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Sommario del 26/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: in un mondo spesso egoista la nostra speranza è l'amore di Dio

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“Il santo popolo fedele di Dio è gente che sta in piedi e cammina nella speranza”. Papa Francesco dedica la catechesi dell’udienza generale di oggi in una Piazza San Pietro spazzata dal vento, alla promessa di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Dovunque il cristiano va, continua il Papa, “sa che l’amore di Dio l’ha preceduto”, non c’è infatti “parte del mondo che sfugga alla vittoria di Cristo Risorto, la vittoria dell’amore”. Adriana Masotti

Le parole del Vangelo di Matteo: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» richiamano l’annuncio profetico dell’inizio: «A lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi». Tutto questo, spiega il Papa, dice l’identità di Dio, il cui nome è essere-con: non un Dio isolato, dunque, ma con noi, cioè con la creatura umana:

"Il nostro Dio non è un Dio assente, sequestrato da un cielo lontanissimo; è invece un Dio 'appassionato' dell’uomo, così teneramente amante da essere incapace di separarsi da lui. Noi umani siamo abili nel recidere legami e ponti. Lui invece no".

La nostra esistenza è un pellegrinaggio, un cammino. La storia di Abramo ne è un esempio, ma la Bibbia è piena di storie di pellegrini e viaggiatori. E non si diventa uomini e donne maturi se non si percepisce l’attrattiva dell’orizzonte che chiede di essere raggiunto:

"Nel suo cammino nel mondo, l’uomo non è mai solo. Soprattutto il cristiano non si sente mai abbandonato, perché Gesù ci assicura di non aspettarci solo al termine del nostro lungo viaggio, ma di accompagnarci in ognuno dei nostri giorni".

Dio si prenderà cura dell’uomo, prosegue il Papa, fino alla fine del mondo! Lo assicura il Vangelo. Non ci sarà giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio:

"Ma qualcuno potrebbe dire: Ma cosa sta dicendo, lei?'. Dico questo: non ci sarà giorno della nostra vita in cui cesseremo di essere una preoccupazione per il cuore di Dio. Lui si preoccupa di noi, e cammina con noi, e perché fa questo? Semplicemente perché ci ama. Capito, questo? Ci ama!".

E Dio sicuramente provvederà a tutti i nostri bisogni, non ci abbandonerà nel tempo della prova e del buio. E’ la Provvidenza di Dio! Francesco cita poi uno tra i simboli cristiani della speranza che a lui piace tanto: l’àncora. Essa esprime che la nostra speranza non è vaga e non fa leva solo sulla propria forza di volontà. Ha radice nella sicurezza che Dio non ci abbandona:

"Con questa promessa, i cristiani possono camminare ovunque. Anche attraversando porzioni di mondo ferito, dove le cose non vanno bene, noi siamo tra coloro che anche là continuano a sperare. Dice il salmo: «Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me» (Sal 23,4). È proprio dove dilaga il buio che bisogna tenere accesa una luce. (….) La fede nostra è l’àncora in cielo. Noi abbiamo la nostra vita ancorata in cielo. Cosa dobbiamo fare? Aggrapparci alla corda: è sempre lì. E andiamo avanti perché siamo sicuri che la nostra vita è come un’àncora che è nel cielo, in quella riva dove arriveremo".

Se facessimo affidamento solo sulle nostre forze, conclude il Papa, avremmo ragione di sentirci delusi e sconfitti, il mondo infatti spesso preferisce le leggi dell’egoismo a quella dell’amore, ma la promessa di Gesù «Io sono con voi» ci fa stare in piedi con speranza, confidando che Dio è già al lavoro per realizzare ciò che umanamente pare impossibile. Al termine dell’udienza, rivolgendosi ai pellegrini di lingua italiana, il Papa saluta con particolare affetto le coppie dell’Arcidiocesi di Ancona-Osimo presenti all’udienza:

"E a voi, che ricordate il cinquantesimo del matrimonio, ditelo ai giovani che è bello: è bella la vita del matrimonio cristiano!". (Applausi)

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Papa al Ted2017: cambiamo il mondo con la rivoluzione della tenerezza

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In un mondo in cui l’economia sembra dare più importanza alle cose, serve la “rivoluzione della tenerezza” per rimettere al centro le persone. E’ quanto afferma Papa Francesco in un lungo e appassionato videomessaggio indirizzato, a sorpresa, ai partecipanti al TED2017 in corso a Vancouver che riunisce esponenti dell’economia, delle scienze e della cultura a livello mondiale sul tema “The future you”, “Il futuro sei tu”. Il Pontefice ha sottolineato che per cambiare il mondo non dobbiamo ripiegarci su noi stessi, ma dobbiamo ascoltare gli altri, soprattutto il grido dei poveri e della terra, nostra casa comune. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“L’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro”. E’ l’inizio del videomessaggio di Papa Francesco al TED2017 di Vancouver sul tema “Il futuro sei tu”. Un messaggio tutto dedicato alla fratellanza e alla solidarietà in un mondo troppo spesso sfigurato dall’egoismo, dalle guerre e da un’economia centrata sulle cose invece che sulle persone.

Abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, spegnere le guerre nel nostro cuore
Rivolgendosi ai leader mondiali dell’economia, della cultura e della scienza, il Papa ha sottolineato che ogni volta che incontra i migranti si chiede “perché loro e non io?”:

“Mi piacerebbe innanzitutto che questo incontro ci aiuti a ricordare che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che nessuno di noi è un’isola, un io autonomo e indipendente dagli altri, che possiamo costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno. Spesso non ci pensiamo, ma in realtà tutto è collegato e abbiamo bisogno di risanare i nostri collegamenti: anche quel giudizio duro che porto nel cuore contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male non perdonato, quel rancore che mi farà solo male, è un pezzetto di guerra che porto dentro, è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non divampi in un incendio e non lasci cenere”.

