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Sommario del 07/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco battezza questa domenica 28 bambini in Cappella Sistina

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Questa domenica, Festa del Battesimo del Signore, Papa Francesco presiede alle 9.30 la Messa nella Cappella Sistina. Durante il rito battezzerà 28 bambini. Il servizio di Sergio Centofanti

Per la quarta volta nel suo Pontificato Papa Francesco presiederà la Messa nella Cappella Sistina nel giorno in cui termina il Tempo di Natale, amministrando il Sacramento del Battesimo a 13 bambine e 15 bambini. La liturgia parla del Battesimo di Gesù, «in Spirito Santo e fuoco» (Lc 3,16. Riascoltiamo le parole che il Papa ha pronunciato il 10 gennaio 2016:

“Lo Spirito Santo infatti nel Battesimo cristiano è l’artefice principale: è Colui che brucia e distrugge il peccato originale, restituendo al battezzato la bellezza della grazia divina; è Colui che ci libera dal dominio delle tenebre, cioè del peccato, e ci trasferisce nel regno della luce, cioè dell’amore, della verità e della pace: questo è il regno della luce. Pensiamo a quale dignità ci eleva il Battesimo!” (Angelus 10 gennaio 2016).

Il Battesimo ci rende figli di Dio:

“Tale realtà stupenda di essere figli di Dio comporta la responsabilità di seguire Gesù, il Servo obbediente, e riprodurre in noi stessi i suoi lineamenti: cioè mansuetudine, umiltà, tenerezza. E questo non è facile, specialmente se intorno a noi c’è tanta intolleranza, superbia, durezza. Ma con la forza che ci viene dallo Spirito Santo è possibile!” (Angelus 10 gennaio 2016).

E’ infatti lo Spirito Santo, ricevuto per la prima volta nel giorno del nostro Battesimo, che ci apre il cuore alla Verità:

“Lo Spirito spinge la nostra vita sul sentiero impegnativo ma gioioso della carità e della solidarietà verso i nostri fratelli. Lo Spirito ci dona la tenerezza del perdono divino e ci pervade con la forza invincibile della misericordia del Padre. Non dimentichiamo che lo Spirito Santo è una presenza viva e vivificante in chi lo accoglie, prega in noi e ci riempie di gioia spirituale” (Angelus 10 gennaio 2016).

Papa Francesco esorta tutti a ricordare il giorno del nostro Battesimo: “è una data da festeggiare” - dice - perché “è la data della nostra rinascita come figli di Dio”. Festeggiare questo giorno “significa riaffermare la nostra adesione a Gesù, con l’impegno di vivere da cristiani, membri della Chiesa e di una umanità nuova, in cui tutti sono fratelli”. C’è poi l’invito ai genitori a custodire la fede dei bambini:

“Non dimenticatevi che la più grande eredità che voi potrete dare ai vostri bambini è la fede. Abbiate cura che non venga persa, di farla crescere e lasciarla come eredità (…) vi auguro che siate capaci di far crescere questi bambini nella fede” (Omelia 10 gennaio 2016).

Durante la Messa si pregherà per i bambini che soffrono perché “il Signore susciti sempre uomini e donne capaci di chinarsi su di loro con carità instancabile”.

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Il Papa: ricordiamo i cristiani d'Oriente che festeggiano il Natale

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I cristiani che seguono il calendario giuliano celebrano oggi il Natale del Signore. Papa Francesco in un tweet odierno invita a rivolgere il pensiero a queste comunità, sia cattoliche che ortodosse. Ieri all’Angelus ha augurato ai cristiani d'Oriente una festa che li ricolmi "di gioia e di luce”. A celebrare la nascita di Gesù non rinunciano neppure i cristiani che da anni vivono in contesti difficili, se non proprio di persecuzione. I dettagli nel servizio di Roberta Barbi:

È Natale, oggi, per i fedeli delle Chiese cattoliche orientali e ortodosse che seguono il calendario giuliano e non quello gregoriano. Pur nella diversità delle date, un augurio che "si possa vivere insieme l’unico mistero dell’Incarnazione di Gesù e della sua venuta in mezzo a noi” viene da mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana, che invita ad aprire le porte in un abbraccio di fraternità ai fedeli immigrati, costretti a festeggiare il Natale spesso lontano dalle loro terre e dalle loro famiglie.

