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Sommario del 26/02/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa all'Angelus: no a ricerca affannosa della ricchezza, ma fidarsi di Dio Padre

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Scegliere fra Dio, che non delude mai, e gli idoli illusori, la ricchezza. Questa è il forte richiamo del Papa stamani all’Angelus in una Piazza San Pietro, illuminata da un sole splendente e gremita di circa 30mila fedeli. Francesco esorta ad affidarsi a Dio perché è un Padre amoroso. Ed è molto importante “in quest’epoca di orfanezza”, sentirlo Padre. Al termine della preghiera, il Papa ricorda la "Giornata delle malattie rare", che ricorre dopodomani. Il servizio di Debora Donnini

“Non potete servire Dio e la ricchezza”. Parte dal brano evangelico di questa domenica la riflessione di Francesco all’Angelus. Si tratta quindi di compiere “una scelta chiara”:

“O il Signore, o gli idoli affascinanti ma illusori. Questa scelta che siamo chiamati a compiere si ripercuote poi in tanti nostri atti, programmi e impegni. E’ una scelta da fare in modo netto e da rinnovare continuamente, perché le tentazioni di ridurre tutto a denaro, piacere e potere sono incalzanti. Ci sono tante tentazioni per questo.”.

Onorare gli idoli porta a “risultati tangibili anche se fugaci”, rileva il Papa mentre scegliere Dio “non mostra sempre immediatamente i suoi frutti”. E’ quindi “una decisione” che “lascia a Dio la piena realizzazione” e che si prende nella speranza. 

In epoca di orfanezza, importante sentire Dio come Padre amoroso
La speranza, infatti, “non si arresta di fronte ad alcune difficoltà”, perché “fondata sulla fedeltà di Dio, che mai viene meno”, ricorda Francesco:

"È fedele, è un padre fedele, è un amico fedele, è un alleato fedele".

Questo è quindi il cuore dell’esortazione del Papa: fidarsi di Dio perché è “un Padre amoroso”, che non dimentica mai i suoi figli e si prende cura degli esseri viventi nel creato, come rammenta Gesù stesso nel Vangelo. Per questo invita con insistenza a “non preoccuparci del domani”. E’ vero che la vita scorre sotto l’assillo delle preoccupazioni ma “quest’angoscia è spesso inutile”, ammonisce il Papa, “perché non riesce a cambiare il corso degli eventi”. Affidarsi a Dio, anche se non risolve magicamente i problemi, permette però di affrontarli “con l’animo giusto”:

“Dio non è un essere lontano e anonimo: è il nostro rifugio, la sorgente della nostra serenità e della nostra pace. È la roccia della nostra salvezza, a cui possiamo aggrapparci nella certezza di non cadere; chi si aggrappa a Dio non cade mai! È la nostra difesa dal male sempre in agguato. Dio è per noi il grande amico, l’alleato, il padre, ma non sempre ce ne rendiamo conto”.

L’uomo però preferisce appoggiarsi a beni immediati e contingenti, “dimenticando, e a volte rifiutando, il bene supremo, cioè l’amore paterno di Dio”:

“Sentirlo Padre, in quest’epoca di orfanezza è tanto importante! In questo mondo orfano, sentirlo Padre. Noi ci allontaniamo dall’amore di Dio quando andiamo alla ricerca ossessiva dei beni terreni e delle ricchezze, manifestando così un amore esagerato a queste realtà".

Cercare il Regno di Dio ed essere amministratori fedeli
Questa "ricerca affannosa" dei beni è però motivo di infelicità. Per questo Gesù dona una regola di vita fondamentale: quella di cercare anzitutto il Regno di Dio. Questo significa realizzare quanto da Lui annunciato nel Discorso della Montagna, cioè fidarsi di Dio che non delude mentre tanti amici "ci hanno deluso", ed essere “amministratori fedeli dei beni” che ci ha donato, “anche quelli terreni, ma senza ‘strafare’”, come se tutto, anche la nostra salvezza, dipendesse “solo da noi”.

