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Sommario del 19/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa: ogni mafia è oscura, non copriamo la luce di Dio

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Custodire la luce della fede e portarla avanti, non lasciare che venga coperta. E’ l’esortazione che Francesco ha levato stamani durante la Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha messo in guardia da tutta una serie di comportamenti che rischiano di spegnere questa luce ricevuta da Dio: dall’invidia alle liti, dal tramare contro il prossimo al rimandare il bene. Tramare il male, ha detto il Papa, “è mafioso”. “Ogni mafia – ha ammonito – è oscura”. Il servizio di Alessandro Gisotti

Lasciare che la luce della fede venga fuori, farla risplendere davanti agli uomini. Papa Francesco ha preso spunto dal passaggio del Vangelo odierno, per soffermarsi sulla luce della fede e sui pericoli che rischiano di spegnerla. “Custodire la luce – ha detto – è custodire qualcosa che ci è stata data come dono e se noi siamo luminosi, siamo luminosi in questo senso: di aver ricevuto il dono della luce nel giorno del Battesimo”. Il Papa ricorda dunque che “nei primi secoli della Chiesa”, come “anche in alcune Chiese orientali” ancora oggi “il Battesimo si chiama l’Illuminazione”.

Ogni mafia è oscura, non rimandare il bene e non approfittarsi del prossimo
Questa luce, è il suo ammonimento, “non va coperta”. “Se tu copri questa luce”, infatti, “divieni tiepido o semplicemente” un “cristiano di nome”. La luce della fede, ha detto ancora, “è una luce vera, quella che ci dà Gesù nel Battesimo”, “non è una luce artificiale, una luce truccata. E’ una luce mite, serena che non si spegne più”. Francesco si è dunque soffermato su tutta una serie di comportamenti che rischiano di nascondere questa luce, rammentando i consigli che il Signore ci offre proprio perché questa luce non diventi oscura. Innanzitutto, ha esortato, “non fare aspettare colui che ha bisogno”:

“Mai rimandare: il bene … il bene non tollera il frigo: il bene è oggi, e se tu non lo fai oggi, domani non ci sarà. Non nascondere il bene per domani: questo ‘va, ripassa, te lo darò domani’ copre fortemente la luce; anche è un’ingiustizia… Un altro modo – sono consigli, questi, per non coprire la luce: non tramare il male contro il tuo prossimo mentre egli dimora fiducioso presso di te. Ma quante volte la gente ha fiducia in una persona o in un’altra e questo trama il male per distruggerlo, per sporcarlo, per farlo venire a meno … E’ il piccolo pezzetto di mafia che tutti noi abbiamo alla mano; quello che si approfitta della fiducia del prossimo per tramare il male, è un mafioso! ‘Ma, io non appartengo a …’: ma questa è mafia, approfittare della fiducia … E questo copre la luce. Ti fa oscuro. Ogni mafia è oscura!".

Non invidiare i potenti, il potere e le gelosie coprono la luce
Il Papa ha quindi messo l’accento sulla tentazione del litigare sempre con qualcuno, il piacere di litigare anche con chi non ci ha fatto “nulla di male”. “Sempre – ha constatato – cerchiamo qualcosina per litigare. Ma alla fine stanca, litigare: non si può vivere. E’ meglio lasciar passare, perdonare”, “far finta di non vedere le cose … non litigare continuamente”:

“Un altro consiglio che dà questo Padre ai figli per non coprire la luce: ‘Non invidiare l’uomo violento e non irritarti per tutti i suoi successi, perché il Signore ha in orrore il perverso, mentre la sua amicizia – del Signore – è per i giusti’. E tante volte noi, alcuni, abbiamo gelosie, invidie per quelli che hanno cose, che hanno successo, o che sono violenti … ma ripassiamo un po’ la storia dei violenti, dei potenti … Mah, è tanto semplice: gli stessi vermi che mangeranno noi, mangiano loro; gli stessi! Alla fine saremo tutti uguali. Invidiare, ah! il potere, avere gelosie … questo copre la luce”.

Portare avanti la luce della fede ricevuta gratuitamente da Dio
Di qui, ha detto il Pontefice, il consiglio di Gesù: “Siate figli della luce e non figli delle tenebre; custodite la luce che vi è stata data in dono il giorno del Battesimo”. Ancora, “non nasconderla sotto il letto”, ma “custodire la luce”. E per custodire la luce, ha ribadito, ci sono questi consigli, da mettere in pratica tutti i giorni. “Non sono cose strane – ha sottolineato – tutti i giorni vediamo queste cose che coprono la luce”:

“Che lo Spirito Santo, che tutti noi abbiamo ricevuto nel Battesimo, ci aiuti a non cadere in queste abitudini brutte che coprono la luce, e ci aiuti a portare avanti la luce ricevuta gratuitamente, quella luce di Dio che fa tanto bene: la luce dell’amicizia, la luce della mitezza, la luce della fede, la luce della speranza, la luce della pazienza, la luce della bontà”.

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Udienze e nomine di Papa Francesco

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Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza il dottore Carlos Saúl Menem, ex Presidente della Repubblica Argentina, con la famiglia; la signora Sally Jane Axworthy, Ambasciatore di Gran Bretagna presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali; mons. Maurizio Bravi, Osservatore Permanente presso l’Organizzazione Mondiale del Turismo (O.M.T.); il card. Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo emerito di Madrid (Spagna); mons. Joseph Marino, Arcivescovo tit. di Natchitoches, Nunzio Apostolico in Malaysia e in Timor Orientale; Delegato Apostolico in Brunei Darussalam; mons. Fortunatus Nwachukwu, Arcivescovo tit. di Acquaviva, Nunzio Apostolico in Nicaragua. Il Papa riceve sempre oggi in udienza mons. Franco Coppola, Arcivescovo tit. di Vinda, Nunzio Apostolico in Messico.

In Argentina, Francesco ha nominato Ausiliare della diocesi di Merlo-Moreno il rev.do Oscar Eduardo Miñarro, finora Vicario Generale della medesima diocesi e ivi Parroco di  “Nuestra Señora de la Merced”, assegnandogli la sede titolare di Anzio.

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Tweet Papa: servire è lo stile con cui vivere la missione

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"Servire è lo stile con cui vivere la missione, l’unico modo di essere discepolo di Gesù". E' il tweet pubblicato da Papa Francesco sul suo account Twitter @Pontifex in 9 lingue.

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Domani il Papa ad Assisi per la pace. Bartolomeo: mai temere il dialogo

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Assisi aspetta Papa Francesco che domani parteciperà alla cerimonia conclusiva dell’Incontro interreligioso per la pace tra i popoli promosso dalla Comunità di Sant’Egidio sul tema: “Sete di Pace: religioni e culture in dialogo”. Oggi le sessioni di lavoro, ieri l’assemblea d’inaugurazione alla presenza del capo di Stato Sergio Mattarella che ha ribadito: “Il dialogo può molto, più di quanto sembri". E oggi il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo ha parlato delle 5 vie della pace: l’amore, la giustizia, il perdono, il discernimento sulla verità e il rispetto. Quindi ha invitato a non avere paura del dialogo. Da Assisi il nostro inviato Massimiliano Menichetti

E’ un'Assisi dal cielo plumbeo, a tratti piovoso, quella che attende il Papa che atterrerà domani in mattinata nel campo sportivo “Migaghelli” a Santa Maria degli Angeli, proprio alle pendici del Monte Subasio. Ad aspettarlo nella terra di San Francesco, nel 30.mo anniversario dell’Incontro interreligioso per la pace tra i popoli, voluto da San Giovanni Paolo II, oltre 450 leader del mondo, ma anche esponenti istituzionali del mondo dell’economia e della cultura. Francesco, accolto dalle bandiere vaticane bianche e gialle che sventolano dalle finestre, arriverà al Sacro Convento; poi l’abbraccio dei rappresentanti delle Chiese e delle religioni mondiali nonché dei vescovi dell’Umbria. Nel pomeriggio ci sarà in diversi luoghi un momento di preghiera per la pace; poi la cerimonia conclusiva con la consegna del Messaggio 2016. Intanto, tra oggi e domani, si tengono i 29 panel previsti, che spaziano dalla guerra alla giustizia sociale, dall’ambiente allo sviluppo tecnologico, passando per la sfida delle migrazioni, la lotta alla povertà o la piaga del terrorismo.