La fraternità diventi il cuore delle scelte politiche ed economiche
Molti oggi, ha proseguito, “sembrano non credere che sia possibile un futuro felice”. Timori da prendere sul serio ma che si possono superare se non ci chiudiamo in noi stessi. Francesco ha così rivolto l’attenzione alla necessità di una “maggiore equità e inclusione sociale”:

“Come sarebbe bello se, mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, riscoprissimo i bisogni del fratello e della sorella che mi orbitano attorno! Come sarebbe bello che la fraternità, questa parola così bella e a volte scomoda, non si riducesse solo a assistenza sociale, ma diventasse atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico, economico, scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi. Solo l’educazione alla fraternità, a una solidarietà concreta, può superare la 'cultura dello scarto', che non riguarda solo il cibo e i beni, ma prima di tutto le persone che vengono emarginate da sistemi tecno-economici dove al centro, senza accorgerci, spesso non c’è più l’uomo, ma i prodotti dell’uomo”.

La solidarietà, ha rilevato, “non è un meccanismo automatico, non si può programmare o comandare: è una risposta libera che nasce dal cuore di ciascuno”. “Se uno comprende che la sua vita, anche in mezzo a tante contraddizioni, è un dono – ha soggiunto – che l’amore è la sorgente e il senso della vita, come può trattenere il desiderio di fare del bene agli altri?”. Ha così messo l’accento sulla creatività dell’amore che non si accontenta di buoni propositi.

Mettere le persone e non le cose al centro dell’economia
C’è sempre bisogno di un altro, di un “tu”, “un fratello di cui prendersi cura”. Di qui Francesco ha rammentato la Parabola del Buon Samaritano:

“La storia del Buon Samaritano è la storia dell’umanità di oggi. Sul cammino dei popoli ci sono ferite provocate dal fatto che al centro c’è il denaro, ci sono le cose, non le persone. E c’è l’abitudine spesso di chi si ritiene ‘per bene’, di non curarsi degli altri, lasciando tanti esseri umani, interi popoli, indietro, a terra per la strada. C’è però anche chi dà vita a un mondo nuovo, prendendosi cura degli altri, anche a proprie spese. Infatti – diceva Madre Teresa di Calcutta – non si può amare se non a proprie spese”. 

“Grazie a Dio – ne è convinto Francesco – nessun sistema può annullare l’apertura al bene, la compassione, la capacità di reagire al male che nascono dal cuore dell’uomo”. Ed ha sottolineato che “nella notte dei conflitti che stiamo attraversando, ognuno di noi può essere una candela accesa che ricorda che la luce prevale sulle tenebre, non il contrario”. Ha così evidenziato il valore della speranza, “la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere il domani”.

La tenerezza è ascoltare il grido dei poveri e della nostra casa comune
La speranza, ha ripreso, “è la porta aperta sull’avvenire”: “Basta un solo uomo perché ci sia speranza, e quell’uomo puoi essere tu”. Francesco si è così concentrato sul tema a lui caro della rivoluzione della tenerezza:

“Che cos’è la tenerezza? È l’amore che si fa vicino e concreto. È un movimento che parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. La tenerezza è usare gli occhi per vedere l’altro, usare le orecchie per sentire l’altro, per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro; ascoltare anche il grido silenzioso della nostra casa comune, della terra contaminata e malata. La tenerezza significa usare le mani e il cuore per accarezzare l’altro. Per prendersi cura di lui”.

La tenerezza, ha detto, “è il linguaggio dei più piccoli, di chi ha bisogno dell’altro”, dei bambini e dei loro genitori. “A me – ha detto ancora – piace sentire quando il papà o la mamma parlano al loro piccolo bambino, quando anche loro si fanno bambini, parlando come parla lui, il bambino”.

Il potere diventi servizio per diffondere il bene
E’ la tenerezza dell’“abbassarsi al livello dell’altro” come anche Dio ha fatto con noi. La tenerezza, ha affermato, “è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti. Non è debolezza la tenerezza, è fortezza”:

“Permettetemi di dirlo chiaramente: quanto più sei potente, quanto più le tue azioni hanno un impatto sulla gente, tanto più sei chiamato a essere umile. Perché altrimenti il potere ti rovina e tu rovinerai gli altri. In Argentina si diceva che il potere è come il gin preso a digiuno: ti fa girare la testa, ti fa ubriacare, ti fa perdere l’equilibrio e ti porta a fare del male a te stesso e agli altri, se non lo metti insieme all’umiltà e alla tenerezza. Con l’umiltà e l’amore concreto, invece, il potere – il più alto, il più forte – diventa servizio e diffonde il bene”.

“Il futuro dell’umanità – ha detto – non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader, delle grandi aziende. Sì, la loro responsabilità è enorme". "Ma il futuro - ha concluso - è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l’altro come un ‘tu’ e se stessi come parte di un ‘noi’”.

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Al C9, formazione personale e rapporto Curia e vescovi locali

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Da lunedì 24 aprile a mercoledì 26 si è svolta la XIX riunione dei Cardinali Consiglieri (C9) con Papa Francesco. Nel corso delle sessioni di lavoro, sia di mattina che di pomeriggio, si è discusso in particolare della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide) e del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. A riferire delle riunioni, oggi in Sala Stampa vaticana, è stato il portavoce vaticano Greg Burke. Servizio di Francesca Sabatinelli

In occasione della riunione del C9 sono stati esaminati alcuni testi da proporre al Papa circa il  Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, e tre tribunali: la Penitenzieria Apostolica, il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e il Tribunale della Rota Romana. Modifiche che – ha spiegato Greg Burke – non porteranno a veri e propri cambiamenti, bensì ad aggiornamenti. L’attenzione è stata poi puntata anche sulla selezione e sulla formazione del personale della Santa Sede, laici e chierici. A parlarne la Segreteria di Stato, il Consiglio per l’Economia e l’Ulsa, Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica. Greg Burke:

“Credo che sia una cosa fondamentale e che il Papa ha chiaramente molto a cuore: la cultura, la cultura all’interno della Santa Sede e lo spirito di servizio, non c’è dubbio. Quindi, è da vedere come avverrà la selezione e la formazione del personale che lavora in Vaticano. Bisogna sempre ricordare che questo non è solo un posto di lavoro, ma un servizio al Santo Padre, un servizio alla Santa Sede”.