La Giornata delle malattie rare: i pazienti e le famiglie siano adeguatamente sostenuti
Al termine dell’Angelus, il Papa ha salutato i pellegrini presenti, fra loro anche il gruppo venuto in occasione della “Giornata delle malattie rare”, che ricorre dopodomani: 

“Auspico che i pazienti e le loro famiglie siano adeguatamente sostenuti nel non facile percorso, sia a livello medico sia legislativo”.

"Grazie a voi - ha concluso - per tutto quello che fate".

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Esercizi spirituali con il Papa, p. Michelini: un tempo per fermarsi

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Mercoledì prossimo, primo marzo, con la celebrazione del rito delle Ceneri, inizia la Quaresima. Il Papa, dal 5 al 10 marzo, si recherà con la Curia Romana nella Casa del Divin Maestro, ad Ariccia, per i tradizionali Esercizi spirituali. Al centro delle meditazioni, la Passione, morte e risurrezione di Gesù secondo Matteo: a guidarle sarà il padre francescano Giulio Michelini, 53 anni, milanese, docente presso l’Istituto teologico di Assisi. Antonella Palermo gli ha chiesto come abbia accolto questo incarico:  

R. – Devo dire la verità che, all’impronta, a chi mi ha presentato la cosa – uno dei collaboratori stretti di Papa Francesco – io ho reagito dicendo subito: “Bè, mi fido”. Ho parlato con chi mi aiuta, ogni tanto mi consiglio con il mio direttore spirituale, e lui mi ha detto così: “Guarda, padre Giulio, ma lo hai chiesto tu?”, e io ho detto: “Me ne sarei guardato bene!”. E poi mi ha detto: “Parla come se parlassi a uno dei discepoli di Cristo, come fai tu”. E questo mi ha rasserenato.

D. – Lei è uno specialista dell’evangelista Matteo e sarà proprio la Passione raccontata da Matteo a legare le sue meditazioni …

R. – Il Vangelo di Matteo è il Vangelo della Chiesa, cioè è quello che più di tutti valorizza la figura di Pietro; non soltanto è l’unico Vangelo che utilizzi la parola ecclesìa – Chiesa – due volte; ma è il Vangelo che più di tutti parla di Pietro. E quindi mi sembrava bello stare davanti a Pietro e parlare con lui del Vangelo che è il primo Vangelo o detto anche il “Vangelo ecclesiale” della Chiesa.

D. – Peraltro, più di una volta il Papa ha fatto riferimento a quella vocazione di Matteo che tanto ha inciso nella sua vita spirituale, nelle sue scelte: non è così?

R. – Ed è infatti un’idea importante perché in quella vocazione – come Papa Francesco ha notato – c’è lo sguardo di misericordia di Gesù. Ora, noi sappiamo che il Vangelo di Matteo, a guardare bene, è il Vangelo della misericordia. La parola éleos – misericordia – compare più volte nel Vangelo di Matteo che negli altri Vangeli. E quindi, anche se Luca è quello che, per esempio, ci racconta le parabole della misericordia, come quella del capitolo XV, la pecora smarrita, il figliol prodigo, la moneta ritrovata, però si deve dire che Matteo insiste su questo e il Papa si è identificato con lo sguardo di Gesù che chiama Pietro, perché è stato chiamato e gli è stata usata misericordia.

D. – In ultima battuta: queste sono meditazioni offerte alla Curia e al Papa. Ricordiamoci che il tempo degli Esercizi spirituali, almeno come li aveva pensati S. Ignazio di Loyola, è un tempo che ciascun cristiano dovrebbe ritagliarsi. All’inizio, ormai, della Quaresima che cosa può dirci a questo proposito? A cosa servono gli esercizi spirituali?

