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Sommario del 03/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: con misericordia e perdono, Gesù è pienezza della legge

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Gesù, che giudica “con misericordia”, è la “pienezza” della legge. Così Papa Francesco nella consueta Messa mattutina a Casa Santa Marta, invitando a non giudicare “nel cuore gli altri” ma a perdonare. Il servizio di Giada Aquilino

Di fronte a peccati e corruzione, è Gesù la sola “pienezza della legge”. Papa Francesco nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta riflette sull’odierno Vangelo di Giovanni che propone il brano in cui Cristo, a proposito della donna sorpresa in adulterio, dice a chi l’accusa: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Il Pontefice si sofferma anche sulla Lettura, tratta dal libro del profeta Daniele, dedicata a Susanna, verso la quale due anziani giudici del popolo avevano orchestrato un “adulterio finto, fittizio”, spiega il Papa. Lei, aggiunge, è costretta a scegliere tra la “fedeltà a Dio e alla legge” e “salvare la vita”: era comunque fedele al marito, osserva Francesco, anche se forse era una donna che aveva altri peccati, “perché tutti siamo peccatori” e “l’unica donna che non ha peccato è la Madonna”. Nei due episodi s’incontrano dunque “innocenza, peccato, corruzione e legge”, perché “in ambedue i casi i giudici erano corrotti”:

“Sempre ci sono stati nel mondo giudici corrotti … Anche oggi in tutte le la parti del mondo ce ne sono. E questi … Perché viene la corruzione in una persona? Perché una cosa è il peccato: “Io ho peccato, scivolo, sono infedele a Dio, ma poi cerco di non fare di più o cerco di sistemarmi con il Signore o almeno so che non sta bene”. Ma la corruzione è quando il peccato entra, entra, entra, entra nella tua coscienza e non ti lascia posto neppure per l’aria”.

Tutto, cioè, “diventa peccato”: questo “è corruzione”. I corrotti, prosegue il Papa, credono “con impunità” di far bene. Nel caso di Susanna, gli anziani giudici “erano corrotti dai vizi della lussuria” minacciando di rendere “falsa testimonianza” contro di lei. Non è, poi, il “primo caso” riflette Francesco, che nelle Scritture appaiano false testimonianze: ricorda proprio Gesù, “condannato a morte con falsa testimonianza”. Nel caso della vera adultera, troviamo ad accusarla altri giudici che, spiega il Pontefice, “avevano perso la testa” facendo crescere in loro un’interpretazione della legge “tanto rigida che non lasciava spazio allo Spirito Santo”: cioè “corruzione di legalità, di legalismo, contro la grazia”. E poi c’è Gesù, vero Maestro della legge di fronte ai giudici falsi, che avevano “pervertito il cuore” o che davano sentenze ingiuste “opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi”:

“Gesù dice poche cose, poche cose. Dice: ‘Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei’. E alla peccatrice: ‘Io non ti condanno. Non peccare più’. E questa è la pienezza della legge, non quella degli scribi e farisei che avevano corrotto la sua mente facendo tante leggi, tante leggi, senza lasciare spazio alla misericordia. Gesù è la pienezza della legge e Gesù giudica con misericordia”.

Lasciando libera la donna innocente, a cui Gesù dice “Mamma” perché - spiega Francesco - “sua madre è l’unica innocente”, ai giudici corrotti si riservano “parole non belle” per bocca del profeta: “Invecchiati nei vizi”. L’invito del Papa è allora a pensare alla malvagità “con la quale i nostri vizi giudicano la gente”:

“Anche noi giudichiamo nel cuore gli altri, eh? Siamo corrotti? O ancora no? Fermatevi. Fermiamoci. E guardiamo Gesù che sempre giudica con misericordia: ‘Neppure io ti condanno. Va’ in pace e non peccare più’”.

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Francesco: basta traffico di persone, scandalosa schiavitù del nostro tempo

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E’ tempo di porre fine al traffico di essere umani, grave “forma di schiavitù” moderna e “vergognosa piaga” dell’umanità. E’ quanto scrive Papa Francesco in un Messaggio alla 17.ma Conferenza contro il traffico di persone, in corso a Vienna, promossa dall’OSCE. Il messaggio è stato letto da padre Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e rifugiati del dicastero per il Servizio allo Sviluppo umano integrale, che ha tenuto un intervento a nome della Santa Sede. Il servizio di Alessandro Gisotti

Bisogna essere determinati - scrive Papa Francesco - nello “sradicare” il traffico di persone, “che rappresenta uno dei più vergognosi fenomeni che sfregia la faccia della moderna umanità”. 

Traffico di persone, scandalosa forma di schiavitù moderna
E’ “scioccante”, “scandaloso”, prosegue il Pontefice nel messaggio alla Conferenza di Vienna, scoprire che il traffico di persone avviene in ogni Paese e che rappresenta “uno dei più proficui business del pianeta”. Si tratta, ribadisce Francesco, “di una forma di schiavitù, di un crimine contro l’umanità, una grave violazione dei diritti umani, una piaga atroce, che deve essere condannata con ancor più forza quando riguarda bambini”.

Impegnarsi in ogni modo contro il traffico di bambini
Rivolgendosi ai rappresentanti delle nazioni che partecipano alla conferenza - incentrata sul tema “Il traffico di bambini e il superiore interesse dell’infanzia” - il Papa li esorta a fare “ogni cosa possibile” per accrescere la consapevolezza su questa piaga e “meglio coordinare” gli sforzi legali e sociali “per salvare milioni di bambini e adulti”. Ancor di più, si legge nel messaggio, bisogna impegnarsi per “impedire” che tante persone siano vittime del traffico e “schiavizzate”. Francesco auspica infine il successo della Conferenza, augurandosi che si metta fine al “crimine terribile” del traffico di esseri umani nel Paesi dell’OCSE.

Più collaborazione per proteggere i minori e perseguire i criminali
Nel suo intervento, padre Michael Czerny ha sottolineato la preoccupazione per gli sforzi finora insufficienti per contrastare un fenomeno terribile come quello del traffico degli esseri umani. In particolare, il sottosegretario della Sezione Migranti e rifugiati del dicastero per il Servizio allo Sviluppo umano integrale, ha messo l’accento su tre punti: prevenire il traffico, proteggere le vittime e perseguire i criminali. Alla base di tutto, ha detto, c’è l’urgenza di mettere al centro la persona umana con il suo valore inestimabile. Padre Czerny ha rammentato i numerosi interventi di Papa Francesco in favore dei bambini, vittime di questa nuova schiavitù. Quindi, ha ribadito la necessità di una forte collaborazione tra tutti - istituzioni, organizzazioni religiose, media – per mettere in atto azioni coraggiose contro il traffico degli esseri umani.

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Pubblicato il programma del viaggio del Papa in Egitto il 28 e 29 aprile

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La Sala stampa vaticana ha pubblicato oggi il programma del Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Egitto il 28 e 29 aprile. La partenza del Papa da Roma Fiumicino per l’aeroporto internazionale de Il Cairo avverrà alle 10 e 45 di venerdì 28. Qui si terrà l’accoglienza ufficiale. Poi la Cerimonia di benvenuto nel Palazzo presidenziale a Heliopolis, a cui seguiranno le visite di cortesia al Presidente della Repubblica e al Grande Imam di Al-Azhar. Ai partecipanti alla Conferenza Internazionale sulla Pace, il Papa terrà quindi il suo primo discorso.

