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Sommario del 15/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: in un mondo in crisi di "orfanezza" c'è una Madre che ci difende

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In un "mondo che soffre la crisi di una grande orfanezza", noi abbiamo una Madre che ci accompagna e ci difende: così il Papa nella Messa del mattino a Santa Marta nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata. Il servizio di Sergio Centofanti:  

Il Vangelo del giorno ci porta sul Calvario. Tutti i discepoli sono fuggiti, tranne Giovanni e alcune donne. Ai piedi della Croce c’è Maria, la Madre di Gesù: tutti - afferma il Papa - la guardavano dicendo: “Quella è la madre di questo delinquente! Quella è la madre di questo sovversivo!”:

“E Maria sentiva queste cose. Soffriva umiliazioni terribili. E anche sentiva i grandi, alcuni sacerdoti, che lei rispettava, perché erano sacerdoti: ‘Ma Tu che sei tanto bravo, scendi! Scendi!’. Con suo Figlio, nudo, lì. E Maria aveva una sofferenza tanto grande, ma non se ne è andata. Non rinnegò il Figlio! Era la sua carne”.

Papa Francesco ricorda quando a Buenos Aires si recava nelle carceri a visitare i detenuti e vedeva sempre una fila di donne che aspettavano di entrare:

“Erano mamme. Ma non si vergognavano: la loro carne era lì dentro. E queste donne soffrivano non solo la vergogna di essere lì – ‘Ma guarda quella! Cosa avrà fatto il figlio?’ – ma anche soffrivano le più brutte umiliazioni nelle perquisizioni che venivano fatte loro prima di entrare. Ma erano madri e andavano a trovare la propria carne. Così Maria, era lì, col Figlio, con quella sofferenza tanto grande”.

Gesù – afferma il Papa – ha promesso di non lasciarci orfani e sulla Croce ci dona sua Madre come nostra Madre:

“Noi cristiani abbiamo una Madre, la stessa di Gesù; abbiamo un Padre, lo stesso di Gesù. Non siamo orfani! E Lei ci partorisce in quel momento con tanto dolore: è davvero un martirio. Col cuore trafitto, accetta di partorire tutti noi in quel momento di dolore. E da quel momento Lei diventa la nostra Madre, da quel momento Lei è nostra Madre, quella che si prende cura di noi e non si vergogna di noi: ci difende”.

I mistici dei primi secoli cristiani – ricorda Francesco - consigliavano di rifugiarsi sotto il manto della Madre di Dio nel momento delle turbolenze spirituali: “Lì non può entrare il diavolo. Perché Lei è Madre e come Madre difende. Poi l’Occidente ha preso questo consiglio e ha fatto la prima antifona mariana ‘Sub tuum praesidium’ – ‘Sotto il tuo mantello, sotto la tua custodia, oh Madre!’. Lì siamo sicuri”.

“In un mondo che possiamo chiamare ‘orfano’ – conclude il Papa - in questo mondo che soffre la crisi di una grande orfanezza, forse il nostro aiuto è dire ‘Guarda a tua Madre!’. Ne abbiamo una che ci difende, ci insegna, ci accompagna; che non si vergogna dei nostri peccati. Non si vergogna, perché lei è Madre. Che lo Spirito Santo, questo amico, questo compagno di strada, questo Paraclito avvocato che il Signore ci ha inviato, ci faccia capire questo mistero tanto grande della maternità di Maria”. 

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Papa: l'uomo fa autogol quando perde la propria dignità

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L’uomo può fare “autogol” quando negozia la dignità, quando nel suo cuore le ricchezze prendono il posto di Dio. Così, in sintesi, Papa Francesco nel discorso che ha rivolto ai circa 150 partecipanti alla Settimana Biblica Nazionale, organizzata dall’Associazione Biblica italiana. Francesco li ha ricevuti in udienza in Sala Clementina, in Vaticano. Al centro di questa 44.ma Settimana, in corso dal 12 settembre e che si conclude domani, il tema: “Facciamo l’essere umano maschio e femmina: declinazioni della polarità uomo-donna nelle Scritture”. Il servizio di Debora Donnini

E’ essenziale  riflettere su come siamo stati creati a immagine di Dio, sulla “differenza con le altre creature e con tutto il creato”. Un tema importante per Francesco che concentra il suo discorso sulla dignità dell'essere umano. In una catechesi dello scorso anno, il Papa sottolineò, infatti, che Dio creò “il suo capolavoro” , l’essere umano, “maschio e femmina”, a sua immagine. Un tema caro anche a San Giovanni Paolo II, che gli dedicò un ciclo di catechesi, quello scelto per la 44.ma Settimana Biblica, con gli interventi di importanti studiosi, italiani e non:

“Nel secondo racconto della creazione, appare come Dio ci abbia fatto in modo ‘artigianale’, plasmando del fango dalla terra, cioè le mani di Dio si sono compromesse con la nostra vita. Ci ha creato non solo con la sua parola, ma anche con le sue mani e il suo soffio vitale, quasi a dire che tutto l’essere di Dio si è coinvolto nel dare vita all’essere umano”.

La dignità umana si degrada quando le ricchezze prendono il posto di Dio
Dio ci guida, infatti, come un Padre fa con un figlio.Ci sono però dei rischi. La dignità conferitaci da Dio può, infatti, degradarsi:

“Per dirla in termini calcistici, l’uomo ha la capacità di fare ‘autogol’. Ciò avviene quando negoziamo la dignità, quando abbracciamo l’idolatria, quando facciamo posto nel nostro cuore all’esperienza degli idoli. Durante l’esodo dall’Egitto, quando il popolo era stanco perché Mosè tardava a scendere dal monte, fu tentato dal demonio e si costruì un idolo. E l’idolo era d’oro. Tutti gli idoli hanno qualcosa d’oro, eh? Questo fa pensare alla forza attrattiva delle ricchezze, al fatto che l’uomo perde la propria dignità quando nel suo cuore le ricchezze prendono il posto di Dio”.

Bisogna chiedersi come condividere la dignità
Dio, invece, ci ha dato la dignità di essere suoi figli. Da qui sgorgano alcune domande su come si possa condividere questa dignità in modo da sviluppare “una reciprocità positiva”, come si possa fare in modo che l’altro si senta degno:

“Quando qualcuno disprezza, segrega, discrimina, non contagia dignità, ma il contrario. Ci farà bene domandarci spesso: come assumo la mia dignità? Come la faccio crescere? E ci farà bene anche esaminarci per scoprire se e quando non contagiamo dignità nel nostro prossimo”.

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Il Papa riceve il Principe ereditario di Abu Dhabi

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Papa Francesco ha ricevuto stamane Sua Altezza lo Sceicco Mohammed Bin Zayed bin Sultan Al-Nahyan, Principe ereditario di Abu Dhabi, accompagnato da un seguito. Quindi, nel Palazzo Apostolico Vaticano, alla presenza del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e del Principe ereditario, è stato sottoscritto un Memorandum of Understanding tra la Segreteria di Stato e il Governo degli Emirati Arabi Uniti sull’esenzione mutua di visti d’ingresso per i titolari di passaporti diplomatici e di passaporti speciali (ufficiali e di servizio). Il Memorandum, sottoscritto da mons. Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, e Sua Altezza lo Sceicco Abdulla bin Zayed Al Nahyan, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale degli Emirati Arabi Uniti, è entrato in vigore con la firma delle due Parti.

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Papa riceve Grandi, Acnur: grande attenzione verso i rifugiati

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Rifugiati e migranti, le loro condizioni di vita, così come le cause che producono gli esodi forzati di persone: sono stati i punti fondamentali dell’incontro del Papa, stamattina, con Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ricevuto in Vaticano. Proprio oggi, l’Acnur ha presentato un rapporto in cui viene documentata la crisi nell’istruzione dei rifugiati, e in cui si precisa come 3,7 milioni dei sei milioni di bambini rifugiati in età scolare non abbiano la possibilità di frequentare la scuola. “L’istruzione dei rifugiati è gravemente  trascurata – è la denuncia – quando invece rappresenta una delle poche occasioni a disposizione per trasformare e costruire le generazioni future”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Filippo Grandi subito dopo l’incontro con il Papa: 

R. – Naturalmente, per me è stata un’occasione straordinaria per dire al Papa quanto la sua voce pubblica sia indispensabile per la causa che noi difendiamo, per la causa di milioni di rifugiati, sfollati, persone in fuga dalla guerra, dalle persecuzioni e così via. Il suo messaggio di solidarietà è fondamentale, oggi. Il gesto che ha fatto, quando è andato a Lesbo e ha riportato a Roma i rifugiati sbarcati in Grecia, è stato uno dei tanti! Quindi, questo ringraziamento e questa conferma del suo impegno a favore dei rifugiati, e anche la sua preoccupazione per le chiusure, per il rifiuto, per la mancanza di solidarietà da parte di tanti governi sono stati i temi molto importanti di questo incontro.

