Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 24/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: lo Spirito rende liberi, no a compromessi e rigidità

◊  

Non dimenticarsi mai che la nostra fede è concreta e rifiuta compromessi e idealizzazioni. Così Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, alla quale hanno preso parte anche i cardinali consiglieri del C9 che da oggi al 26 aprile si riuniscono con il Santo Padre. Il Pontefice ha messo l’accento sulla libertà che ci dona lo Spirito Santo che fa sì che l’annuncio del Vangelo avvenga senza compromessi e rigidità. Il servizio di Alessandro Gisotti

L’incontro di Nicodemo con Gesù e la testimonianza di Pietro e Giovanni dopo la guarigione dello storpio sono state al centro dell’omelia di Papa Francesco a Casa Santa Marta, nella prima Messa mattutina nella Domus dopo la pausa per le Festività pasquali. Gesù, ha osservato, spiega a Nicodemo con amore e pazienza che bisogna “nascere dall’alto”, “nascere dallo Spirito” e dunque passare “da una mentalità a un’altra”. Per capire meglio questo, ha detto, ci si può soffermare proprio su quanto narra la Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli. Pietro e Giovanni hanno guarito lo storpio e i dottori della legge non sanno come fare, come “nascondere” questo, “perché la cosa è pubblica”. E nell’interrogatorio, “loro rispondono con semplicità” e quando gli intimano di non parlarne più, Pietro risponde: “No! Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato. E … continueremo così”.

Il Verbo si è fatto carne, la nostra è una fede concreta
Ecco, ha detto il Papa, “la concretezza di un fatto”, “la concretezza della fede” rispetto ai dottori della legge che “vogliono entrare nei negoziati per arrivare a compromessi”: Pietro e Giovanni “hanno coraggio, hanno la franchezza, la franchezza dello Spirito”, “che significa parlare apertamente, con coraggio, la verità, senza compromessi”. Questo è “il punto”, “la concretezza della fede”:

“Alle volte noi dimentichiamo che la nostra fede è concreta: il Verbo si è fatto carne, non si è fatto idea: si è fatto carne. E quando recitiamo il Credo, diciamo tutte cose concrete: ‘Credo in Dio Padre, che ha fatto il cielo e la terra, credo in Gesù Cristo che è nato, che è morto …’, sono tutte cose concrete. Il Credo nostro non dice: ‘Io credo che devo fare questo, che devo fare questo, che devo fare questo o che le cose sono per queste …’: no! Sono cose concrete. La concretezza della fede che porta alla franchezza, alla testimonianza fino al martirio, che è contro i compromessi o la idealizzazione della fede”.

A volte anche la Chiesa è caduta in una “teologia del si può e non si può”
Per questi dottori della legge, ha proseguito, il Verbo “non si è fatto carne: si è fatto legge: e si deve fare questo fino a qui e non di più”, “si deve fare questo” e non altro:

“E così erano ingabbiati in questa mentalità razionalistica, che non è finita con loro, eh? Perché nella storia della Chiesa tante volte, ma, la Chiesa stessa che ha condannato il razionalismo, l’Illuminismo, poi tante volte è caduta  in una teologia del ‘si può e non si può’, ‘fino a qui, fino a là’, e ha dimenticato la forza, la libertà dello Spirito, questo rinascere dallo Spirito che ti dà la libertà, la franchezza della predica, l’annuncio che Gesù Cristo è il Signore”.

Il Signore ci doni lo Spirito per annunciare il Vangelo senza rigidità
“Chiediamo al Signore – è stata l’invocazione del Papa – questa esperienza dello Spirito che va e viene e ci porta avanti, dello Spirito che ci dà l’unzione della fede, l’unzione della concretezza della fede”:

“‘Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va. Così è chiunque è nato dallo Spirito’: sente la voce, segue il vento, segue la voce dello Spirito senza conoscere dove finirà. Perché ha fatto un’opzione per la concretezza della fede e la rinascita nello Spirito. Il Signore ci dia a tutti noi questo Spirito pasquale, di andare sulle strade dello Spirito senza compromessi, senza rigidità, con la libertà di annunciare Gesù Cristo come Lui è venuto: in carne”.

inizio pagina

Il Papa il 20 giugno pregherà sulle tombe di don Mazzolari e don Milani

◊  

Martedì 20 giugno, Papa Francesco si recherà in pellegrinaggio a Bozzolo, in provincia di Mantova, e a Barbiana, in provincia di Firenze, per pregare sulle tombe di don Primo Mazzolari e di don Lorenzo Milani. La visita si svolgerà in forma privata e non ufficiale. Il Papa partirà alle 7.30 in elicottero dall’eliporto vaticano. Alle 9.00 l'arrivo nel campo sportivo di Bozzolo, accolto dal sindaco e dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni. Nella Parrocchia di San Pietro, il Papa prega sulla tomba di don Primo Mazzolari (1890-1959) e poi tiene un discorso commemorativo ai fedeli presenti in chiesa. 

