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Sommario del 07/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Mons. Fabene: Francesco vuole Sinodo per tutti i giovani. Domani Veglia Gmg

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Papa Francesco presiederà domani sera, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, la Veglia di preghiera in preparazione alla Giornata mondiale della Gioventù. Si tratterà del primo incontro del Papa con i giovani nel cammino di preparazione alla XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, fissata nell’ottobre 2018 sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, e alla 34.ma Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Panama nel 2019. Per questa ragione la Veglia si soffermerà sulle figure del Discepolo Amato, scelto come “icona” evangelica dal documento preparatorio del Sinodo, e della Beata Vergine Maria, che ispira i temi delle prossime tre Giornate Mondiali della Gioventù verso l'appuntamento di Panama. Proprio in questi giorni, al Pontificio Collegio Mater Ecclesiae a Roma, si tiene un Forum internazionale di giovani, con 300 partecipanti, promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e dalla Segreteria del Sinodo sul tema: “Da Cracovia a Panama – Il Sinodo in cammino con i giovani”. Sul clima che si respira al Forum, Alessandro Gisotti ha intervistato il sottosegretario del Sinodo, mons. Fabio Fabene

R. – Il clima che si respira qui è di grande attesa da parte dei giovani per questo evento –  il Sinodo – che il Papa ha voluto, appunto, dedicare ai giovani. Veramente i giovani vogliono sentirsi Chiesa, vogliono far sentire la loro voce e vogliono partecipare veramente al cammino sinodale perché la Chiesa possa ringiovanirsi con la loro presenza e la loro partecipazione. I giovani non vogliono camminare da soli: vogliono camminare insieme a noi, insieme a tutti gli adulti nella fede, insieme a tutti i fedeli, insieme ai pastori per edificare la Chiesa di Cristo. E attraverso la loro opera, ringiovanirla perché sia annunciatrice del Vangelo alle nuove generazioni.

D. – Papa Francesco ci crede molto in questa capacità dei giovani di dare – appunto – nuove energie, di rinnovare anche il volto della Chiesa …

R. – Il Papa, certamente, vuole rinnovare il volto della Chiesa attraverso i giovani, ma dobbiamo essere molto attenti perché devono essere coinvolti non solo i giovani che già vivono l’esperienza di fede nelle nostre comunità. Il Sinodo vuole arrivare a tutti i giovani, perché – come abbiamo scritto nel documento preparatorio del prossimo Sinodo – “tutti i giovani hanno diritto di essere accompagnati per trovare il loro posto nella vita e nella Chiesa”.

D. – Il Sinodo è ovviamente dei Vescovi, ma voi lo sottolineate, con Papa Francesco, questo Sinodo è con i giovani e per i giovani …

R. – Come lei ha detto, il Sinodo è il Sinodo dei Vescovi, però in particolare questo prossimo Sinodo vuole essere un sinodo non solo per i giovani, ma un sinodo con i giovani, dove loro vogliono essere protagonisti! L’iniziativa di questi giorni si inserisce già in questo coinvolgimento dei giovani nel cammino sinodale. Poi troveremo altre forme, perché i giovani possano veramente essere parte attiva, parte viva del cammino sinodale e far sentire la loro voce e i loro desideri anche ai padri sinodali che si riuniranno nell’ottobre del 2018.

D. – Domani, la veglia con i giovani alla vigilia della Gmg diocesana a Santa Maria Maggiore, per sottolineare con forza la dimensione mariana che è stata proprio scelta per il cammino delle Gmg verso Panama 2019…

R. – Questo radunarsi nella più antica Basilica mariana – Santa Maria Maggiore – dell’Occidente, è collegato con il Sinodo perché il documento preparatorio ha preso come immagini evangeliche nella preparazione del cammino la Madonna e il Discepolo amato e così, anche il cammino verso Panama è un cammino fortemente mariano perché i tre temi sono temi mariani. Dobbiamo anche ricordare che domenica prossima, in Piazza San Pietro, ci sarà proprio il passaggio della Croce e dell’immagine della Madonna Salus Populi Romani dai giovani di Cracovia ai giovani di Panama. E quindi la sera precedente ci ritroveremo tutti intorno a quell’immagine originale, all’icona originale della Madonna Salus Populi Romani che poi passerà ai giovani di Panama domenica mattina.

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Cantalamessa: cattolici e luterani non siano prigionieri del passato

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Alla presenza del Papa e della Curia Romana, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, si è tenuta stamani la quinta predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa. Il predicatore della Casa Pontificia ha incentrato il suo intervento sui 500 anni della Riforma protestante come occasione di grazia e riconciliazione per tutta la Chiesa. Ce ne parla Benedetta Capelli:  

La rilettura del brano della Lettera ai Romani, “il pomo della discordia in seno alla cristianità occidentale”, ha detto padre Raniero Cantalamessa, ha fatto da guida alla quinta predica di Quaresima incentrata sul tema: “Si è manifestata la giustizia di Dio, come fare del quinto centenario della Riforma protestante un’occasione di grazia e di riconciliazione per tutta la Chiesa”. Attraverso un’analisi storica della dottrina della giustificazione della fede, definita dagli iniziatori “l’articolo con cui la Chiesa sta o cade”, il predicatore della Casa Pontificia ha ricordato “l’esperienza della torre” di Martin Lutero, “angustiato, fino quasi alla disperazione, dal fatto che con tutte le sue osservanze religiose e penitenze non riuscisse a sentirsi accolto e in pace con Dio”. Fu allora che la parola di Paolo ai Romani 1,17: “Il giusto vive per la fede” divenne la sua liberazione:

“L’occasione che trasformò questa esperienza interiore, personale, in una vera e propria valanga fu l’incidente delle indulgenze che fece decidere Lutero ad affiggere le famose 95 tesi nella chiesa del Castello di Wittenberg il 31 Ottobre del 1517. È importante notare questa successione storica dei fatti, perché essa ci dice che la tesi della giustificazione per fede e non per le opere, non fu il risultato della polemica con la Chiesa, ma fu la sua causa".