D. – Quindi, queste sono le preoccupazioni che vi hanno trovato d’accordo. Ma su cosa siete convenuti, insieme?

R. – Abbiamo parlato di come si risponde a questa crisi globale. Io ora sto andando a New York perché lunedì prossimo, all’Assemblea Generale (dell’Onu ndr) si terrà, per la prima volta, un vertice di capi di Stato e di governo sulla tematica globale degli spostamenti di popolazione, cioè rifugiati e migranti. Quindi il momento è favorevole al dibattito. Abbiamo convenuto, con il Papa, che è molto importante che questo dibattito non sia incentrato sul respingimento e sul controllo, ma si concentri sul risolvere questi problemi alla radice. Io ho detto al Papa che le questioni fondamentali – ma lo dice anche lui – sono la povertà, il lavoro – come ha detto il Papa più volte – il lavoro è importante, la dignità del lavoro e anche l’autosufficienza che dà il lavoro, ma anche l’educazione e poi, soprattutto, il perseguimento della pace in tanti posti in Africa, in Medio Oriente e altrove, dove la pace non c’è. Il Papa, qualche giorno fa, ha istituito un dicastero per lo Sviluppo Umano – mi ha spiegato – come parte delle riforme che lui sta portando avanti nella Chiesa, e mi ha confermato che della questione dei rifugiati si occuperà personalmente. E questo, secondo me, è un segnale forte, importante di cui noi siamo molto contenti. Io rappresento un’istituzione delle Nazioni Unite, noi facciamo un lavoro anche legale, istituzionale, politico, operativo e quindi la figura del Papa proietta questa causa in una dimensione morale universale che è molto, molto importante. Questo è stato il centro del nostro dibattito.

D. – Lei ha citato, ha ricordato, le date del 19 e 20 settembre, quando a New York si terrà il Vertice dell’Assemblea generale dell’Onu sui rifugiati e migranti. Sul tavolo ci sarà anche una questione molto importante, sollevata da voi con un Rapporto odierno, e cioè quella della necessità dell’istruzione e della crisi nell’istruzione dei rifugiati. Che cosa mettete in luce? Quali sono i dati più importanti?

R. – Il dato più importante, che tra l’altro ho condiviso con il Santo Padre, è un dato numerico: di tutti i bambini rifugiati, solo il 50% frequenta le scuole elementari, il 22% soltanto la scuola dopo la scuola elementare e solo l’1% riesce ad arrivare all’università. Questo è grave. Tutti i bambini hanno diritto all’educazione e hanno bisogno di educazione, ma più che mai i bambini rifugiati che vivono già in una situazione di esilio e che quindi sono sradicati dal loro contesto, sono vulnerabili dal punto di vista sociale ed economico e hanno bisogno della solidità dell’educazione per potere intanto costituirsi una personalità, soprattutto in situazione di esilio, ma anche per prepararsi a un futuro nel quale la loro condizione di rifugiati finirà, sia che tornino a casa propria – che sarebbe la cosa migliore – sia perché siano accolti altrove. Quindi, la salute, l’alimentazione, la casa: queste sono cose importantissime, non sto dicendo che non debbano essere date ai rifugiati, ma non deve essere fatto a scapito dell’educazione che è un bisogno altrettanto primordiale, primario e urgente.

D. – Chiaramente vi soffermate sulla crisi siriana, perché oggi quando si pensa ai rifugiati, il primo pensiero è diretto alla Siria. Però chiedete anche di non dimenticare quei Paesi dove la crisi dei rifugiati ormai è endemica …

R. – Se lei studia quella vasta regione che va dal Medio Oriente “allargato” fino all’Afghanistan, comprende l’Africa settentrionale e l’Africa subsahariana – almeno la parte settentrionale – ci sono almeno 12 conflitti in corso, 12 guerre, alcune delle quali vecchissime, quella in Afghanistan per esempio, altre più recenti, come nella Repubblica Centrafricana o nel Sud Sudan … E questi conflitti hanno un impatto disastroso sui civili che fuggono a milioni! Purtroppo, la Siria è uno di questi, ed è quello che produce il maggior numero di rifugiati ma, come dice lei, non è l’unico! E tutti questi conflitti hanno bisogno in primis di attenzione politica, perché si arrivi a delle soluzione, e poi hanno bisogno di risorse per far fronte alle conseguenze. Io sono appena stato in Uganda, nei Paesi che sono confinanti con il Sud Sudan, giovane nazione disastrata, noi stiamo per accogliere il milionesimo rifugiato sud-sudanese, e questo nello spazio di pochi mesi. Quindi, sono crisi dimenticate, purtroppo abbiamo pochissime risorse per affrontarle e il peso maggiore ricade sui Paesi vicini. Si parla molto della crisi in Europa, ma non dimentichiamo che il 90 per cento di rifugiati, sfollati e altre persone che fuggono, si trova in Paesi fuori dall’Europa, in Paesi che hanno meno risorse.

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Altre udienze di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza Sua Eminenza il Metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca; mons. Emil Paul Tscherrig, Arcivescovo tit. di Voli, Nunzio Apostolico in Argentina; Julio César Caballero Moreno, Ambasciatore dello Stato Plurinazionale di Bolivia, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; Card. Cláudio Hummes, O.F.M., Prefetto emerito della Congregazione per il Clero, con S.E. Mons. Jaime Vieira Rocha, Arcivescovo di Natal (Brasile).

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Motu Proprio del Papa per nuova armonia tra Codice latino e orientale

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È datata 31 maggio 2016, ma è stata pubblicata oggi la Lettera Apostolica “Concordia Codici” di Papa Francesco in forma di Motu Proprio con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di Diritto Canonico. In particolare, per quanto riguarda i rapporti tra appartenenti a Chiesa latina e Chiese orientali, ci sono novità in materia di battesimi e matrimoni. Al contempo è stata resa nota la Risposta autentica riguardante il tema delle irregolarità per ricevere le ordinazioni. Il servizio di Giada Aquilino

L’aumentata mobilità della popolazione ha “determinato la presenza di un notevole numero di fedeli orientali in territori latini”. Di qui la necessità di una nuova “armonia” tra le norme del Codice di Diritto Canonico e quelle del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. A scriverlo è Papa Francesco. Nell’Occidente, prevalentemente latino, occorre trovare - evidenzia il Pontefice - “un giusto equilibrio tra la tutela del Diritto proprio della minoranza orientale e il rispetto della storica tradizione canonica della maggioranza latina”, in modo da evitare “indebite interferenze e conflitti” e promuovere la proficua collaborazione tra tutte le comunità cattoliche presenti.

Per quanto riguarda i battesimi, si riafferma il criterio dell'appartenenza del bambino alla Chiesa sui iuris del genitore cattolico e si introduce l'obbligo di indicare la Chiesa di appartenenza nel registro parrocchiale dei battesimi. Per ciò che concerne, poi, l'eventuale passaggio ad altra Chiesa sui iuris, si stabilisce che, salvo dispensa specifica, venga fatto in questi casi un atto formale di passaggio davanti all'autorità competente e che il suddetto cambiamento venga annotato anche nel libro dei registri di battesimo. Per i matrimoni, si precisa tra l’altro che “solo il sacerdote” assiste validamente alle nozze tra le parti orientali o tra una parte latina e una parte orientale cattolica o non cattolica.

La Risposta autentica di fatto stabilisce che anche i non cattolici sono da ritenere soggetti passibili di quelle irregolarità che costituiscono divieto - per chi avesse tenuto in passato comportamenti riprovevoli - di ricevere l'ordinazione diaconale, sacerdotale o episcopale, senza la necessaria dispensa da parte dell'Autorità. In particolare riguarda chi avesse commesso omicidio o aborto o avesse mutilato gravemente se stesso o un altro o tentato il suicidio. 

Sulle ragioni delle novità introdotte dal Papa, ascoltiamo mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, segretario del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, intervistato da Giada Aquilino

R. – Fondamentalmente quelle di servizio pastorale, per facilitare il lavoro dei parroci e la loro chiarezza, soprattutto nelle Chiese latine che devono accogliere da alcuni anni, da alcuni decenni, tante migliaia di fedeli cattolici di rito orientale. E’ un tentativo di mettere in concordanza la disciplina latina, perché possa servire meglio, soprattutto in campo sacramentale, i fedeli cattolici orientali.

D. - Quindi è una ragione legata all’aumentata mobilità delle popolazioni?

R. – Sì, già si sapeva che c’erano alcune piccole divergenze nei due Codici, però il problema si è accentuato soprattutto con la mobilità e con la emigrazione degli ultimi tempi.

