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Sommario del 03/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a religiosi: state in mezzo alla gente, il mondo supplica di risuscitare

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La tentazione della sopravvivenza può rendere sterile la vita consacrata. Lo ha ricordato il Papa nell’omelia della Messa celebrata, ieri pomeriggio, con i membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica nella Basilica Vaticana. L’occasione è stata offerta dalla Festa della Presentazione del Signore e dalla XXI Giornata mondiale della Vita Consacrata. Francesco ha chiesto ai religiosi e alle religiose di aiutare i fratelli a “portare la croce” perché il mondo è ferito e supplica di risuscitare. Il servizio di Debora Donnini

I religiosi e le religiose dei diversi Istituti entrano insieme in processione con le candele accese, benedette dal Papa, che illuminano la Basilica Vaticana immersa nel buio. E il loro canto sembra richiamare il canto di lode innalzato da Simeone e Anna quando vedono il piccolo Gesù, portato da Maria e Giuseppe al tempio per presentarlo al Signore.

Mettersi con Gesù in mezzo al suo popolo: farsi carico del mondo ferito
Papa Francesco intesse dunque la sua omelia sul Vangelo proclamato. A suscitare il loro canto, dice il Papa, è stata “la speranza” realizzata nell’incontro con Gesù:

“Sì, solo questo potrà restituirci la gioia e la speranza, solo questo ci salverà dal vivere in un atteggiamento di sopravvivenza. Solo questo renderà feconda la nostra vita e manterrà vivo il nostro cuore. Mettere Gesù là dove deve stare: in mezzo al suo popolo”.

Mondo ferito supplica di risuscitare
Nella “trasformazione mutliculturale” in corso, i consacrati devono dunque essere inseriti nel cuore di queste grandi trasformazioni, essere lievito di questa massa, secondo il proprio carisma particolare, mettendo mano all’aratro per far crescere il grano tante volte seminato in mezzo alla zizzania. Per fare questo, il Papa chiede di non cadere in atteggiamenti difensivi, mossi dalle paure:

"Mettere Gesù in mezzo al suo popolo significa avere un cuore contemplativo, capace di riconoscere come Dio cammina per le strade delle nostre città, dei nostri paesi, dei nostri quartieri. Mettere Gesù in mezzo al suo popolo significa farsi carico e voler aiutare a portare la croce dei nostri fratelli. E’ voler toccare le piaghe di Gesù nelle piaghe del mondo, che è ferito e brama e supplica di risuscitare. Metterci con Gesù in mezzo al suo popolo!".

Un atteggiamento però non da portare avanti come “attivisti della fede”, ma come uomini e donne “continuamente perdonati”, che condividano “la consolazione di Dio con gli altri”.

La tentazione della sopravvivenza priva i carismi della forza creativa
Francesco si sofferma anche sulla “tentazione della sopravvivenza” che può “installarsi a poco a poco dentro di noi, in seno alle nostre comunità”, dice. Un atteggiamento che fa diventare “reazionari”, “paurosi”, che proietta all’indietro verso le gesta gloriose ma passate, che invece di suscitare “la creatività profetica” dei fondatori, fa sfuggire alle sfide di oggi:

“La psicologia della sopravvivenza toglie forza ai nostri carismi perché ci porta ad addomesticarli, a renderli ‘a portata di mano’ ma privandoli di quella forza creativa che essi inaugurarono; fa sì che vogliamo proteggere spazi, edifici o strutture più che rendere possibili nuovi processi. La tentazione della sopravvivenza ci fa dimenticare la grazia, ci rende professionisti del sacro ma non padri, madri o fratelli della speranza che siamo stati chiamati a profetizzare”.

In sostanza la “tentazione della sopravvivenza” trasforma in minaccia ciò che è un’opportunità per la missione. Un rischio che non riguarda solo la vita consacrata.

Portare avanti con coraggio il sogno dei fondatori
A proteggere da questa tentazione, è proprio la memoria di come “sognarono” le madri e i padri fondatori e il coraggio per portare avanti questo sogno. E i consacrati sono chiamati ad essere “eredi della speranza” dei fondatori. Simeone e Anna testimoniano infatti cantando che “la vita merita di essere vissuta con speranza perché il Signore mantiene la sua promessa”:

“Ci fa bene accogliere il sogno dei nostri padri per poter profetizzare oggi e ritrovare nuovamente ciò che un giorno ha infiammato il nostro cuore. Sogno e profezia insieme. Memoria di come sognarono i nostri anziani, i nostri padri e madri e coraggio per portare avanti, profeticamente, questo sogno”.

No quindi a “lamento” o “agitazione”, ma lode e pazienza per accompagnare Gesù “ad incontrarsi con il suo popolo”.

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Papa a Summit Nobel Pace a Bogotá: costruire ponti di riconciliazione

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“Gli sforzi compiuti in Colombia per costruire ponti di pace e riconciliazione possano ispirare tutte le comunità a superare le animosità e le divisioni”. E’ quanto scrive Papa Francesco in un messaggio – a firma del cardinale Pietro Parolin – indirizzato ai partecipanti al Summit Mondiale dei Nobel per la pace in corso a Bogotá, sul tema “Pace e riconciliazione”.  