Il Patriarca Bartolomeo
Ieri a Santa Maria degli Angeli, nel Teatro Lirik, si è dato avvio a questa tre giorni d’incontri e dove Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, ha ribadito che possiamo preservare la pace e salvaguardare il nostro pianeta soltanto attraverso la cultura del dialogo. E oggi proprio Bartolomeo I ha ricevuto, presso l’Università per Stranieri di Perugia, la Laurea “honoris causa” in Relazioni Internazionali. Il prof. Marco Impagliazzo presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e presidente della Comunità di Sant’Egidio ha rimarcato l’impegno per il dialogo, la pace, la cura del creato espresso da Sua Santità. La Chiesa ortodossa non teme il dialogo ha ribadito nel suo discorso il Patriarca Bartolomeo:

"Il dialogo necessità di equilibrio. Non sopraffà, ma soprattutto non priva gli interlocutori della loro propria natura. Esso è conoscenza reciproca; è interconnessione e mai sincretismo culturale o religioso (...) I nostri grandi Padri della Chiesa non hanno mai avuto paura del dialogo con l’ambiente spirituale della loro epoca, come anche con i filosofi pagani dei loro tempi. In questo modo hanno influenzato e plasmato la civiltà della loro epoca e ci hanno consegnato veramente una Chiesa ecumenica”.

Il granduca di Lussemburgo
Corale, ieri, il grazie alla Comunità di Sant’Egidio per l’impegno in favore della pace ed il pensiero per le vittime del terremoto in Centro Italia. Il granduca di Lussemburgo, Henri, ha evidenziato il messaggio di speranza portato a Lesbo da Bartolomeo insieme a Papa Francesco”.

Il presidente del Centrafrica
Da parte sua, il presidente del Centrafrica Faustin Touadéra ha ricordato la recente visita del Pontefice nel Paese dove ha aperto la prima Porta Santa del Giubileo della misericordia. Ebrei e musulmani hanno condannato il terrorismo e parlato di  pluralismo, diversità e rispetto. Tutti hanno ribadito che la violenza non ha nulla a che fare con la religione. Tre i punti di riflessione lanciati, sulle orme di Papa Francesco, dal filosofo Bauman: la “promozione della cultura del dialogo per ricostruire il tessuto della società”, l’equa “distribuzione dei frutti della terra” e l'insegnamento della cultura del dialogo ai giovani, così da “fornire strumenti per risolvere i conflitti in modo diverso da come siamo abituati”.

Andrea Riccardi
“Il dialogo è l’intelligenza della coabitazione - ha affermato nel suo intervento Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio - un'arte necessaria in un universo fatto di religioni, culture, civiltà differenti. Non un’unica civiltà, ma la più grande civiltà: la civiltà del vivere insieme”.

Mons. Lebrun, arcivescovo di Rouen
Tanti gli interrogativi sollevati da dall’arcivescovo francese di Rouen, Dominique Lebrun. Il prelato ha ricordato l’assassinio di padre Jacques Hamel, durante la Messa, per mano di due che “si professavano di fede islamica”. Citando più volte il Vangelo ha declinato l’amore di Dio che sempre è pronto a perdonare. E contro ogni barriera ha evocato lo scorso 31 luglio, quando, come una “grande famiglia umana”, numerosi musulmani sono andati in visita “alle nostre assemblee domenicali”.

Mohammad Sammak, portavoce del Gran Muftì del Libano
“I rapporti tra religioni diverse non possono basarsi sull’eliminazione, come fa oggi l’Isis” - ha ribadito Mohammad Sammak, consigliere politico del Gran Mufti del Libano – ma “sulla fede nel pluralismo e nella diversità”.

Il Rabbino Avraham Steimberg
Infine, il rabbino Avraham Steimberg, respingendo categoricamente il fondamentalismo, ha condotto l’assemblea nella tradizione ebraica dove “tra i nomi regali del Signore” c’è la parola pace. Ha spiegato dunque che il suo perseguimento è “un dovere” e al contempo la più grande “benedizione” del Creatore.

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Voci da Assisi: il metropolita di Limassol, la curda Kader, Vegliò e Sistach

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Oltre 450 i rappresentanti delle varie Chiese e religioni presenti ad Assisi. Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Massimiliano Menichetti:

Il metropolita Athanasios di Limassol, della Chiesa ortodossa di Cipro: 

“Vengo qui da 20 anni. Prima di tutto, per me, è un’occasione di ritrovare degli amici: in questi anni si è creata una mentalità di amicizia, di dialogo ecumenico. Dobbiamo cominciare, certamente, dall’ottimismo credendo che la pace è possibile. Però dobbiamo lavorare per la pace e soprattutto dobbiamo dire ai dirigenti di questo mondo che la pace è possibile. Dobbiamo essere più umani!”.

Rezan Kader, rappresentante in Italia del Governo regionale del Kurdistan in Iraq: 

“Per me la pace e il dialogo sono le cose più importanti nella nostra vita. In mezzo a noi il dialogo c’è sempre stato, quindi per nostra natura conviviamo tutti insieme. Per me i miei fratelli che siano cristiani, musulmani o yazidi sono sempre miei  fratelli. Grazie al dialogo abbiamo potuto convivere per centinaia e centinaia di anni. Questo è importantissimo. Spero che il prossimo anno la Marcia della pace possa essere organizzata in Kurdistan, perché è una terra molto ferita. La gente è molto ferita. Abbiamo cercato di  salvare il Crocifisso nel territorio dove non deve essere sradicato; abbiamo cercato di salvare le altre religioni come quella degli yazidi che non devono essere sradicati dalle loro terre. Per questo motivo per noi è importante che il prossimo anno, spero almeno simbolicamente, venga fatta una Marcia di pace di Kurdistan.

Il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti: 

“Quando si parla dei migranti si parla dell’integrazione. Se non c’è l’integrazione manca un elemento di pace fondamentale e quindi è facile che ci siano incomprensioni. E le guerre sono il massimo delle incomprensioni. E quindi è molto bello anche il titolo di questo incontro, Sete di pace, perché se vogliamo la pace dobbiamo integrare, dobbiamo accettare gli altri. Purtroppo, devo riconoscere che forse la situazione attuale è peggiore di 30 anni fa, con tutte le guerre che ci sono. Il Papa parla della guerra mondiale a pezzi; c’è il problema del sedicente Stato islamico. 30 anni fa – certo – c’era ancora il Muro di Berlino … però l’importante è che ci sia sempre questa presenza nostra per spingere verso la pace e l’integrazione”. 

Il cardinale Lluís Maria Martinez Sistach, arcivescovo emerito di Barcellona

“È un ricordo importantissimo, un richiamo molto forte per la pace. Con la pace si guadagna tutto, con la guerra si perde tutto. E allora la cultura della pace la stiamo costruendo. Questo incontro avviene a 30 anni dalla preghiera per la pace che Papa San Giovanni Paolo II fece con tutti i leader: credo che abbiamo fatto un bel cammino; però ci resta ancora molto da fare. Occorre una conversione in modo che tutto quello che facciamo nella vita ci porti ad amare: se si ama nella verità, non c’è la guerra. Oggi abbiamo perduto la fiducia, i valori e le virtù. Nella società c’è paura e diffidenza; e allora così la società muore. Però speriamo; e penso che abbiamo camminato. Oggi ci sono tante persone che vogliono la pace: qualche volta sbagliamo strada, ancora ci sono molti egoismi. Però penso che anche la gioventù desideri la pace. Ripeto: con la pace si ha tutto e si guadagna tutto, mentre con la guerra tutti perdiamo!”.