Poi, sempre in elicottero, si trasferisce a Barbiana dove l'arrivo è previsto alle 11.15. Il Santo Padre è accolto dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, e dal sindaco di Vicchio. Visita in privato il Cimitero e prega sulla tomba di don Lorenzo Milani (1923-1967), in occasione del 50.mo anniversario della sua morte. Nella chiesa si svolge l'incontro con i discepoli di don Milani ancora viventi e fa una breve visita nella canonica nel giardino adiacente: qui tiene un discorso commemorativo, alla presenza dei discepoli, di un gruppo di sacerdoti della Diocesi e di alcuni ragazzi ospiti di case-famiglia. Alle 12.30 la partenza per il Vaticano dove il rientro è previsto per le 13.15.

inizio pagina

Francesco: don Milani, testimone di Cristo e innamorato della Chiesa

◊  

Don Lorenzo Milani è stato un testimone di Cristo, sempre dalla parte degli ultimi e innamorato della Chiesa, anche se per le sue posizioni difficili da comprendere al suo tempo ha avuto qualche attrito con le autorità ecclesiastiche: così il Papa ricorda in un videomessaggio il priore di Barbiana, insegnante e scrittore, cui la Fiera del Libro dell’editoria italiana a Milano ha dedicato ieri pomeriggio un evento a 50 anni dalla morte. Il servizio di Sergio Centofanti

Papa Francesco tratteggia la figura di don Lorenzo Milani, sacerdote toscano morto nel 1967 a soli 44 anni, priore a Barbiana, piccola frazione di montagna nel Mugello, dove avviò una scuola per i più poveri:

“Come educatore ed insegnante egli ha indubbiamente praticato percorsi originali, talvolta, forse, troppo avanzati e, quindi, difficili da comprendere e da accogliere nell’immediato. La sua educazione familiare, proveniva da genitori non credenti e anticlericali, lo aveva abituato ad una dialettica intellettuale e ad una schiettezza che talvolta potevano sembrare troppo ruvide, quando non segnate dalla ribellione”.

Don Milani si era convertito a 20 anni, ma mantenne sempre, anche da prete, le caratteristiche acquisite in famiglia, e questo gli causò - osserva il Papa - “qualche attrito e qualche scintilla, come pure qualche incomprensione con le strutture ecclesiastiche e civili, a causa della sua proposta educativa, della sua predilezione per i poveri e della difesa dell’obiezione di coscienza. La storia si ripete sempre”:

“Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come credente, innamorato della Chiesa anche se ferito, ed educatore appassionato con una visione della scuola che mi sembra risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei nostri ragazzi e dei giovani”.

Papa Francesco ricorda che don Milani sognava una scuola che aprisse “la mente e il cuore alla realtà”, una scuola in cui gli studenti imparassero ad imparare. Era un uomo inquieto:

“La sua inquietudine, però, non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata. La sua era un’inquietudine spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come ‘un ospedale da campo’ per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati”.

L’ombra della croce – sottolinea il Papa - si è allungata spesso sulla vita di don Milani, ma lui “si sentiva sempre partecipe del Mistero Pasquale di Cristo, e della Chiesa, tanto da manifestare, al suo padre spirituale, il desiderio che i suoi cari vedessero come muore un prete cristiano”:

“La sofferenza, le ferite subite, la Croce, non hanno mai offuscato in lui la luce pasquale del Cristo Risorto, perché la sua preoccupazione era una sola, che i suoi ragazzi crescessero con la mente aperta e con il cuore accogliente e pieno di compassione, pronti a chinarsi sui più deboli e a soccorrere i bisognosi, come insegna Gesù (cf Lc 10, 29-37), senza guardare al colore della loro pelle, alla lingua, alla cultura, all’appartenenza religiosa”.

 

inizio pagina

Papa in Egitto. Burke: non c'è preoccupazione, auto non blindata

◊  

Non c'è preoccupazione per la visita di Papa Francesco in Egitto: si muoverà su un'auto normale, non blindata. A fornire stamani alcuni dettagli sul 18.mo viaggio internazionale di Papa Francesco, il portavoce vaticano, Greg Burke, in un briefing con i giornalisti presso la Sala Stampa Vaticana. Il servizio di Debora Donnini

Manca ormai poco alla partenza di Papa Francesco per Il Cairo. Due giorni di visita, il 28 e 29 aprile, all’insegna delle tre dimensioni: pastorale, ecumenica ed interreligiosa. In un Paese di quasi 90 milioni di abitanti, in cui l’89 per cento sono musulmani sunniti, circa il 10 per cento copti ortodossi e solo lo 0,1 per cento, cattolici, di diversi riti, Papa Francesco arriva come uomo di pace. Nella medaglia del viaggio sono rappresentati la Sacra Famiglia ed elementi tipici dell’Egitto. Cinque i discorsi previsti, spiega il direttore della Sala Stampa vaticana, a cominciare da quello ai partecipanti alla Conferenza internazionale sulla Pace dove interverrà anche il Grande Imam di Al Azhar. Quindi l’incontro con le autorità e la visita al Papa copto ortodosso Tawadros II, al termine del quale insieme andranno nella vicina Chiesa di San Pietro e Paolo, colpita in dicembre da un attentato, per una preghiera ecumenica per i cristiani uccisi. Il giorno dopo, la Messa e l’incontro con il clero, i religiosi e i seminaristi. Per gli spostamenti Papa Francesco non userà l’auto blindata ma una normale autovettura, ha detto il direttore della Sala Stampa Vaticana, Greg Burke. Gli abbiamo chiesto se questo sia anche un segno di speranza:

R. – Il Papa vuole dare segni positivi. E’ sereno, non è ingenuo, conosce la situazione in Egitto, sa cosa è successo con i copti negli ultimi anni, specialmente durante la Domenica delle Palme ma vuole dare anche un segno positivo. Per quanto è possibile, a lui piace la normalità, per questo si sposta con una macchina normale, coperta, però ci saranno due momenti in cui si sposterà con la golf car: durante la Messa del Sabato per stare in mezzo alla gente, e durante l’incontro al Seminario, quando ci sarà un momento di preghiera con i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi. Anche lì farà un giro con la golf car.