R. – Il problema è proprio questo, che nella nostra vita a volte noi andiamo avanti perché facciamo tante cose; forse ci fa bene fermarci sia durante la giornata sia in un tempo speciale come la Quaresima dove ci domandiamo: “Dove sto andando? Che cosa sto facendo? Perché lo sto facendo? Lo sto facendo bene? Chi mi guida? Mi guida lo Spirito? Mi guida il mio desiderio di successo? Mi guida il desiderio del potere, del denaro? Come vivo le mie relazioni?”. Forse potremmo dire: facciamo ogni giorno un bilancio, una verifica e la Quaresima, in fondo, è questo, perché ci si ferma. Ecco, io propongo un digiuno in particolare dalle cose che a volte ci distraggono e che sono – per esempio – il bombardamento mediatico, e su questo dovremmo stare molto attenti. Mentre stavamo facendo questa intervista mi sono arrivati, credo, cinque messaggi su whatsapp e adesso io sono costretto a guardarli! Davvero, a volte la quantità di informazioni, anche banali, che ci vengono addosso sono in fondo anche pericolose. Quindi questa è una forma di pausa un po’ per recuperare e fermarsi. Ne abbiamo veramente bisogno, soprattutto in questo tempo.

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"Il Crocifisso è vivo": il card. Comastri parla del suo nuovo libro

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“Il Crocifisso è vivo”. E’ il titolo del nuovo libro del cardinale Angelo Comastri, pubblicato in questi giorni dalle Edizioni San Paolo. Il volume introduce i lettori alla “terapia della Misericordia”, raccontando storie di conversioni e trasformazioni di uomini raggiunti dalla forza della Croce. Un libro, dunque, particolarmente utile mentre ci avviciniamo al periodo quaresimale che ci condurrà alla Pasqua del Signore. Intervistato da Alessandro Gisotti, il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, muove la sua riflessione dall’affermazione dello storico russo Aleksandr Solženicyn: “Gli uomini hanno dimenticato Dio”: 

R. - Solženicyn ha raccontato che quando era ragazzo, quindi negli anni ’20, ’22, ricordava che nel suo villaggio discutevano: “Ma perché ci sono capitate queste disgrazie nella Russia?”. Erano gli anni in cui si stava imponendo la dittatura feroce di Stalin. E lui ricordava che gli anziani dicevano: “Abbiamo abbandonato Dio, il resto è conseguenza”. Questo vale anche oggi. Viviamo in una società in cui dominano due caratteristiche. Oggi c’è violenza e scontentezza. La violenza è un po’ dovunque. Così anche la scontentezza è un po’ dovunque. Perché questa inquietudine? Dio è la trave che sostiene il tetto del senso della vita: se Dio è entrato nella storia, la storia ha una salvezza, ha uno sbocco positivo. Noi siamo sicuri che lo sbocco finale sarà la vittoria dei buoni. Allora, sapendo che il Crocifisso è vivo, cioè che Gesù è dentro la storia, è dalla parte nostra, sapendo questo, noi dobbiamo avere una grande speranza, una grande fiducia: il mondo può cambiare, il mondo si può rinnovare e, non solo, la vittoria dei buoni è assicurata.

D. - La Quaresima è vicina. Questo libro parla di Risurrezione fin dal titolo. Come prepararsi a questo tempo forte dell’anno?

R. - Il mondo nel quale viviamo potrebbe farci paura. Ci sono tanti elementi che possono anche infondere scoraggiamento. Allora, mi vengono in mente le parole che spesso mi diceva Madre Teresa: “Non serve a niente gridare ‘E’ buio, è buio!’ ”. Finché gridiamo ‘E’ buio, è buio!’ non si accende la luce. E lei diceva: “Accendiamo la luce. Anzi, diventiamo luce noi”. Allora, all’inizio della Quaresima, io credo che tutti dobbiamo riconoscere che abbiamo dentro di noi qualche zona d’ombra, tutti abbiamo qualche spazio in cui si è accumulata polvere. Quanto è bello ripulire l’anima, renderla più splendente, mandare più luce: questa è la Quaresima, in modo che il giorno di Pasqua possa essere non solo il ricordo della Risurrezione di Gesù ma anche un momento in cui noi ci avviciniamo alla Risurrezione di Gesù. Perché questo è il senso della Quaresima: farci diventare figli risorti.