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Mons. Paglia: il miracolo di Assisi, sogno comune per l'umanità

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Partecipa all’incontro di Assisi anche mons. Vincenzo Paglia, che ha visto nascere l’esperienza di pace e di dialogo della Comunità di Sant’Egidio, di cui per tanti anni è stato assistente spirituale e oggi è presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Ascoltiamo la sua  riflessione su questo importante appuntamento. L’intervista è di Massimiliano Menichetti: 

R. – Vedere moltiplicati gli uomini e le donne di religioni diverse che si ritrovano in pace, nel rispetto, nel dialogo, nell’incontro con un sogno comune per tutta l’umanità, credo che questo sia davvero il seme di speranza per il futuro dell’umanità. Ce n’è bisogno. Potrei dire che è come un grande segno dei tempi, vedere appunto che è possibile quello che sembra impossibile agli occhi degli uomini. Credo che sia il miracolo che si compie. Davvero, ad Assisi in questi giorni si respira pace, speranza. Il Concilio Vaticano II ha preso il largo. Ecco, vorrei dire questo: ha preso il largo e da quel piccolo seme della Nostra Aetate abbiamo un’arca di Noè che in un mondo attraversato da conflitti, da lacerazioni terribili, può rappresentare il futuro di pace di uomini e donne di fedi e di culture diverse ma che sanno vivere assieme.

D. - Giovanni Paolo II disse: “Tutti dobbiamo sentirci impegnati nella costruzione della pace anche nelle piccole cose”…

R. - Sì, quella sera concluse con queste parole “ La pace cerca i suoi artigiani”. Non disse cerca i suoi grandi artisti, ma gli artigiani, come a dire che tutti noi possiamo costruire la pace iniziando a casa nostra, passando al palazzo, al condominio, al mercato, alle piazze, alle città, ai paesi, ai continenti, al mondo intero. Ecco perché il messaggio che parte da Assisi con quello spirito di cui parlava Giovanni Paolo II, non è troppo lontano da noi, magari riservato ai tecnici, ai diplomatici, alle grandi personalità del mondo, no! La pace è nelle mani di tutti. È nelle mani degli uomini e delle donne comuni, anzi, vorrei aggiungere: se è così anche i grandi della Terra saranno costretti a intraprendere i cammini di pace. In questo senso c’è una forza dei popoli che deve essere riscoperta e soprattutto deve essere praticata di nuovo.

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Parolin in Colombia per firma Accordi di Pace

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Il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, si recherà a Cartagena de Indias in Colombia, il prossimo 26 settembre, in occasione della firma dell'“Accordo finale per la conclusione del conflitto e la costruzione di una pace stabile e duratura”. E’ quanto annunciato, con un comunicato, dal direttore della Sala Stampa Vaticana, Greg Burke.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

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C'è bisogno di pace: all'Angelus il Papa chiede di accompagnarlo con la preghiera durante l'incontro di martedì ad Assisi.

In prima pagina, di fronte al caso di eutanasia in Belgio, un editoriale di Ferdinando Cancelli dal titolo "La strada doveva essere diversa". All'interno un articolo di Lucetta Scaraffia dal titolo "Il disprezzo delle relazioni umane".

Un nuovo Mosè con un popolo invisibile: Pablo d'Ors su sette parole per riflettere sulla lezione di gratuità di Charles de Foucauld.

Sorella volpe e fratello pipistrello: Paolo Giovannelli sul Bosco di san Francesco.

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Oggi in Primo Piano



Summit Onu sulle migrazioni. Mons. Perego: tutelare il diritto d'asilo

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Summit oggi a New York sui grandi movimenti di rifugiati e migranti, la più grave crisi umanitaria dal secondo dopoguerra - come ha di recente ricordato il Papa - che ha coinvolto lo scorso anno ben 65 milioni di persone nel mondo, una cifra record mai raggiunta. Roberta Gisotti ha intervistato mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, presso la Conferenza episcopale italiana. 

Tutti i leader del mondo riuniti nel Palazzo di Vetro, in apertura della 71ma Assemblea generale dell’Onu, che per la prima volta convoca un Summit, voluto dal Segretario generale Ban Ki moon,  sul dramma dei profughi. Un’intera giornata di lavoro con sei tavole rotonde per dibattere sulle cause delle migrazioni in massima parte forzate oltre che sui modi dell’accoglienza e dei rimpatri nel rispetto dei diritti umani di migranti e rifugiati.

D. - Mons. Perego, c’è il timore di altre parole che non portino poi a fatti concreti?

R. – Noi ci auguriamo che questo nuovo incontro importante all’Onu ritorni a parlare in maniera molto puntuale sulle cause delle migrazioni, e in particolare dei richiedenti asilo. Che si ritorni a parlare della necessità della pace in 35 Paesi del mondo dove c’è la guerra; che si ritorni ad affrontare le tematiche ambientali, soprattutto del “land grabbing”, ovvero il fenomeno che vede le multinazionali per propri interessi cacciare le persone dalle loro terre, che quindi si mettono in cammino verso altri Paesi. Che si affronti anche il tema molto grave, e tante volte anche connesso con il mondo dei richiedenti asilo e dei rifugiati, che è il fenomeno della tratta degli esseri umani. In particolar modo, auspichiamo che si diano linee di speciale attenzione ai minori, che sono la metà dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Il prossimo tema della Giornata Mondiale degli immigrati e dei rifugiati, che il Papa ha dato, è proprio quello dei migranti minorenni, vulnerabili e senza voce.

D. – Mons. Perego, che cosa non dovrebbe mancare nel Documento finale del Summit?

R. – La tutela del diritto di asilo, con forme nuove, che sono anche quelle di partenze in legalità, perché non siano lasciate ai trafficanti degli esseri umani; quindi il tema dei corridoi umanitari e di una tutela dei richiedenti asilo non solo all’arrivo ma anche nel loro viaggio. In questa maniera si eviterebbero effettivamente le tante morti in mare, che sono cresciute in maniera esponenziale, ricordate anche dal Papa. E si eviterebbe anche che su questo cammino di tante persone – 65 milioni lo scorso anno – cresca ancora di più il traffico degli esseri umani, anche da parte del terrorismo, che ne fa una delle fonti importanti per alimentare la loro lotta armata.

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Bombe Usa, ricercato afghano. De Blasio: pericoloso e armato

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Allerta altissima a New York, blindata per l’inizio dell’assemblea generale dell’Onu alla presenza dei principali leader mondiali e ancora sotto choc per l’esplosione sabato a Chelsea che ha ferito 29 persone. Oggi altri ordigni sono stati rivenuti in New Jersey. Francesca Sabatinelli: 

E’ a Midtown che si concentra soprattutto la sorveglianza, laddove soggiornerà la maggior parte dei capi di Stato e di governo in arrivo a New York. Le importanti misure di sicurezza adottate in questi casi, sono state intensificate per il timore di quella che viene già definita “cellula attiva”. Per le bombe di Chelsea, una delle quali esplodendo ha ferito 29 persone, è ricercato un 28enne afghano Ahmad Khan Rahami, “armato e pericoloso” avrebbe detto il sindaco di New York, Bill de Blasio. Non si chiarisce se ci sia sempre lui dietro alle bombe del New Jersey ritrovate in un cestino dell’immondizia, ordigni rudimentali contenuti in tubi di metallo, collegati tra loro che non sono però esplosi, e poi dietro a quella di stamattina, vicino alla stazione di Elizabeth, sempre nel New Jersey, bomba esplosa mentre un robot della polizia cercava di disinnescarla. Una cellula attiva, dunque, composta da più persone in azione nell’area di New York e New Jersey, riferisce la polizia. Cinque gli arresti finora, residenti di Elizabeth e nella cui auto sarebbero state rinvenute alcune armi. Per le bombe di Chelsea sarebbe stato utilizzato un potente esplosivo, vecchi cellulari come detonatori e fili elettrici delle luci di Natale, vicino agli ordigni sarebbe anche stato rinvenuto un biglietto scritto parzialmente in arabo. Ascoltiamo il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’aeronautica, presidente della Fondazione Icsa, Intelligence Culture and Strategic Analysis:

