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Sommario del 13/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: l'evangelizzazione sia gioiosa, non presuntuosa

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I sacerdoti portino al mondo la gioia del Vangelo, nella consapevolezza che l’evangelizzazione non può essere presuntuosa né rigida, perché la verità si è fatta carne, si è fatta tenerezza: è quanto ha detto Papa Francesco nella Basilica Vaticana dove ha presieduto la Messa Crismale, che precede i riti del Triduo Pasquale. Il servizio di Sergio Centofanti

I sacerdoti della Diocesi di Roma si stringono attorno al Papa per la Messa Crismale e rinnovano le loro promesse. Papa Francesco li invita a portare la gioia del Vangelo in tutto il mondo. Quindi, dà ad ogni sacerdote dei suggerimenti, a partire dall’omelia:

“Quando predica l’omelia – breve, se possibile – lo fa con la gioia che tocca il cuore della sua gente mediante la Parola con cui il Signore ha toccato lui nella sua preghiera. Come ogni discepolo missionario, il sacerdote rende gioioso l’annuncio con tutto il suo essere”.

Comunicare la gioia – afferma il Papa – è fare in modo che “la misericordia trabocchi nelle terre di nessuno”, è un sacerdote che si fa trovare disponibile così che gli altri “usino il suo tempo”. Il Vangelo – osserva – “nell’atto di essere annunciato diventa gioiosa e misericordiosa verità. Che nessuno - è il suo monito - cerchi di separare queste tre grazie del Vangelo: la sua Verità – non negoziabile –, la sua Misericordia – incondizionata con tutti i peccatori – e la sua Gioia – intima e inclusiva”:

“Mai la verità del lieto Annuncio potrà essere solo una verità astratta, di quelle che non si incarnano pienamente nella vita delle persone perché si sentono più comode nella lettera stampata dei libri. Mai la misericordia del lieto Annuncio potrà essere una falsa commiserazione, che lascia il peccatore nella sua miseria perché non gli dà la mano per alzarsi in piedi e non lo accompagna a fare un passo avanti nel suo impegno. Mai potrà essere triste o neutro l’Annuncio, perché è espressione di una gioia interamente personale: «la gioia di un Padre che non vuole che si perda nessuno dei suoi piccoli» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 237)”.

Quindi, Francesco presenta tre icone, tre otri nuovi, per spiegare dove conservare bene il lieto Annuncio, perché non diventi aceto. La prima icona è quella delle anfore di pietra delle nozze di Cana, che rispecchiano bene quell’Otre perfetto che è la Madonna:

“Ma cari, senza la Madonna non possiamo andare avanti nel nostro sacerdozio! Lei è «la piccola serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286), la Madonna della prontezza, colei che appena ha concepito nel suo seno immacolato il Verbo della vita, va a visitare e servire la cugina Elisabetta. La sua pienezza contagiosa ci permette di superare la tentazione della paura: quel non avere il coraggio di farsi riempire fino all’orlo, anche di più, eh?, quella pusillanimità di non andare a contagiare di gioia gli altri”.

La seconda icona è la brocca con cui la Samaritana ha dissetato Gesù. E’ la “concretezza inclusiva” dell’amore, ben rappresentata da Madre Teresa di Calcutta:

“E lei, cominciando da uno concreto, con il suo sorriso e il suo modo di toccare con le mani le ferite, ha portato il lieto Annuncio a tutti. Il modo di toccare con le mani le ferite: le carezze sacerdotali ai malati, ai disperati. Sacerdote, uomo della tenerezza, concretezza, tenerezza”.

La terza icona del lieto Annuncio è l’Otre immenso del Cuore trafitto del Signore. “Da Lui - afferma il Papa - dobbiamo imparare che annunciare una grande gioia a coloro che sono molto poveri non si può fare se non in modo rispettoso e umile fino all’umiliazione”:

“Non può essere presuntuosa l’evangelizzazione. Concreta, tenera e umile: così l’evangelizzazione sarà gioiosa. Non può essere presuntuosa l’evangelizzazione,  non può essere rigida l’integrità della verità, perché la verità si è fatta carne, si è fatta tenerezza, si è fatta bambino, si è fatta uomo, si è fatta peccato in croce”.

Durante la celebrazione sono stati benedetti gli Oli dei Catecumeni e degli Infermi e il Crisma che serviranno per l’amministrazione dei Sacramenti nel corso dell’anno.