Ricordando il valore del Concilio di Trento, che riaffermò la convinzione del primato della fede e della grazia, il francescano ricorda che “le rivoluzioni non scoppiano per delle idee o delle teorie astratte, ma per situazioni storiche concrete”. Allora tutto sembrava affermare che contavano le opere:

“Per giunta, per 'buone opere' non si intendevano in genere quelle enumerate da Gesù in Matteo 25, senza le quali lui stesso dice che non si entra nel regno dei cieli; si intendevano piuttosto pellegrinaggi, ceri votivi, novene, offerte alla Chiesa e, come corrispettivo, le indulgenze”.

Convertirsi significa fare un passo avanti per entrare nella Nuova Alleanza
Dopo Lutero, ricorda padre Raniero Cantalamessa, “la dottrina della giustificazione gratuita per fede ebbe per effetto un indubbio miglioramento della qualità della vita cristiana” ma sul fronte esterno questa tesi divenne “lo spartiacque tra cattolicesimo e protestantesimo” che poi si estese diventando “anche contrapposizione tra cristianesimo e giudaismo, con i cattolici che rappresentavano, secondo alcuni, la continuazione del ritualismo giudaico e il protestantesimo la novità cristiana”. Evidenziando la “terza via di ricerca su Gesù storico”, il francescano ricorda che la prospettiva di riconoscere nell’ebraismo la vera matrice dentro cui si è formato il cristianesimo è stato sicuramente un vantaggio. Ma si è andati oltre, riducendo Gesù a solo un profeta ebraico dunque “ritrovata la continuità si è persa la novità”. Un limite palese è anche nei riguardi dell’Apostolo delle Genti: “la dottrina della giustificazione gratuita per fede - afferma il predicatore - non è un’invenzione di Paolo, ma il messaggio centrale del Vangelo di Cristo”. Convertirsi e credere alla buona notizia significa con Gesù fare un passo avanti, entrare nella nuova alleanza:

“Convertitevi e credete non sono due cose: convertitevi, cioè credete. Convertitevi credendo. Cambiate modo di pensare, entrate in un ordine di idee tutto nuovo perché è arrivata la novità!”

Farsi bambini: come predica Gesù, ad esempio, significa accettare la gratuità. C’è un errore di metodo, secondo Cantalamessa, che non permette di conciliare l’immagine che Paolo offre della religione ebraica, con il giudizio su un certo contesto religioso e quello che conosciamo da altre fonti. “Gesù e Paolo - sottolinea - hanno a che fare con la vita vissuta, con il cuore; gli studiosi invece con i libri e le testimonianze scritte”. “Se uno guarda alla dottrina insegnata nelle scuole di teologia del tempo, o anche solo all’Imitazione di Cristo, lettura quotidiana delle anime pie, vi troverà - afferma il francescano - una magnifica dottrina della grazia e non capirà contro chi se la prendeva Lutero; ma se uno guarda al vissuto cristiano del tempo, il risultato è ben diverso”.

Contrastare visione di un Cristianesimo tutto concentrato sul peccato

“È vitale infatti - penso - che il centenario della Riforma non venga sciupato, rimanendo prigionieri del passato, cercando di stabilire torti e ragioni, magari con un tono più irenico. Dobbiamo piuttosto fare un salto in avanti, come quando un fiume arriva a una chiusa e riprende il suo corso a un livello superiore, più alto. La situazione è cambiata da allora. Le questioni che provocarono la separazione tra la Chiesa di Roma e la Riforma furono soprattutto le indulgenze e  il modo in cui viene giustificato il peccatore. Ma possiamo dire che questi siano i problemi con i quali sta o cade la fede dell’uomo d’oggi?”

Padre Cantalamessa ricorda che il cardinale Kasper diceva che per Lutero il problema esistenziale “era come superare il senso di colpa e ottenere un Dio benevolo; oggi il problema semmai è il contrario: come ridare all’uomo il vero senso del peccato che ha smarrito del tutto”. Raddrizzare dunque gli abusi grossolani, dimenticare gli eccessi come quello di “aver fatto del cristianesimo occidentale un annuncio tetro, tutto concentrato sul peccato, che la cultura laica ha finito per combattere e rifiutare”.

“La giustificazione gratuita mediante la fede in Cristo dovrebbe essere predicata oggi da tutta la Chiesa e con più vigore che mai. Non, tuttavia, in opposizione alle 'opere' di cui parla San Giacomo e tutto il Nuovo Testamento, ma in contrasto con la pretesa dell’uomo postmoderno di salvarsi da solo con la sua scienza e tecnologia o con spiritualità tranquillizzanti e improvvisate. Sono queste le 'opere' sulle quali l’uomo moderno confida. Sono convinto che se Lutero tornasse in vita, questo sarebbe il modo con cui anche lui predicherebbe oggi la giustificazione mediante la fede”.

“È Cristo il cuore del messaggio – conclude il predicatore -  prima ancora che la grazia e la fede. È lui, oggi, l’articolo con cui la Chiesa sta o cade: una persona, non una dottrina”.

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Le udienze e nomine episcopali di Papa Francesco

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Le udienze e nomine di Papa Francesco: consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Oggi in Primo Piano



Attacco Usa contro base siriana, sale la tensione con la Russia

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L’Europa lavorerà per la ripresa immediata dei negoziati in Siria. Lo affermano i presidenti di Francia, Germania e Italia, mentre in Medio Oriente sale la tensione dopo il raid statunitense, che nella notte ha centrato la base aerea siriana di Shayrat uccidendo 6 militari e 9 civili. La Russia fa quadrato con il presidente Assad, Londra e Israele con gli Stati Uniti. Il vescovo siriano, Abou Khazen parla di “scenari inquietanti”. Il servizio di Massimiliano Menichetti: 