R. – C’è da dire che nel 2005, un certo Abu Musab al-Suri dettò una nuova dottrina di comportamento e di interpretazione del terrorismo, che è passata un po’ inosservata. Però adesso ne stiamo vedendo le conseguenze. Al-Suri disse che non doveva esserci un’ organizzazione del terrorismo e che ognuno doveva agire per proprio conto,  che ognuno avrebbe dovuto avere un’idea da mettere poi in pratica. E questo ha causato – come vede adesso siamo a più di 10 anni – una polverizzazione delle attività degli interpreti di questo terrorismo nelle forme più disparate, perché poi naturalmente è stato aggiunto “Fate tutto quello che potete! Investite, usate qualsiasi tipo di armamento…”. Quindi questa è la conseguenza. Non dobbiamo ragionare più in termini di al-Qaeda, di una organizzazione con un capo: adesso, purtroppo, dobbiamo misurarci con dei soggetti singoli, ognuno dei quali interpreta a modo suo il dovere di compiere un attentato. Credo che ci troviamo in questa fattispecie, che non ci deve più stupire, ma che deve – in qualche modo – farci abituare a convivere con queste possibilità, che da un momento all’altro, in qualsiasi angolo del mondo, si possano compiere attentati di qualunque tipo.

D. – Quindi diciamo che – mi passi il termine – dal modello “attacco 11 settembre 2001” siamo passati al modello “lupi solitari”, come quelli che abbiamo visto colpire in Europa…

R. – Eh sì! E’ proprio così! E’ una verità parziale, questa, ma lo è comunque. Ogni contesto naturalmente trova delle espressioni diverse. Per cui in Francia e in Belgio abbiamo assistito a delle organizzazioni militari e quindi alla perpetrazione di attentati che avevano una loro strutturazione, con più persone, con una preparazione, con una organizzazione, e questo perché? Perché le periferie erano più infestate e più strutturate e lo sono tutt’ora. La periferia sociale americana, evidentemente, può non comportare una organizzazione e un attentato di tipo militare, ma una espressione singola come quella di questi giorni e come quella di qualche anno fa e la Maratona di Boston – per esempio - è un caso molto simile.

D. – Questa strategia, questo attacco alla ‘lupo solitario’ rende estremamente più difficile una sorta di autodifesa…

R. – E’ molto più difficile, certamente. Noi (in Italia ndr) siamo fortunati – fra virgolette, fra molte virgolette – sia perché la nostra organizzazione è molto efficiente, sia per le dimensioni del fenomeno che sono molto più contenute. Diverso è negli Stati Uniti, diverso è in Francia, diverso è in altri Paesi che, purtroppo, non hanno – virgolette ancora – la fortuna che abbiamo noi. Perché noi ne abbiamo cento e loro ne hanno mille da seguire! E non si possono seguire tutti e mille… Le dimensioni delle periferie infestate in Francia sicuramente non consentono alle forze investigative di tenere tutto sotto controllo, perché è chiaro che è un controllo che va fatto sulla persona e non sull’area o sull’organizzazione. Parlavamo di lupi solitari, che – appunto – uno per uno vanno tutti presi in cura e seguiti singolarmente. Naturalmente le dimensioni del fenomeno potrebbero non consentire l’utilizzo di queste metodologie in altri Paesi. Qui ancora lo consentono.

D. – Tutto questo riporta al fatto che queste persone, questi individui così difficili da controllare, ma con un bagaglio evidentemente di frustrazione e di repressione sociale, fanno poi riferimento a quella che è la parola di al-Baghdadi o del cosiddetto Stato Islamico. Alla fine a quello torniamo…

R. – Sempre lì torniamo! Torniamo soprattutto ai metodi di divulgazione dell’odio, degli ordini, delle direttive e delle strategie, che purtroppo oggi sono molto semplici, molto efficaci, sono tutti connessi e tutto viaggia via Internet. Noi ci ostiniamo a garantire a tutti un accesso e una libertà di movimento senza limiti e queste sono purtroppo le conseguenze. Bisognerà cominciare a fare dei pensieri un po’ più seri sulla sicurezza collettiva, per la quale bisognerà sacrificare qualche libertà. Comunque bisognerà aprire un dossier su questo, possibilmente non a ridosso dello scoppio delle bombe, salvo poi dopo 2-3 giorni dimenticarsene. 

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Siria: accuse tra governo e ribelli sulla tregua violata

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La precaria tregua iniziata in Siria una settimana fa scade questa sera alle 19.00 locali. Lo ha annunciato un alto ufficiale dell'esercito governativo, spiegando che non è ancora stato deciso se il cessate il fuoco sarà prorogato. Di tregua “clinicamente morta” parla un dirigente delle opposizioni, riferendo di violazioni e impedimenti nella consegna degli aiuti umanitari. E di diverse violazioni riferisce anche il vicario apostolico di Aleppo, mons. George Abou Khazen, secondo il quale il raid aereo Usa che ha ucciso 90 soldati di Damasco non può essere un errore, come invece sostenuto dal Pentagono. Il servizio di Marco Guerra 

La tregua in Siria è appesa a un filo e il suo destino sarà deciso nelle prossime ore. Il portavoce di Putin ha detto che il raid aereo della Coalizione Usa  - fatto, come si sostiene il Pentagono, per errore -  in cui sono morti decine di soldati siriani certamente minaccia il cessate il fuoco. Il portavoce del Cremlino ha quindi definito la situazione "molto complicata" ma ha assicurato che i capi delle diplomazie di Russia e Usa sono "sempre in contatto". Le accuse sono comunque reciproche tra le parti in conflitto: l'opposizione imputa a Damasco di aver violato l’intesa 254 volte. I media governativi affermano che i ribelli l'hanno rotta 32 volte soltanto domenica. Intanto il Presidente turco Erdogan rende noto che le milizie dell'Esercito siriano libero (Esl) sono pronte a lanciare una nuova offensiva nel nord della Siria, con il supporto dell'esercito turco, per strappare al sedicente Stato Islamico la città strategica di al Bab. Ma sulle difficoltà nella applicazione di questa tregua abbiamo raccolto il commento di Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Cesi (Centro studi internazionali):

R. – Come tutte le intese finora raggiunte sulla crisi, sulla guerra siriana anche quest’ultima è un’intesa che si fonda su radici non solide, cioè quelle di un conflitto la cui soluzione è ancora lungi da venire in quanto le parti in combattimento ancora non hanno raggiunto la propria posizione di forza da cui voler negoziare. Ci sono ancora numerosi scenari in cui i combattimenti vanno avanti e soprattutto in cui il fronte di combattimento non è ben definito. Questo determina, appunto, il voler portare avanti in una maniera forse un po’ meno intensa, ma comunque portare avanti il conflitto. Ovviamente, questa situazione non giova dal punto di vista diplomatico al raggiungimento di un’intesa.

D. –  L’ha accennato lei: ci sono vari fronti, quindi non c’è un’unità di intenti sul terreno?

R. – Assolutamente no. Anche perché la Siria è un Paese molto vasto in cui nel corso di questi lunghi anni di guerra i fronti si sono succeduti e si sono diversificati. Non vi sono schieramenti ben precisi che stanno combattendo tra di loro ma di fatto, a seconda della zona del Paese, ci sono differenti schieramenti che vanno a modificarsi a seconda dello scenario. In più, inevitabilmente, con il passare degli anni gli interessi sia regionali ma anche internazionali sullo scenario siriano si sono accresciuti e si sono evoluti; le “alleanze di interesse” si sono modificate e questo comporta difficoltà nel cercare di trovare una soluzione. In più aggiungiamo anche la considerazione che di fatto in questo momento non ci sono figure forti, alternative ad Assad, su cui – per esempio – la comunità internazionale potrebbe puntare per cercare un’alternativa valida, e questo fa sì che di fatto anche il raggiungimento della tregua degli ultimi giorni possa sembrare sempre di più – purtroppo – un passaggio non duraturo nella stabilizzazione della crisi.