D. – Lei sottolinea che la terapia che oggi serve agli uomini del nostro tempo è la misericordia di Dio. Questo tema della misericordia è molto presente nei Papi dopo il Concilio, in particolare in Giovanni Paolo II e Francesco. Perché secondo lei?

R. – Credo che il tema della misericordia sia un po’ il cuore del Vangelo. Oggi lo stiamo sottolineando più che scoprendo perché è nel cuore del Vangelo. Prendiamo il capitolo 15 di San Luca. L’evangelista racconta che un giorno la gente mormorava contro Gesù perché lo trovava troppo buono, troppo accondiscendente verso i peccatori e Gesù risponde con tre parabole, con le quali vuol dire: “Voi non sapete chi è Dio. Dio non è come lo pensate voi. Dio è come un pastore che ha 100 pecore, ne perde una, potrebbe dire: ‘99 mi bastano’. E invece va a cercare la pecora smarrita. Questo è Dio”. E Gesù conclude: “Ebbene in cielo si fa festa per un solo - un solo! - peccatore che si converte”. Poi, Gesù continua: “Dio è come una donna che ha 10 monete e ne perde una. Ebbene chi sono queste monete preziose? E’ l’uomo, l’uomo peccatore. La moneta perduta è l’uomo peccatore. E dice Gesù: “La donna butta all’aria tutta la casa. Ed è un’immagine di Dio per dire: Dio fa di tutto per ritrovarci. Poi, la parabola del Figliol prodigo è meravigliosa: il figlio sbatte la porta, scappa di casa va a finire nel porcile, più umiliante di così non si può immaginare! Ebbene, io sono convinto che Gesù quando raccontava questa parabola a un certo punto si è fermato, nel momento in cui ha detto: “Ma il figlio si pentì e disse: ‘Tornerò da mio padre’”. Io ho sempre immaginato che Gesù si sia fermato in questo momento e abbia detto: “Immaginate l’incontro”. Forse qualcuno avrà detto: “Una bella bastonata gliel’avrà data!”. Gesù risponde: “No, così ragionato gli uomini non Dio”. Il Padre lo vide da lontano, cioè il padre lo stava aspettando. Ed è bello il movimento dei verbi: “Il padre gli corse incontro, gli cadde sul collo e lo abbracciò con l’amore di un padre”. Quindi noi possiamo perdere le caratteristiche di figli, Dio non perde mai le caratteristiche di padre.

L'integrale dell'intervista al cardinale Comastri può essere ascoltata qui: 

 

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Card. Sandri: il CCEO strumento per il futuro delle Chiese Orientali Cattoliche

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Il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, CCEO, “vuole essere strumento per il futuro delle Chiese Orientali Cattoliche, perché esse recuperino l’autenticità per essere veri testimoni della propria tradizione ecclesiale”, soprattutto “laddove sono state temporaneamente escluse da circostanze storiche” nel cammino della Chiesa, “per dare il loro contributo allo sviluppo della cattolicità”. Così il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che è intervenuto venerdì scorso, a conclusione del Simposio che si è svolto al Pontificio Istituto Orientale di Roma, nell’ambito della celebrazione dei cento anni della Congregazione e dei 25 anni dell’entrata in vigore del CCEO. Il porporato ha parlato del lungo lavoro di preparazione al Codice, che vide la luce nel 1990. Infine il cardinale Sandri ha ricordato il Motu Proprio di Papa Francesco “De concordia inter Codices” del 15 settembre scorso, in cui il Pontefice invitava a una maggiore concordanza anche nelle norme peculiari tra il CCEO e il Codice di Diritto Canonico. (M.R.)