Promuovere la nonviolenza e la costruzione della pace
“Quando le vittime della violenza sono capaci di resistere alla tentazione della vendetta – osserva il Pontefice – diventano i promotori più credibili della nonviolenza e della costruzione della pace”. Il Papa, si legge nel documento, incoraggia gli sforzi “per promuovere la conoscenza e il dialogo tra le persone”. Francesco prega, infine, che la “la nonviolenza possa diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”. (A.G.)

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Papa: Ior, ruoli distinti tra Vigilanza e Sovrintendenza

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A proposito di notizie diffuse oggi sullo IOR, il direttore della Sala Stampa vaticana Greg Burke precisa che la Commissione Cardinalizia di Vigilanza è nel suo pieno esercizio. “Il Santo Padre ha voluto rafforzare il ruolo della Commissione Cardinalizia come organo distinto e separato dal Consiglio di Sovrintendenza, come dispone lo statuto dell'Istituto. Papa Francesco ha chiesto che, a partire da quest’anno, le riunioni del Consiglio si svolgano separatamente da quelle della Commissione, per sottolineare la distinzione dei ruoli”.

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Udienze e nomine

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Per le udienze e nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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A Norcia la carezza del Papa e la beneficenza dei bimbi di Bangui

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Un nuovo sciame sismico nella notte ha interessato il centro Italia che attende l’attuazione dell’ultimo decreto legge del Governo, con misure di sostegno al reddito, agevolazioni fiscali e meno burocrazia per la ricostruzione. Intanto a dare un pò di sollievo alla popolazione arriva oggi la carezza del Papa e la gioia che nasce dalla carità. A Norcia è stato consegnato parte del ricavato del concerto di beneficenza del 17 dicembre scorso in Vaticano insieme ad una speciale somma che arriva da Bangui della Repubblica Centrafrica. Il servizio di Gabriella Ceraso

Costruire un ospedale per i bambini di Bangui e aiutare le popolazioni terremotate dell'Italia centrale. Entrambi questi obiettivi, con il concerto in Aula Paolo VI e una straordinaria raccolta fondi, sono stati raggiunti. E così ben 700mila euro arrivano oggi a Norcia per costruire un centro giovanile portati da mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, e per il Vaticano dal capo della Gendarmeria Domenico Giani e dal segretario generale del Governatorato, mons. Fernando Vérgez, insieme al cantautore Claudio Baglioni. Ma non è tutto: perché a Norcia arriva anche una somma straordinaria che i bambini di Bangui hanno raccolto per i piccoli dell’Umbria a cui il terremoto ha distrutto la scuola. La bellezza del gesto, nelle parole di mons. Galantino:

“Il Papa ha voluto che venisse sottolineato il significato di questo gesto: bambini bisognosi che non sono tanto poveri da non poter dare anche loro qualcosa a bambini che stanno vivendo momenti di difficoltà”.

Solidarietà tra bambini? Non solo. E' la carità che donata diventa contagiosa, dice ancora mons. Galantino:

"Sono proprio i bambini di Bangui, cioè bambini verso i quali si era diretta soprattutto l’attenzione del Santo Padre per aiutarli a superare le loro difficoltà. Questi bambini, una volta vista questa generosità nei loro confronti, hanno pensato di condividere le offerte che hanno raccolto, 7750 euro, che per loro sono tantissimi; c’è stata veramente una sorta di ampliamento, di diffusione della carità".

Ma a quale scopo verrà utilizzata la cifra raccolta dai bambini di Bangui? Lo abbiamo chiesto all'arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo,che oggi ha fatto gli onori di casa: 

"Sarà finalizzato proprio all’arredo della scuola materna di Norcia appena ricostruita da un gruppo di volontari del Nord Italia. È una struttura in legno molto carina che abbiamo inaugurato prima di Natale. La somma non ha tanti zeri, ma idealmente ne ha molti di più di quello che potrebbe essere un assegno raccolto in Europa".

Un ringraziamento speciale mons. Boccardo lo esprime per Papa Francesco, che non ha smesso mai di interessarsi a queste zone, e lo sottolinea ai nostri microfoni anche mons. Fernando Vérgez Alzaga, segretario generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano:  

"Io porto il saluto del Santo Padre che vuole essere presente perché la realtà che ora stiamo vedendo è veramente impressionante. Le chiese crollate, le case crollate … Norcia sembra quasi una città fantasma. Bisogna in mezzo al dolore e all’angoscia cercare di non abbandonarsi alla disperazione".

Vincere la disperazione con la ricostruzione: a questo mira anche l'ultimo decreto varato dal governo con le nuove misure per le popolazioni terremotate, sostegno al reddito e agevolazioni per scuole e alloggi. "E' quello che la gente chiede, meno burocrazia", ripete ai nostri microfoni ancora l'arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo:  

"Si rischia di perdere del tempo prezioso soltanto per timbri, firme e carte. Ora, di fronte all’urgenza di restituire alla gente una vita dignitosa e sicura, noi dobbiamo scavalcare tutto ciò che è possibile, fare le cose nella trasparenza più assoluta, ma farle presto, per evitare che lo scoraggiamento – già presente – diventi il sentimento predominante".