D. – Oggi sono scaduti i sette giorni di tregua proclamati da Damasco a seguito dell’accordo tra Usa e Russia; non si hanno notizie di un’estensione di quello che Damasco ha definito “un regime di calma”?

R. – Non si hanno segnali perché gli interessi in ballo sono ancora troppi. Il regime, fin quando non riprenderà il totale controllo di Aleppo, vorrà portare avanti i combattimenti per poi “chiudere la partita” con i ribelli, molto probabilmente a Idlib; la Turchia ha interesse affinché da una parte lo Stato Islamico venga depotenziato nella fascia territoriale al confine tra Turchia e Siria, ma anche i curdi non vengano rafforzati da questa azione anti-Stato islamico; poi ci sono anche gli Stati Uniti che hanno un focus specifico nel cercare di depotenziare la minaccia dello Stato islamico nella parte orientale del Paese, soprattutto tra Racca e Deir Ezzor, in vista di una possibile avanzata, poi, in territorio iracheno contro Mosul, ormai  la vera capitale dello Stato islamico. In tutto questo, ci sono anche i russi e gli iraniani che supportano il regime di Assad … Quindi, vediamo come gli interessi in gioco sono ancora tantissimi; i fronti sono ancora tanti e di fatto l’ultima operazione aerea americana contro il regime di Damasco va proprio in questa direzione: sì, è un segnale; sì, aperto al dialogo; sì, pronti a un dialogo diplomatico però all’interno di alcuni confini. Di fattio, sì, potrebbe essere stato un errore ma d’altra parte quello dell’aviazione, dell’aeronautica americana avrebbe potuto essere stato anche un segnale forte nei confronti di Damasco.

D. – Ma le tensioni tra Mosca e Washington decretano la fine della tregua, appunto; senza un accordo tra queste due potenze, sarà guerra senza fine?

R. – Sarà guerra fino a quando non ci sarà un attore nel contesto siriano che potrà sedersi al tavolo dei negoziati da una situazione di forza. Fino a quando non ci sarà un cambiamento nello scenario sul campo che potrà portare risultati anche dal punto di vista politico, purtroppo e inevitabilmente si andrà avanti al proseguo della guerra. Stati Uniti e Russia, comunque, in questo momento rimangono i due soggetti che potrebbero porre fine alla guerra. Inevitabilmente, però, anche questo discorso  è reso debole dal fatto che gli Stati Uniti si stanno accingendo alle elezioni presidenziali e quindi inevitabilmente tutte le posizioni prese dall’amministrazione americana non sono forti come potrebbero essere.

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Repubblica Centrafricana: civili uccisi dalle milizie Seleka

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La Repubblica Centrafricana, Paese tra i più poveri del mondo, reduce da anni di guerra civile tra le milizie Seleka e quelle “Anti-Balaka”, cerca di riconquistare un po’ di stabilità anche grazie all’aiuto della comunità internazionale. Dall'aprile 2014 la Minusca, una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite composta da forze militari dell'Unione Africana, ha il compito di vigilare sulla sicurezza dei civili. Il nuovo governo, guidato dal Presidente Faustin-Archange Touadéra non esercita un controllo stabile sul territorio e le milizie sono ancora parzialmente attive. Venti persone sono state uccise nel Nord del Paese da membri della Seleka nella giornata di venerdì. Andrea Walton ha intervistato padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano da anni presente sul territorio, sull’attuale situazione politica della nazione: 

R. – C’è sempre molta attesa che però sta continuando a essere delusa perché non si vedono grossi cambiamenti. Questo fatto si inserisce in un contesto dove praticamente due terzi del Paese sono ancora in mano a bande delle milizie del Seleka o di anti-Balaka, quindi c’è ancora molta insicurezza in gran parte del Paese e non si vedono – e questo lo lamentiamo da mesi – reazioni, né dalla parte del governo né dalla parte dei Caschi blu della Minusca.

D. – In quali zone il governo centrale riesce a esercitare un controllo più forte sul territorio nazionale?

R. – Direi che siamo in parte della capitale, e poi nel resto c’è una presenza, e ci sono le autorità, ma poi queste autorità hanno ancora pochissima credibilità, si limitano a constatare i fatti e poi sperano che non tocchi a loro.

D. – C’è rischio che si riaccenda la miccia del conflitto tra le milizie Seleka e quelle anti-Balaka?

R. – In certe zone sì, ed è già abbastanza un dato di fatto. Comunque, anche dove la situazione è relativamente più tranquilla, la sicurezza è ancora di là da venire. Venerdì sono andato a celebrare delle professioni religiose dei ragazzi che entrano in noviziato; sulla strada ci sono queste barriere e in una c’era un militare con una mezza divisa che minacciava la gente … Purtroppo, quello che fa paura è che non è che sia cambiato molto da prima della guerra ad adesso, quindi le autorità e le forze dell’ordine sono ancora molto, molto indisciplinate e quindi ne approfittano, si fanno corrompere …

D. – Cosa ci si aspetta dalla comunità internazionale?

R. – La comunità internazionale ha fatto abbastanza … magari si poteva fare meglio; adesso c’è un governo, però poi non è che sia la soluzione a tutti i mali del Paese. Il problema, per conto mio, è soprattutto la parte centrafricana che deve impadronirsi della situazione. Qualche piccolo segno di speranza c’è, però siamo ancora in un Paese dove non esiste un vero e proprio governo. In questi giorni si stanno aprendo le scuole: di per sé c’è una data ufficiale, ma poi le scuole aprono quando è possibile, come sempre, purtroppo.

D. – Quali sono quindi le condizioni di vita della popolazione civile?

R. – Diciamo che in linea di massima c’è un po’più di tranquillità, un po’ più di sicurezza; però ci sono casi di delinquenza e criminalità e non sono mai sanzionati, mai puniti; i trasporti e quindi anche i commerci sono ancora molto fragili e quindi il costo della vita è sempre abbastanza alto e si fa fatica ad avere generi di prima necessità, carburante, riso, olio … Soprattutto per la gente più povera, è difficile …

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Card. Bagnasco: la Chiesa aiuta a costruire un’Italia più unita

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Il mandato del Congresso Eucaristico nazionale, conclusosi ieri a Genova, è quello di una Chiesa esperta in umanità, disponibile e discreta nel farsi prossima a ogni uomo. E’ questa l’eredità del Convegno indicata dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana,  che ha anche esortato a volgere lo sguardo verso Gesù Cristo, la via per “ritrovare se stessi nel mistero di Dio”. Ma quale orizzonte lascia il Congresso eucaristico? Risponde proprio il card. Bagnasco intervistato da Amedeo Lomonaco

R. – Una grande testimonianza di fede, di preghiera. Questa è la prima cosa che tutti noi - vescovi, sacerdoti, la gente - abbiamo avvertito. Sono certo che questa esperienza, questo essere e questo sentirsi toccati dal Signore, ognuno se lo porta nella propria diocesi e nella vita quotidiana.

D. - Dal Congresso Eucaristico di Genova giunge in particolare – come lei ha detto – un preciso mandato: quello missionario di una Chiesa esperta in umanità in un mondo che sempre più spesso – come direbbe Papa Francesco – sembra invece più incline alla cultura dello scarto…

R. – Certo, gli esempi purtroppo  anche recenti si moltiplicano e questo ci deve far riflettere proprio verso dove stiamo andando allontanandoci sempre più da Dio. Ci deve far riflettere su dove sta andando la cultura e la civiltà, specialmente quella occidentale. Si sta andando verso una deriva individualista, dove la vita umana viene sempre più scartata, non valorizzata. Quindi il Congresso Eucaristico ci pone di fronte - come ha ricordato il Papa all’Angelus - alla sorgente della vita, della speranza. Allontanarci dalla sorgente vuol dire seccare il torrente della vita comune, della vita sociale.

D. - Riferendosi proprio alle parole del Santo Padre all’Angelus, lei ha esortato i giovani a diventare dissidenti rispetto alla cultura dominante, al pensiero unico che vuol fare credere che la scaltrezza e la corruzione siano il segreto per vivere bene.  come si vive bene? Quando si è veramente felici?

