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Sommario del 25/09/2016

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Nella Chiesa e nel mondo

Il Papa e la Santa Sede



Papa a catechisti: insensibilità scava abissi, aprirsi agli altri

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Davanti ai tanti Lazzaro, ai tanti poveri che vediamo, siamo chiamati a “inquietarci” e a trovare vie per “incontrare e aiutare”, senza “delegare” o rimandare. Così il Papa nell'omelia della Messa celebrata in Piazza San Pietro per il Giubileo dei catechisti, iniziato venerdì e proseguito ieri con momenti di riflessione e preghiera in varie chiese romane. A loro Francesco ha ricordato che, in un mondo in cui la mondanità “anestetizza l’anima”, non vanno emessi “giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti” ma la missione è quella di “fare la storia” annunciando Dio-Amore. Il servizio di Giada Aquilino

Insensibilità scava abissi
Vivere e annunciare il comandamento dell’amore, superando la “cecità dell’apparenza” e le “tristezze mondane”, per essere “sensibili ai poveri”, che non sono un’“appendice” del Vangelo, ma una pagina centrale, sempre aperta davanti a noi. Papa Francesco si rivolge alle decine di migliaia di catechisti giunte da tutto il mondo e, riflettendo sulla parabola evangelica di Lazzaro “coperto di piaghe” di fronte all’opulenza del ricco che non si accorge di lui, invita ad aprirsi al prossimo:

“Chi vive per sé non fa la storia. E un cristiano deve fare la storia! Deve uscire da sé stesso, per fare la storia! Ma chi vive per sé non fa la storia. L’insensibilità di oggi scava abissi invalicabili per sempre. E noi siamo caduti, in questo momento, in questa malattia dell’indifferenza, dell’egoismo, della mondanità”.

Mondanità anestetizza l'anima
D’altra parte chi “non vede oltre la porta di casa sua” non è interessato a “quello che succede fuori”:

“Non vede con gli occhi perché non sente col cuore. Nel suo cuore è entrata la mondanità che anestetizza l’anima. La mondanità è come un ‘buco nero’ che ingoia il bene, che spegne l’amore, perché fagocita tutto nel proprio io”.

Poveri e sofferenti sono i prediletti del Signore
Così si vedono “solo le apparenze” e non ci si accorge degli altri, perché si diventa “indifferenti a tutto”:

“Chi soffre questa grave cecità assume spesso comportamenti ‘strabici’: guarda con riverenza le persone famose, di alto rango, ammirate dal mondo, e distoglie lo sguardo dai tanti Lazzaro di oggi, dai poveri e dai sofferenti che sono i prediletti del Signore”.

Non emettere giudizi amari su società e Chiesa
Francesco esorta dunque a trarre insegnamento dalla povertà di Lazzaro, che si esprime “con grande dignità”, senza lamenti, proteste o parole di disprezzo:

“Come servitori della parola di Gesù siamo chiamati a non ostentare apparenza e a non ricercare gloria; nemmeno possiamo essere tristi o lamentosi. Non siamo profeti di sventura che si compiacciono di scovare pericoli o deviazioni; non gente che si trincera nei propri ambienti, emettendo giudizi amari sulla società, sulla Chiesa, su tutto e tutti, inquinando il mondo di negatività. Lo scetticismo lamentevole non appartiene a chi è familiare con la Parola di Dio”.

Trovare vie per aiutare gli altri
Chi annuncia la speranza di Gesù, sottolinea il Pontefice, è “portatore di gioia”, ha davanti a sé “orizzonti” e non “un muro che lo chiude”: guarda “al di là del male e dei problemi”, attento al prossimo, a chi “è trascurato e scartato dal mondo”:

“Il Signore oggi ce lo chiede: dinanzi ai tanti Lazzaro che vediamo, siamo chiamati a inquietarci, a trovare vie per incontrare e aiutare, senza delegare sempre ad altri o dire: 'ti aiuterò domani, oggi non ho tempo, ti aiuterò domani'. E questo è un peccato. Il tempo per soccorrere gli altri è tempo donato a Gesù, è amore che rimane: è il nostro tesoro in cielo, che ci procuriamo qui sulla terra”.

Non irrigidirsi attorno a obblighi
La missione è dunque annunciare “Dio-Amore”:

“Non a forza di convincere, mai imponendo la verità, nemmeno irrigidendosi attorno a qualche obbligo religioso o morale. Dio si annuncia incontrando le persone, con attenzione alla loro storia e al loro cammino”.