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I sacerdoti di Roma: portare il nostro sorriso al mondo

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La gioia dell’evangelizzazione e l’annuncio umile della Buona Novella sono stati tra i temi affrontati da Papa Francesco durante l'omelia della Messa Crismale. Tanti i sacerdoti della Diocesi di Roma che hanno partecipato alla celebrazione. Ascoltiamo alcune loro testimonianze all’uscita della Basilica di San Pietro, raccolte da Michele Raviart

R. - Oggi il Santo Padre ha parlato a tutti i sacerdoti. Ha detto che dobbiamo essere servitori della gioia, essere un riflesso di Gesù nel mondo, di Gesù gioioso e non di un Gesù triste. Noi come sacerdoti dobbiamo portare al mondo un sorriso perché si possa credere nella Risurrezione di Gesù, perché Gesù è gioia, è allegria, ma bisogna anche camminare con la Croce.

D. - Come si fa ad essere concretamente gioiosi nel fare il sacerdote?

R. - Senza la gioia si cade nella routine. Bisogna far ardere il cuore. Quando sento gioia nel mio cuore, posso annunciare con gioia piena.

R. - Per me è importante questo: quando annunciamo dobbiamo sempre portare la gioia, la Buona Notizia, quella che la gente aspetta di ascoltare. Tutto quello che Lui ha fatto, ha lavato i piedi, ha sacrificato se stesso per gli altri, così anche noi dobbiamo fare gesti concreti. In questo modo la gente capisce che non sono soltanto parole.

D. – Come avete accolto le parole del Papa? Cosa vi è rimasto?

R. – Credo che sia molto importante che i sacerdoti siano umili, perché nel mondo di oggi ci sono tante persone che non lo sono. I sacerdoti devono essere umili come Gesù, questo è molto importante: è un buon esempio per il mondo.

R. – Mi ha colpito una parte in cui ha spiegato come si usa la  misericordia, cioè arrivando al peccatore non con una misericordia che sia una finta commiserazione e lasciando il peccatore lì dove si trova, ma accompagnandolo, aiutandolo a fare dei passi.

D. – Per un seminarista, che lezione danno oggi le parole del Papa sull’annuncio del Vangelo?

R. – Il Papa oggi ci ha parlato di questi tre punti cardinali. La Samaritana, l’esempio di Maria alle Nozze di Cana e poi Gesù crocifisso, il suo cuore trafitto, questa fonte …Penso che sia questa la cosa più importante.

R. – Lui ci ha ricordato di fare brevi prediche, ma di predicare con un’attitudine in cui sia chiaro che noi stessi siamo stati toccati dal Signore nella nostra vita di preghiera. È veramente una sfida, ma ogni cosa che ha valore è una sfida. Dobbiamo affrontare la sfida non da soli, ma anche con l’aiuto della Madonna, come ci ha detto il Santo Padre questa mattina.

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Francesco a Paliano tra i detenuti per la Messa in Coena Domini

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Questo pomeriggio Papa Francesco si reca nel Carcere di Paliano, in Provincia di Frosinone. Qui presiederà la Messa in Coena Domini che segna l’inizio del Triduo Pasquale con il rito della lavanda dei piedi ad alcuni detenuti. Il servizio del nostro inviato a Paliano Davide Dionisi

L’atmosfera che si respira nella piccola cittadina di Paliano è quella delle grandi occasioni. Il Papa varcherà le mura dell’antica fortezza Colonna intorno alle 16.00. Ad accoglierlo la direttrice della Casa di reclusione, Nadia Cersosimo, l’Ispettore Capo Vincenzo Verani e il cappellano don Luigi Paoletti. Percorrerà la strada ufficiale e quindi salirà la rampa a chiocciola che lo condurrà fino alla piazza d’armi dove verrà accolto dal personale in servizio.

Dopo il saluto, il Santo Padre si recherà nella sala denominata “Unità d’Italia” realizzata nel 150.mo anniversario della nascita della Nazione. Lì troverà tutti gli ospiti, 58 in tutto, che, ricordiamo, sono tutti collaboratori di giustizia. Altri due detenuti, un uomo e una donna li incontrerà separatamente perché in regime di isolamento, così come vedrà separatamente gli otto ospiti affetti da tubercolosi.

E’ stata preparata una sacrestia ad hoc con arredi molto semplici e il Papa entrerà nella cappella da quella che è stata la Porta Santa del Giubileo della Misericordia. Gli ospiti non sono nuovi a momenti forti come questi. In passato qui sono venuti i ragazzi del Centro San Lorenzo con la Croce della Gmg e sempre qui ha fatto tappa la Madonna pellegrina e il Giubileo della Misericordia è stato vissuto con grande intensità.

