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Sommario del 12/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa Francesco all'udienza generale: chi ama perde potere

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Papa Francesco ha tenuto l’udienza generale in Piazza San Pietro, alla vigilia del Triduo Pasquale, svolgendo la sua catechesi sul tema “Speranze del mondo e speranza della Croce”. Il servizio di Sergio Centofanti

La speranza nasce dalla Croce
La speranza cristiana - spiega Papa Francesco - “nasce dalla Croce”. E’ diversa dalle speranze terrene, perché queste crollano, mentre la speranza che guarda il Cristo crocifisso “dura fino alla vita eterna”. E’ “una speranza nuova” che matura come un “seme piccolo”, come un chicco di grano che produce molto frutto se muore. E’ ciò che ha fatto Gesù: a Pasqua ha dato la sua vita, trasformando “il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia”. Ecco perché “sulla croce, è nata e rinasce sempre la nostra speranza; ecco perché con Gesù ogni nostra oscurità può essere trasformata in luce, ogni sconfitta in vittoria”. E “quando scegliamo la speranza di Gesù – afferma il Papa - a poco a poco scopriamo che il modo di vivere vincente è quello del seme, quello dell’amore umile”:

“Non c’è altra via per vincere il male e dare speranza al mondo. Ma voi potete dirmi: ‘No, è una logica perdente!’. Sembrerebbe così, che sia una logica perdente, perché chi ama perde potere. Avete pensato a questo? Chi ama perde potere, chi dona, si spossessa di qualcosa e amare è un dono”.

Non finisce mai la sete di chi vuole possedere
In realtà la logica del seme che muore, dell’amore umile, è la via di Dio, e solo questa dà frutto:

“Lo vediamo anche in noi: possedere spinge sempre a volere qualcos’altro: ho ottenuto una cosa per me e subito ne voglio un’altra più grande, e così via, e non sono mai soddisfatto. È una sete brutta quella, eh? Quanto più hai più vuoi. È brutto. Chi è vorace non è mai sazio. E Gesù lo dice in modo netto: «Chi ama la propria vita la perde» (Gv 12,25). Tu sei vorace, ami di avere tante cose ma … perderai tutto, anche la tua vita, cioè: chi ama il proprio e vive per i suoi interessi si gonfia solo di sé e perde”.

L'amore vero passa attraverso la croce, ma la sua meta è la gloria
Chi invece “serve, vive al modo di Dio: allora è vincente, salva sé stesso e gli altri; diventa seme di speranza per il mondo”:

“Certo, questo amore vero passa attraverso la croce, il sacrificio, come per Gesù. La croce è il passaggio obbligato, ma non è la meta, è un passaggio: la meta è la gloria, come ci mostra la Pasqua”.

L'amore delle mamme
Il Papa lo ripete: amare è “donare la vita, non possederla”:

“E questo è quello che fanno le mamme: danno un’altra vita, soffrono, ma poi sono gioiose, felici perché hanno dato un’altra vita. Dà gioia; l’amore dà alla luce la vita e dà persino senso al dolore. L’amore è il motore che fa andare avanti la nostra speranza”.

Contemplare il Cristo crocifisso
Papa Francesco esorta in questa Settimana Santa a contemplare il Crocifisso, “sorgente di speranza. A poco a poco capiremo che sperare con Gesù è imparare a vedere già da ora la pianta nel seme, la Pasqua nella croce, la vita nella morte”:

“A tutti ci farà bene fermarci davanti al Crocifisso – tutti voi ne avete uno a casa - guardarlo e dirgli: con Te niente è perduto, con Te posso sempre sperare. Tu sei la mia speranza”. 

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I fedeli: la Croce di Gesù è sorgente di speranza per la vita

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Grande gioia per i tantissimi fedeli che hanno partecipato all'udienza generale che precede il Triduo Pasquale. Papa Francesco ha invitato i presenti a guardare alla Croce di Gesù come fonte di speranza. Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro: 

R. - Sulla Croce Cristo ha trasformato l’odio in amore, ha trasformato la morte in vita: è la radice della nostra speranza e della nostra gioia.