Testimoniare il Vangelo anche con forme nuove di annuncio
Il Signore non è un’idea - spiega Francesco - ma una “Persona viva”: il suo messaggio passa con la “testimonianza semplice e vera, con l’ascolto e l’accoglienza, con la gioia che si irradia”:

“Non si parla bene di Gesù quando si è tristi; nemmeno si trasmette la bellezza di Dio solo facendo belle prediche. Il Dio della speranza si annuncia vivendo nell’oggi il Vangelo della carità, senza paura di testimoniarlo anche con forme nuove di annuncio”.

Il Signore è risorto
In questo Giubileo, conclude il Papa, ci è chiesto di “non stancarci di mettere al primo posto” l’annuncio principale della fede, il Signore è risorto.

“Non ci sono contenuti più importanti, nulla è più solido e attuale. Ogni contenuto della fede diventa bello se resta collegato a questo centro, se è attraversato dall’annuncio pasquale. Invece, se si isola, perde senso e forza”.

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Catechisti: insegniamo la gioia del Vangelo, con il buon esempio

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Insegnare il Vangelo ai ragazzi partendo dal buon esempio di vivere una vita alla luce della parole di Dio. Questo il pensiero comune dei numerosi catechisti, giunti da tutto il mondo che hanno gremito questa mattina piazza San Pietro, per partecipare al loro Giubileo e alla celebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco. Ascoltiamo alcune testimonianze dei partecipanti, raccolte da Marina Tomarro: 

R. – Oggi vuol dire veramente annunciare il Vangelo, provocare le coscienze e andare anche un po’ controcorrente, con gioia, come ci ha detto il Papa.

D. – E in che modo si cerca anche di aiutare i ragazzi dopo la Cresima a continuare a frequentare la parrocchia?

R. – Questa è sicuramente la sfida più difficile, chiaramente. Bisogna collaborare un po’ con le famiglie, vincere un po’ la consuetudine per cui tutti fuggono e, secondo noi, creare delle reti di comunità. Quando si sta bene, si sente che la comunità è animata dallo Spirito e forse anche i giovani rimangono.

D. – Il Papa vi ha invitato ad essere portatori di gioia e ad annunciare il Vangelo con letizia. Come si fa?

R. – Portando proprio l’esempio, facendo vedere anche ai ragazzi la gioia che comunque può esserci anche semplicemente nella vita di famiglia, ascoltando le parole di Gesù.

R. – Essere catechista oggi vuol dire donare e saper ricevere dai ragazzi tutto quello che ci trasmettono.

D. – Come si superano anche le difficoltà?

R. – Si superano un po’ assieme a loro, un po’ anche invitando le famiglie a partecipare, perché il problema più grande lo troviamo nella famiglia, non nei ragazzi. I ragazzi sono un pozzo di gioia. Alle volte bisogna entrare anche in punta di piedi, ma coinvolgere le famiglie.

D. – Il Papa vi ha invitato ad essere voi stessi esempi per questi giovani. In che modo?

R. – Testimoniare con la nostra vita quello che effettivamente vogliamo trasmettere. E’ possibile solo essere testimoni veri.

R. – Ascoltando la Parola di Dio, di Gesù, e mettendola in pratica, solo quello. Dare un buon esempio, oltre che le parole.

R. – Credere fortemente che il messaggio di Gesù può essere passato e che le nuove generazioni ci sono, hanno bisogno e hanno voglia e forse sapranno poi concretizzarlo molto meglio ancora di noi.

D. – A lei cosa l’ha spinta a diventare una catechista invece?

R. – Poiché i miei figli hanno ricevuto tanto da altri, mi sembra giusto dare ai figli di altri, quello che i miei gratuitamente hanno ricevuto.

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Francesco all’Angelus prega per il Messico percorso da violenze

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Dopo la Messa, prima dell’Angelus, il Papa ha reso omaggio al sacerdote tedesco Engelmar Unzeitig beatificato ieri a Würzburg, in Germania, vittima delle persecuzioni naziste, ha poi richiamato il dramma della violenza che affligge il popolo messicano ed invocato nell’odierna Giornata del Sordo, una Chiesa ed una società accoglienti. Il servizio di Roberta Gisotti. 

“Il suo esempio ci aiuti ad essere testimoni di carità e di speranza anche in mezzo alle tribolazioni”, cosi Francesco rievocando la figura del beato Engelmar Unzeitig, sacerdote della Congregazione dei Missionari di Mariannhill.

“Ucciso in odio alla fede nel campo di sterminio di Dachau, egli all’odio contrappose l’amore, alla ferocia rispose con la mitezza”.

Il pensiero del Papa è poi corso al Messico, dove lunedì scorso sono stati sequestrati tre sacerdoti, due nello Stato di Veracruz, Alejo Naborì e Jose Alfredo Jimenez rinvenuti uccisi, ed un altro José Alfredo Lopez Guillen, nello Stato di Michoacan, di cui non si hanno notizie.

