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Sommario del 30/04/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa al Regina Coeli: in Venezuela cessi la violenza, si cerchi soluzione alla crisi

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Le notizie drammatiche che giungono dal mondo e in particolare dal Venezuela, al centro del pensiero di Papa Francesco oggi al Regina Coeli recitato direttamente da Piazza San Pietro al termine dell’incontro con l’Azione Cattolica Italiana. Il servizio di Adriana Masotti

"Non cessano di giungere drammatiche notizie sulla situazione in Venezuela", esordisce il Papa, e l’aggravarsi nel Paese degli scontri, con morti, feriti e persone arrestate.

"Mentre mi unisco al dolore dei familiari delle vittime, per le quali assicuro preghiere di suffragio, rivolgo un accorato appello al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione".

Il Papa affida alla Vergine Maria l’intenzione della pace, della riconciliazione e della democrazia in quel Paese, come prega per tutti i Paesi che attraversano gravi difficoltà, in particolare in questi giorni la Repubblica di Macedonia. Francesco ricorda poi che la Chiesa ha una nuova Beata, Leopoldina Naudet, fondatrice delle Suore della Sacra Famiglia, beatificata ieri a Verona e che in Italia ricorre oggi la Giornata per l’Università Cattolica del Sacro Cuore:

"Incoraggio a sostenere questa importante istituzione, che continua a investire sulla formazione dei giovani per migliorare il mondo".

E a proposito di formazione il Papa esprime apprezzamento per l’iniziativa della “domenica biblica” organizzata in Polonia dove nelle chiese, nelle scuole e nei mass media viene letta una parte della Sacra Scrittura. Infine la gratitudine a “Maria nostra Madre” per il viaggio apostolico in Egitto che, dice. ho appena compiuto.

"Chiedo al Signore che benedica tutto il popolo egiziano, tanto accogliente, le autorità e i fedeli cristiani e musulmani, e che doni pace a quel Paese".

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Papa ad Azione Cattolica: non comodi in poltrona ma andare alle periferie

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L’Azione Cattolica Italiana inizia i festeggiamenti per i 150 anni della sua fondazione con l’incontro, stamani, con il Papa. Fin dal suo giro in papamobile, lo accoglie una Piazza San Pietro gioiosa, gremita da circa 70mila persone, tra soci italiani e rappresentanze dell’Associazione di tutto il mondo. Nel suo discorso Francesco chiede di non camminare con gli occhi all’indietro, ma di essere discepoli-missionari raggiungendo le periferie. Presente in Piazza anche il sindaco di Roma, Virginia Raggi. Il servizio di Debora Donnini

La Chiesa “è riconoscente” all’Azione Cattolica, per questi 150 anni di vita: “una storia di passione per il mondo e per la Chiesa”, una storia di laici di ogni età, iniziata dal sogno di due giovani, Mario Fani e Giovanni Acquaderni. E’ un discorso gioioso e interrotto più volte dagli applausi quello di Francesco. “Anche per me è un po’ aria di famiglia”, dice ricordando che suo padre e sua nonna erano dell’Azione Cattolica. Una storia ripercorsa nel momento di festa, che ha preceduto il suo arrivo e sottolineata dagli interventi del presidente e dell’assistente ecclesiastico dell’Associazione, Matteo Truffelli e mons. Gualtiero Sigismondi.

Andare nelle periferie e lì essere Chiesa: è l’esortazione che Francesco rivolge, ribadendo l’invito alla missione del discorso di giovedì scorso. Apertura e non chiusura, è il suo monito:

“Avere una bella storia alle spalle non serve però per camminare con gli occhi all’indietro, non serve per guardarsi allo specchio, non serve per mettersi comodi in poltrona! Non dimenticare questo, eh! Non camminare con gli occhi all’indietro, farete uno schianto!”.

Mettersi comodi in poltrona tra l’altro, aggiunge scherzando, ingrassa e fa male al colesterolo:

“Vi incoraggio a continuare ad essere un popolo di discepoli-missionari che vivono e testimoniano la gioia di sapere che il Signore ci ama di un amore infinito, e che insieme a Lui amano profondamente la storia in cui abitiamo. Così ci hanno insegnato i grandi testimoni di santità che hanno tracciato la strada della vostra associazione, tra i quali mi piace ricordare Giuseppe Toniolo, Armida Barelli, Piergiorgio Frassati, Antonietta Meo, Teresio Olivelli, Vittorio Bachelet. Azione Cattolica, vivi all’altezza della tua storia! Vivi all’altezza di queste donne e questi uomini che vi hanno preceduto”.

Francesco chiede anche di mettersi sempre a servizio delle diocesi, attorno ai vescovi, sempre nella parrocchia, che non è - ricorda sulla scia di Evangelli gaudium - una struttura caduca ma uno spazio in cui le persone possono sentirsi accolte così come accompagnate in percorsi di maturazione. “Questo è vero però solo se la parrocchia non si chiude in sé stessa, se anche l’Azione Cattolica che vive in parrocchia non si chiude in sé stessa”, dice, ma aiuta la parrocchia perché rimanga con la vita del popolo. Ogni iniziativa sia quindi “destinata all’evangelizzazione, non all’autoconservazione”:

“Come è accaduto in questi centocinquanta anni, sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico, - mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con maiuscola! - attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale.”