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Il Papa incontra gli imprenditori dell'Economia di Comunione

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Papa Francesco incontrerà domani gli oltre mille partecipanti all’Incontro sull’Economia di Comunione, promosso dal Movimento dei Focolari. Si tratta di una rete di imprenditori, presente in tutti i continenti, nata nel 1991 da un’idea di Chiara Lubich, rimasta colpita - durante un viaggio in Brasile - dai grandi contrasti economici del Paese. E’ un’esperienza di economia alternativa, basata sulla fraternità e sulla condivisione dei profitti. Prima dell’udienza con il Papa, alcuni partecipanti all’evento hanno incontrato a Roma i giornalisti per spiegare cosa sia l’Economia di Comunione. Il servizio di Marina Tomarro

Condividere i profitti non solo tra i lavoratori ma anche fuori dall'azienda, pensando a chi ha bisogno, espandendo la produzione al di là dei  propri confini, per il bene comune, in maniera non più teorica ma concreta. E’ questo l’obiettivo dell'Economia di Comunione che da 25 anni coinvolge numerosi imprenditori in tutto il mondo. Luigino Bruni, coordinatore internazionale della rete:

R. – E’ uno sguardo diverso sull’economia, non è una forma di non profit nuova, è un dire: la vocazione vera dell’economia è una vocazione di condivisione. Quando l’economia è l’arricchimento di qualcuno contro gli altri diventa diseconomia, negazione dell’economia stessa. Quindi noi cerchiamo di dire qual è la vocazione dell’economia, ma di tutti: non del non profit, dell’economia sociale… Quindi è una sfida grande, anche se siamo piccoli, perché è una sfida che tocca il cuore del fare economia. Se l’economia è cooperazione è mutuo vantaggio è crescere insieme, allora non può non essere in qualche modo anche condivisione della ricchezza con gli altri. E’ una sfida molto ambiziosa, grande, anche se siamo piccoli!

D. – Cosa spinge un imprenditore a far parte dell’Economia di Comunione?

R. – Innanzitutto una chiamata interiore. Questa è gente che ha ascoltato una volta una voce interiore e siccome il mondo è pieno di voci, in senso bello, la gente sente delle ispirazioni, la vita economica è piena di vocazioni: le persone sentono chiamate in ambito più alto, religioso, artistico, ma anche in ambito economico perché si sente un incontro, un momento in cui tu dici: "Bene, che cosa dirò ai miei nipoti, ai miei figli? Tuo nonno, tuo papà ha speso la vita per un’altra economia, che diventa una faccenda identitaria non semplicemente un’attività di volontariato". Quindi questa è una bella notizia perché l’economia può essere solo un luogo di eccellenza anche etica e morale.

D. – Di fronte a un mondo che spinge verso il materialismo: quanto premia fare un’economia del genere?

R. – Dal punto di vista dei profitti poco. Premia molto in altre forme di remunerazione che sono il sentirsi la coscienza a posto, il sentirsi parte di un progetto che aiuta persone in difficoltà e nel fare il proprio dovere.

D. – Sono 25 anni, come si è evoluta l’Economia di Comunione?

R. – Intanto è viva ed è una bellissima notizia, cresce ed è oggi una delle più belle notizie in Africa dove ci sono tante imprese, Sudamerica, Cuba, Vietnam… E’ nata in tanti Paesi nuovi… Siccome è un seme buono, un seme di gratuità, si misura nel tempo, non si misura nei mesi. Noi siamo vivi e siamo felici, questa è una bellissima notizia. 

Tante sono le storie di questi imprenditori che decidono ad un certo punto di cambiare la loro visione del lavoro allargando gli orizzonti verso chi ci è prossimo anche nella quotidianità. Come ha fatto John Mundel, proprietario nell’Indiana, negli Stati Uniti, di una azienda che si occupa di consulenza ambientale. Ascoltiamo la sua testimonianza:

R. - Il primo passo è impegnare me stesso come imprenditore nell’Economia di Comunione, cioè è necessario che io per primo la applichi nella mia azienda, e  questo vuol dire rendersi conto delle persone che ci sono accanto e che lavorano con noi, dai dipendenti ai corrieri. Perciò non è solo aiutare i poveri, ma vivere questo stile a partire dal nostro quotidiano.

D- In che modo avete cercato di diffondere l’idea dell’Economia di Comunione?

R. - Abbiamo cercato di diffondere questa cultura attraverso conferenze all’università o andando a parlare in diverse aziende. Abbiamo sviluppato anche un programma di tirocinio per i giovani, che sono arrivati da noi da tutto il mondo, per imparare questo spirito di condivisione e poi riproporlo nelle loro aziende nei Paesi d’origine.

D. - L’America ha subito pesanti crisi economiche negli ultimi anni. L’Economia di Comunione ha aiutato in questo caso?

R. - Credo che l’Economia di Comunione serva anche a superare le crisi economiche di questi ultimi anni. A volte gli imprenditori sono individualisti, ma le difficoltà possono essere superate solo insieme, nessuno può salvare il mondo da solo, ma dobbiamo lavorare insieme per fare qualcosa di positivo. Io credo che oggi si abbia bisogno di questo, non di eroi solitari.