“…assicuro la mia preghiera per il caro popolo messicano, perché cessi la violenza che in questi giorni ha colpito anche alcuni sacerdoti”.

Francesco ha quindi espresso la sua vicinanza alla Chiesa messicana:

“Mi associo ben volentieri ai vescovi del Messico nel sostenere l’impegno della Chiesa e della società civile in favore della famiglia e della vita, che in questo tempo richiedono speciale attenzione pastorale e culturale in tutto il mondo”.

Infine, un saluto speciale nella Giornata mondiale del Sordo:

“Desidero salutare tutte le persone sorde, qui pure rappresentate, e incoraggiarle a dare il loro contributo per una Chiesa e una società sempre più capaci di accogliere tutti”.

E ancora un grazie ai catechisti in piazza San Pietro:

“La Madonna vi aiuti a perseverare nel cammino della fede e a testimoniare con la vita ciò che trasmettete nella catechesi”.

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Papa tweet: solidarietà per contrastare indifferenza

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“Il mondo ha bisogno di segni concreti di solidarietà, soprattutto davanti alla tentazione dell’indifferenza”.

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Oggi in Primo Piano



Card. Parolin in Colombia per firma accordi di pace tra governo e Farc

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Giornata storica  domani in  Colombia, dove il presidente Juan Manuel Santos e i vertici delle Farc sigleranno l’intesa che mette fine a 52 anni di conflitto tra le forze governative e la guerriglia di matrice socialista. Il Paese arriva a questo risultato dopo 4 anni di negoziati a L’Avana, a cui ha dato un contributo decisivo la Santa Sede. Il servizio di Marco Guerra: 

Per capire l’importanza dell’accordo di pace tra il governo di Bogotà e i guerriglieri marxisti delle Farc basta ricordare i numeri della vera e propria guerra civile che ha scosso la Colombia dal 1964: oltre 220mila morti, 45mila persone scomparse nel nulla, 7 milioni di sfollati, migliaia di bambini soldato. Le Farc controllano inoltre intere regioni del Paese sudamericano autofinanziandosi con il narcotraffico e i sequestri di persona: circa 25mila in mezzo secolo.

Per questo motivo la firma dell’intesa che si svolgerà nella città caraibica di Cartagena de Indias, sarà presenziata dalle più alte autorità della comunità internazionale. Fra queste, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, il segretario di Stato americano Kerry, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Ue Mogherini, il presidente della Banca mondiale Jim Yong Kim e tredici capi di Stato della regione (Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador, Costa Rica, Panama, Cuba, Venezuela, Repubblica Dominicana, Ecuador, Perù, Cile e Paraguay).

Alla cerimonia sarà presente anche il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin. La Santa Sede  ha infatti incoraggiato e sostenuto il processo di pace avvenuto con la mediazione cubana, durante i 4 anni trattative tenutesi a l’Avana e che hanno condotto al cessate il fuoco siglato il 23 giugno scorso. Papa Francesco ha quindi espresso l’auspicio di potersi recare in Colombia nel 2017.

La sfida per il presidente colombiano Santos sarà ora quella di reintegrare migliaia di miliziani nella vita civile. Non sarà facile, anche perché molti colombiani guardano ancora con scetticismo agli accordi, che saranno ratificati con il referendum popolare indetto per il prossimo 2 ottobre.

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Europa e migranti. Forti: servono risposte europee condivise

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Sale il bilancio del naufragio avvenuto nelle acque egiziane mercoledì scorso. Le vittime sono 162, mentre questa mattina 25 siriani sono sbarcati sulla costa leccese. Secondo l’Organizzazione internazione delle migrazioni (Oim), sono oltre 300mila i migranti arrivati in Europa via mare dall'inizio dell'anno: circa 166mila in Grecia e oltre 130mila in Italia. E la cancelliera tedesca Merkel apre all’accoglienza di "centinaia" di immigrati regolari attualmente presenti proprio in questi due Paesi, per alleggerire la pressione su Roma e Atene. A Vienna, i Paesi coinvolti nella rotta balcanica dell’immigrazione si incontrano oggi per un summit sul controllo delle frontiere. Maria Carnevali ha sentito Oliviero Forti, responsabile dell’area immigrazione di Caritas italiana: 