D.  – E nella sua vita quanto l’aiuta a guardare la Croce di Cristo?

R. – Tanto, anche nei momenti più bui guardare la Croce è sempre un motivo di luce, di speranza. Io direi che ho imparato a guardare la Croce da un grande santo, San Josemaria Escrivà, che mi ha ispirato tantissimo nei suoi insegnamenti. E’ da lì che ho imparato a guardare la Croce ed amare Gesù.

R. – Semplicemente vedo la Croce come una sorgente di speranza per la tanta sofferenza che c’è nel mondo, per tanta gente che è malata e anche per noi, quando la vita è più difficile. Per me è una sorgente di speranza, sempre.

D. – La Croce è uno scandalo per chi non ama. Per chi ama, la Croce diventa leggera, gioiosa e porta alla gioia della Risurrezione, ci fa superare gli ostacoli, ci fa guardare in alto e ci fa guardare il Cristo vittorioso. Buona Pasqua!

R. – Si supera tutto con la fede. Ognuno di noi porta con sé speranza, perché c’è il dolore della vita, delle complicazioni della vita. Bisogna ascoltare le parole del Santo Padre che sono ricche di speranza.

D. – Ciao, come ti chiami?

R. – Costanza.

D. – Quanti anni hai?

R. – 12.

D. – Cosa vuol dire la speranza per te?

R. – Per me la speranza vuol dire saper rinunciare a tutte le cose che sono inutili in questo mondo e con Cristo dobbiamo saper trovare la forza in Lui.

D. - Un'altra ragazza: come ti chiami?

R. – Cristina.

D. – Cristina, per te cosa vuol dire la speranza?

R. – Aiutare i compagni in difficoltà, rinunciare alle cose superflue, soprattutto in questo periodo.

D. - Tu sei un seminarista ... cosa è la Croce?

R. – La Croce è un segno di benedizione perché ci fa vedere che nel cammino Dio ci accompagna; quando ci sono momenti difficili soltanto Dio alla fine ci può aiutare. Per me capire quei momenti è capire la presenza e la vicinanza di Dio, perciò la Croce mi aiuta.

D. – Siamo nella Settimana Santa, in che modo ti stai preparando alla Pasqua?

R. – Io personalmente davanti a Dio ho visto che nel mio cammino – sto per diventare sacerdote – la migliore maniera di prepararmi è intensificare la preghiera: più incontro con Gesù, cercare quella somiglianza nella sua vita. Ma non soltanto nella Quaresima; per vivere di più questi misteri ho fatto queste cose, ma sempre dobbiamo stare in quella preparazione.

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Nomine

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Per le nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Tweet: l'Amore di Dio ha vinto il mistero del male

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Nuovo tweet del Papa sull'account @Pontifex in nove lingue: "Se è abissale il mistero del male, infinita è la realtà dell’Amore di Dio che lo ha attraversato e lo ha vinto". 

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Il Papa celebra i nuovi martiri a S. Bartolomeo all'Isola Tiberina

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Sabato 22 aprile, alle ore 17, Papa Francesco si recherà nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina per celebrare la Liturgia della Parola con la Comunità di Sant’Egidio, in memoria dei “Nuovi Martiri” del XX e XXI secolo. Lo ha reso noto il direttore della Sala Stampa vaticana Greg Burke.

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Oggi in Primo Piano



Tensioni Usa-Nord Corea: sale la paura in Corea del Sud

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Alta tensione tra Stati Uniti e Corea del Nord. Pyongyang condanna la decisione di Washington di inviare una portaerei e la sua flotta nelle acque della penisola coreana e parla di "catastrofiche conseguenze" ad ogni ulteriore mossa americana. La Cina ribadisce al presidente Usa Trump la necessità di una soluzione pacifica alla crisi in corso. Adriana Masotti