I primi imprenditori che hanno abbracciato l’Economia di Comunione sono stati brasiliani. E proprio in Brasile oggi sono tanti quelli che l’hanno scelta come stile di vita e sul lavoro. Ce lo racconta Maria Helena Ferreira, presidente dell’associazione brasiliana di Economia di Comunione:

R. - In Brasile sono stati davvero tanti gli imprenditori che hanno aderito all’Economia di Comunione. Da noi infatti circa il 98% delle aziende sono piccoli negozi e il nostro obiettivo è quello di lavorare e realizzare progetti insieme. E’ lì il nostro elemento di forza, creare una cultura di comunità dove i problemi si affrontano insieme e non da soli. 

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Ordine Malta: grati al Papa per la soluzione rapida della crisi

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L'Ordine di Malta è grato al Papa per aver portato ad una soluzione rapida della crisi che lo ha investito: è quanto ha sottolineato, ieri una conferenza stampa a Roma, il Gran Cancelliere dell'Ordine, Albrecht von Boeselager, reintegrato nelle sue funzioni dopo le dimissioni del Gran Maestro, Fra’ Matthew Festing. Il servizio di Sergio Centofanti

L’Ordine di Malta riafferma la propria fedeltà al Papa, è una scelta irrevocabile – dice il Gran Cancelliere – è sempre stato e resterà al suo servizio. Rimosso a dicembre e tornato in carica a gennaio,  von Boeselager ringrazia il Papa per il suo intervento, che non è stata una interferenza - precisa - né una violazione della sovranità dell’Ordine, perché si è interessato alla sua dimensione religiosa e non statuale. L'intento del Papa – ha spiegato – è stato quello di rafforzare la missione dell’Ordine e non di indebolirla. 

Ha quindi respinto le accuse che avevano portato alla sua cacciata e cioè di aver permesso la distribuzione di contraccettivi nel corso di attività assistenziali in Asia e in Africa: sono fedele agli insegnamenti della Chiesa – ha detto – ed è stato dimostrato che erano accuse infondate.

Per quanto riguarda il delegato pontificio che sarà nominato, ha osservato che il Papa ha indicato che il suo compito si dovrà concentrare sull'aspetto religioso dell'Ordine e sul ruolo dei membri professi: sarà l'unico portavoce del Papa all'interno dell'Ordine.

Il Gran Cancelliere ha quindi ribadito la missione dell’Ordine a favore di milioni di persone che fuggono dai loro Paesi colpiti da guerre, violenze e miserie. Siamo allarmati e preoccupati - ha detto - dal proliferare di posizioni discriminatorie nei confronti degli immigrati, basate anche sulla loro nazionalità. La storia ci ha già fornito numerosi esempi che mostrano le drammatiche e mostruose conseguenze di politiche basate sulle origini e sulle etnie. Nello stesso tempo, l'Ordine di Malta prende una forte posizione contro la crescente indifferenza per i diritti umanitari stabiliti dalla Convenzione di Ginevra. Tali norme – spiega – non solo sono sempre più ignorate dagli Stati, ma sono pubblicamente sfidate e contestate. Ha poi confermato l’impegno a cooperare con l’Onu in Libia e a favore dei profughi siriani.

Con la crisi – ha rilevato il Gran Cancelliere – c’è stato un calo delle donazioni, ma non significativo.

I ringraziamenti di von Boeselager sono andati anche al cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, alla Commissione d’indagine nominata dal Papa e a Fra’ Festing per aver rassegnato le dimissioni.

L'elezione del nuovo Gran Maestro avrà luogo nei prossimi tre mesi, come previsto nella Costituzione, anche se la data non è stata ancora fissata. 

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Parolin in Congo: Chiesa serve tutti senza distinzioni

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin prosegue il suo viaggio in Africa. Dopo aver fatto tappa in Madagascar e Kenya è giunto nella Repubblica del Congo il primo febbraio in occasione della firma dell’Accordo Quadro e del 40.mo anniversario delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede.

Nella sede della Nunziatura a Brazzaville ha avuto un primo incontro con i 9 vescovi che compongono la Conferenza Episcopale. Ognuno di loro ha avuto modo di presentare la situazione della propria Diocesi ed i problemi pastorali in cui sono impegnati ogni giorno. Le principali questioni che sono emerse durante lo scambio di vedute sono state la firma dell’Accordo Quadro e l’importanza di seguirne l’esecuzione dopo la ratifica; i contatti con le autorità statali, che devono essere frequenti e non saltuari,  instaurando un dialogo proficuo che richiami al servizio del bene comune e solleciti l’attenzione verso gli ultimi e i poveri; per tale ragione - hanno detto i presuli - si deve investire molto nella formazione dei laici, poiché l’educazione cristiana deve sviluppare il senso di responsabilità ed il loro impegno in politica secondo la dottrina sociale della Chiesa. Hanno poi parlato della situazione di violenza e instabilità che sta vivendo la regione di Pool. I vescovi hanno chiesto l’interessamento del cardinale Parolin per la causa di Beatificazione del Servo di Dio cardinale Emile Biayenda, ucciso quaranta anni fa e ancora la creazione di un centro ospedaliero che serva per l’assistenza ai sacerdoti malati ed al personale religioso bisognoso di cure. E’ stata sottolineata inoltre l’importanza di non chiudere il bisettimanale cattolico, edito dalla Conferenza Episcopale, che versa in una situazione di grave disagio economico.