Una pioggia di missili, cinquantanove Tomahawk, sono stati sparati durante la notte da due cacciatorpedinieri statunitensi di stanza nel Mediterraneo orientale, obiettivo: la base aerea siriana di Shayrat, a 31 km a sud-est di Homs, nel centro del Paese. “La base della morte”, come è stata ribattezzata, da cui sarebbero partiti i jet che, tre giorni fa, hanno usato armi chimiche sulla provincia di Idlib, uccidendo 72 persone, tra cui almeno 30 bambini. Proprio per questo il presidente Usa, Donald Trump, ha deciso l’attacco, come lui stesso ha annunciato in tv e sui social. Confermato che i russi, la Nato erano stati avvertiti dell’azione. Solidali con il Capo della Casa Bianca: Londra, Parigi, Berlino, Israele, l’Arabia Saudita, la Turchia che chiede la rimozione del presidente siriano Assad. La tv di Stato di Damasco parla di "aggressione", l'Iran di "pericolosa azione unilaterale", sulla stessa linea la Russia, che assicura sostegno per rafforzare le difese aeree del “suo alleato”. Per il presidente Putin si tratta di una attacco ad una "nazione sovrana" e precisa che senza un’inchiesta indipendente non si può attribuire ad Assad l’uso delle armi chimiche. Invocato subito il confronto alle Nazioni Unite. L'ufficio dell'Alto rappresentante per la politica Estera Ue, intanto conferma il coordinamento tra gli "Stati membri" ed il contatto "con Stati Uniti e Onu". In questo quadro, il vescovo siriano, Abou Khazen - intervistato dall’agenzia Fides - parla di “scenari inquietanti” dicendosi “sconcertato dalla rapidità con cui è stato deciso e realizzato l'attacco americano”.

Sulla possibilità di un’escalation militare abbiamo intervistato Pietro Batacchi direttore di Rivista Italiana Difesa: 

R. – Ritengo e mi auguro di no, perché un’escalation nuocerebbe a tutti: nuocerebbe agli Stati Uniti, nuocerebbe alla Russia e non è un caso che quest’ultima sia stata avvertita con lauto anticipo rispetto al raid americano – ovviamente poi i russi hanno provveduto ad avvertire i siriani -; si tratta di un raid eminentemente politico, un messaggio rivolto ad Assad e soprattutto - aggiungo - a Kim Jong-un perché nel bel mezzo della crisi nordcoreana sul nucleare, l’America non poteva permettersi che un utilizzo anche presunto di armi chimiche potesse passare senza risposta.

D. - A questo punto i rapporti tra la Russia e gli Stati Uniti si deterioreranno? Putin ha detto: “É un’aggressione ad uno Stato sovrano” …

R. - Putin chiaramente doveva fare la voce grossa per dimostrare anche la sua vicinanza all’alleato siriano, però chiaramente Putin non può sacrificare i rapporti con gli Stati Uniti in nome della sua alleanza con Assad. Assad è una pedina funzionale ad un interesse circoscritto e di natura eminentemente strategica che, appunto, può essere anche sacrificato qualora le circostanza geopolitiche lo richiedano.

D. - A questo punto, che segno hanno le conferenze per cercare di trovare la pace in Siria; le conferenze a Ginevra e in Kazakistan di Astana …

R. - Le prospettive non erano granché prima di questo raid; probabilmente questo attacco le rende ancora più incerte. Non dimentichiamoci che sono due trance di colloqui diverse, rispondono a logiche ed interessi diversi e uno dei principali attori che presumibilmente non avrebbe potuto trarre beneficio da questi colloqui era proprio Assad che ad Astana non era parte in causa. Anche da questo punto di vista non mi sembra che ci siano elementi di grandissima novità. D’altro canto non credo che si complicherà molto di più la crisi siriana, più di quanto non lo sia già, soprattutto nel settore settentrionale del Paese dove gli interessi in gioco siriani, americani, turchi, curdi e russi sono molto complessi e di difficili riequilibratura.

D. - Lo ha anticipato lei prima: c’è la questione del nucleare nordcoreano. Pyongyang ha sperimentato il lancio di un nuovo missile. C’è la condanna dell’Onu all’ennesima provocazione, ma Trump ha sottolineato: “L’America è pronta ad a gire anche da sola”. Siamo nell’alveo delle minacce o c’è il pericolo reale di missili anche su Pyongyang?

R. - Ci sono ipotesi in questo senso, non si può negarlo ad oggi, perché effettivamente siamo di fronte ad un’escalation. A ciò aggiungiamo il fatto che ogni amministrazione americana porta con sé la sua guerra: l’amministrazione Bush ha portato al mondo la guerra contro l’Iraq, l’amministrazione Obama ha portato al mondo la guerra con i droni contro i terroristi in più parti del mondo; non è da escludere che l’amministrazione Trump possa portare al mondo la guerra contro la Corea del Nord.

D. - Ma lì le cose si complicano: ci sono anche gli equilibri con la Cina, oltre che con la Russia ….

R. - Chiaramente quello coreano è uno scenario molto complesso rispetto al quale quelli mediorientali, a cui siamo abituati negli ultimi venti anni, impallidiscono. Lì siamo di fronte, oltre che a grandi numeri di popolazione, a potenze straordinariamente armate, a potenze nucleari, a difficili equilibri e soprattutto siamo ad un passo dalla Cina che oggi è il vero unico grande concorrente americano sul piano economico e militare.

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Caritas e Pax Christi: 12 aprile Giornata di preghiera per la Siria

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Caritas Italiana e Pax Christi lanciano la proposta di una giornata di digiuno e di preghiera per la Siria da celebrare mercoledì 12 aprile, alla vigilia del Triduo Pasquale. Una Giornata “per non dimenticare, per vivere la passione e la croce di tanti innocenti nel mistero della Passione di Cristo, nella luce della Speranza della Pasqua”. Per evitare - raccogliendo le ripetute sollecitazioni di Papa Francesco - che anche nel nostro cuore ci sia scritto: "a me che importa?"

Nei cuori non ci sia scritto: “A me che importa?”
Nel comunicato congiunto di Caritas Italiana e Pax Christi si ricordano, in particolare, le parole pronunciate da Papa Francesco durante la Messa celebrata nel Sacrario Militare di Redipuglia il  13 settembre 2014.”Anche oggi – aveva detto il Santo Padre - le vittime sono tante… Come è possibile questo?”. “E’ possibile - aveva aggiunto il Pontefice - perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”.