D. - È molto importante l’incontro e il suo intervento alla Conferenza internazionale sulla pace …

R. – Parlare di pace come vere persone di religione che sono per la pace, come dice il Papa, questo è il vero messaggio.

D. - Potremmo dire che il desiderio di Francesco di costruire il dialogo in un certo senso si rispecchi in queste tre dimensioni del suo viaggio: quella pastorale per la piccola comunità dei cattolici presenti in Egitto, quella ecumenica, cioè il dialogo con i copti ortodossi che sono circa il dieci per cento della popolazione, e poi quella interreligiosa. E’ un viaggio che ha questo forte accento...

R. - Sì, non c’è dubbio. Il Papa dice sempre che bisogna costruire ponti. Questo è costruire ponti. Diciamo che quello con la piccola comunità cattolica è più che un ponte, perché sono fratelli, però quello interreligioso e quello ecumenico sono aspetti chiave.

D. - Questo lo testimonia anche la presenza del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo …

R. - Sì, infatti. Questa è una bella cosa e anche se non è previsto un incontro fra i due, perché questo non questo è il motivo del viaggio, il fatto che lui sia lì, è importante.

inizio pagina

Il nunzio al Cairo: entusiasmo in Egitto per la visita del Papa

◊  

Cresce l'attesa al Cairo per la visita di Papa Francesco il 28 e 29 aprile: sarà il suo 18.mo viaggio apostolico internazionale. Il Papa resterà in Egitto nelle giornate di venerdì e sabato con un programma ricco di incontri all'insegna del dialogo ecumenico ed interreligioso e di carattere pastorale. Si attende in particolare la Conferenza di pace organizzata dall'Università sunnita di Al Azhar. Sull'entusiasmo con cui gli egiziani si preparano ad accogliere il Santo Padre sentiamo il nunzio in Egitto, mons. Bruno Musarò, intervistato da Stefano Leszczynski

R. – C’è veramente un clima di fervida attesa per la visita di Papa Francesco qui, in Egitto. Fervida attesa non soltanto da parte della piccola comunità cattolica, ma anche da parte di tutti gli egiziani, sia ortodossi ma anche musulmani. C’è veramente questo clima: è bello vedere questo entusiasmo. Ce lo trasmette anche la Commissione della Chiesa locale per la preparazione di questo viaggio apostolico. Loro ci trasmettono tutto quello che ricevono: le testimonianze … è veramente bello.

D. – Secondo lei, cosa ha contribuito a una tale popolarità di Papa Francesco anche in Egitto?

R. – Ha contribuito senz’altro la stessa personalità di Papa Francesco, il suo modo di avvicinarsi alla gente, il suo modo di parlare sempre delle persone bisognose, di compiere dei gesti soprattutto per quelli che sono considerati gli scarti della società, come dice lo stesso Santo Padre … Per esempio, il gesto del Venerdì Santo, ogni anno la lavanda dei piedi o a carcerati o a persone disabili … questi sono gesti che veramente arrivano al cuore della gente, a qualunque religione possa appartenere.

D. – Si ha l’impressione che sia stata particolarmente apprezzata la decisione del Papa di volersi recare in Egitto a maggior ragione dopo gli episodi di tensione che ci sono stati …

R. – Esattamente. Ci sono stati questi orribili attentati proprio la Domenica delle Palme: alcuni incominciavano a chiedersi se il Papa sarebbe venuto ugualmente in Egitto. Al riguardo devo dire che la notizia che il Papa confermava la sua visita in Egitto ha rallegrato lo stesso governo: lo stesso governo ha visto questa decisione con gratitudine nei riguardi del Santo Padre.

D. – L’Egitto ha sofferto molto, anche da un punto di vista economico, questa situazione di tensione …

R. – Soprattutto per quanto riguarda il turismo: si lamenta proprio il calo nel turismo. Questi attentati colpiscono proprio quella che era l’entrata maggiore dal punto di vista economico-finanziario dell’Egitto.

D. – Quindi la Conferenza internazionale per la pace del Cairo rappresenta veramente una grande opportunità di rilancio dell’Egitto?

