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Sommario del 17/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: i cristiani non siano "parcheggiati" ma coraggiosi

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Siate cristiani coraggiosi, ancorati alla speranza e capaci di sopportare i momenti bui. Questa è la forte esortazione del Papa nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. I cristiani pigri, invece, sono fermi, rileva Francesco, e per loro la Chiesa è bel un parcheggio. Il servizio di Debora Donnini

“Vita coraggiosa è quella del cristiano”, dice Francesco che dipana la sua omelia partendo dalla Lettera agli Ebrei della liturgia odierna. Lo zelo di cui si parla, il coraggio per andare avanti, deve essere il nostro atteggiamento davanti alla vita, come quelli che si allenano allo stadio per vincere. Ma la Lettura parla anche della pigrizia che è il contrario del coraggio. “Vivere nel frigo”, sintetizza il Papa, “perché tutto rimanga così":

“I cristiani pigri, i cristiani che non hanno la voglia di andare avanti, i cristiani che non lottano per fare le cose che cambiano, le cose nuove, le cose che ci farebbero bene a tutti, se queste cose cambiassero. Sono i pigri, i cristiani parcheggiati: hanno trovato nella Chiesa un bel parcheggio. E quando dico cristiani, dico laici, preti, vescovi… Tutti. Ma ce ne sono di cristiani parcheggiati! Per loro la Chiesa è un parcheggio che custodisce la vita e vanno avanti con tutte le assicurazioni possibili. Ma questi cristiani fermi, mi fanno pensare una cosa che da bambino dicevano a noi i nonni: ‘Stai attento che l’acqua ferma, quella che non scorre, è la prima a corrompersi’”.

Ancorarsi alla speranza e sopportare nei momenti difficili
Quello che rende i cristiani coraggiosi è la speranza, mentre i “cristiani pigri” non hanno speranza, sono “in pensione”, dice il Papa. Ed è bello andare in pensione dopo tanti anni di lavoro ma, ammonisce, “passare tutta la tua vita in pensione è brutto!”. La speranza è invece l’àncora a cui aggrapparsi per lottare anche nei momenti difficili:

“E’ questo il messaggio di oggi: la speranza, quella speranza che non delude, che va oltre. E dice: una speranza che ‘è un’àncora sicura e salda per la nostra vita’. La speranza è l’àncora: l’abbiamo buttata e noi siamo aggrappati alla corda, ma lì, ma andando lì. Questa è la nostra speranza. Non c’è da pensare: ‘Sì, ma, c’è il cielo, ah che bello, io rimango…’. No. La speranza è lottare, aggrappato alla corda, per arrivare là. Nella lotta di tutti i giorni la speranza è una virtù di orizzonti, non di chiusura! Forse è la virtù che meno si capisce ma è la più forte. La speranza: vivere in speranza, vivere da speranza, sempre guardando avanti con coraggio. ‘Sì, padre - qualcuno di voi potrà dirmi -, ma ci sono momenti brutti, dove tutto sembra buio, cosa devo fare?’. Aggrappati alla corda e sopporta”.

I cristiani parcheggiati guardano solo se stessi, sono egoisti
“A nessuno di noi viene regalata la vita”, nota Francesco, bisogna invece avere coraggio per andare avanti e sopportare. Cristiani coraggiosi, tante volte sbagliano, ma “tutti sbagliamo”, dice il Papa , “sbaglia quello che va avanti” mentre “quello che sta fermo sembra non sbagliare”. E quando “non si può camminare perché tutto è buio, tutto è chiuso”, bisogna sopportare, avere costanza. In conclusione, Francesco invita a domandarci se siamo cristiani chiusi o di orizzonti e se nei momenti brutti si è capaci di sopportare con la consapevolezza che la speranza non delude: “ perché so – afferma – che Dio non delude”:

“Facciamoci la domanda: come sono io? come è la mia vita di fede? è una vita di orizzonti, di speranza, di coraggio, di andare avanti o una vita tiepida che neppure sa sopportare i momenti brutti? E che il Signore ci dia la grazia, come abbiamo chiesto nella Orazione Colletta, di superare i nostri egoismo perché i cristiani parcheggiati, i cristiani fermi, sono egoisti. Guardano soltanto se stessi, non sanno alzare la testa a guardare Lui. Che il Signore ci dia questa grazia”.

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Santa Sede incoraggia Ordine di Malta: serve collaborazione di tutti

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“In relazione agli avvenimenti di queste ultime settimane riguardanti il Sovrano Militare Ordine di Malta, la Santa Sede desidera ribadire il suo appoggio ed incoraggiamento all’encomiabile lavoro che membri e volontari realizzano in varie parti del mondo, in compimento delle finalità dell’Ordine: la “tuitio fidei” (la difesa della fede) e l’”Obsequium pauperum” (il servizio ai poveri, ai malati e alle persone più vulnerabili)”. Lo riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana.

“A sostegno e incremento di questa generosa missione, la Santa Sede conferma la sua fiducia nei cinque componenti del Gruppo costituito dal Santo Padre Francesco il 21 dicembre 2016, nominati allo scopo di informarLo sulla crisi dell’attuale Direzione centrale dell’Ordine, e rifiuta, in base alla documentazione in suo possesso, ogni tentativo di screditarne le figure e l’opera”.