Nel pomeriggio l’incontro e il discorso del Papa alle autorità e la visita di cortesia a S.S. Papa Tawadros II dove è previsto il terzo intervento di Francesco. La giornata di sabato 29 aprile inizierà con la Santa Messa, poi il Papa pranzerà con i vescovi egiziani. Nel pomeriggio l’incontro di preghiera con discorso al clero, i religiosi e i seminaristi. Infine la Cerimonia di congedo. La partenza di Francesco dall’aeroporto de Il Cairo è prevista alle 17 con arrivo all’aeroporto di Roma Ciampino alle 20.30.

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Le udienze oggi di Papa Francesco

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Per le udienze odierne di Papa Francesco consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede

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Papa a Mirandola: restano cicatrici, ma anche il coraggio e la speranza

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Avete dato un “esempio di coraggio a tutta l’umanità”. Il Papa conclude nel pomeriggio a Mirandola la sua visita nella diocesi di Carpi, con una lode e un incoraggiamento rivolti alle popolazioni colpite dal sisma nel 2012. Quindi, l’omaggio floreale alle vittime del terremoto, nella zona adiacente alla Parrocchia di San Giacomo Roncole di Mirandola. Poi la partenza in elicottero e in serata il rientro in Vaticano. Il servizio della nostra inviata, Debora Donnini: 

Alle spalle del Papa, il Duomo ancora inagibile, davanti a lui, assiepato nella piccola piazza antistante, quel popolo travolto dalla furia del terremoto. Il Papa viene per confermare l’affetto della Chiesa e la sua personale vicinanza e ricorda la visita del suo predecessore, Benedetto XVI, che si recò in Emilia poche settimane dopo il sisma. “Le ferite alle case, alle attività produttive, alle chiese e agli altri monumenti” sono nel pensiero del Papa, assieme “soprattutto alle ferite interiori”, quelle di chi ha perso i propri cari e visto dissolversi i sacrifici di una vita. Francesco sottolinea “lo spirito evangelico” con cui la gente ha affrontato la situazione, “accettando negli eventi dolorosi la misteriosa presenza di un Padre che è sempre amorevole anche nelle prove più dure”. Le ferite sono guarite, afferma, ma rimangono le cicatrici:

“E rimarranno tutta la vita le cicatrici, e guardando queste cicatrici voi abbiate il coraggio di crescere e di far crescere i vostri figli in quella dignità, in quella fortezza, in quello spirito di speranza, in quel coraggio che voi avete avuto nel momento delle ferite”.

Da qui l’augurio che non vengano mai meno le doti di laboriosità di questa popolazione e non si ceda allo scoraggiamento per le difficoltà che ancora ci sono:

“Molto è stato fatto nell’opera della ricostruzione ma è quanto mai importante un deciso impegno per recuperare anche i centri storici: essi sono i luoghi della memoria storica e sono spazi indispensabili della vita sociale ed ecclesiale. Sono certo che non mancherà la buona volontà, da parte di tutti gli attori coinvolti, affinché sia assicurata la rapida realizzazione di questi necessari lavori, per il bene comune”.

Prima del discorso, il Papa era entrato nel Duomo avvolto all’interno da una ragnatela di impalcature e ha lasciato sull’altare un omaggio floreale per coloro che sono morti nel sisma. “Davanti al vostro Duomo”, dice, “elevo con voi al Signore una fervente preghiera per le vittime del terremoto, per i loro familiari e per quanti tuttora vivono in situazioni precarie”. Quindi torna a lodare il loro esempio:

“Vi ringrazio: vi ringrazio per l’esempio che avete dato a tutta l’umanità, l’esempio di coraggio, di andare avanti, di dignità”.

Concluso il discorso, il Papa scende dal palco e si ferma a salutare i presenti assiepati lungo le transenne, visibilmente emozionati. Durante l’incontro il vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, aveva tra l’altro annunciato, accompagnato da scroscianti applausi, che in questi giorni sono giunte alla diocesi le autorizzazioni che consentiranno entro l’estate l’avvio delle opere di restauro e miglioramento sismico del Duomo di Santa Maria Assunta.

Subito dopo questo incontro, Francesco si è spostato in papamobile nella zona adiacente alla Parrocchia di San Giacomo Roncole di Mirandola. Qui l’atto conclusivo della sua visita con l’omaggio  di una corona di fiori alla stele che ricorda le vittime del terremoto. Tantissimi i fedeli ai bordi delle strade, che lo hanno salutato fino alla partenza dell’elicottero.

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Vescovo di Carpi: Francesco ci ha dato un'iniezione di speranza

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Una giornata intensa, una visita pastorale all'insegna della speranza, ricca di momenti che resteranno nel cuore dei fedeli di Carpi e Mirandola. Per un bilancio della visita di Papa Francesco nella diocesi emiliana, che ancora porta i segni del terremoto di 5 anni fa, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento del vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina

R. – Devo dire che è stata una visita che mi ha riempito di gioia, di consolazione e una visita che ha manifestato una esplosione di riconoscenza nei confronti del Papa che è venuto a trovarci, nonostante i suoi numerosi impegni, e soprattutto è venuto per portarci, fondamentalmente, due doni. Uno è il dono della sua parola: l’omelia che ci ha tenuto è stata veramente un inno alla vita, alla vita che è Gesù; e l’altra grande parola che ci ha lasciato è una parola di speranza, detta a Mirandola davanti al Duomo che si trova ancora nelle condizioni del giorno dopo il terremoto. Per cui mi sembra veramente che sia stato un viaggio pastorale che non solo è stato bello per il numero enorme di persone che ha avuto la possibilità di vedere, di salutare, di ascoltare il Santo Padre, ma è stato un viaggio che ha rianimato proprio la nostra vita. Insomma, io ho visto la gente contenta, felice, grata per questo dono che ci è stato fatto.

D. – Una visita intensa: lei sottolineava le parole importanti che ha detto il Papa, ma anche tanti gesti significativi come la visita al Duomo di Mirandola, ancora tra le impalcature. Tra le tante immagini, ce n’è qualcuna in particolare che si porta già nel cuore di questa visita?

R. – L’immagine più forte è la grande disponibilità che il Papa ha nei confronti delle persone più fragili e più deboli. L’incontro con i portatori di handicap è stato veramente commovente. Non si è risparmiato: si è “gettato” in mezzo a questi nostri fratelli che vivono la sofferenza e li ha qualificati come una ricchezza. Persone che esprimono, offrono e portano una ricchezza alla Chiesa e alla società.

D. – Anche se in poche ore, il Papa ha voluto incontrare praticamente tutte le realtà presenti nella vostra terra; ha voluto incontrare ovviamente anche il clero della sua diocesi. Che clima si è respirato, in questo incontro?

R. – Un clima molto familiare, sollevato dalle battute del Santo Padre che ha facilitato – diciamo così – poi il confronto, il dialogo molto fraterno, molto schietto. E quindi questo incontro con il clero, i religiosi, le religiose, i diaconi permanenti credo che rimarrà nel cuore di tutte le persone consacrate, perché ha avuto proprio questa caratterizzazione della familiarità totale, della libertà di poter parlare e della libertà di poter esprimere senza nessun vincolo, senza nessuna paura, quello che le persone portavano nel cuore, che sentivano di voler chiedere al Santo Padre.

