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Sommario del 14/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: economia che emargina è boomerang, chi scarta sarà scartato

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La globalizzazione sia cooperativa e non dell’indifferenza. E’ l’auspicio del Papa nel discorso rivolto stamani ai circa 85 membri della Global Foundation, ricevuti in udienza in Vaticano. L’organizzazione si è riunita ieri e oggi per la “Tavola Rotonda” di Roma scegliendo come tema: “Insieme ci impegniamo per il bene comune globale”. Coloro che causano lo scarto degli altri, diventano come “macchine senza anima”, ammonisce Francesco, e rischiano di venire a loro volta scartatati quando non saranno più utili. Il servizio di Debora Donnini

La globalizzazione sia solidale e cooperativa e non una globalizzazione dell’indifferenza. Questo il cuore dell’esortazione del Papa e l’impegno con cui si è riunita la Global Foundation in questa nuova edizione della “Tavola Rotonda” di Roma. La finalità dell’Incontro è infatti quello di trovare le vie giuste per arrivare ad una globalizzazione cooperativa, raggiungendo gli obbiettivi internazionali dichiarati ad esempio dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

L’atteggiamento di Santa Madre Teresa di Calcutta per una globalizzazione cooperativa
L’icona di come si possano attuare sforzi per risanare i mali prodotti da una globalizzazione irresponsabile, è proprio Madre Teresa di Calcutta, canonizzata nel settembre scorso: lei che si è chinata sulle persone lasciate ai margini della strada, lei che ha accolto “ogni vita umana, quella non nata e quella abbandonata e scartata”, lei che ha fatto sentire la sua voce ai potenti della terra “perché riconoscessero i crimini della povertà creata da loro stessi”, dice Francesco:

“Questo è il primo atteggiamento che può portare ad una globalizzazione solidale e cooperativa. Occorre, innanzitutto, che ognuno, personalmente, non sia indifferente alle ferite dei poveri, ma impari a com-patire con coloro che soffrono per le persecuzioni, la solitudine, lo spostamento forzato o per la separazione dalle loro famiglie; con coloro che non hanno accesso alle cure sanitarie; con coloro che patiscono la fame, il freddo o il caldo”.

Politici ed economisti correggano orientamento globalizzazione e abbiano prudenza
Proprio questa compassione può dunque far correggere la rotta a politici ed operatori economici, ispirando la virtù della prudenza:

“Questa compassione farà sì che gli operatori economici e politici possano usare la loro intelligenza e le loro risorse non solo per controllare e monitorare gli effetti della globalizzazione, ma anche per aiutare i responsabili nei diversi ambiti politici – regionali, nazionali e internazionali – a correggerne l’orientamento ogni volta che sia necessario. La politica e l’economia, infatti, dovrebbero comprendere l’esercizio della virtù della prudenza”.

Lo scarto delle persone disumanizza sistemi economici e politici
Nel discorso del Papa, una fotografia senza sconti delle conseguenze della cultura dello scarto. “E’ inaccettabile perché disumano – dice Francesco – un sistema economico mondiale che scarta” le persone perché non sembrano più utili secondo i criteri di redditività. Forte quindi il monito del Papa:

“Proprio questo scarto delle persone costituisce il regresso e la disumanizzazione di qualsiasi sistema politico ed economico: coloro che causano o permettono lo scarto degli altri – rifugiati, bambini abusati o schiavizzati, poveri che muoiono per la strada quando fa freddo – diventano essi stessi come macchine senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, verranno scartati, – è un boomerang questo, eh! Ma è la verità: prima o poi loro verranno scartati - quando non saranno più utili ad una società che ha messo al centro il dio denaro”.

Giovanni Paolo II aveva capito rischi dell’ideologia capitalistica
Francesco fa riferimento all’Enciclica Centesimus annus. Difatti già nel 1991, di fronte al crollo di sistemi politici oppressivi e alla progressiva integrazione dei mercati - che ormai chiamiamo globalizzazione - san Giovanni Paolo II aveva capito il rischio che si diffondesse ovunque “l’ideologia capitalistica”, con poca considerazione per fenomeni di emarginazione e che affida fideisticamente la soluzione “unicamente al libero sviluppo delle forze del mercato”. Giovanni Paolo II capì che questo non era il modello per un vero progresso economico e sociale.