“La Santa Sede - conclude il comunicato - confida nella piena collaborazione di tutti in questa fase così delicata e attende la relazione del suddetto Gruppo per adottare, in ciò che le compete, le decisioni più opportune per il bene del Sovrano Ordine Militare di Malta e della Chiesa”.

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Il Papa rende l'ultimo omaggio al card. Agustoni

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Stamane in San Pietro, Papa Francesco ha dato l'ultimo saluto al cardinale svizzero Gilberto Agustoni, prefetto emerito del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, morto il 13 gennaio scorso all’età di 94 anni. Le esequie sono state celebrate presso l’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana dal cardinale decano Angelo Sodano. Al termine della Messa, il Papa ha presieduto il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio.

Nell’omelia, il card. Sodano ha ricordato la fede vivace che ha caratterizzato la vita del porporato scomparso: una fede – ha detto – che ha edificato quanti lo hanno  conosciuto a Roma, dove fin dal 1950 ha dedicato tutta la sua esistenza al servizio della Santa Sede: “Pur conservando sempre nel suo cuore il ricordo della sua cara comunità svizzera - ha concluso il decano del Collegio cardinalizio - egli sempre ci edificò con il suo grande amore alla Chiesa di Roma. Ora per lui salga la nostra preghiera, perché viva per sempre nella pace di Cristo!”.

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Nomina del Papa in Colombia

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Papa Francesco ha nominato oggi un vescovo ausiliare nell’arcidiocesi di Medellín, in Colombia. Lo rende noto il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Tweet: la pace è una virtù attiva che richiede l'impegno di tutti

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Papa Francesco ha pubblicato un nuovo tweet sull'account @Pontifex in nove lingue: "La pace è una virtù attiva, che richiede l’impegno e la collaborazione di ogni singola persona e dell’intero corpo sociale". 

Nel suo ultimo Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, Francesco invita alla "nonviolenza attiva", ritenendola un "elemento necessario e coerente con i continui sforzi della Chiesa per limitare l’uso della forza”. Non si tratta - scrive - di un atteggiamento passivo, perché “la nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è più potente e più feconda del conflitto”. Il Papa, nel suo Messaggio, assicura che la Chiesa cattolica accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace "anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa”. “Ogni azione in questa direzione per quanto modesta contribuisce a costruire un mondo libero dalla violenza, primo passo verso la giustizia e la pace”.

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Domenicani: al via il Congresso a 800 anni dalla nascita dell'Ordine

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Saranno circa 600 i partecipanti, per lo più laici, insieme ad un centinaio di frati e suore domenicane, al Congresso Internazionale sulla Missione dei Frati Predicatori, che si apre oggi pomeriggio a Roma per concludersi sabato con la Messa presieduta dal Papa in San Giovanni in Laterano. Il Congresso chiude il Giubileo per gli 800 anni di fondazione dell’Ordine in seno alla Chiesa cattolica. Il servizio di Gabriella Ceraso

“Mandati a predicare il Vangelo”:questa la missione dell’ordine fondato da S. Domenico di Gùzman nelle Bolle pontificie che ne sancirono la nascita 8 secoli fa ed è su questo che si torna a riflettere nel congresso al via a Roma, al termine di un Giubileo che ha portato come frutto una rete di rapporti d'amore costruita sulle parole proprio del Vangelo.Il Maestro dell’Ordine Fra Bruno Cadoré:

“Quando parliamo della missione parliamo della missione di Gesù Cristo, che è andare nelle città e nei villaggi per proclamare la Buona Notizia del Regno. Andare, incontrare, ascoltare, fare amicizia  e parlare di un Regno nuovo, in una umanità nella quale pensiamo di sapere tutto di tutte le materie possibili per regnare in questo tempo. Però c’è un Regno nuovo è il Regno di Dio che viene, una promessa nuova, qualcosa che cambierà tutto! Cambierà lo sguardo sulla storia, cambierà lo sguardo sugli altri, cambierà la speranza dell’umanità”. 

Due le domande guida proposte ai congressisti: Come mostrare al mondo che il Vangelo è la Buona Notizia? E come approfondire il servizio specifico da offrire all’umanità e alla Chiesa di oggi? Il parere di Fra Vivian Boland vicario del Maestro dell'Ordine:

“Riflettere teologicamente, anche in modo concreto, su come articolare il Vangelo per rendere più efficace l’arrivo della Parola nella vita delle persone. Sappiamo bene che ci sono tante sfide: per me questa è la prima responsabilità dell’Ordine”.

Il congresso sarà "per tutti noi un’esperienza nuova soprattutto per la condivisione tra quanti lavorano nelle diverse parti del mondo anche in luoghi difficili in cui predicare è un rischio e testimoniare Gesù, può significare essere perseguitati". “ E’ la bellezza di un ordine internazionale e multiculturale” dice Fra Franklin Buitrago, promotore del Giubileo:

“Certo, le difficoltà sono anche quelle della Chiesa, in tanti luoghi. Predicare vuole anche dire dialogare, ma non sempre trovi persone che sono pronte ad un dialogo, ad ascoltare gli altri. Noi abbiamo frati e suore che sono in contesti molto difficili di guerra dove loro dicono:  ‘Noi vogliamo offrire una parola, ma non viene accolta!”. Una cosa molto bella è però vedere come tutto l’Ordine sia molto coinvolto nel sostenere queste iniziative, queste proposte. Dialogo anche a livello dottrinale, e nella vita pratica, su come accompagnare questi cristiani in difficoltà in questi Paesi. Per noi è veramente una priorità per molte province dell’Ordine".