Sua Santità Tawadros: Gesù Bambino c’insegna ad affidarci al Cielo
Ma non si rinuncia a ricordare la venuta al mondo del Salvatore neppure in Paesi in cui la vita per i cristiani è particolarmente difficile e l’unica speranza è tenere fisso lo sguardo verso il cielo. È questo il contenuto del messaggio natalizio inviato ai fedeli da Sua Santità Tawadros, Patriarca della Chiesa copto-ortodossa in Egitto che invita a seguire l’esempio dei pastori e dei Magi, ma anche l’esempio di Maria Vergine, che con il suo sì all’Angelo offrì la propria vita al cielo. Così anche per l’uomo di oggi, che spesso ha un atteggiamento contraddittorio verso il cielo – c’è chi lo osteggia, chi prega ma anche chi vi è indifferente – aspirare al cielo significa aspirare alla luce di Dio che illumina i cuori, alla pace che ci rende operatori di pace nel mondo, a una gioia che è gioia costante e non caduca come quelle terrene.

Patriarca Kyrill: far crescere i doni dello Spirito
Seguire “alti ideali morali, impegnandoci in prima persona a incarnarli nella vita quotidiana”: è questo il centro del messaggio di Natale inviato anche da Kyrill, Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, che esorta i fedeli a far crescere dentro di sé i doni dello Spirito come l’amore, la pazienza e la bontà, e metterli in pratica nel servizio al prossimo. Il 2017 in Russia ricorre anche un secolo dagli avvenimenti che ne hanno cambiato profondamente la storia: “Le perdite e le sciagure che successivamente hanno attraversato il nostro popolo – ha aggiunto il Patriarca – sono state in gran parte determinate dalla distruzione di un sistema politico che era esistito per un millennio e dalla lotta contro la fede religiosa della gente”. Il Natale, comunque, è il compimento delle promesse antiche di salvezza per il genere umano. 

Ucraina, l'arcivescovo Shevchuk: Gesù ci dice di non temere
Da parte sua, l'arcivescovo maggiore di Kiev, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, ha celebrato la vigilia con i profughi del conflitto e stamane ha presieduto la Messa nella Cattedrale della Risurrezione. Ha detto che il Natale è l'occasione per scoprire un Dio presente nella nostra storia. Certo, non c'è una risposta completa a tutte le sofferenze - ha osservato - ma Gesù viene a dirci in questo giorno di non temere, perché Lui è con noi fino alla fine dei tempi. Noi dobbiamo solo accogliere il Bambino divino.

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Le udienze di Papa Francesco

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Le udienze di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Parolin conferma Mariella Enoc presidente dell'Ospedale Bambino Gesù

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Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha confermato per altri 4 anni Mariella Enoc come presidente del Consiglio di Amministrazione dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il porporato esprime il suo “vivo apprezzamento e la profonda e sentita gratitudine della Santa Sede” per l'opera svolta dalla Enoc “con competenza, professionalità, dedizione grande e non senza sacrificio, in favore dell'Ospedale in questi due anni di intensa attività, per favorirne il rinnovamento, renderne sempre più ‘virtuoso’ il funzionamento e, soprattutto, promuovere la missione di essere una straordinaria opera di carità del Papa a servizio dei bambini ammalati e delle loro famiglie”.

Mariella Enoc, nominata nel febbraio 2015 presidente dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è nata a Novara nel 1944. Dopo gli studi classici e la laurea in medicina si è sempre occupata dell'amministrazione e della gestione di strutture sanitarie. Attualmente, tra gli altri incarichi, è membro della Pontificia Commissione per la Sanità Cattolica, procuratore speciale dell'Ospedale Valduce di Como, vicepresidente della Fondazione Cariplo, presidente della Fondazione Ismu e consigliera di amministrazione dell’Università del Piemonte Orientale.