Promuovere globalizzazione solidale guidati dalla Dottrina sociale della Chiesa
Francesco conclude il suo discorso ricordando comunque che la Chiesa “è sempre fiduciosa”, perché “conosce le grandi potenzialità dell’intelligenza umana” che si lascia guidare da Dio. E incoraggia dunque la Global Foundation a promuovere una globalizzazione cooperativa insieme alla società civile, a governi e comunità accademiche, sempre guidati – raccomanda – dalla Dottrina sociale della Chiesa.

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Francesco incontra Abbas: riprendano negoziati di pace diretti

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Francesco ha ricevuto stamani in udienza il presidente dello Stato di Palestina, Mahmoud Abbas. Nel corso dell’incontro, durato circa 25 minuti, informa una nota della Sala Stampa vaticana, ci si è soffermati sul processo di pace in Medio Oriente e si è ricordata l’importanza della salvaguardia dei Luoghi Sacri. Il servizio di Alessandro Gisotti

Un incontro nel segno della pace per il Medio Oriente. Papa Francesco e il presidente palestinese Abu Abbas, informa una nota della Sala Stampa della Santa Sede, si sono “soffermati sul processo di pace" nella regione, esprimendo la speranza che si possano riprendere i negoziati diretti tra le Parti per giungere alla fine della violenza che causa inaccettabili sofferenze alle popolazioni civili e ad una soluzione giusta e duratura”.

Comunità internazionale favorisca clima di fiducia per la pace in Medio Oriente
A tale scopo, prosegue il comunicato, “si è auspicato che, con il sostegno della Comunità internazionale, si intraprendano misure che favoriscano la reciproca fiducia e contribuiscano a creare un clima che permetta di prendere decisioni coraggiose in favore della pace”. Particolare “attenzione – prosegue la nota – è stata” dedicata “agli altri conflitti che affliggono la Regione”. Ancora, il Papa e Abbas hanno “ricordato l’importanza della salvaguardia del carattere sacro dei Luoghi Santi per i credenti di tutti e tre le religioni abramitiche”.

Importante contributo dei cattolici per l'aiuto dei bisognosi e dell'educazione
Durante il colloquio si sono rilevati inoltre “i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Palestina, suggellati dall’Accordo globale del 2015, che riguarda aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa nella società palestinese”. In tale contesto, Francesco e Abbas hanno sottolineato “l’importante contributo dei Cattolici in favore della promozione della dignità umana e in aiuto dei più bisognosi, particolarmente nei campi dell’educazione, della salute e dell’assistenza".

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Le udienze e nomine di Papa Francesco

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Le udienze e nomine di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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E' morto il card. Agustoni. Papa: collaboratore fedele della Santa Sede

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Cordoglio di Papa Francesco per la morte, avvenuta ieri, del cardinale Gilberto Agustoni, che, rammenta in un telegramma, è stato “per tanti anni sincero e solerte collaboratore della Santa Sede in particolare come prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica offrendo una testimonianza di zelo sacerdotale e di fedeltà al Vangelo”. Il cardinale Agustoni aveva 94 anni. Le esequie saranno celebrate dal cardinale decano Angelo Sodano martedì 17 gennaio, alle ore 10, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana. Al termine della Messa, il Papa Francesco presiederà il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio. Con la sua scomparsa il Collegio Cardinalizio risulta composto da 226 porporati, di cui 120 elettori e 106 non elettori.

Nato a Schaffhausen, nella diocesi di Basilea, in Svizzera, il 26 luglio 1922, da una famiglia profondamente cristiana, il cardinale Agustoni ha avuto una sorella e quattro fratelli, di cui due sacerdoti. Conseguita all'Università di Friburgo la laurea in sacra teologia, il 20 aprile 1946 viene ordinato sacerdote nella Cattedrale di Lugano. Nel 1950 viene chiamato al servizio della Santa Sede per lavorare presso la Congregazione del Sant’Uffizio. Diventa commissario presso la Congregazione per la Disciplina dei Sacramenti per la trattazione delle Cause matrimoniali. Subito dopo il Concilio è nominato consultore del «Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia», seguendo da vicino il rinnovamento liturgico post-conciliare. In seguito viene nominato consultore della Congregazione per il Culto divino istituita da Papa Paolo VI.