Dalla parte delle vittime
“Ogni guerra - si legge nel comunicato - è crimine, follia, suicidio dell’umanità, avventura senza ritorno”. “Stiamo e restiamo dalla parte delle vittime non solo per aiutarle a sopravvivere alla guerra, ma anche a costruire un futuro durevole di pace basato sulla cultura della nonviolenza. Solo grazie ai giovani, la nonviolenza potrà finalmente tornare a sbocciare nella sofferente nazione siriana”. “Così come stiamo e restiamo dalla parte delle vittime in Congo, in Sud Sudan, in Yemen dove i bombardamenti avvengono anche con armi italiane”.

Verità sulla strage di Idlib
Nel comunicato si ricorda inoltre la strage avvenuta nei giorni scorsi ad Idlib, in Siria, costata la vita ad oltre 70 persone, tra cui almeno 25 bambini. “Si è parlato di uso di armi chimiche, di gas”. “Sappiamo che in guerra la verità è la prima vittima, ma chiediamo a gran voce che sia appurata”. “Nel contempo – sottolineano Caritas Italiana e Pax Christi - chiediamo un deciso impegno a porre fine a questa follia, evitando il rischio reale dell’assuefazione e rassegnazione di fronte ad una terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’. Invitiamo alla preghiera per le vittime, ma anche all’indignazione contro la guerra e le armi, comprese quelle nucleari”. (A.L.)

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Thailandia: re firma nuova Costituzione, militari ancora al potere

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In Thailandia il re Maha Vajiralongkorn ha firmato la nuova Costituzione che apre la strada a nuove elezioni politiche, dopo tre anni di potere tenuto dalla giunta militare. Tuttavia, gran parte degli schieramenti politici definisce la Carta antidemocratica, giacché consentirebbe ai militari di mantenere il controllo. Intanto stamani nelle province meridionali a maggioranza musulmana sono esplosi decine di ordigni che hanno abbattuto diverse linee elettriche senza provocare vittime. Le autorità puntano il dito contro i ribelli islamisti. Sulla situazione in Thailandia, Marco Guerra ha intervistato Stefano Vecchia, giornalista esperto dell’area: 

R. - Sicuramente la nuova Costituzione thailandese è un atto in qualche modo dovuto. Dovuto anzitutto alla popolazione che vive da oltre un decennio ormai in una situazione di grave incertezza e anche di violenza diffusa, proprio per gli svolgimenti politici e anche perché i militari non hanno assolutamente accettato i governi civili che si sono succeduti dopo l’uscita di scena dell’ex premier Thaksin Shinawatra, finito volontariamente in esilio nel 2008 e inseguito ora da un mandato di cattura per corruzione. E’ un elemento che potenzialmente stabilizza la situazione thailandese però per molti è anche un elemento che in realtà introduce nuovi punti di contrasto e quindi di tensione. La firma del re è un atto dovuto da questo sovrano. Ricordiamo che la Thailandia è una monarchia costituzionale dal 1932, anche se di fatto l’aristocrazia e in particolare i militari non hanno mai rinunciato a un ruolo determinante sulla vita del Paese.

D. - I critici della nuova Carta sottolineano che è antidemocratica. Perché?

R.  – Lo fanno partendo da un presupposto: cioè, la nuova Carta costituzionale è stata elaborata sotto un regime militare che ha preso il potere con un colpo di Stato nel maggio 2014, un colpo di Stato che ha chiuso tutte le porte a una democrazia parlamentare e che di fatto poi ha visto creare delle istituzioni che sono o generate direttamente dai militari o da esse influenzate. La Costituzione è stata discussa e poi approvata da queste istituzioni. Di conseguenza per gli oppositori non è parte di un percorso democratico.

D. – I militari sono al potere dal 2014 ed è ancora sconosciuta la data delle prossime elezioni. Qual è l’attuale quadro politico e quali scenari si apriranno con l’approssimarsi del voto?

R. – In realtà la data è conosciuta, è stata spostata ulteriormente alla fine del 2018,dopo una serie di altri rinvii; inizialmente era stata prevista nel 2015, poi via, via è stata spostata anno dopo anno tenendo presente che è un elemento drammatico, fortemente per molti anche di svolta della realtà thailandese che è stata la morte del sovrano Rama IX, lo scorso ottobre. Di conseguenza ha dato una ragione a che le elezioni non si tenessero l’anno scorso in autunno ed è venuta a mancare un’altra finestra opportuna per queste elezioni, che a questo punto ufficialmente - ma in parte adesso ci sono già delle ritrattazioni di ambiente militare - è stata ancora ulteriormente prorogata a fine 2018.

D.  – Poco dopo il re ha firmato la costituzione e ci sono stati una serie di attacchi nelle regioni del Sud a maggioranza musulmana. Quali sono i fronti più turbolenti del Paese che resta ancora instabile?

R. – Dire che sono sostanzialmente due. Una è sicuramente questa insurrezione delle province a maggioranza musulmana del Sud che è una situazione che viene da lontano, dall’annessione del regno thailandese di queste aree che sono di lingua malese e di religione musulmana in un Paese ad alta maggioranza buddista. Questa situazione è stata aggravata da una repressione che viene sovente stigmatizzata anche dalle organizzazioni internazionali. E adesso corre il rischio tra l’altro di infiltrazioni di jihadismo globale anche in queste aree. Il secondo fronte è quello interno, cioè di movimenti legati con processo democratico, per quanto parziale, in stile thai; altri che sono legati all’ex primo ministro di cui accennavo prima, ora in esilio; altri ancora che sono eredi di una serie di movimenti di base… Tutto un sostrato che mal sopporta questa situazione attuale e che in molti casi ha fatto anche capire di esser pronto a rivendicare istanze e interessi di gruppo ma anche democratiche che in questo momento sono sicuramente negate o quantomeno fortemente limitate.