Tra i 12 a cui il Papa laverà i piedi ci saranno tre donne, due ergastolani, un musulmano e un ospite di nazionalità argentina. Gli altri sono tutti italiani. Anche la liturgia verrà animata dai detenuti e 4 di loro serviranno la Messa. Tanti i doni preparati per l’occasione, perlopiù prodotti dell’orto biologico, dolci tipici e croci in legno d’ulivo. Le donne hanno confezionato una mantella in lana.

Tutto è pronto per quello che da queste parti è considerato il grande evento. L’amministrazione e gli ospiti hanno curato tutti i dettagli e il loro desiderio più grande è quello di abbracciare Papa Francesco e di testimoniare tutta la loro riconoscenza per aver scelto proprio loro: pentiti, pronti ad accogliere la parola di speranza del padre che perdona sempre.

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Il Papa il primo ottobre sarà a Cesena e Bologna

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Papa Francesco si recherà in visita pastorale a Cesena e Bologna il prossimo primo ottobre. Il Pontefice ha accolto l’invito dei due vescovi, Douglas Regattieri e Matteo Zuppi, ad essere presente a Cesena, nella ricorrenza dei trecento anni della nascita di Papa Pio VI, e a Bologna in occasione del Congresso eucaristico diocesano. Grande la gioia delle due Diocesi. Ascoltiamo il vescovo di Bologna Matteo Zuppi al microfono di Luca Tentori

R. - È una coincidenza voluta da Papa Francesco, la possibilità di poter annunciare ieri sera a Cesena e oggi da noi la sua visita pastorale. È una gioia grande che rende questo Congresso eucaristico un momento ancora più intimo e grande allo stesso tempo. Per cui davvero ringraziamo Papa Francesco per questo segno che ci rafforza nella comunione, che ci invita a viverla tutti con ancora più gioia e con maggiore responsabilità.

D. - Un programma breve ma intensissimo …

R. - Un programma breve e molto intenso: comincerà in Via Mattei dove incontrerà i tanti profughi, “la Lampedusa” che arriva qui; poi ci sarà la recita dell’Angelus, il pranzo con i poveri a San Petronio, un momento di accoglienza e di condivisone, l’incontro con i preti e religiosi in Cattedrale, l’incontro con gli universitari nella Basilica di San Domenico, il santo che è venuto a Bologna proprio per la presenza dell’università, e poi la Messa. Dobbiamo ancora verificare con esattezza il luogo più idoneo dove sarà ci anche la Madonna di San Luca: purtroppo non farà in tempo a visitarla. Per questo il Santo Padre  ha chiesto di portarla per la venerazione di tutti.

D. - C’è una gioia particolare nell’arcivescovo nel dare questa notizia?

R. - La gioia di poter condividere con Papa Francesco una realtà così profonda che durante questo anno del Congresso si è interrogata tanto su questa frase: ”Date voi stessi loro da mangiare”. Ci aiuterà senz’altro a vivere questo con gioia, cioè a dare questo Pane e questa Parola che sarà distribuito nella Messa. Vogliamo che durante la domenica, la Parola di Dio sia distribuita per tutti, perché insieme al Corpo è il Pane di amore rivolto a tutti.

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Nomine

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Per le nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Tweet: uscire dai recinti e spargere la tenerezza di Dio

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Tweet del Papa per il Giovedì Santo: "Ci fa bene uscire dai nostri recinti, perché è proprio del Cuore di Dio traboccare di misericordia, straripare, spargendo la sua tenerezza".

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Francesco: fermare signori della guerra e trafficanti d'armi

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Siano fermati i signori della guerra, sono gli unici a guadagnare da una violenza che distrugge il mondo. E' il nuovo appello di Papa Francesco, contenuto nell'intervista che ha rilasciato al quotidiano 'La Repubblica', pubblicata alla vigilia della visita nel carcere di Paliano per la Messa in Coena Domini. Francesca Sabatinelli

Fermare i signori della guerra
“Il mondo deve fermare i signori della guerra. Perché a farne le spese sono sempre gli ultimi, gli inermi”. Ed è accanto a questi, agli ultimi che la Chiesa deve stare, facendosi “prossima degli emarginati, degli scartati”. Nel Giovedì Santo che segna l’inizio del Triduo Pasquale, Papa Francesco unisce un forte richiamo ad una incalzante preoccupazione. Bisogna guardarsi dentro – dice – perché chi non è colpevole scagli la prima pietra e quindi “cerchiamo di guardare le nostre colpe. Allora il cuore diventerà più umano”. Francesco chiede più pace per un mondo “sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne”. Le manifestazioni del peccato e della sua forza di distruzione sono da rintracciare “nelle guerre, nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più fragili”, e chi ne fa le spese - ripete il Papa - sono “sempre gli ultimi, gli inermi”. 