Nel maggio 1970 passa nelle file della Magistratura ecclesiastica, quale prelato uditore del Tribunale della Rota Romana. Nel 1986 Giovanni Paolo II lo nomina segretario della Congregazione per il Clero, consacrandolo vescovo il 6 gennaio 1987. In questa veste partecipa alla elaborazione della Costituzione Apostolica Pastor Bonus e del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica.

Nell'aprile 1992 viene nominato dal Santo Padre pro-prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, succedendo al cardinale Achille Silvestrini che era stato chiamato alla guida della Congregazione per le Chiese Orientali. Il 29 novembre 1994 viene nominato prefetto del Supremo Tribunale, incarico mantenuto fino al mese di ottobre del 1998.

Giovanni Paolo II lo crea cardinale nel Concistoro del 26 novembre 1994, del Titolo dei SS. Urbano e Lorenzo a Prima Porta (Diaconia elevata pro hac vice a Titolo presbiterale).

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Tweet: Dio benedica chi libera i bambini trattati come merci

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Il Papa, alla vigilia della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato dedicato ai minori, scrive in un tweet sull'account @Pontifex: "Lo sfruttamento senza scrupoli fa molto male ai bambini trattati come merce e resi schiavi. Dio benedica quelli che li liberano".

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Giornata migrante. Turkson: la fraternità universale è la logica di Dio

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Questa domenica la Chiesa celebra la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato sul tema  “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”. Nel suo Messaggio per questa ricorrenza, Papa Francesco invita la comunità cristiana e la società civile tutta ad offrire risposte al dramma di milioni di bambini e ragazzi, spesso non accompagnati nel flusso globale delle migrazioni, in fuga da guerre, violenze, povertà e calamità naturali. Una sintesi del documento pontificio nel servizio di Roberta Gisotti:

Parla chiaro Gesù: “Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me” e aggiunge anche: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, conviene…..sia gettato nel profondo del mare”. Parole di monito, sottolinea Francesco, per “gente senza scrupoli” che sfrutta bambine e bambini “avviati alla prostituzione o presi nel giro della pornografia, resi schiavi del lavoro minorile o arruolati come soldati, coinvolti in traffici di droga e altre forme di delinquenza, forzati alla fuga da conflitti e persecuzioni, col rischio di ritrovarsi soli e abbandonati.” Per questo mi sta a cuore, scrive il Papa, “richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari”.

Come rispondere a tale realtà? “Puntare sulla protezione, sull’integrazione e su soluzioni durature”, suggerisce Francesco. Anzitutto proteggere, intervenendo “con maggiore rigore ed efficacia” sugli “approfittatori”, per fermare “le molteplici forme di schiavitù di cui sono vittime i minori”. Poi intensificando la collaborazione tra i migranti e le comunità che li accolgono, creando “reti capaci di assicurare interventi tempestivi e capillari”.

Per l’integrazione sono indispensabili “risorse finanziarie” per “adeguate politiche di accoglienza, di assistenza e di inclusione”. “Invece di favorire l’inserimento” dei minori migranti o “programmi di rimpatrio sicuro e assistito”, denuncia il Papa, si impedisce il loro ingresso, favorendo il ricorso a reti illegali, o si rimandano nel Paese d’origine senza assicurarsi che ciò sia nel loro interesse. “Il diritto degli Stati a gestire i flussi migratori e a salvaguardare il bene comune nazionale deve coniugarsi - ribadisce Francesco - con il dovere di risolvere e di regolarizzare la posizione dei migranti minorenni, nel pieno rispetto della loro dignità”.

Soluzioni durature, indica il Messaggio, richiedono di “affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni”. Questo esige, “l’impegno dell’intera Comunità internazionale ad estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga” e “programmi adeguati per le aree colpite da più gravi ingiustizie e instabilità, affinché a tutti sia garantito l’accesso allo sviluppo autentico, che promuova il bene di bambini e bambine, speranze dell’umanità”. Infine, un incoraggiamento del Papa a quanti camminano al fianco di bambini e ragazzi sulle vie dell’emigrazione: “Hanno bisogno del vostro prezioso aiuto, e anche la Chiesa ha bisogno di voi e vi sostiene nel generoso servizio che prestate”. 

