Logo 50 Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

Sommario del 25/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: la mia visita in Egitto sia un abbraccio di consolazione

◊  

La gioia di Papa Francesco per la sua prossima visita apostolica in Egitto. In un messaggio diffuso oggi e che sarà trasmesso dalla TV egiziana, il Papa dice: “vengo come amico e come messaggero di pace”. E poi ancora: “desidero che la mia visita sia un abbraccio di consolazione e di incoraggiamento a tutti i cristiani del Medio Oriente”. Adriana Masotti

Al Salamò Alaikum! La pace sia con voi!

Così il Papa saluta il "caro popolo dell’Egitto" a tre giorni dalla sua visita al Paese, “culla di civiltà, lo definisce, dono del Nilo, terra del sole e dell’ospitalità, ove vissero Patriarchi e Profeti e ove Dio, Clemente e Misericordioso, l’Onnipotente e Unico, ha fatto sentire la Sua voce”. Francesco dice che è felice di arrivare come amico, come messaggero di pace nel Paese che, un tempo, diede rifugio e ospitalità alla Sacra Famiglia e ringrazia il Presidente della Repubblica, il Patriarca Tawadros II, il Grande Imam di Al-Azhar e il Patriarca Copto-Cattolico che l’hanno invitato e anche tutti coloro che stanno lavorando per rendere possibile il viaggio. Descrive poi gli obiettivi e le speranze per questa sua visita:

"Desidero che questa visita sia un abbraccio di consolazione e di incoraggiamento a tutti i cristiani del Medio Oriente; un messaggio di amicizia e di stima a tutti gli abitanti dell’Egitto; un messaggio di fraternità e di riconciliazione a tutti i figli di Abramo, particolarmente al mondo islamico. Infine anche un valido contributo al dialogo interreligioso con il mondo islamico e al dialogo ecumenico con la venerata e amata Chiesa Copto Ortodossa".

Il nostro mondo, dilaniato dalla violenza cieca che ha colpito anche il cuore della vostra cara terra, conclude il Papa, ha bisogno di pace, di amore e di misericordia;

"ha bisogno di operatori di pace e di persone libere e liberatrici, di persone coraggiose che sanno imparare dal passato per costruire il futuro senza chiudersi nei pregiudizi; ha bisogno di costruttori di ponti di pace, di dialogo, di fratellanza, di giustizia e di umanità".

 

inizio pagina

Francesco: prego per Tawadros II e per i fratelli copti

◊  

Nell’odierna Festa di San Marco, fondatore della Chiesa di Alessandria d’Egitto, Papa Francesco ha voluto dedicare la Messa celebrata stamani a Casa Santa Marta al Patriarca dei Copti Tawadros II e ai fedeli copti, che incontrerà fra tre giorni nell’atteso viaggio apostolico in Egitto. “Oggi – ha detto il Papa all’inizio della celebrazione – è San Marco Evangelista, fondatore della Chiesa di Alessandria. Offro questa Messa per il mio fratello, Papa Tawadros II, Patriarca di Alessandria dei Copti, chiedendo la grazia che il Signore benedica le nostre due Chiese con l’abbondanza dello Spirito Santo”.

inizio pagina

Francesco: Vangelo si annuncia con umiltà, non con il potere

◊  

L’annuncio del Vangelo va fatto con umiltà, vincendo la tentazione della superbia. E’ l’esortazione di Francesco alla Messa mattutina a Casa Santa Marta - nell’odierna festa di San Marco evangelista - alla quale hanno preso parte anche i cardinali consiglieri del C9. Il Papa ha ribadito la necessità per i cristiani di “uscire per annunciare” ed ha evidenziato che un predicatore deve sempre essere in cammino e non cercare “un’assicurazione sulla vita”, rimanendo fermo e al sicuro. Il servizio di Alessandro Gisotti

Gesù dà la missione ai discepoli: annunciare il Vangelo, “non rimanere a Gerusalemme” ma uscire per proclamare la Buona Notizia a tutti. Papa Francesco si è soffermato, nella sua omelia, sul Vangelo di Marco che narra del mandato consegnato dal Signore ai discepoli ed ha subito osservato che “il Vangelo è proclamato sempre in cammino, mai seduti, sempre in cammino”.