“Allargate il vostro cuore per allargare il cuore delle vostre parrocchie”, conclude il Papa esortando ad essere “viandanti della fede”, per abbracciare tutti, specialmente i poveri:

“Cari ragazzi, giovani e adulti di Azione Cattolica: andate, raggiungete tutte le periferie! Andate, e là siate Chiesa, con la forza dello Spirito Santo”.

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L'Azione Cattolica in piazza S. Pietro: siamo una famiglia

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Grande gioia e festa questa mattina in piazza San Pietro gremita da circa 70mila persone dell’Azione Cattolica Italiana che oggi ha iniziato i festeggiamenti per i 150 anni della sua fondazione. Ascoltiamo i commenti raccolti da Marina Tomarro 

R.  – L’Azione Cattolica dà una spinta in più nella vita, ti senti più forte in tutto quello che fai, è una carica emotiva infinita, da quando sei “acierrino”, passando per giovanissimo, educatore, per sempre, veramente.

D. – A te cosa lascia l’Azione cattolica?

R.  – L’entusiasmo nei confronti di tutte le cose: il lavorare, il formarsi sempre, il confrontarsi con qualsiasi persona, qualsiasi religione, avere sempre uno sguardo aperto a tutto quello che ci circonda.

R.  – Il fatto che questo è un percorso che ci fa sentire tutti quanti famiglia, in qualsiasi parte d’Italia ci troviamo. Per chi, come me ci sta da 10 anni l’Azione cattolica è casa, era dovuto essere qui oggi.

R. – Far parte dell’Azione cattolica significa imparare a condividere perché la condivisione è qualcosa di veramente grande che ci fa sentire vivi ogni giorno.

D.  – Il Papa vi ha invitato ad essere viandanti della fede, cosa vuol dire, in che modo rispondere a questa sua esortazione?

R. – Io direi uscire dalle nostre parrocchie, fare qualcosa al di fuori della nostra parrocchia, far capire ai giovani di oggi che è bello stare con gli altri.

D. – Come si porta la parola di Dio anche al di fuori della parrocchia?

R. – Nella vita di tutti giorni con i gesti concreti di amicizia e di condivisione.

R. - Facendo gli educatori diciamo ai ragazzi che ognuno lavora iniziando dal piccolo, quindi il nostro andare all’esterno è cominciare già dai propri genitori, dai propri amici, dal proprio ambiente perché lì comincia il nucleo dell’amicizia che poi diventa famiglia e comunità.

R. –  Noi facciamo anche “L’estate ragazzi” dove cerchiamo di coinvolgere anche quei ragazzi che non hanno la possibilità di conoscere la nostra realtà e magari poi farli entrare nei nostri gruppi.

D. – Il Papa vi ha chiesto di essere aperti verso il dialogo soprattutto verso chi la pensa differentemente, in che modo rispondete?

R. - Cercando di aiutarli e di cercando di avere un dialogo anche con quelli che si professano atei, che sono la maggior parte soprattutto nei contesti che frequentiamo, come l’università, e cercare di creare un contatto con loro e di capire anche le loro esigenze, di trasmettere questa grande passione che abbiamo.

R. – Ciao Papa Francesco! Dai ragazzi dell’Azione Cattolica!

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Papa sull'aereo: Nord Corea, soluzione attraverso diplomazia

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Dalla crisi nucleare nordcoreana al caso Regeni, dalle migrazioni alle proteste in Venezuela, dal ruolo dell’Onu al cammino ecumenico. Sono solo alcuni dei temi toccati dal Papa nella conversazione coi giornalisti, sul volo di ritorno dal Cairo. Francesco ha ricordato che, con quello in Egitto, sono saliti a 18 i viaggi apostolici compiuti, confessando anche che gli sarebbe “davvero” piaciuto andare a visitare le Piramidi. Il servizio di Giada Aquilino

La “strada della diplomazia”, unica soluzione alla crisi nordcoreana. Sollecitato dai giornalisti, Papa Francesco riflette su pericoli e minacce di una guerra nucleare, richiamando i leader coinvolti al “negoziato”:

Nord Corea
“Questa guerra mondiale a pezzi, della quale vengo parlando da due anni fa, più o meno, è a pezzi, ma i pezzi [si] sono allargati e anche si sono concentrati. Si sono concentrati in punti che già erano caldi, perché questo dei missili della Corea è da un anno lungo, che si sta facendo, ma adesso sembra che la cosa [si] sia riscaldata troppo. Io chiamo sempre a risolvere i problemi sulla strada diplomatica: per il negoziato … perché è il futuro dell’umanità. Oggi una guerra allargata distruggerà non dico la metà dell’umanità, ma una buona parte dell’umanità e della cultura … tutto, tutto”.