R. – Ci troviamo ormai in una fase di stallo: da un lato, una grande pressione migratoria dall’Africa che continua e io vorrei sottolineare che la mia preoccupazione è per i tanti minori non accompagnati. Ma dall’altro, a fronte di questa pressione, abbiamo ormai un’incapacità cronica in tutta Europa per scelte anche e soprattutto di tipo politico, di dare risposte che siano sostenibili, non solo in termini di accoglienza ma – come anche il nostro premier ha ricordato durante i lavori a New York e non solo lui – l’incapacità di sostenere questi Paesi affinché le persone abbiano il diritto di rimanere nella propria terra. Ecco, tutto questo sta creando – ripeto – situazioni che, al di là delle morti che sono sempre drammatiche, danno però un senso di disorientamento diffuso. Oggi, vere risposte nessuno ne ha, una strategia vera non esiste e quindi dobbiamo veramente porci la domanda su come poter proseguire di fronte a questa grande sfida.

D. – Cosa, secondo lei, rende adesso impossibile o, come diceva anche lei, in stasi il dialogo internazionale? Perché questo non funziona? Perché non si riesce a trovare un accordo internazionale?

R. – L’immigrazione è un fenomeno complesso nella misura in cui le cause che determinano i movimenti di popolazioni sono altrettanto diverse. Abbiamo la vicenda siriana che ci insegna come l’instabilità politica, la guerra civile spesso producano non solo morti dove questa viene combattuta, ma anche tanti lungo le rotte delle migrazioni che riguardano milioni di persone. La vicenda siriana insegna come – se non c’è una seria politica internazionale per prevenire innanzitutto questi conflitti, o intervenire seriamente affinché questi vengano in qualche modo risolti – noi con l’immigrazione avremo a che fare ancora per molti anni. E poi c’è tutta la grande questione degli squilibri che a livello planetario ormai gestiamo da decenni: in Africa, in Sud America, nel Sudest asiatico… Ecco, queste sono le grandi questioni che ci accompagneranno per i prossimi decenni. Un intervento serio è un intervento dove i Paesi concordemente intorno a un tavolo cercano di trovare soluzioni al netto dei propri interessi nazionali. Fin quando non avremo questo atteggiamento, credo che dovremo ancora contare tristemente i morti in mare o anche lungo le rotte terrestri.

D. – Ma quali sono i limiti e gli interessi che non permettono questa risoluzione del problema?

R. – Sono molteplici, a iniziare da interessi di natura economica. In particolare, interessi  relativi alla gestione delle fonti energetiche che portano i Paesi, in primis i grandi consumatori di energia, a non investire seriamente in politiche che permettano nel lungo periodo di scoraggiare quello che sicuramente è un diritto fondamentale: quello all’emigrazione. Ma oggi sappiamo che chi arriva, avendo anche la possibilità di ascoltarli, avrebbe certamente preferito una vita nel proprio Paese. Ma tutto quello che purtroppo oggi viene offerto a queste persone ai nostri occhi è pari a zero, ma anche ai loro. E quindi questo evidentemente costituisce ancora la forte molla che li spinge a scegliere di intraprendere questi viaggi.

D. – Quando ci sono naufragi con numerose vittime, tra cui bambini, l’opinione pubblica si ferma, ma dopo poco si ricomincia senza mettere in campo politiche a sostegno delle popolazioni. Quali, secondo lei, sono gli interventi maggiormente necessari, a oggi?

R. – Noi abbiamo, nell’immediato, la necessità di ritrovare quel senso di responsabilità a livello europeo, perché noi in Europa siamo e con l’Europa dobbiamo dare delle risposte ma queste non arrivano perché stiamo assistendo e vedendo situazioni molto diverse, atteggiamenti molto diversi, assistendo a un rafforzamento delle frontiere, al rinvio in Italia di minori anche in spregio agli accordi internazionali… Quindi, una chiusura a riccio dei Paesi rispetto a un tema che fa paura, che politicamente è molto sensibile ma che, torno a ripetere e non lo faccio evidentemente solo io, ormai lo sentiamo da più tempo, deve essere affrontato congiuntamente perché i migranti vogliono arrivare in Europa. Non vogliono arrivare in Italia: l’Europa è l’orizzonte e quindi come Europa questo orizzonte va guardato e le misure che vanno adottate devono essere misure europee. A oggi, non sembra ci siano le condizioni e quello che stiamo vedendo ne è la prova più tangibile.