Uscire per annunciare, non rimanere fermi ma camminare sempre
Bisogna “uscire dove Gesù non è conosciuto o dove Gesù è perseguitato – ha detto – o dove Gesù è sfigurato, per proclamare il vero Vangelo”:

“Uscire per annunziare. E, anche, in questa uscita va la vita, si gioca la vita del predicatore. Lui non è al sicuro, non ci sono assicurazioni sulla vita per i predicatori. E se un predicatore cerca un’assicurazione sulla vita, non è un vero predicatore del Vangelo: non esce, rimane sicuro. Primo: andate, uscite. Il Vangelo, l’annuncio di Gesù Cristo, si fa in uscita, sempre, in cammino, sempre. Sia in cammino fisico sia in cammino spirituale sia in cammino della sofferenza: pensiamo all’annuncio del Vangelo che fanno tanti malati - tanti malati! - che offrono i dolori per la Chiesa, per i cristiani. Ma sempre, escono da se stessi”.

Ma come è “lo stile di questo annuncio”, si chiede il Papa. “San Pietro, che è proprio stato il maestro di Marco – risponde – è tanto chiaro nella descrizione di questo stile”: “Il Vangelo va annunciato in umiltà, perché il Figlio di Dio si è umiliato, si è annientato. Lo stile di Dio è questo” e  “non ce n’è un altro”. “L’annuncio del Vangelo – ha ripreso – non è un carnevale, una festa”. Questo “non è l’annuncio del Vangelo”.

Il Vangelo si annuncia con umiltà, vincere la tentazione della mondanità
“Il Vangelo – ha ammonito il Papa – non può essere annunciato con il potere umano, non può essere annunciato con lo spirito di arrampicare e andare su”, “questo non è il Vangelo”. Tutti sono dunque chiamati a rivestirsi di “umiltà gli uni verso gli altri”, perché “Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili”:

“E perché è necessaria questa umiltà? Proprio perché noi portiamo avanti un annuncio di umiliazione, di gloria, ma tramite l’umiliazione. E l’annuncio del Vangelo subisce la tentazione: la tentazione del potere, la tentazione della superbia, la tentazione delle mondanità, di tante mondanità che ci sono e ci portano a predicare o a recitare; perché non è predica un Vangelo annacquato, senza forza, un Vangelo senza Cristo crocifisso e risorto. E per questo Pietro dice: ‘Vigilatevi, vigilate, vigilate … Il vostro nemico, il diavolo, come un leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli, saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo’. L’annuncio del Vangelo, se è vero, subisce la tentazione”.

Francesco ha così osservato che se un cristiano sostiene di annunciare il Vangelo, ma che non è "mai è tentato” significa allora che “il diavolo non si preoccupa” perché “stiamo predicando una cosa che non serve”.

Chiediamo al Signore di uscire da noi stessi per evangelizzare
“Per questo – ha ripreso – sempre nella vera predicazione c’è qualcosa di tentazione e anche di persecuzione”. Il Papa ha sottolineato che, quando siamo nella sofferenza, sarà “il Signore a riprenderci, a dare la forza, perché questo è quello che Gesù ha promesso quando ha inviato gli Apostoli”:

“Sarà il Signore a confortarci, a darci la forza per andare avanti, perché Lui agisce con noi se noi siamo fedeli all’annuncio del Vangelo, se noi usciamo da noi stessi per predicare Cristo crocifisso, scandalo e pazzia, e se noi facciamo questo con uno stile di umiltà, di vera umiltà. Che il Signore ci dia questa grazia, come battezzati, tutti, di prendere la strada dell’evangelizzazione con umiltà, con fiducia in Lui stesso, annunciando il vero Vangelo: ‘Il Verbo è venuto in carne’. Il Verbo di Dio è venuto in carne. E questa è una pazzia, è uno scandalo; ma farlo nella consapevolezza che il Signore è accanto a noi, agisce con noi e conferma il nostro lavoro”.

inizio pagina

Egitto. Il Patriarca copto cattotico Sidrak: grazie al Papa, uomo di pace

◊  

"Il Papa è un amico e l'amico vero si vede nel momento del bisogno". Così si è espresso il patriarca della Chiesa copta cattolica d’Egitto, Ibrahim Isaac Sidrak, intervistato sull’attesa della visita di Papa Francesco al Cairo tra il 28 e 29 aprile. Stefano Leszczynski lo ha intervistato: 

R. - Con gioia e con ansia aspettiamo la visita del Papa, però senz’altro non possiamo nascondere quello che è successo nella Domenica delle Palme, che ha messo un po’ di paura, di ansia per la visita …. Però rimane ancora la fede che il Pastore – il Gran Pastore, Successore di Pietro – viene a benedire l’Egitto e la Chiesa cattolica in Egitto e tutte le Chiese, senz’altro. E quindi la visita ha tante sfaccettature: la visita per l’Egitto, visita che manda un messaggio al mondo intero, che l’Egitto merita di essere sostenuto e per questo ringraziamo molto il Santo Padre, di aver insistito per venire nonostante gli attacchi. E quindi, questo conferma ancora che il Santo Padre è un uomo di pace e un amico del popolo egiziano, perché l’amico vero si riconosce nei momenti difficili. E questo sicuramente è un momento difficile. E ancora, per il dialogo per il sostegno della pace: nonostante tutti questi attacchi terroristici nel mondo intero, c’è gente di pace che lavora ed è rappresentata anche nel Santo Padre e in tutti coloro che saranno riuniti intorno a lui.