D. – Quali sono i frutti che lei, come pastore di questa diocesi, si aspetta e spera dopo questa visita?

R. – Credo che questa visita sarà un volano – se posso usare questo termine – proprio per ricompattare la coesione sociale, da un punto di vista civile, e l’unità e la comunione all’interno della Chiesa. Perché il terremoto, è vero, esprime nei primi tempi una grande forma di solidarietà, ma poi il terremoto provoca delle ferite nel cuore, nello spirito, nelle anime che portano le persone a disgregarsi. Il Papa, invitandoci alla gioia, invitandoci alla speranza, invitandoci alla fiducia, invitandoci a non lasciarci prendere dal lamento e a vedere il bello e il positivo che comunque c’è attorno a noi, nella nostra vita e nei fratelli, ha proprio voluto indicare questa dimensione fondamentale della comunione.

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Mons. Zuppi: una visita importante quella del Papa a Carpi

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E’ stata una visita importante, perché Francesco porta le periferie al centro. Così l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi commenta la giornata di ieri del Papa a Carpi e Mirandola. L’intervista è di Antonella Palermo: 

R. – La cittadina di Carpi arriva a 60-70 mila persone in tutto, per cui potrebbe essere considerata minore. In realtà, come tutte le sue scelte, Papa Francesco rende grande quello che sembra piccolo, rende centrale quello che sembra periferico. E’ andato lì perché le conseguenze del terremoto sono ancora così profonde, ma anche per invitare tutti quanti a non restare da soli nelle grotte: c’è speranza per chiunque. Ed è stato un messaggio di intelligente speranza, di una speranza che risponde a quelle domande che tante volte ormai accettiamo con rassegnazione, a cui sembra impossibile trovare una risposta. L’altra annotazione è questa: ieri c’erano moltissimi disabili. Anche questo, credo, ha reso la visita ancora più importante: perché è un messaggio rivolto a tutti, a chi ha subito la forza terribile del terremoto e a tutti quelli che hanno subito un terremoto in altri termini. È per tutti un invito alla speranza, ad alzarci,  a rispondere e fare nostra questa forza di amore che il Signore ci dona.

D. - Il Papa ha poi reso centrale anche l’estrema periferia di Mirandola, l’epicentro del sisma. Lì ha reso omaggio alle vittime del terremoto, ha invitato ad essere solerti nella ricostruzione. Ha indirizzato questo messaggio a tutti gli attori coinvolti, è stato un messaggio non solo un squisitamente spirituale ma proprio di incisività sociale, civile …

R. - Non c’è dubbio. Credo che questo messaggio non va soltanto sentirlo per le zone che sono colpite da fenomeni simili, pensiamo anche oggi alla sofferenza dei terremotati di Amatrice e di tutte quante le zone colpite recentemente. A mio parere è qualcosa che vale per tanti altri aspetti della vita comune, di questa casa comune che dobbiamo curare, tante volte, al contrario, aspettiamo,  rimandiamo, pensiamo che sia sempre compito di altri e quindi ci si richiude. È un messaggio di grande speranza, ma anche di grande responsabilità. Credo che  in questi momenti, in cui è facile piangersi addosso o cercare di conservare il poco che abbiamo, dobbiamo, invece, provare a guardare al futuro con speranza. Credo che siano parole che valgano un po’ per tutti gli aspetti della nostra vita comune.

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Siria: altre tre famiglie in fuga dalla guerra ospitate dal Vaticano

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Altri tre nuclei familiari provenienti dalla Siria sono attualmente ospitati in altrettanti appartamenti di proprietà del Vaticano che, da più di un anno, sono a disposizione per ospitare rifugiati in fuga dalla guerra nel Paese e giunti in Italia grazie ai corridoi umanitari promossi da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e Tavola Valdese. Lo rende noto un comunicato dell’Elemosineria Apostolica. Precedentemente altre famiglie erano state ospitate nei medesimi luoghi ed ora, dopo un aiuto a trovare i mezzi per essere indipendenti, hanno lasciato tali appartamenti. I nuovi ospiti sono 13 persone di due famiglie di religione cristiana ed una di religione musulmana.

Due delle famiglie, che in Siria hanno subito rapimenti e discriminazioni per essere di religione cristiana, sono arrivate nel mese di marzo in Italia: il primo nucleo - si legge nella nota - è composto da una mamma con due figli adolescenti, una nonna, una zia e un’altra donna siriana che vive con loro. La seconda famiglia è una giovane coppia, alla quale è nata due settimane fa la prima figlia, di nome Stella, proprio nell’appartamento che la ospita. La mamma ritrova così la serenità, dopo essere stata rapita per mesi dall’Isis. La terza famiglia ospitata, giunta in Italia nel febbraio 2016, è composta da quattro persone, genitori con due figli, di cui una malata, seppur avviata verso un felice percorso di integrazione. I bambini, si spiega, frequentano regolarmente le scuole elementari, mentre la mamma è iscritta al Corso di laurea per mediatori interculturali e ha già iniziato un tirocinio per l’inserimento lavorativo.

È questa una risposta concreta all’appello rivolto da Papa Francesco, al termine dell’Angelus del 6 settembre 2015, ad accogliere una famiglia in ogni parrocchia, comunità religiosa, monastero e santuario. Finora, attraverso i corridoi umanitari, sono stati accolti a Roma 70 nuclei familiari per un totale di 145 persone. Oltre ad assicurare un’adeguata accoglienza presso parrocchie, comunità e associazioni, i volontari accompagnano le famiglie siriane verso la loro piena integrazione, cominciando dall’apprendimento della lingua italiana.

La Santa Sede, conclude infine il comunicato, sostiene economicamente anche le 21 persone giunte con Papa Francesco da Lesbo nell’aprile dell’anno scorso, e che sono state accolte in alcune case di privati e di religiosi.

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Card. Parolin: "Populorum Progressio" ricorda che ciò che conta è l'uomo

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 Si è aperto questa mattina nell’Aula nuova del Sinodo in Vaticano, il congresso internazionale dal titolo: “Prospettive per il servizio dello sviluppo umano integrale: 50 anni dalla Populorum Progressio”. L'evento, che si conclude domani, è stato promosso dal dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, e si pone come obiettivo quello di approfondire le prospettive teologiche, antropologiche e pastorali dell’Enciclica di Paolo VI. E domani mattina i partecipanti saranno ricevuti in udienza da Papa Francesco. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:

 

Uno sviluppo integrale che dovrebbe avere come base l’eliminazione delle ingiustizie contro la dignità dell’uomo, mentre invece prevalgono spesso poteri politici ed economici a danno dei più deboli. Con questa osservazione, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano ha aperto la sua omelia nella celebrazione eucaristica che si è tenuta nella basilica di San Pietro, per i partecipanti al congresso internazionale sulle "Prospettive per il servizio dello sviluppo umano integrale a 50 anni dalla Populorum Progressio". Ascoltiamo le sue parole:

“Development consists in the passage from less human living conditions…”

"Lo sviluppo consiste nel passaggio da una condizione di vita peggiore ad un miglioramento delle condizioni di vita. E quali sono le vere condizioni di vita? L’uscire fuori dalla povertà e l’acquisizione delle necessità primarie; l’eliminazione dei disagi sociali; l’allargamento degli orizzonti della conoscenza; l’acquisire educazione e cultura… Da qui si può arrivare ad una maggiore consapevolezza della dignità delle altre persone, un gusto per lo spirito di povertà e un interesse attivo per il bene comune e il desiderio di pace. Così, l’essere umano può riconoscere i valori più alti e Dio stesso, l’autore e la fine. Infine c’è la fede, che Dio dà agli uomini di buona volontà, e il nostro amore nell’unità in Cristo che chiama tutti gli uomini a condividere la vita come figli del Dio vivente, il Padre di tutti gli uomini".

