registrato ulteriori gravi crolli. Certamente qualche piccolo elemento che era già molto, molto critico di per sé è stato aiutato a cadere da questa scossa. Per fortuna non ci sono stati feriti, anzi a proposito voglio ricordare a  tutti i residenti della zona che i vigili del fuoco accompagnano chi ha bisogno vicino alle proprie abitazioni fino al punto sicuro più raggiungibile; non cercate di eludere i controlli che sono al limite della zona rossa proprio, perché nessuno di noi sa quando possa verificarsi un eventuale sciame sismico e quindi può essere molto pericoloso cercare di avventurarsi da soli all’interno di una  zona che ha degli elementi di rischio fortissimi.

D. - Che cosa vi chiede la popolazione in generale?

R. - La popolazione ci chiede di poter accedere alle proprie abitazioni; questa è la voglia anche di vedere .., poi ci chiede di aiutarli a recuperare gli effetti personali. Ci troviamo in una zona di piccole realtà, di piccoli paesi, molto vicini alla loro terra. Ci sono piccoli centri di allevamento in questa zona e quindi portare cibo e acqua agli animali è una particolarità che per esempio in altre realtà in altri terremoti più urbani non avevamo trovato.

D. - Lei ha un’esperienza ventennale di interventi nei sismi, nei terremoti. Che cosa l’ha colpita di più di questo sisma nelle Marche in questi giorni?

R. - La compostezza e la dignità delle persone. Gli effetti del terremoto sono stati devastanti; più devastanti di tanti, tanti altri terremoti che ho visto. L’area è molto piccola, almeno nella zona marchigiana, ma la distruzione ha una percentuale di danno elevatissima, molto più elevata che in altri terremoti precedenti a cui ho partecipato come soccorritore. La popolazione ha reagito con forza, con molta dignità, come dicevo prima, e questo sicuramente ti colpisce.

D. - State aspettando il Papa?

R. - Sì, sappiamo che verrà. Non sappiamo quando, non so se voi ci potete dare notizie più aggiornate, più fresche. Lo aspettiamo con trepidazione perché in pima battuta possa portare conforto a tutta questa gente che sta veramente soffrendo tantissimo.

D. - ...e anche perché ha riconosciuto il lavoro che state portando avanti …

R. - Certamente.

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Mandolesi: contro il gioco d'azzardo un piano complessivo

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Sono 256 mila in Italia i fruitori patologici di giochi d’azzardo: metà dei 4 miliardi e mezzo del gettito fiscale garantito allo Stato dalle tante e diffuse macchinette, le slot machine, viene dai tabaccai e dai locali pubblici. Per fronteggiare il fenomeno della ludopatia, sono urgenti misure di contrasto dell’offerta. Il premier Matteo Renzi ne ha parlato in un’intervista annunciando che è allo studio un provvedimento di riduzione delle slot machine proprio nei bar e nelle tabaccherie e una loro eliminazione nei ristoranti, alberghi ed esercizi commerciali. Come valutare questa iniziativa? Adriana Masotti ha sentito Gabriele Mandolesi, portavoce e coordinatore della Campagna di mobilitazione fatta da diversi movimenti e cittadini che si chiama “Slotmob” e che da qualche anno organizza eventi su tutto il territorio nazionale per premiare proprio i gestori dei bar che rinunciano a mettere nei loro locali le slot machine e per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità nei riguardi di un problema sempre più vasto e grave: 

R. – Questi annunci ormai, dopo due anni e mezzo di campagne, li prendiamo un po’ con le pinze. Di annunci e proclami di riordino del settore dell’azzardo ce ne sono stati sempre tanti, poche volte sono seguiti fatti concreti e quelle poche volte che si è arrivati a qualche risultato, questi sono stati deludenti, come ad esempio il divieto di pubblicità. Quindi intanto ci andiamo con un po’ di cautela. L’azzardo è un settore abbastanza grande e abbastanza complesso, quindi operare una riduzione solamente su un tipo di gioco, come le slot machine nei bar e nei tabacchi, e non operare una riduzione a livello complessivo potrebbe non servire. Come sappiamo ci sono due tipi di slot machine: quelle che sono nei bar e nelle tabaccherie, le cosiddette “awp”, e poi ci sono le “wlp” che sono quelle che invece troviamo nelle sale da gioco. Queste ultime sono quelle veramente pericolose e quelle dalle quali lo Stato poi ottiene il maggiore gettito. Quindi la domanda è questa: se riduciamo le “awp” poi di conseguenza cosa succederà? Verranno aumentate le “wlp” per mantenere il gettito invariato? Perché, in questo caso, è un tipo di provvedimento che non ci piace.

