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Sommario del 18/01/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: scoprire nel pericolo il bisogno di sperare nel Dio della vita

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Davanti alla morte e al pericolo l’uomo comprende la propria fragilità e il proprio bisogno di salvezza, pregando e riconoscendo la necessità di “sperare nel Dio della vita”. Così Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale tenuta oggi in Aula Paolo VI e dedicata al ciclo sulla speranza cristiana. Il servizio di Giada Aquilino

Il legame tra speranza e preghiera
Sta nel legame tra speranza e preghiera la certezza che la misericordia di Dio “perdona” sempre. Papa Francesco riflette su quella che definisce una figura “un po’ anomala” delle Sacre Scritture, il profeta Giona, che - spiega - tenta di sottrarsi alla chiamata del Signore rifiutando di mettersi “al servizio del piano divino di salvezza”. Eppure, aggiunge il Pontefice, capirà che “davanti al pericolo e alla morte” proprio la speranza “si esprime in preghiera”:

“Che il Signore ci faccia capire questo legame fra preghiera e speranza. La preghiera ti porta avanti nella speranza e quando le cose diventano buie, occorre più preghiera! E ci sarà più speranza”.

Il Dio della vita
Francesco ripercorre le vicende di Giona, un profeta “in uscita”, ma proprio per il suo atteggiamento anche “in fuga”: Dio lo invia “in periferia”, a Ninive, oggi in Iraq, per convertirne gli abitanti. All’epoca, “per un israelita come Giona” la città rappresentava una “realtà minacciosa”, che metteva in pericolo Gerusalemme: “dunque da distruggere, non certo da salvare”. Perciò - prosegue - quando Dio manda Giona a predicare in quella città, il profeta “che conosce la bontà del Signore e il suo desiderio di perdonare” cerca di sottrarsi al suo compito e fugge “in Spagna”, aggiunge il Papa. Nella traversata, entra così in contatto con dei marinai pagani che durante una tempesta invocano ciascuno il loro Dio. E così viene esortato a fare anche Giona:

“La reazione di questi ‘pagani’ è la giusta reazione davanti alla morte, davanti al pericolo; perché è allora che l’uomo fa completa esperienza della propria fragilità e del proprio bisogno di salvezza. L’istintivo orrore del morire svela la necessità di sperare nel Dio della vita”.

Il sorriso indulgente di Dio
Sono dunque parole di quella speranza “che diventa preghiera” davanti ad “un imminente pericolo di morte”:

“Troppo facilmente noi disdegniamo il rivolgerci a Dio nel bisogno come se fosse solo una preghiera interessata, e perciò imperfetta. Ma Dio conosce la nostra debolezza, sa che ci ricordiamo di Lui per chiedere aiuto, e con il sorriso indulgente di un padre, Dio risponde benevolmente”

Il riconoscimento del vero Signore
Giona riconosce le proprie responsabilità e si fa gettare in mare per salvare i compagni di viaggio: la tempesta, così, si placa. La “morte incombente” ha portato dunque alla preghiera e il profeta vive la propria vocazione “al servizio degli altri” accettando di sacrificarsi per loro e conducendo i sopravvissuti al riconoscimento e alla lode del “vero Signore”.

“La speranza, che li aveva indotti a pregare per non morire, si rivela ancora più potente e opera una realtà che va anche al di là di quanto essi speravano: non solo non periscono nella tempesta, ma si aprono al riconoscimento del vero e unico Signore del cielo e della terra”.

Nostra sorella morte
Successivamente, prosegue il Papa, anche gli abitanti di Ninive, davanti alla prospettiva di essere distrutti, “pregheranno, spinti dalla speranza nel perdono di Dio”: faranno penitenza, invocheranno il Signore e si convertiranno a Lui. Perché aver affrontato la morte ed esserne usciti salvi li ha portati alla “verità”:

“Così, sotto la misericordia divina, e ancor più alla luce del mistero pasquale, la morte può diventare, come è stato per san Francesco d’Assisi, “nostra sorella morte” e rappresentare, per ogni uomo e per ciascuno di noi, la sorprendente occasione di conoscere la speranza e di incontrare il Signore. Che il Signore ci faccia capire questo legame fra preghiera e speranza. La preghiera ti porta avanti nella speranza e quando le cose diventano buie, occorre più preghiera! E ci sarà più speranza”.