La guerra mondiale a pezzi
Francesco ritorna al suo recente messaggio per la Giornata mondiale della pace per ripetere che oggi il mondo è “alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi”. Ma la violenza di queste continue guerre altro non fa che “scatenare rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo a pochi  ‘signori della guerra’”. “La violenza non è la cura” per questo mondo frantumato, rispondere alla violenza con la violenza “conduce a migrazioni forzate e a immani sofferenze” togliendo risorse ai più bisognosi e portando addirittura “alla morte, fisica e spirituale, di molti , se non di tutti”.

Nel mondo si è tutti peccatori
Tornare anche in occasione del Giovedì Santo di quest’anno in carcere significa per Francesco rispondere al “mandato di Gesù”, perché è un dovere dei pastori, preti e vescovi, “essere al servizio”. Tutti possono sbagliare, è il messaggio di Francesco, che chiede di uscire dall’ipocrisia che vede nei carcerati “solo persone che hanno sbagliato” e che non permette di pensare che si possa cambiare vita. Nel mondo si è tutti “peccatori” e spesso anche “prigionieri”, senza rendersene conto, “della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza”, conclude il Papa, che avverte: “Puntare il dito contro qualcuno che ha sbagliato non può diventare un alibi per nascondere le proprie contraddizioni”.

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Un anno di Amoris laetitia. Mons. Fragnelli: uscire per includere

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L'8 aprile dello scorso anno veniva pubblicata l'Amoris laetitia, l'Esortazione apostolica scritta da Papa Francesco a conclusione del percorso sinodale dedicato alla pastorale familiare. Per una riflessione sulla ricezione di questo documento pastorale, a distanza di dodici mesi, ascoltiamo mons. Pietro Fragnelli, vescovo di Trapani e presidente della Commissione della Conferenza episcopale italiana per la famiglia. L'intervista è di Fabio Colagrande

R. – Il Papa, a conclusione del Sinodo, ci ha messo in mano un documento che ci invita a riscoprire tutta la ricchezza del messaggio cristiano sulla famiglia, una ricchezza che permane nonostante tutte le difficoltà e che mobilita o invita tutte le dimensioni pastorali della Chiesa italiana ad aprire la loro attenzione, a guardare con occhi nuovi questa realtà, a non fermarsi sugli aspetti negativi ma a cercare di proporre in modo positivo un’attenzione nuova, più organizzata, più meditata, più inclusiva.

D. – Appunto: accogliere, accompagnare, discernere, integrare, verbi-chiave del testo. Quale cambio di passo chiedono alla comunità ecclesiale?

R. – Sicuramente il cambio di passo per quanto riguarda anzitutto l’uscita, l’andare incontro a queste nuove situazioni. Il Papa vuole raggiungere tutti, il suo messaggio non privilegia alcun destinatario. Quindi c’è un invito a uscire. Ma per poter realmente “leggere” le nuove situazioni è necessario che la comunità cristiana si mobiliti in uno sforzo nuovo di formazione, di coinvolgimento dei laici con competenze specifiche, di rilancio della sensibilità e della spiritualità familiare, attinta alle sorgenti della Scrittura e della ricca tradizione ecclesiale. E’ un messaggio di speranza di cui dovremmo diventare sempre più capaci di essere portatori, perché gli uomini e le donne del nostro tempo attendono il rinnovato annuncio del mistero dell’amore cristiano che si celebra nella famiglia e si coniuga poi nelle diverse situazioni storiche e sociali di ogni famiglia.

D. – Ci sono secondo lei degli aspetti del testo rimasti oscurati dal dibattito sull’accesso alla Comunione dei divorziati risposati?

R. – Senza voler sottovalutare quello che l’opinione pubblica ha enfatizzato in questo periodo, credo che dobbiamo guardare ai tempi lunghi della ricezione. Un testo così denso come l’“Amoris laetitia” ha bisogno di essere accolto nella sua integralità, nella sua pienezza e quelle tematiche, relative soprattutto alla prassi sacramentale che sembrano avere attirato l’attenzione maggiore, sicuramente andranno contestualizzate in una visione globale. La prassi sacramentale è affrontata dalla “Amoris laetitia”, ma non nel senso di una banalizzazione, quanto, al contrario, di una esigente attenzione a tutto quello che oggi si fa per evitare schematismi che sembrano privilegiare alcuni ed escludere altri. Nell’approfondimento teologico e pastorale, sicuramente “Amoris laetitia” si rivelerà sempre di più come la mappa, la bussola di cui avevamo bisogno per andare incontro all’umanità di oggi.