Ad aggiornare sul lavoro della Segreteria per l’Economia è stato il prefetto, il cardinale George Pell, che si è soffermato con attenzione sul monitoraggio del budget dell’anno in corso. E’ stata poi la volta del cardinale Sean O’Malley, in qualità di presidente, ad informare sul lavoro della Pontificia Commissione per la protezione dei minori, con particolare attenzione a: programmi di educazione globali, ultima riunione plenaria e visite ai diversi dicasteri. Altro tema importante affrontato dal C9 è stato la decentralizzazione del rapporto tra Conferenze episcopali e Curia Romana. Ancora Burke:

“Abbiamo visto come sono cambiate le visite ad limina: il Papa parla a braccio con i vescovi, ai quali non viene consegnato il discorso. Si vede che stanno studiando dei modi per essere più efficaci, più al servizio dei vescovi e delle Conferenze episcopali, e come il Papa desideri essere più efficace, più in dialogo con i vescovi e vuole che anche la Curia sia così. Dall'altra parte poi c’è lo studio delle competenze, delle facoltà, che forse possono passare, in alcune situazioni, dalla Curia Romana ai vescovi locali”.

La prossima riunione del Consiglio dei Cardinali è prevista per il 12, 13 e 14 giugno.

Istituito dal Papa nel settembre 2013 con il compito di coadiuvarlo nel governo della Chiesa e nel progetto di riforma della Curia Romana, il Consiglio dei Nove Cardinali comprende:

Il card. segretario di Stato Pietro Parolin (Italia); card. Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras), coordinatore del gruppo; card. Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato (Italia); card. Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile (Cole); card. Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay e presidente della Conferenza episcopale dell'Asia (India); card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga (Germania); card. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo); card. Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston (Stati Uniti); card. George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia (Australia). Mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, è il segretario del Consiglio.

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Il parroco di Sharm el Sheikh: Papa in Egitto, benedizione per il Paese

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A due giorni dal viaggio in Egitto, Papa Francesco ha lanciato un nuovo tweet in cui invita a promuovere “l’amicizia e il rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose per costruire un mondo di pace”. Ma quali sono le speranze per questo viaggio apostolico? Ascoltiamo il sacerdote copto Garas Boulos Garas Bishay, parroco di Maria Vergine Regina della Pace, la parrocchia di Sharm el Sheikh, al microfono di Stefano Leszczynski

R. - Le speranze sono immense. La visita del vicario di Cristo in Egitto ci fa venire i brividi al corpo e al cuore!

D. - Un Egitto che sta soffrendo molto e ha anche molte tensioni. Quanto potrà fare bene anche all’Egitto avere un esempio di dialogo a così alti livelli?

R. - A livello politico l’incontro col presidente è una buona spinta contro la violenza e il terrorismo. Ad un secondo livello, l’incontro con il Grande Imam di Al Azhar è un fatto incredibilmente forte: dimostrare al mondo che le religioni non sono in conflitto, anzi possono dialogare e possono formare un piano di dialogo e di pace per il mondo intero. A livello poi dell’unità della Chiesa, l’incontro del Papa di Roma con il Papa copto ortodosso avrà una grandissima influenza a livello cristiano. Anche l’arrivo del Patriarca di Costantinopoli darà un elemento di ecumenismo internazionale: i capi della Chiesa si mettono insieme a dialogare per l’unione della Chiesa. E a livello della Chiesa cattolica, il quarto livello: la Chiesa cattolica in Egitto sta passando un momento molto delicato e avrà una forte spinta di ossigeno nelle vene che potrà muovere le vele della Chiesa verso l’orizzonte del dialogo interreligioso e interconfessionale.

D. - Lei è parroco a Sharm el Sheikh, una zona dell’Egitto che è meta turistica. Ora che la situazione è così difficile in Egitto come vive la popolazione di Sharm el Sheikh?

R. – A dire la verità abbiamo sofferto molto dalla caduta dell’areo russo fino a oggi. Il Paese non ha ripreso respiro, tanti giovani che lavoravano negli alberghi sono stati rimandati a casa. Decine di migliaia sono dovuti tornare a casa e invece di aiutare le famiglie sono diventati un peso per le loro famiglie. Dunque la zona ha sofferto molto la mancanza di turismo, soprattutto quello russo e italiano. Si spera sempre al meglio ma ogni volta che facciamo un passo avanti ci sorprende un atto terroristico come quello a Santa Caterina e ci fa tornare 10 passi indietro.

D. - Perché secondo lei l’obiettivo del terrorismo è quello di isolare l’Egitto dal resto del mondo, di isolarlo anche dal turismo?

R. – L’Egitto è andato contro un piano internazionale che è stato preparato per la zona del Medio Oriente. Con la rivoluzione del popolo egiziano - 32 milioni di persone per strada contro i Fratelli musulmani, contro Morsi - abbiamo detto “no” a questo piano. Le forze internazionali non hanno potuto dire niente o fare niente ma il loro piano è costato tanto e stanno ancora cercando di realizzarlo in altri modi.

D. – Quindi la Conferenza internazionale alal quale parteciperà il Papa all'Università di Al azhar al Cairo potrebbe essere una risposta valida per rilanciare l’Egitto sulla via del dialogo e della riconciliazione?

R. - Certamente la presenza del Santo Padre, che è veramente considerato un sant’uomo, un uomo di pace, un uomo dei poveri, degli emarginati, degli ammalati, dei prigionieri, della gente senza casa, sarà una benedizione: l’influsso di questa sua presenza in mezzo a noi nella terra d'Egitto, visitata dalla Sacra Famiglia, sicuramente darà il suo frutto. Speriamo bene!

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Il Papa nomina mons. Filipazzi nuovo nunzio in Nigeria

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Papa Francesco ha nominato nunzio apostolico in Nigeria mons. Antonio Guido Filipazzi, arcivescovo titolare di Sutri, finora nunzio in Indonesia. Mons. Filipazzi è nato 53 anni fa a Melzo, in provincia di Milano. Ordinato sacerdote nel 1987, entra nella diplomazia della Santa Sede. Lavora nelle nunziature in Sri Lanka, Austria, Germania e poi presso la sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Nel 2011 Benedetto XVI lo nomina nunzio apostolico in Indonesia. 

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Tweet del Papa: promuoviamo l'amicizia tra credenti di diverse fedi

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Nuovo tweet di Papa Francesco sull’account @Pontifex in nove lingue: “Promuoviamo l’amicizia e il rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose per costruire un mondo di pace”.