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Francesco: unità dei cristiani è una speranza per l'Europa

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Al termine dell’udienza generale il Papa ha ricordato che oggi inizia la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il servizio di Sergio Centofanti: 

Il motto di questa settimana di preghiera, “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione”, “è per noi una sfida” afferma Papa Francesco:

“Preghiamo il Signore affinché tutte le Comunità cristiane, conoscendo meglio la propria storia, teologia e diritto si aprano sempre di più alla riconciliazione. Ci pervada lo Spirito di benevolenza e comprensione, come anche la voglia di collaborare”.  

Il Papa ricorda “con commozione” la preghiera ecumenica a Lund, in Svezia, il 31 ottobre scorso, in occasione della commemorazione con i Luterani del 500.mo anniversario dell’inizio della Riforma:

“Nello spirito di quella commemorazione comune della Riforma, noi guardiamo più a ciò che ci unisce che a ciò che ci divide, e continuiamo il cammino insieme per approfondire la nostra comunione e darle una forma sempre più visibile. In Europa questa comune fede in Cristo è come un filo verde di speranza: apparteniamo gli uni agli altri. Comunione, riconciliazione e unità sono possibili. Come cristiani, abbiamo la responsabilità di questo messaggio e dobbiamo testimoniarlo con la nostra vita. Dio benedica questa volontà di unione e custodisca tutte le persone che camminano sulla strada dell’unità”.

Saluta quindi una delegazione dell’Itinerario Europeo Ecumenico e parla dei frutti di tanti decenni di dialogo. “Il Vangelo di Cristo - spiega - è al centro della nostra vita e unisce persone che parlano lingue diverse, abitano in Paesi diversi e vivono la fede in comunità diverse”:

“Il movimento ecumenico va fruttificando, con la grazia di Dio. Il Padre celeste continui a riversare le sue benedizioni sulle orme di tutti i suoi figli. Sorelle e fratelli carissimi, servite la causa dell'unità e della pace!”.

Poi saluta i giovani, i malati e i nuovi sposi:

“Cari giovani, pregate affinché tutti i cristiani tornino ad essere un’unica famiglia; cari ammalati, offrite le vostre sofferenze per la causa dell’unità della Chiesa; e voi, cari sposi novelli, fate esperienza dell’amore gratuito come è quello di Dio per l’umanità”.

Infine, allarga il discorso al dialogo interreligioso salutando i bambini e i giovani della Bosnia ed Erzegovina, insieme con le famiglie che li stanno ospitando in Sicilia:

“Cari ragazzi, trascorrendo il tempo insieme come fratelli e sorelle nelle famiglie che vi ospitano, avete l’opportunità di crescere in un clima di speranza. Solo così, voi giovani cattolici, ortodossi e musulmani, potrete salvare la speranza per vivere in un mondo più fraterno, giusto e pacifico, più sincero e più a misura d’uomo. Rimanete sempre saldi nella fede e pregate per la pace e l’unità del vostro Paese e del mondo intero. Ringrazio di cuore le famiglie ospitanti per l’esempio di amore e di solidarietà cristiana: gli orfani vanno sempre difesi, protetti e accolti con amore”.

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Koch: commemorazione Riforma, occasione per promuovere unità

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Il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, in un lungo articolo sull’Osservatore Romano, spiega il significato della commemorazione comune cattolico-luterana del quinto centenario dell’inizio della Riforma. Il servizio di Sergio Centofanti:

L’incontro del Papa a Lund con i luterani - spiega il cardinale Koch - “non è stato soltanto accolto con gratitudine, ma ha incontrato anche critiche e opposizioni. Mentre, da parte cattolica, si è temuta una deriva protestante del cattolicesimo, da parte protestante si è parlato di un tradimento della Riforma”. Invece - osserva - la commemorazione di questo anniversario “si presenta a entrambe le parti come un gradito invito a dialogare su ciò che i cattolici possono imparare dalla Riforma e su ciò che i protestanti possono trarre dalla Chiesa cattolica come arricchimento per la propria fede”, superando ogni tono fazioso e polemico.