D. – C’era necessità, quindi, di armonia tra le norme del Codice di Diritto Canonico e quelle del Codice dei Canoni delle Chiese orientali, in particolare sui Sacramenti del battesimo e del matrimonio. A proposito del battesimo, allora, cosa è stato deciso?

R. – Si tratta della questione della ascrizione, della Chiesa alla quale si viene ascritti. Che sia chiaro che per il battesimo il bambino viene ascritto alla Chiesa sui iuris, alla Chiesa orientale alla quale i genitori, il papà o la mamma – ci sono regole quando manca uno o manca l’altro – appartengono, e il dovere di trascrivere questo nel registro del battesimo da parte del parroco latino. Sul battesimo c’è poi la nuova indicazione che consente che il sacerdote possa anche battezzare nel caso in cui i bambini siano figli di ortodossi, non cattolici, qualora lo chiedessero.

D. – Cosa cambia, invece, in materia di matrimonio?

R. – Secondo la regola orientale, per la benedizione degli sposi è necessario un sacerdote; nella disciplina latina basta un diacono. Allora qui si dice che per sposare i cattolici orientali ci vuole sempre un sacerdote, non un diacono. In tutto dunque sono modificati dieci canoni, ma le cose fondamentali sono queste.

D. – C’è la Risposta autentica sulle irregolarità per ricevere l’Ordine sacro. Quindi riguarda i divieti di ricevere l’ordinazione diaconale, sacerdotale o episcopale…

R. – Sì, la irregolarità è un divieto per preservare la dignità del Sacramento dell’Ordine. E’ un divieto che concretamente suggerisce al vescovo il bisogno di riflettere, prima di ordinare un candidato, sulla idoneità e concretamente su alcuni aspetti ed episodi della vita del candidato. Ad esempio, l’irregolarità per chi avesse commesso un aborto o un omicidio. Quindi capire se il divieto fosse per aver commesso l’aborto o per avere realizzato il reato canonico dell’aborto, già previsto dalla tradizione latina. In fondo, quindi, si trattava di sapere se questa irregolarità riguardasse anche coloro che avevano realizzato l’aborto prima di essere cattolici o soltanto i cattolici.

D. – Cosa è stato stabilito quindi?

R. – E’ stato stabilito che ci si riferisca all’aver commesso il misfatto, valevole anche per i non cattolici nel momento di averlo compiuto. E’ stato concepito il principio della verità, della realtà, non soltanto la questione puramente formalistica di avere commesso formalmente un reato e di avere commesso un fatto che è quello che quantomeno deve essere preso in considerazione per l’ordinazione.

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Giubileo dei nunzi, Becciu: aperti al dialogo, forti nell'identità

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Si è aperto questa mattina, con la Messa presieduta nella Basilica San Pietro dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, l'incontro dei rappresentanti pontifici in occasione del Giubileo a loro dedicato. Partecipano 106 dei 108 nunzi apostolici attualmente in funzione. Al centro della giornata odierna, due conferenze di aggiornamento nella Sala del Sinodo dell’Aula Paolo VI: la prima si è svolta questa mattina sul tema “Il mondo oggi-La Chiesa oggi-Il Papa Francesco”, tenuta dal preside dell’Istituto universitario Sofia, mons. Piero Coda. La seconda, nel pomeriggio, “Genesi e fattispecie della cultura del gender: come affrontarla, presentata dal rev. Robert A. Ghal, professore associato di etica fondamentale presso la Pontificia Università della Santa Croce. In serata una cena, alla presenza del Santo Padre, nella Casina di Pio IV nei Giardini Vaticani.

La mattinata di domani sarà dedicata a un incontro di lavoro con i superiori della Segreteria di Stato; mentre nel pomeriggio ci sarà una terza conferenza di aggiornamento presentata dal card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, dal titolo: “Dialogo interreligioso, rapporti con l’Islam". In serata, un incontro conviviale con i capi dei Dicasteri della Curia Romana e con gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede residenti a Roma, previsto sulla Terrazza della Pinacoteca dei Musei Vaticani.

Sabato mattina, alle 7.30, nella Cappella di Casa Santa Marta, i rappresentanti pontifici concelebreranno la Santa Messa presieduta dal Santo Padre, per poi riunirsi, sempre nella medesima Cappella, per una riflessione spirituale di mons. Pierangelo Sequeri, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi sul matrimonio e la famiglia. Alle 11.15 saranno ricevuti dal Santo Padre nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Su questo incontro Amedeo Lomonaco  ha intervistato mons. Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato: 

R. – La cosa più bella è che ci si ritrova dopo tanto tempo insieme e insieme si condividono le esperienze, insieme si affrontano i problemi… Sabato mattina avremo la gioia di vivere il Giubileo insieme con il Santo Padre. Sono giornate dedicate all’aggiornamento culturale. Stamattina è venuto mons. Piero Coda, il quale ci ha fatto una bellissima esposizione sul Pontificato di Papa Francesco.

D. - Una conferenza, tenuta questa mattina da mons. Coda su tre focus cruciali: il mondo di oggi, la Chiesa oggi, Papa Francesco. Focus fortemente interrelati e intrecciati tra loro. In fondo, i nunzi apostolici sono chiamati a leggere il mondo di oggi, a portare la voce della Chiesa e quella di Papa Francesco nel mondo…

R. - Mons. Coda ci ha aiutato a dare la giusta interpretazione, il pensiero e il Pontificato di Papa Francesco. Li ha riassunti in quattro parole: misericordia, sinodalità, povertà e incontro. “Misericordia”: siamo nel periodo del Giubileo, stiamo vivendo l’Anno della Misericordia; bisogna avere un cuore aperto al perdono come Dio perdona ciascuno di noi. “Sinodalità”: è un modo di essere nella Chiesa, come Papa Francesco ci ripete spesso. Vedere in comunione, vedere e vivere le problematiche odierne proprio sotto questo aspetto. “Povertà”: non basare la Chiesa su aspetti di ricchezza, di potenza umana, di strumenti umani, ma bisogna fondarla sulla potenza di Dio. “Incontro”: il mondo di oggi ci presenta tante occasioni; anzi, saremo provocati sempre di più dalla presenza di altri gruppi religiosi o culturali diversi da noi. Quindi dovremo dare una risposta come cristiani e, forti della nostra identità, dovremo saperci aprire al dialogo con gli altri.

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Santa Sede: pensioni adeguate sono essenziali a garantire diritti

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Bisogna tutelare i diritti degli anziani, favorendone la partecipazione attiva nella società e contrastando quella “cultura dell’usa e getta” che giudica le persone solo in base alla loro capacità produttiva: lo ha detto mons. Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra. Intervenendo alla 33.ma sessione del Consiglio dei diritti umani, il presule ha individuato, in particolare, tre sfide che deve affrontare oggi la terza età: la povertà, la mancanza di accesso alle cure sanitarie e l’emarginazione sociale.

Pensioni sono essenziali per garantire diritti e dignità dell’anziano
Riguardo alla povertà, mons. Jurkovič ha richiamato l’importanza di un sistema pensionistico adeguato: “Le pensioni – ha detto – sono essenziali per garantire i diritti, la dignità e la sicurezza di un reddito alle persone anziane”. Ma oggi, purtroppo, molti uomini e donne in età avanzata non hanno la possibilità di andare in pensione e quindi “devono continuare a lavorare, spesso con stipendi bassi ed in condizioni precarie”. Tuttavia, ha rimarcato ancora il presule, nonostante le scarse risorse economiche, spesso sono proprio gli anziani a “provvedere ai bisogni dei loro familiari, incluse le cure per i nipoti”. Il tutto mentre la società, “dominata dalla logica dell’efficienza e del profitto”, considera le persone anziane “improduttive ed inutili”.

Accesso sostenibile alle cure mediche
E la situazione non migliora se si affronta il tema della sanità: come ribadito dall’osservatore permanente, occorre promuovere “un accesso sostenibile alle cure mediche attraverso politiche che siano in grado di rafforzare le cure di base e di aiutare le famiglie, anche tramite sussidi economici, a prendersi cura dei loro cari in casa”. Riguardo, poi, all’emarginazione sociale, il presule ha sottolineato come essa vada contrastata partendo dal fatto che le persone anziane vanno valorizzate per “il loro patrimonio di competenza e di esperienza” e non “respinte quando iniziano ad aver bisogno di cure e di assistenza”.