Stefano Leszczynski ha chiesto al cardinale Peter Appiah Turkson, presidente del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, quali siano le sfide che la questione migratoria pone alla Chiesa: 

R. - Tutti i temi legati alla migrazione rappresentano una sfida per la Chiesa, la fede, il cristianesimo, per la stessa persona umana. Se noi parliamo tanto della dignità delle persone, allora diventa compito della Chiesa di fare in modo che questa dignità possa essere rispettata in tutte le situazioni e condizioni. Il desiderio della Chiesa è che tutti gli uomini possano rimanere in pace nei propri luoghi di origine, per crescere con dignità e come creature di Dio fatte a sua immagine. Quando, per un qualunque motivo, la migrazione diventa un fenomeno sperimentato anche dai bambini, ci troviamo di fronte a una situazione molto grave. Questi bambini sono tanto più fragili, in quanto sono estremamente vulnerabili. Noi parliamo della vulnerabilità degli adulti in viaggio, costretti a fuggire, ma quando si tratta di bambini - che oltretutto hanno poca resistenza e poca capacità di difesa - la questione diventa ancora più seria e richiede l’assistenza e una presa di coscienza da parte tutti noi.

D.  – Come si può cambiare quel tipo di cultura che vede le società occidentali chiudersi nell’egoismo e nel rifiuto dell’altro, in particolare di chi ha bisogno?

R.  – Al riguardo è interessante notare ciò che Papa Francesco stesso ha sottolineato nella sua Enciclica “Laudato Si’”. Il punto è l’educazione, la formazione: educazione, innanzitutto, al senso di un’umanità unica e universale. La fraternità è la logica secondo la quale Dio ha creato l’uomo, quindi essendo fratelli, facendo parte di un’unica famiglia umana, c’è già questo senso di pensare l’uno all’altro: la cura comune di tutte le persone. 

D. – Il 2017 si presenta come un anno pieno di sfide e vede anche l’inizio dell’attività del nuovo Dicastero per lo sviluppo umano integrale, di cui lei è presidente. Quali sfide vede in questo nuovo anno?

R.  – Vogliamo dare un avvio un po’ solenne, celebrativo, al compito di questo nuovo Dicastero, ricordando che la “Populorum progressio” compie 50 anni ed è stata proprio la “Populorum progressio” a parlare per la prima volta di sviluppo umano integrale. In questi 50 anni abbiamo sempre cercato di realizzare l’appello allo sviluppo integrale in diverse forme: sanitaria, umanitaria, caritativa, a livello di protezione di diritti umani, di giustizia e di pace… Adesso l’invito è di mettere insieme tutti questi sforzi della Chiesa, di rispondere a questa esigenza di uno sviluppo umano integrale e realizzare tutto questo attraverso un solo organismo che è questo nuovo Dicastero. Si tratta della realizzazione di un insegnamento già lanciato dopo il Concilio Vaticano II, presentato in maniera concreta da Papa Paolo VI, seguito in diverse forme nella storia della Chiesa. Adesso è arrivato il momento di focalizzare tutti questi sforzi in un solo punto: il desiderio di realizzare il pieno sviluppo della persona, nel senso di dignità, di pace, di giustizia, di sanità e finalmente anche nel senso di carità, carità che ci offre l’opportunità di aprirci l’uno all’altro per realizzare questo senso di solidarietà umana.

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Francesco visita la Parrocchia di S. Maria a Setteville di Guidonia

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Grande attesa a Setteville di Guidonia, nella periferia Est di Roma, per la visita pastorale di Papa Francesco nella parrocchia di Santa Maria, questa domenica alle 16.00. Il Santo Padre celebrerà la Santa Messa, confesserà alcune persone e incontrerà i giovani, gli operatori pastorali e i malati: tra questi, il viceparroco don Giuseppe Berardino, 46 anni, affetto da sclerosi laterale amiotrofica. Ma come è stata accolta la notizia della visita del Papa? Federico Piana lo ha chiesto al parroco, don Luigi Tedoldi

R. – Con sorpresa ed emozione: sorpresa, perché non ce lo aspettavamo ed emozione per questo atto di carità non solo verso tutta la parrocchia, ma soprattutto verso il mio caro don Giuseppe, malato di sla, immobilizzato dopo solo due mesi di malattia. Sono due anni e mezzo che vive in questa immobilità totale, assoluta; non ha mai potuto leggere neanche con il computer e non si è mai ribellato un momento: questa è la grande grazia. Quando si ammalò, io mi alzai di notte, mi inginocchiai davanti al Santissimo chiedendo la grazia se non della guarigione, almeno di un processo lento, di un degrado più lento. E invece fu improvviso: il primario del Gemelli ci ha detto che in trenta anni non aveva mai visto un’evoluzione così rapida e così violenta. Quindi non sono stato ascoltato né dal Signore né dalla Madonna né da San Giuseppe … Li ho pregati tanto. Però, hanno fatto una grazia più grande che nella mia poca fede non chiedevo: quella di non ribellarsi. Mai, mai, mai crucciato, mai! Finché ha potuto esprimersi in qualche modo con lo sguardo, con gli occhi fino a tre mesi fa lo ha fatto, perché da allora non si esprime neanche con gli occhi ... con niente.