Donald Trump e l’omologo cinese Xi Jinping si parlano al telefono. Pechino sollecita una soluzione "pacifica", "attraverso il dialogo", alle tensioni con la Corea del Nord per il programma nucleare di Pyongyang, coinvolgendo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu e ponendo l'accento sull'obiettivo di una penisola coreana "denuclearizzata" al fine di raggiungere "la pace e la stabilità". Ma la Cina parla anche alla Corea del Nord chiedendo al governo di astenersi da
ulteriori provocazioni per non peggiorare la situazione con gli Stati Uniti. "Un nuovo test nucleare di Pyongyang sarebbe "uno schiaffo in faccia al governo statunitense" avverte, questo aumenterà il conflitto tra i due Paesi, e Pechino "presumibilmente reagirà con forza alle nuove azioni nucleari”. Ieri Trump aveva detto che gli Usa sono pronti ad affrontare la "questione Nord Corea" da soli se la Cina non volesse dare una mano. E in un’intervista a Fox aveva ribadito che "il dittatore nord coreano" Kim Jong-un "sta facendo la cosa sbagliata”. “Stiamo inviando una flotta, molto potente, ha sottolineato Trump, abbiamo sottomarini molto potenti. Ed abbiamo il miglior personale militare, quindi dico che sta facendo la cosa sbagliata". Ma che clima si vive in questi giorni tra la popolazione della Corea del Sud, direttamente coinvolta da un’eventuale escalation della tensione. Sentiamo padre Vincenzo Bordo, Missionario Oblato di Maria Immacolata, da oltre 20 anni a Seul:

R. – Prima di tutto penso che ora sia troppo presto per parlare, perché è una situazione completamente nuova quella che sta accadendo qui. Ci sono sempre state scaramucce con la Nord Corea, minacce, però c’è stata sempre la buona volontà e l’intelligenza politica di mediare. Stavolta, per la prima volta non si ha questa impressione. Ci sono cose nuove nella mossa degli americani e nella mossa dei nordcoreani. In tutto questo è difficile capire cosa succederà. Una cosa che sembra positiva in questo momento è che la Cina per la prima volta si sta muovendo, non tanto per ragioni politiche quanto perché ieri la Corte di Hong Kong e altre borse vicine alla Cina sono crollate. La Cina si è preoccupata molto di questo. Sicuramente non è bello quello che sta succedendo.

D. - Sulla stampa di questi giorni, sui quotidiani della Corea del Sud, in che termini, con quali toni vengono diffuse le notizie?

R. - Finora noi eravamo abituati a queste scaramucce tra Nord e Sud e non ci si faceva caso. Per la prima volta c’è preoccupazione.

D. - Presto anche in Corea si celebrerà la Pasqua. Pensa che i cristiani la vivranno in maniera un po’ diversa quest’anno?

R. - Nei social media spesso viene fuori: “Preghiamo per la nostra nazione”, “Preghiamo per la Corea”, perché nella gente normale si respira per la prima volta un po’ di paura.

D. – E dalla Nord Corea quali notizie arrivano?

R. - Le notizie sono quelle ufficiali che si sentono tutti i giorni sui mass media. La cosa che forse andrebbe focalizzata e di cui si parla poco è questa: la Nord Corea si sente minacciata. Proprio il mese scorso c’erano state le grandi esercitazioni belliche. Come ogni anno americani e sudcoreani fanno degli esercizi bellici in cui si muove un esercito di 600mila persone con il meglio della tecnologia militare. Questi, dicono, sono esercizi militari di routine, ma la Nord Corea in questi esercizi ha sempre visto una minaccia, una preparazione per un attacco al Paese. La Nord Corea ha sempre detto: “Se voi li smettete, io smetto i miei programmi missilistici e atomici”. Quindi la situazione bisogna guardarla anche dal suo punto di vista: la Corea si sente minacciata, attaccata ed ha paura: quindi risponde con paura.