D. – Proprio in merito a questo tema della pace, quanto pensa che la Conferenza internazionale che si svolgerà al Cairo e che vedrà molti leader religiosi – musulmani e cristiani – prendere parte, potrà dare come contributo alla pace in Egitto?

R. – Io non posso prevedere le cose, ma posso augurare che questo sia veramente sempre il punto di partenza di tanti altri lavori concreti: non solo i congressi che fanno la pace, perché il congresso è un punto di partenza. Tutti coloro che hanno pensato a fare questo rivolgono un appello al mondo intero, alle persone che amano la pace, per una collaborazione, un aiuto, un sostegno. Spero che questo sia il punto di partenza per tante altre cose concrete.

D. – I cristiani del Cairo, dopo gli attentati, hanno reagito con coraggio ma anche con spirito cristiano, dichiarando di cercare sempre la convivenza. Questo equilibrio è un equilibrio molto forte, che – secondo lei – resiste al terrorismo nel Paese?

R. – Da parte dei cristiani dell’Egitto e degli egiziani in genere, non è la prima volta. Però, sono soprattutto i cristiani che coprono tutto quello che accade con la visione della fede. E soprattutto in questo tempo pasquale – e anche prima della Settimana Santa – hanno reagito come reagiscono sempre: la morte non è la fine, anche se c’è stata una strage. Reagiscono positivamente senza però negare la furia che hanno dentro per la perdita della serenità interiore. Questo è un messaggio a tutti i cristiani che stanno facendo un cammino per recuperare il Paese sotto tutti i punti di vista, e soprattutto il suo futuro, il suo progresso. Ci sono però tante persone che non vogliono questo progresso per l’Egitto, ma gli egiziani – e in primo luogo i cristiani – dicono no al terrorismo, sì al bene, alla pace e al progresso dell’Egitto.

inizio pagina

Tweet: Gesù è vivo!

◊  

Nuovo tweet del Papa sull’account @Pontifex: “È morto, è sepolto, è risorto ed è apparso: Gesù è vivo! Questo è il nocciolo del messaggio cristiano”.

inizio pagina

Rinuncia e nomine

◊  

Per la rinuncia e le nomine di oggi consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

inizio pagina

Mons. Auza: i popoli indigeni sono un esempio, meritano sostegno

◊  

Per promuovere un autentico sviluppo dei popoli indigeni si deve rispettare un fondamentale equilibrio: si deve armonizzare il loro diritto allo sviluppo culturale e sociale con quello economico. E’ quanto ha affermato mons. Bernardito Auza, nunzio apostolico e osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenendo ieri a New York ad un dibattito incentrato sul tema: “Decimo anniversario della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene: le misure adottate per attuare la dichiarazione ".

Si rispettino i diritti dei popoli indigeni
Il presule ha sottolineato, in particolare, che lo sforzo di armonizzazione tra diversi e cruciali ambiti di sviluppo è particolarmente evidente quando si pianificano attività economiche che possono interferire con le culture indigene. Se non si tiene conto dei diritti dei popoli indigeni – ha avvertito il nunzio – si possono generare conflitti di interessi.

Il Papa portavoce dei popoli indigeni
Mons. Auza, ricordando che il Papa ha più volte espresso il desiderio di farsi portavoce delle istanze dei popoli indigeni, ha aggiunto che tali comunità dovrebbero essere i principali partner in caso di progetti che riguardano le loro terre. In particolare, “un consenso preventivo e informato” di tali popolazioni deve accompagnare tutte le iniziative che le riguardano. Si tratta – ha osservato mons. Auza – di un principio previsto nell’articolo 32 della Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni.

La terra non è una merce
Come ha affermato il Papa – ha detto il presule – la terra non è una merce ma un dono di Dio e dei loro antenati. Tuttavia, in varie regioni del mondo aumentano le pressioni affinché abbandonino le loro terre per far spazio a progetti agricoli e minerari. Iniziative – ha rimarcato mons. Auza – che vengono intraprese senza tener conto della necessità di preservare le tradizioni e le culture dei popoli indigeni che hanno vissuto in quelle terre da tempi immemorabili.