D. – Infine, mons. Fragnelli, come vivere in famiglia questa Pasqua 2017, alla luce dello spirito dell’“Amoris laetitia”?

R. – L’“Amoris laetitia” è un invito proprio alla bellezza e alla freschezza del quotidiano, pur nelle difficoltà a volte di natura economica o relazionale. Il Papa ci esorta a una qualità delle relazioni che è sempre collegata anche alla ricchezza del perdono reciproco che nasce dalla certezza che il Signore scommette su ognuno di noi: ognuno di noi è prezioso, non esclude nessuno e anche chi ha sbagliato porta una ricchezza all’interno della vita della famiglia. E perciò Pasqua è sempre un mistero di riconciliazione, di misericordia, di un volto che si rialza e che torna all’abbraccio con i fratelli e le sorelle, con i componenti della realtà familiare; non solo: ma fa sì che ogni famiglia diventi anche ministero di riconciliazione, servizio alla riconciliazione nel territorio. E questa è sicuramente luce di Pasqua che si diffonde anche attraverso la famiglia, la famiglia in Italia e nel mondo.

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Oggi in Primo Piano



Cresce tensione Usa-Russia. Damasco: una bugia il raid chimico

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I rapporti Usa-Russia sono ai minimi: il presidente americano Trump definisce così le gravi tensioni tra i due Paesi a seguito dell’attacco con gas su Idlib, attribuito a Damasco. Il regime siriano nega con forza: il raid chimico è stato inventato - sostiene - come pretesto per attaccarci, l'esercito di Damasco non possiede più armi chimiche. Mosca si oppone alla bozza di risoluzione Onu sulla Siria, mentre spuntano intercettazioni sui preparativi del raid. Intanto, il Pentagono fa sapere che la coalizione a guida americana ha bombardato per errore l'11 aprile scorso una postazione delle Forze democratiche siriane a Tabqa, uccidendo almeno 18 ribelli al governo Assad. Da parte sua Damasco accusa le forze della coalizione internazionale di avere provocato "centinaia di morti" , ieri pomeriggio, in un raid contro un deposito dell'Is pieno di sostanze tossiche, nel  villaggio di Hatla. Francesca Sabatinelli

E’ necessaria un’inchiesta dell’Onu sull’attacco chimico in Siria. Il ministro degli Esteri russo Lavrov, che ieri ha incontrato l’omologo statunitense Tillerson, mantiene toni pacati, ma il clima tra Usa e Russia resta infuocato, con i rapporti ai minimi, come detto dal presidente americano Trump. Bashar al Assad non può assolutamente governare la Siria e va rimosso, avverte Tillerson, sulla scia anche delle dichiarazioni della Cnn che rivela l’esistenza di intercettazioni statunitensi di conversazioni militari siriane circa la preparazione dell’attacco su Idlib. Ma sul futuro di Assad i russi non recedono, rimuoverlo significherebbe favorire i terroristi del sedicente Stato islamico. Assad è un macellaio, dice senza mezzi termini il presidente americano Trump che rilancia le accuse contro il leader siriano e ipotizza che la Russia potesse sapere dell’attacco. Lavoreremo con la Nato per risolvere “il disastro in corso in Siria”, aggiunge Trump mentre alle Nazioni Unite arriva l’ottavo veto della Russia alla risoluzione di Usa, Francia e Gran Bretagna in cui si richiede l’ingresso degli ispettori di Onu e Opac in Siria e si sollecita Damasco a cooperare con le due organizzazioni fornendo dati sui voli aerei del giorno dell’attacco. Accettare questa bozza, spiegano i russi, significherebbe legittimare il raid americano in Siria.

Per un’analisi della situazione siriana in relazione alle tensioni tra Stati Uniti e Russia, Massimiliano Menichetti ha intervistato Gabriele Iacovino, coordinatore degli analisti del Centro Studi internazionali: 

R. – Sono dei messaggi da parte del presidente americano: alla Siria, alla Russia, alla comunità internazionale in generale; messaggi di un presidente che si era presentato alla Casa Bianca come molto vicino alle posizioni di Putin: forse proprio questa vicinanza ha innescato una reazione opposta da un punto di vista dialettico, quindi di mandare dei messaggi forti alla Russia. Nonostante comunque i canali di comunicazione rimangano abbastanza strutturati, gli incontri con il ministro degli Esteri Lavrov a Mosca, degli ultimi giorni, sono comunque sono stati tesi ma il dialogo è andato avanti.