Innanzitutto, spiega il porporato, la pubblicazione delle tesi sulle indulgenze il 31 ottobre 1517 “non deve essere vista come l’inizio della Riforma che ha portato alla divisione dell’unità della Chiesa. Né le tesi vanno considerate come un documento rivoluzionario; esse riflettevano anche una preoccupazione cattolica e si muovevano nel quadro di quanto poteva affermare la stessa teologia cattolica del tempo”. Martin Lutero allora “non voleva assolutamente la rottura con la Chiesa cattolica e la fondazione di una nuova Chiesa, ma aveva in mente il rinnovamento dell’intera cristianità nello spirito del Vangelo. A Lutero premeva una riforma sostanziale della Chiesa e non una Riforma che portasse alla disgregazione dell’unità della Chiesa. Il fatto che, all’epoca, questa sua idea di riforma non abbia potuto realizzarsi è dovuto in buona parte a fattori politici. Mentre, all’origine, il movimento riformatore era un movimento di rinnovamento all’interno della Chiesa, la nascita di una Chiesa protestante è soprattutto il risultato di decisioni politiche”.

Perciò – osserva il cardinale Koch – “poiché il rinnovamento di tutta la Chiesa era il vero scopo della riforma di Lutero, la divisione della Chiesa, la nascita di una Chiesa protestante e la separazione di comunità ecclesiali protestanti dalla Chiesa cattolica devono essere considerati non come un esito positivo della Riforma, ma come espressione del suo provvisorio fallimento”.

La commemorazione del 2017 - sottolinea ancora il porporato - deve essere intesa dunque “come un invito a ritornare alla preoccupazione originaria di Martin Lutero” alla luce di tre concetti chiave. Il primo è la gratitudine per i 50 anni di intenso dialogo tra cattolici e luterani che ha portato alla Dichiarazione comune sulla dottrina della giustificazione firmata il 31 ottobre 1999 ad Augsburg: “Poiché proprio in merito alla questione centrale che stava a cuore a Martin Lutero, la questione che condusse nel XVI secolo alla Riforma e in seguito alla divisione della Chiesa, è stato possibile raggiungere un consenso su ‘verità fondamentali’, questa dichiarazione può essere considerata come una vera e propria pietra miliare ecumenica”.

Il secondo concetto chiave è il riconoscimento reciproco delle proprie colpe e il pentimento, in particolare per le guerre religiose scoppiate nel XVI e XVII secolo in Europa “che videro i cristiani combattere gli uni contro gli altri in scontri cruenti, tra i quali ricordiamo soprattutto la guerra dei Trent’anni, che trasformò l’Europa in un mare rosso di sangue”. “Un atto di pentimento pubblico deve pertanto essere parte integrante di un’autentica commemorazione della Riforma. E deve essere accompagnato da quella purificazione della memoria storica a cui ha appellato Papa Francesco dicendo: «Non possiamo cancellare ciò che è stato, ma non vogliamo permettere che il peso delle colpe passate continui a inquinare i nostri rapporti. La misericordia di Dio rinnoverà le nostre relazioni»”.

Il terzo concetto chiave è la speranza che una commemorazione comune della Riforma possa permettere “di compiere ulteriori passi verso una comunione ecclesiale vincolante. Quest’ultima deve rimanere l’obiettivo di ogni sforzo ecumenico e, pertanto, è anche e precisamente a essa che deve mirare la commemorazione della Riforma. Dopo cinquecento anni di divisione, dopo aver vissuto per un lungo periodo in modo contrapposto o parallelo, dobbiamo imparare a vivere gli uni insieme agli altri vincolati più saldamente, e dobbiamo farlo già oggi”.