D. - Quindi ci vorrebbe un passo indietro da parte di Usa e Corea del Sud, invece sta avvenendo il contrario …

R. - Esatto. Occorre buon senso politico e dialogo, perché i problemi si risolvono con il dialogo, non con la guerra o con la violenza. Questa è l'incomprensione della classe politica americana  in questo momento: “Facciamo vedere chi siamo noi, che siamo forti, possiamo distruggerli”. E allora hanno ancora più paura. Infatti, il leader della Nord Corea ha detto: “Avete visto cosa è successo in Siria. Abbiamo fatto bene a fare la bomba atomica, perché così sapremo difenderci”. Qui in Corea si è sempre detto che c’è la politica della carota e del bastone. Ed è vero, è sempre stato fatto così: capire, allentare, tirare … ma è normale. In questo momento sembra, invece, che dalle due parti, tutti e due abbiano chiuso la porta del dialogo, dicendo: “Vediamo cosa succede”. E questo è molto brutto.

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Suor Carolin "donna coraggiosa", in Siria per costruire la pace

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Suor Carolin Tahhan Fachakh, Figlia di Maria Ausiliatrice e responsabile della Comunità salesiana a Damasco, è tra le 13 donne premiate, lo scorso marzo, dal Dipartimento di Stato Usa come “Donne coraggiose del 2017”. Un riconoscimento assegnatole per il suo coraggio nel servire le persone colpite dal conflitto siriano e per il suo impegno nel sostenere i più vulnerabili, in particolare le donne e i bambini. La religiosa ha partecipato ieri a un incontro organizzato dall’associazione “Donne in Vaticano” presso la Sala Marconi della Radio Vaticana. C’era per noi Elvira Ragosta

E’ stata premiata perché mettendo a rischio la propria vita in questi anni di guerra, suor Carolin Tahhan Fachakh è diventata un segno di speranza per la comunità. A Damasco, dirige una scuola materna, che accoglie circa 200 bambini, sia cristiani che musulmani, e offre loro un ambiente sicuro:

"Noi proviamo a offrire a questi bambini un’atmosfera di pace. A tutti i bambini piace giocare, saltare, cantare, no? Offriamo questo clima anche a tanti bambini che hanno subito danni dalla guerra; c’è chi non parla, chi porta la violenza dentro di sé. Noi affianchiamo questi bambini a quelli che non hanno situazioni così difficili. Usiamo una terapia musicale per due volte alla settimana: utilizziamo strumenti musicali, cantiamo. Prima della guerra c’erano più cristiani, è normale, perché i cristiani cercano le scuole dove ci sono le suore. La maggior parte dei cristiani, purtroppo, ha lasciato la Siria. Ora su duecento bambini solo 24 sono cristiani, il resto sono tutti musulmani. I genitori dei nostri bambini hanno molta fiducia in noi, perché prima di tutto offriamo questo clima di pace, di famiglia, dove il bambino giocando, saltando, sogna. Inoltre sono sicuri che qui non c’è questa aria di fanatismo, no. Li accettiamo come sono, non guardiamo né diciamo 'cristiano', 'musulmano'. La nostra casa è sempre aperta a tutti".

Con l’Ufficio Onu per i rifugiati, suor Carolin porta avanti anche un progetto per le donne siriane, molte delle quali sono sfollate da altre zone del Paese. Si tratta di un corso di sartoria, al termine del quale le diplomate ricevono una macchina da cucire così da poter iniziare a lavorare in autonomia:

"Prima lavoravamo con le donne irachene rifugiate. Iniziata la guerra, le donne irachene hanno lasciato la Siria e abbiamo cominciato con le donne siriane. Alla fine del corso diamo un certificato con il quale possono lavorare. Una donna, una volta, ha iniziato a piangere ed io le ho detto: 'Perché stai piangendo?', e lei: 'È la prima volta che ricevo un diploma nella mia vita'. Noi offriamo loro anche la forza di stare in piedi, di essere indipendenti, di trovare un lavoro, di non restare nello stesso punto che ora è la guerra, ora è la morte … Noi le spingiamo avanti verso il futuro dicendo loro: 'Il futuro verrà, la pace verrà'. Diamo una spinta di vita".