D. – Gli Stati Uniti insistono sulla rimozione del presidente Assad dalla Siria; Mosca è di tutt’altro avviso: si continua a non uscire dallo stallo …

R. – Perché per adesso non ci sono alternative ad Assad che possano “garantire” gli interessi russi in Siria; Trump cerca una rottura rispetto al passato e questo cambio di rotta passa attraverso un riequilibrio nei confronti di Mosca.

D. – Mosca per l’ottava volta si è espressa con un veto nei confronti dell’ingresso degli ispettori dell’Onu e dell’Opec in Siria …

R. – Mosca non può permettersi un ulteriore indebolimento di Assad, in questo momento. Fino a quando non si innescherà un processo diplomatico e politico che possa prevedere un’alternativa ad Assad più vicina, la Russia non permetterà un ulteriore indebolimento sia militare sia diplomatico di Assad. Il veto, in Consiglio di Sicurezza, va appunto in questa direzione.

D. – Questa situazione favorisce o è ininfluente nei confronti della lotta allo Stato islamico?

R. – Le tensioni distolgono l’attenzione dallo Stato islamico: questo è indubbio; nonostante sul campo vadano avanti le operazioni sia nel settore iracheno sia nel settore siriano. Certo è che la mancanza di una coesione e di un progetto diplomatico forte per la ricostruzione istituzionali siriana, indubbiamente lascia ulteriori varchi allo Stato islamico. Un altro fattore è indubbio: che un ulteriore indebolimento militare di Assad potrebbe creare un vuoto che in questo momento potrebbe essere colmato dalle realtà più forti sul terreno, che sono quelle jihadiste, sia di Jabhat al-Nusra sia dello Stato islamico.

D. – Gli Stati Uniti sono impegnati anche sul fronte nord-coreano: i satelliti dicono che sono frenetiche le attività nei siti nucleari, i toni fra Washington e Pyongyang sono diventati caldi. “Agiremo da soli”, dice Trump; Kim Jong-un ribadisce: “Siamo pronti a rispondere” …

R. – E’ una schermaglia, indubbiamente nota, ma stiamo arrivando alla cosiddetta linea rossa che non si può varcare, cioè quella di una bomba atomica nord-coreana – già presente, di fatto – che le istituzioni di Pyongyang già hanno, da montare su un missile e che quindi può essere utilizzata per un attacco a distanza. Questa è una linea rossa che la comunità internazionale, e soprattutto gli Stati Uniti, non vogliono superare, a prescindere dalla volontà della Cina. Di fatto siamo di fronte a una possibile svolta in questo scenario, anche se le opzioni – dalla caduta del regime di Pyongyang fino all’invasione terrestre – sono ancora troppo vaste per avere una prospettiva credibile.

D. – Quindi il rischio che partano dei missili, c’è?

R. – C’è questa possibilità. Non siamo ancora in questa fase, anche perché la presenza di una sola portaerei non può prevedere un attacco. Però, diciamo che è l’ultimo tentativo di dialogo rispetto a Pyongyang. Dopo questo tentativo, si prenderanno altre strade.

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Venezuela: vittime nelle proteste anti-governative

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In Venezuela continuano violente manifestazioni di piazza a Caracas e in altre città. Sostenitori dell’opposizione al presidente Maduro e gruppi che appoggiano il capo dello Stato hanno dato vita a scontri che hanno causato la morte, per colpi d’arma da fuoco, di tre giovani dimostranti. Sullo sfondo delle tensioni politiche c'è la perdurante crisi economica, con la mancanza sempre più grave di farmaci e generi di prima necessità. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Assunta Maria Di Pino, responsabile per il Venezuela dell’ALI, “Associazione latino-americana Italia”: 

R. – In questo momento, la crisi umanitaria è ancor più degenerata per situazioni politiche, in quanto il Tribunale supremo di giustizia ha soppresso sia l’immunità parlamentare sia l’Assemblea nazionale. Questo per il popolo venezuelano è stata una vera tragedia, perché l’Assemblea Nazionale era l’unico potere che in questo momento garantiva la democrazia nel Paese. L’Assemblea Nazionale è stata eletta del popolo venezuelano in modo democratico con larga maggioranza. Purtroppo, la situazione ha condotto la popolazione a uscire per le strade, manifestando pacificamente, ma la repressione da parte delle forze armate e anche dei corpi paramilitari in questo momento è molto forte, in Venezuela.

D. – C’è una possibilità di dialogo?

R. – In questo momento non si vedono possibilità di dialogo. L’unica cosa che fortunatamente è successa è che questa soppressione di diritti è rientrata, grazie alla procuratrice generale, che ha invalidato questa disposizione.