R. - Nella verità e nel dono. Quando la nostra vita vive della luce calda della verità.  Quindi si deve vivere nella verità e nel dono. Fare della nostra vita, dei nostri giorni, così come siamo, un dono per gli altri, un dono sincero. Questo è il segreto della felicità.

D. - Cercando proprio di percorrere questo solco nella via della verità e del dono, come vivere in particolare il dono più alto, quello dell’Eucarestia, in modo che - come lei ha detto - mangiare questo Pane non si riduca ad un’abitudine né ad un gesto di amicizia fraterna?

R. - È molto importante intanto mantenere il senso vero della comunione eucaristica: lasciare spazio dentro di noi a Colui che è talmente grande che non ha paura di farsi così piccolo, quindi come un’ostia consacrata. E si deve essere colti continuamente dalla sorpresa, dalla meraviglia, della gioia di questa assoluta vicinanza di Dio in Gesù Eucarestia. Se l’Eucarestia è il nucleo incandescente della vita cristiana, della vita della Chiesa, quanto più ci esponiamo alle sue radiazioni, tanto più diventeremo capaci di irradiare il mondo attorno a noi.

D. - L’Adorazione Eucaristica, in particolare, è una delle “finestre” che da questo mondo possono far scorgere la pienezza della felicità?

R. - Certamente. E direi che sta crescendo il senso, il gusto dell’Adorazione Eucaristica. L’ho visto nella nostra diocesi, ma lo possiamo vedere ovunque. L’ho visto anche nell’Adorazione Eucaristica dei giovani a Cracovia: questo milione e più di giovani che sono rimasti almeno per mezzora nel cuore della sera davanti a Gesù eucarestia godendo della presenza del Signore… Io credo che specialmente i giovani, ma tutti noi, abbiamo bisogno di non essere invisibili agli occhi di qualcuno, ma di essere visti e di essere guardati con affetto, con benevolenza, con fiducia. In particolare, i più giovani che sono meno incrostati di noi adulti intuiscono, capiscono che l’essere guardati dall’Eucarestia significa essere rigenerati alla speranza e alla vita.

D. - Forte del cammino percorso anche in questo Congresso Eucaristico quale Paese, quale Italia può aiutare a costruire la Chiesa italiana?

R. - Più unita, perché è stata anche la testimonianza di un popolo che, per tre giorni, ha vissuto insieme nella serenità, nella gioia, nell’attenzione interiore attorno al Signore nella Parola del Vangelo con i propri vescovi e i propri sacerdoti. È possibile ed è bello camminare insieme oltre le differenze naturali di esperienze, di opinioni, etc… Credo che questa testimonianza valga per l’intero Paese. È necessario camminare di più insieme, superare quelle contrapposizioni che a volte bloccano la vita comune e salire ad un livello superiore che è il bene generale. A quel punto, ognuno può essere disposto anche a fare un passo indietro, purché il bene generale sia vero e si compia per tutti. E poi, nella stessa direzione, un Paese che cresce nella solidarietà nella carità fraterna. Anche questo è un valore che nasce dall’Eucarestia ma può valere e vale per tutti naturalmente. L’Italia, la Chiesa italiana in particolare ha una grande storia di solidarietà, di vicinanza alla gente che sta crescendo anche sotto la pressione delle circostanze che conosciamo. Questo può e deve crescere ancora di più.

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Don Carrón: la bellezza della fede, risposta alle sfide di oggi

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Testimoniare la verità del Vangelo in una società pluralistica, ma come? A questo interrogativo risponde il libro “La bellezza disarmata” di don Julián Carrón, presidente da dieci anni del Movimento di Comunione e Liberazione. Nel volume presentato questa sera a Torino, l’autore indica come risposta alle grandi sfide dei nostri giorni, l’attrattività della testimonianza cristiana. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:  

R. – La bellezza disarmata è la fede che con la sua capacità di fascino può veramente affascinare le persone senza nessun altro bisogno di potere o di forza per attrarre. Se noi puntiamo sulla capacità dell’uomo di riconoscere il bello, il vero, le persone si ritrovano …

D. – Quindi, la bellezza disarmata può essere effettivamente una risposta, anche di fronte ai grandi temi: penso ad esempio alla questione dell’immigrazione, alle questioni che riguardano più da vicino la nostra Europa...

R. – Io penso che questa sia l’unica possibilità. Noi abbiamo tante persone che vengono da fuori: se non trovano qua un’accoglienza, se non trovano qualcosa di bello, se quello che trovano è solo il nulla, il nulla sarà come un’occasione favorevole perché da lì possa scatenarsi la violenza. Come abbiamo visto infatti abbiamo immigrati di seconda generazione, nati in Europa, cresciuti qua che hanno ricevuto un’educazione, ma non trovando qualcosa che li possa veramente affascinare, in quel nulla sono come pronti a qualsiasi tipo di fondamentalismo o di radicalismo. O noi riusciamo a offrire qualcosa di più affascinante della violenza o saranno poi presi da qualsiasi tipo di radicalismo.

D. – Don Julián Carrón, cosa viene a dire a noi la bellezza disarmata di fronte al dibattito che riguarda i temi della famiglia e dei nuovi diritti?

R. – Ma … è lo stesso, sa? Vediamo che le leggi non hanno bloccato o fatto venire meno il fascino della bellezza delle famiglie. Se noi cristiani non siamo in grado di testimoniare che c’è una modalità di vivere molto più attraente rispetto all’altra, non ci sarà alcuna legge che possa bloccare il dilagare di una mentalità. E’ una sfida per tutti noi: la sfida non è cercare di imporre qualcosa, ma cercare di mostrare la bellezza di una vita che, nel suo fascino, è capace di convincere. La bellezza non lascia mai indifferenti. E' l'unica capce di essere rispettosa della libertà dell’uomo, perché nessuno vuole che nessuno imponga niente …

D. – Tutto questo presuppone che sia dato spazio ad un pluralismo, sia data la possibilità di esprimersi anche a chi testimonia questa bellezza disarmata: quindi, necessario è il rispetto pieno della libertà religiosa …

R. – Esatto. La libertà religiosa è la condizione. A me sembra che sia il passo fatto dal Concilio Vaticano II. La Chiesa, riflettendo sulla natura della verità cristiana, ha riconosciuto che la verità non ha bisogno di altro che lo splendore della verità stessa. Ed è per questo che non c’è un altro modo di trasmettere la verità, se non attraverso la libertà. Tutte queste cose sono veramente pertinenti a un mondo multiculturale, come lo era – tra l’altro – agli inizi del cristianesimo. In nessun’altra epoca il cristianesimo si è diffuso così in fretta come nei primi secoli e non c’era niente di quello che noi abbiamo adesso: nessuna cosa che favorisse esternamente la testimonianza della fede.

D. – La bellezza disarmata sollecita quindi ogni uomo, ogni donna, l’intera Europa a riappropriarsi della propria identità per testimoniarla...

R. – Esatto. Da dove si comincia? Da quelli che sono stati chiamati da Dio. La fede ce l’ha data a noi per tutti: non è solo per noi, per conservarla nella nostra stanzetta; ma ce l’ha data per viverla davanti a tutti: nel lavoro, nella famiglia, nella società, nei luoghi della vita di tutti …

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria. Mons. Hindo: soccorriamo cristiani e curdi di Hassaké

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“Un grido di aiuto, in soccorso dei cristiani prima, ma anche dei curdi in generale” è stato lanciato da mons. Jacques Behnan Hindo, arcivescovo di Hassaké-Nisibi dei Siri. “Dopo l’annuncio della tregua tra esercito arabo-siriano e forze curde, che prevede la smilitarizzazione, fra l’altro, del quartiere cristiano di Hassaké, le barricate non sono state rimosse, anzi sono aumentate, così come è aumentato il numero delle strade chiuse. La circolazione è diventata molto difficile, se non addirittura impossibile.”. La responsabilità, precisa il presule - in una nota dell'Associazione Aiuto alla Chiesa che Soffre - non va attribuita alla generalità della componente curda, ma solo al partito curdo e al suo braccio armato, che rappresentano solo il 18-20% dei curdi della regione.