Sulla Settimana di preghiera per l´unità dei cristiani, ecco la riflessione del cardinale Kurt Koch al microfono di Mario Galgano:

D. - La Settimana di preghiera in se è un fatto straordinario. Non dimentichiamo che tutto il movimento ecumenico, cosi come lo conosciamo ora, è nato da questa settimana di preghiera. La Settimana di preghiera è stato ed è un vascello sul quale naviga l´ecumenismo di oggi. Quest´anno, il tema e le meditazioni sono state affidate al Gruppo di lavoro delle Chiese cristiane in Germania che per ovvi motivi ha cercato di incentrare la settimana sotto l´aspetto dei 500 anni dalla Riforma. Per noi è un momento per pregare per l´unità e soprattutto per la riconciliazione attraverso la memoria. In questa Settimana di preghiera risuonano tre elementi: la gratitudine, la riconciliazione e la speranza. Sotto questi elementi possiamo ascoltare la melodia del ricordo della Riforma.

D. – Nell’ultimo anno abbiamo vissuto eventi storici dal punto di vista ecumenico. Pensiamo all’incontro del Santo Padre con il Patriarca di Mosca Kirill a Cuba oppure il Concilio panortodosso a Creta o la visita a Lund di Papa Francesco per commemorare insieme ai luterani la Riforma. Cosa ci aspetterà in futuro?

R. - In effetti, non abbiamo solamente vissuto l´Anno Santo della Misericordia ma anche un anno dell’ecumenismo. Da questo punto di vista sono molto fiducioso così come lo è Papa Francesco che è un forte sostenitore del ecumenismo. Direi che tutti questi momenti che Lei ha citato sono soprattutto da considerare come inizi di vari percorsi che scopriremo in futuro.

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La riconciliazione al centro della Settimana per l'unità dei cristiani

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“L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione”: questo il tema, tratto dalla seconda Lettera ai Corinzi, della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2017 che quest’anno cade nel 500° anniversario della Riforma Luterana. L’appuntamento annuale, tradizionalmente dal 18 al 25 gennaio, intende richiamare l’attenzione sulla preghiera di Gesù per l’unità di tutti i suoi discepoli e sostenere la conoscenza e l’amicizia tra gli appartenenti alle diverse Chiese e confessioni cristiane. Il servizio di Adriana Masotti

E’ volontà di Dio l’unità: la Settimana lo ricorda, ma l’impegno per il superamento di ostilità e divisioni deve essere quotidiano. Lo sottolinea don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI:

“Credo che l’obiettivo sia prima di tutto quello di tenere sveglia, per così dire, l’attenzione delle Chiese sul valore dell’unità, intesa come qualcosa che già c’è, e anche sul traguardo dell’unità. Quindi credo che prima di tutto il valore della Settimana sia questo; poi penso che di anno in anno ci si accorga che la Settimana non può mai essere fine a se stessa. Grazie al Cielo si sta diffondendo questa mentalità: la Settimana di preghiera non è più l’occasione annuale per pregare o per riflettere sull’unità fra i cristiani, ma è l’occasione per dare una spinta a questo movimento, a questa consapevolezza – la definirei così – che in un certo senso attraversa come un filo rosso tantissime attività sparpagliate durante tutti i mesi dell’anno e che allarga sempre di più la sua capacità di coinvolgimento verso la base”.

L’amore di Cristo ci spinge, perché siamo sicuri che uno morì per tutti. Così il testo della seconda Lettera ai Corinzi da cui è tratto il tema della Settimana, testo che prosegue così: Dio ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ha dato a noi l’incarico di portare altri alla riconciliazione con lui. Ancora don Bettega:

“È chiaro che la riconciliazione viene prima di tutto da Cristo; è lui che ci riconcilia al Padre, ma è anche altrettanto chiaro che poi la riconciliazione passa attraverso i gesti concreti di ogni persona. Questa è un po’ la spinta, l’incoraggiamento, la missione che ci viene data per seminare una cultura della riconciliazione. Credo che il segno più bello che possiamo fare sia proprio quello di poter inventare o di riprendere in mano segni concreti di riconciliazione, tenendo presente che ogni volta che più cristiani si incontrano nella stessa chiesa, nella stessa sala per pregare, per consultarsi, quella è una realizzazione concreta di quella Parola di Gesù: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, e questo di per sé diventa segno di riconciliazione.