Nella mattinata del 2 febbraio, il card. Parolin ha incontrato Jean Claude Gakosso, ministro degli Affari Esteri, della Cooperazione e dei Congolesi all’Estero.  Nel cordiale colloquio il ministro ha parlato della memorabile visita che San Giovanni Paolo II fece nel 1980 e della firma dell’Accordo Quadro che manifesta l’apprezzamento dello Stato verso la Chiesa cattolica per tutto ciò che svolge in ambito educativo, sanitario e sociale. In modo particolare, ha sottolineato la dedizione con cui le istituzioni della Chiesa cattolica hanno edificato scuole, anche nei villaggi più sperduti, per dare a tutti la possibilità di formarsi come cittadini e come persone. Ha pure accennato al ruolo che la Chiesa sta svolgendo per la risoluzione dei conflitti in varie regioni del mondo. Ha, poi, ufficializzato la notizia riguardante l’apertura di una Ambasciata residente del Congo presso la Santa Sede.

Il segretario di Stato, a sua volta, ha sottolineato l’importanza della firma dell’Accordo Quadro, che manifesta il riconoscimento alla Chiesa non solo per ciò che  ha fatto per il passato, ma anche per ciò che essa farà nel futuro. Ha espresso la sua gratitudine per il lavoro svolto sia dallo Stato e sia dall’Episcopato per la stesura del documento che finalmente viene sottoscritto. L’Accordo non solo regolerà a livello giuridico il rapporto Chiesa-Stato ma servirà a tutti i congolesi senza alcuna discriminazione.

Successivamente si è svolto l’incontro con Clément Mouamba, capo del governo congolese.  Durante i colloqui sono stati toccati vari temi: la firma dell’Accordo Quadro, la situazione economica del Paese, il fenomeno dell’immigrazione che sta investendo l’Africa Ovest. Il premier ha affermato che il governo si sta adoperando affinché si metta fine alla guerriglia, che sta provocando destabilizzazione, morti e sfollati tra la popolazione inerme. La soluzione più adeguata, che si vuole adottare, è quella del dialogo politico evitando azioni militari inappropriate. Tra gli altri argomenti toccati nel colloquio, vi è pure la richiesta di una visita del Papa e la situazione dei rifugiati della Repubblica Centrafricana che pian piano stanno rientrando in Patria.

Nel pomeriggio il porporato ha fatto visita a due Centri caritativi. Il primo Centro, dedicato al card. Emile Biayenda, accoglie persone con disabilità fisica e psichica, e vi si trovano pure adolescenti fuggiti dalla Regione del Pool. L’altro Centro, “Centre d’Accueil Béthanie”, ospita neonati, bambini ed adolescenti abbandonati.

Quindi, il card. Parolin ha visitato il Memoriale che la Repubblica del Congo ha innalzato all’esploratore italiano Pietro Savorgnan de Brazza, che diede il nome alla Capitale congolese.

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Vaticano: estratti i premi della lotteria di beneficenza

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Nel pomeriggio di ieri, nella Sala Notai del Palazzo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, alla presenza del segretario generale, mons. Fernando Vérgez Alzaga, di due avvocati dell’Ufficio giuridico ed alcuni funzionari dello Stato, si è proceduto all’estrazione dei biglietti vincenti della quarta edizione della Lotteria di beneficenza per le opere di carità del Papa. Era presente un bambino che ha effettuato le procedure di estrazione. L’intera procedura è stata opportunamente verificata e verbalizzata. Per volere del Papa il ricavato della lotteria va in parte in favore delle popolazioni del Centro Italia colpite dal sima del 24 agosto ed in parte ai senzatetto. E’ possibile consultare a questo link l’elenco dei premi ed il numero dei biglietti vincenti.

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Oggi in Primo Piano



Caritas: accordo Italia-Libia su migranti è contro i più deboli

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A Malta il vertice informale dei capi di Stato e di governo europei sull’immigrazione. In una nota i leader assicurano pieno sostegno al “Memorandum” firmato ieri sera dal premier italiano, Paolo Gentiloni e il capo del governo di unità nazionale libico, Fayez al-Sarraj, per contenere l’afflusso dei migranti dalla Libia. Allo studio il rafforzamento dei rimpatri. Il servizio di Adriana Masotti: 

Dopo l'accordo raggiunto a marzo 2016 con la Turchia, l'Ue prova di nuovo a frenare "a monte" l'afflusso di migranti sul suolo europeo. In prima linea l’Italia firmataria di un Memorandum di intenti con la Libia. Obiettivo è cooperare nel contrasto all'immigrazione clandestina rafforzando i confini libici e riducendo il traffico di esseri umani. Accordo che dal Vertice di Malta, l'Unione europea fa sapere di accogliere con favore e di essere pronta a sostenere. Lo si legge nella dichiarazione congiunta stilata in tarda mattinata dai leader europei al termine della prima sessione dei lavori. Tra gli altri impegni quello di rafforzare la pratica dei rimpatri rendendola più operativa e individuando i potenziali ostacoli, “nel rispetto del diritto internazionale".