Partecipazione attiva alla società
Di qui, l’appello di mons. Jurkovič ha tutelare “il diritto umano degli anziani a partecipare a tutti gli aspetti della società” e, soprattutto, ad essere “coinvolti nelle decisioni che riguardano la loro vita e la loro integrazione sociale”. “Costruire città inclusive per gli anziani – ha aggiunto il presule – significa generare opportunità per la loro partecipazione economica e sociale, in un ambiente accessibile e sicuro”. E ciò comporta anche avere “abitazioni a prezzi accessibili, cure mediche di base e servizi sociali adeguati”.

Sviluppare politiche più giuste e più eque
In quest’ottica, quindi – è stato l’auspicio del presule – “sarà necessario sviluppare politiche più giuste ed eque, mirate a ridefinire il concetto di utilità sociale per coloro che sono in pensione, ma che sono ancora capaci di rafforzare il tessuto della società tramite il volontariato ed una partecipazione che derivi dall’essere membri rispettati ed esperti della comunità”.

No alla cultura dell’usa e getta
Per questo, il presule ha ribadito che “la Santa Sede ritiene essenziale la promozione di politiche e di sistemi educativi che propongano un’alternativa all’atteggiamento dominante della cultura dell’usa e getta”. “Vivere più a lungo – ha aggiunto ancora mons. Jurkovič – non deve mai essere considerato un’eccezione, un peso o una sfida, ma piuttosto una benedizione, quale effettivamente è”. Per questo, è necessario guardare agli anziani come ad “una fonte di saggezza ed ad una grande risorsa”, in quanto “la qualità della società e della civiltà si possono giudicare da come vengono trattati gli anziani”. “I diritti umani della terza età – ha concluso l’osservatore permanente – diventino una realtà”. (A cura di Isabella Piro)

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Commissione mista cattolico-ortodossa su primato del Papa

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Si è aperta oggi a Chieti, la 14.ma plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. La sessione plenaria sarà co-presieduta, da parte cattolica, dal Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e, da parte ortodossa, dall’Arcivescovo di Telmessos Job Getcha, Rappresentante del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese, che è stato recentemente nominato a questo incarico sostituendo il noto teologo Metropolita Ioannis Zizioulas il quale ha rassegnato le dimissioni per motivi di età. Durante la plenaria, la Commissione prenderà in esame una bozza di documento, redatta dal Comitato di Coordinamento della Commissione riunitosi a Roma lo scorso settembre. Il documento intende proseguire la riflessione avviata dal Documento di Ravenna delineando alcune caratteristiche condivise da cattolici e da ortodossi di un primato al livello della Chiesa universale che sia accettato da tutti come un servizio all’unità. Si tratta di un tema che tocca il cuore del contenzioso storico tra cattolici e ortodossi. Sulle aspettative di questa plenaria ascoltiamo mons. Andrea Palmieri, sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, al microfono di Philippa Hitchen

R. – La speranza è quella di raggiungere un sufficiente consenso per poter pubblicare un documento: è dal 2007, dalla plenaria svoltasi a Ravenna che la Commissione non riesce a pubblicare un nuovo documento. Ma sarebbe molto importante riuscire a raggiungere tale consenso, perché offrirebbe la possibilità di affrontare poi nuove questioni; infatti, soltanto nel quadro teologico ed ecclesiologico del rapporto tra primato e sinodalità si possono affrontare altre questioni ancora aperte nel contenzioso tra cattolici e ortodossi.

D. – Questa Commissione si incontra tre mesi dopo il grande Concilio panortodosso che si è svolto a Creta nel mese di giugno. L’ecumenismo, i rapporti con le altre Chiese, era uno degli argomenti che sono stati affrontati ed è un argomento che ha causato alcune divisioni in questo Concilio. Che effetto avranno i risultati di questo Concilio sul vostro incontro?

R. – Il Concilio panortodosso che si è svolto a Creta ha approvato un documento sui rapporti tra la Chiesa ortodossa e il restante mondo cristiano, quindi di fatto c’è stato in quella sede un consenso tra le Chiese che hanno partecipato a quel Concilio riguardo a questo tema. E quindi siamo fiduciosi che quel consenso raggiunto in quella sede potrà aiutare anche a raggiungere un consenso sul tema che attualmente è in discussione nel dialogo tra cattolici e ortodossi. Il documento è un documento che sicuramente apre nuove prospettive, un documento che attesta la volontà della Chiesa ortodossa di continuare il dialogo teologico non solo con la Chiesa cattolica ma anche con le altre Chiese e comunità ecclesiali. Da questo punto di vista è sicuramente un incoraggiamento anche per il dialogo cattolico-ortodosso.

D. – Questo incontro ha luogo anche qualche mese dopo l’incontro di Papa Francesco con il Patriarca Kirill a Cuba: un grande evento nel rapporto tra Roma e Mosca. Anche questo forse avrà qualche ripercussione sul vostro dialogo, in questa occasione?

R. – Certamente, l’incontro di Cuba avrà un influsso positivo. Tutte le occasioni di incontro, di dialogo e di scambio tra i capi delle Chiese offrono il contesto e il clima per poter portare avanti il dialogo teologico. Ma noi dobbiamo ricordare anche un altro storico incontro che c’è stato nel corso di quest’anno: quello di Papa Francesco, il Patriarca Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Hieronimus, a Lesbo. Il dialogo teologico non è qualcosa di separato rispetto al cammino della vita delle Chiese; il dialogo teologico, quando è veramente tale, non semplicemente discussione accademica, riguarda il cuore della vita della Chiesa. Non a caso il tema della sinodalità e del primato sono al centro dell’attenzione sia della Chiesa cattolica sia della Chiesa ortodossa: entrambe le Chiese si interrogano su come vada esercitata la sinodalità nel rapporto con il primato. E questo, non soltanto per un interesse intellettuale, ma perché il rapporto è con la missione stessa della Chiesa: basta vedere come nella Esortazione apostolica “Evangelii Gaudium” il Papa ponga proprio le questioni della riforma del Papato e la questione della sinodalità, nel documento in cui si parla proprio della nuova evangelizzazione. Discutere di questi temi significa anche pensare insieme una Chiesa riconciliata che possa essere al servizio della missione della Chiesa di portare il Vangelo a tutti gli uomini, anche gli uomini di oggi che magari, pur essendo battezzati, non vivono pienamente la loro adesione alla Chiesa.

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Il grazie dei vaticanisti a Lombardi, esempio di servizio alla Chiesa

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Si è tenuta stamani nella Chiesa Sant’Anna in Vaticano una Messa di ringraziamento per il servizio alla Sala Stampa della Santa Sede di padre Federico Lombardi, conclusosi il 31 luglio scorso, dopo 10 anni di incarico come direttore. Successivamente la comunità dei vaticanisti ha salutato padre Lombardi in Sala Stampa vaticana in un momento conviviale. C’era per noi, Alessandro Gisotti

Questo è il modo più bello di festeggiare: trovarsi assieme per pregare, nel momento più importante, la Messa. Padre Federico Lombardi ha sintetizzato così i suoi sentimenti, nell’omelia della celebrazione di ringraziamento per il suo servizio alla Sala Stampa Vaticana. A presiedere la Messa nella Chiesa di Sant’Anna in Vaticano, l’arcivescovo Paul Tighe, segretario aggiunto del dicastero della Cultura. Concelebranti mons. Lucio Ruiz, segretario della Segreteria per la Comunicazione, e padre Antonio Spadaro, direttore di “Civiltà Cattolica”.

P. Lombardi: affidiamo il nostro lavoro e la nostra vita a Gesù
Commentando il Vangelo odierno, padre Lombardi ha confidato che l’immagine del Cuore di Gesù trafitto che ci dona la vita è quella che gli è più cara, perché è il segno di un servizio totale per gli altri. Quindi, ha invitato tutti a pregare il Signore e la Vergine, che è rimasta sotto la Croce, affinché ci possano accompagnare nella nostra vita e nel nostro lavoro. Dal canto suo, al termine della Messa, padre Spadaro ha rivolto un indirizzo di saluto e ringraziamento all’ex direttore della Sala Stampa e della Radio Vaticana, mettendo l’accento su tre punti che contraddistinguono padre Lombardi: la cura per le persone, l’essenzialità, la flessibilità dinanzi alle tante sfide che ha dovuto affrontare.