D. - Quindi sicuramente a don Giuseppe farà piacere questa visita di Papa Francesco …

R. - È chiaro, perché lui capisce: non si esprime, ma capisce.

D. - Ci può raccontare la sua parrocchia?

R. - Non è una grande parrocchia. È una parrocchia di periferia, però ha più del paese che della periferia, anche se ha dei problemi come la mancanza del lavoro. È una parrocchia di circa cinquemila abitanti al centro e un migliaio di abitanti che stanno sorgendo nella campagna vicina. Ci sono otto comunità neocatecumenali, cento ragazzi scout, 130 ragazzi del post-Cresima dai 13 ai 18 anni che frequentano la chiesa ogni settimana in un percorso più formativo che ricreativo. Questo è l’aspetto che vorrei sottolineare, perché i ragazzi sono più attratti dalle attività formative che da quelle ricreative. Quando noi come parrocchia ci mettiamo in concorrenza con il mondo, siamo sconfitti in partenza e perfino ridicoli.

D. - Vorrei capire un po’ le difficoltà e le cose invece positive che ci sono nella parrocchia …

R. - Tra le cose positive pensi al fatto che aiutiamo tantissimo le coppie. Per questo abbiamo il pieno di coppie giovani in chiesa, li aiutiamo nel loro matrimonio; oggi l’unità della famiglia è minata. Quanti matrimoni sono vicini alla chiesa perché aiutati a perdonarsi, a riconciliarsi e tanti figli nati, tante vocazioni, perché in un momento così … La chiesa oggi non è in crisi perché manca la sua capacità di carità: è in crisi perché manca di vocazioni. E noi abbiamo tre preti ordinati negli ultimi venti anni e cinque in seminario.

D. - Questo perché, secondo lei?

R. - Perché secondo me c’è un ambiente cristiano. Oggi manchiamo di predicare il Signore! Predicare il Signore crea un ambiente cristiano. Se noi facciamo moralismo, diventiamo un’agenzia etica!

D. - Questa visita del Papa, secondo lei, quali frutti porterà nella sua parrocchia, nella zona?

R. - Non glielo so dire. Il Signore mi ha sempre sorpreso in questo senso. E che mi aspettavo dai frutti della malattia di don Giuseppe? Li sto vedendo adesso, poverino, non glielo so dire questo. Si vedrà. Io sono sicuro che li darà. Oggi le posso dire quello che mi aspetto dal Papa: la conferma nella fede, che è il Ministero petrino, la conferma nella fede della nostra missione, che è quella di annunciare Cristo, e annunciando Cristo, conducendo le persone a fare come i Magi e come i pastori, poi tornano con grande gioia; la gioia del Vangelo, che non è solo un’allegria così … è il godimento di tutti i beni possibili sulla Terra.

D. - Tornando a don Giuseppe: nella sua malattia sicuramente ha dato un esempio …

R. - Certo, la prova è questa: non bastano le quattro infermerie dell’Asl, non basta l’infermiere che pago, perché per fare l’igiene bisogna essere in due, lui è un metro e ottanta … Ma poi all’infermerie bisogna dare un giorno o due di riposo … Insomma da due anni e mezzo venti giovani - che ora sono tutti sposati con figli e che lavorano - ogni sabato ed ogni domenica e quando è stato all’ospedale Gemelli per due mesi tutti i giorni - si danno il turno per l’igiene per assisterlo per non lasciarlo mai da solo. E tutto questo senza pesantezza. È questo che mi edifica. Io sono edificato da queste venti persone che hanno famiglie, che hanno un lavoro. Dico sempre loro: “Ragazzi, non fatelo con sforzo, con pesantezza, perché dopo si rovina tutto. Se siete stanchi io vi capisco. Smettetela”; e invece mi rispondono: “No, no don Gino. Abbiamo un debito di riconoscenza infinito!”.