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Brasile. Card. Hummes: nuovo governo sia attento ai poveri

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In Brasile rimane alta la tensione sociale. Dopo le nuove accuse per corruzione e riciclaggio nei confronti dell'ex presidente Lula da Silva, ombre dello scandalo sui fondi neri Petrobras si addensano anche sul nuovo presidente Temer, succeduto alla destituita Dilma Rousseff. Intanto, il prossimo 2 ottobre il Paese si prepara alle amministrative in cui saranno chiamati al voto 144 milioni di cittadini. Ma si capisce dove sta andando il Paese? Cristiane Murray lo ha chiesto al cardinale brasiliano Cláudio Hummes, presidente della Commissione episcopale per l’Amazzonia: 

R. - È ancora difficile, perché siamo all’inizio. Il cambio di governo è avvenuto di recente. Il nuovo governo inizia a prendere delle decisioni. È tutto da fare ancora; non si sa ancora con quale forza politica si attueranno le riforme volute dal nuovo governo e anche se sono queste le riforme veramente importanti per la gente. Il processo di cambiamento è stato ambiguo, molto discusso, ma adesso c’è un altro governo. Ho detto più volte che le ideologie non sono molto importanti perché i governi sono pragmatici. Non importa tanto quale sia l’ideologia, importa quali saranno le decisioni, i progetti, le riforme necessarie da fare. La Chiesa accompagna tutto questo processo e, prima di tutto, credo che debba lavorare per ricostruire la riconciliazione perché è un momento caratterizzato da molta aggressività fra le due parti, cosa che prima non c’era nel popolo brasiliano. Oggi siamo veramente preoccupati da questo atteggiamento aggressivo tra le due parti. Bisogna ricostruire la riconciliazione ed impegnarsi nel sociale, nel politico e soprattutto nella questione della democrazia, della giustizia sociale, del lavoro, perché la disoccupazione è cresciuta tantissimo. L’inflazione è diventata di nuovo minacciosa; c’è un grande lavoro da fare anche per quanto riguarda la giustizia sociale e i diritti umani e soprattutto per i diritti dei lavoratori affinché abbiano un salario degno del loro impiego, perché c’è molta disoccupazione. Quindi è tutto un cammino da ricostruire perché il Brasile sta andando giù,… Serve un lavoro di riscatto.

D. - È un Paese che è cresciuto molto negli anni passati, la povertà si era molto ridotta. Questi poveri hanno acquisito dei diritti, un certo tenore di vita che non è più di povertà estrema. È importante che questi diritti non vengano persi …

R. – Certo, questo sì. La speranza è che ci possa essere la possibilità di venire incontro a tutte queste riforme e programmi sociali che erano stati fatti dai governi precedenti. Però, per fare questo è necessario che ci siano entrate, che ci sia produttività, perché il Brasile in questo momento si trova in grandissime difficoltà economiche, persino nel pagare gli interessi del debito interno, perché l’altra faccia della medaglia di questa crisi, la corruzione, è  incredibile. La gente, il popolo brasiliano è veramente spaventato per la quantità astronomica di denaro che è stato dirottato verso la corruzione. Tutto questo grande processo contro la corruzione è importantissimo per il Brasile per rifare le fondamenta di un’economia che sia capace di venire incontro alle grandi necessità e di ciò che è il Paese: il Brasile è un Paese che stava addirittura bene; adesso la situazione è molto, molto complicata.

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Giornata mondiale del sordo: vincere pregiudizi e isolamento

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Ricorre questa domenica la Giornata mondiale del sordo. In Italia, sono numerose le iniziative organizzate per richiamare l’attenzione sulla condizione della comunità sorda e per sensibilizzare l’opinione pubblica, chiedendo una reale inclusione sociale. La frase simbolo di quest’anno è “Con la lingua dei segni, io sono uguale”. Sull'incidenza di questa patologia Maria Carnevali ha sentito il prof. Gaetano Paludetti, direttore dell’Istituto di Otorinolaringoiatra dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: 

R. – Percentuali precise non ve ne sono; si sa però che è una delle patologie più frequenti, soprattutto in età anziana, oltre i 65-70 anni. Quelli che invece sono conosciuti sono i dati delle sordità infantili e si sa che un bambino su circa 2.000 nati è affetto da problemi di udito importanti. Questa percentuale aumenta molto nei bambini a rischio, cioè che hanno avuto problemi alla nascita e quindi lì si può arrivare anche a un bambino su 800-1.000 di quelli che hanno problemi di rischio neonatale.