Era il 1517, quando Martin Lutero espresse preoccupazione per quelli che egli considerava abusi nella chiesa del suo tempo, rendendo pubbliche le sue 95 tesi. La Chiesa cattolica e quella luterana hanno deciso di commemorare insieme l’anniversario, entrambe riconoscendo in Lutero un “testimone del Vangelo”. Anche la Settimana di quest’anno quindi è dedicata in modo particolare a questo evento:

“Credo lo abbia sottolineato in maniera eloquente il Papa nel suo viaggio a Lund, in Svezia alla fine di ottobre. Il punto d riflessione da tenere presente davanti agli occhi è il fatto che ciò che Lutero ha detto, ciò che ha fatto, evidentemente interessa in prima persona i luterani e di riflesso tutte le Chiese protestanti legate alla Riforma. Ma, in realtà interessa ogni credente, ogni cristiano. Un movimento di riforma, intesa come un’adesione sempre più esplicita e più coerente al Vangelo, non può interessare soltanto una Chiesa: questo movimento interessa tutti i cristiani. Credo che sia lì la grande occasione che ci viene presentata: tornare su quei temi, sui temi della riforma, per dire: “A me, cosa dicono? Come contribuiscono a costruire un po’ meglio la mia vita cristiana – nel mio caso nella Chiesa cattolica, o in qualsiasi altra appartenenza ecclesiale – e come mi aiutano a vivere meglio la mia adesione al Vangelo, oggi?”

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Nomina in Brasile

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Papa Francesco ha nominato oggi il nuovo arcivescovo di Aracaju, in Brasile. Lo riferisce il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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A Manila il quarto Congresso Mondiale della Misericordia

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Si è aperto lunedì a Manila, nelle Filippine, il Congresso Apostolico Mondiale della Misericordia sul tema della comunione e della missione. Il Papa, in una lettera al suo inviato speciale, il cardinale arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, ricorda l'urgenza nel nostro tempo di diffondere la misericordia nel mondo, non solo al livello spirituale, ma anche sul piano sociale. Sulla genesi di questo appuntamento ascoltiamo lo stesso card. Barbarin al microfono di Marie Duhamel:

R. – Tout commence en 2005, où juste après la mort de Jean Paul II...
Tutto comincia nel 2005 quando, subito dopo la morte di San Giovanni Paolo II, insieme al cardinale Christoph Schönborn, mons. Albert de Monléon e Gérald Arbola, ho proposto un ritiro a Łagiewniki, il Santuario di Santa Faustina Kowalska. E durante il ritiro, in cui abbiamo cercato di leggere i grandi testi sulla misericordia, è nata questa idea di promuovere un Congresso Mondiale della Misericordia. E subito il cardinale Schönborn ha detto: “Bene, chiederò l’opinione di Benedetto XVI”. E Benedetto XVI disse che era meraviglioso! Abbiamo fatto il primo Congresso a Roma, nel terzo anniversario della morte di Giovanni Paolo II, il 2 aprile 2008. Il secondo si svolse tre anni più tardi a Łagiewniki, a Cracovia, e poi siamo andati nel 2014 a Bogotá, dove era in corso un tentativo di riconciliazione tra Stato e guerriglia delle Farc con la mediazione della Chiesa. E mentre eravamo a Bogotá, nel 2014, ci è arrivato un messaggio della Chiesa filippina che diceva: "Saremmo molto contenti se il prossimo Congresso si svolgesse da noi nel 2017". Ed eccoci qua!

D. – Cosa significa essere inviati del Papa, lei ha una missione specifica?

R. – C'est manifester l'intérêt que lui, il porte à ce congrès...
Sono qui per manifestare l’interesse che il Papa ha per questo Congresso. A Manila sono giunto col messaggio del Papa sulla misericordia. E sono in un Paese in cui le condizioni della sanità pubblica sono abbastanza catastrofiche e con un presidente della Repubblica che dice non solo che bisogna ristabilire la pena di morte, ma anche uccidere direttamente tutti coloro che creano problemi. Qui ci sono situazioni di violenza incredibili. E sono contento che il Congresso mondiale della misericordia si svolga proprio in questi luoghi di sofferenza…