D. – Da fuori ci si chiede come mai un Paese tra i più ricchi di petrolio al mondo, stia attraversando un periodo di così grave crisi …

R. – Il petrolio è una risorsa purtroppo mal sfruttata. Il nostro Paese è stato sempre un Paese che ha esportato il petrolio e, a sua volta, con le risorse economiche di tale esportazione, ha acquisito moneta estera per acquistare prodotti di prima necessità. Tutti i prodotti, tutte le materie prime in Venezuela sono importati. Ciò sta a significare che, dal momento in cui il prezzo del nostro petrolio scende, non abbiamo più le stesse capacità economiche di acquisto delle merci necessarie, per poter far fronte anche ai beni di prima necessità. Inoltre nel Paese ci sono una grandissima corruzione e il narcotraffico. Cioè, il popolo sta morendo di fame: siamo in uno stato di grave emergenza umanitaria. Per tale motivo, io faccio un appello a tutte le persone che possono sentirci, di aiutarci, di contattarci attraverso la nostra e-mail alipervenezuela@gmail.com e poter raccogliere persone che vogliono aiutarci in questa campagna.

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Venezuela e Colombia, unite da Messa crismale celebrata al confine

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“Uniamo ancora una volta le nostre voci per chiedere ai presidenti e alle autorità del Venezuela e della Colombia di non lasciarsi influenzare da interessi particolari, ma di guardare alla vera realtà della nostra gente, così da aprire in maniera permanente la frontiera e mostrare al mondo la nostra capacità di vivere in fraternità e integrazione, sia politicamente e culturalmente, sia in ambito religioso”. Lo ha detto il vescovo di San Cristóbal de Venezuela, Mario del Valle Moronta Rodríguez, presiedendo la Messa Crismale a Ureña, “in questa parte molto speciale della nostra diocesi: il confine con la sorella Colombia”.

La Chiesa non ha confini
Alla celebrazione era presente il vescovo di Cúcuta (diocesi colombiana confinante), Víctor Manuel Ochoa Cadavid, insieme a una delegazione di sacerdoti. “La nostra gratitudine va al vescovo di Cúcuta e ai suoi sacerdoti, che hanno dimostrato con i loro gesti di carità e di comunione che la Chiesa non ha confini”, ha detto Moronta Rodríguez. Com’è noto, il confine tra Venezuela e Colombia è stato più volte chiuso e riaperto dal governo di Caracas nel tentativo di combattere il contrabbando transfrontaliero delle organizzazioni criminali. Una misura che ha però creato enormi disagi ai cittadini, in particolare a coloro che abitano sul confine.

Servizio di assistenza per i bisognosi
Dal canto suo mons. Ochoa Cadavid, aderendo all’appello per un’apertura definitiva, ha garantito l’impegno della sua Chiesa a continuare l’assistenza dei bisognosi della diocesi di San Cristóbal de Venezuela. Ha inoltre annunciato che nel 2018 la Messa Crismale si terrà nella parrocchia di San Michele Arcangelo a Barrancas, in territorio colombiano.

Difendere i diritti, ma senza violenza
Sulla situazione generale in Venezuela è intervenuto domenica scorsa, durante la celebrazione della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, il cardinale arcivescovo di Caracas, Jorge Liberato Urosa Savino: “Dobbiamo controllarci e agire con calma, in modo razionale, cercando la comprensione con gli altri. L’abbiamo detto negli ultimi messaggi della Conferenza episcopale: dobbiamo difendere i nostri diritti e i diritti degli altri, ma dobbiamo farlo senza violenza, seguendo la Costituzione e le leggi”.

Non perdere la speranza
Il porporato — riferisce L’Osservatore Romano — ha chiamato i fedeli a non perdere la speranza dinanzi alla terribile situazione che vive il Paese. Urosa Savino ha invitato a partecipare alle celebrazioni della Settimana santa in tutte le chiese e a pregare per la situazione del Paese, dove la tensione resta alta. Per due giorni ci sono state manifestazioni in diverse località, alcune molte violente. L’opposizione ha esortato molti municipi ad appoggiare il procedimento alla Camera per rimuovere i sette magistrati della Corte suprema accusati di aver realizzato un colpo di mano anticostituzionale. (Fonte L'Osservatore Romano)

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Vescovi Bolivia: tutelare libertà religiosa e obiezione coscienza

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Il diritto alla vita non può essere riconosciuto selezionando in base all’età, al sesso, alla razza, alla nazionalità, o a qualsiasi altro motivo. Lo scrivono i vescovi boliviani, criticando la decisione presa dalla Commissione Mista dell’Assemblea Legislativa Plurinazionale di non convocare i rappresentanti della Chiesa nel dibattito sull’articolo 157 del Progetto di Legge del Codice Penale.