Come 800 anni fa i domenicani, a chiusura del Congresso, si ritroveranno sabato prossimo a celebrare la Messa a S. Giovanni in Laterano con il Papa: un modo per essere " una cosa nuova ma riconosciuta dalla Chiesa, ma anche un luogo e un momento altamente simbolici", dice Fra Vivian Boland:

“E’ stato al Laterano che San Domenico è venuto nel 1215 per parlare di questo progetto di un Ordine di predicatori nella Chiesa. E la presenza del Papa è la conferma più potente che si possa avere di questo rapporto con la Chiesa, che l’Ordine ha sempre mantenuto”.

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I Papi e il dialogo ebraico-cristiano: oltre 50 anni di cammino

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Si celebra oggi in Italia la ventottesima Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Il filo rosso di quest’anno è dedicato al Libro di Rut. Esattamente un anno fa Papa Francesco, nella storica visita al Tempio Maggiore di Roma, ha ribadito che ebrei e cristiani devono "sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio”. Ripercorriamo l'impegno dei Papi in questo dialogo nel servizio di Massimiliano Menichetti

Il messaggio di amicizia, dialogo e profonda condivisione tra cristiani ed ebrei si rintraccia con forza ancora prima della Dichiarazione Conciliare “Nostra Aetate”. Paolo VI, infatti, nel gennaio del 1964 - un anno prima della conclusione dei lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II - dà avvio ai viaggi apostolici internazionali, andando proprio in Terra Santa. Il Pontefice visita Gerusalemme, Nazareth e Betlemme, è accolto dal Re Hussein di Giordania, dal Presidente della Repubblica Israeliana Shazar. Storico è l’incontro con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Atenagora. Il legame tra cristiani ed ebrei viene sottolineato il 5 gennaio nei saluti con le autorità, sul Colle di Meghiddo: 

“Nous y incluons volontiers les fils du ‘peuple de l’Alliance’ …
Volentieri ricordiamo i figli del ‘Popolo dell’Alleanza’ - dice Paolo VI - il cui compito nella storia religiosa dell’umanità non possiamo dimenticare”.

Il cammino di amicizia con gli ebrei, nella comune discendenza da Abramo, prosegue fortemente con Giovanni Paolo II, che neanche un anno dopo la sua elezione visita il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau: è il 7 giugno del 1979. Il Papa polacco è il primo Successore di Pietro a varcare i cancelli dello sterminio, portando la luce di Cristo. Sette anni dopo - il 13 aprile del 1986 - è il primo Pontefice ad entrare nel Tempio Maggiore di Roma. Indimenticabile l’immagine del suo abbraccio con il Rabbino Capo Elio Toaff:

“La religione ebraica non ci è estrinseca, ma in un certo qual modo è intrinseca alla nostra religione. Abbiamo quindi, verso di essa, dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti, e in un certo modo si potrebbe dire ‘i nostri fratelli maggiori’”.

Arriveranno poi il riconoscimento diplomatico dello Stato d’Israele, da parte della Santa Sede, e il pellegrinaggio giubilare di Papa Wojtyla in Israele, nel marzo del 2000.  

Papa Benedetto XVI raccoglie e amplia l’eredità dei suoi predecessori: nell’agosto del 2005 è a Colonia per la Giornata Mondiale della Gioventù e compie la sua prima vista in una Sinagoga; l’anno dopo visita Auschwitz-Birkenau; nel 2008 è alla "Park East Synagogue” di New York; e l’anno seguente il viaggio in Israele. Papa Ratzinger, come Giovanni Paolo II, chiede perdono per tutte le ingiustizie che il popolo ebraico ha subito. Il 17 gennaio 2010 entra anche lui nel Tempio Maggiore di Roma:

“Il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, quasi 24 anni fa, intese offrire un deciso contributo al consolidamento dei buoni rapporti tra le nostre comunità per superare ogni incomprensione e pregiudizio. Questa mia visita si inserisce nel cammino tracciato, per confermarlo e rafforzarlo”.

La linfa dell’incontro e la vicinanza al popolo ebraico crescono ancora con Papa Francesco, che nel secondo anno di Pontificato, come i suoi predecessori, va in Israele: è il 26 maggio 2014, sono passati 50 anni dal viaggio di Paolo VI. Nel giugno del 2016 prega in silenzio ad Auschwitz. A gennaio anche lui era stato accolto nella Sinagoga di Roma:

“Cari fratelli maggiori dobbiamo davvero essere grati per tutto ciò che è stato possibile realizzare negli ultimi 50 anni, perché tra noi sono cresciute e si sono approfondite la comprensione reciproca, la muta fiducia e l’amicizia”.

Quattro Papi in cammino, che guidano il popolo cristiano nell’abbraccio con il popolo ebraico nella consapevolezza di un’unica grande famiglia umana.