R. – Questa è la speranza. Anche questa Conferenza per la pace, organizzata da Al Azhar, il Centro dei musulmani sunniti, dà questa speranza: speriamo bene!

inizio pagina

Celebrate le esequie del cardinale Attilio Nicora

◊  

Si sono svolte nel pomeriggio, presso l'Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana, le esequie del cardinale Attilio Nicora, deceduto sabato sera, all’età di 80 anni, alla Clinica Pio XI di Roma, dove era ricoverato. I funerali sono stati presieduti dal cardinale decano del Collegio Cardinalizio, Angelo Sodano. Nell’omelia il porporato ha ricordato il lungo e generoso servizio del cardinale Nicora alla Santa Sede: la sua vita - ha detto – è stata consacrata al servizio della Chiesa.

Il Santo Padre ha presieduto il rito dell'ultima commendatio e della valedictio. Ieri il Papa aveva espresso in un telegramma il cordoglio per la scomparsa del porporato.

inizio pagina

Tweet: avere la Parola di Dio sempre nel cuore

◊  

Nuovo tweet del Papa: "Se avessimo la Parola di Dio sempre nel cuore, nessuna tentazione potrebbe allontanarci da Dio".

inizio pagina

Mons. Viganò in Cile: essere Chiesa missionaria anche nella Rete

◊  

Essere missionari nel mondo digitale per far incontrare il “popolo della Rete” con Gesù Cristo. E’ l’esortazione di mons. Dario Edoardo Viganò oggi all’apertura al IV Seminario dei Comunicatori della Chiesa in Cile. L’evento, promosso dalla Conferenza episcopale cilena e dalla Pontificia Università Cattolica del Cile, riunisce 450 comunicatori cattolici e non che, per due giorni nell’ateneo pontificio di Santiago del Cile, si confronteranno sul tema “Comunicare per costruire una cultura dell’incontro”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“Non possiamo pensare di rimanere solo spettatori di una rivoluzione che cambia la mente, il cuore, la vita delle persone, senza domandarci come entrare in contatto con il  popolo della Rete” al quale “siamo mandati per annunciare il Vangelo e testimoniare la fede nel Signore Risorto”. E’ quanto affermato da mons. Dario Edoardo Viganò all’Università Cattolica del Cile, aprendo con il suo intervento il IV Seminario della Comunicazione della Chiesa cilena. Il prefetto della Segreteria per la Comunicazione ha sottolineato che, a soli 25 anni dall’irrompere del World Wide Web, la Rete ha cambiato le nostre società “e non possiamo illuderci che non modifichi la Chiesa, il nostro modo di pensare e di vivere nella comunità cristiana”. Ha così rammentato che Papa Francesco ha messo in guardia dal “rischio reale che noi non riusciamo più a essere testimoni di Cristo nel mondo digitale”.

Essere missionari anche nella Rete, imparare i linguaggi dei media digitali
Se vogliamo essere “missionari” in questo mondo, ha quindi affermato mons. Viganò, “è necessario che ne conosciamo le culture e i linguaggi, compresi i linguaggi, i simboli, la grammatica dei media digitali, in rapida e costante evoluzione”. Il Papa, ha proseguito, “ci invita a riflettere seriamente sulla necessità di diventare pastori digitali”, “internet non basta, la tecnologia non è sufficiente” e tuttavia è “indispensabile” che la Chiesa sia presente nella Rete, “sempre con stile evangelico”. Per questo, ha ripreso il capo dicastero vaticano, “è necessario che ci mettiamo in ascolto, così da intercettare le modalità attraverso le quali è possibile giungere al cuore del Popolo di Dio, per seminarvi la Parola e proclamare il messaggio della misericordia del Padre”.

Portare il Vangelo nell’ambiente digitale, favorire l’incontro con Cristo
Oggi, è stata la sua esortazione rivolgendosi ai comunicatori cileni, è necessario favorire “l’incontro con Cristo nel mondo digitale”, è necessario dunque che “i nostri sforzi missionari tengano conto della rete e delle sue opportunità per mettere in contatto con Gesù Cristo e con una Chiesa viva”. Riprendendo così il messaggio di Benedetto XVI per la 44.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, ha sottolineato che “quanto più le moderne tecnologie creeranno relazioni sempre più intense e il mondo digitale amplierà i suoi confini, tanto più” i sacerdoti saranno chiamati a “occuparsene pastoralmente, moltiplicando il proprio impegno, per porre i media al servizio della Parola”. Non si può considerare il Web “solo come uno spazio da occupare”. Nel mondo digitale, bisogna invece essere presenti “nella costante fedeltà al messaggio evangelico”, avvalendosi “accanto agli strumenti tradizionali, dell’apporto” della “nuova generazione di audiovisivi”.

Collaborazione con i laici per evangelizzare la piattaforma digitale
Mons. Viganò ha così messo l’accento sull’importanza della collaborazione con i laici. “La lungimiranza di un pastore – ha osservato – si misura anche dalla sua capacità di trovare collaboratori” che sappiano “costruire le piattaforme digitali per una nuova forma di evangelizzazione”. Seguendo le indicazioni di Francesco ha quindi suggerito alcune proposte per “partecipare al mondo digitale, in chiave pastorale”. L’ingresso dei cristiani nella rete, ha evidenziato, “dovrebbe distinguersi per un quid che denota assoluta originalità e immediatamente rimanda Oltre e ad Altro”. Una capacità di “scuotere le coscienze, di risvegliare le menti, di porre degli interrogativi che suscitano l’attenzione anche di chi normalmente frequenta la piazza della città e non la chiesa”.