D. - Io non voglio farle anticipare ciò che lei dirà al Papa, però un po’ il senso ce lo può dire?

R. - Il senso è questo. Mi riferisco ad un fatto: prima degli Anni ’70, prima che nascesse la parrocchia, c’erano solo case sparse e una fontanella chiamata dalla gente “La fontanella dei poveri” perché le case erano senza acqua e la gente si dissetava qui, si dissetavano le greggi … Adesso ovviamente questa fontanella non c’è più. La parrocchia è diventata la “fontana” del quartiere, fontana spirituale e materiale, perché aiutiamo in maniera massiccia, soprattutto la gente che rimane senza lavoro, che ha le bollette e il mutuo da pagare. Noi non diamo soltanto la sporta con la pasta e i pelati. Pur essendo parrocchia di classe bassa, insomma, nessuno è ricco qui, però aiutiamo tanto. Possiamo dire che se annunci il Signore, poi ti trovi i soldi senza bisogno di fare collette. Io non ho mai fatto una colletta in 21 anni!

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Il Papa battezza i bimbi nati nelle zone terremotate

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Oggi, alle 17.00, Papa Francesco amministrerà, nella Cappella di Santa Marta, il Sacramento del Battesimo ad alcuni bimbi nati dopo il terremoto che ha colpito il Centro Italia nei mesi scorsi.

Il vescovo di Rieti Domenico Pompili ha ricordato ai nostri microfoni come è nato questo evento: durante la visita del Papa ad Amatrice, il 4 ottobre scorso, una mamma, presentando il suo bimbo al Pontefice, gli aveva chiesto la possibilità di battezzarlo lui stesso. Francesco, accettando la richiesta, ha poi deciso di estenderla anche a quanti sono nati nel frattempo nelle zone terremotate.

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Oggi in Primo Piano



Siria: la Russia apre al dialogo con gli Stati Uniti

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La Russia ha invitato la nuova amministrazione Usa a partecipare ai negoziati di pace sulla Siria promossi da Mosca e in programma nella capitale del Kazakistan, Astana, il prossimo 23 gennaio. E quanto rivela il Washington Post citando fonti del transition team del presidente eletto Donald Trump. Intanto sul terreno si segnalano nuove violazioni della tregua e una massiccia offensiva del cosiddetto Stato Islamico nell’Est del Paese. Il servizio di Marco Guerra

Al momento non è giunta alcuna conferma ufficiale dell’invito agli Stati Uniti ad unirsi al tavolo di Astana sulla Siria convocato da Russia e Turchia e allargato all’Iran, a Damasco e ai gruppi dell’opposizione moderata che hanno sottoscritto la tregua. Secondo le indiscrezioni raccolte dal Washington Post, il transition team non avrebbe nemmeno ancora sciolto le riserve sulla sua partecipazione. Tuttavia molti segnali indicano la volontà di includere Washington nella mediazione dopo anni di grande tensione. Nei giorni scorsi, infatti, il ministro degli Esteri turco Cavusoglu evava già parlato della necessità di includere l’America nei negoziati, sulla stessa linea il portavoce del Cremlino aveva manifestato l’interesse alla più ampia rappresentanza possibile delle parti. Ma se il clima sembra cambiare a livello diplomatico sul terreno non si fermano le violenze: l'esercito turco ha rivendicato l'uccisione di 1500 miliziani dell'Is da agosto e oggi le milizie del cosiddetto Califfato hanno lanciato una vasta offensiva nell’Est del Paese contro alcune zone controllate dalle truppe governative. Per un commento sulle aperture agli Stati Uniti, sentiamo Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro Studi Internazionali(Ce.S.I):

R. – Sicuramente è un segnale di come la Russia voglia cercare una soluzione non solo la più condivisa possibile, ma anche la più realizzabile possibile per un processo – se vogliamo – anche di stabilizzazione, per portare di fatto alla fine della guerra in Siria, che nel corso degli anni è diventata sempre più una guerra con un supporto forte degli attori esterni, sia regionali e non. Da una parte, il coinvolgimento degli Stati Uniti inevitabilmente darebbe una maggiore credibilità al processo di pace di Astana, che di fatto è stato un po’ un “coniglio cacciato fuori dal cilindro” dalla presidenza russa, per trovare una soluzione alla crisi siriana. Quest’ultima stava diventando sempre più un problema, anche economico, per il supporto militare da parte della Russia al regime di Assad. Dall’altra parte, abbiamo una nuova amministrazione americana che inevitabilmente si pone in maniera diversa rispetto alla Russia, anche se, parallelamente alle dichiarazioni del presidente, ci sono state quelle di altri esponenti della nuova amministrazione, non da ultimo del segretario alla Difesa Mattis, che ha espresso un atteggiamento nei confronti della Russia più preoccupato se vogliamo rispetto alle possibili aperture date da Trump.