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Oggi in Primo Piano



Venezuela, ancora proteste. La solidarietà del Papa al card. Urosa

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In Venezuela continuano le proteste contro il governo del presidente Nicolas Maduro. 26 le persone rimaste uccise dall’inizio delle contestazioni, il 4 aprile, almeno secondo un bilancio ufficiale. Il Paese è stritolato da una pesante crisi economico-alimentare. In questo clima il Papa ha espresso vicinanza all’arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge Urosa Savino per l’aggressione anti-religiosa e anti-ecclesiale nella Basilica del Nazareno. Massimiliano Menichetti: 

L'opposizione anti-Maduro in Venezuela non cede e continua le proteste di piazza, per oggi a Caracas è previsto l’undicesimo corteo. Negli scontri seguiti alle manifestazioni, che sono iniziate il quattro aprile, finora sono morte 26 persone. Le forze di centro-destra accusano Maduro di aver determinato una crisi economica pesantissima, sfociata nella mancanza di cibo, medicine e beni di prima necessità. Dura la repressione del capo dello Stato, che respinge la richiesta di elezioni anticipate. A fianco della gente anche i vescovi venezuelani, per i quali “la protesta civile e pacifica non è un crimine, ma un diritto”. In questo clima, in cui sono state attaccate anche delle chiese, il cardinale arcivescovo di Caracas, Jorge Urosa Savino, ha condiviso la telefonata, della scorsa settimana, del cardinale Pietro Parolin, in cui il segretario di Stato vaticano ha espresso, a nome del Papa, solidarietà e vicinanza. Sul fronte politico internazionale intanto, questa notte, il ministro degli Esteri, Delcy Rodriguez, ha minacciato il ritiro del Venezuela dall'Organizzazione degli Stati americani. Sedici i Paesi dell'Osa che hanno chiesto, per oggi stesso, la convocazione urgente di una sessione straordinaria del Consiglio permanente, per esaminare proprio la situazione del Paese latino americano.

Sulla situazione nel Paese latino-americano, Giancarlo La Vella ha intervistato Ingrid Dussi dell’Ali, Associazione Latino-Americana Italia: 

R. – Il Venezuela è rimasto dimenticato per tantissimo tempo, la gente è veramente esasperata dalle difficoltà. O si muore in queste manifestazioni, oppure si muore per mano della criminalità: 29 mila i morti ammazzati l’anno scorso. Senza contare i morti negli ospedali. Poi c'è un gravissimo aumento di mortalità neonatale, che ci ha portato alle cifre di 50 anni fa. Noi abbiamo assolutamente bisogno che la comunità internazionale si muova, che faccia qualcosa. Io non saprei dire esattamente cosa, però la popolazione venezuelana non è disposta a cedere e starà in strada finché questo governo non si dimetterà. E non riusciamo a capacitarci perché la comunità internazionale stia in silenzio. Allora, noi abbiamo veramente bisogno di due cose: canali umanitari che portino cibo e medicine e, in questo momento, tutti quei presidi sanitari che servono per i feriti. Per cui, io penso che sia il momento di non lasciare il Venezuela come mera notizia che riempie un buco al posto di una notizia su un attore famoso, perché questo è quello che sta succedendo.

D.  - Quali sono le immagini più emblematiche di questa dolorosa crisi venezuelana?

R. - Abbiamo visto l’immagine di quella signora, che avrà avuto più di 70 anni fermarsi e che, come quello studente in piazza Tiananmen, si è messa davanti a un blindato: è stata arrestata. Il ragazzo che si è denudato per dire “basta”… Anche le stesse forze dell’ordine, anche l’esercito, non ne possono più, però hanno paura. Ci sono già state diserzioni. Ci sono immagini in questi giorni di bambini… nella stazione dell’autobus c’è un bambino di due e tre anni che dorme lì… E parlo di bambini senza genitori.

D.  - Si stanno verificando episodi antireligiosi, sono state attaccate chiese: perché stanno avvenendo questi episodi?

R. - Perché il cardinale Porras, presidente della Caritas Venezuela, si è dichiarato apertamente contro il modo di fare di questo governo. Quando la Chiesa, i suoi fedeli, si dimostrano contrari a questo regime incominciano a essere attaccate anche le chiese, le funzioni religiose. E io penso che le chiese siano diventate obiettivo di violenze perché i religiosi stanno supportando le manifestazioni, stanno pregando per la pace. Per questo incominciano ad attaccare la Chiesa e le funzioni religiose e le Messe che si stanno svolgendo anche per commemorare i defunti e per pregare, affinché Dio illumini questi governanti.

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Vescovi Brasile: sì allo sciopero generale contro riforma pensioni

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La complessa situazione del Brasile e l’annunciata riforma delle pensioni sono tra i temi al centro dei lavori della 55.ma Assemblea della Conferenza Episcopale che si apre oggi ad Aparecida, nello Stato di San Paolo. In vista di tale riunione, il segretario generale della Conferenza episcopale, mons. Leonardo Steiner, ha rinnovato in una intervista l’appello rivolto in una nota dal Consiglio permanente ai cristiani e alle persone di buona volontà. L’invito è quello di partecipare allo sciopero generale del 28 aprile, indetto dai sindacati, “al fine di ottenere il meglio per il popolo brasiliano”.

Il 28 aprile sciopero di protesta contro la riforma delle pensioni
Anche il vescovo di Barra do Piraí-Volta Redonda, mons. Francesco Biasin, ha esortato ad aderire alla mobilitazione. "Invito tutti - ha detto il presule in un video pubblicato sul sito della sua diocesi - a partecipare e a chiedere giustizia e dignità". "E' una causa giusta tutelare i diritti acquisiti, in difesa della vita e della dignità di tutti, specialmente i poveri e gli indifesi". Lo sciopero – ricorda l’agenzia Fides - è stato indetto da tutti i sindacati brasiliani in segno di protesta contro le riforme delle pensioni e del lavoro proposte dal governo del presidente Michel Temer.

Prevista l’eliminazione di alcuni diritti dei lavoratori
Le riforme prevedono, tra l’altro, l’innalzamento dell'età minima per andare in pensione e l’eliminazione di alcuni diritti dei lavoratori. Gli obiettivi di tali provvedimenti, secondo l’esecutivo brasiliano, sono quelli di ridurre il deficit di bilancio e di favorire la creazione di posti di lavoro. "Facciamo vedere ai nostri leader – ha affermato mons. mons. Francesco Biasin - la nostra indignazione per quanto riguarda le riforme imposte alla popolazione senza dialogare con la società civile organizzata”. “Esprimiamo – ha concluso - il nostro desiderio di costruire un Brasile migliore per tutti”. (A.L.)