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Comastri: allevatori e agricoltori, la parte più bella e onesta dell'Italia

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La Chiesa oggi ricorda Sant’Antonio abate, patrono degli allevatori. Per l’occasione, una delegazione della Coldiretti e dell’associazione Aia ha partecipato alla Messa celebrata nella Basilica di San Pietro dal cardinale Comastri. Il porporato ha definito gli allevatori e gli agricoltori “la parte più bella dell’Italia”. Queste due organizzazioni hanno portato decine di animali in Via della Conciliazione. Il servizio di Alessandro Guarasci

L’agricoltura, gli allevamenti sono il cuore di tanti territori della provincia italiana, simbolo di tradizione e innovazione allo stesso tempo. Eppure sono un patrimonio che va scomparendo. Il cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro, riconosce questo valore:

“Voi allevatori - e anche gli agricoltori - avete ancora il senso famiglia: custoditelo! Date tempo alle vostre famiglie, date tempo ai vostri figli, pregate nelle vostre case come facevate un tempo perché la preghiera riempiva di gioia e di pace la casa. Voi siete custodi di queste belle tradizioni, non perdetele. Il progresso non sta nell’abbandonare queste belle tradizioni, ma nel recuperarle ... Guardate, non lo dico per accarezzarvi: siete la parte più bella, forse anche più onesta della nostra Italia”.

Dunque, Sos nelle fattorie dove sono scomparsi 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore con il pericolo di estinzione per le razze storiche e lo spopolamento delle aree interne e montane, ma a rischio c'è anche il primato dell'enogastronomia Made in Italy con la dipendenza dall'estero, che per carne, salumi, latte e formaggi, è vicina al 40%. Oggi nella piazza davanti a San Pietro c’erano centinaia di allevatori, con i loro animali, richiamati da Coldiretti e Aia, due organizzazioni del settore. Il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo:

“Dobbiamo difendere le stalle italiane, perché quando chiude una stalla non chiude solo un’attività economica ma chiude un presidio fatto di animali, di prati, di pascoli e di persone che ogni giorno tutelano i nostri territori dal rischio di abbandono, di degrado e di incendio. Allora, difendiamo le stalle italiane, difendiamo i prodotti di allevamento anche con il valore aggiunto della trasparenza a tavola”.

Fare l’allevatore è ancora un percorso ad ostacoli in tanti territori, come dice questo imprenditore che ha un allevamento di cavalli:

“In questo periodo è molto difficile fare l’allevatore. Abbiamo molti problemi a partire dall’emergenza sismica – ci troviamo all’interno del cratere del terremoto di Amatrice – fino all’agricoltura, che in questo momento ci sta creando dei problemi economici. Ora con l’emergenza della neve in questi territori gli allevatori hanno un altro problema: l’acqua gelata”.

Il freddo e il terremoto rischiano di far saltare tanti allevamenti in centro Italia. Ancora Moncalvo:

"Per questo è importante far in modo che arrivino al più presto tutte le soluzioni che servono, perché gli animali possano essere custoditi al caldo e, soprattutto i nostri allevatori, possano stare vicini loro per difendere loro e il nostro territorio".

Insomma, la risposta delle istituzioni spesso deve essere più veloce.

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Oggi in Primo Piano



Siria: tutto pronto per i negoziati in Kazakistan il 23 gennaio

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Tutto pronto ad Astana, in Kazakistan per l’avvio dei negoziati di pace per la Siria, il prossimo 23 gennaio, concordati con Russia, Turchia e Iran. Mosca ha già chiesto la presenza di rappresentanti dell’Onu, ma anche della nuova amministrazione Trump, figura a cui Mosca affida le speranze di una efficace collaborazione per la lotta al terrorismo. I particolari da Paola Simonetti: 

Sulla basi di un fragile cessate il fuoco concordato alla fine dello scorso dicembre, si apriranno il prossimo 23 gennaio gli annunciati negoziati di Astana, in Kazakistan, per una risoluzione pacifica della crisi siriana. Si tenterà di trovare una strada condivisa per mettere fine a sei anni di sanguinoso conflitto. Mosca ha già invitato a partecipare l’Onu, ma anche e soprattutto rappresentanti del neo eletto Presidente degli Stati Uniti, Trump. Un’analisi su presupposti e protagonisti di questi delicati colloqui l’abbiamo chiesta a Michela Mercuri, docente di Storia dei Paesi mediterranei dell’università di Macerata:  

R. - Si tratta di un colloquio che vede come protagonisti Russia ed Iran, che sono sponsor storici di Assad, e poi la Turchia, soprattutto in chiave anti curda. Da queste premesse è facile prevedere un ruolo forte di Assad nel futuro del Paese e una forte influenza turca, soprattutto sulle aree al confine con la Siria per limitare l’influenza curda.

D. – Il sedicente Stato Islamico e alcune frange di ribelli sfuggono a qualunque accordo: com’è allora ipotizzabile una pacificazione reale del Paese?

R. – In questo senso non si può che continuare a combattere militarmente le milizie jihadiste dello Stato Islamico, però con una strategia comune di tutti gli attori in campo: cosa che chiaramente non è stata fin qui fatta. Da questo punto di vista è importante che il coinvolgimento della Turchia, che ci ha dimostrato che nel momento in cui ha smesso di finanziare gli jihadisti ha dato una mano importante per la liberazione di Aleppo.