Il ruolo dell'Onu
L’umanità, ribadisce, “non sarebbe capace di sopportare” tanto. Il Pontefice guarda alle aree geografiche “dove ci sono fuochi di guerra”, dal Medio Oriente all’Africa: parla di Paesi mediatori, come la Norvegia, ma anche degli organismi internazionali:

“Credo che le Nazioni Unite abbiano il dovere di riprendere un po’ la loro leadership, perché si è annacquata, si è annacquata un po’”.

Il presidente Trump
In questo quadro, c’è chi chiede al Papa se riceverà il presidente statunitense Trump, quando sarà in visita in Italia, per il G7 di Taormina. Francesco non è stato ancora informato a proposito di una richiesta in tal senso, ma ribadisce:

“Io ricevo ogni capo di Stato che chiede udienza”.

La crisi in Venezuela
Quindi un’altra crisi internazionale, quella delle proteste anti Maduro in Venezuela e gli scontri che proseguono da settimane. Francesco, per questo Paese che - assicura - ama “molto”, ricorda i tentativi di mediazione portati avanti da quattro presidenti ma poi falliti, quindi l’impegno della Santa Sede. E assicura:

“Todo lo que…
Tutto ciò che può essere fatto per il Venezuela, deve essere fatto”.

I migranti
Lo sguardo del Papa, rispondendo ad una domanda sui populismi in Europa e sulle presidenziali in Francia, si sofferma su un’altra grande emergenza di oggi: le migrazioni:

“E’ vero che l’Europa è in pericolo di sciogliersi: questo è vero. L’ho detto soavemente a Strasburgo, l’ho detto più fortemente nel Carlo Magno e ultimamente senza nuances. Dobbiamo meditare su quello soltanto, no? L’Europa che va dall’Atlantico agli Urali … che … C’è un problema che spaventa l’Europa e forse alimenta: il problema delle migrazioni. Questo è vero. Ma non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dai migranti: secoli e secoli di migranti … siamo noi … Ma è un problema che si deve studiare bene, anche rispettare le opinioni … ma opinioni oneste che una discussione politica con le maiuscole, grande: una Grande Politica, non con la piccola politica del Paese che alla fine finisce cadendo”.

I campi di rifugiati
E a chi gli chiede se la definizione “campi di concentramento” usata durante la visita a San Bartolomeo all'Isola Tiberina per indicare certi campi rifugiati sia stata un lapsus, il Papa ribadisce:

“Ci sono campi di rifugiati che sono veri campi di concentramento. C’è qualcuno forse in Italia, qualcuno da un’altra parte … in Germania no, di sicuro. Ma lei pensi cosa fanno le persone che sono chiuse in un campo e non possono uscire: lei pensi a quello che è successo nel Nord Europa quando volevano attraversare il Mare per andare in Inghilterra: sono chiusi dentro”.

Il caso Regeni
Quindi, a proposito dei colloqui avuti in Egitto, in particolare col presidente Al Sisi, la stampa italiana chiede se si sia parlato del caso di Giulio Regeni. Francesco dice che si è trattato di colloqui privati e “per rispetto”, aggiunge, va mantenuta la riservatezza, ma a proposito del giovane ricercatore friulano ucciso in Egitto ad inizio 2016 chiarisce:

“Io sono preoccupato, dalla Santa Sede mi sono mosso in quel tema perché anche i genitori me l’hanno chiesto; la Santa Sede si è mossa. Non dirò come né dove, ma ci siamo mossi”.

L'importanza dei valori
A proposito dell’importanza della pace, dell’armonia tra i popoli, dell’uguaglianza dei cittadini “qualsiasi sia la religione che professino”, sottolineata dal Papa al Cairo, Francesco evidenzia il ruolo cruciale dei valori:

“Io parlo dei valori e ognuno veda e giudichi se questo governo o questo Stato, o quello di là o quello di là, porta avanti quei valori”.

Il cammino ecumenico
Oggi “ci sono più martiri che nei primi secoli, in Medio Oriente soprattutto”, osserva Francesco a proposito delle persecuzioni dei cristiani. Un tema molto sentito, anche a livello ecumenico, in un dialogo che si fa camminando:

“L’ecumenismo si fa in cammino, con le opere di carità, con le opere di aiutare, fare le cose insieme quando si possono fare insieme … Non esiste un ecumenismo statico. E’ vero che i teologi devono studiare e mettersi d’accordo, ma questo non sarà possibile che finisca bene se non si cammina”.

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Papa a sacerdoti: siate seminatori di speranza e costruttori di ponti

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Ultimo appuntamento in Egitto di Papa Francesco, l’incontro di preghiera con il clero, i religiosi e i seminaristi. Dopo il saluto del rettore del Seminario patriarcale, padre Toma Adly Zaky, il Pontefice ha rivolto un discorso ai presenti, nel quale ha esortato a non avere paura del peso del quotidiano e delle circostanze difficili. Il servizio di Giancarlo La Vella

“Noi veneriamo la Santa Croce, strumento e segno della nostra salvezza. Chi scappa dalla Croce scappa dalla Risurrezione!”.