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Colombia. Il nunzio in visita a Mocoa: Papa prega per le vittime

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Papa Francesco manifesta il suo cordoglio ai familiari delle vittime e prega per la pronta guarigione dei feriti. E’ quanto ha affermato ieri il nunzio apostolico in Colombia, mons. Ettore Balestrero, recandosi in visita a Mocoa dove sono morte oltre 300 persone in seguito ad una valanga di fango e detriti. Il presule ha celebrato la Messa nella cattedrale della città colombiana a 500 chilometri a sud di Bogotà.
 
Grazie a Mocoa superate tensioni
Nell’omelia mons. Balestrero ha sottolineato che il sacrificio sacramentale si estende anche ad altri momenti della giornata, quando - ha spiegato - “serviamo i fratelli, scaviamo nel fango, curiamo i feriti e consoliamo i sopravvissuti”. “Siamo spettatori - ha detto il nunzio - di un Paese intero che, in un certo senso, rinasce grazie a Mocoa, perché supera le sue tensioni e polarizzazioni e si unisce e si fa solidale con ciascuno degli abitanti di questa città. Si tratta di amore, e solo l’amore permette di rinascere”.

Il grazie del nunzio a quanti si mobilitano
Il nunzio ha anche espresso il proprio ringraziamento “a tutti coloro che si stanno mobilitando e sacrificando per Mocoa, a cominciare dal vescovo e dai sacerdoti, che stanno partecipando con tutta l’anima al dolore del loro popolo”. “Il Papa - ha poi affermato mons. Balestrero conversando con i giornalisti - è molto addolorato per coloro che sono morti, per quelli che stanno piangendo i loro cari, per tutti quelli che hanno dato la vita per aiutare i propri fratelli. Desidera che io dica che in ogni momento trovano posto nelle sue preghiere”.

I fondi raccolti durante la Campagna di Quaresima destinati a Mocoa
Il vescovo di Mocoa, monsignor Luis Albeiro Maldonado Monsalve, ha sottolineato che “la realtà più dura di Mocoa è nel cimitero. D’ora in avanti, ha proseguito, “l’opera della Chiesa con la gente del Putumayo sarà di seminare la speranza dei cuori per poter così ricostruire il nostro popolo”. Il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis Augusto Castro Quiroga, ha annunciato inoltre che i fondi raccolti durante la Campagna di Quaresima della Chiesa colombiana saranno destinati alla comunità di Mocoa.

Arrivati i primi aiuti da tutta la Colombia
Nella città di Mocoa – riferisce l’agenzia Sir - manca ancora la corrente elettrica. L’acqua viene distribuita dalle autobotti. Iniziano ad arrivare i primi aiuti da tutto il Paese e prosegue il riconoscimento delle vittime. Il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha dichiarato lo stato di emergenza. E’ stato inoltre varato il primo stanziamento di 40 miliardi di pesos, circa 16 milioni di Euro, per l'assistenza umanitaria e per il progetto finalizzato alla costruzione di un acquedotto e di un ospedale. (A.L.)

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Via Crucis a Roma per le donne crocifisse sottratte a prostituzione

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“Saluto la Comunità Papa Giovanni XXIII e, mentre esorto a continuare l’opera in favore di ragazze sottratte alla prostituzione, invito i romani a partecipare alla Via Crucis per le donne crocifisse che avrà luogo venerdì 7 aprile alla Garbatella”. Sono le parole di Papa Francesco pronunciate nel corso dell'ultima udienza generale in Piazza San Pietro. La Via Crucis per le donne crocifisse, giunta alla terza edizione, è promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Benzi, per sensibilizzare sul dramma delle donne vittime della tratta e schiave per il racket della prostituzione. Il ritrovo è fissato a Roma, alla Garbatella, stasera alle ore 19.30 presso il Ponte Spizzichino, per la partenza della Via Crucis di solidarietà e preghiera. Al microfono di Luca Collodi, don Aldo Buonaiuto, del servizio antitratta della Comunità di don Benzi: 

R. – Si tratta di un’iniziativa importantissima per dare voce a persone che sono invisibili solo apparentemente, nell’indifferenza dei troppi che fanno finta di non capire, di non sapere che sulle nostre strade ci sono donne mercificate, giovanissime, che potrebbero avere la stessa età delle nostre figlie, nipoti...ragazze che provengono da Paesi stranieri e che vengono poi messe sulle strade per soddisfare i bisogni perversi di migliaia di uomini che pensano di avere il diritto di comprare il corpo di queste ragazzine. E allora la Via Crucis l’abbiamo proprio intitolata “Per le donne crocifisse”, perché possiamo dire con grande forza come queste donne vivono proprio un calvario simile a quello di Cristo.

D. - Qual è la situazione della prostituzione a Roma?

R. - È una situazione drammatica, perché il fenomeno tende a crescere in modo sproporzionato. Basta immaginare quante ragazze che provengono dalla Nigeria attraverso gli sbarchi, sono poi destinate, purtroppo, alla prostituzione schiavizzata. Poi c’è tutto il mercato delle ragazze dell’Est, parliamo di tantissime ragazze rumene, moldave e purtroppo c’è un ritorno di quelle albanesi. Non si tratta di decoro urbano o di rovinare il decoro. Qui si tratta di liberare persone oppresse, che non hanno scelto la prostituzione, ma che sono state portate con l’inganno, con il ricatto, con le ritorsioni, contro la loro volontà, sulla strada.

D. - Un mondo alimentato anche dai clienti…

R. - Noi di notte, sulle strade, incontriamo, parliamo con questi clienti. E ci dicono la verità: di avere figli a casa, di avere una moglie, di avere fidanzate e pensano e definiscono questo andare sulle strade solo come uno sfogo. Non dobbiamo dimenticare che sulle strade troviamo tutte ragazze sotto i 23 anni e molte, purtroppo, sono anche minorenni.