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Argentina, i vescovi: “no” a restrizione diritti migranti

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Si deve convertire l’ostilità in ospitalità, il rifiuto in accoglienza. E’ quanto sottolinea la Conferenza episcopale argentina in una nota nella quale esprime anche la propria contrarietà a modifiche della legge 25871 sulle migrazioni. Si tratta di un articolato complesso normativo che riconosce la migrazione come un diritto umano inalienabile. “Non è permesso in nessun caso - stabilisce in particolare l’articolo 8 - negare o restringere il diritto alla salute, all’assistenza sociale o all’attenzione sanitaria a tutti gli stranieri che lo necessitano, a prescindere dalla loro situazione migratoria”.  La legge 25871, considerata una delle più innovative in materia di migrazione, è stata approvata nel 2004 dopo anni di dibattiti ai quali hanno partecipato, tra gli altri, varie forze politiche, diversi ministeri, Ong, rappresentanti di comunità di migranti e della Chiesa cattolica.

I vescovi: si continui a promuovere la cultura della solidarietà
“L’Argentina - si legge nel documento diffuso nei giorni scorsi - ha sempre accolto come fratelli e figli i migranti di tutto il mondo e in particolare negli ultimi decenni, quelli dei Paesi confinanti e dell’America Latina”. “Promuovere lo sviluppo di una cultura del rispetto e della solidarietà - sottolineano i presuli - deve continuare a distinguerci”. “La Chiesa cattolica - si sottolinea nella nota - riconosce diversi volti di ‘poveri ed esclusi’ nella nostra nazione, tra cui quelli dei migranti”. “Spesso - aggiungono i vescovi - vivono in situazioni di povertà e di emarginazione e talvolta sono accusati di essere i responsabili dei mali della nostra società”.

Non necessarie modifiche della riforma della legge sulle migrazioni
Dopo queste considerazioni segue una domanda: esistono dati – chiedono i presuli argentini – che giustificano la riforma della legge 25871 attraverso un decreto di necessità ed urgenza? I vescovi argentini ricordano infine le parole di Papa Francesco nel messaggio del Pontefice per la Giornata Mondiale del Migrante e del rifugiato del 2016. “La Chiesa - si legge nel messaggio - affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Siria: al via progetto per curare le ferite nascoste dei bambini

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Con il Centrafrica, anche la Siria. Così Papa Francesco ha esortato la presidente dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, Mariella Enoc, a realizzare progetti di assistenza per una popolazione afflitta da sei anni di guerra. Lo ha raccontato lei stessa, aprendo stamani a Roma il convegno: “Siria. I bambini e la guerra, le ferite nascoste”, durante il quale è stata presentata una nuova iniziativa a favore dei piccoli siriani colpiti dai disturbi post-traumatici da stress. “Un piccolo progetto, ma ogni goccia fa un oceano”, ha detto riprendendo le parole di Madre Teresa di Calcutta. Il servizio di Giada Aquilino: 

Quasi 6 milioni di bambini siriani vivono sotto i bombardamenti. Di questi, circa 3 milioni sono cresciuti vedendo solo la guerra. Un’intera generazione non conosce nessun altro scenario, nessun’altra realtà. Parte da tale constatazione il progetto di collaborazione tra Bambino Gesù e Fondazione Giovanni Paolo II, il cui scopo è quello di fornire assistenza specializzata ai piccoli siriani colpiti dai disturbi post-traumatici da stress. Se n’è parlato al convegno svoltosi all’ospedale pediatrico della Santa Sede, a cui è intervenuto padre Firas Lutfi, superiore del Collegio francescano di Terra Santa di Aleppo:

R. – Oggi la situazione è più tranquilla ad Aleppo, ma la guerra non si è fermata in tutta la Siria. Sono tante le città in cui si combatte e c’è violenza, ma la particolare situazione dei bambini è molto drammatica: sono loro che hanno subito i maggiori torti, la violenza, lo stress e tutte le conseguenze di una terribile guerra che dura da ben sei anni. Si sta ora elaborando un progetto a livello psicologico per i bambini in varie città della Siria: a Damasco, a Homs, ad Aleppo. Ad Aleppo sono il responsabile di questo progetto, che darà una mano a curare le ferite, i traumi, ma anche ad aiutare i bambini a sviluppare i loro talenti e ad avere un sistema di prevenzione dei problemi psicologici creatisi in questa situazione. Si tratta di una cura soprattutto attraverso l’arte: la musica, lo sport, la pittura… I ragazzi di Aleppo sono centinaia di migliaia e questo progetto certamente non coprirà tutti i bisogni, però certamente quelli di centinaia di ragazzi che frequentano il nostro convento.

D. – C’è una testimonianza, un racconto di uno dei bambini seguiti da voi che l’ha particolarmente colpita?

R. – Una ragazza di 14 anni che ha vissuto l’esperienza di un bombardamento: lei si è salvata dalla bomba, però ogni volta che sente un rumore incomincia a venirle voglia di buttarsi giù dal balcone. Poi c’è un disegno – terrificante – di un ragazzo che seppellisce il babbo e la mamma e poi dice: “O morte, io non ho più paura di te! Quello che è più tremendo è vivere”. Ecco, due esperienze veramente toccanti, che rispecchiano la gravità della situazione: i ragazzi vedono nella stessa vita il terrore.

In Siria, due bambini su tre dicono di aver perso qualcuno che amavano, la loro casa è stata bombardata o sono rimasti feriti a causa del conflitto, molti adolescenti fanno uso di droghe, le violenze domestiche sono aumentate. Tanti piccoli soffrono di insonnia, perdita della parola, disturbi di autolesionismo, minzione involontaria. Sono soltanto alcune delle facce della tragedia siriana, come spiega suor Yola Girgis, superiora della comunità di Damasco delle suore francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria:

R. – La cosa più importante che manca ai bambini è un posto per giocare, l’aria pulita, senza bombe, senza la paura che un giorno entreranno i terroristi a prendere il loro quartiere. I bambini soffrono perché tanti dei loro padri sono andati via o sono morti o sono ancora in guerra a prestare servizio militare. Poi, mancano le medicine: abbiamo purtroppo tanti bambini malati di cancro e non ci sono medicine per curarli.