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Forum di Davos: Xi Jinping difende la globalizzazione

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A Davos, in Svizzera, ha aperto i battenti il 47° Forum Economico Internazionale. Per la prima volta vi partecipa la Cina. Il presidente Xi Jinping ha aperto i lavori con un intervento sulle correzioni da apportare alla globalizzazione. Fino al 20 gennaio prossimo in agenda i temi caldi del momento, economici e politici. Tema del Forum, a cui partecipano 3000 esperti da 70 Paesi, “Una leadership responsabile”. Il servizio di Giancarlo La Vella

Una valanga di soldi fa da sfondo al Forum Economico Internazionale di Davos. Tanto denaro, come ha denunciato l’Ong britannica Oxfam, ma nelle mani di sole otto persone; otto Paperoni che detengono una ricchezza pari a quella in possesso di 3 miliardi e mezzo di individui nel mondo. A Davos si discute anche di questo. Ma quali le cause di questo squilibrio? Ci risponde Giovanni Marseguerra, economista, docente all’Università Cattolica di Milano:

R. – La diseguaglianza regna nel mondo e la situazione, dal punto di vista sociale, credo sia sempre più preoccupante. L’1 per cento della popolazione possiede più ricchezza netta del restante 99 per cento. Una persona su 10 nel mondo vive con meno di due dollari al giorno. Credo che di fronte a questi livelli di diseguaglianza siano richiesti un intervento e un cambiamento che non possono essere disattesi.

D. – Proseguire su questo trend a quali rischi può portare?

R. – Abbiamo sotto gli occhi queste spinte populiste che imperversano dappertutto nel mondo e radicalizzano le discussioni e non facilitano le soluzioni. Noi dobbiamo tenere presente che c’è da cambiare un modello di sviluppo, che fino ad oggi si è dimostrato non efficace nel servire una parte così importante del mondo.

D. – Da Davos possono arrivare delle risposte decisive?

R. – Il tema del Forum – una leadership responsabile, ma anche capace di risposte – mi sembra che identifichi quella che è la questione principale in questo momento a livello mondiale: cioè che i governi dei Paesi sappiano prendere decisioni in modo responsabile e nell’interesse della popolazione. Noi abbiamo bisogno di leadership mondiali che siano sensibili alle necessità di inclusione sociale, che sono così diffuse e che sono così disattese.

Ai partecipanti al Forum di Davos ha dato il benvenuto la presidente svizzera, Doris Leuthard, affermando che il mondo ha sempre più bisogno di collaborazione responsabile di fronte al contesto economico esplosivo, ai cambiamenti climatici, alle sempre minori opportunità per i giovani e al crescente divario tra ricchi e poveri, ma non esiste a questo una risposta unitaria e globale.

E proprio sulla globalizzazione, aprendo i lavori, il presidente cinese, XI Jinping, ha incentrato il suo intervento. “L'economia globale rimane deludente – ha detto – ed è difficile mantenere una crescita globale sostenibile. Ma la globalizzazione economica è un trend da cui non si può uscire e, di fronte alla crisi, – ha concluso – non bisogna cadere in un ritorno al protezionismo che dà vita a guerre commerciali nelle quali nessuno è vincitore. E sullo sfondo degli squilibri mondiali ancora i Paesi in via di sviluppo, che attendono una revisione reale del debito estero. Sentiamo Riccardo Moro, docente di Politiche dello Sviluppo all’Università di Milano:

R. - La questione del debito estero era particolarmente grave alla fine degli anni Novanta: non per nulla ci fu il famoso appello di Giovanni Paolo II e una grande campagna internazionale. La questione del debito venne effettivamente affrontata: non venne risolta del tutto, però per molti Paesi del Sud del mondo effettivamente venne superata l’emergenza. Per cui questi Paesi hanno potuto cominciare a riattrarre investimenti e anche nuovi prestiti a condizioni sostenibili. Quello che è successo in questi 20 anni è che questa attenzione la abbiamo avuta onestamente un po’ una tantum, su un numero elevato di Paesi sì, ma un po’ una tantum. E, per quanto riguarda proprio l’esposizione debitoria, diversi di questi Paesi hanno cominciato a re-indebitarsi magari con soggetti che non stavano completamente dentro il quadro o le intese internazionali: mi riferisco al debito con la Cina. Molti Paesi del Sud hanno una esposizione debitoria con Pechino, che presto potrebbe richiedere restituzioni, mettendo di nuovo in difficoltà questi Paesi. 

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Germania, Corte Suprema: no al bando del partito neonazista Npd

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L’Npd, partito nazionaldemocratico di Germania, xenofobo e ultranazionalista, non è incostituzionale. La Corte Suprema tedesca ha respinto la richiesta di vietarlo avanzata dal Consiglio federale, non perché la formazione non persegua obiettivi contrari alla Costituzione, ma perché mancano le prove che lascino pensare che possa avere successo. Una sentenza, quella di oggi, molto attesa dai cittadini. Francesca Sabatinelli: 

Persegue obiettivi contrari alla Costituzione, disprezza la dignità umana ed è incompatibile con i principi della democrazia, però non si ravvisano gli indizi che possa costituire una minaccia. Ed è per questo, spiega nella sua sentenza la Corte Suprema, che l’Npd, formazione di estrema destra nata nel 1964, con simpatie neo-naziste, non può e non potrà incidere sulla vita parlamentare tedesca e quindi non può essere messo fuori legge. Bettina Gabbe, giornalista tedesca corrispondente della Tv N24:

“Tutti sanno, come hanno confermato anche i giuristi, che è anticostituzionale l'ideologia di questo partito. Ma, chiaramente in Germania ci sono paletti molto forti prima di arrivare a vietare un partito. Questo vuol dire che non deve solo avere degli scopi anticostituzionali, ma deve anche avere altre caratteristiche per far sì che questo divieto sia motivato. Invece, nella motivazione della sentenza, la Corte Suprema tedesca ha detto che sì sono anticostituzionali, ma anche che il partito ha una minima influenza politica, quasi zero. Sempre secondo la Corte ci sono singoli elementi, singole persone, che fanno atti di violenza, ma non si può affermare che, ad esempio gli atti di violenza nella Germania dell’Est contro i centri per i rifugiati, siano direttamente riconducibili all’azione di questo partito”.