Si rispetti l’identità indigena
La Santa Sede – ha aggiunto il nunzio - vede dunque con favore le politiche nazionali che prevedano sia consultazioni sia il consenso informato dei popoli indigeni prima che i progetti nelle loro terre siano approvati e attuati. Inoltre, devono essere sviluppate linee guida che rispettino l’identità indigena. Questo significa riconoscere che le comunità indigene sono parte della popolazione. Significa impedire una loro ulteriore marginalizzazione. Significa, soprattutto, promuovere una loro piena integrazione nella società.

Le comunità indigene meritano sostegno
Il rispetto per l’identità degli indigeni – ha concluso mons. Auza - favorisce anche il rispetto della nostra casa comune. Le comunità indigene sono infatti contraddistinte da una più spiccata responsabilità, da un senso di comunità più forte, da una maggiore solidarietà intergenerazionale. E sono veramente interessate a prendersi cura dell’ambiente per il bene delle future generazioni. Questi valori, profondamente radicati nelle tradizioni e nelle culture indigene, devono essere presi ad esempio. I popoli indigeni – ha detto infine il presule - meritano non solo il nostro rispetto, ma anche gratitudine e sostegno. (A cura di Amedeo Lomonaco)

inizio pagina

Oggi in Primo Piano



Crisi Usa-Nord Corea: urgente una mediazione

◊  

Si alza il livello della tensione tra Corea del Nord e Stati Uniti. Di fronte alla minaccia di un nuovo test missilistico e di attacchi contro Seul e gli Usa, Washington rafforza lo schieramento navale americano in rotta verso la penisola coreana e invia anche un sottomarino nucleare. Intanto oggi sulle potenzialità nucleari di Pyongyang vertice a tre a Tokyo, tra Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti. Ma chi potrebbe essere in questa situazione un mediatore efficace? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Stefano Vecchia, esperto di estremo Oriente: 

R. – Sicuramente la parte che più ha possibilità, proprio perché è da sempre l’unico alleato vero della Corea del Nord, è la Cina. Pechino, tuttavia, ha già chiarito che  ha pochissime  possibilità in questo momento di intervenire concretamente sul regime di Pyongyang. Ciò è dimostrato anche dai rapporti che non sono mai stati a un livello così basso tra Pechino e i nordcoreani. Quindi la situazione è assolutamente difficile, tanto è vero che, in qualche modo, si è instaurata finalmente una linea di contatto, di collegamento diretto tra Pechino e Washington, per cercare non più tanto di intervenire ciascuno per proprio conto sul regime di Pyongyang, ma per trovare una linea comune, che sia poi in accordo per quanto è possibile con quella delle Nazioni Unite.

D. - La Corea del Nord chiede soltanto il rispetto della sua sovranità, quindi delle decisioni sulla questione nucleare, o punta qualcos’altro?

R. - Il regime nordcoreano punta soprattutto a garantire la propria sopravvivenza. Kim Jong-un ha pochi alleati interni, quasi nessuno all’estero; quindi la sua unica arma è quella della forza, quella di proporre la repressione all’interno e la carta del nucleare verso l’esterno, sapendo benissimo che è una carta comunque perdente, cioè è una sfida alla comunità internazionale col rischio che questa possa reagire. Quando parliamo di potenzialità belliche nordcoreane dobbiamo dire che queste sono estremamente limitate. Forse Pyongyang non ha nemmeno la possibilità di lanciare un missile con testate nucleari in realtà; ha solo la possibilità di lanciare qualche decina di missili a lunga gittata. Il problema è che ha sotto tiro, invece, la capitale sudcoreana Seul, che può essere facilmente colpita. La reazione americana come quella giapponese e sudcoreana annullerebbe gli effetti eventualmente del lancio di missili nordcoreani. Il problema è che si presenterebbe però una situazione nuova e sicuramente difficile e aperta ad altri scenari. Ed è quello che sia Washington che Pechino stanno cercando di evitare.

D. - Perché l’Onu tarda ad intervenire in questa crisi?

R. - C’è sempre il problema del veto cinese e russo sulle decisioni del Consiglio di Sicurezza. Questo è stato un elemento determinate in passato e, in secondo luogo, anche le Nazioni Unite stanno cercando una soluzione nel rispetto del Diritto internazionale e, quindi, una soluzione negoziata.