D. – Come la ricerca affronta il tema della sordità?

R. – La ricerca fa molto, in questo campo; il problema vero è poi portare le soluzioni dalla ricerca all’uomo. Quindi è molto attiva una ricerca di base in campo biologico, in campo sperimentale; poi, le applicazioni sull’umano diventano un pochino più complesse. Oggi si cerca molto di capire quali siano i meccanismi che portano alla sordità. Per quanto riguarda poi le soluzioni: le soluzioni sono più complesse perché dal punto di vista farmacologico ancora oggi non si è trovato un modo per guarire farmacologicamente il problema della sordità neurosensoriale, quindi quella che riguarda la chiocciola e il nervo acustico, perché sono ovviamente le sordità più profonde. In realtà, la ricerca si è orientata – oltre che sull’aspetto di base, farmacologico – anche sull’aspetto protesico, e lì invece i progressi sono stati enormi, nel senso che si è arrivati a un notevole miglioramento delle qualità degli apparecchi acustici e soprattutto c’è stato negli ultimi 20 anni il grande sviluppo dell’impianto cocleare che ha risolto il problema delle sordità profonde, cioè quelle che praticamente non avrebbero potuto essere migliorate neanche dalle protesi acustiche tradizionali. Quindi, diciamo che l’impianto cocleare e tutto ciò che ad esso è connesso ha avuto uno sviluppo importantissimo dal punto di vista della ricerca.

D. – Quali sono le maggiori difficoltà che una persona affetta da sordità trova nella società?

R. – Faccio sempre un esempio: noi oggi abbiamo una sorta, non dico di pietà, ma di grande comprensione verso coloro che hanno problemi di vista. L’occhiale lo mettono ovviamente tutti, senza problemi e senza ritenersi portatori di un handicap. Molto diverso è l’approccio verso il problema uditivo: isola molto le persone, le rende estranee al loro stesso mondo ed è un grave handicap. Eppure, tutti hanno verso la sordità un atteggiamento diverso. Proporre una protesi acustica è una cosa che molto spesso i pazienti rifiutano. La persona che non sente rimane sola nel suo ambiente, ma oggi c’è anche un filone di ricerca che tende o vuole dimostrare o vuole cercare di capire se una persona, soprattutto un anziano che ha problemi di udito, possa andare più facilmente incontro proprio a problemi neurodegenerativi. Devo dire che credo ci voglia una certa maggiore sensibilizzazione verso le persone che hanno un problema uditivo.

D. – Quali misure potrebbero venire realizzate o sono già state realizzate per sensibilizzare l’opinione pubblica?

R. – Di campagne ce ne sono, ma credo che si debba far capire alle persone che non è vergognoso portare un apparecchio acustico o un dispositivo che consenta alla persona di avere rapporti sociali normali. Ci vogliono anche delle sensibilizzazioni sociali e qualcosa che faccia sì che qualsiasi tipo di handicap sensoriale venga considerato allo stesso modo. Un grande lavoro è stato fatto sulla problematica delle ipoacusie infantili, perché sono ovviamente ancora più gravi: infatti, un bambino che non sente è un bambino che può anche avere difficoltà nell’acquisizione del linguaggio. Quindi: lì è stata fatta una grande azione e devo dire che lì funziona. Un’altra cosa importante – e va detta, questa – è che bisognerebbe cercare in qualche modo di ridurre anche i costi di questi apparecchi perché indubbiamente ancora oggi in Italia i costi delle protesi acustiche e di tutti i dispositivi uditivi sono molto elevati. Andrebbe svolta una qualche azione per renderli più facilmente acquistabili, senza sacrifici economici così importanti.

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Bologna, Festival Francescano. Mons. Zuppi: perdono non è rinuncia a giustizia

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Si conclude a Bologna l’ottava edizione del Festival Francescano.  Un viaggio nel cuore della riconciliazione a partire dalla predicazione del Poverello di Assisi. Secondo i racconti dell’epoca con le sue parole faceva “spegnere le inimicizie e gettare le fondamenta di nuovi atti di pace”. Ieri mattina l’intervento dell’arcivescovo mons. Matteo Zuppi sul tema “Quando perdonare è difficile”. Il servizio di Luca Tentori. 

Fa un certo effetto sentire parlare di perdono a Bologna, in piazza Maggiore, testimone del dolore di tante sciagure. La storia recente della città dagli eccidi di Monte Sole alla strage della stazione, da Ustica all’Italicus, hanno lasciato ferite che bruciano ancora. Ma l’arcivescovo, mons. Matteo Zuppi, ci ha provato ieri mattina al Festival Francescano.

“Per certi versi è proprio il perdono che ci chiede ancora di più di perseverare ancora di più nella giustizia, ma disinquinata dall’odio, libera dalla vendetta, e proprio per questo, a mio parere, ancora più forte”.

Ha così liberato subito il campo dagli equivoci mons. Zuppi nel suo intervento. Perdono non vuol dire rinunciare alla giustizia. Parole pesanti se la verità per molte vittime è ancora lontana. Il suo discorso non spiega concetti astratti ma storie, spesso segnate dal sangue, che hanno saputo perdonare al di là di ogni credenza religiosa e appartenenza geografica. Nelson Mandela, Giovanni Bachelet, don Pino Puglisi, i monaci di Tibhirine, Annalena Tonelli.