Papa Francesco parla ai sacerdoti d’Egitto, un Paese dove oggi è difficile predicare il Vangelo, è difficile dialogare, dove la minaccia del terrorismo è fortemente presente. Il Santo Padre, di fronte a queste prove, esorta a superare scoraggiamento, negatività e disperazione:

“Voi siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società; siate il locomotore che traina il treno in avanti, diritto verso la mèta; siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia”.

Poi il Papa elenca una serie di tentazioni alle quali i consacrati devono resistere; prima di tutto, quella di lasciarsi trascinare e non guidare:

“Il Buon Pastore ha il dovere di guidare il gregge, di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua. Non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo”.

Poi bisogna superare, dice Francesco, la tentazione di lamentarsi continuamente, per le mancanze altrui, le condizioni difficili e le scarse possibilità:

“Il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spirito, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare”.

Così anche è da evitare la tentazione del pettegolezzo e dell’invidia o del paragonarsi con gli altri. E ancora bisogna guardarsi da un’altra pericolosa tentazione:

“La tentazione del ‘faraonismo’, cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la presunzione di farsi servire invece di servire”.

Il consacrato, esorta poi il Papa, non deve cadere nella tentazione dell'individualismo, dell'egoismo, del pensare a se stessi invece che agli altri. Infine, da evitare la tentazione del camminare senza bussola e senza meta:

“Il consacrato perde la sua identità e inizia a non essere 'né carne né pesce'. Vive con cuore diviso tra Dio e la mondanità. Dimentica il suo primo amore”.

Il punto di riferimento, conclude il Papa, rimane per tutti Gesù. “Più siamo radicati in Cristo, più siamo ricchi e fecondi”, sottolinea il Pontefice. Guardando a Cristo e ai tanti esempi di santità che l’Egitto ci offre, si apre la strada giusta del servizio a Dio, alla Chiesa e agli altri:

“E così anche voi potete essere luce e sale, motivo cioè di salvezza per voi stessi e per tutti gli altri, credenti e non, e specialmente per gli ultimi, i bisognosi, gli abbandonati e gli scartati”.

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P. Anis: l'umanità e i gesti del Papa hanno colpito gli egiziani

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Ma quale l’impressione che rimane in Egitto della presenza di papa Francesco? Il nostro inviato Stefano Leszczynski lo ha chiesto a padre Paul Anis, comboniano al Cairo, direttore di un Centro Studi per il dialogo interreligioso: 

R. - Prima di tutto c’è un senso di stupore fra il popolo egiziano per quello che hanno  visto in televisione e che hanno ascoltato. Il tocco umano e fraterno del Papa ha trasmesso un’immagine di un leader religioso diversa rispetto a quella che si vede normalmente. Poi, il grande Imam non aspettava il gesto che il Papa ha fatto di un abbraccio fraterno, che lo chiamasse “fratello”, perché ha un senso molto diverso per un musulmano: il fratello di un’altra religione non è veramente un fratello.

D. - Quindi è stata più la parte simbolica e dei gesti a colpire che non il contenuto dei discorsi…

R. - Per quanto riguarda il contenuto, molti mi hanno telefonato chiedendomi di spiegare, perché era molto denso; semplice nell’ascoltare ma provocante nel capire e difficile a implementare. E tanti mi dicevano: ma come si fa? Sia musulmani che cristiani hanno percepito che c’è una sincerità ma anche un’urgenza del messaggio che il Papa ha dato, che tocca non solo l’Egitto ma l’Egitto ha una responsabilità internazionale, particolarmente per il Medio Oriente… E questo è venuto fuori in modo forte. Penso che alcuni sono preoccupati da questa sfida. Penso che abbia svegliato la nostra consapevolezza di una realtà non così chiusa e concentrata sulle piccole tensioni fra i musulmani stessi, fra la politica e la religione, ma ha aperto una pista che può essere una pista di pace, e che ognuno deve prendere la decisione di percorrerla.

D.  – Secondo lei il viaggio del Papa potrà avere ripercussioni sui rapporti tra Al Azhar e il governo che erano piuttosto tesi ultimamente?

R. – Penso avrà effetti positivi. Nelle parole del presidente Al Sisi ma anche del grande Imam c’è stata una concordanza di pensiero, però a livello politico. La collaborazione di Al Azhar con Al Sisi, soprattutto sulle prediche religiose, è stata un punto su cui Al Sisi si è confrontato fortemente e quello che ha detto il grande Imam sulla dignità della persona umana, della giustizia,  è la prima volta che lui lo dice e accoglie un messaggio che è già un po’ accettato ma diventa reale nel contesto in cui anche il Papa riferisce allo stesso punto, della dignità dell’uomo. E quindi questo ha fatto un aggancio, un ponte su cui possono lavorare insieme invece di contestarsi l’un l’altro. Penso possa essere una pista positiva fra Stato e religione con la responsabilità delle religioni di smascherare le ideologie religiose, smascherare questa violenza che è sotto le ideologie religiose. E mostrare la vera faccia di Dio: non è un Dio che ha bisogno di protezione! E’ Lui che ci protegge e questo è stato molto forte e ha colpito molti musulmani. Questo rapporto fra Stato e religione è stato sempre ‘proteggere la religione islamica’, adesso chi vuole protezione? E’ interessante e ha messo in discussione molte cose che la gente sta pensando e vuole approfondire di più. Mi hanno chiesto di intervenire e di spiegare…

D. – C’è un interesse anche da parte delle persone della società civile in quello che è successo, vogliono sapere cosa è successo in questi giorni?