D. - Don Buonaiuto, per tutti questi motivi, questa sera a Roma, alle 19.30 alla Garbatella, si terrà una Via Crucis…

R. - Penso che sarà una bellissima manifestazione di solidarietà e, per chi è credente, di preghiera. Anche le istituzioni si sono unite a partire dai magistrati, dalle donne della magistratura, che porteranno una croce di tre metri sulle loro spalle, in segno di solidarietà per chi non ha voce e anche per il lavoro importante che svolgono per debellare i racket. Così come ci saranno le Fiamme Oro della Polizia di Stato, le donne dell’Arma dei Carabinieri, le Fiamme Gialle della Guardia di Finanza, le donne della Polizia Municipale di Roma e poi anche una partecipazione straordinaria: quella del Corpo della Gendarmeria dello Stato del Vaticano. Ci sarà una rievocazione storica. Sulla Croce andranno le donne crocifisse, rappresentate da una donna che farà questo grido, il grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. In questo caso al femminile, perché testimonierà lo strazio di queste donne che ancora soffrono nel mondo a causa della tratta.

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Libano: vescovi maroniti chiedono una nuova legge elettorale

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In Libano diviene sempre più urgente l'adozione di una nuova legge elettorale che “garantisca la giusta rappresentanza di tutti i cittadini, sulla base della coesistenza e della democrazia che caratterizzano il nostro sistema politico”. E' questa la richiesta che i vescovi della Chiesa maronita sono tornati a rivolgere alle istanze politiche libanesi, in occasione della loro riunione mensile svoltasi lo scorso 5 aprile nella sede patriarcale di Bkerkè. 

Necessaria per il Libano una programmazione a lungo termine
Durante la riunione, presieduta dal patriarca Bechara Boutros Rai, riferendosi alla preoccupante situazione economica del Paese, i presuli maroniti hanno ribadito che il Libano ha bisogno di una programmazione a lungo termine. Una pianificazione – riferisce l’agenzia Fides - fondata sulla collaborazione tra settore pubblico e settore privato, e tesa a promuovere la diffusione di una cultura del bene comune. A tale riguardo, i vescovi hanno anche richiamato la necessità di combattere le piaghe endemiche della corruzione, del saccheggio dei fondi pubblici e dell'evasione fiscale. 

Cosa stabilisce l’attuale sistema elettorale
Il sistema elettorale attualmente in vigore, scaturito dagli Accordi di Taif che nel 1989 sancirono la fine della guerra civile, stabilisce che metà dei 128 deputati del Parlamento siano cristiani, in gran parte maroniti, e l'altra metà sia formata da parlamentari musulmani e drusi. La stampa libanese attribuisce attualmente al presidente Michel Aoun l'intenzione di appoggiare un sistema proporzionale puro, mentre secondo esponenti politici di alcune formazioni politiche cristiane, il partito sciita di Hezbollah punterebbe a riconsiderare l'attuale distribuzione dei seggi per garantire adeguata rappresentanza alla componente sciita della popolazione libanese, considerata in crescita.

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Scholas Occurrentes a Roma: combattere indifferenza e discriminazione

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La Fondazione Scholas presenta per la prima volta in Italia il programma educativo di Papa Francesco: l’iniziativa coinvolge fino alla giornata di oggi, 200 giovani di 10 scuole della capitale. Alla cerimonia di chiusura il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli e il direttore di Scholas Occurrentes, Josè Maria Del Corral. Il servizio di Patricia Ynestroza:

Scholas Cittadinanza, la proposta educativa di Papa Francesco, presente in 190 Paesi con una rete che comprende 446.133 scuole, arriva in Italia, a Roma, con un programma di attività che coinvolge 200 studenti tra i 15 e i 17 anni, di fedi e nazionalità diverse, provenienti da dieci scuole pubbliche e private della capitale. Nel primo giorno del programma, i giovani hanno affrontato alcuni temi - la scuola, la corruzione, la disoccupazione, l'indifferenza sociale e familiare, la discriminazione, il bullismo - selezionando due problematiche, l'indifferenza e la discriminazione, su cui hanno lavorato in questi giorni con analisi, dibattiti, raccolta di informazioni finalizzati all’elaborazione di una proposta concreta per migliorare la società. Shamir Aktar è una studente dell’Istituto Einaudi:

R. – Se uno viene da un altro Paese, con un’altra religione, come è il mio caso, trova tanti problemi, tra cui anche indifferenza e discriminazione …

D. – Hai sperimentato sulla tua pelle indifferenza e discriminazione?

R. – Sì, a scuola, quando sono arrivata: non tutti volevano accettarmi in classe, come nuova compagna, perché innanzitutto non conoscevo la lingua e poi ero molto diversa da loro … è difficile spiegare …

D. – Senti che adesso piano piano le cose stanno migliorando?

R. – Sì, è passato tanto tempo e quindi ho imparato a stare con gli altri, come comportarmi e quindi adesso mi trovo molto bene, rispetto ai primi tempi. Non con tutti mi trovo bene, perché alcuni dicono che sono diversa, porto il velo, mi guardano … anche se non dico niente, ma io questo lo capisco …

D. – In questi giorni hai dato una testimonianza di quello che hai vissuto …

R. – Sì: ho parlato dei problemi anche se – non davanti a tutti, ma quando abbiamo lavorato in gruppi – abbiamo parlato dell’indifferenza e quindi in quell’occasione ho detto tutto quello che sentivo …

Daniele Limeli dell’Istituto Einstein-Bachelet ci racconta l’esperienza fatta con Scholas Cittadinanza:

R. – Ho sentito una forte unione tra tutte le scuole: sembrava che fossimo tutti della stessa scuola … poi, sono argomenti molto importanti di cui a volte non riusciamo a parlare in classe perché bisogna fare altro. E’ stato molto importante pensare e commentare questi argomenti. Penso che siano argomenti molto importanti e che dobbiamo rifletterci di più e ascoltare le persone che soffrono di queste cose, come ad esempio la discriminazione rivolta a persone diverse da noi, che poi alla fine non sono diverse perché sono persone uguali a noi.