L'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, nato nel 1869 per iniziativa dei duchi Salviati, è stato donato alla Santa Sede nel 1924, diventando a tutti gli effetti l'Ospedale del Papa. Con 607 posti letto, 4 sedi (Gianicolo e San Paolo Fuori le Mura a Roma; Palidoro e Santa Marinella sul litorale laziale) e la presenza di tutte le specialità pediatriche, con particolare attenzione all'alta complessità, oggi è il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa, punto di riferimento per la salute di bambini e ragazzi provenienti da tutta Italia e dall'estero.

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Oggi in Primo Piano



Emergenza freddo, morti 6 clochard. S. Egidio: bisogna fare di più

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Un senzatetto a Firenze, un altro a Milano: sono le ultime vittime dell’emergenza gelo. A perdere la vita, in queste ultime ore, sei clochard a causa dell’ondata di freddo che ha colpito l’Italia. Tra le organizzazioni maggiormente impegnate a far fronte a questa emergenza, la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio. Alessandro Gisotti ha intervistato Carlo Santoro, che proprio con Sant’Egidio è impegnato da anni al fianco dei senzatetto: 

R. – Il primo appello è rivolto alle istituzioni affinché venga fatto tutto il possibile per avere più posti nelle città. L’ultimo morto di stamattina purtroppo è a Firenze, sotto il Lungarno. Le nostre città hanno dei posti che sono disponibili, il problema vero è spesso che non possiamo aspettare che la burocrazia decida. Purtroppo non è una sorpresa il freddo, però, voglio dire, così va trattata. Questo è il primo appello che noi rivolgiamo. Il secondo è che - se tra i frutti buoni del Giubileo della Misericordia c’è stato anzitutto questo grande avvicinarsi, accostarsi della gente ai poveri, grazie alle parole del Papa - il problema per noi è un po’ continuare: cioè, a livello personale, ognuno di noi può avvicinarsi ai più povero, alla persona più isolata, più a rischio. Anche perché gli ultimi due morti a Roma per la strada erano in zone molto periferiche ed erano isolati. Quindi io vedo con un certo favore il fatto che da qualche giorno vediamo molte persone che si danno da fare: chi fa raccolte di coperte in ufficio; diversi liceali stanno iniziando a raccogliere coperte dai loro compagni, anche senza attendere la riapertura delle scuole… Questo grazie ai social: oggi siamo tutti in rete e questo va sfruttato anche in questa occasione.

D. – In un qualche modo si è smosso qualcosa dopo che Francesco aveva detto: “Muore un senzatetto  per strada e non è notizia mentre se la borsa fa registrare un calo di qualche punto è una notizia drammatica”. Dunque una presa di coscienza nuova c’è, si vede…

R. – Si vede perché la gente comincia ad avere questo entusiasmo, questa passione di incontrare le persone più povere. Il Papa diceva che bisogna provare a toccare, a prendere la mano di un povero, guardarlo negli occhi, questo rende tutto più umano, nel senso che spesso la nostra indifferenza è una cosa disumana… Bisogna ritornare un po’ a questa essenzialità evangelica a cui ci invita il Papa, che è esattamente questo: non dobbiamo mai dimenticare l’umanità e soprattutto il fatto che i poveri aspettano e meritano di essere accolti da noi, ciascuno di noi può fare qualcosa, anche di piccolo.

D. – Il freddo è un’emergenza nell’emergenza della condizione di vita di queste persone: c’è bisogno di una vicinanza, di un’accoglienza che continua anche quando finisce un’emergenza come questa…

R. – Certo, anche perché spesso si tratta di persone che hanno una salute molto precaria. Chiaramente quando fa freddo sono ancora più a rischio. Però devo dire che molte di queste persone meritano una cura particolare e spesso la prima cura è quella dell’amicizia: avvicinarsi, non fare finta che non esistono, non voltarsi dall’altra parte. Penso che questo sia un frutto bello della misericordia anche perché in fondo è pensare che ciascun essere umano va visto senza pregiudizi. La gente comune pensa che magari qualcuno ha cercato di vivere per strada, pensa che sia una scelta e spesso questo non è così, oppure si pensa che i poveri siano tutte persone che bevono o che non meritano in qualche maniera la nostra attenzione. Probabilmente da parte nostra c’è l’esigenza di un provare ad immedesimarsi: come starei io stasera se con questo freddo non avessi un letto o se non avessi una famiglia, una casa? Questo mi sembra un fatto sostanziale. E’ un po’ quello a cui ci chiama sicuramente il Vangelo ma io penso anche a livello civile: ciascuno di noi è chiamato ad operare, ad aprire gli occhi anche come cittadini, perché una città come Roma, ma anche le altre città non possono tollerare che una fetta della popolazione resti così ai margini e sia sempre così a rischio. Stare per la strada vuol dire vivere senza difese, provare a nascondersi ogni giorno negli anfratti di questa città, vivere un’esperienza assolutamente difficile... Spesso purtroppo vediamo molte persone che muoiono per la strada proprio perché stare per la strada vivere da poveri non è uno scherzo.