Dalla Libia arriva il 90 per cento dei migranti e l'accordo apre un capitolo nuovo", aveva detto il presidente del consiglio italiano Paolo Gentiloni al suo arrivo nell’isola. “La nostra parte l'abbiamo fatta, aveva aggiunto, ora chiediamo all'Europa le risorse economiche che servono”. Intanto, preoccupazione circa il memorandum viene espressa da molte organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere. La Libia non è un Paese sicuro, per questo non possiamo considerare questa proposta come un approccio umano alla migrazione", afferma Hehenkamp, uno dei direttori generali dell’organizzazione, tornato ieri da una missione in Libia che si chiede che ne sarà delle persone che saranno riportate in Libia dopo essere state intercettate in mare o che restano intrappolate nel Paese. Contraria al tentativo di chiusura della rotta migratoria dalla Libia all’Italia, anche la Caritas italiana. Sentiamo al microfono di Fabio Colagrande, Oliviero Forti, referente per l’immigrazione:

“In questi anni abbiamo già, in più occasioni, potuto assistere a tentativi di accordi con Paesi come la Libia, che evidentemente non danno nessun tipo di sicurezza rispetto poi alla reale capacità di implementazione dei contenuti di questi accordi. Capiamo che significa tenere queste persone in un Paese come la Libia, dove sono presenti ancora oggi carceri per migranti; dove si verifica quello che nessuno a volte riesce neanche ad immaginare – stupri di donne, situazioni disumane… – quindi, ecco, cerchiamo ancora oggi di capire come un governo o dei governi europei possano stringere rapporti con un Paese che peraltro non ha neanche un governo stabile, nella misura in cui, come sappiamo, al-Sarraj è il riferimento per l’Europa ma non per il popolo libico”.

Come fermare allora il traffico degli esseri umani, secondo la Caritas italiana? Ancora Forti:

“Aprendo canali legali e sicuri di ingresso. Come più volte abbiamo detto, solo sottraendo merce ai trafficanti – e in questo caso la merce sono donne, uomini e bambini – probabilmente possiamo indebolire queste reti criminali. Nel momento in cui invece blocchiamo queste persone nel Paese di transito – la Libia – rimettiamo in moto un meccanismo di traffico che alzerà il livello del rischio per tutti; aumenterà i costi di questi viaggi cosiddetti 'irregolari': quindi sarà un’operazione a perdere per tutti”.

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Corte Penale Internazionale a rischio per l'uscita dell'Africa

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La Corte penale internazionale rischia di vedere fortemente ridimensionata la sua operatività. Di recente i 55 Paesi dell’Unione Africana hanno progettato, in via ancora riservata, l’uscita in blocco dall’organismo di giustizia, istituito col Trattato di Roma del 1998 ed entrato in vigore nel 2002, per perseguire gli autori di crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio. All’origine della decisione il supposto e presunto accanimento del Tribunale contro i governi africani. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, esperto di Africa: 

R. – Senza l’Africa, la Corte penale internazionale rischia di essere un tribunale depotenziato. I motivi sono legati al fatto che molti presidenti si sentono perseguitati dalla Corte, che in effetti ha aperto numerose indagini proprio contro presidenti e uomini politici africani. Questa può essere una giustificazione da parte dei politici dell’Africa; in realtà, molti di essi hanno molto da farsi perdonare. Pensiamo all’ex presidente del Gambia, che adesso è fuggito in Guinea, ma che aveva annunciato di uscire dalla Corte penale internazionale, perché temeva che il suo comportamento fosse penalmente rilevante. Quindi, ci sono molti capi di Stato che temono di essere perseguiti dalla Corte, anche perché – appunto –  l’organismo ha aperto numerose inchieste soprattutto contro presidenti africani.

D. – La Corte penale internazionale era un modo per creare un’amalgama ancora più forte di quanto potesse fare già l’Onu. In questo senso, come ricreare questa comunanza di valori?

R. – La Corte penale internazionale era, ed è, un tribunale nato per sopperire alle eventuali mancanze delle singole giurisdizioni nazionali oppure per intervenire laddove le singole giurisdizioni non arrivano. Quindi è un’istanza suprema che permette di perseguire soprattutto reati gravissimi, soprattutto in relazione alla violazione dei diritti umani. Il fatto che gran parte dei Paesi africani voglia uscire dalla Corte penale, la ridimensiona molto. Come ricreare una comunità di intenti nel campo della giustizia internazionale sarà molto, molto difficile, perché, per dar vita alla Corte penale ci sono voluti anni di lavori, che infine hanno portato al Trattato di Roma. Ricostruire lo stesso clima sarà complicato. E quindi, quale sarà il futuro della giustizia internazionale è difficile dirlo in questo momento. Il vero problema è che anche le grandi potenze, come la Russia e gli Stati Uniti, credono poco nella giurisdizione internazionale, tanto è vero che gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il Trattato di Roma e la Russia ha più volte minacciato di volerne uscire.

D. – La decisione dell’Unione Africana è già operativa o ci saranno ulteriori passi da fare?

R. – L’Unione Africana ha delineato una sorta di strategia “a porte chiuse”: quindi non è ancora un qualcosa di ufficiale. Probabilmente ci saranno altri passi da compiere, perché, in blocco, tutti i Paesi dell’Unione Africana escano dalla Corte penale internazionale. Si spera che, nel frattempo, alcuni di questi Paesi ci ripensino e che possano mantenere la loro presenza all’interno della Corte. Lo stesso Gambia, per esempio, che con il vecchio presidente aveva annunciato di voler uscire, con il nuovo presidente ha dichiarato che vorrà mantenere il Paese all’interno della Corte penale internazionale. Si spera che anche Paesi importanti, come il Sudafrica e il Kenya, possano ripensare sulla loro decisione di voler uscire. 