Termina il servizio, ma non l’amicizia e la vicinanza
Dopo la Messa, i “compagni di lavoro” per tanti anni di padre Lombardi lo hanno salutato in un momento dal sapore familiare alla Sala Stampa. Tra i presenti, oltre al direttore della Sala Stampa, Greg Burke, e la vice Paloma G. Ovejero, anche il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian. Per tutti, ha rivolto un saluto Cindy Wooden, caporedattrice del Catholic News Service, ringraziando il gesuita in particolare per la pazienza e disponibilità che ha sempre dimostrato, anche nei momenti più difficili e delicati. Parole che padre Federico Lombardi ha accolto con gratitudine, rinnovando il suo affetto per la comunità dei vaticanisti:

“… buona continuazione del vostro lavoro, grazie di tutta questa gentilezza e di questo vostro desiderio anche di dirmelo con molta semplicità in modo diretto. Rimaniamo amici e vicini e anche ci comprendiamo a vicenda nel nostro servizio. Grazie di tutto!”.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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Dignità da contagiare: all’Associazione biblica italiana il Papa ricorda che Dio ha creato uomo e donna a sua immagine

Codici in armonia: Motu proprio di Francesco

Carlo Maria Polvani: I sette samurai del pensiero astratto. In un libro di Chiara Valerio il lato umano della matematica

Principe degli epigrafisti: un articolo di Giuseppe Zecchini in memoria di Silvio Panciera

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Oggi in Primo Piano



Mons. Nona: liberazione Mosul avvenga senza la guerra

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Il vicesegretario di Stato americano Antony Blinken, in visita a Baghdad, ha affermato che le forze irachene, appoggiate dalla Coalizione internazionale a guida statunitense, hanno strappato finora al sedicente Stato Islamico la metà dei territori che aveva conquistato nel 2014, l'anno della sua massima espansione nel Paese. Blinken ha anche annunciato lo stanziamento di 181 milioni di dollari da parte di Washington per aiuti umanitari, che dovranno servire soprattutto per far fronte ad una nuova ondata di sfollati prevista per quando le truppe lealiste lanceranno l'offensiva per riconquistare Mosul, la seconda città più grande del Paese, considerata la 'capitale' dei jihadisti in Iraq. Michele Raviart ne ha parlato con mons. Amel Shamon Nona, arcivescovo emerito di Mosul e ora vescovo dell’eparchia di S.Tommaso apostolo di Sydney dei Caldei, in questi giorni a Roma ospite di Aiuto alla Chiesa che Soffre: 

R. - La nostra comunità è veramente molto preoccupata per la liberazione della città e della Piana di Ninive. A che prezzo sarà liberata la città? Se ci sarà una battaglia, una guerra nella città o nella Piana di Ninive, come è accaduto nelle altre città dell’Iraq, sarà un disastro, perché le altre città – come abbiamo visto – sono state tutte distrutte. È logico che quando in una città c’è una battaglia tutto viene distrutto. La nostra comunità è molto preoccupata. Speriamo che questa liberazione avvenga senza la guerra.

D. - Loro immaginano di tornare a vivere a Mosul?

R. - É molto difficile pensare che i cristiani possano tornare a Mosul. Nella Piana di Ninive è possibile; stanno aspettando.

D. – C’è paura per la condizione delle case? Sono state svuotate, saccheggiate …

R. – Tutte le case dei villaggi cristiani sono state saccheggiate fin dai primi giorni … tutte!

D. – Quale futuro immagina per la comunità cristiana?

R. - Noi come cristiani dobbiamo sempre avere la speranza. La nostra missione è quella di vivere come cristiani in quella terra. Pensiamo concretamente che ci sarà una comunità anche in Iraq, ma sarà maggiormente concentrata nel Nord del Paese. Speriamo che coloro che oggi si trovano in quelle zone rimangano lì e non vadano via.

D. - Il Papa ha ricordato come oggi ci siano più martiri cristiani rispetto ai primi secoli. Questo riguarda anche i cristiani del Medio Oriente...

R. – Il Santo Padre in molte occasioni parla di quello che accade ai cristiani in Iraq. Il genocidio, durato due anni, è stato un fatto reale, concreto. Ma c’è anche oggi, perché quando una comunità viene sradicata dalla sua terra, dal suo passato, da tutto ciò che possiede, questo è genocidio!

D. – Lei si trova in Australia. Che vuol dire gestire da così lontano una comunità che appartiene ad uno dei luoghi più antichi del cristianesimo?

R. - Quello che è accaduto alla nostra comunità in Iraq ha avuto un effetto negativo anche sui nostri fedeli in Australia, perché sono tutti iracheni, sono tutti venuti dall’Iraq. Proviamo sempre a fare qualcosa per aiutare i nostri fedeli rimasti là. Questo aiuto li rende più “comunità” perché fa sentire loro il bisogno di essere cristiani, di essere una comunità forte per aiutare anche gli altri che vivono una situazione difficile.

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Congresso Eucaristico. Bagnasco: evento di speranza e misericordia

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Con la Santa Messa in Piazza Matteotti, presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, si apre stasera a Genova il 26.mo Congresso Eucaristico Nazionale. "L'Eucaristia sorgente della missione: nella tua Misericordia a tutti sei venuto incontro" è il tema attorno al quale si ritroveranno, fino a domenica, nel capoluogo ligure, delegazioni provenienti dalle diocesi di tutta Italia per quattro giorni di preghiera, riflessione e testimonianze. Fabio Colagrande ha sentito lo stesso porporato, arcivescovo di Genova e inviato di Papa Francesco al Congresso: 

R. – Sono un po’ emozionato… Sono molto contento di questo, anche della mia emozione, perché sottolinea il fatto che avverto interiormente, con tutto me stesso, la bellezza e l’importanza di questo momento eucaristico, che raccoglie la Chiesa italiana. Anche in quanto inviato del Santo Padre, sono molto grato e questo aumenta la mia emozione. Sono molto contento e sereno.

D. – La scelta del tema di questo Congresso, dalla Quarta Preghiera eucaristica, lega proprio l’Eucaristia con la misericordia in questo Anno Santo. Come riassumerebbe questo collegamento?

R. – Se Gesù – come ha scritto Papa Francesco – è il volto della misericordia di Dio, l’Eucaristia, essendo la presenza reale di Cristo, possiamo dire che è il volto sacramentale della misericordia. E quindi l’Eucaristia diventa veramente il luogo espressivo, visibile della misericordia del Signore, di cui tutti abbiamo bisogno.

D.- Potremmo dire che, nell’Eucaristia, Dio esce da se stesso e ci spinge a fare altrettanto, a uscire da noi stessi…

R. – Infatti, l’Eucaristia ci spinge alla missione e alla carità. Dall’Eucaristia celebrata e adorata – come faremo in questi giorni – saremo spinti a vivere l’Eucaristia nella dimensione della maternità e della missionarietà. E questo sarà sottolineato fortemente proprio in questi tre giorni di Congresso, attraverso le opere di misericordia e attraverso le catechesi dei vescovi.

D. – Un Congresso che raccoglie l’eredità del Convegno Ecclesiale di Firenze di circa un anno fa. In che modo?

R. – Ricordiamo i "cinque verbi" di Firenze, che abbiamo tratto dall’Evangelii Gaudium: uscire, abitare, educare, annunciare e trasfigurare. Bene, questi cinque verbi, che sono stati richiamati anche dal Santo Padre, verranno applicati come una lente particolare al tema dell’Eucaristia. Le catechesi dei vescovi parleranno tutte dell’Eucaristia, ma ciascuna attraverso questo taglio specifico di uno di questi cinque verbi. E questo è un primo aspetto fondamentale, che ci lega fortemente e porta avanti il Congresso di Firenze e il grande discorso che il Papa ci ha donato.

D. – Ci sono dei frutti concreti, eucaristici, che lei si aspetta da questo Congresso? Per esempio, per quanto riguarda l’abitudine dei laici a frequentare la Santa Messa…

R. – Questo sicuramente è un auspicio, una speranza che tutti abbiamo nel cuore! Ma anche – allo stesso tempo – che non si perda quel frutto già in atto, che è una grande partecipazione, una grande collaborazione di laici nella preparazione a questo Congresso. C’è stato un grandissimo lavoro da parte delle comunità cristiane, dei laici più impegnati nei diversi settori, che ci ha sorpreso e che ha reso particolarmente tutti molto contenti. Direi che gli stessi laici, avendo gustato la bellezza di camminare insieme per gli obiettivi comuni alti, non vogliono perdere questo valore e questa esperienza.

D. – C’è urgenza di ricostruire un tessuto di comunione nel Paese. Questo Congresso Eucaristico può dare slancio anche a questo?

R. – Lo speriamo proprio tanto, perché – come lei dice – c’è un grande bisogno di intesa e di camminare insieme, con umiltà e con dedizione. Perché le opinioni diverse - nel sociale, nella politica, ovunque - sono più che legittime evidentemente; però, quando si tratta di individuare e di perseguire il bene comune, il bene del Paese, bisogna anche saper fare qualche passo indietro, perché lo scopo vale molto di più delle nostre singole e private opinioni.

D. – E la colletta per i terremotati di domenica è un gesto di comunione molto forte…

R. – Sì, si! Immediatamente ci siamo attivati come vescovi e abbiamo deciso - come presidenza - un primo stanziamento di un milione dell’8 per mille e deciso subito questa colletta nazionale, che si farà in tutte le parrocchie d’Italia. Noi la faremo a Genova, naturalmente, durante la Messa conclusiva.