Ascoltare i giovani nel Web, non bastano strategie di comunicazione
“Dobbiamo costruire nuove chiese e nuove cattedrali”, ha detto, “costruirle in rete”. Questo, ha proseguito, “non significa che mandiamo in disuso le nostre chiese parrocchiali e le cattedrali secolari, ma è necessario avvertire la sollecitudine di andare là dove le persone si incontrano”. Certo, ha rilevato, non si deve pensare che “si possano risolvere i problemi pastorali della Chiesa con semplici strategie di comunicazione”. Ciò che è importante, ha aggiunto, “è maturare la convinzione che il mondo digitale è una realtà, verso la quale abbiamo delle responsabilità attinenti alla nostra missione di annunciatori del Vangelo”. Né ha mancato di rammentare che nel documento preparatorio del Sinodo dei Vescovi sui giovani, si richiede un’attenzione particolare proprio per i nuovi media. In particolare ha esortato ad essere sulla rete “esploratori e non nomadi”. “Il nostro compito – è stata la sua riflessione – è quello di educare a diventare cercatori: “l’esploratore” infatti “ha una propria identità” mentre il nomade “può essere indotto a guardare più a se stesso”.

La riforma dei media vaticani per servire con competenza la Chiesa
Papa Francesco, ha concluso, “sembra suggerirci l’idea che il valore della comunicazione è costruito sulla attendibilità e sulla credibilità”. Dunque, “se vogliamo essere testimoni, non possiamo venir meno all’impegno di essere affidabili e credibili”. Questo binomio, ha detto, deve diventare come il “logo della nuova missione che ci attende”. Parlando poi della riforma dei media vaticani, mons. Viganò ha affermato che “la professionalità e la passione dei giornalisti che lavorano al progetto del nuovo sistema comunicativo della Santa Sede rendono possibile un processo assai complesso e difficile”. Come sempre, ha poi precisato il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, “i processi avviati da Papa Francesco di riforma della Curia non sono processi contro la Curia ma un ripensare a come sempre meglio servire con puntuale e sollecita competenza la Chiesa universale”. Mons. Viganò ha infine ringraziato mons. Claudio Maria Celli - che nella veste di presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali è stato più volte in Cile per incontrare i comunicatori del Paese - per l’aiuto dato nei primi passi che la riforma ha mosso e sta muovendo.

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Francia. Ballottaggio Macron-Le Pen. Vescovi: priorità bene comune

◊  

Emmanuel Macron e Marine Le Pen andranno al ballottaggio per le presidenziali francesi il 7 maggio prossimo. Ieri, al primo turno, il candidato centrista ha ottenuto il 23,75% dei consensi, mentre alla rappresentante dell'estrema destra è andato il 21,53%. Per la prima volta sono stati esclusi dal ballottaggio sia i gollisti, sia i socialisti. E mentre si profilano le alleanze, in una nota i vescovi francesi ribadiscono che il nuovo presidente dovrà impegnarsi per il bene comune. Massimiliano Menichetti: 

Emmanuel Macron è la “sola scelta per l’Europa”. Così il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha commentato l’esito del primo turno delle presidenziali francesi, che ha visto l’affermazione dell'outsider centrista su Marine Le Pen, del Front National. Gli fa eco il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, per il quale “i dati dimostrano che il populismo non ha vinto”. Macron, nel primo discorso dopo l’esito del voto, ha fatto appello all’unità della Francia, Le Pen ha parlato invece di necessità di liberare il popolo dalle “élites arroganti”. I due si contenderanno l’Eliseo nel ballottaggio del sette maggio prossimo, ma quattro giorni prima parteciperanno ad un atteso “faccia a faccia” tv. Le consultazioni di ieri, alle quali hanno partecipato il 78,69% degli aventi diritto al voto, hanno visto il Fn segnare il record storico di oltre sette milioni di preferenze. Per la prima volta sono stati esclusi dal secondo turno sia i gollisti sia i socialisti e in queste ore è già partita la cosiddetta “caccia al voto”. Il fronte politico francese si è in sostanza schierato a favore del leader di En Marche, con la creazione di una fronda che va dal socialista Hamon, al repubblicano Fillon. Voce fuori dal coro il candidato della sinistra radicale, Melenchon, che per ora ha deciso di non fornire indicazioni precise di voto ai suoi elettori. Intanto, i vescovi del Paese, guardando al futuro presidente, in una nota, ribadiscono che dovrà lavorare per il bene comune, avendo attenzione alle fasce più deboli della popolazione, ai migranti, e aderendo al progetto europeo in un’ottica di sussidiarietà.

Per un commento al voto in Francia ascoltiamo Tomas Vitiello, ricercatore del Centro studi sulla vita politica francese di Parigi, al microfono di Jean-Charles Putzolu:

R. - Questo risultato elettorale è un terremoto per la vita politica francese, perché vediamo che i due partiti che hanno dominato la quinta Repubblica – il partito socialista e il partito dei repubblicani – hanno ricevuto soltanto il 26 per cento dei voti, mentre ne avevano ricevuti più della metà e addirittura due terzi cinque e dieci anni fa.