“Spesso perdonare è difficile non è mai un fatto automatico. E’ sempre anche un itinerario e una scelta ma credo che però convenga sempre. Qualche volta lo capiamo con difficoltà, prevale la ferita. A volte non perdoniamo perché sembra un’ingiustizia perdonare: un tradimento a noi stessi o altri che hanno subito le offese del male, i colpi del male”.

La vita lo ha portato a essere mediatore per la Comunità di Sant’Egidio nella guerra civile del Mozambico in cui l’amnistia e il perdono sono stati gli unici modi per ricominciare. Ora a Bologna, a sorpresa, nuove esperienze come il contatto con uno dei capi della banda della “Uno bianca”, che negli anni Novanta terrorizzarono l’intera regione.

“Mi ha scritto uno di loro. Abbiamo una conversazione, e lì ho capito come effettivamente il perdono è un itinerario faticoso ma che bisogna cercare perché non viene da solo. E’ l’unica via per evitare che le offese all’umanità operate dal male restino o anzi peggiorino”.

Lo sguardo è andato infine al terrorismo che insanguina l’Europa, e non solo, in questi ultimi terribili mesi.

“Stiamo insieme, la casa comune è una. C’è poco da fare e quindi dobbiamo reimparare a vivere insieme. Questa è la vera sfida, per cui non c’è pace senza il perdono.  Altrimenti siamo condannati a ripeterlo, perché il male non è inerte e perché c’è una memoria dell’odio che si trasmette, a volte, per generazioni”.

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Nella Chiesa e nel mondo



Siria: nuovi raid su Aleppo almeno 56 vittime

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Raid dell’aviazione russa  siriana proseguono anche oogi sui quartieri orientali di Aleppo controllati dall'opposizione armata. L'Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia anche una recrudescenza degli scontri a nord della città e fonti locali parlano di almeno 56 morti nelle ultime 24 ore. I ribelli infatti nella notte hanno lanciato una controffensiva per recuperare il campo, che era stato conquistato sabato dalle forze governative. E questa mattina è stato convocato un Consiglio di emergenza delle Nazioni unite, per l'aggravarsi della situazione in Siria; intanto i ministri degli Esteri del cosiddetto Quintetto (Italia, Usa, Germania, Francia e Gran Bretagna) insieme al capo della diplomazia Ue, Federica Mogherini, hanno chiesto alla Russia di “mostrare la sua volontà” di salvare il cessate il fuoco in Siria.

In un comunicato congiunto al termine di una riunione sabato pomeriggio presso la Tufts University, vicino Boston (Massachusetts), i capi delle diplomazie europee hanno sollecitato l'appoggio russo perché gli aiuti umanitari arrivino a destinazione e si creino le condizioni per la ripresa dei colloqui, guidati dall'Onu, sulla transizione politica nel Paese.(M.G.)

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Giordania: assassinato scrittore laico per vignetta blasfema

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Ancora una vignetta giudicata blasfema dall’islam radicale, di nuovo la mano di un assassino integralista che uccide per lavare l’onta dell’offesa. È successo oggi in Giordania, dove lo scrittore e giornalista giordano, Nahed Hattar, è stato assassinato questa mattina in pieno centro ad Amman, dinanzi a un tribunale, dove si stava recando per il processo, in cui doveva rispondere della pubblicazione di una vignetta considerata offensiva per la religione islamica.

Cristiano, laico e progressista, 56 anni, Hattar era stato arrestato lo scorso 13 agosto dopo aver postato sul suo profilo in rete una caricatura di alcuni jihadisti ritratti i in attegiamenti ritenuti lesivi della fede musalamana. Secondo l’agenzia di stampa giordana Petra, l’assalitore, del quale non è stata ancora resa nota l'identità, è stato immediatamente arrestato.

Il giornalista giorndano era un figura molto controversa nel suo Paese, sostenitore convinto del presidente siriano, Bashar al Assad, che considerava un baluardo contro il dilagare dell'Islam fondamentalista. Hattar comparendo la prima volta dinanzi al giudice prima di essere liberato su cauzione, aveva spiegato che la vignetta rifletteva solo "il comportamento dei terroristi"; tanto che persino il suo avvocato aveva rifiutato di difenderlo. Anche l'organismo ufficiale giordano incaricato di emettere editti religiosi aveva condannato la caricatura, affermando che "il disegno sacrilego della Potenza Divina aumenterà solo l'odio e seminerà la discordia nel Paese". (M.G.)