La vita della popolazione cristiana diventa sempre più difficile
“Sono stati occupati l’Ufficio Anagrafe e il Dipartimento Immigrazione e Passaporti, la Banca Commerciale Siriana, le facoltà universitarie dell’Eufrate e di Hassaké, i depositi di grano, gasolio, benzina e cotone, il cui contenuto è stato trasferito.”. La vita della popolazione cristiana diventa sempre più difficoltosa, perché, “i combattenti curdi, l'esercito e i suoi sostenitori hanno occupato decine di case nel quartiere cristiano, ma non è consentito ai residenti di ritornarci, tranne in quelle distrutte perché le forze curde vi si erano stanziate. I curdi appartenenti al braccio armato del partito si sono impossessati di molti mezzi del Comune di Hassaké, e li utilizzano per servire soltanto i loro quartieri. Per proteggere gli altri abitanti dalle malattie ci siamo dovuti addossare la raccolta e il trasporto dei rifiuti fuori del Paese, tramite veicoli privati il cui acquisto è a carico dell’arcidiocesi”.

La rassegnazione dei cristiani costretti ad emigrare
“In tutto questo – aggiunge mons. Hindo - sono stati colpiti anche i curdi, assieme al resto dei componenti della provincia di Hassaké. Comprendiamo la grande preoccupazione e la tensione che vivono i cristiani e i curdi che non appartengono al partito curdo. Comprendiamo altresì la rabbia che aumenta ad Hassaké a causa del peggioramento delle condizioni di vita, della mancanza di generi alimentari e delle interruzioni quotidiane di elettricità, mentre a Malikieh, che è sotto il controllo dei curdi, non ci sono blackout, e tutte le esigenze vengono pienamente soddisfatte. Comprendiamo infine la rassegnazione dei cristiani che sono indotti ad emigrare”. (R.P.)

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Kenya: rifugiati somali costretti a rimpatriare

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Molti dei rifugiati somali accolti nel Campo di Dadaab (nel nord-est del Kenya) “hanno acconsentito a tornare in Somalia perché temono che il Kenya li costringerà con la forza ad andarsene se dovessero rimanere” denuncia Human Rights Watch (Hrw). Secondo l’organizzazione umanitaria internazionale, - riferisce l'agenzia Fides - i rimpatri dei somali non hanno nulla di “volontario” e sono in deciso contrasto con l’accordo del novembre 2013, firmato dal Kenya, dalla Somalia e dall’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), con il quale i contraenti si impegnavano ad assicurare il rimpatrio volontario dei somali nella sicurezza e nella dignità.

I vescovi hanno criticato la decisione di Nairobi di chiudere il Campo di Dadaab
“Secondo la pratica internazionale sui rifugiati, il rimpatrio è considerato volontario solo se i rifugiati possono scegliere autenticamente di tornare e sono completamente informati sulle condizioni del loro Paese natale” afferma un comunicato di Hrw ripreso da Fides. Nel maggio 2016, il governo di Nairobi ha annunciato un piano per accelerare il rimpatrio dei somali e per chiudere il Campo di Dadaab entro novembre. I vescovi keniani in diverse occasioni hanno criticato questa decisione.

In 24mila hanno lasciato il Campo di Dadaab
A metà agosto circa 24.000 rifugiati somali sono tornati nel loro Paese da Dadaab, dall’inizio della Campagna di rimpatrio nel dicembre 2014. Di questi, 18.110 sono ritornati nel 2016, 10.000 dopo l’annuncio della chiusura del Campo. Le operazioni di rimpatrio sono state sospese il 29 agosto, quando le autorità del Jubaland, la regione somala al confine con il Kenya dove gran parte dei rifugiati si sta dirigendo, hanno dichiarato che non sono in grado di assistere altri rifugiati di ritorno. (L.M.)

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Pakistan: istituito Consiglio per l'armonia interreligiosa

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Il governo del Pakistan ha istituito il nuovo Consiglio internazionale per l'armonia interreligiosa, organismo consultivo che avrà il compito di esaminare questioni e promuovere le buone relazioni tra le diverse comunità religiose presenti nel Paese, ed alimentare i rapporti internazionali con enti impegnati a condividere gli stessi scopi. Il nuovo Consiglio, creato in seno al Ministero per gli Affari religiosi, oggi guidato dal Ministro Sardar Yousaf, è stato affidato alla responsabilità e al coordinamento di Pir Muhammad Farooq Baha ul Haq Shah. Come riferisce l'agenzia Fides, nel suo lavoro si avvarrà di personalità appartenenti al mondo delle comunità religiose e della società civile, a livello nazionale e internazionale.

Il neo Consiglio internazionale affiancherà quello nazionale
Nel governo pakistano già esiste il Consiglio nazionale per la pace e l'armonia religiosa, che si prefigge di sensibilizzare e costruire la pace tra le diverse componenti religiose della nazione, diffondendo un messaggio e buone pratiche di tolleranza, rispetto e riconciliazione tra tutti i cittadini pakistani, al di là di religione, etnia, cultura, che ha uffici in tutti i distretti.

Si spera in una proficua collaborazione fra tutti gli organismi
​Istituzioni e Commissioni impegnate sullo stesso fronte esistono anche nell’ambito della Chiesa cattolica pakistana (tra le altre: la Commissione per il Dialogo interreligioso nella Conferenza episcopale; il “Peace center” a Lahore, dei padri Domenicani; il Consiglio per il dialogo interreligioso, fondato da Francis Nadeem): tutti sperano in una proficua collaborazione con tali organismi promossi dal governo. (P.A.)

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A Roma i funerali in forma privata del Presidente emerito Ciampi

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Si sono svolti in forma privata, questa mattina, nella parrocchia di San Saturnino nel quartiere Trieste a Roma, i funerali di Carlo Azeglio Ciampi, Presidente emerito della Repubblica, morto il 16 settembre scorso all’età di 95 anni. L'omelia è stata pronunciata da mons. Vincenzo Paglia. Hanno partecipato al rito, tra gli altri, il Presidente Mattarella e il Presidente emerito Napolitano con la moglie Clio, il presidente della Bce Mario Draghi, Romano Prodi e la sindaca di Roma Virginia Raggi.

Le esequie nel 70° anniversario di matrimonio con la moglie Franca
"L'intera Italia oggi è in lutto per il Presidente di tutti e siamo numerosi alla celebrazione che apre a Carlo la porta del cielo", ha detto mons. Paglia che subito dopo si è rivolto personalmente alla moglie Franca, seduta in prima fila accanto ai figli Claudio e Gabriella, presenti anche numerosi nipoti e bisnipoti: "Franca tu soprattutto senti la perdita perché proprio oggi, 19 settembre, nel 1946 tu e Carlo vi eravate sposati a Bologna e questo 70.mo anniversario cade come una goccia di tenerezza che almeno un poco smorza la crudezza della morte e del distacco. Anche oggi tu e Carlo vi trovate insieme davanti all'altare del Signore".

Giovanni Paolo II sta qui, insieme agli angeli per accompagnarlo nel cielo di Dio
Il presule ha ricordato l'abitudine del Capo dello Stato emerito di avere con sé una "foto che lo ritraeva guancia guancia con Papa Giovanni Paolo II durante la Giornata Mondiale della Gioventù, quando a Roma erano arrivati 2 milioni di giovani da tutto il mondo". In quell'occasione Ciampi aveva strappato al Pontefice una promessa: "Abbiamo la stessa età - ha detto mons. Paglia citando le parole di Ciampi - se lei dovesse morire prima di me, mi promette che mi verrà incontro e che non mi lascerà solo?”. “Oggi - ha proseguito il presule - quella promessa si compie. Oggi Giovanni Paolo II sta qui, insieme agli angeli per accompagnarlo nel cielo di Dio". Mons. Paglia, durante l'omelia, ha ricordato anche i mesi della malattia che lo aveva "duramente provato, ma mai è uscito un lamento dalle sue labbra e l'indebolimento progressivo non lo ha mai visto perdere rigore e dignità". (S.C.)