D. - Come vedi nell’immediato futuro gli sviluppi di questa situazione?

R. - Il regime nordcoreano sa benissimo che una provocazione contro l’obiettivo giapponese, sudcoreano o, ancora peggio, americano, potrebbe portare ad una reazione che vorrebbe dire la sua fine, e sta in qualche modo ricattando la stessa dirigenza cinese: Pechino teme un scenario in cui, da un lato ci siano milioni di profughi nordcoreani che entrano nel suo territorio con effetti potenzialmente destabilizzanti, e dall’altro non vuole assolutamente che si venga a creare una situazione di contatto diretto tra sudcoreani e alleati statunitensi nel proprio territorio. Quindi sicuramente in caso di conflitto, in un modo o nell’altro, Pechino interverrebbe entrando probabilmente in territorio nordcoreano creando un’area cuscinetto e poi cercando di avviare un colloquio, un dialogo con quello che potrebbe essere eventualmente il successore di Kim Jong-un.

inizio pagina

Esecuzioni in Arkansas. Amnesty: rischio catena della morte

◊  

L'Arkansas, negli Stati Uniti, ha eseguito nelle ultime 24 ore due condanne a morte. Uccisi Marcel Williams e Jack Jones, entrambi, detenuti nella prigione di Cummins Unit. I due erano stati condannati a morte negli anni '90 per stupro e omicidio, anche se in circostanze differenti. Giovedì scorso c’era stata un’altra esecuzione, la prima delle otto programmate dallo Stato tra la metà e la fine di aprile, per evitare la scadenza dei farmaci necessari per l'iniezione letale.I vescovi statunitensi e la Santa Sede hanno più volte ribadito che “non si fa giustizia uccidendo”. Massimiliano Menichetti ha intervistato Riccardo Noury portavoce di Amnesty International Italia: 

R. – È la conferma che l’Arkansas ha un’ostinazione feroce nel mantenere l’impegno che aveva preso, di mettere a morte il maggior numero di persone possibile prima che scadano i farmaci utilizzati per l’iniezione di veleno. E il rischio è che si prosegua questo nastro trasportatore della morte.

D. – Per quanto riguarda il panorama degli Stati Uniti, le esecuzioni diminuiscono…

R. – Sì, diminuiscono, anche se ci sono tanti ricorsi in attesa di essere giudicati riguardo proprio ai farmaci utilizzati nell’iniezione di veleno, all’origine delle forniture. C’è anche il rischio che si facciano dei veri e propri esperimenti su esseri umani. Potrebbe accadere anche che questo sia l’anno in cui segneremo un’inversione di tendenza per la pena capitale negli Usa.

D. – Questo anche se sempre più Stati non applicano la pena di morte?

R. – Negli Stati Uniti le esecuzioni vanno avanti e si restringe sempre di più il numero degli Stati che applicano la pena di morte: ormai è un fenomeno molto circoscritto a Texas, Georgia, Arkansas appunto... Però il numero delle esecuzioni nel 2016 è diminuito proprio perché molte erano state sospese per via di questi ricorsi sui farmaci utilizzati, sui protocolli e su altre questioni scientifiche, anche se il termine è un po’ improprio. E basta che un giudice dia il via libera, per la logica del precedente potrebbe essere ripristinata tutta una serie di esecuzioni sospese.

D. – Che cosa si sta facendo e cosa bisognerebbe fare per bloccare ulteriormente questa piaga?

R. – Appelli su appelli su appelli alle autorità dei Paesi in cui sono in corso esecuzioni: dobbiamo impedirle, e per questo sono necessari gli appelli alle autorità che hanno il potere di sospendere e annullare le esecuzioni.

D. – Qual è oggi la situazione nel mondo per quanto riguarda la pena di morte?

R. – Si potrebbe dire che è la pena di morte ad avere i minuti contati, anche se questa è una visione fin troppo ottimista, basata sul basso numero di Paesi – una ventina – che la applicano ancora. Il problema però è che ci sono migliaia di esecuzioni ogni anno: dalla Cina all’Iran al Pakistan; e quindi gli sforzi per fermare le esecuzioni vanno avanti ogni giorno.

inizio pagina

25 aprile, Mattarella: no odio. A Roma sfilano Anpi e Comunità Ebraica

◊  

"Ancora oggi, senza odio ne' rancore, ma con partecipazione viva e convinta, ricordiamo quegli eventi così tragici e pieni di valore". Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo intervento alle celebrazioni per la festa della Liberazione nel teatro di Carpi. A Roma due manifestazioni separate, della Comunità Ebraica e dell’Anpi. Alessandro Guarasci

E’ stato un 25 aprile anche per dire no ai populismi che attraversano l’Europa. Un 25 aprile in cui non sono mancate tensioni. A Milano tra Forza Nuova ed estrema sinistra. A Roma la Comunità Ebraica e l’Anpi, l’associazione dei partigiani, hanno manifestato separatamente. La Comunità ha infatti contestato la presenza di bandiere palestinesi al corteo dell’Anpi. La presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello:

“La verità storica è la verità degli esempi e di ciò che conta. E’ il messaggio che vogliamo portare al nostro futuro, ai nostri giovani, i cui valori spesso sono confusi e messi in crisi. Una morale che troppo spesso è esposta ai vizi del mondo che ci appartiene e ai vizi di coloro che ancora oggi non vogliono riconoscere quella verità”.