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Gabrielli: l'Italia non è indenne dal pericolo terrorismo

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Per uscire dal pericolo terrorismo passeranno decenni e forse generazioni. Inutile illudersi: prima o poi anche l’Italia pagherà un prezzo. A dirlo è il capo della polizia, Franco Gabrielli, in due interviste pubblicate oggi in prima pagina da “Il Giornale” e dal “Quotidiano nazionale”. Affermazioni crude che suscitano stupore o fotografano una realtà già nota? Adriana Masotti ha sentito Alessandro Orsini, direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale dell’Università Luiss di Roma e membro della Commissione istituita dal governo italiano per lo studio del terrorismo jihadista: 

R. – Ma no, non sono sorpreso in alcun modo: io da tempo dico che l’Italia rischia di subire un attentato terroristico con riferimento con quello che accade in Libia. A questo pericolo io aggiungerei anche il fatto che la polizia italiana ha ucciso per la prima volta un militante dell’Is, il terrorista di Berlino che è stato ucciso a Milano, Anis Amri. Perché la logica delle organizzazioni jihadiste, in particolare dell’Is, si riassume nelle formula: “colpiamo coloro che ci colpiscono”. Pertanto i Paesi occidentali che sono percepiti come Paesi che aggrediscono, in genere sono anche quelli più esposti. L’Italia non ha – a mio giudizio – molto da temere con riferimento a quello che sta accadendo in Siria e in Iraq; ha molto da temere con riferimento a quello che sta accadendo in Libia, perché l’Italia ha avuto un ruolo determinante nell’instaurazione di questo nuovo governo, guidato da al Sarraj. E agli occhi dell’Is questo non va bene, perché dopo l’instaurazione di quel governo è incominciata una campagna di bombardamenti  aerei da parte degli Stati Uniti e di altri Paesi. L’Italia non ha partecipato a questa campagna di bombardamenti, ma comunque ha avuto un ruolo politico determinante in tutto quello che è accaduto in Libia negli ultimi mesi.

D. – Sbattere in faccia – diciamo così – apertamente un pericolo reale, secondo lei rischia di accrescere l’allarme nell’opinione pubblica?

R. – Non credo proprio, per niente, che il pubblico italiano sia ingenuo, da questo punto di vista …Le immagini le vediamo tutti e tutti sappiamo che i Paesi occidentali sono esposti. E’ anche vero che non tutti i Paesi sono esposti allo stesso modo, perché l’Is ha una gerarchia dell’odio, e l’Italia finora non è stata in cima a questa classifica che è occupata da Paesi che sono maggiormente impegnati nella lotta frontale contro l’Is, come la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Turchia.

D. – Il fatto che l’Italia per il momento sia rimasta indenne da attentati, Gabrielli lo addebita anche al lavoro di prevenzione, ottimo, dice; al fatto che non ci siano gravi sacche di marginalizzazione in Italia e che i sospetti terroristi vengono espulsi subito. Condivide?

R. – Condivido del tutto le sue affermazioni sull’intelligence italiana; credo però che queste lodi debbano essere attenuate da una costatazione, cioè che allo stato attuale noi non possiamo eccedere nelle lodi per la semplice ragione che non abbiamo mai potuto, per nostra fortuna, smantellare la pianificazione di un attentato terroristico contro una città italiana, come è accaduto il 13 novembre 2015 a Parigi; l’altro punto su cui sono meno d’accordo con Gabrielli è sul fatto che in Italia non esisterebbero delle sacche gravi di marginalizzazione di immigrati: di certo, l’Italia è in una condizione migliore, da questo punto di vista, rispetto alla Francia, rispetto al Belgio. Ma anche in Italia esistono sacche di marginalizzazione, di esclusione che sono potenzialmente pericolose.