D. - Quale la caratteristica del voto per Macron?

R. - Per Emmanuel Macron è una grande vittoria personale, perché tre anni fa era ancora sconosciuto di fatto, ha avuto una breve esperienza come ministro dell’Economia dal 2014 al 2016 e poi, rapidamente, ha creato un suo movimento politico che è riuscito ad attirare elettori sia del centro-sinistra sia del centro-destra, e soprattutto elettori che non si interessavano alla politica, alcuni dei quali sono alla prima esperienza di attivisti in questa campagna elettorale.

D. - Cosa incide sulla crescita di Marine Le Pen?

R. - Per quanto riguarda il risultato di Marine Le Pen, che ha ottenuto il 21,5% dei voti contro il 17,9 di cinque anni fa, possiamo dire che la sua vittoria si iscrive in una dinamica positiva che ormai il Front National sperimenta da qualche anno. Marine Le Pen riesce ad attirare il voto dei francesi che non si sentono rappresentati dal sistema politico e non hanno fiducia nel sistema economico, che hanno l’impressione che la Francia sia in declino, ritengono che le regioni non siano più ascoltate dal centro parigino … quindi persone che hanno paura per il futuro e paura per il proprio benessere negli anni a venire. Marine Le Pen ha fatto una campagna molto forte nelle zone rurali francesi, mentre non è stata molto presente nelle grandi città, proprio per parlare a questa Francia che non si sente ascoltata, che non si sente rappresentata.

D. - Come vede il secondo turno?

R. - Non dovrebbero esserci problemi per la vittoria di Emmanuel Macron, perché sia gli elettori del partito socialista sia gli elettori del partito dei repubblicani dovrebbero sostenerlo in misura massiccia. E addirittura gli elettori della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon – almeno la metà di loro – dovrebbero votare per Macron. A questo punto possiamo dire che il leader di En Marche potrebbe raggiungere tra il 60 e il 65% dei suffragi e Marine Le Pen il 30-35%. Ovviamente dobbiamo essere cauti, perché è una nuova elezione e quindi dovremo aspettare per vedere la dinamica di questa nuova consultazione.

inizio pagina

Armamenti, prosegue l'aumento delle spese militari mondiali

◊  

Crescono le spese militari mondiali: secondo il rapporto del Sipri (Stockholm International Peace Research Institute), nel 2016 gli Stati Uniti hanno potenziato le loro spese dell’1,7%; l’Europa occidentale del 2,6 %; la Cina del 5,4%; la Russia del 5,9 %. In Medio Oriente, Iran e Kuwait aumentano gli investimenti per le spese militari. Un leggero calo è registrato, invece, per l'abbassamento del prezzo del petrolio, in Arabia Saudita e in Iraq. Ulteriori incrementi delle spese sono previsti a causa delle nuove tensioni internazionali: l’amministrazione Trump ha recentemente promesso di investire altri 54 miliardi di dollari nel settore. Giorgio Saracino ne ha parlato con Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo: 

R. – Il dato permanente rispetto agli anni passati è la continua crescita delle spese militari. Quest’anno la novità è contenuta in alcuni elementi particolari. Il primo che possiamo trovare è quello relativo alle spese militare degli Sati Uniti; il secondo elemento è dato dalla crescita continua delle spese militari cinesi e russe che, se pur non assolutamente paragonabili a quelle degli Stati Uniti, sono in aumento. In controtendenza si sta notando che l’Arabia Saudita ha ridotto significativamente i suoi acquisti, mentre stanno aumentando quelle di altri Paesi come, ad esempio, l’India.

D. - Su quali armi e sistemi di difesa si investe di più? Che cosa ci può dire riguardo a quelle nucleari?

R. - Le armi nucleari sono riservate ad un club ristretto di Paesi; parliamo di una decina di Paesi e delle grandi superpotenze nucleari che sono Stati Uniti e Russia. Questi due Paesi sostanzialmente hanno circa cinquemila testate nucleari ognuno, mentre altri Paesi dotati di armi nucleari hanno degli arsenali comunque molto più ridotti, fino ad arrivare alle dieci testate stimate che possa avere la Corea del Nord. Un settore che invece nell’ambito delle cosiddette “armi convenzionali” sta crescendo in misura esponenziale, è il settore delle cosiddette armi pilotate a distanza, quelle che, con un termine comune, chiamiamo “droni”, che stanno acquisendo uno spazio significativo all’interno dei nuovi sistemi d’armamenti anche perché si ipotizza che in futuro, grazie alle nuove tecnologie, gli aerei saranno tutti quanti pilotati a distanza.