Nel laboratorio si confezionano anche tessuti, che poi vengono venduti e con i proventi le suore aiutano le famiglie in difficoltà. Ma suor Carolin non è sola, sono 20 le consorelle missionarie che operano e Damasco in due comunità, quella che si occupa della scuola e quella che si occupa dell’ospedale:

"Le medicine non si trovano, i migliori dottori sono partiti. Quando c’è un guasto ad un apparecchio non troviamo tecnici che vengano ad aggiustarlo. Tutto queste sono conseguenze della guerra. Però le suore dell’ospedale sono meravigliose perché sono sempre pronte a soccorrere tutte le persone che vengono a curare le ferite; sono sempre pronte a  soccorrere qualcuno".

Guardando al futuro e sperando che la pace torni presto in Siria, suor Carolin sa che molto si dovrà fare per la popolazione:

"C’è un altro lavoro che ci aspetta: costruire l’uomo da dentro, perché il mondo è già pieno di paura, di violenza, di alcune persone piene di odio. Dopo la guerra inizieremo un lavoro per insegnare loro il perdono, il dialogo, tante cose da costruire dentro, cominciando dal perdono".

Nonostante le difficoltà create da sei anni di guerra, suor Carolin sottolinea anche la grande solidarietà che c’è tra la gente:

"C’è veramente tanta solidarietà. Quando succede qualcosa vicino a noi tante persone, anche musulmani, bussano alla nostra porta chiedendoci: 'Ma suora, state bene? Avete bisogno di qualcosa? Avete paura? Noi possiamo stare con voi'. Così c’è la solidarietà. Prima della guerra e durante la guerra: c’è, esiste, perché la Siria è bella, è piena di convivenza. Questa è la caratteristica della Siria: la convivenza".

La cerimonia di consegna del premio “Donne coraggiose 2017” si è svolta a Washington lo scorso 29 marzo. Lì suor Carolin ha conosciuto le altre 12 donne premiate, che ha definito 12 ponti di umanità. Il suo riconoscimento, Suor Carolin lo vuole dedicare alle sorelle missionarie:

"Loro nonostante la guerra, nonostante le loro ambasciate abbiano detto: 'Lasciate la Siria e tornate', hanno scelto di stare in Siria, lavorare con tanta gioia, con tanta carità, offrendo la speranza alla gente".

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Messico. Card. Suárez: muri vergognosi, narcotraffico è cancro

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“Il narcotraffico è un cancro che deve essere debellato”. Così il cardinale Alberto Suárez Inda, arcivescovo emerito di Morelia, in Messico. Il porporato, in un’intervista in esclusiva alla Radio Vaticana, parla anche del muro con gli Stati Uniti dicendosi certo che nel tempo cadrà, perché - dice - i “muri sono tutti una vergogna”. Il cardinale venuto a Roma per il convegno, salutato anche dal Papa, per i 50 anni della Enciclica di Paolo VI "Populorum progressio”, ha ribadito il cammino della Chiesa in una “dimensione integrale”. L’intervista è di Massimiliano Menichetti

R. - Ci sono ostacoli nelle guerre, nel progresso delle scienze che mettono in pericolo la dignità delle persone, la sopravvivenza. Il mondo cerca, ha bisogno, di una speranza. Bisogna mostrare al mondo la Buona Novella del Vangelo che è veramente la risposta a tante inquietudini che sono dietro ai fallimenti. Cristo è la risposta e la Chiesa ha un tesoro che è proprio Cristo stesso.

D. - Che cosa dire oggi ai giovani sacerdoti?

R. – Che vale la pena essere sacerdoti, lottare ogni giorno contro la fatica, contro la tentazione di pensare che non si può raggiungere una meta. Penso che i giovani sacerdoti abbiano un vantaggio molto grande: la possibilità di capire i coetanei, i più  giovani. In questo modo il Vangelo oggi può attrarre di più, può essere più reale, più vivo, quando si vede l’autenticità di un sacerdote che lavora, prega e che soprattutto è vicino agli altri, ai giovani, e che fa le cose in modo fedele, direi eroico, perché l’ambiente non è così facile.