R. – Sì, anche i mass media, è la prima volta che i mass media hanno interessi religiosi. Anche riguardo alla Chiesa cattolica… questa celebrazione: per loro è stato “WOW”, una sorpresa, è stata capita, anche se era tutto in latino ma con la traduzione del messaggio del Papa hanno sentito che era una preghiera e non si sono sentiti estranei.

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Mons. Viganò: grandissima accoglienza per il Papa in Egitto

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Il viaggio apostolico del Papa è stato un successo, il messaggio di pace che si voleva trasmettere all'Egitto e al mondo è arrivato, c'è stata una grandissima accoglienza in Egitto. E' un bilancio molto positivo quello che traccia mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, che ha seguito da vicino Papa Francesco in questa nuova missione internazionale. Ascoltiamolo al microfono di Adriana Masotti

R. - Il senso di questo viaggio è stato in qualche modo anticipato, alla sua vigilia, dal videomessaggio del Santo Padre al popolo egiziano e anche dall’intervista del segretario di Stato il cardinale Parolin. Il Papa è andato in Egitto come pellegrino di pace, cercando gli incontri possibili, gli abbracci, e soprattutto per individuare possibili strade perché le religioni possano essere protagoniste di alleanza e di pace. Quindi un viaggio che ha fatto dei passi importanti sia nei confronti di una responsabilità delle religioni, sia anche dal punto di vista del rapporto, penso, ad esempio, con i copti ortodossi e la Dichiarazione congiunta.

D.  – A suo parere quali sono le parole del Papa che più hanno colpito gli egiziani?

R. – Sono molte. Penso, ad esempio, quando ha incontrato le autorità e il Papa ha detto: “La pace è dono di Dio ma anche lavoro dell’uomo”. E questo lo ha detto dopo aver ricordato i 70 anni dei rapporti tra la Santa Sede e l’Egitto. E lì ha ricordato anche come è importante riconoscere i passi fatti dall’Egitto, cioè i progetti nazionali per la pace. Alle autorità ha detto che l’Egitto è una realtà insostituibile per il Medio Oriente. Questo certamente è anche una responsabilità per il popolo egiziano. Penso poi soprattutto alle parole che Francesco ha rivolto al Papa copto ortodosso, quando ha parlato dell’ecumenismo del sangue. Poi, la Messa. La Messa è stata un momento molto importante, molti giovani, molte famiglie, ha parlato di morte, risurrezione e vita, ricordando i discepoli di Emmaus, dicendo loro: guardate che bisogna imparare a “spezzare l’indurimento dei nostri cuori per ricercare Gesù”. E ancora, ai religiosi quando il Papa anzitutto ha ricordato il vangelo di Luca dicendo: “Non temere piccolo gregge”, li ha ringraziati per la loro testimonianza, per il fatto di stare in quella terra. Ha detto loro di non avere paura del peso quotidiano. E soprattutto poi ha detto: attenzione, perché in queste situazioni a volte ci può essere una tentazione, che è quella di cercare di fuggire, di scappare dalla croce. Quindi un viaggio di grande intensità spirituale, di grande vicinanza umana e soprattutto di grande sostegno a quei passi possibili che possono essere realizzati in nome e a favore della pace.

D. – Al di là delle parole sappiamo l’importanza dei gesti: quali le immagini che secondo lei resteranno di questo viaggio?

R. – Sono moltissime! Se ne dovessi scegliere una, sceglierei un’immagine che a me ha colpito molto, un abbraccio. Noi lo sappiamo, il Papa molto spesso abbraccia, ma questo è stato un abbraccio particolare, col grande Imam ad Al Azhar. Lì c’è stato un discorso molto bello, molto importante, un discorso che è stato costruito su una polarità: ha parlato dell’Egitto come terra di civiltà e dell’ Egitto terra di alleanza. E il Papa ha detto: dobbiamo ricordarci che le alleanze si fanno, ma l’alleanza non può essere fatta solo tra di noi ma dobbiamo tenere in conto il Cielo, cioè la presenza di Dio. Dopo questo discorso c’è stato quello che per me è stato il gesto, l’immagine più profonda di questo viaggio, naturalmente non l'unica, l’abbraccio con il grande Imam. Perché è stato un abbraccio di una stretta forte, come se ci fosse quasi il desiderio di una reciproca consolazione e di gratitudine reciproca. Quello è stato un gesto molto forte, molto evidente. Credo che lì ci sia proprio il seme, il germoglio di un cammino di dialogo, certo di passi possibili, ovviamente, perché da un lato si possa creare l’idea di una civiltà che è costruita sul dialogo, sulla convivenza pacifica e dall'altro dove le religioni sono protagoniste per creare un tessuto di una società che viva in pace.