D. – Quello che è importante è continuare a diffondere questa spiritualità della misericordia là dove le persone hanno bisogno…

R. –  Oui, dans le monde entier! En fait, tout le monde en a besoin...
Sì, nel mondo intero! Tutti ne hanno bisogno e penso che Papa Francesco ci abbia fatto un gran bel regalo con quest’Anno Santo della Misericordia perché è una parola che non utilizziamo molto, bisogna riconoscerlo. Forse per orgoglio, come se si avesse la sensazione di non averne bisogno, quando invece ne abbiamo terribilmente bisogno! Forse perché si pensa che sia una parola un po’ smielata, un po’ dolce, “dei nonni”…non so come dire… Diciamo che la si evita. Quando invece ha una forza biblica straordinaria; e in più è un luogo di dialogo con gli ebrei e con i musulmani... Infatti, vediamo bene che in queste religioni la dimensione della misericordia di Dio è fondamentale ed è dunque importante anche per il dialogo interreligioso.

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Oggi in Primo Piano



Nuove forti scosse nell'Italia centrale: e c'è l'emergenza neve

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Torna la paura del terremoto in Centro Italia. Oggi, a partire dalle 10.25, si sono verificate nuove forti scosse, di magnitudo variabile tra 5.0 e 5.4. L’epicentro è stato localizzato a Montereale, un comune tra l'Aquila e Rieti a soli 10 km da Amatrice: si tratterebbe della stessa faglia del 24 agosto. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, in contatto continuo con la Protezione Civile e il Commissario Errani, ha garantito un ulteriore impegno dell'esercito per garantire la massima presenza nei luoghi già colpiti dal sisma e oggi interessati dalle nuove scosse. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro

Nuove forti scosse, a partire dalle 10.25 di questa mattina, hanno nuovamente riportato la paura del terremoto nel Centro Italia. Le scosse sono state avvertite distintamente su tutta la costa adriatica e anche a Roma, dove per precauzione sono state chiuse le linee metro ed evacuati diversi uffici e scuole. Grande spavento tra la popolazione ad Amatrice, già molto provata della forte nevicata dei giorni scorsi, che ha reso difficile la comunicazione tra i borghi del territorio. E le scosse hanno fatto crollare definitivamente il campanile della Chiesa di Sant'Agostino, già gravemente lesionato dal sisma del 24 agosto e di fine ottobre. Ascoltiamo il commento di mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti:

R. – Io mi trovo a Rieti. Abbiamo sentito distintamente queste scosse, in sequenza… Adesso siamo per strada, con me ci sono tante persone… Le scuole sono state immediatamente evacuate. Stiamo in mezzo a questo freddo, peraltro pungente: il Terminillo è innevato… Ci sentiamo molto vicini alla condizione in cui si trovano ad Amatrice ed Accumoli, che sono sotto un metro abbondante di neve. Loro l’hanno avvertita ancora più distintamente essendo l’epicentro – da quella che si sa – Montereale, che è collocato proprio dietro ad Amatrice. C’è grande concitazione, spavento, che si legge nei volti delle persone… Siamo così, appesi, in attesa di capire se questa sequenza si interromperà o meno…

D. – La situazione è resa anche peggiore da un forte maltempo che sta imperversando nelle vostre zone da diversi giorni…

R. – Sì, certamente la neve non aiuta, perché rende molto più difficile l’azione dei soccorsi ma anche quella in corso rispetto alle tante attività volte alla ricostruzione. Speriamo anzitutto di uscire al più presto da queste scosse e poi anche da questa morsa del gelo.

D. – Quanto è stata grande la paura della popolazione di fronte a queste nuove scosse?

R. – Mi è sembrato di rivivere la mattina del 30 di ottobre, quando alle 7.40 ci fu la scossa di 6.5 con le persone immediatamente in giro, per la città… La differenza è che oggi fa molto più freddo rispetto a quel giorno e che probabilmente un po’ tutti, in cuor nostro, avevamo elaborato l’idea che le cose stessero volgendo al meglio… Invece questa situazione ci fa ripiombare nell’angoscia di quei momenti.