Oggi la cerimonia conclusiva del programma all’Istituto Einaudi, con la presentazione delle proposte e delle dichiarazioni d’intenti degli studenti, alla presenza della ministra della Pubblica Istruzione, Valeria Fedeli, del direttore mondiale di Scholas, José María del Corral e di altre autorità civili e religiose. A Enrique Palmeyro, membro della direzione di Scholas, abbiamo chiesto come sono stati questi cinque giorni a Roma:

R. – Giorni intensi, si è visto che la realtà dell’indifferenza e della discriminazione è un tasto dolente che si percepisce non solo nella società, ma in particolare tra i giovani. L’indifferenza e la discriminazione non sono fenomeni indotti dai rifugiati e dai migranti, il problema è che se non esiste il concetto di creare ponti tra le persone, ci potrà essere sempre un fattore qualsiasi che potrà indurre indifferenza e discriminazione. Oggi si rileva in forma più pesante, perché si concentra su rifugiati e immigrati. Di questo si sono accorti anche i ragazzi e ci hanno riflettuto; hanno visto come si creino distanze molto ampie con le persone “diverse” ma rilevano anche che le differenze non dovrebbero esistere perché siamo tutti uguali.

José María del Corral, presidente di Scholas:

R. – Consideriamo che nei primi giorni i ragazzi erano molto sulla difensiva, erano un po’ schivi, e piano piano si sono sciolti. Non è stato un caso che i ragazzi abbiamo scelto proprio questi due argomenti, cioè la discriminazione e l’indifferenza: è evidente che sentono la necessità di capire, di parlare, di sfogarsi. I ragazzi hanno raccolto il messaggio di Francesco: si sono uniti non solo con la testa, ma anche con il cuore. Sono riusciti a infrangere muri e barriere e insieme hanno affrontato le due tematiche. Credo che sia questo il grande cambiamento prodotto da questi cinque giorni. Infatti, la necessità dell’incontro e dell’unità c’era pure prima, ma c’era anche la paura indotta dalla società, dagli adulti. In questi giorni, questo desiderio di incontro e di unità si è risvegliato.

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Giornata internazionale rom e sinti, inclusione ancora lontana

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“Nel 2016 si è rischiato che 'il superamento dei campi' intraprendesse derive lesive dei diritti umani, tramutandosi di fatto in sgomberi forzati". Così l’Associazione 21 luglio che in occasione della Giornata internazionale dei rom e sinti ha presentato al Senato il suo rapporto annuale. Dall’indagine risulta che sono 28 mila i rom in emergenza abitativa, lo 0,05% della popolazione italiana. Di essi 18 mila vivono in insediamenti monoetnici gestiti dalle autorità pubbliche, mentre 10 mila negli insediamenti informali. Il monitoraggio nel 2016 evidenzia 250 sgomberi forzati e 175 episodi di discorsi di odio registrati, 90 in meno rispetto al 2015. Eugenio Murrali ha intervistato il presidente dell’associazione, Carlo Stasolla

R. – Per la prima volta in Italia viene pubblicata una mappatura precisa, esatta, circostanziata di quanti e dove sono gli insediamenti formali e informali presenti nel territorio. Fino ad oggi si è parlato sempre di 35-40mila persone. In realtà, a seguito di una mappatura durata circa due anni, oggi possiamo dire con certezza che i rom in emergenza abitativa sono 28 mila di cui 18 mila presenti in insediamenti creati, gestiti e organizzati dalle istituzioni, mentre circa 10 mila si trovano nei cosiddetti insediamenti informali.

D. - La Strategia Nazionale di inclusione Rom, Sinti e Caminanti che risultati sta dando?

R. - A fronte del fatto che impegna l’Italia entro il 2020 a superare i mega campi monoetnici, di fatto noi abbiamo registrato come dal 2012 ad oggi si sono spesi circa 30 milioni di Euro per costruire nuovi campi. Oggi, ad esempio nella città di Napoli, viene inaugurato un nuovo campo. Questo è un dato gravissimo che va contro i principi della Strategia Nazionale.

D. - Quindi ha senso oggi questa Giornata internazionale rom e sinti …

R. - Di fronte al fatto che in altri Paesi viene celebrata questa giornata con convegni, feste, in Italia non viene fatto nulla, ma, anzi si reitera con una politica dei campi fatta di sgomberi forzati, di allontanamenti, di segregazione abitativa dei rom nel nostro Paese.

D. - Ancora politiche discriminatorie …

R. - Sì, siamo ancora lontani dall’inclusione. Manca conoscenza presso le autorità locali, mancano competenze, mancano strumenti, mancano da parte del governo centrale fondi e indirizzi politici.

D. - L’Italia è anche stata oggetto di molte raccomandazioni da parte degli enti internazionali …

R. - L’ultima è da parte dell’autorevolissimo Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, siamo in grosso ritardo e quindi siamo anche vicini ad una procedura di infrazione per la quale anche noi come associazione stiamo lavorando a Bruxelles. Si tratta di una procedura di infrazione sul diritto all’alloggio dei rom che potrebbe cadere come una tegola sul governo italiano a partire già dal 2017.

D. - Parlava di sgomberi forzati. C’è un problema molto serio su questo punto …

R. - C’è un Comitato per i diritti sociali, economici e culturali delle Nazioni Unite che stabilisce come deve essere operato uno sgombero. In realtà nel nostro Paese da Roma a Milano, passando per Napoli, le autorità non eseguono quanto previsto. Sempre oggi a fronte della nuova costruzione del campo, a Napoli, per esempio, si conclude uno sgombero forzato di 1300 rom nell’insediamento di Gianturco che era il più grande insediamento informale italiano. Qui registriamo e segnaliamo una violazione sistematica dei diritti umani.

D. - I discorsi di odio nella politica quanto influiscono?

R. - Sono la benzina sul fuoco. Di fronte a questa incapacità delle amministrazioni locali, poi i discorsi politici incidono in maniera molto forte. Noi, anche qui, abbiamo segnalato - nel 2016 - 175 episodi di discorsi d’odio, così come dieci gravissime azioni di odio rivolte alle comunità rom, anche se, da questo punto di vista, dobbiamo dire che sui discorso d’odio, anche per il grande lavoro fatto dalla società civile, registriamo un decremento rispetto agli anni precedenti e quindi questo fa ben sperare.