E i valori fondanti di questo documento che per la prima volta estendeva a livello mondiale l’insegnamento sociale della Chiesa e dove veniva affermato che lo sviluppo non può essere ridotto solo ad una mera crescita economica, risultano quanto mai vivi ed attuali, come ha sottolineato il cardinale Parolin. Ascoltiamo ancora le sue parole:

"Come l’Enciclica "Populorum Progressio" ci ricorda, lo sviluppo di cui parliamo qui ora non può essere ristretto ad una crescita economica soltanto; per essere autentico, esso deve essere completo e deve favorire lo sviluppo di ogni uomo e di tutta l’umanità. Quello che conta per noi è l’uomo: ogni individuo, ogni gruppo, e l’umanità intera.  Non mancano i dibattiti sulle strategie per eliminare le condizioni che violano la dignità umana; per superare le grandi ingiustizie, sia individuali che strutturali, che si incontrano giornalmente, e per proporre un futuro di generale benessere. Eppure, le soluzioni spesso proposte contraddicono queste buone intenzioni, favorendo al contrario il potere economico e politico rispetto agli altri. Amare a fatti e nella verità significa invece sostituire l’amore del potere con il potere dell’amore. Un amore del quale, più riflettiamo sul bisogno di averne, più la troppa considerazione di noi stessi diminuisce e il bene di Dio nella nostra vita aumenta.

E al convegno ha partecipato anche il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede che ha sottolineato, come  il programma attuale dello sviluppo totalitario di un “umanesimo senza e contro Dio” è il progetto contrario a ciò che la Chiesa offre al mondo con il Vangelo di Cristo, cioè uno sviluppo integrale fondato in una sintesi di collaborazione umana autentica nella realizzazione della volontà di salvezza universale di Dio. Ma su questa enciclica ascoltiamo il commento di  monsignor Silvano Maria Tomasi segretario delegato del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale:

R.- Il messaggio della "Populorum Progressio" che rimane valido è il fatto che afferma con forza e argomenta con chiarezza che non c’è progresso se non è un progresso che contiene, che abbraccia, tutte le esigenze della persona umana, dalle necessità fisiche del cibo, della salute, della convivenza pacifica, alla dimensione trascendente della persona che è il rapporto della persona con Dio. È questo, a livello individuale, che poi in maniera parallela si applica agli Stati. Per cui oggi parliamo di una convivenza dei Paesi per creare la pace e di una forma di solidarietà che rende la globalizzazione invece che una forza negativa, una spinta per mostrare che siamo tutti assieme la famiglia di Dio aldilà delle frontiere e delle esperienza storiche.

D. - Quanto può dire anche ai governanti delle varie nazioni di oggi?

R. - Il discorso politico che emerge dalla "Populorum Progressio" è un invito alla responsabilità da parte dei gestori della politica che devono impegnarsi non a creare muri ed erigere barriere, ma a creare delle relazioni umane tra persone, tra gruppi che costruiscono questa famiglia di Dio che chiamiamo “la nostra famiglia umana”, dove siamo tutti uguali e abbiamo tutti uguali dignità come persone e figli di Dio.

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Mons. Fisichella: la bellezza dei Santuari, via di evangelizzazione

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Con un Motu proprio Papa Francesco ha affidato al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione le competenze sulla pastorale relativa ai Santuari, compresa la loro tutela e valorizzazione. Su questa decisione, ascoltiamo mons. Rino Fisichella, presidente di questo Dicastero vaticano, al microfono di Samuel Bleynie

R. – Innanzitutto siamo grati a Papa Francesco che ha pensato al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione come destinatario di questo grande spazio nella pietà popolare e nella fede della Chiesa rappresentato dai santuari. Come il Papa stesso ha detto, nei santuari si cerca la compagnia dei santi, la vicinanza di Cristo, la protezione della Vergine Maria. I santuari sono realmente, soprattutto nei nostri giorni, un luogo privilegiato per l’annuncio del Vangelo. E penso che noi lo accogliamo anche come una grande sfida, la sfida cioè a corrispondere con un linguaggio nuovo, con nuove possibilità di evangelizzazione che provengono da questi luoghi dove la pietà popolare vede e ritrova pienamente quelle espressioni basilari della propria fede.

D. – Anche la bellezza dei Santuari è una via di evangelizzazione …

R. – I santuari, lo dice anche Papa Francesco, rappresentano un’espressione della bellezza, bellezza che è il frutto della fede dei secoli precedenti. Quante persone, ci sono milioni, milioni ogni anno che frequentano i nostri santuari! Ebbene questi milioni di persone sono mosse dai desideri più disparati: ci sono quei credenti che frequentano i santuari storici più conosciuti, ma c’è tanta gente, tante persone che vanno perché attratte dalla bellezza dei santuari o perché attratti dalla bellezza del panorama o perché sentono un desiderio nel più profondo del cuore... Io credo che l’impegno, il lavoro, l’accoglienza, la testimonianza, il modo di pregare, che i santuari sono chiamati a porre in essere sono autentiche forme di nuova evangelizzazione.

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Oggi in Primo Piano



Colombia: valanga, sale il numero delle vittime. L'impegno Caritas

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In Colombia, continua ad aggravarsi il bilancio delle vittime della valanga di fango che si è abbattuta su Mocoa: il presidente Juan Manuel Santos ha annunciato che i morti sono ormai 254 e i feriti 203. In un discorso televisivo, il presidente ha chiesto a tutti i colombiani di unirsi per contribuire a ricostruire il capoluogo del dipartimento di Putumayo. Intanto, l’Unità di crisi della Farnesina è in contatto da Roma con le autorità colombiane, per verificare l'eventuale presenza di italiani a Mocoa. Tra i dispersi, infatti, secondo quanto dichiarato dal responsabile delle operazioni di soccorso della Croce Rossa colombiana, ci sarebbero quattro o cinque stranieri, tra i quali due italiani e due israeliani, che si trovavano nella zona di Mocoa e che non hanno ancora dato loro notizie alle rispettive famiglie. Sulla situazione nell’area colpita, Elvira Ragosta ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale di Caritas Italiana: 

R. – Grazie ai contatti che abbiamo sul posto possiamo dire che certamente riguarda centinaia e centinaia di famiglie: morti, feriti, dispersi. Sono famiglie spezzate, con molti minori coinvolti. È un disastro complesso e caotico, come lo ha definito il vescovo locale, monsignor Luis Albeiro Maldonado Monsalve, e quindi in qualche modo ancora indeterminato nella sua proporzione, ma che risulta certamente di dimensioni molto grandi.