D. - Quali sono le spese militari dell’Italia?

R. - L’Italia ha significativamente incrementato nel corso degli anni le proprie spese militari: per il 2016 risulta che siamo arrivati a 23 miliardi, una cifra significativa e largamente in linea con le spese dei Paesi dell’Unione Europea. Per di più, all’interno di questa spesa, l’Italia si sta dotando di sistemi d’armamenti particolarmente preoccupanti che sono i bombardieri F35 che saranno dotati di bombe nucleari B61 modello 12, e un’ulteriore nuova portaerei che si va ad aggiungere alle altre due che già abbiamo e che presenta l’Italia sulla scena internazionale come una potenza capace di proiettare la propria forza militare in scenari anche molto lontani.

inizio pagina

Malaria: ogni due minuti muore un bimbo, pronto nuovo vaccino

◊  

La malaria continua a uccidere più di 400.000 persone ogni anno. Lo rende noto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in vista della Giornata internazionale per la lotta contro la malattia che ricorre il 25 aprile. Il servizio di Giada Aquilino

“Una spinta alla prevenzione”. Questo il tema, per il 2017, della Giornata mondiale per la lotta contro la malaria, una malattia infettiva che - rende noto l’Oms - nel solo 2015 ha provocato 429.000 morti: oltre i due terzi sono piccoli sotto i cinque anni. Vale a dire: ogni due minuti muore un bambino di malaria. Dati allarmanti, soprattutto per certe zone dell’Africa. In Angola, Mozambico, Etiopia, Uganda, Tanzania, Sud Sudan e Sierra Leone opera con progetti ad hoc Medici con l’Africa Cuamm. L’epidemiologo Giovanni Putoto ne è il responsabile programmazione:

“Il 90% dei casi di malaria, che sono in totale 212 milioni, e il 92% delle morti avvengono nell’Africa Subsahariana e ad essere più esposti al rischio di contagio sono i bambini, perché non hanno ancora sviluppato alcuna immunità. Infatti due terzi delle morti riguarda bambini sotto i cinque anni e sono stati circa 303 mila solo nell’Africa Subsahariana. La malaria è trasmessa da una zanzara – la Anopheles femmina - che è particolarmente suscettibile alle condizioni ecologiche e in particolare alla temperatura, all’umidità, alla disponibilità di acqua. Le zone tropicali nel mondo, in particolar modo in Africa, sono le aree ideali per permettere all’Anopheles di sviluppare e trasmettere il parassita, iniettandolo da un corpo all’altro. Poi oltre ai fattori ambientali, ecologici, ci sono anche dei fattori legati all’organizzazione umana. È fondamentale che le abitazioni abbiano reti di protezione per impedire alle zanzare, specie durante le ore serali, di entrare in casa. Anche l’avere dei vestiti che coprano gran parte del corpo è un ulteriore elemento protettivo. In molte parti del mondo e purtroppo in Africa Subsahariana tali condizioni nono ci sono”.

L’Oms ha annunciato che in Kenya, Ghana e Malawi nei prossimi mesi partirà una nuova vaccinazione contro la malaria, che interesserà almeno 360 mila bambini. Ancora Putoto:

“C’è un nuovo vaccino che si chiama ‘Mosquirix’ che ha superato le tre fasi di test clinico. Sono fasi sperimentali, obbligatorie per tutti i tipi di vaccini, incluso quello della malaria. Questo però è un vaccino interessante perché sarà testato su numeri importanti nei tre Paesi africani e sarà inserito nel programma vaccinale di ciascuno di essi. Quindi i bambini dai 5 ai 17 mesi, in Kenya, Ghana e Malawi, oltre alle vaccinazioni tradizionali contro la poliomielite, la difterite, il tetano, riceveranno anche questo vaccino. Si inizierà nel 2018. I risultati saranno monitorati costantemente, riguardo all’efficacia e alla sicurezza, e dovremmo apprezzare i primi risultati intorno al 2022”.

Quest’anno, per la Giornata mondiale, si è voluto porre l’accento sulla prevenzione. Determinante, secondo il responsabile programmazione di Medici con l’Africa Cuamm:

“Ogni volta che c’è un vaccino si diffondono nuove speranze. Ma il vaccino da solo non riesce a ridurre il livello di contagio e a risolvere il problema. È necessario che sia preceduto ed integrato da servizi di prevenzione. Nel caso della malaria, questi servizi sono di varia natura. Il più importante è la distribuzione e l’uso corretto a livello familiare delle zanzariere impregnate di sostanza a base di piretro. Quindi c’è una grande attività - in Africa e altrove - di distribuzione di queste zanzariere che vengono date alle donne durante le visite prenatali; a loro viene anche insegnato come utilizzarle correttamente. La seconda attività di prevenzione riguarda le donne in gravidanza. Vengono somministrate da due a tre dosi di un farmaco antimalarico per aiutare la donna in gravidanza a non infettarsi e a non avere delle sequele gravi legate alla malaria, come possono essere l’anemia o addirittura l’insufficienza placentare, con effetti negativi sulla crescita del feto. Poi ci sono gli accessi - quando ci sono gli eventi febbrili provocati dalla malaria - a diagnosi e terapie immediate il più vicino possibile ai luoghi dove vivono le popolazioni. Oggi c’è una grande diffusione dei test rapidi per la malaria, che possono essere fatto anche nei più piccoli villaggi”.

inizio pagina

Galantino: tutti lottino contro la pedofilia, piaga terribile

◊  

“La pedofilia è una piaga terribile, un’idra a troppe teste che continua ad insidiare e a devastare i bambini in ogni angolo del mondo, oggi in maniera ancor più estesa attraverso le pieghe del web”. Così mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, in un messaggio rivolto a don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente dell’Associazione Meter, in occasione della XXI Giornata per i bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza contro la pedofilia, dedicata quest’anno al tema “I piccoli sono i veri grandi”. La Giornata sarà celebrata a partire da domani 25 aprile, con manifestazioni in tutta Italia, per concludersi domenica 7 maggio in Piazza San Pietro con la recita del Regina Coeli insieme al Papa.