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Oggi in Primo Piano



Siria: continuano i colloqui a Ginevra e la lotta all'Is

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A Ginevra continuano i colloqui sulla Siria tra il governo di Damasco e lo opposizioni, dopo che ieri a Homs l’ala siriana di Al-Qaeda ha ucciso oltre trenta persone tra cui il capo dell’intelligence di Assad. Intanto continua la lotta al sedicente Stato Islamico tanto in Siria quanto in Iraq, dove le forze speciali hanno preso il controllo di un quartiere occidentale di Mosul. Il servizio di Michele Raviart

Il capo delegazione delle opposizioni anti-Assad a Ginevra, Nasr Al-Hariri, ha condannato “il terrorismo” dopo l’attentato di Homs di ieri, compiuto dagli jihadisti di Fateh ah Sham, prima noti come Fronte Al-Nusra. La condanna era stata esplicitamente richiesta dall’inviato del governo di Damasco, Bashar al-Jaafari, come precondizione per continuare l'incontro, mediato dalle Nazioni Unite. “Durante i colloqui c’è sempre qualcuno che tenta di far saltare i negoziati. Ce lo aspettavamo”, ha commentato l’inviato speciale dell’Onu, Staffan De Mistura. Fateh ah Sham non è stato invitato a Ginevra, così come il sedicente Stato Islamico, che sta perdendo terreno. Nel nordovest della Siria, dopo aver perso il villaggio di Al-Bab, gli jihadisti hanno perso altri 14 villaggi per mano dei ribelli sostenuti dalla Turchia, dei curdi e dell’esercito di Damasco, che si sta dirigendo verso Sud per riguadagnare il controllo delle risorse idriche di Aleppo. In Iraq, invece, la polizia militare ha strappato all’Is il quartiere di Tayyaran a Mosul. Almeno dieci le autobombe usate dagli jihadisti. L’unica andata a segno ha ucciso due poliziotti e ne ha feriti altri cinque.

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La Turchia potrebbe tornare alla pena di morte abolita nel 2004

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Preoccupazione delle associazioni a tutela dei diritti umani per la proposta, lanciata dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, di un referendum per la reintroduzione della pena di morte. Un passo indietro che riporterebbe la Turchia al 2001 quando abolì la pena capitale nell'ambito del processo di integrazione europea, sebbene l'ultima esecuzione risalisse al 1984. Massimiliano Menichetti ha intervistato Riccardo Noury portavoce di Amnesty International Italia:​ 

R. – Su questioni così importanti, come quelle che riguardano un diritto fondamentale quale il diritto alla vita, non si può decidere "a colpi di maggioranza" o attraverso uno strumento come il referendum. Sono temi che devono essere salvaguardati rispetto alle tendenze, alle emozioni, a fatti contingenti della vita di un Paese. Quindi, massima contrarietà a questa ipotesi che riporterebbe la Turchia indietro di 13 anni e risulterebbe in controtendenza rispetto alla strada abolizionista che ormai è stata presa dal mondo, con oltre 140 Paesi che non ricorrono più alla pena capitale.

D. – Quali sono quei Paesi che però continuano a ricorrere alla pena di morte?

R. – Sono l’Iran, l’Arabia Saudita, l’Iraq, il Pakistan, la Cina da cui continuiamo a non avere dati certi sulle esecuzioni … Per il resto, la pena di morte sta facendo passi indietro: ogni anno aumenta il numero dei Paesi che non vi ricorrono più, e anche dove è praticata – per esempio, gli Stati Uniti – il numero delle esecuzioni diminuisce costantemente. Ciò nonostante, in un periodo di forte retorica populista da parte dei leader politici, la chiamata a ripristinare la pena di morte è forte: vediamo quanto sta accadendo, per esempio, anche nelle Filippine.

D. – Torniamo alla Turchia, che in seguito al tentato golpe del luglio scorso ipotizza il ritorno alla pena di morte, peraltro dopo un giro di vite pesantissimo. Qual è lo stato dei diritti umani nel Paese?

R. – Dopo il tentato golpe, lo stato d’emergenza – che di per sé è una misura legittima in situazioni di questo tipo, ma comunque non deve sospendere alcuni diritti fondamentali – è stato attuato con modalità che sono andate ben oltre la necessità e la proporzionalità. Oggi siamo di fronte a un giro di vite pesante nei confronti delle organizzazioni non governative, delle associazioni per i diritti umani, della stampa, degli scrittori … sembra quasi che quell’evento sia stato il pretesto per poter dar vita a una repressione assai più marcata rispetto al passato. E oggi la situazione è quella di un Paese in cui libertà fondamentali, come quella di espressione, di associazione, di manifestazione sono pesantemente colpite.