D. – Una tragedia non solo materiale per i circa 40 mila abitanti della zona…

R. – Sì, per esperienza qui non è solo una questione adesso di aiuti materiali. Ma proprio il fatto che molte famiglie siano state spezzate e molti sono alla ricerca dei propri cari, vuol dire anche un lavoro di ricostruzione psicologica, relazionale. Certamente attenti alla dimensione pure spirituale, perché il rischio di un’implosione delle persone, del cosiddetto “disturbo post-traumatico da stress”, è molto alto; quindi occorrerà prestare la massima attenzione a tutte queste dinamiche.

D. – Mocoa è il capoluogo del dipartimento di Putumayo. Di che zona si tratta, dal punto di vista idrogeologico?

R. – La zona si trova a Sud Ovest della Colombia, non lontano dall’Ecuador; ma di fatto tutta la zona andina è caratterizzata dal rischio certamente alluvionale - frane, smottamenti - ma anche sismico: di per sé è una zona molto a rischio di vari disastri. Per cui, da un verso, è stato sviluppato un piano di protezione civile che vede attivi attori istituzionali e delle Chiese locali, compresa la Caritas; ma dall’altro evidentemente, come per esempio la qualità della costruzione delle case e l’implementazione stessa dei piani, è ancora molto deficitaria.

D. – Che cosa si sa sull’organizzazione dei soccorsi?

R. – Lo Stato ha mandato subito sul posto le proprie strutture; la Chiesa ha costituito un comitato a livello diocesano e con tutti i vicariati coinvolti; la Conferenza episcopale ha coinvolto la pastorale sociale Caritas, con una équipe tecnica che è già sul posto per valutare i danni e definire un primo piano di interventi che non sarà certamente solo di emergenza, ma, come sempre in questi casi, dovrà accompagnare le comunità locali nella ricostruzione e nello sviluppo.

D. – Anche perché le necessità del momento sono tantissime…

R. – Sì, ovviamente c’è sempre il rischio epidemie, che in situazioni del genere ci siano fenomeni di sciacallaggio. I rischi sono numerosi, bisognerà ripensare complessivamente lo sviluppo della zona. Non è detto che si dovrà ricostruire esattamente come si era fatto precedentemente, proprio perché, sia la conformazione morfologica del territorio in questi disastri ambientali crescenti, sia i fenomeni metereologici estremi che caratterizzano tutto il mondo ormai, ci insegnano che bisogna ripensare complessivamente la pianificazione territoriale, l’urbanistica. E quindi il lavoro sarà molto delicato, molto attento; e se sarà necessario occorrerà anche prevedere ricostruzioni in altre aree meno a rischio.

D. – E l’impegno di Caritas per questa tragedia colombiana?

R. – Certamente un appello alla solidarietà. Riprendendo le parole del Santo Padre, non possiamo dimenticarci di questa gente. La Colombia - non scordiamolo - sta uscendo con grandissima difficoltà da un processo di guerra e di riconciliazione che non può essere dato per scontato, tanto che alcuni focolai sono ancora purtroppo attivi nel Paese, e viene penalizzato da questo punto di vista. Per cui occorrerà la massima attenzione da parte nostra. Caritas Colombia, con tutta la Conferenza episcopale, e soprattutto la diocesi colpita, non mancherà nell’essere presente sul territorio nel lungo periodo: a noi sta accompagnarla e seguirla anche con la nostra solidarietà concreta.

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Trump alla Cina: da soli contro la Corea del Nord

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Se la Cina non aumenta le sue pressioni sul regime della Corea del Nord gli Stati Uniti agiranno da soli. Così Donald Trump in un’intervista al Financial Times a pochi giorni dalla visita del presidente cinese Xi Jinping negli Usa. La questione del nucleare nordcoreano sarà uno dei temi al centro dei colloqui. L’inquilino della Casa Bianca ha parlato anche delle riforme e interne e dell’Europa. Il servizio di Marco Guerra: 

“La Cina ha grande influenza sulla Corea del Nord. Dovrà decidere se aiutarci, o no. Se lo farà, sarà una cosa molto buona per la Cina; se non lo farà, non sarà buona per nessuno”. A quattro giorni dal primo incontro con il presidente cinese Xi Jinping, che avrà luogo giovedì e venerdì in Florida, il presidente Trump chiarisce la posizione di Washington riguardo il regime di Pyongyang. Del resto stesso Obama prima del passaggio di consegne ha avvertito Trump su come la Corea del Nord sia al momento il pericolo numero uno per la sicurezza nazionale. Parlando al Financial Times, Trump  ha sottolineato come l'America è pronta a decidere "azioni unilaterali" per eliminare la minaccia nucleare nordcoreana. Secondo indiscrezioni tutte le opzioni sono sulla scrivania dello Studio Ovale, compresa quella di eventuali dei raid aerei. Nella due giorni si parlerà anche di economia e saranno messe le basi per evitare una guerra commerciale tra le due superpotenze. Xi dovrebbe mettere sul piatto un piano di investimenti cinesi in Usa di parecchi miliardi di dollari che Trump vuole utilizzare per rilanciare l’occupazione. Il presidente Usa ha infine parlato di Europa con toni più concilianti. Dopo la Brexit pensavo che altri l’avrebbero lasciato. Ma ora non è così, L’Ue ha fatto un buon lavoro. 

E sulle possibili nuove tensioni con la Corea del Nord, Giancarlo La Vella ha intervistato Raffaele Marchetti, docente di Relazioni Internazionali alla Luiss: 

R. – La tensione in Asia Orientale sta crescendo. È una tensione che ha una dimensione militare, riguardo alla Corea del Nord, e una dimensione economica, con le dispute sul commercio tra gli Stati Uniti e la Cina. Questa minaccia da parte di Trump è semicredibile: da un lato serve per aprire e impostare meglio il tavolo di negoziazione che si avrà tra pochi giorni negli Stati Uniti, quando Trump incontrerà Xi Jinping, ma ha anche un fondamento di verità. Cioè noi possiamo aspettarci effettivamente qualche azione di contrasto allo sviluppo del programma nucleare che sta mettendo in piedi il regime nordcoreano. Ovviamente sarebbe un’azione che avrebbe delle conseguenze molto significative in termini militari e di vittime umane, ma anche ovviamente in termini di destabilizzazione del fragile equilibrio che regna in Asia Orientale.

D. - Le minacce nordcoreane sono veramente tali ? In passato più volte il regime di Pyongyang ha utilizzato il nucleare poi per ricevere aiuti …

R. - È chiaro che dal punto di vista nordcoreano lo sviluppo dell’arma nucleare è, da un lato, un elemento di negoziazione con la comunità internazionale, dall’altro è una sorta di garanzia di sopravvivenza del regime. Spesso la volontà di sviluppare gli armamenti nucleari è stata interpretata come l’unica carta a disposizione del regime per non fare la fine di Saddam Hussein o di Gheddafi. Sviluppare il nucleare darebbe in qualche modo garanzia di sopravvivenza. È un nucleare che non ha raggiunto i livelli massimi di sviluppo, ma che è già in grado di incidere; probabilmente non è in grado oggi di colpire gli Stati Uniti, ma certamente può colpire Paesi alleati degli Stati Uniti, ossia la Corea del Sud e il Giappone.