D. – Lei ha seguito da vicino il viaggio: per quello che ha potuto percepire, il Papa come ha vissuto questa sua missione in terra egiziana?

R. – Il Papa ha vissuto come pellegrino di pace e proprio col desiderio di fare emergere quegli elementi di profonda spiritualità e di grande vicinanza reciproca. E’ stato un viaggio vissuto quasi immerso nell’invocazione allo Spirito Santo perché tutto questo potesse portare l’avvio di un processo. E’ ovvio che quando ci sono questi viaggi ci sono molti segni positivi, immagini molto belle, molte parole condivise. Poi il cammino del quotidiano presenterà certamente una sua faticosità, un suo ostacolo, però un cammino è stato intrapreso. E’ stato un gesto forte, un evento significativo per il popolo egiziano, per il rapporto tra la Chiesa cattolica e la Chiesa copto- ortodossa, è stato anche un momento di sostegno per i cristiani che vivono come minoranza una situazione così complessa. Quindi il Papa ha vissuto molto intensamente e anche durante la conferenza stampa ha precisato come soprattutto gli incontri privati - che il Papa ha detto devono rimanere privati - siano quelli che probabilmente hanno avviato qualche piccolo passo, ma comunque molto importante e significativo per costruire l’Egitto ancora, nuovamente, culla di ospitalità così come fu più di 2000 anni fa quando ospitò la Sacra Famiglia.

 

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Tweet del Papa: Gesù ci ha liberati dalla schiavitù della morte

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Nuovo tweet del Papa oggi sul suo account @Pontifex: “Con la sua risurrezione, scrive, Gesù ci ha liberati dalla schiavitù del peccato e della morte e ci ha aperto il passaggio alla vita eterna”.

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Oggi in Primo Piano



Brexit: May boccia alcune linee guida approvate da Bruxelles

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La premier britannica Theresa May respinge le linee guida approvate sulla Brexit ieri a Bruxelles, mentre l’Europa a 27 è pronta a negoziare l’uscita della Gran Bretagna a partire dal prossimo 9 giugno. I particolari nel servizio di Elvira Ragosta

Per Theresa May alcune delle linee guida approvate in tempo record dai 27 leader dell’Unione a Bruxelles sono solo posizioni negoziali. La premier britannica ribadisce le sue priorità: libero mercato senza dazi, fine della giurisdizione delle Corti europee, fine della libera circolazione dei migranti, come già aveva illustrato in un discorso alla Lancaster House a gennaio. Intanto, i lavori per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione proseguono a livello tecnico: mercoledì la Commissione europea darà il mandato e le direttive formali su come gestire i colloqui con il governo inglese al capo negoziatore Ue, Michel Barnier. “I veri negoziati- ha ricordato ieri il presidente della Commissione, Jean Claude Junker, in conferenza stampa alla fine del vertice dei 27 - inizieranno dopo le elezioni nel Regno Unito e saranno difficili. Sarà difficile anche mantenere l'unità che abbiamo potuto costruire oggi, ma faremo di tutto per riuscirci. Questa unità- ha aggiunto Junker- è importante per l'Ue a 27 ma anche per il Regno Unito, che non riuscirà a raggiungere un accordo con i 27 se loro non saranno uniti". Sulle elezioni dell’8 giugno prossimo punta Theresa May per ottenere il miglior accordo possibile con l’Ue: "Quel che conta –ha affermato - è sedersi a quel tavolo con un premier forte e un forte mandato del popolo che rafforzerà la nostra posizione negoziale".

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Primi 100 giorni di Trump: presto decisione su accordo clima

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha celebrato i 100 giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca in Pennsylvania, disertando la tradizionale cena dei corrispondenti della Casa Bianca, e ha annunciato che presto prenderà "una grande decisione" in merito all'accordo sul clima firmato da Obama, da cui gli Usa potrebbero ritirarsi. Trump ha elencato alcuni dei  suoi successi, come la nomina di Neil Gorsuch alla Corte Suprema, la decisione di ritirarsi dall'accordo commerciale del partenariato Trans-Pacific (TPP) e quella di porre fine alla delocalizzazione per "aumentare i posti di lavoro americani".

Attacco ai media “falsi” e disonesti”
Nel corso di un comizio a Harrisburg, Trump è tornato ad attaccare i media "falsi e disonesti", definiti "una disgrazia" e "parte del problema". Dalla cena dei corrispondenti della Casa Bianca è giunta la replica dei giornalisti: "Siamo qui stasera per celebrare la libertà di stampa e il buon giornalismo, non per celebrare la presidenza” ha detto il presidente dell'associazione dei corrispondenti, Jeff Mason, aggiungendo:" Non siamo fake news e non siamo nemici del popolo americano. Un attacco a noi è un attacco a tutti gli americani”.

La Cina sta aiutando gli Stati  Uniti a risolvere la "situazione nordcoreana"
Trump, durante il suo discorso in  Pennsylvania, ha detto che i test missilistici e nucleari della Corea del Nord sono un problema "complicato" e ha aggiunto: “Stiamo lavorando con la Cina per risolverlo". Riferendosi all’incontro avuto con il suo omologo cinese Xi Jinping, il presidente Usa ha detto che si è trattato di un incontro positivo e che Xi “è una brava persona. “ La Cina – ha poi affermato Trump- ha grande potere ma non è una situazione facile". (E.R.)