D. – In questo momento, sembra "congelata" la questione dell’annessione della Turchia all’Europa, nonostante gli accordi sull’immigrazione …

R. – Quello che va sottolineato è che è la Turchia che serve all’Europa e non il contrario, altrimenti non sarebbe stato firmato – da parte dell’Unione Europea – quell’accordo del 16 marzo dello scorso anno, che per Amnesty International è illegale, con il quale la Turchia è stata “affittata” nel ruolo di frontiera dell’Unione Europea. Con quell’accordo, peraltro economicamente rivelante, è stato stabilito che la Turchia avrebbe bloccato le partenze dei nuovi richiedenti asilo verso la frontiera marittima – quella della Grecia, nel caso specifico – si sarebbe presa indietro persone espulse dalla Grecia sulla base del fatto che è un Paese sicuro. Come abbiamo visto in quest’ultimo anno, la Turchia non è un Paese sicuro: non lo è neanche per i suoi stessi cittadini, figuriamoci per i richiedenti asilo …

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Burundi: speranza per ripresa dialogo tra governo e oppositori

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Si cerca ancora la via negoziale per trovare una soluzione alla crisi politica in Burundi. Il Paese, che nel 2015 è stato teatro di violenti scontri dopo la candidatura e la rielezione del presidente Pierre Nkurunziza al terzo mandato, ora si trova ad affrontare anche difficoltà economiche. Il servizio di Elvira Ragosta

I rappresentanti del governo burundese non hanno partecipato all’ultimo round di negoziati di metà febbraio ad Arusha, in Tanzania, denunciando la presenza al tavolo di oppositori ricercati dalle autorità. Il mediatore, l’ex presidente del Paese ospitante, Benjamin Mkapa, ha invocato una riunione urgente dei capi di Stato della Comunità dell’Africa Orientale. Intanto, nel Paese, la popolazione attende con speranza la ripresa del dialogo tra le parti. La testimonianza di padre Mario Pulcini, regionale dei Saveriani in Burundi:

“È importante che il dialogo porti a qualcosa di costruttivo, soprattutto per la gente che soffre questa situazione di non dialogo tra il governo e le opposizioni, la maggior parte delle quali si trova all’estero. Anche gli ultimi tentativi che sono stati fatti verso la metà di febbraio non hanno dato nessun risultato. E diciamo che questo è stato un po’ un colpo duro per tutta la popolazione”.

Dopo le violenze del 2015 e le violazioni dei diritti umani denunciate dall’Onu, la crisi politica e il clima di incertezza nel Paese fanno evidenziare una serie di problemi: si registrano ancora sparizioni di persone e gli aiuti internazionali arrivano con difficoltà, dopo la sospensione temporanea di alcune Ong. Poi ci sono gli oltre 300 mila burundesi rifugiatisi nei Paesi vicini. Ancora padre Mario:

“Io ho parlato con qualcuno che è stato a visitare per esempio i campi profughi che ci sono in Rwanda, in Tanzania e nel vicino Congo. Sono stato a contatto con quella gente, nei campi, veramente a piangere! In più si è aggiunta in questo periodo altra popolazione, soprattutto del Nord, e anche del Nord Ovest: gente che ha dovuto abbandonare le regioni per mancanza di cibo. Non c’è niente, non è cresciuto niente, non sanno cosa mangiare…”

Piccolo Stato dell’Africa centrale, il Burundi è uno dei Paesi più poveri e più densamente popolati del Mondo. Nel 2016, mesi di siccità e piogge irregolari hanno causato la perdita di molti raccolti e la produzione agricoltura, fonte primaria dell’economia locale, è diminuita del 40 per cento:

“La situazione sta peggiorando in maniera visibile. Anche noi, sul terreno, vediamo veramente che la gente ha fame. I prezzi sono cresciuti, gli stipendi sono quelli che sono. Il futuro non è roseo, e il lavoro è tutto da ricercare. Per cui si ha l’impressione di un blocco dell’economia”.