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San Pio: a Roma la festa con migliaia di pellegrini

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Dal 20 al 23 settembre vi saranno festeggiamenti a Roma per l’annuale ricorrenza della festa di San Pio, con migliaia di devoti dei 600 gruppi di preghiera di Padre Pio del Lazio nella chiesa di San Salvatore in Lauro in via dei Coronari. All’interno dell’antica chiesa, già santuario lauretano, sono state esposte per l’occasione numerose reliquie, tra le quali il mantello, i guanti, le bende, la stola e il sangue delle stimmate che per cinquanta anni hanno segnato il corpo di san Pio da Pietrelcina. Vicino ad esse - riporta l'agenzia Sir - è posto un grande gruppo scultoreo riproducente il Cristo Redentore aiutato da Padre Pio Cireneo. 

San Pio patrono della Protezione Civile
In queste giornate si svolge anche la Festa della Protezione Civile che vede in San Pio da Pietrelcina il proprio patrono. Il 20 settembre vi sarà l’esposizione solenne e la venerazione della reliquia del sangue di San Pio, il 22 settembre la Veglia del transito, in cui si ricorda la sua morte, e martedì 23 la festa del santo voluta e istituita da san Giovanni Paolo II nel 2000. L’evento centrale del programma dedicato a Padre Pio interesserà il pomeriggio del 23 in cui la processione della statua e delle reliquie del santo raggiungeranno piazza Navona dalla Chiesa di San Salvatore in Lauro per la benedizione dei mezzi e una preghiera particolare per tutte le vittime del recente terremoto. 

La Messa in San Salvatore in Lauro
​Mons. Gianrico Ruzza, vescovo ausiliare della diocesi di Roma, presiederà la Messa alle ore 18:00 in Piazza San Salvatore in Lauro. A loro si uniranno pellegrini provenienti da tutto il Lazio e i volontari della Protezione Civile. (R.P.)

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Napoli: rinnovato l'evento della liquefazione del sangue di san Gennaro

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Alle 10.38 si è rinnovato, nella cattedrale di Napoli, l'evento della liquefazione del sangue di San Gennaro. Nell'ampolla tenuta in mano dall'arcivescovo della città, card. Crescenzio Sepe, il sangue si è sciolto come accade ogni anno nel giorno della celebrazione della festività del santo patrono partenopeo e campano. Prodigio salutato dallo sventolio di un fazzoletto bianco. Il sangue era già sciolto quando il card. Sepe ha portato sull'altare maggiore del Duomo le sacre ampolle, ma il presule ha dato l'annuncio tanto atteso soltanto a celebrazione eucaristica iniziata.

La criminalità organizzata è le piaga più purulenta da estirpare
All'omelia della Messa per la festività di san Gennaro - riferisce l'agenzia Adnkronos - il card. Sepe ha detto che "I mercanti di morte e i meschini professionisti della violenza non prevarranno sulla dignità, la pace e la civile convivenza del nostro popolo, e dovranno arrendersi dinanzi a quegli uomini di buona volontà che lavorano ogni giorno per mantenere viva la speranza di un futuro migliore". La camorra, la criminalità organizzata, "è la piaga più purulenta da estirpare - ha aggiunto - perché capace di contaminare e offendere un corpo già debole e provato". Di fronte a "chi pugnala Napoli alle spalle", ha proseguito il cardinale, "c'è chi continua ad amarla senza riserve con onestà, con civismo, col tendere la mano a chi è nel bisogno, col guardare con rispetto, per non sciuparle, le bellezze che ci circondano".

La mancanza di lavoro è la causa più grave delle diseguaglianze
La mancanza di lavoro "è la piaga più grave e causa principale delle diseguaglianze" ha sottolineato il card. Crescenzio Sepe, La Chiesa di Napoli, ha spiegato, "si sente fortemente interpellata a calarsi nella realtà esistenziale della sua gente, che sta vivendo un momento difficile". Così facendo "succede di constatare che non tutti possono beneficiare delle stesse opportunità di crescita sociale, per cui accanto ai più fortunati convivono sacche di poveri". Proprio la mancanza di lavoro "è la causa più grave di queste diseguaglianze, ed è emblematico vedere le saracinesche abbassate di tanti negozi, costretti a chiudere mostrando un panorama avvilente in molte zone della città".

Non ammainare la bandiera della speranza
"C'è bisogno di avere della città una visione complessiva e alta, pensando al suo futuro oltre alle emergenze. Napoli - ha aggiunto il porporato - non ha mai fatto mancare vento alla bandiera della speranza, è questa la bandiera che innalziamo come segno e presenza di una Chiesa che è chiamata dal suo divino fondatore non a esercitare il mestiere del fare, quanto invece quello del dare". (R.P.)

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Chiesa del Messico per la riapertura delle scuole in Chiapas

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Il vescovo della diocesi di San Cristóbal de Las Casas, in Chiapas, mons. Felipe Arizmendi Esquivel, ha sostenuto gli sforzi dei leader della Centrale Nazionale dei Lavoratori dell'Educazione (Cnte) e delle autorità del governo, per porre fine al lungo sciopero nazionale degli insegnanti e, quindi, "prevenire uno sgombero violento delle scuole che avrebbe comportato azioni sanguinose". La fine del conflitto, che durava dal 15 maggio, è stata sancita il 16 settembre.

Gli estremismi non aiutano ma causano mali
Ieri, dopo la Messa domenicale il vescovo in una improvvisata conferenza stampa, ha sottolineato che "gli estremismi non aiutano, ma causano mali", dal momento che "sono stati concessi molti benefici agli insegnanti, ma sono anche il frutto della loro lotta e del loro impegno. Questi risultati non possono essere sottovalutati".

Soluzioni politiche temporanee, l'unico modo per trovare la pace sociale
In una nota ripresa dall'agenzia Fides mons. Felipe Arizmendi Esquivel sottolinea il punto centrale, l'accordo politico tra le autorità e la Cnte, che prevede la sospensione della riforma dell'istruzione fino al 2018. Al riguardo ha detto: "Anche se le soluzioni politiche sono temporanee, sono spesso l'unico modo per trovare la pace sociale. Dobbiamo cercare di essere comprensivi, così tutti insieme, insegnanti, genitori e comunità, riusciremo a superare l'arretratezza educativa in Chiapas". (C.E.)

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Vescovi tedeschi: Plenaria su nuove povertà e giubileo luterano

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Si tiene a Fulda la sessione plenaria autunnale della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), presso il locale seminario vescovile, da oggi a giovedì 22 settembre. I 66 vescovi tedeschi, sotto la presidenza dell’arcivescovo di Monaco-Frisinga, card. Reinhard Marx - riferisce l'agenzia Sir - avranno come spunto principale uno studio sulle sfide dell’inclusione e dell’integrazione prodotto dalla Caritas nazionale: “Insieme con Dio udiamo un grido – la povertà e l’esclusione come sfida per la Chiesa e la Caritas”. 

Problemi legati al mondo del lavoro e rifugiati
Verranno rinnovati gli organigrammi delle 14 commissioni e dei gruppi di lavoro della Dbk che rimarranno in carico fino a tutto il 2021. I temi discussi durante i lavori, oltre alla attualità pastorale e alla partecipazione cattolica all’anno giubilare luterano per i 500 anni della Riforma, saranno i problemi legati al mondo del lavoro e all’accoglienza e integrazione dei rifugiati. 

Domani l'incontro con vescovo iracheno di Erbil
Anche la situazione dell’Unione Europea dopo la Brexit del Regno Unito, la progressiva trasformazione digitale della società con le scelte della Chiesa di un utilizzo sempre più proficuo delle piattaforme sociali su internet e la valutazione della recente Gmg di Cracovia saranno affrontati dai presuli tedeschi. Tra i momenti centrali della plenaria è da contemplare domani, 20 settembre, l’incontro con l’arcivescovo cattolico caldeo dell’arcieparchia di Erbil in Iraq. (R.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 263

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.