D. – In queste interviste, il capo della polizia parla anche dei Cie, che secondo lui sono necessari, parla dei rimpatri riguardo ai richiedenti asilo e dei migranti. Ma non è pericoloso mettere insieme così, strettamente, la questione terrorismo con la questione immigrazione?

R. – Ma … è un dato di fatto che il legame è forte. Se lei considera Mohamed Boulel, l’autore della strage di Nizza del 14 luglio scorso: proveniva dalla Tunisia; se lei prende il caso di Anis Amri, era un ragazzo approdato sulle coste italiane con i barconi nel febbraio 2011 … per cui, esiste una relazione tra l’immigrazione e il terrorismo. Questo non vuol dire che tutti gli immigrati siano terroristi; però senz’altro ci sono dei terroristi che sono immigrati.

D. – Però dobbiamo anche dire che gli immigrati-terroristi sono alcuni di fronte a migliaia di arrivi: come dire, in una società c’è sempre il criminale …

R. – Questo è fuori discussione: lungi da me l’idea di chiedere la chiusura delle frontiere nei confronti dei migranti. Dico soltanto che se noi vogliamo affrontare in modo efficace il problema dal punto di vista della sicurezza nazionale, è chiaro che il sistema che noi stiamo predisponendo è un sistema che fa acqua da tutte le parti. Quello che poi lei dice è assolutamente vero: da un punto di vista statistico, il terrorismo è – in Italia, soprattutto – un fatto inesistente. La verità è che i nostri migranti non gridano: “Forsa Is”, gridano: “Forza Occidente”, perché sono persone che cercano le libertà delle democrazie liberali e scappano – non a caso – dai regimi autoritari. La gran parte dei migranti che arrivano in Italia provengono dalla Nigeria e un’altra parte imponente dall’Eritrea, dove c’è un terribile dittatore che si chiama Afewerki …

D. – Ancora una domanda riguardo alle interviste di Gabrielli. Lui conclude così: “Il pericolo non deve toglierci la nostra libertà: saremmo sconfitti solo se ci lasciassimo condizionare nella nostra quotidianità” .

R. – Sono parole che, in linea di principio, condivido. E’ chiaro che noi abbiamo il problema di preservare le libertà liberali; sul piano pratico è più difficile calare nella realtà questo invito. E’ chiaro che le persone che temono di subire un attentato terroristico sono per forza di cose costrette a modificare alcuni aspetti della loro vita quotidiana: non possiamo pretendere che le persone non abbiano paura e che non adeguino i loro comportamenti a questa paura …

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Napoli. Card. Sepe: no ai soprusi, il male si vince con il bene

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Al termine dell’omelia pronunciata per l’Epifania, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, ha usato dure parole per l’agguato dello scorso 4 gennaio, in pieno centro storico, che ha provocato il ferimento di tre senegalesi e una bambina. Parlando dei problemi della città, il porporato ha poi annunciato la concessione in comodato d’uso di sette case delle Chiesa di Napoli ad altrettante famiglie in difficoltà. Su questa iniziativa e la situazione nel capoluogo campano sentiamo proprio il cardinale Crescenzio Sepe, intervistato da Marco Guerra: 

R. – Non si può pensare di abbassare la testa, con questi guappi, i quali si fanno forza solo perché portano una pistola e chiedono il pizzo anche a questi poveretti nostri fratelli che si guadagnano un pezzo di pane per sfamare i propri figli! E’ vergogna perché questi giovani che hanno infranto tutte le regole e non badano a niente e a nessuno sono schegge impazzite: come si fa a non provare dolore, a non provare vergogna innanzitutto per loro, perché la loro è una vita sbandata, una vita senza senso, una vita senza futuro. E poi, soprattutto, danno di una città che vuole riscattarsi un’immagine che non è quella della stragrande maggioranza della gente. Sono dei vigliacchi che si fanno forza della loro irresponsabilità pur di guadagnare qualche soldo per le loro sfrenate ambizioni.