D. – Dopo Ginevra I e Ginevra II, questa volta si riuscirà a fare qualcosa? Da questo Vertice può uscire qualcosa di concreto, un accordo?

R. – La sensazione è che qualcosa potrebbe uscire perché c’è la volontà della Russia e di Assad di cercare una soluzione alla crisi siriana, di cercare di far calmare le acque, in un contesto che poi sul terreno calmo non è. Quindi, pensare che Assad abbia nuovamente il controllo totale della Siria non è realistico, non è veritiero; però, di fatto, il processo di Astana cerca una soluzione o comunque vuole mettere allo stesso tavolo tutti gli attori che hanno degli interessi in Siria; e, proprio perché è un numero abbastanza alto di attori, forse tutti questi risultati potrebbe non raggiungerli.

D. – Rimane da sconfiggere il sedicente Stato Islamico. Quali altri passaggi sono importanti per arrivare a una vera pace?

R. – Oltre al discorso sul cosiddetto Stato Islamico, che è ancora presente a Raqqa, a Deir ez-Zor e in altre parti del Paese, ci sono varie dinamiche: il controllo appunto della regione di Idlib; ma anche quello che succede a Nord, cioè in tutta quella fascia al confine tra Siria e Turchia dove, soprattutto nel corso dell’ultimo anno, le milizie curde si sono rafforzate notevolmente. Ed è stato proprio questo rafforzamento a portare a un intervento maggiore della Turchia nel campo siriano, anche con un cambiamento di rotta della presidenza Erdogan, che ha stretto nuovamente la mano alla Russia e si è riavvicinata al regime di Assad. Posizione turca, per esempio, che è diametralmente opposta a quella che è stata finora la posizione americana, cioè di supporto dei curdi in chiave anti Stato Islamico. Quindi è un meccanismo abbastanza complesso, in cui poi rientra anche l’Iran, che ha supportato fin dall’inizio Assad, e l’Arabia Saudita che, da parte sua, ha cercato di creare un’opposizione credibile ad Assad senza riuscirci finora. Quindi gli interessi cono così ampi, così variegati e così diversi tra loro, che un negoziato come quello di Astana parte con molte incognite.

D. – A questo punto gli Stati Uniti farebbero le veci dell’opposizione – sosterrebbero l’opposizione – al tavolo di Astana, visto che la Russia è sempre stata vicino a Damasco…

R. – Non lo possiamo sapere. Perché finora gli Stati Uniti hanno cercato di creare un soggetto credibile all’interno dell’opposizione ma senza riuscirci; quindi non hanno avuto, in tutti questi anni di guerra in Siria, un soggetto dell’opposizione con cui dialogare in maniera univoca. Poi ci sono finora così tante incognite su quelle che potrebbero essere le linee di politica estera della presidenza Trump, che anche le stesse posizioni degli Stati Uniti al tavolo delle trattative di Astana francamente sono un punto interrogativo.

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Maltempo: ondata di gelo in Europa, vittime tra i profughi

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Continua il maltempo sull’Europa occidentale, colpita da una tempesta di ghiaccio che sta causando interruzioni di corrente in molte case, abbattendo gli alberi e interrompendo alcuni servizi ferroviari. Tra le zone maggiormente colpite, la Francia la Germania e l’Inghilterra. Forti disagi nei campi profughi in Grecia, a causa delle nevicate dei giorni scorsi. Il servizio di Marina Tomarro