D. - Qual è il consiglio?

R. - Essere loro stessi, ma andare alla fonte dell’esperienza senza pensare che si può scoprire tutto da sé. Ogni giorno, anche io devo imparare. Tutti quanti: i giovani dai vecchi, i vecchi dai giovani; bisogna costruire ponti non creare un abisso tra le generazioni.

D. - Cardinale, vescovo, sacerdote: lei sta sempre vicino alla gente. Una delle più grandi piaghe del Messico è il narcotraffico. Perché non si riesce a sconfiggerlo?

R. -  Ci sono due grandi difficoltà. La prima è il consumo che purtroppo non si ferma. Soprattutto negli Stati Uniti c’è sempre mercato. Penso che sia più importante convincere i nostri che la felicità non è il denaro e che il narcotraffico distrugge; è veramente la morte per tutti, sia per quelli che sfruttano sia per le sue vittime. È un mostro, un cancro.

D. – Come si debella?

R. - Con l’educazione e l’evangelizzazione. Pregare il Signore e lavorare allo stesso tempo, ogni giorno in dialogo con le autorità, con gli educatori e soprattutto con le famiglie che devono avere anche altre opportunità, altri mezzi per andare avanti, perché i giovani non hanno un impiego, non hanno opportunità di studiare… e allora il narcotraffico diventa una grande tentazione.

D. - Il Messico vive un’altra prova: quella del muro con gli Stati Uniti. Tante persone vengono rimpatriate e rimane la difficoltà del lavoro nel Paese …

R. - In Messico ci sono risorse, aziende che devono impegnarsi di più per creare posti di lavoro. Anche il nostro governo, adesso, sta cercando di creare relazioni con altri Paesi perché non possiamo rimanere isolati. Penso che i muri siano vergognosi e non sarà una soluzione a lungo termine, perché l’uomo cercherà sempre di raggiungere la comunicazione, la comunione… Le cose cambieranno certamente. Penso che questo sia il problema di oggi; domani si potrà avere una soluzione differente, intanto dobbiamo lavorare con le nostre possibilità per realizzare il nostro sogno, ovvero che il Messico abbia non solo dignità ma anche lavoro per tutti.

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India: in aumento gli episodi di intolleranza contro i cristiani

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I cristiani in India temono nuovi episodi di intolleranza e di disturbo alle celebrazioni nel periodo delle liturgie pasquali. Come appreso da Fides, infatti, in sei Stati indiani, si sono registrati episodi di molestie e abusi compiuti da gruppi estremisti indù durante la celebrazione della Domenica delle Palme, il 9 aprile scorso.

Nel Madhya Pradesh, tre Pastori evangelici sono stati arrestati su istigazione di fondamentalisti indù, mentre guidavano una liturgia, con l’accusa di “conversioni forzate”. I pastori sono in carcere, in attesa di cauzione.

In Tamil Nadu, una riunione di preghiera domestica di 24 ore è stata interrotta dalla polizia sulla base della mancanza di un “permesso” che non è richiesto dalla legge. Il Pastore Gunasekharan, che guidava l'incontro di preghiera, è stato costretto a promettere che non terrà futuri incontri di preghiera.

Nello Stato di Chattisgar, i fedeli di tre chiese situate alla periferia della capitale Raipur sono stati minacciati e terrorizzati dai gruppi fondamentalisti indù. Circa 20 uomini in motocicletta sono entrati nei locali delle chiese durante la Messa del mattino, deridendo e intimidendo i fedeli.

In Uttar Pradesh, un fondamentalista indù ha aggredito fisicamente un Pastore e i membri del movimento giovani indù “Yuva Vahini” hanno fatto irruzione in una chiesa, fermando la preghiera, mentre interruzioni alle celebrazioni di culto sono segnalate anche negli stati di Rajasthan e Haryana, con accuse di presunte campagne di conversioni.

L’Ong "Christian Solidarity Worldwide" nota a Fides: “E' preoccupante sentire che i cristiani nella democrazia più popolosa del mondo si trovano ad affrontare aggressioni da parte di gruppi fondamentalisti indù e perfino delle forze dell'ordine: la libertà di coscienza e il diritto di professare liberamente la propria fede è garantito dalla Costituzione indiana. Esortiamo il governo indiano ad agire con fermezza contro i gruppi fondamentalisti e invitiamo le forze dell'ordine a proteggere, e non a colpire, le minoranze religiose”.