D. - In effetti si sta pensando ad esempio di aprire nuovi casinò. Però è anche vero che questi sono forse luoghi di minore accesso …

R. - Sicuramente c’è il divieto di accesso ai  minori. Il problema è che questi cosiddetti “casinò” sono luoghi molto pericolosi, perché sono aperti dalle otto di mattina alle tre di notte, dentro non entra la luce naturale, non ci sono orologi, si possono bere alcolici, fumare, … Quindi sono posti dove chi ha problemi, una volta che entra, difficilmente poi esce fuori. Sono i luoghi dove le persone si rovinano veramente.

D. - Quindi voi volete un riordino totale della materia. Ma c’è chi argomenta che il gioco d’azzardo legalizzato fa lavorare molta gente e poi assicura un introito per lo Stato e sappiamo che c’è sempre bisogno di soldi. Che cosa rispondere a queste obiezioni?

R. – Prima di tutto definiamo cosa sia legale, perché non noi ma la Direzione Nazionale Antimafia lo dice molto chiaramente: le mafie sono profondamente infiltrate nel settore del gioco d’azzardo legale. Per quanto riguarda gli introiti dello Stato – noi lo diciamo da sempre – bisogna dire che quest’ultimo è il primo dipendente dall’azzardo perché ne ricava circa otto miliardi all’anno. Non si parla mai delle spese e dei danni sociali che poi lo Stato deve sostenere. Quindi anche questi sono dati che poi presi e analizzati attentamente danno una risposta a questo tipo di contestazioni.

D.  - La mobilitazione dei cittadini non si ferma e lei è coordinatore della campagna contro il gioco d’azzardo “Slot mob”. Come sta andando avanti la vostra attività?

R. - Bene. In due anni e mezzo abbiamo organizzato più di duecento eventi dal Nord al Sud dell’Italia. Noi organizziamo eventi simbolici, quindi feste, colazioni o aperitivi all’interno di bar che non vendono nessuna forma di azzardo e diamo questo premio ai proprietari dei locali che ci ospitano, riconoscendo pubblicamente a queste persone il fatto di avere rinunciato a molti soldi, perché vendere azzardo significa portarsi a casa a fine mese duemila, tremila euro netti. Quindi c’è ancora chi rinuncia ai soldi per motivi di coscienza e perché non vuole poi scaricare il problema sulle persone più fragili.

D. - Prima dicevo che qualcuno pensa che il gioco d’azzardo faccia lavorare molta gente. Forse bisognerebbe prevedere anche un compenso a chi invece rinuncia, come questi proprietari di bar che non vogliono le slot machine o altre forme di gioco ...

R. - Diciamo che in questi anni Comuni e Regioni hanno messo in atto delle strategie per cercare di compensare i mancati introiti. Il problema è che qualunque forma di compensazione non sarà mai sufficiente – purtroppo - a compensare i mancati introiti e sicuramente la questione è di tipo culturale.  È importante che ci siano sempre più persone, esercenti, che prendano coscienza di quanto dannosa possa essere un’attività del genere sulla società, sul territorio e dall’altra parte è importante che i cittadini, i consumatori,  scelgano e sostengano questi bar perché in fin dei conti la loro scelta ha ricadute positive su di loro e sui loro figli, affinché questi ultimi si possano ritrovare in una città, in un quartiere con meno azzardo possibile.