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Spagna: elezioni in Galizia e Paesi Baschi. Voto possibile svolta per governo nazionale

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In una Spagna da sette mesi senza governo, oggi riflettori puntati su Galizia e Paesi Baschi, dove rispettivamente 2,2 milioni e 1,7 milioni di elettori sono chiamati ad esprimersi per il rinnovo dei Parlamenti regionali. I sondaggi prevedono una vittoria con maggioranza assoluta del Partito Popolare del premier uscente Mariano Rajoy in Galizia e un forte calo nelle due regioni dei socialisti, 'sorpassati' da Podemos. Nei Paesi Baschi le previsioni per il voto vedono sempre in testa il Partito Nazionalista basco del presidente della regione, Inigo Urkullu, che potrebbe conquistare 26 dei 75 seggi del Parlamento locale.

Se i risultati confermeranno i sondaggi, potrebbero esserci forti ripercussioni sul tavolo per la formazione di un esecutivo di coalizione a Madrid; mettendo a rischio la poltrona del segretario socialista Pedro Sanchez, il quale si è sempre opposto ad un’accodo con i popolari, e rafforzando in parallelo la posizione di Rajoy, che sta lavorando per formare un nuovo di larghe intese. (M.G.)

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Svizzera: voto su economia verde, pensioni, servizi segreti, frontalieri ed equità salari

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Gli Svizzeri chiamati oggi alle urne per pronunciarsi su tre referendum. Il primo voto popolare è su un'iniziativa promossa dagli ecologisti “per un'economia più verde”, la seconda è una proposta dell'Unione sindacale svizzera (USS) che chiede un aumento del "10% di tutte le rendite di vecchiaia", le pensioni. Un terzo referendum è stato lanciato da una sedicente “Alleanza contro lo Stato ficcanaso”, contro la Legge federale sulle attività di informazione e sicurezza interna, che secondo i promotori consente ai “Servizi segreti di infiltrarsi nella sfera privata dei cittadini”. Il governo svizzero si è raccomandato di votare ‘no’ ai primi due quesiti referendari e un sì nel terzo, a favore della legge. Altri due referendum interessano il solo Cantone del Ticino. Il primo, noto con lo slogan “Prima i nostri” è promosso dal partito di destra Udc e sostenuto dalla Lega ticinese e chiede di inserire nella Costituzione del Cantone il principio della “preferenza indigena”, per favorire i lavoratori elvetici, rispetto a quelli provenienti dall’estero, in particolare dalla vicina Italia, dove ogni giorno 60 mila frontalieri varcano il confine svizzero. Il secondo quesito referendario  “Basta con il dumping salariale”, è promosso dal Movimento per il socialismo e chiede di istituire un Ispettorato cantonale del lavoro. (Roberta Gisotti)

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Usa: ancora proteste a Charlotte. Vescovo chiede pace e giustizia. Preso autore strage Seattle

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Stati Uniti ancora scossi dalle proteste e dalle violenze relative a due distinti episodi dei giorni scorsi. La Polizia di Charlotte, in North Carolina, ha diffuso le immagini della morte di un afroamericano ucciso da un agente, il caso ha scatenato un'ondata di agitazioni nella città da parte della comunità nera. I video rilasciati ieri dalla Polizia non chiariscono però se l' uomo avesse o meno un'arma. Era in possesso di marijuana e aveva una pistola, sostiene invece il capo della Polizia di Charlotte, mentre per la quinta serata consecutiva sono scesi nelle strade molti manifestanti.

Intanto, nella notte, un uomo di origini turche, e che in passato era stato arrestato per aggressione, è stato fermato in relazione alla sparatoria di ieri in un centro commerciale a Burlington, vicino Seattle, dove sono rimaste uccise cinque persone, quattro donne ed un uomo. Arcan Cetin, questo il nome dell'uomo sospettato, è emigrato dalla Turchia e vive legalmente negli Usa ad Oak Harbor, una cittadina a circa 45 chilometri da Burlington. Al momento le autorità americane non hanno ancora dato informazioni relative al movente della strage.

Di fronte a tale drammatica situazione, il vescovo di Charlotte, mons. Peter Jugis, ha diffuso una nota in cui esorta i fedeli a “pregare per la pace e per la giustizia, non solo per le vittime della violenza a Charlotte, ma per tutte le vittime nel Paese”. “Preghiamo anche – sottolinea il presule – per i membri delle forze dell’ordine che sono stati colpiti da violenze ingiuste”. Infine, il richiamo di mons. Jugis va a “tutti gli uomini e le donne di buona volontà affinché siano sempre strumenti di armonia e facciano risplendere la luce di Cristo in casa, sul posto di lavoro, a scuola e negli spazi pubblici”.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LX no. 269

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.