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Siria, scontri nei dintorni di Damasco, quasi 100 vittime

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In Siria almeno 95 persone sono morte nelle ultime 48 ore in combattimenti tra le principali fazioni islamiche nei dintorni di Damasco, secondo quanto riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Gli scontri hanno coinvolto miliziani dell'Esercito dell'Islam e dell'Esercito di liberazione del Levante, organizzazione nata dal ramo siriano di Al Qaeda. Tra i morti si conterebbero anche otto civili. Venerdì scorso l'Esercito dell'Islam aveva lanciato un'offensiva contro le postazioni dei suoi avversari nei sobborghi di Haza, Zamalka, Arbin, Yisrin e Saqba. Inoltre, almeno otto volontari dei cosiddetti 'Caschi Bianchi' sarebbero stati uccisi nel corso di un bombardamento aereo ieri nella provincia di Hama, controllata dai ribelli. A denunciarlo la stessa organizzazione di soccorritori, la Syria Civil Defence, che opera nelle zone dei ribelli, come riferisce al Jazeera. (E.R.)

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Fra’ Giacomo Dalla Torre eletto alla guida dell'Ordine di Malta

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Fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto è stato eletto ieri mattina Luogotenente del Gran Maestro del Sovrano Ordine di Malta. Il Consiglio Compito di Stato, l’organismo elettivo, si è riunito nella Villa Magistrale di Roma, una delle due sedi istituzionali dell'Ordine di Malta. Il nuovo eletto presta giuramento davanti al Delegato speciale del Papa presso il Sovrano Ordine di Malta, l'Arcivescovo Angelo Becciu, e ai membri del Consiglio Compito di Stato domenica mattina nella chiesa di Santa Maria in Aventino. Fra' Giacomo Dalla Torre succede a Fra' Matthew Festing, 79° Gran Maestro, che ha presentato le sue dimissioni il 28 gennaio 2017. Papa Francesco è stato informato tramite una lettera dell’elezione. Successivamente sono stati informati tutti i Gran Priorati, i Sotto Priorati e le Associazioni Nazionali dell’Ordine nel mondo, insieme ai 106 Stati con i quali il Sovrano Ordine di Malta intrattiene relazioni diplomatiche. Il Luogotenente del Gran Maestro, che resterà in carica un anno, ha espresso la volontà di lavorare insieme al Sovrano Consiglio dell'Ordine per promuovere le attività diplomatiche, sociali e umanitarie e per fortificare la vita spirituale e l'impegno dei suoi 13.500 membri e quello dei suoi oltre 100.000 volontari e dipendenti.

Profilo di Fra’ Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto
È nato a Roma nel 1944. Laureato in Lettere e Filosofia all'Università di Roma, con specializzazione in Archeologia cristiana e Storia dell'arte, ha ricoperto ruoli accademici nella Pontificia Università Urbaniana, insegnando Greco classico. È stato inoltre responsabile della Biblioteca e Archivista per importanti collezioni dell'Università. Ha pubblicato saggi e articoli sulla storia dell'arte medievale. Entrato a far parte del Sovrano Ordine di Malta nel 1985, ha pronunciato i voti solenni nel 1993. Dal 1994 al 1999 è stato Gran Priore di Lombardia e Venezia e dal 1999 al 2004 membro del Sovrano Consiglio. Il Capitolo Generale del 2004 lo ha eletto Gran Commendatore dell'Ordine e alla morte del 78° Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie è stato il Luogotenente interinale. Dal 2008 Fra’ Giacomo Dalla Torre ricopre la carica di Gran Priore di Roma.

Il primo impegno ufficiale del Luogotenente del Gran Maestro sarà il 59° Pellegrinaggio internazionale dell’Ordine di Malta a Lourdes, che si terrà dal 5 al 9 maggio. Ogni anno oltre 7.000 membri e volontari provenienti da tutto il mondo partecipano al pellegrinaggio, assistendo circa 1.500 pellegrini malati e disabili. Il pellegrinaggio a Lourdes rappresenta uno dei momenti più significativi della vita spirituale dei membri e dei volontari dell'Ordine.

La riforma costituzionale
Uno dei compiti più importanti di Fra' Giacomo Dalla Torre durante l’anno del suo mandato - riferisce un comunicato dell’Ordine - sarà quello di lavorare al processo di riforma della Costituzione e del Codice dell'Ordine di Malta. La Carta Costituzionale è stata promulgata nel giugno 1961 e riformata nel 1997. In particolare, la riforma costituzionale affronterà eventuali carenze istituzionali. La recente crisi - sottolinea la nota - ha messo alla luce alcune debolezze nei sistemi di controllo e nell’equilibrio della governance: la riforma ne terrà conto. La riforma si concentrerà sull'esigenza dell'Ordine di rafforzare la sua vita spirituale e di aumentare il numero dei suoi membri professi. Sono già state avviate consultazioni e tutti i membri dell'Ordine sono stati invitati a proporre i loro suggerimenti.