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Vertice di Bratislava: l'Ue guarda al proprio futuro

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Domani si riuniranno, a Bratislava, i capi di Stato e di governo dei Paesi membri dell’Unione Europea per un vertice “informale” straordinario. Oggi invece si chiude a Plovdiv, in Bulgaria, il meeting di dieci capi di Stato dell’Unione sul tema “United for Europe”. Tanti i temi all’ordine del giorno a Bratislava tra cui immigrazione, terrorismo ed economia. Sarà il primo vertice senza il Regno Unito. Andrea Walton ne ha parlato con Christian Blasberg, docente di Contemporary History presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, partendo proprio dal tema dell’ìmmigrazione: 

R. – Sicuramente l’Unione Europea è più indicata per cercare di risolvere questo problema. E’ il problema infatti che più occupa l’Unione in questo momento. Certamente, bisogna vedere cosa esce fuori domani da questo Vertice di Bratislava, in cui i pesi, all’interno dell’Unione Europea, si sono un po’ spostati. Si è visto proprio oggi l’incontro degli Stati del Mediterraneo che potrebbero presentarsi in un fronte comune a Bratislava e confrontare la Germania in questa questione. Indubbiamente la Germania e i Paesi del Mediterraneo sono in realtà sulla stessa linea, ma poi subentra anche la politica economica e in questo senso invece sono su fronti opposti. Quindi, è molto interessante vedere cosa uscirà fuori, se riusciranno a trovare un accordo che vada praticamente al di là, elimini le questioni economiche e si concentri sul problema dei rifugiati per una linea comune dell’Europa.

D. – Tornando, dunque, al tema dell’unità dell’Unione Europea, quali possono essere i possibili sviluppi?

R. – In questo momento, questo sembra veramente il caso. Vediamo che si è creato un fronte molto forte contro la Germania e vediamo che gli Stati del Mediterraneo cercano di trovare un’unità e soprattutto molti governi degli Stati mediterranei sono guidati dal centro-sinistra, come i socialisti. Anche dal punto di vista politico, quindi, questo è un gruppo più o meno omogeneo, che sicuramente sposta gli equilibri all’interno. Dipende sempre da cosa farà la Germania.

D. – Quanto peserà l’assenza del Regno Unito?

R. – Questo, come ho detto, sposta gli equilibri e rischia di mettere la Germania in una posizione di isolamento, perché la Germania ha perso proprio il suo migliore alleato. L’asse Inghilterra-Germania, infatti, è stata quella che ha garantito che la politica dell’austerity nel passato potesse essere applicata, mentre nella zona mediterranea non si è mai trovata una posizione veramente rigorosa contro questa politica. Adesso, invece, le cose sono diverse, soprattutto poi se questo fronte si compatta. Gli Stati del Mediterraneo, infatti, spingono affinché l’Inghilterra esca velocemente per avere così in mano, in un certo senso, anche la Germania. L’uscita dell’Inghilterra, dunque, sicuramente è un elemento molto, molto forte, essendo la seconda più grande economia dell’Unione Europea. L’Europa, quindi, si ridefinisce nel senso di uno spostamento anche dei valori, tornando magari anche ai valori originari dell’Unione Europea.

D. – Quale potrebbe essere lo scenario post-Bratislava per l’Unione Europea? Ci saranno decisioni che peseranno sul futuro dell’Unione Europea oppure no?

R. – Potrebbero esserci se questo fronte, che abbiamo visto ad Atene, in una specie di pre-vertice, rimane effettivamente compatto. E qui ovviamente è centrale anche la posizione dell’Italia, perché l’Italia certamente, da un certo punto di vista, vuole imporsi come un potenziale leader del fronte mediterraneo, soprattutto sfruttando anche le debolezze della Francia. La Francia, per esempio, non ha una posizione molto forte in questo momento e il presidente Hollande è molto indebolito anche all’interno. Quindi l’Italia potrebbe approfittare di questa posizione e farsi leader.  

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Ragazza suicida. Difficile garantire il diritto all'oblio

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La procura di Napoli indaga per induzione al suicidio, sul caso di Tiziana Cantone, la trentunenne che si è tolta la vita dopo la diffusione sul web, a sua insaputa, di un video a sfondo sessuale di cui era stata consapevolmente protagonista. La donna aveva cercato di esercitare il suo diritto all’oblio, ovvero la rimozione del video da internet, ma la gogna mediatica si era fatta troppo pesante. La ragazza aveva anche vinto la causa per far scomparire il filmato, ma i giudici l’avevano condannata al pagamento di 20mila euro di spese processuali perché riconosciuta consenziente nel momento della realizzazione del girato. Un caso, questo, che rivela, drammaticamente, come la tutela legislativa per il diritto all’oblio abbia i suoi limiti, come spiega al microfono di Paola Simonetti, il prof. Giovanni Ziccardi, docente di informatica Giuridica alla Statale di Milano: 

R. – Secondo me c’è un forte limite tecnico, nel senso che è vero che la giurisprudenza, il garante per la privacy e la legge prevedono il diritto per una persona di cercare di far rimuovere informazioni che non siano più attuali e che la riguardino, ma dal punto di vista tecnico l’oblio non esiste, ossia un’informazione, un atto finito in rete rimarrà per sempre. Questa è una cosa che i tecnici sanno, rimarrà per sempre perché la caratteristica del dato digitale è la persistenza: un’informazione, un video, una foto possono anche rimanere quiescenti per un certo periodo, ma una volta che è in formato digitale tornerà e si ripresenterà. Quindi diciamo che il diritto all’oblio è una bellissima elaborazione da parte del diritto giurisprudenziale e funziona in molti casi, ma dal punto di vista tecnico la velocità di diffusione delle informazioni in rete è molto superiore. Molto spesso quindi questo diritto si rivela vano.

D. - L’uso del web però è ormai quotidiano, diremmo quasi istintivo, oltre che necessario. Quali sono le imprudenze che sarebbe bene non commettere per evitare di rendersi visibili in modo così dannoso?

R. - Secondo me è importante la consapevolezza, una volta che un’informazione circola in rete, questa non può più essere recuperata, è sfuggita alla nostra disponibilità. Questa si chiama analisi del rischio: ogni cosa che viene fatta, ogni post che stiamo per scrivere, ogni messaggio che stiamo per far circolare, ogni video che stiamo per diffondere, bisogna capire che dopo non si può più tornare indietro. Un approccio di questo tipo servirebbe molto ad aumentare le difese. Purtroppo molto spesso questa idea non si ha; si pensa che dopo ci sia, in qualche modo, la possibilità di rimediare, rincorrere i nostri dati e cancellarli uno ad uno, ma oggi, con la mole di dati che circolano, non è più assolutamente possibile. Il mio consiglio è sempre una grande tutela preventiva prima del fatto, perché dopo rincorrere il dato digitale diventa assolutamente impossibile.

D. - Da questo punto di vista sarebbe bene una maggiore informazione rispetto all’uso del web. Forse c’è una disinformazione da parte degli utenti, visto che oramai il web è diffuso davvero in ogni categoria sociale?

R,. - Secondo me molto spesso c’è una mancata percezione della capacità di amplificazione che possiede il mezzo tecnologico: cose che noi crediamo possano rimanere nella nostra sfera intima, uno stato su Facebook, un tweet, in realtà in pochi secondi diventano virali, iniziano a circolare, hanno un’amplificazione di tutto quello che noi diciamo e di tutto quello che noi facciamo. Quindi sicuramente una maggiore consapevolezza delle reazioni del mondo digitale a ciò che noi facciamo è molto importante. Molto spesso si sottovaluta la capacità, la potenza e la capacità di diffusione dei dati da parte della tecnologia.

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Sisma: primo giorno di scuola ad Arquata del Tronto

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Sono iniziate, questa mattina, alle ore 08:30, le lezioni per 90 alunni delle scuole materna, elementari e medie ad Arquata del Tronto. Gli studenti sono stati accolti nelle tensostrutture allestite dagli Alpini, in tempo di record, per permettere l’avvio dell’anno scolastico nei comuni colpiti dal terremoto, come da calendario. All’inaugurazione era presente il presidente della Regione Marche, Luca Ceriscioli. Numerose sono state le iniziative di solidarietà finalizzate a rendere l’avvio delle lezioni meno duro, come la "merenda contadina" promossa dalla Coldiretti. Maria Carnevali ha raggiunto telefonicamente Patrizia Palanca, dirigente dell’Istituto Comprensivo di Acquasanta Terme 

R. – I bambini sono sempre meravigliosi, e quello che ci regalano è sempre inaspettato. Questa mattina, quando hanno trovato la tensostruttura con le tende, sono rimasti davvero stupiti e nei loro occhi c’era senz’altro la curiosità e la gioia di iniziare un anno scolastico in modo straordinario: non ordinario, non nella solita classe. E questo senz’altro è stato un elemento positivo. Invece, per noi grandi è veramente un grande stupore perché in tempi record, avere strutture già attrezzate di tutto punto e ritrovarci in classe, dal momento che il 24 agosto al mattino non avevamo più niente, non avevamo più scuole, non sapevamo neanche se avevamo più gli alunni, se erano sepolti sotto le macerie … Quindi, senz’altro oggi possiamo dire: “Tutti a scuola”, ritorniamo di nuovo a vivere e ricostruiamo comunque un borgo, una società e dei comuni, perché intorno a una scuola orbitano tante famiglie e la costituzione di tutta una comunità!