No alla discriminazione religiosa
Nel controverso testo, in particolare, si vorrebbe legittimare l’aborto anche nelle prime otto settimane di vita e rendere l’indigenza o la povertà cause valide per ricorrere all’interruzione di gravidanza o all’eutanasia. Non coinvolgere su temi tanto delicati tutta la popolazione, in ragione delle proprie convinzioni religiose, è secondo i presuli un atto discriminatorio nei confronti della maggior parte del popolo boliviano.

Fondamentale contributo della Chiesa Cattolica al dibattito pubblico
In un comunicato della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale  Boliviana si ricorda come l’articolo 4 della Costituzione dello Stato tuteli la libertà religiosa, sancisca l’indipendenza tra Chiesa e Stato, ma come in nessun modo avalli uno Stato laicista. “La Chiesa cattolica – si legge nel documento – in tutto il mondo contribuisce al dibattito pubblico sui temi più importanti della vita e della convivenza umana con solidi argomenti fondati sulla ragione, considerazioni etiche, criteri giuridici, dati scientifici".

Libertà di coscienza dei medici sia tutelata
“Inoltre - rimarcano i vescovi del Paese latinoamericano  - non sono solo i gruppi religiosi ad essere contrari all’aborto, ma anche la maggior parte dei cittadini, importanti leaders sociali e politici, oltre ai tanti medici e scienziati che si rifiutano di partecipare ad un atto contrario ad una coscienza morale retta”. “Per questo motivo la Chiesa Cattolica insieme ad altre Chiese ed istituzioni,  - prosegue il comunicato -  ha difeso in molteplici occasioni la necessità di riconoscere e rispettare il diritto alla libertà di coscienza per tutti gli operatori sanitari”

Riforma del Codice Penale è incostituzionale
I vescovi boliviani definiscono la proposta di riforma del Codice Penale incostituzionale nei passaggi riguardanti il delitto di aborto, l’infanticidio e la morte assistita. “Un vero Stato di Diritto – concludono – deve rispettare la propria Costituzione e proteggere tutta la popolazione, specialmente i più poveri e vulnerabili, come i bambini non ancora nati, le donne, i malati e gli anziani”. (A cura di Paolo Ondarza)      

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Settimana Santa. Studenti dell'Università Europea di Roma in missione

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Da mercoledì Santo alla domenica di Pasqua, un gruppo di studenti dell’Università Europea di Roma parteciperà alle Missioni di Evangelizzazione che il Movimento Regnum Christi promuove in occasione della Settimana Santa, attraverso l’apostolato “Gioventù e Famiglia Missionaria”. L’Università Europea di Roma ha tra i suoi obiettivi principali la formazione della persona. Una formazione che consenta non solo l’acquisizione di competenze professionali ma che orienti lo studente ad una crescita personale e sviluppi uno spirito di servizio per gli altri. 

70 giovani studenti al servizio delle parrocchie
Circa 70 giovani provenienti da Roma, Milano e Firenze andranno nella diocesi di Fiesole a Rignano sull’Arno. Saranno accompagnati da Padre Nicola Tovagliari LC, Cappellano dell’Università Europea di Roma, da altri sacerdoti Legionari di Cristo e dalle consacrate del Regnum Christi. Gli studenti dell’Università Europea di Roma, insieme agli altri giovani, si metteranno al servizio delle parrocchie, aiutando i sacerdoti nelle celebrazioni del Triduo Sacro, animando le funzioni liturgiche, organizzando giochi per i bambini, catechesi per i giovani e per le famiglie. 

Testimoni di Cristo in tutto il mondo
Gli studenti visiteranno le famiglie, gli anziani e gli ammalati del paese. “Diffondere l’amore del Signore per essere la buona novella di Dio” sarà questa frase di Santa Teresa di Calcutta ad ispirare i giovani che, in diverse parti d’Italia, cercheranno di ravvivare nella gente e in loro stessi il significato della Settimana Santa, condividendo la gioia della fede e l’amore per il prossimo. Le Missioni saranno un’occasione concreta per mettersi alla prova come testimoni di Cristo, per dedicarsi al prossimo, per “dare la faccia” per Dio ma, soprattutto, per vivere la Pasqua nella sua pienezza, stando accanto a Gesù. Le Missioni di Settimana Santa del Regnum Christi sono un apostolato di Gioventù e Famiglia Missionaria che coinvolge in Italia circa 250 persone. Si svolgono nelle diocesi di Padova, Grosseto, Firenze e Palermo e in circa 20 Paesi nel mondo, per servire la Chiesa locale, i vescovi e i parroci.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 103

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