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Nella Chiesa e nel mondo



Gabon: appello dei vescovi per uscire dalla crisi

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I vescovi del Gabon chiedono l’intervento di un mediatore internazionale per far uscire il Paese dalla crisi politica a seguito delle contestata vittoria del Presidente Ali Bongo Ondimba da parte dello sfidante Jean Ping nelle elezioni presidenziali del 27 agosto.

Chiesta la mediazione di terzi
In un messaggio alla nazione firmato da mons. Basile Mve Engone, arcivescovo di Libreville, ripreso dall’agenzia Fides, si afferma che “di fronte alle posizioni contrapposte, ci ispiriamo alla saggezza africana, secondo la quale quando due fratelli litigano, è indispensabile fare intervenire un terzo come mediatore”.

Appello dell'arcivescovo a Onu, Ua e Ue
Dopo aver ricordato che il Gabon ha esercitato questo ruolo in diverse crisi africane, mons. Mve Engone afferma: “il nostro Paese deve contare sulla mediazione delle Organizzazioni e delle Istituzioni internazionali per preservare l’unità, la giustizia e la pace”. L’arcivescovo si rivolge in particolare a Onu, Unione Africana e Unione Europea, che “si erano impegnate a fondo nel processo elettorale” perché “giochino in pieno il loro ruolo per aiutare il Gabon ad uscire dalla crisi”.

Il dolore dei vescovi per le persone vittime della violenza
​Nei disordini che sono seguiti all’annuncio della vittoria di Bongo si sono avuti alcuni morti e diversi feriti, oltre a danni materiali. Nell’esprimere il dolore dei vescovi per la perdita di vite umane, mons. Mve Engone invita “tutte le forze vive della nazione, della maggioranza e dell’opposizione, a ritrovare il senno per uscire immediatamente dalla crisi”. Nel frattempo la Francia ha chiesto un nuovo riconteggio dei voti, mentre il Ministro della Giustizia Seraphin Moundounga, si è dimesso per protestare contro la rielezione del Presidente Bongo. (L.M.)

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Pakistan. Sindh: cattolico a capo dell’ufficio interreligioso

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Il cattolico Anthony Naveed è stato chiamato dal governo provinciale del Sindh a coordinare l’ufficio interreligioso, che ha il compito di promuovere tolleranza e armonia tra le diverse comunità religiose nella provincia. Come riferisce l'agenzia Fides, Anthony Naveed, membro del Pakistan People’s Party (PPP), è stato chiamato dal Primo Ministro della provincia del Sindh, Syed Murad Ali Shah, ed è l’unico cattolico membro del gabinetto di governo

Costruire una società senza odio, discriminazione e disuguaglianza
Naveed dichiara a Fides: “Mi impegnerò a costruire una società in cui non abbiano spazio la discriminazione, l'odio e la disuguaglianza dovuta alla religione o alla setta. Era la missione di Benazir Bhutto sviluppare una società dove albergassero l'accettazione e la tolleranza tra le persone di diverse religioni. Dal 2012 il governo sta portando avanti questa visione per promuovere l'armonia interreligiosa”.

Promuovere l'armonia interreligiosa nelle varie città
La strategia è quella della capillarità: “E’ un compito molto impegnativo riunire i membri di tutte le religioni in una sola piattaforma. Il prossimo passo è organizzare workshop e seminari per esponenti e leader di varie fedi, per poi formare gruppi a livello distrettuale che facilitino le attività di promozione dell'armonia interreligiosa nelle varie città”.

Chi è Anthony Naveed
​Anthony Naveed, laureato in Scienze politiche, ha iniziato l’impegno politico nel PPP all’inizio degli anni ’90. E' stato un membro attivo della Commissione giovanile dell'arcidiocesi di Karachi dal 1998 al 2005. (P.A.- A.G.)

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Eretta in Africa la quarta Provincia Cappuccina

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Il 28 agosto scorso l’Ordine cappuccino ha eretto in Africa un’ulteriore Provincia, quella dell’Angola (la quarta del continente), ponendola sotto la protezione di S. Maria degli Angeli. I Cappuccini arrivarono nel Paese nel 1645, all’epoca del Regno del Congo, lavorando tra immense difficoltà, dovute alle malattie, al clima, alla persecuzione, tanto che, in poco meno di due secoli, ne morirono trecento, si arrivò a definire il  Congo "cimitero dei Cappuccini”. Costretti a ritirarsi nel 1835 a causa della persecuzione religiosa del regime portoghese del tempo, vi tornarono nel 1948 con i Religiosi veneti, pagando un alto tributo di sangue con cinque missionari uccisi durante la guerra civile (1975-2002). 