D. – Le lezioni sono riprese all’interno di tensostrutture: come si è proceduto affinché il via dell’anno scolastico fosse come da calendario il 15 settembre, e non venisse rimandato?

R. – Questo è stato tutto sicuramente merito del ministro che ha istituito o costituito una task-force a Rieti, distaccando due direttori generali, distaccando anche operativamente più di due funzionari con noi, cercando di assisterci, sostenerci in tutto, anche negli aspetti psicologici dei docenti prima, degli alunni poi.

D. – Le tensostrutture sono provvisorie. Verranno poi realizzati dei moduli prefabbricati permanenti, da utilizzare nei prossimi mesi?

R. – In tutti i comuni le fasi sono principalmente tre. La prima, in tensostruttura, la seconda fase prevede nello spazio immediato nel comune di Arquata, dei moduli prefabbricati; la terza fase prevedrà la ricostruzione, demolendo le strutture semidistrutte attuali degli edifici scolastici, costruendo una nuova scuola.

D. – Lei questa mattina si trovava lì, tra le tende-aule: come stanno i bambini? Come, insieme ai genitori, si avvicinano a questa, che è la prima tappa della ricostruzione?

R. – Li ho visti sereni, li ho visti tranquilli; hanno cantato l’Inno dell’Istituto, hanno suonato la campanella virtuale per entrare tutti in classe, sono stati accompagnati dai genitori … Nei loro occhi, nei loro sguardi come in quelli dei genitori c’era tanta serenità, perché – vede – queste strutture, così in tenda, danno sia ai genitori sia a loro una prerogativa importante: la sicurezza.

D. – Quale aiuto, anche in ambito psicologico, verrà fornito ai bambini e alle loro famiglie per iniziare questo anno scolastico?

R. – Siamo assistiti dall’équipe degli psicologi mandati sempre dal Ministero che sono coordinati da Federico Bianchi; in ogni scuola c’erano psicologi e c’era il responsabile della sicurezza, perché la prima lezione di questa mattina è stata quella delle prove di addestramento per l’evacuazione per ricordare quali sono le norme e qual è la cultura della sicurezza.

D. – La Coldiretti ha realizzato delle “agri-bags”, contenenti frutta e dolciumi per gli studenti; il campione del mondo di pizza preparerà la merenda … Cosa pensa di queste e delle altre iniziative di solidarietà realizzate, e quanto questo può contribuire ad aiutare i ragazzi a ritrovare la normalità?

R. – In questi giorni davvero sono stati coccolati e assistiti sotto tutti gli aspetti. Consideri la pizza per tutti, che è un evento che già di per sé dà gioia e festa: quindi, genitori e alunni che si avvicinavano a questa pizzeria volante, così, improvvisata. Lo stesso, tutte le associazioni di volontariato hanno orbitato intorno a questi alunni e a questi genitori, organizzando incontri, organizzando feste, per dare il meglio dello spaccato di una vita sociale che sembrava persa per sempre e che invece hanno ritrovato in modo più forte, con maggiore entusiasmo.

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Nella Chiesa e nel mondo



Indonesia-Santa Sede: la priorità è il dialogo interreligioso

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E’ quello della promozione del dialogo interreligioso il tema prioritario nelle relazioni bilaterali tra Indonesia e Santa Sede. Ad affermarlo è stato l’ambasciatore della Repubblica di Indonesia presso la Santa Sede, Agus Sriyono, in occasione del 71.mo anniversario dell’indipendenza del Paese asiatico, celebrato ieri.

L'Indonesia garantisce una convivenza pacifica tra le religioni
L’ambasciatore Sriyono ha sottolineato l’importanza dell’impegno profuso dal suo governo per garantire una convivenza pacifica ed armonica tra le diverse componenti religiose del Paese, tutelate dalla Costituzione. Un impegno che assume un significato ancora più attuale alla vigilia della Giornata Indonesiana della Gioventù in programma nella città di Manado dal 3 al 6 ottobre di quest’anno. 

Il Paese a maggioranza musulmana conta diversi milioni di cristiani
​L’Indonesia, con i suoi 250 milioni di abitanti è, infatti,  il più grande Paese asiatico a maggioranza musulmana (oltre l’87%), ma conta anche diversi milioni di cristiani e di appartenenti ad altre religioni minoritarie come i buddhisti, gli shintoisti e gli hindu. Una ricchezza anche culturale che trova riscontro nel motto nella nazione indonesiana “Bhinneka Tunggal Ika”, cioè Unità nella Diversità.  

Due progetti culturali indonesiani ai Musei Vaticani
In occasione del ricevimento all’ambasciata dell’Indonesia presso la Santa Sede, l’ambasciatore Sriyono ha anche voluto sottolineare la sempre maggiore collaborazione in campo culturale con il Vaticano che porterà quest’anno alla realizzazione di due nuovi progetti all’interno della sezione etnologica dei Musei Vaticani: la costruzione del Giardino di Borobudur e di un Giardino delle spezie indonesiane. (S.L.)

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Chiese europee: incontro su opere di misericordia oggi in Europa

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“Misericordia significa testimoniare la fede con le opere”. Con questo tema, si apre questa sera a Sarajevo (Bosnia-Erzegovina) con una celebrazione eucaristica presieduta dal card. Vinko Puljić, arcivescovo della città, l’incontro sulle Opere di misericordia oggi in Europa, promosso dalla Commissione Ccee “Caritas in Veritate” e da un gruppo di organismi ecclesiali operanti in Europa: Caritas Europa, Comece, Commissione Giustizia e pace Europa, Federazione europea delle associazioni di medici cattolici, Commissione internazionale cattolica per le migrazioni, Commissione internazionale per la pastorale cattolica nelle prigioni – sezione europea, Federazione europea dei banchi alimentari, Centro europeo per le questioni dei lavoratori, Unione internazionale cristiana dei dirigenti d’impresa.

La carità ha bisogno della fede e la fede della carità
“Nell’Anno della Misericordia, e insieme a questa rete di organismi ecclesiali operanti in Europa, il Ccee ha voluto cogliere l’invito di Papa Francesco a mostrare come una fede autenticamente vissuta, si trasforma in opere e diventa quindi risposta, nel modo più adeguato ed efficace, ai bisogni di tutte le persone che quotidianamente incontriamo”, così - riferisce l'agenzia Sir - spiega l’incontro di Sarajevo, mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee, e prosegue: “Esiste infatti uno stretto legame tra fede, missione evangelizzatrice della Chiesa e le opere di carità. Questi organismi ecclesiali lo testimoniano quotidianamente con il loro servizio ai più bisognosi. Di fatto, per i cristiani, non è possibile pensare la carità (la misericordia operante), senza la fede: sarebbe ridurre l’istituzione ecclesiale a mera Ong, né è possibile pensare la fede senza la carità: sarebbe ridurre la fede ad una prospettiva disincarnata. La fede invece ha bisogno delle opere: questo ci dice la Misericordia di Dio”.

Al centro dell’azione della Chiesa, la persona umana bisognosa dell’amore di Dio
I lavori proseguiranno fino a domenica 19 settembre con momenti di riflessione e di testimonianza, intesi a mostrare come al centro dell’azione della Chiesa sta la persona umana sempre bisognosa dell’amore di Dio. Nel corso dell’incontro, gli organismi ecclesiali operanti in Europa testimonieranno come essi vivono la misericordia quotidianamente e come essi intendono testimoniarla attraverso le opere. (R.P.)

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Siria: Acs ricostruisce la cattedrale melchita di Homs

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“Grazie di cuore. La ricostruzione di questa cattedrale, dedicata a Nostra Signora della Pace, è fondamentale affinché i cristiani restino ad Homs e le famiglie che negli ultimi anni hanno abbandonato la città vi facciano ritorno”, così mons. Jean Abdou Arbach, arcivescovo melchita di Homs, Hama e Yabrud, ringrazia Aiuto alla Chiesa che Soffre attualmente impegnata nel sostenere la ricostruzione della cattedrale melchita di Homs. 