D. - Voi puntate molto sull’educazione per l’integrazione come “Associazione 21 luglio” …

D. - E' uno dei nostri assi. Non ci occupiamo solamente dei diritti umani, facciamo anche un lavoro all’interno della comunità attraverso percorsi di educazione, di formazione all’attivismo rivolti sia ai bambini, ai bambini più piccoli attraverso percorsi educativi, ma anche attraverso itinerari formativi rivolti ai giovani, rom e non rom, percorsi di formazione all’attivismo dei diritti umani.

D. - Dal vostro rapporto sembrerebbe che l’Italia continui ad essere il peggior Paese nel panorama europeo per un cittadino di etnia rom. Roma, in particolare, ha il primato per le baraccopoli …

R. - Esattamente. Premesso che in tutta Europa ci sono varie forme di discriminazione verso i rom, in Italia è centrale la questione abitativa. Quindi possiamo sicuramente affermare che per un cittadino che è povero, che non ha strumenti, che non ha mezzi per vivere, l'Italia è il Paese peggiore dal punto di vista abitativo. Si ha certezza di finire in una baraccopoli informale o, peggio ancora, in un campo creato e gestito dalle autorità.

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Francesco e la missione dell'arte nel libro di Rodolfo Papa

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“Bisogna avere il coraggio di trovare nuova carne per la trasmissione della Parola”. E’ partendo da questa sfida lanciata da Francesco nell’esortazione Evangelii Gaudium che Rodolfo Papa, pittore e docente di Storia delle teorie estetiche alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, ha scritto il libro “Papa Francesco e la missione dell’arte”, edito da Cantagalli. Il testo indaga un ambito, poco conosciuto, ma rilevante del Pontificato in corso e sarà presentato oggi pomeriggio a Roma presso l’Accademia Urbana delle Arti. Paolo Ondarza ne ha parlato con il prof. Papa: 

R. – Abbiamo pensato con l’editore che potesse essere un tema interessante perché, di fatto, tutto quello che il Papa dice e scrive in questi anni di Pontificato sull’arte non è stato mai sottolineato. Quindi abbiamo pensato di dare un taglio a questo tipo di libro in modo tale da far conoscere il pensiero del Papa sull’arte, sulla missionarietà dell’arte e anche in continuità con quello che sta facendo rispetto ai Pontificati precedenti.

D. - Papa Francesco è il Papa degli ultimi, delle periferie, dei poveri, il Papa della misericordia. Tutte tematiche, queste, molto attinenti con il tema dell’arte ..

R. - Si perché l’arte è uno strumento efficace proprio per arrivare agli ultimi, per parlare di misericordia, per dire il catechismo, perché di fatto questo è il primo compito dell’arte, cioè quello catechetico. Poi c’è anche la possibilità di contemplare, di meditare attraverso l’arte e nello stesso tempo di arrivare a pregare anche attraverso le devozioni, tutti temi che il Santo Padre ha cari proprio per arrivare a dire le cose importanti agli ultimi e a quelli che sono nelle periferie delle nostre città.

D. - Il Magistero di Papa Francesco in materia di arte si pone in continuità con quanti lo hanno preceduto alla successione di Pietro …

R. - Sì, il libro poi tratta in principal modo proprio di questo, cioè faccio vedere che tutto ciò che dice Benedetto XVI è esattamente sulla stessa linea di ciò che dice Papa Francesco. La prova l’abbiamo su alcune Encicliche, l’abbiamo su alcune esortazioni apostoliche, su tanti discorsi fatti … Questo è estremamente interessante, proprio perché la continuità tra questi due Pontificati credo che sia uno degli elementi principali da sottolineare e risottolineare in continuazione. E l’arte è uno dei trait d'union principale.

D. - E perché occorre coraggio "per trovare nuova carne" per la trasmissione della Parola?

R. - Questo è quello che lui scrive nell’Esortazione apostolica post-sinodale proprio, credo, per ridare uno slancio, un po’ come fece Giovanni Paolo II e come ha fatto anche Benedetto XVI, per tentare di richiamare gli artisti al servizio della Chiesa, cioè fare in modo che gli artisti riescano a ridare la carne alla Parola, a entusiasmarsi nuovamente nel mettersi al servizio della Chiesa. E quindi ci vuole coraggio in un mondo come quello di oggi dove gli artisti sono tirati verso altre cose, altri temi e altre questioni.

D. – Professore, ci sono artisti oggi che hanno questo coraggio?

R. - Non mancano gli artisti, anzi posso dire, posso affermare, girando un po’ come mi capita spesso per l’Italia e per l’Europa, che ho trovato tantissimi bravissimi artisti, tantissimi artisti di fede. In copertina, nel libro ne abbiamo una quindicina tra quelli che hanno fatto le cose maggiori almeno negli ultimi dieci anni, ma oltre a loro ce ne sono almeno altri dieci, venti, trenta di grandissimo livello con grande preparazione teologica, perché è questo quello che fa la differenza, e quel coraggio sta anche nell’avere la preparazione teologica - “Intingere il pennello nelle parole della Bibbia”, avrebbe detto Chagall proprio per trovare una nuova carne adatta ai tempi di oggi. Questo non significa fare cose strane o astruse, ma proprio con il gusto della nostra contemporaneità, cioè il figurativo, perché ormai l’arte che i giovani apprezzano è nuovamente questa, riuscire a dire “Cristo” in tutti i continenti.

D. - Quindi nel bagaglio culturale dell’artista di arte sacra non solo tecnica, ma anche formazione, ascolto, preparazione sul magistero delle Chiesa, sul Vangelo, sulla Liturgia. Lei al termine del suo libro lei lancia una proposta …

R. - Sì, l’arte come strumento fondamentale di formazione non solo del clero, ma anche per gli artisti e i laici. L’arte è e deve ritrovare una dimensione di formazione e di educazione. Del resto, insieme ad altri colleghi abbiamo aperto dodici anni fa un’associazione – l’Accademia Urbana delle Arti – per la formazione dei laici e non solo, alla conoscenza dell’arte, come strumento di formazione efficace.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 97

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.