D. - Quale si pensa possa essere a questo punto la risposta della Cina, anche alla luce dell’imminente incontro tra i due presidenti?

R. - La Cina ha allentato il supporto al regime nordcoreano negli ultimi tempi. Allo stesso tempo non vuole ovviamente che il regime nordcoreano collassi; questo avrebbe conseguenze forti sia in termini di sfollati, di rifugiati verso la Repubblica Popolare, sia in termini di geopolitica. Questo porterebbe alla riunificazione della Corea e quindi ad un Paese rivale, che ospita significative truppe americane ai confini terrestri della Cina. Per questo motivo la Corea del Nord è sempre stata in qualche modo utile, non solo alla Cina, ma in qualche modo ha giustificato la presenza stessa degli Stati Uniti in quell’area. Se la Corea del Nord venisse meno come minaccia o come ostacolo alla pace, naturalmente tutto il posizionamento degli attori strategici in quella regione andrebbe rivisto.

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Card. Sandri: Colletta Terra Santa per contribuire alla pace

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 “Mi appello alla nostra comune umanità, alla fede cristiana che ci accomuna in Cristo, affinché tu sia veramente generoso e possa contribuire alla pace nella regione di Gesù, nella Terra Santa, divenendo protagonista e costruttore di questo mondo”. È l’invito che il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, rivolge ai fedeli in vista della prossima Colletta per la Terra Santa che, per tradizione, si tiene il giorno di Venerdì Santo.

Luoghi Terra Santa danno modo a chi crede, senza aver visto, di essere vicini a Cristo
In un’intervista al Sir, di prossima uscita anticipata oggi sul sito del Servizio di Informazione Religiosa, il cardinale ricorda l’importanza della custodia e del mantenimento dei Luoghi Santi che “sono l’approccio, per noi che crediamo senza aver visto, per arrivare ad essere fisicamente vicini al Salvatore, figlio di Dio”. Davanti ai fatti che accadono in questa regione tormentata del mondo, aggiunge il prefetto, il rischio che si corre è quello di “vederli quasi come se non fossero nostri, come se non avessimo alcuna responsabilità. Rendendoti partecipe della Colletta per la Terra Santa, stai contribuendo personalmente a trasformare questa realtà di guerra, di miseria, di terrorismo, di violenza, di divisione. Non lo fanno altri ma tu stesso”.

Colletta per contribuire alla pace nella regione
Da qui l’appello per la Colletta per “contribuire alla pace nella regione di Gesù”. Come è noto, la “Colletta per la Terra Santa” nasce dalla volontà dei Papi di “mantenere forte il legame tra tutti i cristiani del mondo e i Luoghi Santi. La Colletta, che tradizionalmente viene raccolta nella giornata del Venerdì Santo, è la fonte principale per il sostentamento della vita che si svolge intorno ai Luoghi Santi; è anche lo strumento che la Chiesa si è data per mettersi a fianco delle comunità ecclesiali del Medio Oriente. Nei tempi più recenti, Papa Paolo VI, attraverso l’Esortazione Apostolica ‘Nobis in Animo’ (25 marzo 1974), diede una spinta decisiva in favore della Terra Santa”. (Fonte: Sir)

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Pakistan: pressioni su detenuti cristiani per conversione all'Islam

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E' un campanello di allarme per il sistema giudiziario in Pakistan, "sta diventando una pratica diffusa in Pakistan chiedere ai detenuti non musulmani di convertirsi all'islam, per ottenere il rilascio": lo dice all'Agenzia Fides, Nasir Saeed, avvocato cristiano che guida l'Ong "Centre for Legal Aid, Assistance and Settlement” (CLAAS), impegnata nell'assistenza legale di molti cristiani accusati falsamente di blasfemia o di altri crimini. "Ricordo il caso di Rubina Bibi – dice Saeed - in carcere per presunta blasfemia. Le fu detto con chiarezza che, se si fosse convertita all'Islam, le accuse sarebbero subito decadute. Ma la donna rifiutò e dopo un anno fu provata la sua innocenza".

Richiesta di conversione all’Islam in cambio dell’assoluzione
La pratica illegale è tornata alla ribalta delle cronache dopo che il viceprocuratore distrettuale di Lahore, Syed Anees Shah, è stato accusato da decine di cristiani di aver chiesto loro di convertirsi all'islam in cambio dell'assoluzione nel caso del linciaggio di due musulmani. I due furono uccisi nella violenza di massa che scoppiò due anni fa a Youhanabad, quartiere cristiano di Lahore. La violenza divampò il 15 marzo 2015, dopo l'attacco che i terroristi suicidi avevano sferrato davanti a due chiese, una cattolica e una protestante. Nel parapiglia generale i cristiani identificarono due musulmani come complici del crimine e i due furono linciati dalla folla inferocita. Nei successivi raid della polizia nel quartiere, circa 500 cristiani furono arrestati come presunti autori del linciaggio e tre diversi processi furono avviati in tribunale. Molti di loro sono stati rilasciati su cauzione, ma 42 sono stati condannati (vedi Fides 22 febbraio 2017). Secondo la ricostruzione di CLAAS, all'offerta del procuratore di cambiare religione, gli imputati sono rimasti in silenzio, tranne uno che ha detto d'istinto: "Preferisco essere impiccato piuttosto che abbracciare l'Islam". Il magistrato ha inizialmente negato di aver fatto questa offerta ma, dopo aver saputo dell'esistenza di una registrazione video, ha ammesso di averla pronunciata.

Gli imputati hanno fiducia nella giustizia e sperano in provvedimenti da parte del governo
Saeed riferisce: "Non è una novità: alcuni degli accusati hanno raccontato di aver ricevuto la medesima proposta circa sei mesi fa e di aver rifiutato. Gli imputati continuano a credere nell’indipendenza della magistratura: dal momento che non hanno commesso alcun crimine, hanno fiducia nella giustizia ". 
"Tali vergognosi tentativi di confondere la giustizia con la religione – prosegue l’avvocato - sono preoccupanti: il governo dovrebbe prendere provvedimenti severi contro gli ufficiali pubblici che usano il ricatto e compiono un abuso d'ufficio. Urge una apposita legislazione per punire tali atti, dato che è compito del governo proteggere e promuovere la libertà religiosa nel paese. Il governo pakistano è a conoscenza del problema delle conversioni forzate all'islam, che toccano soprattutto ragazze cristiane e indù, è dunque responsabilità del governo fermare tali pratiche che violano la libertà di coscienza". 