D. – Come questa nuova iniziativa può aiutare i bambini siriani?

R. – Abbiamo saputo che questa iniziativa è partita da Papa Francesco e questo ci ha dato molto coraggio e molta forza per andare avanti. Purtroppo, notiamo nei disegni dei bambini molto dolore. Però, vediamo la loro speranza quando ballano, quando noi insegniamo dei canti animati da loro e sono contenti. Loro ballano perché sentono la certezza di essere sicuri con noi, in mezzo a noi. E sentono che noi li amiamo e che rimaniamo con loro.

Un progetto di tre anni, quello del Bambino Gesù e della Fondazione Giovanni Paolo II, con l’obiettivo di “formare i formatori” impegnati con gli operatori siriani nel trattamento dei bambini affetti da disturbi post-traumatici da stress. Il prof. Federico Vigevano è direttore del dipartimento di Neuroscienza del Bambino Gesù:

R. – La sindrome post-traumatica da stress è l’insieme di tutte quelle conseguenze sul piano psicologico e psichiatrico che derivano da eventi traumatizzanti, in questo caso la guerra. Sono conseguenze che si possono trattare, purché si faccia affidamento su personale estremamente qualificato. Quindi, il progetto è quello di fare un’educazione degli operatori che poi interverranno nelle varie sedi in Siria. Si tratta di fare una psicoterapia mirata, tenendo presente che i migliori risultati si ottengono nelle terapie individuali, rispetto alle terapie di gruppo. Però, il numero dei ragazzi è così alto che per forza di cose dovremmo organizzare degli interventi di psicoterapia di piccoli gruppi per brevi periodi.

Ancora una testimonianza, dunque, della sollecitudine del Papa e della Santa Sede per quella che Francesco ama definire la “cara” popolazione siriana, come spiega l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati:

R. – Papa Francesco è un uomo molto concreto, che non vuole dire soltanto parole ma vorrebbe che noi cristiani cattolici rispondessimo ai guai, ai conflitti e alle sofferenze del mondo in maniera molto concreta. E questo mi sembra un progetto molto concreto, soprattutto in favore della speranza, perché si tratta di bambini e ragazzi che sono la speranza sia del loro Paese, sia della loro comunità di fede.

D. – Come la comunità internazionale in questo momento può dare un segno concreto di speranza alla Siria?

R. – La comunità internazionale deve premere sempre di più per una soluzione politica e diplomatica del conflitto, trovare una strada per la transizione, per la fine del conflitto, della guerra e della sofferenza di questo popolo.

D. – In questo momento di tensione in Siria, ma anche con la Corea del Nord, il presidente statunitense Donald Trump vorrebbe incontrare il Papa, quando sarà in Italia per il G7 di Taormina. Quanto è importante ora un incontro del genere?

R. – Un incontro tra uomini che portano grandi responsabilità di fronte alle loro comunità e alla comunità internazionale è sempre positivo: scambiare idee, incoraggiarsi vicendevolmente nel giusto cammino della pace e della speranza.

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Ballottaggio in Francia. Chiesa ribadisce valori fondamentali

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Nessuna indicazione di voto, ma solo elementi di discernimento per una democrazia responsabile: questo il motivo per cui i vescovi francesi hanno diffuso una nota, dopo il primo turno delle elezioni presidenziali, svoltesi domenica scorsa. A contendersi la poltrona di Capo dello Stato, al ballottaggio del prossimo 7 maggio, saranno Emmanuel Macron, esponente del centrosinistra liberale, e Marine Le Pen, rappresentante dell’estrema destra del Front National.

Richiamo al bene comune ed alla tutela dei più fragili
“Custode del messaggio evangelico che ispira la dottrina sociale – si legge nella nota episcopale – la Chiesa cattolica ricorda alcuni principi fondamentali come il bene comune, l’attuazione della fraternità, l’attenzione per i più fragili, la dignità della persona umana, la sussidiarietà”. Di qui, il richiamo dei presuli ad un dibattito lontano da “isterismi”, in cui “la religione abbia un suo ruolo”.

Famiglia, strumento di coesione sociale
Al contempo, la Cef richiama l’importanza della famiglia, perché è “sostenendo la famiglia che si può progredire nella coesione sociale”. In quest’ottica, lo Stato deve “mettere in atto strumenti efficaci riguardo ai poveri, agli anziani, ai disabili ed ai disoccupati”, gestendo “positivamente la tensione tra il liberalismo incontrollato e la salvaguardia delle tutele sociali”.

Migranti, impegno di tutta l’Europa
Centrale, poi, l’accento sulla questione dei migranti: “Di fronte a Paesi che ospitano milioni di rifugiati – scrive la Cef – come potremmo noi tirarci indietro davanti alla prospettiva di accogliere ed integrare migliaia di queste persone?”. Per questo, “la solidarietà deve essere esercitata a livello europeo – ribadiscono i presuli – l’Europa deve impegnarsi con coraggio, implementando un vero sostegno ai Paesi di origine dei flussi migratori”.

Salvaguardia del Creato per costruire mondo più giusto
Infine, i vescovi d’Oltralpe ricordano “la responsabilità comune” di tutti nei confronti della salvaguardia del Creato: “ripensare i modelli di consumo ed inventare un mondo meno distruttivo e più giusto” è il monito della Cef. “La fede cristiana invita alla speranza – conclude poi il testo – per costruire una società più fraterna nelle diversità e più rispettosa di ciascuno”. (I.P.)

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Presidenziali in Corea del Sud: l'appello dei vescovi

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Analizzare il programma dei candidati alle elezioni presidenziali in relazione agli insegnamenti della Chiesa cattolica: è quanto propone la Conferenza dei vescovi della Corea (Cbck), in un rapporto pubblicato in questi giorni. Le votazioni per il Capo di Stato si terranno il 9 maggio, ma intanto dal 17 aprile è iniziata la campagna elettorale.

Temi principali: cure palliative, pena di morte, disoccupazione giovani
A redigere il documento episcopale, sono stati la Commissione Giustizia e pace ed il Comitato di bioetica al servizio dell’ecologia e dell’ambiente e per la riconciliazione del popolo coreano. A tal proposito, i presuli hanno chiesto ai candidati di rispondere ad una lista di 31 domande. Le prime tre, nello specifico, riguardano lo sviluppo delle cure palliative (particolarmente importante in un Paese come la Corea del Sud, in cui l’invecchiamento della popolazione è rapido e preoccupante), la pena di morte (ancora sancita dalla legge, anche se non sono state eseguite sentenze capitali da almeno dieci anni) e l’occupazione giovanile (secondo gli ultimi dati dell’Ocse, il 9% dei ragazzi tra i 15 ed il 24 anni è disoccupato).