L’Npd, attualmente, è rappresentato solo nei Comuni: per entrare nel Bundestag, il parlamento, occorre una soglia minima del 5%. Ha però un rappresentante nel parlamento europeo. E’ già la seconda volta che si tenta di far mettere al bando questo partito, la prima volta il ricorso, avviato da governo e camere parlamentari, fu rigettato per vizi di forma. Ancora Gabbe:

“La Germania ha una storia molto forte, ci sono stati atti di violenza politica ed è sempre molto consapevole della propria storia, a partire dal nazionalsocialismo, quando gli oppositori politici venivano trattati con violenza, non potevano esprimere opinioni contrarie a ciò che faceva il regime. Per cui si fa molta attenzione nel cercare di far parlare tutti, almeno finché la sicurezza dello Stato non è in pericolo, così come quella dell’intera società. In Germania, per sentirsi forte come Stato, è importante lasciar parlare tutti nell’ambito di uno Stato sicuro che garantisca i diritti di tutti. Per evitare di nuovo una deriva di regime dittatoriale, si prova a dimostrare la forza dello Stato di diritto, del rispetto delle minoranze che si è imparato con tanta fatica attraverso la storia del nazionalsocialismo, quando le minoranze non potevano esprimersi. Proprio per questo si fa molta attenzione a non cadere nella trappola del dire: 'Questo dice cose negative, antipatiche, quindi va tolto dall’opinione pubblica', questo è un rischio che non si vuole correre".

Dietro a questo – è la convinzione della Gabbe – c’è da leggere anche un importante segnale politico, perché un divieto non farebbe altro che rafforzare l’azione degli estremisti, oggi insignificante nell’ambito sia della politica tedesca che dell’opinione pubblica.

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India: Giornata di preghiera per il rilascio di padre Tom Uzhunnalil

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Una Giornata di preghiera per il rilascio di padre Tom Uzhunnalil,  il salesiano indiano sequestrato da un commando estremista riconducibile al sedicente Stato Islamico (Is) ai primi di marzo, nel sud dello Yemen: è quanto chiede la Conferenza episcopale indiana, presieduta dal card. Baselios Cleemis, per i giorni 21 o 22 gennaio, a seconda delle attività delle singole diocesi del Paese.

Dieci mesi di attesa, nell’angoscia e nella preghiera
In una nota diffusa in questi giorni, il porporato sottolinea “l’angoscia e la preghiera” con cui, da dieci mesi, si attende la liberazione di padre Tom. “La Conferenza episcopale è in costante contatto con il Ministero degli Esteri indiano”, informa il card. Cleemis, ricordando che gli sforzi per la liberazione del sacerdote si sono intensificati dopo che, nel mese di dicembre, è stato diffuso un video in cui il salesiano sembra essere ancora vivo.

Sacerdote generoso ed altruista
“L’intera Chiesa cattolica ed in modo particolare quella dell’India è molto preoccupata per padre Tom – ribadisce il porporato – Ancora una volta, lanciamo un appello alle autorità nazionale affinché facciano tutto il possibile per ottenere il rilascio di questo sacerdote cattolico, generoso ed altruista”. Di qui, l’esortazione ai fedeli ed a “tutti gli uomini e le donne di buona volontà” affinché preghino “per la sicurezza e la liberazione di padre Tom”, ma anche “per la conversione del cuore di chi che lo tiene prigioniero, così che Dio gli conceda la grazia di comprendere l’ingiustizia dei suoi atti”.

L’attacco armato del 4 marzo
Infine, per le Giornata di preghiera, il card. Cleemis auspica che “tutti i luoghi culto e nelle case del Paese” siano piene di fedeli in orazione “per l’amato padre Tom”. La scomparsa del salesiano risale al 4 marzo scorso, quando ad Aden, nello Yemen, un commando di uomini armati ha attaccato un convento delle Suore Missionarie della Carità, la Congregazione fondata da madre Teresa di Calcutta. Le quattro religiose sono state trucidate, insieme ad altri dieci collaboratori locali della comunità. (A cura di Isabella Piro)

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Congo: vescovi preoccupati per mancata scarcerazione prigionieri politici

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I vescovi della Repubblica Democratica del Congo sono preoccupati per la mancata liberazione dei prigionieri politici dopo l’intesa di San Silvestro, l’accordo del 31 dicembre scorso che ha posto fine alla crisi nata sulla questione del rinnovo del mandato del Presidente Joseph Kabila scaduto il 20 dicembre. “Siamo sorpresi per il ritardo … ci sono prigionieri che erano stati annunciati come liberati e fino ad ora non abbiamo avuto prove che siano stati effettivamente rilasciati - ha detto mons. Fridolin Ambongo, vicepresidente della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco) - queste liberazioni dovevano avere effetto immediato”.

L’intesa di San Silvestro
Dopo la firma dell’accordo raggiunto grazie alla mediazione della Conferenza episcopale (Cenco) e che prevede il prolungamento di un anno del mandato di Kabila, la nomina di un premier designato dall’opposizione e la creazione di un Consiglio nazionale di sorveglianza dell’accordo e del processo elettorale, i delegati dell’opposizione avevano presentato sette casi emblematici di prigionieri politici e di opinione che dovevano essere liberati come gesto di distensione, riferisce l’agenzia Afp. Per quattro casi c’era anche stato l’assenso di tutte le parti.