Ed è stato un chiaro segnale il fatto che la manifestazione si sia svolta di fronte alla sede della Brigata Ebraica in via Balbo. Tanti i partigiani ebrei che hanno dato un apporto fondamentale alla Liberazione. La sindaca di Roma Virginia Raggi ha messo in luce la necessità di ricordare ai giovani il valore della libertà:

“Noi siamo abituati a parlare di democrazia, noi siamo abituati a parlare. Qualche tempo fa, non era così. E se noi oggi siamo qui e possiamo parlare, anche solo incontrarci, parlare gli uni con gli altri, anche quando abbiamo idee diverse, lo dobbiamo a persone che in molti casi hanno dato la vita perché questo fosse possibile”.

Poco distante, sempre a Roma, la manifestazione dell’Anpi. Partita dal quartiere della Montagnola è arrivata a Porta San Paolo, dove ci fu una storica battaglia tra partigiani e nazisti. Il presidente dell’Anpi di Roma Fabrizio De Santis ha detto no ad ogni forma di divisione, ancor più oggi che la tensione a livello mondiale sta salendo:

“L’Italia non deve partecipare a questo ammassamento di truppe e di armi. L’Italia deve rispettare fino in fondo l’articolo 11 della nostra Costituzione, che dice che l’Italia ripudia la guerra. Non è un verbo qualsiasi: ‘ripudia’ la guerra. E non siamo per un pacifismo di facciata. Che vuol dire, essere tutti per la pace? Per fare che l’Italia continui a essere uno dei più grandi produttori e commercianti di armi? Non si può continuare a inondare il mondo di armi e dire: ‘Noi siamo per la pace’. Bisogna fare delle scelte …”.

Sono in tanti ad augurarsi che lo strappo tra Anpi e Comunità Ebraica il prossimo anno sia ricucito.

inizio pagina

Oim, mille migranti morti in 4 mesi. Msf: basta veleno su ong

◊  

Oltre mille migranti sono morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. E’ quanto rileva l’Organizzazione internazionale delle migrazioni che oggi, a Ginevra, ha reso noto i dati. Dal 1° gennaio al 23 aprile sono entrate, via mare, in Europa oltre 43 mila persone, l’80% delle quali in Italia, il resto diviso tra Spagna e Grecia. Intanto prosegue aspra la polemica sul ruolo delle organizzazioni non governative nel soccorso ai migranti che attraversano il Mediterraneo. L’attacco alle Ong è arrivato da più parti: dalla politica, per voce soprattutto del Movimento 5 stelle, dalla magistratura, con le dichiarazioni del procuratore di Catania Zuccaro, e da parte dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Frontex, che ancora oggi ha ribadito come i trafficanti sfruttino l’obbligo di salvare le vite. Immediata la reazione dell’organizzazione Medici senza frontiere, che valuterà se intervenire a tutela della propria azione. Francesca Sabatinelli ha intervistato Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia: 

R. – Pensiamo, come Medici senza frontiere, che sarebbe molto importante non continuare a polemizzare in maniera del tutto speculativa sulle conseguenze di un fenomeno, sarebbe invece molto importante concentrare lo sguardo sulle cause di quel fenomeno, ovvero sul perché centinaia di migliaia di persone continuano a rischiare la propria vita nel tratto di mare tra la Libia e l’Italia.

D. – Quello che ha sottolineato di nuovo Frontex è che i trafficanti sfruttano l’obbligo internazionale di prestare soccorso, l’obbligo internazionale di salvataggio …

R. – L’obbligo internazionale, per l’appunto, è una norma internazionale, è una legge, se noi non lo facessimo, tradiremmo la nostra stessa natura, ma ci sarebbe proprio un problema di omissione di soccorso. E’ abbastanza risibile che Frontex faccia queste osservazioni, ma non ci sorprende affatto, sono osservazioni molto simili a quelle che fece, oltre due anni fa, nei confronti di Mare Nostrum, e che portarono poi alla chiusura di quell’operazione. Non dimentichiamo che le Organizzazioni non governative sono in mare perché chi dovrebbe esserci non c’è, o comunque non con assetti sufficienti. Dovrebbero essere le istituzioni europee, tra cui quelle italiane, a essere in mare. Invece, l’impegno di oggi è del tutto insufficiente. Quella di cui stiamo parlando è una situazione veramente disperata di tantissime persone che comunque correrebbero qualunque tipo di rischio per fuggire dai loro Paesi di provenienza, e per fuggire da quell’inferno totale che è la Libia. Quindi, ecco, continuo a dire, mi sembra veramente che l’attenzione dovrebbe essere rivolta a tutt’altro.