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Centrafrica: nuove speranze, chiude campo sfollati di Mpoko

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Chiude il campo sfollati di Mpoko all’aeroporto internazionale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Nel Paese l’emergenza non è ancora terminata, sia per la popolazione, sia per la violenza che a tutt’oggi percorre alcune zone. Ma permane la speranza di una completa pacificazione. Il servizio di Giada Aquilino

È stato il luogo simbolo della violenta crisi che ha devastato il Centrafrica negli ultimi anni: il campo sfollati di Mpoko, sorto nel 2013 all’aeroporto internazionale di Bangui, lì dove due anni dopo sarebbe atterrato Papa Francesco per l’apertura della Porta Santa nella cattedrale della città. Nel corso del conflitto, col rovesciamento dell’ex presidente François Bozizé e gli scontri tra gruppi armati Seleka e milizie anti-Balaka, centinaia di migliaia di persone si sono ammassate lungo le piste di atterraggio dello scalo della capitale, in cerca di protezione dalle forze internazionali lì presenti con un contingente che, ancora oggi, conta 12 mila caschi blu. La testimonianza di frà Serge Mbremandji, provinciale a Bouar dei Frati Cappuccini del Centrafrica, raggiunto telefonicamente a Bangui:

R. – Il campo è chiuso ufficialmente. Però ci sono delle persone che stanno ancora lì, si dice mille, perché non hanno ancora ricevuto quello che il governo ha loro promesso: misure di accompagnamento e circa 50 mila franchi Cfa, che sono - mi sembra - circa 80 euro, per aiutarli nel loro ritorno a casa o nell’affittare un’abitazione in un’altra zona. Ma per lasciare il campo, il sito nell’aeroporto, sono troppo pochi, non bastano.

D. – E le persone che, invece, hanno già lasciato il campo ora dove si trovano? In che condizioni vivono?

R. – Lasciando il campo, alcuni sono andati in un’altra zona, abbastanza calma; altri invece sono dovuti tornare nel loro vecchio quartiere, ma hanno paura. Inoltre molte delle loro case non ci sono più e quindi hanno dovuto prendere delle tende da allestire, per cominciare a vivere là.

La chiusura del campo di Mpoko ha una duplice valenza, secondo Francesco Di Donna, coordinatore medico di Medici Senza Frontiere, che lì ha lavorato nell’ospedale allestito dall’organizzazione:

“Sicuramente è un segnale da un lato positivo, perché la crisi è un pochino diminuita nella Repubblica Centroafricana; però dall’altro è importante anche sottolineare che nel Paese i problemi sono tutt’altro che risolti. Una persona su quattro è ancora sfollata all’interno e al di fuori dei confini nazionali e molte persone dipendono ancora dagli aiuti umanitari per continuare a vivere”.

In tre anni, evidenzia Medici Senza Frontiere, proprio in quell’ospedale da campo si è stati testimoni di “orribili atrocità”. Ancora Francesco Di Donna:

“Ci occupavamo soprattutto di due attività. Una più sull'intervento di primo soccorso su feriti da arma bianca, soprattutto d'urgenza, per poi trasferirli negli ospedali della Croce Rossa o in un altro ospedale di MSF all'interno di Bangui. E poi c'era tutta la parte sulla salute primaria, che comprendeva anche la cura delle malattie per i bambini, come la malaria, la diarrea, e per le donne. Nel campo c'era una popolazione che ha raggiunto picchi di quasi 100 mila persone. E soprattutto nella fase acuta, iniziale, arrivavano tantissime persone, tantissimi pazienti con appunto segni di torture o mutilazioni o proprio ferite da guerra molto pesanti”.

Il Paese ora tenta di ripartire. L’anno scorso l’elezione del nuovo presidente, Faustin-Archange Touadéra. A fine gennaio, la visita della direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, che ha stimato una crescita annua del 5% per il Centrafrica, nonostante il rallentamento dell’economia di tutta l’Africa subsahariana. Frà Serge Mbremandji fa il quadro della sicurezza nel Paese:

R. – A Bangui la situazione è abbastanza calma e tranquilla. Però nel nord e nel centro del Paese ci sono ancora uomini armati. Per esempio ieri mattina i ribelli sono entrati a Bocaranga, nel nordovest del Paese, nella diocesi di Bouar, e hanno cominciato a sparare, a bruciare le case. Hanno detto che lì ci sono stati circa 15 morti. Sono entrati anche dai Frati di Bocaranga e hanno rubato moto, computer, telefonini e un po’ di soldi.

D. – Cosa rimane oggi del messaggio portato dal Pontefice e dalle immagini dell’atterraggio del Papa all’aeroporto internazionale di Bangui, a fianco proprio ai profughi raccolti nel campo di Mpoko?

R. – Se oggi ho potuto dire che Bangui è tranquilla, è grazie a questo viaggio del Papa nel Paese. Per noi è stato un miracolo! Prima non si muoveva più niente: anche da Bouar non si poteva venire a Bangui. Da quel momento, invece, la strada è stata aperta. La visita del Papa ha portato molto nel Paese!