Mons. Djomo Lola: occorre una classe politica che abbia a cuore l’interesse comune
​In un’ intervista rilasciata all’Osservatore Romano, mons. Nicolas Djomo Lola, vescovo di Tshumbe, tra gli artefici dell’intesa, ha affermato che la situazione nel Paese è ancora molto fragile e che, su richiesta delle forze politiche, la Conferenza episcopale accompagnerà il processo politico verso le elezioni. “Bisogna fare emergere una classe politica che abbia a cuore l’interesse comune – ha aggiunto il presule – e questo è possibile attraverso l’educazione. Bisogna poter contare su uomini politici onesti, che lavorino per il proprio Paese e non per se stessi”. (A cura di Tiziana Campisi)

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Uganda. Saldi nella fede: tema della Giornata dei martiri

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“Saldi nella fede che vi è stata insegnata”: questo il tema scelto dalla Conferenza episcopale dell’Uganda per la “Giornata dei martiri dell’Uganda”, che si celebra ogni anno il 3 giugno. Ad annunciare il tema, nei giorni scorsi, è stato mons. Vincent Kirabo, vescovo della diocesi di Hoima, spiegando che esso fa riferimento ad un versetto della Lettera di San Paolo ai Colossesi (2,7).

Cristiani diano testimonianza del Vangelo
“Si tratta di un tema che richiede una forte testimonianza in Cristo da parte dei fedeli – ha ribadito Emmanuel Kiiza Aliba, incaricato dell’organizzazione della Giornata – a livello personale, familiare, in ambito lavorativo e in tutti i luoghi in cui essi si trovino”. La “Giornata dei martiri”, inoltre, avrà un valore speciale per la diocesi di Hoima che ha celebrato, nel 2016, il centenario dell’evangelizzazione, mentre quest’anno si appresta a commemorare il 52.mo anniversario della sua istituzione. “Siamo maturati nella fede – ha sottolineato Aliba – Ora dobbiamo approfondire il Vangelo”.

Novena di preghiera
La Giornata del 3 giugno prevede una celebrazione solenne presso il Santuario di Namugongo e sarà preceduta da una novena di preghiera. I martiri dell’Uganda sono, in totale, 45, sia cattolici che anglicani. Il più noto, tra i primi, è Carlo Lwanga: lui ed i suoi compagni vennero uccisi in odio alla fede sotto il regno di Mwanga II (1884-1903) tra il 15 novembre 1885 ed il 27 gennaio 1887. Beatificati, poi, da Benedetto XV il 6 giugno 1920, furono canonizzati l’8 ottobre 1964 da Paolo VI.

Nel 2015, la visita di Papa Francesco al Santuario di Namugongo
​Da ricordare che, a novembre 2015, durante il suo viaggio apostolico in Africa, proprio a Namugongo Papa Francesco ha sottolineato che l’eredità dei Martiri ugandesi è rappresentata da “vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo”. (I.P.)

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Panama: plenaria vescovi su tutela minori e lotta a corruzione

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La tutela dei minori e la lotta alla corruzione: questi i punti focali della 205.ma Assemblea plenaria ordinaria tenuta dalla Conferenza episcopale di Panama (Cep) che si è conclusa nei giorni scorsi. Nel documento finale diffuso al termine dei lavori, i vescovi ribadiscono, in primo luogo, la necessità di “proteggere i minori, specialmente quelli più vulnerabili”.

Tolleranza zero di fronte agli abusi sui minori perpetrati da sacerdoti
Ricordando quanto scritto da Papa Francesco nella Lettera ai vescovi il 28 dicembre 2016, Festa dei Santi Innocenti, i presuli panamensi esortano a “difendere e accudire con coraggio la vita dei bambini dalla brama di potere dei nuovi Erode, che rubano loro l’innocenza”. In particolare, i vescovi sottolineano la gravità di piaghe quali “il lavoro minorile, la schiavitù, la prostituzione, lo sfruttamento, le migrazioni forzate, le mafie ed i mercati di morte” che affliggono l’infanzia. Di qui anche l’appello, forte, alla “tolleranza zero di fronte agli abusi sui minori perpetrati da sacerdoti”. Si tratta di “un peccato per il quale la Chiesa chiede perdono”, si legge nel documento in cui si ribadisce anche la necessità di “prendere le misure necessarie per proteggere i minori da tali crimini”.

No all’ideologia di genere
E sempre pensando ai minori e, più in generale, ai giovani, la Cep guarda “con molta preoccupazione ai tentativi di imporre, nel sistema educativo, l’ideologia di genere”, una sorta di “nuova colonizzazione portata avanti da organismi internazionali che condizionano gli aiuti economici ai Paesi in via di sviluppo al fine di bloccare la loro libertà e sovranità”. Per questo, i presuli ribadiscono che i genitori hanno “il diritto ed il dovere di essere i primi ed i principali educatori dei propri figli, anche sul piano sessuale e morale”. Di qui, l’impegno della Chiesa di Panama a “sostenere una legge sull’educazione sessuale che formi gli adolescenti senza violentarne la dignità con nozioni riduzionistiche su una sessualità banalizzata e impoverita”.