Minoranze religiose in Pakistan da anni chiedono un divieto delle conversioni forzate
Le minoranze religiose in Pakistan da anni chiedono un provvedimento che vieti la conversione forzata. Recentemente il Parlamento della provincia del Sindh, nel Pakistan meridionale, ha approvato una legge in merito ma, a causa delle proteste e delle obiezioni dei gruppi islamici, il governatore di Sindh non ha firmato il disegno di legge. (Agenzia Fides)

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Mons. Sorrentino: lotta alle discriminazioni ma no al gender

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In Umbria fa discutere la controversa proposta di legge 15 bis sull’omofobia che domani sarà votata dal Consiglio regionale. Ieri sera a Perugia diversi movimenti familiari hanno manifestato per dire NO ad un provvedimento a cui imputano di introdurre l’insegnamento della teoria gender nelle scuole, di esautorare il primato educativo delle famiglie e di istituire un osservatorio regionale che sanzionerebbe anche espressioni del pensiero ritenute discriminatorie. Il servizio di Marco Guerra: 

La lotta alle discriminazioni e all’omofobia non può diventare un viatico per far diventare l’ideologia del gender una cultura comune. Sul dibattito in merito alle legge regionale sull’omofobia interviene anche il vescovo di Assisi e delegato della Conferenza episcopale umbra per la famiglia, mons. Domenico Sorrentino, che si rivolge a tutte le parti in causa:

R. – Io farei un appello a tutte le intelligenze responsabili ed oneste. Siamo tutti d’accordo sul fatto che la persona umana, in qualunque condizione, debba essere sempre rispettata ed accolta. E dunque è giusto che anche dal punto di vista legale si prendano le opportune misure, perché tutti siano rispettati e nessuno venga discriminato. E tuttavia, nel caso specifico di questa legge, sembra di leggere anche la volontà di far passare un’ideologia come quella gender, che tanti – uomini e donne – al di là della fede, non riusciamo assolutamente ad accettare: che si possa addirittura proporre nelle scuole, farla diventare una cultura comune. E restano poi il problema e il tema fondamentale della famiglia: è davvero singolare che, mentre l’Italia soffre come tanti altri Paesi d’Europa la grande crisi della famiglia e della natalità, ci si ponga con tanto puntiglio nel perseguimento di questa ideologia; mentre andrebbe posta ben altra attenzione al tema della famiglia, della sua promozione, della natalità e della sua promozione.

D. – Fermo restando che bisogna combattere qualsiasi tipo di insulto omofobico, forme di controllo sul pensiero e sulla libertà di opinione possono essere rischiose?

R. – Lì dove il libero dibattito, sempre pacato e rispettoso, è impedito, lì non c’è più democrazia. Noi facciamo appello a una democrazia reale, che consenta a tutti di esporre il proprio pensiero; naturalmente nelle forme rispettose, che mai cedano a forme violente e aggressive. Ma abbiamo il diritto, e come credenti e come uomini di pensiero libero, di continuare a fare le nostre distinzioni, a distinguere tra le persone e gli orientamenti e le pratiche: sono tre livelli diversi. La persona è la persona e merita sempre rispetto, in qualunque condizione. Gli orientamenti sono dei fatti che vanno presi come dei fatti. Le pratiche vanno anche sottoposte a un giudizio critico, etico. Quando viene a mancare questa possibilità di distinzione, di pensiero e di annuncio, la democrazia finisce negata.

D. – E poi c’è la questione anche della libertà educativa e del primato educativo della famiglia…

R. – Assolutamente. La scuola ha sempre una rilevanza sociale e pubblica a sostegno dell’attività della famiglia e non può sostituirsi ad essa.

D. – Ecco, quindi la Chiesa può agire sia per combattere ogni forma di discriminazione, per educare alla tolleranza e all’accoglienza, sia anche per affermare alcuni valori riguardo a quella che è l’importanza della famiglia naturale…

R. – Non può, ma deve: è una responsabilità che ci assumiamo come credenti. E non possiamo lasciarci in questo momento intimidire. Ritengo che sia senz’altro importante che ci facciamo vivi in questo dibattito, perché i legislatori tengano conto delle diverse posizioni in gioco e si facciano carico dei valori che dobbiamo tutti promuovere. La priorità educativa della famiglia; altro è il rispetto, il rispetto di tutte le persone in tutte le situazioni.

E ieri sera si è tenuta la manifestazione delle famiglie che hanno messo a fuoco gli aspetti che ritengono più problematici delle legge. Sentiamo uno degli organizzatori, l’avvocato Simone Pillon responsabile della sezione umbra e membro nazionale del Comitato difendiamo i nostri figli:

R. – Abbiamo avuto l’adesione anche di altre sigle, confessioni religiose, tra cui per esempio gli evangelici rumeni; abbiamo avuto contatti con il centro culturale islamico, con la realtà ortodossa; anche sigle laiche hanno voluto partecipare… Perché la preoccupazione è davvero trasversale: si sta anteponendo alla visione naturale della famiglia e dell’uomo una visione ideologica.

D. - Quali sono gli aspetti più controversi di questo provvedimento regionale?

R. - Intanto l’articolo 3 introduce, di fatto, l’indottrinamento obbligatorio sul tema del gender: dovranno essere sottoposti a questo tipo di indottrinamento tutti gli insegnanti di tutte le scuole di ordine e grado. E questo poi con l’intento di far passare poi agli studenti questo tipo di indottrinamento. Noi abbiamo presentato una proposta e cioè quella di fare un testo unico su tutte le discriminazioni. Invece questa legge ripete ossessivamente l’espressione “identità di genere”, la ripete più del numero degli articoli della legge stessa perché è evidente la volontà di fare passare un’ideologia e non di venire incontro a un serio problema di discriminazione.

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Puglia, il maltempo ferma i lavori ma non le proteste No-Tap

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Sono per il momento, a causa del maltempo, fermi i lavori del cantiere del microtunnel del gasdotto a San Foca di Melendugno, a Lecce. Ferma anche l’eradicazione degli ulivi ancora impiantati. In assenza degli operai, però, a non mancare sono i manifestanti del Comitato ‘No Tap’, assieme a sindaci, parlamentari e consiglieri regionali tutti contrari al progetto. Francesca Sabatinelli

 La pioggia ferma i lavori e l’espianto degli ulivi, finora 183 su 211, ma non le proteste ‘No-Tap’ e a Melendugno, comune a pochi chilometri da Lecce, al ‘no’ al gasdotto degli abitanti, dei sindaci salentini, 82 su 97, oggi si è unito quello degli alunni della scuola Mazzini che hanno scritto poesie sull’ambiente lette dalla preside davanti all’Istituto scolastico. In circa 500 hanno continuato a presidiare il cantiere del gasdotto,  la Tap – Trans-Adriatic Pipeline, che porterà gas dall’Azerbaigian all’Italia e all’Europa. Sono ormai due settimane che le manifestazioni vanno avanti, di pochi giorni fa l’appello del vescovo di Lecce, mons. Domenico D’Ambrosio che, invitando a riflettere sulla ‘Laudato sì’ di Papa Francesco, aveva chiesto “una pausa di riflessione” anche “per ascoltare le ragioni del territorio”.  Don Antonio Mesagne, direttore Caritas Lecce:

“La paura è che si stravolga il territorio. Si stanno espiantando degli alberi secolari, è pure vero che l’intento è quello di trapiantarli più o meno nella stessa zona, però c’è questo timore. Inoltre, la zona è prettamente turistica e quindi si sta chiedendo di portare questo gasdotto in una zona più confacente per non stravolgere il territorio. Sta succedendo quello che ha detto l’arcivescovo, cioè che non si sta sentendo il territorio. È necessaria una pausa di riflessione, si dovrebbe lavorare veramente tutti insieme non per il ‘benessere’ ma per il bene comune, per la giustizia sociale, in modo che tutti possiamo stare in piedi, perché oggi si lotta per stare in piedi”.