Un problema che interessa soprattutto i giovani, molti dei quali sono andati all’estero nella speranza di costruirsi un futuro. Intanto, conclude padre Mario, nel Paese è grande il sostegno della Chiesa alla popolazione:

“La Caritas burundese, i vescovi, il clero locale, e anche gruppi dalle varie parrocchie si danno da fare. Io sono in un grande quartiere di Kamenge e là veramente tutto quello che possiamo comprare – di distribuzione proprio per questa gente. In più, diciamo che la Chiesa in questo momento è in una buona posizione per aiutare questo dialogo. È riuscita a mantenere l’equilibrio di fronte al governo e a quelle che si chiamano opposizioni, per riuscire a dare una mano a metterli insieme e a farli sedere allo stesso tavolo. Io credo che la Chiesa possa avere un ruolo importante”.

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"Piena di grazia", il film sugli ultimi giorni terreni di Maria

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Esce lunedì nelle sale italiane il film del regista americano Andrew Hyatt “Piena di Grazia”: gli ultimi giorni della vita terrena di Maria, la Madre di Gesù, nel ricordo del Figlio e per sostenere gli Apostoli. Un film piccolo ma di grande spiritualità, con una intensa protagonista. Il servizio di Luca Pellegrini

“Ave Maria, Piena di Grazia, il Signore è con te…”.

Crede fermamente che “Piena di Grazia” sia un film diverso. Andrew Hyatt lo ha girato in soli dieci giorni. Ma per lui e tutto il cast sono stati intensissimi. «Perché - confessa - è più come guardare una preghiera e meno come guardare un altro film "basato sulla fede". Vedere Maria come una madre sofferente, Pietro come un leader pieno di dubbi e la Chiesa originaria piena di bellezza e di dolore, in tutta la loro umanità, mostrerà la fede e la Chiesa in un modo che speriamo il pubblico non abbia mai sperimentato prima». La sceneggiatura si concentra sugli ultimi giorni di vita di Maria e i suoi colloqui con Pietro, cui si aggiungono alcuni degli Apostoli in cerca di una guida e di un senso. Maria ricorda anche il suo incontro con l’angelo, da ragazza:

“Non avere paura. Tu hai il favore del Signore. Lo Spirito Santo scenderà su di te. Su di te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Elisabetta ha concepito un figlio nella sua vecchiaia, perché nulla è impossibile a Dio…”.

I dialoghi sono bellissimi. Pietro è preso dall'ansia: "La Chiesa non può riposare, non ora", dice. A dieci anni dalla morte di Gesù l’embrione degli accesi dibattiti cristologici dei secoli a venire, le prime divisioni, sono già all'orizzonte. Maria gli parla e lo rincuora con sapienza.

(Pietro) “Signore, sai che ti amo. Signore, tu che conosci ogni cosa, sai che ti amo”.

(Maria) “Tu stai dubitando di te stesso, Pietro. E ti stai chiedendo se sei in grado di assumere la guida. La risposta è: ‘No, non lo sei. Ma devi sapere che non sei solo; Lui è al tuo fianco, ti ha preceduto mostrandoti il cammino. La via è già stata tracciata. Va con lui, cercalo in ogni cosa. E fallire, per te, sarà impossibile”.

Maria è interpretata con misura e intensità dall'attrice algerina Bahia Haifi. Poco prima di spegnersi, ricorda agli Apostoli una verità d'amore, pensando al Figlio: "Il suo cuore ha battuto insieme al mio per nove mesi, ora il vostro cuore batte col suo per l'eternità". L'Assunzione è appena accennata, con Pietro che, dopo averla adagiata in un sepolcro, guarda subito in alto, verso il cielo. Prima, con un gesto di pietà filiale, le aveva baciato, delicatamente, una mano.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 57

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.