Questione educativa sia priorità del Paese
Ma la questione educativa va anche al di là di tale ambito specifico: i presuli, infatti, definiscono il sistema “al collasso” e lanciano l’allarme contro “gli abbandoni scolastici” che si ripercuotono sull’intera società e chiedono di “recuperare un ideale di educazione intesa come missione e servizio”, il che implica “vocazione e non la riduzione ad un mero mestiere”. Al contempo, le istituzioni governative vengono sollecitate a garantire ai giovani “una formazione integrale, non solo accademica, ma anche umana e spirituale”. “Il problema educativo è una priorità – sottolinea la Chiesa panamense – e se non viene inteso come tale, porteremo il Paese ad un suicidio sociale, politico ed economico”.

Lotta alla corruzione: recuperare etica e morale
Centrale, poi, il tema della lotta alla corruzione: una piaga dovuta alla mancanza di etica e di morale vissuta a tutti i livelli della società” e che porta ad “una pericolosa spirale di scontri” sociali. Per questo, i presuli auspicano l’assunzione di responsabilità da parte dell’intera collettività, così da “aprirsi alle esigenze della solidarietà e del bene comune” e da “recuperare l’etica e la morale” necessarie a combattere i sistemi corrotti. “Non possiamo continuare a guardare da un’altra parte – è il monito della Cep – La patria è un bene comune che richiede la responsabilità di tutti, e il Paese non merita di vivere un’esperienza tanto dolorosa e scandalosa” come la corruzione.

Accogliere i migranti
Dalla lotta a tale piaga deriva anche l’appello che i vescovi lanciano alla nazione affinché si dimostri come è sempre stata, ovvero “solidale e fraterna con i migranti”. “Non possiamo chiudere il cuore a coloro che lasciano il proprio Paese – dicono i vescovi – Al contempo, chiediamo al governo di lavorare per l’integrazione degli immigrati”, ai quali si raccomanda di “rispettare ed apprezzare il popolo panamense, per tradizione accogliente, amabile ed ospitale”. In questo ambito, rientra anche l’esortazione episcopale a “passare dall’assistenzialismo alla promozione umana”, affinché il Paese possa svilupparsi “con la creazione di lavori dignitosi” ed i giovani trovino “un’alternativa alle proposte del narcotraffico, della droga e della delinquenza, scuole di distruzione e di morte”.

No al mero assistenzialismo, occorre impegno per il bene comune
Da ciò deriva anche il richiamo a valori come “la cultura, la libertà intesa non come liberazione sfrenata degli istinti, bensì come capacità di scelta autonoma e responsabile, di impegno sociale per il bene comune, di partecipazione”. “Non basta un mero assistenzialismo – incalzano i presuli – Ciò che occorre, è uno sviluppo che parta dall’impegno nei confronti della dignità della persona umana e del bene comune”.

Preparativi per la Gmg del 2019
Infine, la Cep guarda già al 2019, quando Panama accoglierà la 34.ma Giornata Mondiale della Gioventù, “esperienza di comunione ecclesiale intorno alla figura del Santo Padre”. In vista di questo importante evento, i presuli esortano i fedeli ad “intensificare le preghiere perché la Gmg apra i cuori” delle persone all’accoglienza di tanti giovani che raggiungeranno il Paese. Intanto, dal 2 al 5 febbraio prossimi, si svolgerà a Chitré il 38.mo Incontro nazionale giovanile, incentrato sulla formazione dei ragazzi affinché siano “discepoli e missionari della misericordia del Padre”. (A cura di Isabella Piro)

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Visita ad limina dei vescovi irlandesi, venerdì l'incontro con il Papa

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E’ cominciata ieri la visita ad limina dei vescovi irlandesi in Vaticano, dove venerdì prossimo incontreranno Papa Francesco e i responsabili dei dicasteri della Santa Sede per fare il punto sulla situazione della vita della Chiesa nel Paese. Prima di dare inizio alla visita - riferisce l'agenzia Sir - ieri mattina i vescovi e gli amministratori diocesani delle 26 diocesi presenti sull’isola hanno celebrato una Messa sulla tomba di San Pietro presieduta da mons. Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e primate di tutta l’Irlanda. 

Le lotte interne possono distruggere l’armonia
“Siamo consapevoli – ha detto l’arcivescovo Martin – delle pressioni e delle lotte che affliggono la nostra gente. Sappiamo che le lotte interne possono distruggere l’armonia, che i lupi a volte attaccano il gregge, e che la pesante responsabilità per la loro cura ricade sulle nostre spalle. Ma se tutto questo fosse lasciato esclusivamente a noi, sappiamo nei nostri cuori che inevitabilmente falliremmo come pastori, il gregge si disperderebbe e la comunione andrebbe in frantumi. Ma non è così. Qui, presso la tomba di San Pietro, troviamo la consolazione nella consapevolezza che il Signore ha scelto Pietro” ed ha pregato per lui. 

La preghiera per i sacerdoti d'Irlanda
L’arcivescovo Martin ha quindi invitato i vescovi a pregare “in modo speciale” per i sacerdoti in Irlanda: “Tutti noi teniamo al loro ministero e al loro benessere. Siamo consapevoli che i loro numeri diventano sempre più piccoli, che aumenta il carico di lavoro e che le situazioni pastorali diventano sempre più difficili. Ringraziamo Dio oggi per la loro capacità di resilienza, dedizione e generosità”. (R.P.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 17

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.