Sono oltre 237 mila le case che in Francia a causa del maltempo sono rimaste senza elettricità. Una donna è rimasta schiacciata da un albero, caduto a causa del forte vento. Ma interruzioni di corrente e incidenti vari si sono verificati anche nella Germania meridionale. Il vento e la neve hanno costretto l'aeroporto di Francoforte alla cancellazione di 125 voli. Evacuazioni di massa sono in corso sulla costa orientale dell'Inghilterra, dopo che il servizio meteorologico ha avvertito sui rischi di inondazione. Allertati anche i residenti  delle coste belghe. Finora l'ondata di freddo in Europa ha provocato la morte di oltre 65 vite, per la maggior parte migranti e persone senza fissa dimora. E continua ad essere preoccupante anche la situazione nei campi profughi in Grecia colpita violentemente nei giorni scorsi dal maltempo. Nella zona di Salonicco, a causa della neve caduta, in molti campi le tubature sono gelate, non c’è elettricità e il riscaldamento è incostante. Ascoltiamo il commento di Stefano Argenziano coordinatore dei progetti di Medici Senza Frontiere per la migrazione:

R. – Dalle isole greche, passando da Salonicco, dalla Bulgaria, arrivando fino a Belgrado non possiamo che testimoniare il fallimento delle politiche europee e soprattutto non possiamo che costare che chi paga il prezzo del fallimento di queste politiche europee sulla migrazione sono migliaia di persone, decine di migliaia di persone che sono rimaste bloccate in condizioni disumane, considerando che si tratta di persone portatrici di vulnerabilità specifiche e di difficoltà di varia natura. Si può parlare di una situazione in cui poco si è fatto nel momento in cui la Rotta Balcanica è stata ufficialmente chiusa dai Paesi europei; poco si è fatto per garantire delle condizioni di accoglienza degne. Adesso tale situazione è esplosa, con un freddo da record che si è registrato sulla zona. Ma la responsabilità sta nell’incapacità e nella mancanza di volontà nell’offrire delle condizioni di accoglienza che dovrebbero essere semplici: parliamo di 60 mila persone in Grecia, di alcune migliaia in Serbia e di 15 mila in Bulgaria.

D. – Quali sono in questo momento le maggiori criticità di questi campi profughi?

R. – Anzitutto per quello che riguarda un tetto sulla testa, per così dire: parliamo di situazioni in cui la maggior parte delle persone sono ancora ospitate in tende. A Salonicco abbiamo avuto a che fare con soluzioni definite “non adeguate neanche per animali”; in Serbia abbiamo a che fare con una situazione di accoglienza che si limita a fornire un numero insufficiente di posti adatti all’inverso e quindi con una popolazione che ormai deborda e che si ritrova bloccata a Belgrado, in edifici abbandonati come le immagini ci hanno mostrato negli ultimi giorni… Per non parlare poi dell’esigenza medica, che in molti casi è poco coperta: Msf ha dovuto intervenire in Grecia per delle vaccinazioni di massa. Parliamo di esigenze basilari; parliamo di bisogni medico-umanitari che dovrebbero essere garantiti e che tutt’ora non lo sono! Ed è questo il grosso problema…

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Commento di don Sanfilippo al Vangelo della II Domenica T.O.

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Nella seconda Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Giovanni Battista, vedendo Gesù venire verso di lui, dice:

«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!». 

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo presbitero della diocesi di Roma: 

Una grande schiera di profeti, apostoli e testimoni ha preparato la venuta del Signore e anche oggi non c’è missione più grande di saper indicare agli uomini chi è l’Agnello di Dio che porta i peccati del mondo. In questa generazione, molti non conoscono Gesù Cristo, né hanno coscienza della causa prima del dolore e dell’insoddisfazione che spesso ci attanaglia, ovvero il disobbedire alla volontà di Dio, e non si ha nemmeno la percezione della possibilità di una guarigione liberante. Per questo vi è un’estrema urgenza di annunciare la Buona Notizia, la liberazione dall’oppressione esistenziale e dalla morte, che il Signore ci offre attraverso la sua grazia. Perché questo Vangelo sia credibile è necessaria, però, la testimonianza profetica dei battezzati con una vita gioiosa, attraente perché ricca, a un tempo, di debolezza e di vittoria, una vita in cui si scorga la presenza dell’Agnello di Dio che non giudica nessuno e che si spende per il bene altrui perdonando ogni malvagità. È altrettanto indispensabile l’enunciazione esplicita del kèrigma, che sappia denunciare il peccato e amare il peccatore, indicando l’uomo nuovo, il Risorto, su cui lo Spirito rimane. Perdiamo la faccia per amore a Cristo, gettiamoci generosamente nell’annuncio per amore all’uomo.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 14

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