“La vostra lotta”, “in un contesto tanto raccapricciante - scrive mons. Galantino a don Di Noto - dev’essere la lotta di tutti, anche la nostra, perché, come ha scritto Papa Francesco, la Chiesa ‘piange non solo davanti al dolore procurato nei suoi figli più piccoli, ma anche perché conosce il peccato di alcuni dei suoi membri”.

Ricorda il segretario dei vescovi italiani, quanto “correttamente” dichiarato don Di Noto, che per combattere la pedofilia e la pedopornografia servono ‘un intervento globale ed un cambiamento radicale del punto di vista di tutti’. “E allora - sottolinea mons. Galantino - il primo obiettivo di ogni Istituzione, di ogni famiglia, di ogni persona, dev’essere quello di garantire la sicurezza e il benessere dei bambini, senza cedimenti e senza incertezze contro ogni abuso e violenza, di ogni tipo”. (A cura di Roberta Gisotti)

inizio pagina

Al "Villaggio per la Terra" è il giorno dell'economia di comunione

◊  

Al “Villaggio per la Terra”, manifestazione in corso a Roma e dedicata alla tutela della Terra e della biodiversità, si è parlato questa mattina di “economia di comunione”. Nata in Brasile nel 1991 da un’idea di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, l’economia di comunione si basa su un concetto di mercato inclusivo e sociale che supera le logiche del capitalismo selvaggio. Tra i relatori, il prof. Stefano Zamagni, docente di economia all’Università di Bologna. Ascoltiamolo al microfono di Michele Raviart

R. – Quest’idea fa parte di un paradigma economico ancora più ampio, che è quello dell’economia civile. L’idea di base è quella di rendere l’economia uno strumento di umanizzazione dei rapporti tra le persone e cioè di vedere il mercato come un luogo di mutuo aiuto, in applicazione del principio di reciprocità. L’altro paradigma, che è quello poi dominante e che ha la sua radice in ambiente anglosassone parte da altri presupposti, cioè che il mercato è il luogo dove il più forte mangia il più piccolo: cioè a dire “mors tua vita mea”.

D. – Come si applicano concretamente i principi dell’economia di comunione?

R. – L’economia di comunione è una traduzione pratica, efficacemente realizzata in questi ultimi 25 anni, dell’idea di base dell’economia civile. Ed è un’applicazione che ha dato frutti non soltanto in Brasile, dove storicamente è nata, ma virtualmente in diverse parti del mondo compresi gli Stati Uniti d’America. Sono stato recentemente – il mese scorso – in America, e mi sono meravigliato nel vedere che lì ci sono imprenditori che hanno aderito al progetto dell’economia di comunione. In sostanza, si tratta di applicare l’idea del mutuo aiuto, e cioè del principio di reciprocità, nell’agire economico. Tutti noi sappiamo che si pratica la reciprocità dentro la famiglia, nelle parrocchie, negli ambienti associativi ecc. L’idea di trasferire questo principio all’area propriamente economica, di imprese che operano dentro il mercato, è stata un’idea veramente innovativa.

D. – In che settori economici possiamo trovare l’applicazione dell’economia di comunione?

R. – Le imprese dell’economia di comunione sono le più varie: coprono virtualmente tutti i settori dell’agire economico: non è che l’economia di comunione è presente in agricoltura piuttosto che nella meccanica ecc. Perché ciò che li caratterizza non è l’oggetto di quel che si produce, ma il come lo si produce: ad esempio, non sfruttando i dipendenti; non evadendo le tasse; e soprattutto valorizzando il potenziale umano, cioè realizzando dentro l’impresa un ambiente dove la persona ha la possibilità di sviluppare il proprio talento. Questo è il punto. Non è quindi un settore a sé: conosco una impresa di economia di comunione che opera nel settore dell’energia, ad esempio del petrolio; un’altra che opera in agricoltura; altre che operano nella fornitura di servizi alle persone. È il modo con cui si opera ed ovviamente il fine che viene perseguito, che è il fine del bene comune, piuttosto che l’oggetto specifico dell’attività. Perché le idee dell’economia di comunione sono applicabili ed estensibili ad ogni comparto, compreso quello della finanza. Se oggi si parla di finanza sociale - in Italia si preferisce parlare di finanza etica - è anche merito di quest’intuizione.

D. – L’incontro di oggi al Villaggio per la Terra parlerà anche della città di Roma: quali sono le potenzialità della città e qual è l’esperienza dell’economia di comunione in Italia?

R. – Roma è Roma, e quindi evidentemente merita le attenzioni che tutti le riconoscono; perché percorsi analoghi, mutatis mutandis, stanno avvenendo in altre parti d’Italia, in Piemonte così come in Lombardia. Certo, Roma assume un carattere tutto particolare perché è quel centro dove l’umanesimo ha trovato, già nel 1400, la possibilità di risplendere e di ridiventare modello anche per gli altri Paesi del mondo.

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 114

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.