D. – Da una parte, alcuni esponenti politici, i Cinque Stelle, che lanciano accuse; dall’altra parte, un pezzo di magistratura, penso al procuratore di Catania, Zuccaro, dal quale sono partite determinate ipotesi e poi anche Frontex: perché attaccati su tre fronti?

R. – Per quanto riguarda i politici, temo che sia l’ennesima occasione, per loro, di un posizionamento probabilmente in una logica pre-elettorale, che è una cosa che ci riguarda pochissimo. Ci sembra una manovra molto cinica, quindi non credo che ci sia molto di più da dire. Per quanto riguarda Frontex, l’abbiamo già detto: è lo stesso tipo di logica che ha portato alla chiusura di Mare Nostrum due anni fa. Per quanto riguarda, infine, l’attività della procura di Catania, noi apprendiamo giorno dopo giorno dai giornali, non abbiamo alcun tipo di informazione in più. Ovviamente rispettiamo il lavoro di qualunque magistratura, compresa quella italiana, saremo immediatamente disponibili qualora fossimo chiamati a dare delle informazioni, a testimoniare, quello che prevede la legge. Ma, in questo momento, ciò a cui assistiamo, in realtà, più che altro, è un distillare giorno dopo giorno notizie nei giornali e non comprendiamo la logica di tutto questo. Noi siamo un’organizzazione indipendente, privata, interamente finanziata dalla generosità di privati cittadini che donano alle nostre operazioni quello che possono. E quindi, per noi, la trasparenza, la correttezza di tutte le nostre azioni, questo per noi è veramente un patrimonio fondamentale. Non possiamo accettare di essere citati in articoli di giornale, o in post di politici, in cui si mettono insieme ong, senza specificare di chi si stia parlando, e robe del tutto inaccettabili, come  mafia capitale, cose che non c’entrano proprio nulla con noi: questo è veramente inaccettabile! Quindi siamo molto attenti anche a vedere quello che si scrive, quello che si dice e a come lo si dice. La gestione delle operazioni di salvataggio è tutta coordinata in particolare dalla Guardia costiere italiana, dal centro di coordinamento che è a Roma. Tutto quello che noi facciamo, e che le organizzazioni non governative fanno, lo si fa guidati da loro. Sono loro che ci dicono dove andare, di quali barche andare in soccorso, in quale porto portare le persone di cui siamo andati in soccorso. Quindi è veramente un’attività del tutto trasparente.

D. – Quali potrebbero essere le conseguenze dirette di questo clima che voi avete definito “velenoso”?

R. – Questa è la nostra preoccupazione più grande: temiamo che, nonostante tutte queste polemiche siano basate su ipocrisia e falsità, comunque qualche schizzo di fango lo lascino. Purtroppo lo notiamo dai commenti che abbiamo sui nostri canali social. A fronte di un salvataggio in mare, qualche mese fa, i commenti erano estremamente positivi, quasi tutti, oggi già non è più così. Questo è un indicatore veramente molto preoccupante del fatto che queste polemiche stanno lasciando un segno, ma nella direzione peggiore possibile.

inizio pagina

Giornata bambini vittime pedofilia. Don Di Noto: troppa indifferenza

◊  

“I piccoli sono i veri grandi”, questo il tema della Giornata dei bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e della indifferenza contro la pedofilia, celebrata da oggi con manifestazioni in tutta Italia, per concludersi domenica 7 maggio in piazza san Pietro con la recita del Regina Coeli insieme al Papa. In questa occasione il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha rivolto un messaggio a don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente dell’Associazione Meter, promotrice dell’iniziativa, giunta alla XXI edizione. Il servizio di Roberta Gisotti

“La pedofilia è una piaga terribile”, che insidia e devasta i bambini in ogni angolo del mondo, oggi ancor più “attraverso le pieghe del web”. Così mons. Galantino, che aggiunge: “La vostra lotta”, “in un contesto tanto raccapricciante”, “dev’essere la lotta di tutti, anche la nostra, perché, la Chiesa – come ha scritto Papa Francesco - piange non solo davanti al dolore procurato nei suoi figli più piccoli, ma anche perché conosce il peccato di alcuni dei suoi membri”. Don Fortunato Di Noto cosa s’intende per “i piccoli sono i veri grandi”?