Molte famiglie cristiane hanno fatto ritorno ad Homs
Un tempo casa di 270 famiglie greco-melchite, Homs ha vissuto sotto l’assedio dei ribelli dal maggio 2011 al maggio 2014. La maggiore sicurezza della città - riferisce l'agenzia Sir - ha fatto sì che negli ultimi mesi molte famiglie cristiane potessero farvi ritorno. “Oggi sono già 70 le famiglie melchite rientrate ad Homs – racconta mons. Arbach – ma la cattedrale è l’unica chiesa di cui disponiamo, senza la quale non possiamo celebrare la Messa. La nostra speranza è che sempre più fedeli possano tornare nelle loro case, ma non lo faranno se non avranno una chiesa in cui pregare”. 

Durante l’assedio la cattedrale greco-melchita era stata trasformata in una caserma
Le icone sono state gravemente danneggiate e alcune volutamente sfigurate, le colonne e l’ambone parzialmente distrutti e molti arredi e oggetti liturgici bruciati. Le tombe dei sacerdoti che si trovavano nella cripta sono state profanate. “La cattedrale restaurata – afferma il presule – sarà il segno tangibile dell’esistenza della comunità cristiana”. Accanto alla cattedrale sarà ricostruito anche l’arcivescovado, così che anche il vescovo possa di nuovo risiedere stabilmente ad Homs. 

Progetti di Acs per permettere ai cristiani di restare in Siria
Il progetto si inserisce nell’ambito di numerosi interventi di Aiuto alla Chiesa che Soffre – per un totale di quasi 15 milioni di euro donati dal marzo 2011 all’agosto 2016 – volti a permettere alla comunità cristiana di rimanere in Siria. “Quello ai danni dei cristiani siriani è indubbiamente un genocidio – commenta mons. Arbach – che dobbiamo combattere aiutando i fedeli a restare in Siria. Altrimenti la nostra comunità seguirà il tragico destino dei nostri fratelli nella fede di Terra Santa, dove i cristiani sono ormai meno del 2%”. (R.P.)

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Iraq: cristiani rifugiati partecipano ai riti della Santa Croce

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La settimana di celebrazioni liturgiche e comunitarie programmate in occasione della festa dell'Esaltazione della Santa Croce ad Ankawa, sobborgo a maggioranza cristiana di Erbil, si è conclusa la sera di martedì scorso con una lunga processione partita dalla chiesa di San Giorgio, accompagnata da canti e preghiere, e con una cerimonia svoltasi presso uno stadio locale. Ai momenti di devozione - riferisce l'agenzia Fides - ha preso parte anche una moltitudine di profughi cristiani che dalla primavera del 2014 hanno trovato rifugio ad Ankawa dopo essere fuggiti da città e villaggi della Piana di Ninive conquistati dalle milizie jihadiste dell'auto-proclamato Stato Islamico.

Preghiere dei profughi per poter rientrare nelle terre occupate dall'Is 
Alla processione e alla cerimonia hanno preso parte molti sacerdoti, religiosi e religiose impegnati nella cura pastorale dei rifugiati, insieme all'arcivescovo Bashar Warda - alla guida dell'arcieparchia caldea di Erbil – e al vescovo Bawai Soro, che solitamente svolge il suo ministero pastorale al servizio delle comunità caldee negli Stati Uniti. Durante le cerimonie la moltitudine dei presenti ha ascoltato alcune letture bibliche, i fedeli hanno chiesto nella preghiera comune anche il dono di poter tornare alle proprie case e il ritorno della pace in tutto il Medio Oriente.

Una settimana di celebrazioni ed eventi
​Durante la settimana di celebrazioni, tutte le chiese e le comunità di Ankawa avevano preso parte a un articolato programma comprendente momenti di preghiera, attività ricreative e iniziative di carattere sociale e caritativo, compresa quella del “mercato della carità” rimasto attivo per tutta la durata dei festeggiamenti. (G.V.)

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Ad Assisi il meeting internazionale “Nostra Madre Terra”

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Ecologia, ambiente, energie alternative, religione, uomo e natura. Questi i temi del meeting internazionale ”Nostra Madre Terra”, giunto al dodicesimo anno, sulla salvaguardia del creato organizzato dal Sacro Convento di Assisi con il ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. L’edizione 2016 - riferisce l'agenzia Sir - si svolgerà dal 17 al 20 settembre in occasione dell’incontro internazionale “Sete di pace – religioni e culture in dialogo” che il 18 vedrà la presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di Papa Francesco il 20 settembre. 

Apertura con un concerto di Uto Ughi
​Sarà Uto Ughi con l’Orchestra da camera “I Filarmonici di Roma” il 17 settembre alle 17.30 ad aprire, con un concerto gratuito nella piazza Inferiore della Basilica di San Francesco, il meeting dedicato all’ambiente e l’incontro internazionale al quale parteciperanno 511 leader religiosi provenienti da tutto il mondo. 

Tre gli incontri e 23 i relatori per l’evento sull’ambiente
Il primo panel, “Cura e salvaguardia del creato”, si terrà il 19 settembre alle 9.30 e sarà presieduto dal direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana. All’incontro parteciperanno il custode del Sacro Convento di Assisi, padre Mauro Gambetti, il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gian Luca Galletti, l’Amministratore delegato Eni, Claudio Descalzi, il direttore generale di Comieco (Consorzio nazionale per il recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica), Carlo Montalbetti, l’amministratore delegato di Leonardo, Mauro Moretti, il presidente di Trenitalia, Tiziano Onesti, e il direttore di Enel Italia, Carlo Tamburi. Gli altri incontri “Cibo e acqua per tutti” e “Le religioni e la salvaguardia del creato” si terranno il 19 settembre alle 16.30 e martedì 20 settembre alle 9.

Tutti siamo chiamati a custodire il Creato
“È il momento di cambiare i nostri stili di vita per custodire il Creato, con l’impegno e la determinazione proposta da Francesco d’Assisi – ha dichiarato il direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, padre Enzo Fortunato – e consegnarlo alle future generazioni. È un impegno che deve riguardare tutti, come ha ricordato più volte Papa Francesco. Nessuno deve sentirsi escluso da un impegno quotidiano di salvaguardia del Creato, di uso corretto, rispettoso e solidale delle risorse”. (R.P.)

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Argentina: incontro vescovi-sindacati sulla grave crisi economica

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I leader della "Central General de Trabajadores" (Cgt - Sindacato centrale dei Lavoratori) di tutto il Paese, si sono incontrati nel pomeriggio di ieri, con mons. José María Arancedo e mons. Carlos Malfa, rispettivamente presidente e segretario generale della Conferenza episcopale argentina (Cea), nell’ambito di un giro di colloqui della Cgt con i vari settori della società per far conoscere la gravità della situazione nazionale.

Nel corso dei colloqui: disoccupazione, narcotraffico e unità dei lavoratori
I sindacalisti - riporta l'agenzia Fides - hanno infatti manifestato ai vescovi le loro preoccupazioni per la grave situazione economica e sociale, per l'aumento della disoccupazione che sta generando non solo una crescita della povertà ma anche del traffico di droga, per le misure economiche del governo nazionale, per le difficoltà nel dialogo con i suoi rappresentanti. Inoltre hanno parlato del valore dell'unità dei lavoratori e della cultura del lavoro.

Ribadita l'attualità della Dottrina sociale della Chiesa
Mons. Arancedo ha ringraziato i leader sindacali dell'incontro, che è avvenuto nell’interesse della intera società, come informa la nota della Cea ripresa dalla Fides, perché il sindacalismo è un servizio, ma allo stesso tempo anche un elemento centrale di presenza responsabile nel mondo del lavoro. I vescovi hanno evidenziato che molte delle questioni sollevate sono presenti nella Dottrina sociale della Chiesa, hanno ribadito l'importanza del lavoro, e che l'uomo deve essere sempre al centro della questione sociale, ciò implica un'antropologia che superi l'individualismo e riconosca gli altri come fratelli.

I vescovi invitano i sindacati al dialogo
Il Presidente della Cea ha infine esortato i sindacalisti ad esplorare tutte le possibilità di dialogo prima di arrivare ad una misura di forza come lo sciopero generale, anche se costituisce un diritto dei lavoratori. Non spetta alla Chiesa convocare il dialogo, tuttavia offre i suoi spazi per l'incontro. Al termine i vescovi hanno donato ai leader sindacali una copia del documento "Il Bicentenario. Tempo per l'incontro fraterno degli argentini" che contiene un'analisi della situazione e alcune prospettive per il Paese. (C.E.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 259

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