Poche risposte
Attualmente, come riferito da mons. mons Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon e presidente del Comitato per la Giustizia e la Pace, non tutti i candidati hanno risposto alle domande della Chiesa cattolica, sostenendo che “gli elettori devono prendere la loro decisione sulla base dei programmi politici”.

Contesto elettorale difficile
Da ricordare che la campagna elettorale si sta svolgendo in un contesto particolarmente difficile per il Paese, creatosi a seguito della decadenza della presidente Park Geun-hye, La donna è stata la prima presidente eletta democraticamente ad essere rimossa dalla Corte costituzionale il 10 marzo, dopo la convalida dell'impeachment votato dal parlamento il 9 dicembre su uno scandalo su corruzione e abuso di potere. Al momento, il candidato in testa nei sondaggi è Moon Jae-in, esponente del Partito Democratico, sconfitto dalla stessa Park nella tornata elettorale del 2012. (I.P.)

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Cei: lavoro è priorità, Alitalia è anche responsabilità del passato

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Anche la Chiesa celebra il Primo Maggio, festa dei lavoratori, e lo fa preparando la Settimana Sociale dei cattolici che si svolgerà ad ottobre a Cagliari. In conferenza stampa, i vescovi ricordano che il lavoro resta un'emergenza nazionale e si dicono preoccupati per l’evolversi della vertenza Alitalia. Alessandro Guarasci: 

Il lavoro è associato al senso della vita. Un concetto però non facile da declinare in un Paese come l’Italia che ha una disoccupazione al 12%, in cui quasi il 40% dei giovani non ha un lavoro. E in vista delle Settimane Sociali di Cagliari dal 26 al 29 ottobre, i vescovi chiedono che il lavoro diventi motore di sviluppo per intere comunità. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino:

“Ridare speranza chi purtroppo non riesce a vivere il lavoro e di lavoro, proprio per recuperare dignità per se stesso, per la propria famiglia. I vescovi - proprio perché stanno sul territorio, proprio perché molte volte sono coloro ai quali la gente va a chiedere lavoro, va a parlare della mancanza di lavoro - vogliono far sentire la loro vicinanza e la loro voce per invitare coloro i quali hanno la possibilità, hanno le responsabilità, a non mettere mai in secondo  piano questo, tema, questa realtà”.

Questo però è un Primo Maggio difficile, per la vertenza Alitalia. Le responsabilità risalgono anche al passato, dice mons. Galantino:

“Io inviterei a rileggersi un poco quello che fu detto quando si rifiutò l’alleanza con Air France e con Klm. Allora qualcuno disse: “Attenti, perché quella che state facendo in nome dell’italianità è una bella pezza - o brutta pezza - a colori che prima o poi noi pagheremo”.

Dunque, “chi non risolse i problemi allora non può tirarsi fuori, ha reso molto più complicata la situazione".

La mancanza di lavoro è una vera emergenza al Sud, dove spesso la produzione crea problemi all’ambiente e alla salute, si veda l’Ilva di Taranto. Il vescovo della città mons. Filippo Santoro:

“È importante che chi ci governa, qualunque sia il governo, faccia  del Mezzogiorno un’effettiva priorità. Perché? Perché normalmente si fa un discorso di crescita in genere, ma se cresce in genere, cresce anche la forbice della distanza tra il Sud e il Nord”.

Fondamentale per far ripartire il lavoro è il credito. Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse e vicepresidente del comitato delle Settimane Sociali:

“Ritengo che in generale l’industria bancaria italiana nonostante una serie di difficoltà strutturali, di ritardi anche infrastrutturali complessivi abbia fatto il suo dovere come Paese. Occorre tener conto che nelle fasi di crisi le banche di territorio riescono a dare un contributo sia economico sia sociale particolare”. 

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Madri della Terra: la cura del Creato dal punto di vista delle donne

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Un confronto sulla cura del Creato vista dalla prospettiva delle donne appartenenti alle grandi religioni. E’ stato questo l’obiettivo dell’incontro Madri della Terra che si è svolto ieri pomeriggio al Galoppatoio di Villa Borghese nell’ambito del Villaggio per la Terra promosso da Earth Day Italia e Movimento dei Focolari. All’incontro, realizzato in collaborazione con Religions for Peace Italia, hanno partecipato sette donne come rappresentanti delle differenti religioni nel mondo. Il servizio di Marina Tomarro: 

Un impegno comune per la salvaguardia della terra perché in ogni testo sacro il creato viene descritto come un dono del Signore, che parla il linguaggio universale dell’amore verso il prossimo. E’ partito da questa riflessione l’incontro Madri della Terra. Ascoltiamo il commento della Suora Francescana dei Poveri Tiziana Longhitano, membro del gruppo ‘Custodia del Creato’ della Conferenza Episcopale italiana:

R. - Essere donna significa prendersi cura, avere una responsabilità per la vita, rispondere quindi della vita che c’è nel mondo. E poi c’è anche una solidarietà tra le donne, io l’ho sperimentato anche tra noi, anche se non ci conoscevamo prima. Subito è scattato qualcosa tra noi e questa è un’altra delle idee forti, per esempio, dell’Enciclica di Papa Francesco. Ma c'è anche un bisogno ecologico del nostro tempo, perché Francesco parla di ecologia umana integrale che interpella la persona in tutte le sue dimensioni.

La Terra viene paragonata ad una madre che accoglie e alimenta i suoi figli gratuitamente e con amore, come ci spiega Shahrazad Houshmand, teologa musulmana iraniana:  

R. - La terra giustamente viene chiamata madre e allora radunare le donne perché riflettano sul disagio che noi esseri umani abbiamo creato contro la nostra amata "casa Terra" che ci accoglie veramente come una madre, che ci nutre, ci illumina e ci ospita gratuitamente partendo proprio dalla madre che fa un lavoro simile, offrendo la vita, con l'accoglienza, con il nutrimento, potrebbe essere una svolta in una lettura critica di ciò che facciamo di male alla nostra comune casa.