Terrore anche all'Aquila, dove la gente in preda al panico è scesa per strada, nonostante la neve e le temperature molto rigide. Drammatica la situazione dei paesi nelle Marche. Ascoltiamo mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, al microfono di Luca Collodi: 

R. – Le scosse sono sempre molti forti, ci sono anche dei crolli e soprattutto la gente è spaventata. Le notizie arrivano ancora frammentarie perché la neve ha bloccato tante località. Insomma neve e terremoto stanno facendo un miscuglio che scoraggia molto la gente. La gente è fuori, non vuole entrare in casa, è spaventatissima. Sembrava che si potesse riprendere a vivere ma scosse di questo tipo indubbiamente abbattono… Significa che anche i paesi vicini, quindi fino ad Acquasanta, fino ad Ascoli, i danni sono grandi. Vedremo andando sul posto cosa posso dire di più.

Ma ascoltiamo la testimonianza del brigadiere Giuseppe Biondi di Montereale, epicentro del sisma al microfono di Antonella Palermo:

R. - Ci sono criticità importanti su tutto il territorio, ci sono frazioni isolate, tanta neve, il terremoto che continua e quindi la paura di non poter stare in casa. Questa mattina siamo andati a prendere il sindaco che non poteva uscire di casa. Purtroppo in queste situazioni bisogna fare fronte comune. Sta arrivando l’esercito, stiamo riaprendo le strade ma la situazione è critica.

D. - Ci sono feriti?

R. - No, al momento non ci risultano feriti. C’è stato un crollo questa mattina prima del terremoto dovuto però a un carico di neve su una stalla, stavano intervenendo i Vigili del Fuoco… Poi c’è stato il terremoto e la situazione è notevolmente cambiata… Lo scenario di emergenza da affrontare è un altro. Nessuno se ne vuole andare, però affrontare questa situazione è difficile, è veramente difficile.

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Unità dei cristiani: messaggio dei presidenti Ccee e Kek

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“Le molteplici crisi che l’Europa e gli Stati vicini sono chiamati ad affrontare ci avvicinano ancor più”. È quanto scrivono i presidenti del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, card. Angelo Bagnasco, e della Conferenza delle Chiese europee, il rev. anglicano Christopher Hill, in un messaggio congiunto pubblicato in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. 

Costruire ponti attraverso testimonianze e azioni comuni
“Guerre e conflitti, incertezza politica, migrazioni e sfide ecologiche, povertà materiale e spirituale – si legge nel messaggio - toccano le vite di tutti in Europa e oltre. Con queste crisi, tuttavia, giunge anche la speranza. Insieme possiamo testimoniare l’amore di Cristo per la riconciliazione attraverso la salvaguardia del Creato, la solidarietà nei confronti dei poveri e la tutela della dignità del popolo di Dio. Attraverso il dialogo approfondiamo la nostra reciproca conoscenza. Attraverso testimonianze e azioni comuni costruiamo ponti. Attraverso la preghiera impariamo a riconoscere l’opera dello Spirito Santo. La via da seguire può sembrare non sempre chiara o semplice, ma teniamo sempre nel cuore quella verità secondo cui ‘l’amore di Cristo ci spinge’”.

Rinnovare l'impegno per risanare le ferite e superare le divisioni
Nel messaggio i leader dei due organismi europei ricordano quanto “la storia del Cristianesimo in Europa è segnata da dolorosi periodi di divisione, mutua condanna e persino violenza. Mentre alcune Chiese si preparano a celebrare il 500° anniversario dagli inizi della Riforma protestante, ci viene ricordato ancora una volta il nostro difficile passato”. Ma aggiungono: “Ricordare questi eventi e confrontarci con la nostra storia è una preziosa opportunità per rinnovare il nostro impegno nei confronti del risanamento delle ferite e del superamento delle divisioni. Ci rivolgiamo a Cristo, che riconcilia tutti i popoli e il creato con Dio, affinché ci guidi in questo compito. Con umile gratitudine per il dono ricevuto, operiamo per la riconciliazione attraverso le nostre parole e le nostre azioni”.