Critiche al progetto del gasdotto sono arrivate anche dal governatore della Puglia Michele Emiliano, per il quale basterebbe spostare di soli 30 chilometri il microtunnel. Mons. Fabiano Longoni, Direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI :

 “Quello ambientale non è un tema, come dire, a parte, è l’ecologia integrale, è la connessione con tutta la realtà. Quindi, ben vengano le mobilitazioni nel momento in cui sono il frutto di una razionale consapevolezza che nel momento in cui si difende l’ambiente, lo si fa a tutti i livelli. In tutto questo però, bisogna fare i conti con il diritto al  lavoro. Tutto ciò significa che dovranno trovare, chi di competenza, una capacità di non mettersi in una situazione di scontro pura e semplice, ma costruttiva, capace quindi di trovare la soluzione giusta. Quello che alle volte manca, però, è una decisione condivisa, una democrazia partecipativa, un contatto con il territorio, si arriva allo scontro anche per questo motivo. Quindi, più che dare ragione all’uno o all’altro dei contendenti, io direi, seguendo quello che dice il vescovo, che bisogna avere questa capacità di capire che tutti sono parte di quel territorio e tutti, in qualche modo, hanno il compito di difenderlo, ma d’altra parte è necessario avere quell’equilibrio assolutamente principale di dire ‘se posso dare opportunità ad un bene comune lo devo fare’. Questo magari vorrà dire spostare il luogo, qualcuno dice: spostarlo in una zona più industriale, sentivo questo da alcuni sacerdoti di Lecce, competenti sicuramente più di me. Forse questa è la strada: fare anche questo cambiamento di ingresso rispetto a quelle che sono le prospettive attuali”.

Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso della regione Puglia e del comune di Melendugno, una sentenza a favore della multinazionale che legittima la realizzazione a San Foca della Tap. Il punto - spiega mons. Nicola Macculi, direttore dell’Ufficio pastorale sociale e del lavoro dell’arcidiocesi di Lecce -  “non è che il gasdotto non si faccia, ma che venga trasferito altrove, dove l’impatto ambientale sarebbe più contenuto”:

“In questo momento occorre mettersi al tavolo chi ha responsabilità, chi ha competenze, per valutare, prima che sia magari troppo tardi, l’occasione e l’opportunità di scegliere un sito alternativo. Ora, io non sono un tecnico però reputo che qualche altro sito sia possibile. E poi trovare una mediazione che vada bene per tutti: per la gente, per la multinazionale, per il discorso dell’approvvigionamento anche delle risorse, che sono importanti. Diciamo che a sud di Otranto arriverà un rigassificatore, su Brindisi probabilmente arriverà un altro rigassificatore, quindi nel breve tempo un territorio come il nostro sarà interessato oltre che dalla Tap, da altri due arrivi di gas. Questo un po’ preoccupa anche la gente, dopo le vicende dell’llva, non ultime anche quelle legate a Cerano. Insomma, è un discorso da prendere in seria considerazione, soprattutto dialogando e lavorando per il bene di un territorio che fino ad oggi non ha dato poco. Anche progetti di natura trans-europea possono trovare legittimità alla luce di tutto quello che, magari, abbiamo ascoltato nell’Enciclica di Papa Francesco, la Laudato si’: il bene della terra, il bene dell’ambiente, oltre che quello stesso delle persone”.

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Claudia Koll: come per i santi, c'è l'opera di Dio in tutti noi

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Moglie innamorata di Dio e del marito non credente. Ferma nella fede anche nella malattia, testimone di Cristo in contesti mondani. E’la Serva di Dio Elisabetta Leseur , vissuta a cavallo tra 19.mo e 20.mo secolo. La sua toccante storia di conversione sarà al centro questa sera di “Ritratti di Santi”, la tradizionale rassegna quaresimale nella chiesa romana di Santa Maria della Vittoria.  A leggere la vita della donna, scritta dal padre carmelitano Andrea Sicari e accompagnata dalla musica dei Giovani allievi della Civica Scuola delle Arti, sarà l’attrice Claudia Koll. Paolo Ondarza le ha chiesto cosa la colpisce maggiormente della beata Elisabetta Leseur: 

R. - La dolcezza, l’amore, la perseveranza che lei ha avuto, dopo la conversione, nei confronti del marito; il rispetto, la pazienza di aspettare che anche lui facesse un suo cammino di fede. Lo ha aspettato pregando, offrendo la sua sofferenza al Signore per la sua conversione; il rispetto e l’amore non è venuto meno nonostante una distanza importante dal punto di vista spirituale. Elisabetta ha vissuto anche una solitudine spirituale, perché non era solo il marito, ma anche tanti amici con i quali condividevano il tempo come coppia, che erano lontani da Dio.

D. - La malattia caratterizza la vita di Elisabetta, ma anche la convinzione che pur conducendo una vita mondana accanto al marito, potesse ambire alla perfezione cristiana …

R. - Sì. Sono tratti interessanti anche perché non faceva pesare la sua malattia, tanto che il marito ad un certo punto comincia a comprendere che qualcosa la sosteneva  perché viveva la sua malattia con serenità. Io vengo da una famiglia segnata dalla sofferenza con una mamma che era malata e con un papà che  - medici entrambi - si è dedicato a mia mamma con amore. Quindi ho visto questa capacità di non far pesare la propria sofferenza; è lei che era malata che portava il peso per l’altro.

D. - Quando scoprì il diario della conversione di Elisabetta Leseur, il marito ne fu profondamente toccato, tanto che si convertì …

R. - Sì perché scopre anche tutto l’amore che aveva Elisabetta per lui, questo desiderio appunto di offrire la propria sofferenza per la salvezza del marito, perché amare l’altro vuol dire non solo farlo contento e trasmettergli l’amore ma anche volere la sua salvezza.

D. - Claudia Koll, lei sente vicina Elisabetta Leseur?

R. - Ogni volta che leggo la vita di un santo penso sempre che mi può accompagnare e aiutare anche nel cammino spirituale. Quindi anche per quello che riguarda Elisabetta penso che il tratto più bello sia questa sua dolcezza, capacità di amare l’altro per come è.

D. - Alla luce della sua decennale lettura delle vite dei santi, secondo lei, perché queste vite di donne e uomini di Dio restano un modello attuale?

R. - Perché c’è un’opera di Dio nella vita di ciascuno di noi. I Santi hanno detto “Sì” fino in fondo, perché il Signore potesse compiere la sua opera. Quindi sono un esempio perchè anche noi lasciamo che Dio operi nella nostra vita secondo il progetto che Lui ha.

D. - Queste  figure che l’hanno accompagnata in tanti anni di letture di vite dei santi, hanno fatto crescere la sua vita spirituale e professionale?

R. - Sì. Ogni volta che io leggo la Parola di Dio o leggo la vita di un santo ricevo tanto per poter trasmettere agli altri. Dio può parlare attraverso una lettura. Ricordo in particolare alcuni anni fa la lettura della beata Elisabetta della Trinità; era un momento particolare della mia vita e quando lessi di questa santa sentii profondamente quali aspetti dovevo cambiare per piacere di più a Dio.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 93

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.