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Giornata dei bambini di strada: l'impegno dei Salesiani

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Per il settimo anno consecutivo si celebra oggi la Giornata Internazionale dei Bambini di Strada, con l’obiettivo di portare all’attenzione dell'opinione pubblica e dei singoli governi un fenomeno che resta spesso nascosto. Sono milioni in tutto il mondo i bambini che vivono sulla strada e il 2017 è un anno cruciale perché anche le Nazioni Unite si stanno mobilitando per spingere gli Stati a fare di più nel riconoscimento dei diritti e nella protezione di questi ragazzi. Un’attività che al momento viene svolta soprattutto da Ong e organizzazioni caritatevoli, come ci spiega Alessia Andena – del Dipartimento progetti delle Missioni don Bosco, intervistata da Stefano Leszczynski

R.  – I bambini di strada sono bambini che vivono in condizioni veramente difficilissime perché oltre a tutti i pericoli che si possono incontrare nella strada, vivono una deprivazione emotiva della mancanza di un adulto che si prenda cura di loro e quindi questo nella crescita di un essere umano significa veramente perdere quello che è la base della vita, che è l’amore. Ricordare in questa giornata invece i diritti che hanno i bambini ci porta a riflettere, a ricordarci quanto invece è importante che si faccia qualcosa per loro per non perdere le nostre generazioni future perché non prendersi cura dei bambini significa avere adulti che non hanno gli strumenti per poter vivere in modo felice.

D. – Missioni Don Bosco si prende cura dei bambini di strada in diverse parti del mondo con molti progetti…

R. – Certo. I salesiani hanno come specificità quella di occuparsi dei giovani. Come diceva Don Bosco, che i giovani non solo siano amati ma che essi stessi conoscano di essere amati. Questa frase è proprio il cuore di ciò che muove i missionari a occuparsi dei giovani e soprattutto a far sentire loro profondamente di essere amati. Noi lavoriamo in tantissimi Paesi del mondo e in particolare i ragazzi e i bambini di strada li troviamo principalmente in Sudamerica, in Brasile, in Bolivia, in Ecuador, in Perù, in Africa tantissimo e anche in Myanmar, in Cambogia, in Thailandia, in Laos… però nello specifico oggi volevo raccontarvi un po’ che cosa facciamo a Lubumbashi, che è la terza città più importante della Repubblica del Congo. A Lubumbashi, secondo un conteggio che è stato fatto a luglio 2016, i bambini minori di strada sono 1200, più 2500 che sono potenziali bambini di strada. Significa che una famiglia molto lacerata ce l’hanno, ma che rischiano di diventare bambini di strada nel senso che loro già vivono nella strada durante il giorno per cercare un piccolo lavoro per sostenere la famiglia. Come primo aggancio di questi minori c’è, durante la notte, questa equipe formata da padre Eric e fra Simeon che girando per le strade cercando un primo contatto con i ragazzi, in modo tale da instaurare una relazione di fiducia. La fiducia è l’elemento chiave per poter iniziare un percorso perché i bambini che vivono queste situazioni sono bambini che hanno perso totalmente la fiducia nell’adulto, un adulto che invece di aver dato loro cure e amore è un adulto che profondamente li ha traditi. Quindi non ci può essere un percorso se non viene riguadagnata la fiducia.