D. – Sono proprio di questi giorni le polemiche sul cambiamento di Napoli e sulla narrazione che si fa di questa città. Lei che idea si è fatto di queste polemiche, su come dev’essere raccontata Napoli?

R. – Ma … io non mi metto nella polemica: quelle sono cose piuttosto personali. Dico che noi non dobbiamo abbassare la testa; noi non dobbiamo cedere ai soprusi e alle prepotenze. E l’esempio ci viene proprio anche da questi fratelli che sono stati minacciati. E’ un esempio forte, che va seguito, che va imitato. Non dobbiamo mai cedere il territorio nelle mani di questi forsennati. E allora, in nome della nostra dignità e della nostra libertà, noi siamo in grado di poter – facendo opere di bene, opere di carità, opere di solidarietà – vincere, veramente vincere il male facendo del bene.

D. – Ecco: a tal proposito, tra i segni di speranza l’arcivescovado ha dato in comodato d’uso sette appartamenti ad altrettante famiglie in difficoltà. Può raccontarci di che cosa si tratta?

R. – Sì, poiché c’erano tante persone che abitano nelle case che sono di proprietà della diocesi, avevo accennato che avrei voluto donare loro gratuitamente queste case, in modo che anche quei pochi soldi che davano per l’affitto avrebbero potuto essere risparmiati. Si tratta di famiglia più indigenti di altre famiglie, famiglie in crisi in maniera speciale. E allora ho detto: tutti coloro che abitano nelle nostre case e che si trovano in condizioni economiche tali da non poter neanche dare quel tanto di contributo, noi facciamo loro un comodato d’uso per dieci anni, per cui possono continuare ad abitare senza dare nessun contributo, senza alcun impegno economico nei nostri riguardi. Abbiamo trovato le prime sette famiglie ma continueremo ancora. Tutti coloro che si trovano in condizioni particolari, difficili, noi continueremo a dare gratuitamente in comodato queste case.

D. – Quindi, Napoli si scopre sempre ricca di solidarietà con un grandissimo cuore. Questi segni di speranza fanno guardare con ottimismo al 2017?

R. – Assolutamente sì! Ma ci sono tutti i sacerdoti nelle parrocchie, soprattutto, i Movimenti, ci sono volontari … adesso, per esempio, diamo le medicine gratis, cioè chi ci porta le ricette mediche e non può pagare, noi compriamo la medicina e la diamo gratuitamente. Oppure qualcuno ha bisogno di qualche visita un po’ speciale: c’è un corpo di medici specialisti nelle varie branche della medicina che lo visita, lo cura e nei casi speciali, con un comodato che abbiamo fatto con l’Università statale Federico II di Napoli, anche per approfondire eventuali diagnosi particolari. Insomma, diciamo che facciamo quello che possiamo: nel nome di Cristo e per dire che è una Chiesa che è vicina soprattutto agli ultimi, ai più abbandonati, a quelli più trascurati.

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Bagnasco: scegliere l'ora di religione, simbolo del pensare

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“Invito a scegliere l’ora di religione con convinzione e fiducia, affinché i valori universali che essa illustra possano diventare simbolo del pensare e del vivere”. E’ questo l’appello che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha rivolto ai genitori della sua diocesi in procinto di iscrivere i propri figli a scuola, in occasione di una giornata diocesana di sensibilizzazione che si svolge questa domenica 8 gennaio. Nei prossimi giorni è prevista anche la pubblicazione di un messaggio dei vescovi italiani rivolto a tutte le famiglie. Federico Piana ne ha parlato con don Daniele Saottini, responsabile del Servizio nazionale per l’insegnamento della religione cattolica della Cei: 

R. – Questa disciplina scolastica è una disciplina che si rivolge a tutti i ragazzi, a tutti gli alunni, a tutti gli adolescenti, perché loro possano conoscere le esperienze, la storia, la cultura, la vita del nostro Paese che è caratterizzata – volente o nolente – da una forte presenza del messaggio dell’azione della vita della Chiesa cattolica. Quindi è importante questo tipo di conoscenza, certamente fatto attraverso le modalità scolastiche – la legge prevede che sia entro le finalità della scuola, quindi non ha nessuna connotazione proselitistica, per usare un termine, ma si pone come disciplina scolastica rivolta a tutti gli studenti. Nelle prossime settimane ci saranno appunto le iscrizioni: i genitori dovranno iscrivere i propri figli al prossimo anno scolastico, e quindi ritornerà come argomento di stringente attualità.