Tra le linee pastorali della neo-Provincia: evangelizzazione e attività promozionale e assistenziale 
 La neo-Provincia è composta attualmente da 112 Religiosi (angolani, italiani, portoghesi), tra i quali si contano 6 vescovi, 63 sacerdoti, 4 diaconi, 11 fratelli, 28 postnovizi, 18 novizi (angolani e mozambicani), 7 postulanti, distribuiti in 14 fraternità sparse in 7 province della nazione. La loro attività principale è ovviamente l’evangelizzazione che comprende: pastorale parrocchiale, formazione dei catechisti, preparazione dei sussidi pastorali, traduzioni dei libri liturgici nelle lingue tribali, gestione di tre librerie religiose. Notevole anche l’attività promozionale e assistenziale con 10 scuole, tra primarie e secondarie; due scuole materne; due mense per i poveri, un orfanotrofio e un casa di riposo per anziani. (A cura di padre Egidio Picucci)

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Irlanda: tre settimane di preghiera per Santa Madre Teresa

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Tre settimane di preghiera per ringraziare tutti coloro che mettono in pratica le opere di misericordia spirituali e corporali, seguendo l’esempio di Madre Teresa di Calcutta. È l’invito rivolto ai fedeli irlandesi da mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e Primate di tutta l’Irlanda, durante la Messa di ringraziamento celebrata domenica per la canonizzazione della Santa dei poveri.

Una Messa di ringraziamento per tutti gli operatori della misericordia
“Potrebbe essere una persona a voi vicina, una nonna, un assistente, un vicino che assiste silenziosamente un malato, o anche un’infermiera, un medico, un insegnante che fa più del lavoro dovuto per aiutare qualcuno che altrimenti sarebbe dimenticato”, ha detto il presule nell’omelia, annunciando che il 24 settembre, Festa della Beata Vergine della Mercede, celebrerà in cattedrale una speciale Messa di ringraziamento dedicata a tutte queste persone che, come Madre Teresa “fanno qualcosa di bello per Dio”.

Diventare, come Madre Teresa, “una piccola matita nelle mani di Dio”
È  proprio questo “fare qualcosa di bello per Dio”, ha sottolineato, una delle tre strade indicate da Madre Teresa per “essere misericordia nel mondo d’oggi”.  Essere misericordiosi, infatti, inizia “dal desiderio di essere una persona migliore e di offrire i nostri doni e talenti a Dio che per primo ci ha amati”. Madre Teresa – ha proseguito mons. Martin - ci invita poi ad affidarci totalmente alla volontà di Dio, diventando, come essa stessa si definiva, “una piccola matita nelle Sue mani”: “Per essere misericordiosi occorre permettere a Dio di realizzare il miracolo della misericordia attraverso noi, senza ostacolare quello che Egli vuole da noi”.

Vedere il volto di Cristo in tutti coloro che soffrono nel mondo
“In terzo luogo – ha ancora evidenziato il Primate irlandese - Madre Teresa è stata capace di vedere il volto di Gesù in quelli ai quali portava l’amore e la misericordia di Dio: nei più poveri tra i poveri, nei malati di Aids, nelle persone sfigurate dalla malattia, negli abbandonati e nei morenti per fame”, quale che fosse la loro religione. “Essa ci insegna che quando ‘facciamo misericordia’, ci si apre una finestra attraverso la quale possiamo vedere il volto di Cristo in tutti coloro che soffrono nel mondo”.