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La preghiera secondo Francesco: un libro di padre Vito Magno

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Un insieme di conversazioni radiofoniche trasmesse da Radio Vaticana diventano libro: “L’arma migliore, la preghiera secondo Papa Francesco”, del padre rogazionista Vito Magno, edito dalla Lev (Libreria Editrice Vaticana). Una sorta di instant book che racchiude sette interviste sulla preghiera ad esperti che partono da  stralci di omelie e di discorsi di Francesco, con la prefazione affidata al cardinale filippino Luis Antonio Tagle. Che tipo di arma è per il Papa la preghiera? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto all’autore, padre Vito Magno

R. – Uno strumento di opposizione alle forze del male. Non è la prima metafora che il Papa usa. Però questa, considerando anche i tempi di violenza che stiamo vivendo, ha una efficacia di attualità. La preghiera è veramente una grande forza e su questo punta Francesco. In fondo, la preghiera è un dialogo con Dio, come dice in questo libro la madre Canopi, che è una badessa, che ha scritto tanti libri sulla preghiera: è un ascolto soprattutto di Dio, è un metterci accanto a Lui e chiedere la sua protezione.

D. – La preghiera nella società di oggi trova spazio e in quale forma?

R. – La preghiera c’è, eccome. Soltanto che viene spesso rilegata, soprattutto dai media, a un fatto interiore privato, viene un po’ emarginata, non se ne parla molto. Ma in realtà, a vedere le folle che si radunano presso i santuari, presso San Pietro, la preghiera c’è. Forse sta cambiando, da un insieme di formule com’era magari prima concepita, a forme diverse, fatta di gesti, di silenzi, di contemplazione. Anche Papa Francesco stesso ci sta dando un esempio. La copertina del libro è uno di questi esempi. E’ una foto di quando lui andò a visitare la Terra Santa, a Betlemme, fece fermare la macchina davanti al muro che divide la Palestina da Israele e lì, inchinato con la mano che toccava il muro, pregò in silenzio, come ha pregato in silenzio anche nei campi di sterminio in Polonia lo scorso anno. E’ una preghiera fatta di gesti quella soprattutto di oggi, di silenzi, di contemplazione della natura. Anche questo è preghiera e questa non è in crisi. Sono invece in crisi le preghiere intese come formule antiche, classiche, come dice nell’intervista Enzo Bianchi: anche l’ateo prega quando in silenzio contempla o medita il suo testo umanistico. Ci sono altre forme di espressione, ma la preghiera è connaturata all’uomo, è un linguaggio dell’uomo fin dalla sua nascita, dalla sua creazione.

D.  – Chiara Amirante, Enzo Bianchi, suor Anna Maria Canopi, Angelo Comastri, Giuseppe De Virgilio, Corrado Maggioni, Aldo Maria Valli sono i protagonisti di questo suo libro che con lei parlano della preghiera…

R.  – Questo libro è nato come un piccolo trattato sulla preghiera. Le domande sono un centinaio, a 7 esperti di preghiera, su 7 punti fondamentali di un trattato di preghiera: l’identità, la spiritualità, la solidarietà, il giornalismo, su Maria. Sulla base delle parole del Papa si costruisce l’intervista, quindi il pensiero di Papa Francesco è a fondamento dei nostri colloqui.

D.  – La settima e ultima conversazione è dedicata a ciò che il Papa chiede sempre ai fedeli a conclusione di ogni appuntamento: “Non dimenticatevi di pregare per me”…

R. – Certamente. Proprio il cardinale Tagle, arcivescovo di Manila, lo dice a conclusione della sua prefazione. Prima di tutto per un senso di comunione ecclesiale, quindi fa parte di una visione del Papa, della Chiesa che è fatta di battezzati e siamo tutti battezzati allo stesso livello e come battezzati abbiamo bisogno l’uno dell’altro, di essere aiutati. Chi più del Papa, per il fardello che porta, per le responsabilità che porta? Poi anche, diceva sempre Tagle nella prefazione, per una coscienza dei propri limiti, che abbiamo tutti noi. Forse un aspetto importante della preghiera di Papa Francesco è il suo legame con i poveri, l’aspetto sociale. L’aspetto sociale e quello contemplativo sono due facce per Papa Francesco della stessa medaglia. Il cardinale Tagle dice esattamente questo: “I poveri sempre ovunque sulle labbra e nel cuore di Papa Francesco, dal loro incontro trae spunto per tenersi in contatto con Dio e dalla loro umiltà attinge il coraggio di bussare al cuore degli uomini”.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 102

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.