La distruzione dell’ambiente rappresenta una minaccia terribile quanto reale alla convivenza umana e la più alta forma di negazione di Dio. Per questo diventa sempre più  necessaria l’educazione delle giovani generazioni verso il rispetto e la cura della casa comune. Ascoltiamo il commento di Anna Di Segni Coen, della Comunità ebraica di Roma:

R - La nostra idea è che solo dalla collaborazione tra le varie fedi è possibile fare un’azione comune verso questo rispetto che poi è in linea con quello che Papa Francesco dice dall’inizio del suo mandato perché il fatto di salvaguardare il Creato è come salvaguardare noi stessi. Quindi, inculcare nei giovani questa idea, anche inculcando l’idea che tutte le religioni sono d’accordo su questo principio, è molto importante, è basilare. Noi lo teniamo molto presente e quindi siamo molto impegnate in questa azione.

L’amore comune per il Creato è anche una strada per un maggiore incontro tra le differenti religioni, come sottolinea Mariangela Falà, presidente della Fondazione Maitreya, dell'Istituto di Cultura Buddista:

R - Noi viviamo in una casa comune e la casa comune è bella quando è pulita, quando è luminosa, quando le finestre si aprono. Quindi il dialogo è l’apertura delle finestre e il sole che batte su ogni finestra è lo stesso sole.

L'incontro - che si è concluso con la lettura di brani di otto religioni diverse sul tema della cura della Terra sulla Terrazza del Pincio - ha fatto anche da cornice finale a questa edizione del Villaggio per la Terra. Ascoltiamo alcuni commenti di chi ha partecipato a queste cinque intense giornate:

R - Intanto questo luogo è diventata la casa per moltissime realtà, per cui questo Villaggio per la Terra è diventato il posto dove si entra in sinergia e si scambiano esperienze, convinzioni, passione… Si esce con la convinzione che la Terra può essere veramente la casa comune di tutti, basterebbe già questo. Quindi ognuno di noi con la sua diversità in qualche modo è testimonianza della biodiversità che esiste nella Terra.

R - Io personalmente ho partecipato al flashmob per la pace. Ci è stato chiesto di creare qualcosa per la pace e abbiamo pensato di mettere su un flashmob che coinvolgesse non solo i giovani ma anche le mamme, i papà, i nonni, le nonne e soprattutto i bambini. In questo caso, nel nostro flashmob, erano i bambini che ci salvavano dal male ed è stato bello vedere come la gente si sia fermata e abbia capito il messaggio che noi volevamo dare: un messaggio di pace.

R - Abbiamo preso più coscienza del rispetto che noi dobbiamo avere per il Creato che Dio ci ha dato e che quindi dobbiamo salvaguardare sia per noi per vivere meglio sia per apprezzare tutto ciò che ci è stato donato.

R. - E’ la prima volta che faccio questa esperienza e ho visto che si può collaborare insieme, tante associazioni diverse: fare qualcosa di veramente bello per tanti giorni e farlo nella pace, nonostante le diversità. Questo è ciò che mi rimane.

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Libro di mons. Azevedo su Fatima: responsabilità per il bene comune

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Tante informazioni inedite dell’Archivio Segreto Vaticano sull’azione del primo vescovo della Diocesi di Leiria in merito a Fatima e sulla politica del Portogallo tra il 1917 e il 1930, sono contenuti in un libro appena pubblicato in portoghese: “Fatima - Dalle visioni dei pastorelli alla visione cristiana”, di mons. Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, delegato del Pontificio Consiglio della Cultura. A parlarne stamani a Roma, in un incontro, lo stesso mons. Azevedo. A breve, infatti, i prossimi 12 e 13 maggio, in occasione del centenario delle Apparizioni, Papa Francesco si recherà proprio a Fatima. Il servizio di Debora Donnini

Era un tempo di persecuzione per la Chiesa cattolica in Portogallo, quello in cui si inscrivono le Apparizioni della Vergine a Fatima. Eppure furono proprio i giornali laici e contrari alla fede cristiana, a parlare delle visioni dei pastorelli, dando però così eco a quegli avvenimenti. Mons. Azevedo illustra il quadro storico delle Apparizioni ai tre pastorelli. Sul fenomeno del “sole che ballava”, il 13 ottobre del 1917, mons. Azevedo sottolinea che non era un evento metereologico impossibile ma che certamente tre pastorelli non potevano avere nozioni metereologiche per poter prevedere prima che si sarebbe verificato un evento così particolare. Tanti aspetti emergono dalla narrazione del presule ma importante - evidenzia - è soprattutto riflettere sull’incidenza storica delle visioni di Fatima. Lo abbiamo intervistato, a partire dal significato della visita pastorale del Papa i prossimi 12 e 13 maggio:

R. – Papa Francesco sa che Fatima è un luogo dove la vicinanza di Dio ai problemi dell’umanità è chiara, e questa vicinanza è il motivo che lo porta ad andare a trovare speranza per questo mondo odierno, con minacce di guerre, con mancanza di decisioni economiche e politiche che portino ad un futuro diverso.

D. – Lei ha sottolineato l’attualità del messaggio di Fatima. Qual è secondo lei?

R. – Richiamare l’attenzione sulla responsabilità che tutti abbiamo per il bene comune dell’umanità, perché siamo globali nell’economia e nelle conseguenze dei comportamenti finanziari e non siamo globali nella solidarietà e nelle misure più adatte per adoperare le risorse per il bene comune di tutti. E Papa Francesco attualizzerà questo messaggio profetico, che dice che i cristiani, anche se sono perseguitati in molte parti del mondo, devono continuare a lottare per questo bene comune dell’umanità. Il Papa non difende interessi di nessun blocco, di nessun partito, ma difende il bene dell’umanità.

D. – Poi, lei ha detto anche che le polemiche, le ipotesi su una parte del Messaggio che non sarebbe stata resa nota, sono del tutto infondate …

R. – Veramente, non hanno nessun fondamento storico. Sappiamo che è sempre possibile, fra le righe, fare interpretazioni, invenzioni che non hanno fondamento storico. Tutti i documenti sono stati pubblicati nei primi anni, adesso ci sarà la raccolta di tutti i testi di suor Lucia e l’edizione critica delle sue memorie, le risposte che ha dato al rettore del Santuario alla fine degli anni Novanta. Lei risponde a tutte queste domande e chiarisce tutto, proprio Lucia di suo pugno.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 116

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.