Il ringraziamento alle Missionarie della Carità presenti ad Armagh
Nell’omelia mons. Martin ha poi espresso la sua personale gratitudine alle Missionarie della Carità presenti ad Armagh dal 1996, ricordando  le numerose opere caritative realizzate dalle religiose nell’arcidiocesi con il contributo di tanti volontari laici. (A cura di Lisa Zengarini)

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Portogallo: a Fatima le Giornate della Comunicazione sociale

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“Pensare la comunicazione della Chiesa in Portogallo”, si svolgerà su questo tema l’edizione 2016 delle Giornate nazionali della Comunicazione sociale, promosse dalla Conferenza episcopale portoghese (Cep). L’evento si terrà il 22 e 23 settembre nella “Domus Carmeli” di Fatima .

Privilegiare il dialogo e la discussione tra tutti i partecipanti
“Cercheremo di privilegiare il dialogo e la discussione tra tutti i partecipanti, affinché, nella mattinata del secondo giorno, dopo aver ascoltato anche le proposte del prof. Fernando Ilharco, e dell’ex direttore del Segretariato dei mezzi di comunicazione sociale, e attuale portavoce della Conferenza episcopale spagnola, padre José Maria Gil Tamayo, possano essere tracciate delle utili linee di sintesi e di programma”, ha spiegato alla presentazione delle Giornate il direttore del Segretariato nazionale  delle Comunicazioni sociali, padre Américo Aguiar, citato dall’agenzia Ecclesia.

Riflettere sulla condivisione e sulla divulgazione dei contenuti
In particolare, il  dibattito cercherà di “far emergere l’identità e le funzioni del Segretariato, valutando quali siano le risorse di cui attualmente dispone e di quali debba essere opportunamente dotato in futuro”.  Inoltre l’incontro si propone di “riflettere sulla condivisione e sulla divulgazione dei contenuti, e insieme sul ruolo e sul contributo di ogni struttura o mezzo di comunicazione sociale”. (L.Z.)

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Regno Unito: Domenica dell’educazione sul tema dell’accoglienza

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“Tutti sono benvenuti”: su questo tema, il prossimo 11 settembre la Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles si appresta a celebrare la Domenica dell’educazione. Dedicata a tutti i soggetti coinvolti nel campo dell’istruzione, l’evento vuole essere “un’occasione per riflettere sul contributo che l’educazione cattolica dona alla comunità”. La particolarità di quest’anno è che la Giornata coinciderà con l’inizio dell’anno scolastico.

Scuole cattoliche costruiscono comunità misericordiose
Il tema scelto – spiega in una nota mons. Malcolm McMahon, presidente del Servizio per l’educazione cattolica della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles – rimanda al Giubileo straordinario della misericordia indetto da Papa Francesco ed in corso fino al 20 novembre. “La misericordia inizia dalle nostre relazioni personali – sottolinea il presule – dai rapporti tra studenti, insegnanti, amici e familiari. Le scuole cattoliche, pertanto, svolgono un ruolo cruciale nella costruzione di una comunità amorevole e misericordiosa, in cui ogni studente è invitato a sviluppare i propri talenti, ricevuti da Dio, per proclamare la Buona Novella di Gesù Cristo e porsi al servizio del mondo”.

Rafforzare la collaborazione tra scuola e parrocchia
In quest’ottica, mons. McMahon esprime la sua gratitudine a insegnanti, assistenti e volontari che “lavorano duramente ogni giorno per garantire che le scuole siano centri di accoglienza ed apprendimento inclusivi”, fornendo “un’educazione spirituale, morale e religiosa a tutti” e “tutelando l’etica delle scuole cattoliche”. “Spero e prego – conclude mons. McMahon – che gli istituti formativi cattolici continuino ad essere fedeli al Vangelo, arricchendo la vita di tutti gli iscritti e contribuendo ad una collaborazione, sempre più stretta, con le parrocchie”.

Attenzione agli studenti più poveri ed emarginati
​Attualmente, in Inghilterra e Galles, la Chiesa cattolica gestisce 105 scuole, in cui operano oltre 46mila docenti e 36mila assistenti. Tali istituti sono al servizio di una comunità molto diversificata che include un alto numero di alunni provenienti dalle aree più svantaggiate del Paese e circa un terzo di studenti appartenenti a minoranze etniche. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 250

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.