R. – I piccoli sono anche i veri grandi, perché questa è la verità; noi non possiamo fare altro che stare sempre dalla loro parte, della loro pulizia del cuore e del corpo, della loro innocenza. Siamo consci di non poterli salvare tutti, però siamo decisi per quanto è possibile - in un movimento popolare, ecclesiale - a salvarne il più possibile. Questo è l’impegno di Meter che con la Giornata dei bambini vittime, che è ormai diventata un appuntamento importante e fondamentale, vuole compiere, con un atteggiamento propositivo ma anche di denuncia costruttiva.

D. - Ma a che punto è la lotta alle pedofilia? Sappiamo che questa incontra grandi ostacoli anche nell’omertà da parte della stampa, ad esempio …

R. – Questa è la cosa che più ci rattrista, che anche ci indigna! E’ inconcepibile che di fronte al nostro Report, che produciamo ogni anno con numeri verificabili - non sono numeri statistici, inventati oppure estrapolati attraverso un sondaggio ma è il lavoro concreto di  Meter – a cui corrispondono di fatto i bambini vittime, dai neonati fino ad massimo di 13 anni - perché quando si parla di pedofilia ci occupiamo di questa fascia di età - via sia un silenzio, un silenzio che sfocia in una specie anche di rassegnazione, quasi di normalizzazione. Nella Giornata dei bambini vittime, celebrata da 21 anni, se noi non avessimo la voce della stampa cattolica soprattutto, tutto questo passerebbe in sordina, nel silenzio. Non c’è mai stata un’attenzione profonda. Ecco perché dall’indignazione bisogna passare anche all’azione, cioè dare voce affinché il mondo della politica, della cultura, quello sociale possano sempre più agire, definendo - perché questo poi è sempre il nodo centrale - che la pedofilia è un crimine. Se noi non definiamo questo, diventa veramente difficile l’impegno, la lotta e la continuazione di questa.

D. - Don Fortunato, qualche dato che può darci la misura di quanto questo fenomeno sia una dramma esteso …

R. – In un ultimo studio, si parla di 18 milioni di minori vittime di abusi sessuali, solo in Europa! Se poi pensiamo alla pedopornografia online, la mole del materiale prodotto - sia antico, quindi passato, che recente – interessa decine di milioni di bambini, coinvolti nella produzione pedopornografica. La cosa che ci inquieta ancora di più è che sta aumentando in una maniera vertiginosa, quasi accettata e normale, l’’abuso sui neonati: decine di migliaia di infanti, che non hanno nemmeno la possibilità di parlare e di esprimersi, vengono indotti in uno sfruttamento aberrante, tragico, davanti al quale non possiamo non cercare di trovare delle soluzioni. Se manca l’impegno della cooperazione internazionale tra i vari Stati, tra le varie Polizie e tra i vari soggetti che devono promuovere il diritto dell’infanzia, allora tutto diventa vanificato. La cosa impressionante è che c’è sempre una strisciante pedofilia intellettuale: si vuol far passare l’idea che in fondo non c’è niente di male. Questo è veramente pericoloso!

inizio pagina

Contributo del Papa a favore della spiaggia per disabili a Focene

◊  

Entusiasmo e stupore sono i sentimenti con cui l'associazione Opera San Luigi Gonzaga "Opera d'Amore" ha accolto la notizia che l'Elemosiniere del Papa, mons. Konrad Krajewski, ha devoluto loro un contributo, a nome del Santo Padre, a sostegno del progetto sociale a favore dei ragazzi disabili, in particolare per coprire le spese dell'affitto annuale della spiaggia chiamata "La Madonnina". In un comunicato stampa, viene spiegato che questa spiaggia sorge a Focene, frazione di Fiumicino. Qui esiste uno stabilimento balneare realmente aperto a tutti, perché capace di garantire – sia per le strutture che per il personale – un'adeguata accoglienza alle persone disabili. Nata dall'Associazione Opera San Luigi Gonzaga, “La Madonnina” (www.spiaggialamadonnina.it) è gestita totalmente da volontari, vi è garantito un presidio medico e personale specializzato proveniente dalla Federazione Italiana Nuoto Paralimpico che, a seconda delle necessità di ogni persona, adotterà adeguati strumenti atti a rendere piacevole e sicura la balneazione. Alla base l'idea di creare non uno stabilimento “ghetto”, ma una spiaggia senza barriere sia architettoniche che mentali, dove tutti possano godere insieme del mare ed i suoi benefici ed il cui ricavato viene reinvestito nel progetto stesso.

inizio pagina
Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 115

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.