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Card. Tagle: la pena di morte alimenta solo ciclo di violenze

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Il cardinale arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, ha affermato - in una guida pastorale pubblicata giovedì - che la pena capitale potrebbe alimentare solo un ciclo di violenze. “Le sanzioni - aggiunge - non devono essere imposte per vendetta, ma per correggere gli autori dei reati e per il bene della società". La dottrina cattolica si oppone alla pena di morte anche perché il rischio di uccidere un innocente non può mai essere escluso. "C'è il pericolo reale – afferma il porporato filippino - che la pena di morte possa essere applicata ad una persona innocente".

Necessità di riformare le istituzioni per salvaguardare la giustizia
"Abbiamo bisogno di riformare le istituzioni - ha aggiunto - in modo da salvaguardare la giustizia, evitando la diffusione di una cultura della violenza". Così come altri Paesi hanno abbandonato l'uso della pena di morte, il cardinale Tagle si è rivolto ai legislatori perché trovino altri mezzi per contrastare i crimini, dando ai trasgressori l'opportunità di correggersi. "Una cultura della violenza disumanizza. Una cultura della giustizia, integrità e speranza guarisce". Nel rimarcare che la pena di morte non è una soluzione alla criminalità, l'arcivescovo di Manila ha anche detto che il problema deve essere affrontato alla radice, fornendo soluzioni alla povertà. “Per aiutare a risolvere le radici della criminalità - ha affermato - la Chiesa e lo Stato devono proteggere e rafforzare l'unità alla base della società, che è la famiglia". (A cura di Anna Poce)

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Libano: vescovi maroniti per nuova legge elettorale

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L'Assemblea dei vescovi maroniti, in occasione della riunione mensile, ospitata mercoledì primo febbraio presso la sede patriarcale di Bkerké, ha auspicato l'approvazione di una nuova legge elettorale che garantisca un'equa rappresentanza a tutte le componenti sociali e religiose del Libano. A dare notizia del comunicato finale dell'Assemblea, l'Agenzia Fides. I vescovi maroniti sottolineano l'urgenza di "accelerare la discussione per l'adozione di una nuova legge elettorale che sia ispirata dalla Costituzione dal Patto nazionale, e che dovrebbe garantire una equa rappresentanza di tutte le componenti della società libanese. L'attuale scena politica libanese è dominata dal dibattito sul sistema elettorale da utilizzare per le elezioni politiche che dovranno rinnovare il Parlamento. Anche il presidente Michel Aoun, parlando ieri a una delegazione del “Forum” degli ambasciatori del Libano, ha esortato le formazioni politiche a trovare un accordo “su una formula che non sia tagliata su misura a favore di una parte”, ma garantisca l'eguaglianza e l’adeguata rappresentanza di tutte le componenti del popolo libanese.

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Migliaia di Rohingya saranno trasferiti nel Golfo del Bengala

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Decine di migliaia di rifugiati di etnia Rohingya, una delle più perseguitate al mondo, saranno trasferiti su un isolotto nella Baia del Bengala, a largo delle coste del Bangladesh, prima di essere trasferiti in Myanmar. Dall’ottobre scorso in 65 mila hanno attraversato il confine in fuga dalle violenze nel Myanmar, in particolare nello Stato di Rakhine. E’ quanto emerge dalla stampa locale - riporta l’agenzia Fides - secondo cui risulta che i trasferimenti sono previsti da una direttiva adottata dal governo del Bangladesh. Fonti della stampa locale sottolineano che il territorio dell’isolotto è stato spazzato da alluvioni ed è del tutto privo di protezioni naturali e di strade.

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25 anni della Chiesa in Mongolia: presto 3 nuove parrocchie

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Sono oltre 50 i missionari e i religiosi di 14 Paesi del mondo che “offrono la propria vita in Mongolia, fedeli alla propria vocazione di coltivare la relazione profonda con Dio e di donarsi per il prossimo”. Grazie al loro servizio, la Chiesa in Mongolia, che prepara la celebrazione dei 25 anni di missione, potrà ben presto erigere ufficialmente tre nuove parrocchie. Ne dà notizia all’agenzia Fides, padre Prosper Mbumba, missionario congolese della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Ieri la Festa della Presentazione del Signore in cui si celebra la Giornata mondiale della Vita Consacrata. “E 'stata una occasione di riflessione per tutti noi riuniti attorno al vescovo Wenceslao Selga Padilla, prefetto Apostolico di Ulaanbaatar”, racconta padre Prosper. Tra i presenti suor Nirmala, della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, religiosa indiana che ha condiviso la sua esperienza di vita consacrata. La suora indiana è nel Paese da oltre 10 anni, su 18 di vita consacrata. La religiosa ha ricordato che lo scorso anno la Chiesa in Mongolia si è arricchita con l'ordinazione del primo sacerdote nativo e nell’anno 2017 festeggia il suo “Giubileo d'argento”, cioè i 25 anni di missione in un Paese che era appena uscito dal sistema comunista. “Oggi la comunità cattolica ha oltre mille mongoli battezzati e centinaia di catecumeni provenienti da 6 parrocchie e 3 stazioni missionarie che saranno erette a rango di parrocchie in occasione della celebrazione del Giubileo”, ha riferito, “segno della benedizione di Dio che ama il popolo della Mongolia”. 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 34

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.