Il Luogotenente del Gran Maestro
Secondo la Costituzione dell'Ordine, il Luogotenente del Gran Maestro rimane in carica per un anno con gli stessi poteri di un Gran Maestro. Il Luogotenente del Gran Maestro deve riconvocare il Consiglio Compito di Stato prima della fine del suo mandato. Il Luogotenente del Gran Maestro, quale Sovrano e Superiore religioso, deve dedicarsi pienamente all’incremento delle opere dell’Ordine ed essere d’esempio per tutti i membri nell’osservanza religiosa. Ha la suprema autorità. Insieme al Sovrano Consiglio, emana i provvedimenti legislativi non previsti dalla Carta Costituzionale, promulga gli atti del governo e ratifica gli accordi internazionali. Il Luogotenente del Gran Maestro risiede presso la sede dell'Ordine di Malta, il Palazzo Magistrale a Roma.

Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, fondato a Gerusalemme intorno all’anno 1048, è ente primario di diritto internazionale ed Ordine religioso cattolico laicale. La missione dell’Ordine è di testimoniare la fede e servire i poveri e gli ammalati. Oggi l’Ordine di Malta opera principalmente nell’ambito dell’assistenza medico sociale e degli interventi umanitari, svolgendo la propria attività in oltre 120 paesi. Insieme ai suoi 13.500 membri, operano 80.000 volontari, coadiuvati da oltre 25.000 tra medici, infermieri e ausiliari paramedici. L’Ordine gestisce ospedali, centri medici, ambulatori, istituti per anziani e disabili, centri per i malati terminali, corpi di volontari. Il Malteser International, la speciale agenzia di soccorso dell’Ordine di Malta, è sempre in prima linea nelle calamità naturali e per ridurre le conseguenze dei conflitti armati. L’Ordine è attualmente impegnato nei paesi confinanti la Siria e l’Iraq per prestare soccorso alla popolazione in fuga dalle violenze. Il Corpo italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta partecipa ai soccorsi medici di barconi carichi di migranti nello Stretto di Sicilia, affiancando le autorità italiane L’Ordine di Malta è neutrale, imparziale e apolitico. Ha rapporti diplomatici bilaterali con 106 Stati, relazioni ufficiali con 6 altri Stati, relazioni a livello di ambasciatore con l’Unione Europea. È Osservatore permanente presso le Nazioni Unite e le sue agenzie specializzate e ha rappresentanze presso le principali Organizzazioni Internazionali. Dal 1834 la sede del Governo del Sovrano Ordine di Malta è a Roma, dove ha garanzie di extraterritorialità.

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Nei cinema il documentario "Libere" sulle donne nella Resistenza

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In occasione della Festa della Liberazione è uscito nei cinema italiani il documentario “Libere” di Rossella Schillaci, realizzato montando immagini e audio originali d’archivio in cui protagoniste sono le donne che si impegnarono nella Resistenza. Testimonianze di coraggio e ricordi amari di quello che per loro fu il Dopoguerra. Il servizio di Luca Pellegrini

“Io vorrei che qualche giovane studente volesse fare oggetto di studio quello che è stato il movimento femminile durante la Resistenza”.

Nel 1965 Ada Gobetti, giornalista e partigiana attiva in Val di Susa durante la guerra di Liberazione, e della quale abbiamo sentito la voce, chiese che si facesse luce sul ruolo della donna nella Resistenza italiana. Molte, infatti, furono inserite attivamente nelle divisioni partigiane, molte si impegnarono in opere di carità, sostegno e aiuto sociale. Una di loro confessa i motivi di questa scelta coraggiosa:

“Ho visto i morti, i civili massacrati e così sono diventata partigiana”.

“Volevamo pane, pace e libertà. E per questo combattevamo”, dice un’altra. Libere di Rossella Schillaci le racconta inanellando testimonianze sincere che ricordano quei tempi dolorosi, mentre scorrono immagini d’archivio. Erano donne “di molti orientamenti, c’erano anche molte cattoliche”, ricorda una di loro, che a fine guerra si ritrovano in Piazza San Pietro ad ascoltare le esortazioni di Pio XII. “Il film - precisa la regista - racconta una Resistenza parallela, la Resistenza delle donne, a volte non coincidente nelle diverse motivazioni e modalità d'azione con la Resistenza cui convenzionalmente ci si richiama”. Dichiarano che la Liberazione “fu una cosa meravigliosa, una sensazione bellissima, quella di stare facendo qualcosa di importante anche se si rischiava la vita”. Dopo la guerra, arrivò il voto, un certo benessere, si cominciò a parlare di emancipazione. Ma non mancarono le delusioni. “Non è stato bello il dopoguerra, no”, confessa una anziana con amarezza. Il lavoro ritornava ad essere prerogativa maschile, l’inserimento nella politica un cammino per nulla scontato. “Sognavamo un mondo nuovo e giusto, invece ... ”. Colpisce di queste donne “libere” la sincerità e il loro sguardo per nulla scontato.     

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 120

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