D. – Se lei dovesse dare tre motivazioni ai genitori, affinché scelgano l’ora di religione cattolica, che motivazioni darebbe?

R. – La prima, l’idea che è una proposta adeguata alle problematiche, alle questioni, alle difficoltà, forse anche alle sfide che la società di oggi ci pone; di fronte, anche, ai temi più grandi e stringenti, come possono esserlo quello del terrorismo, dell’accoglienza – i giornali in questi giorni ne stanno parlando – rientra come una modalità particolare quella di andare a scoprire valori forti che permettano un incontro e un dialogo. Una seconda caratteristica: la qualità di questo insegnamento. Uno dei dati che in questi anni è stato spesso ripetuto è che è una materia quasi inutile: è chiaro che è una materia particolare; non ha voti, non fa media… quindi una materia scolastica nella quale le verifiche sono poco significative, non incentiva a studiarla! Ma l’obiettivo non è quello di sapere a memoria: l’obiettivo è quello di aiutare i ragazzi a vivere delle esperienze molto belle dal punto di vista scolastico, chiaramente, e non ricreativo. Questo lo dimostra il fatto che anche oggi – l’ultimo dato è dell’anno scorso – quasi il 90% degli alunni italiani scelgono ancora l’insegnamento della religione cattolica. E’ chiaro che questa è una media, rispetto ai ragazzi piccoli, più giovani, che magari la scelgono in maniera abbondante, e magari una certa crisi nelle superiori, dove gli avvalentesi – soprattutto nelle grandi città del Nord – sono minori; però, se si guarda il panorama generale, il dato è assolutamente significativo. Dal prossimo anno scolastico, tutti i nuovi insegnanti di religione avranno un titolo accademico specialistico: quindi si cura tantissimo la formazione degli insegnanti, tanti dei quali sono insegnanti di ruolo che insegnano nella scuola italiana da anni, alcuni da decenni, e che sanno costruire ottimi rapporti con gli alunni. Quindi, io penso che queste tre motivazioni – l’attualità della proposta, la qualità della disciplina in sé, bene accolta dagli alunni, e la qualità degli insegnanti, sono motivazioni che, secondo me, possono e devono spingere i genitori ad accogliere questa proposta molto bella.

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Il commento di don Sanfilippo al Vangelo del Battesimo del Signore

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Nella Festa del Battesimo del Signore, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù si reca sul Giordano per farsi battezzare da Giovanni, che però vuole impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli risponde:

«Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia».

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Qual è la vera giustizia in cui Dio Padre pone il suo compiacimento? Nel Vangelo odierno del Battesimo nel Giordano Gesù lo illustra chiaramente. Egli si mette in coda nella fila di coloro che desiderano essere battezzati da Giovanni confessando i propri peccati, pur essendo innocente. Immergendosi nel Giordano, che scorre  nel luogo topograficamente più depresso della terra, il Signore, in realtà, scende negli abissi del cuore umano, dove il male umilia ogni uomo, per liberarlo. Così facendo prefigura lo scopo della sua missione: abbassarsi fino in fondo, svuotarsi sino alla morte per riscattare l’umanità dall’oppressione del diavolo che ci obbliga a vivere in un egoismo semidisperato. È in questa compassione per noi prigionieri del male, che Dio pone la sua compiacenza, è questa compassione la vera giustizia. Il Padre riversa sul Figlio il suo Spirito e lo dona a chi assume su di sé l’ignominia del peccato altrui. In questa domenica l’Onnipotente vuole ricolmare anche noi del suo Spirito se riconosciamo che amare come Cristo è il compimento massimo di ogni giustizia: non considerarsi migliori di nessuno, giustificare il prossimo quando pecca, perdonare i comportamenti ostili altrui, pur condannando la malvagità in sé stessa. Dio, infatti, ci ha amati tutti così per inviarci, ricolmi di gratitudine, ad annunciare la Buona Notizia.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 7

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.