Imparare a collaborare e a coltivare un significativo dialogo teologico
​Nel messaggio le Chiese europee guardano con gratitudine alla storia del dialogo vissuto fino ad oggi: “Oggi celebriamo altresì la nostra crescita nell’imparare a collaborare e a coltivare un significativo dialogo teologico. Il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa e la Conferenza delle Chiese europee collaborano da 45 anni attraverso il Comitato congiunto in relazione a diverse tematiche d’interesse comune. Anche la condivisione della sofferenza e della gioia terrena ci unisce. La nostra solidarietà nei confronti dei Rom, il nostro impegno per la giustizia ecologica e la preghiera per l’unità all’interno del Corpo di Cristo sono ulteriormente consolidati da questo rapporto”. (R.P.)

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Juncker. Per Brexit negoziati inediti con conseguenze ignote

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Sono “negoziati inediti con conseguenze ancora ignote”. Così il presidente della Commissione europea Juncker all’indomani del discorso sulla Brexit della premier londinese Theresa May. Il primo ministro ha presentato un piano in dodici punti in cui ha anche ribadito l’uscita dal mercato unico, pur mantenendo un accordo di libero scambio con l’Europa. Massimiliano Menichetti ha intervistato Antonio Villafranca, responsabile del programma Europa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale: 

R. - Credo che la premier Theresa May abbia creato più confusione di quanta ne abbia poi effettivamente eliminata, perché dice di voler uscire dal mercato unico, ma di voler avere un nuovo accordo con l’Unione Europea; essenzialmente chiede di creare una grande area di libero scambio. Però, quando si fa un contratto bisogna essere almeno in due, ed entrambi devono essere d’accordo. I leader europei, a partire dalla Merkel, hanno chiarito che o si è dentro il mercato unico o si è fuori. Qual è l’elemento veramente discriminante? È il passaporto finanziario, cioè quello che permette alla City di Londra di essere ancora oggi una delle più grandi piazze finanziarie del mondo, perché le attività finanziarie svolte a Londra, poi danno libero accesso a tutti i Paesi dell’Unione Europea. È evidente che se si esce dal mercato unico il passaporto finanziario viene perso.

D. - Secondo lei, quali sono gli  scenari che si aprono? Mi riferisco alla stabilità interna dell’Europa in vista dei negoziati sulla Brexit…

R. – La negoziazione, e quello che poi ne risulterà, dipenderà  in maniera fondamentale da quelle che sono le prossime scadenze elettorali in Europa. Si vota nei due Paesi principali quest’anno – Francia e Germania -, si voterà in Olanda e vedremo se si voterà anche in Italia. Pensare effettivamente ad un esito della negoziazione della Gran Bretagna che non sia inscritta all’interno di quello che saranno i risultati di queste tornate elettorali è assolutamente impossibile. Ma c’è anche un altro elemento di contesto da considerare che riguarda proprio i problemi interni alla Gran Bretagna stessa: la leader dello Scottish national Party ha già chiarito che la posizione assunta dalla May è contraria agli interessi della Scozia; ha detto chiaramente che non esclude di ricorrere nuovamente ad un referendum per chiedere l’indipendenza della Scozia, referendum che, in questo caso, rischierebbe veramente di vincere.

D. - Da una parte la May tende a voler rafforzare la posizione della Gran Bretagna, polo del mondo, dall’altra parte però c’è tutto il problema europeo che si trova ad affrontare quasi il timore di un effetto dominio, con tutte le variabili che lei ha ricordato delle elezioni …

R. - I leader politici soprattutto dei Paesi più forti dell’Unione Europea, a partire dalla Germania, non vogliono far vedere come un precedente di successo quello britannico, per cui uscendo dall’Unione Europea ci si guadagna. I leader europei hanno già chiarito che una transizione à la cart in cui la Gran Bretagna prende soltanto quello che vuole, non è al momento disponibile.

D. - Comunque bisognerà aspettare l’inizio delle trattative per capire concretamente cosa accadrà …

R. - Fino a quando la notifica non viene formalmente inviata da Westminster a Bruxelles la Gran Bretagna è formalmente un Paese membro dell’Unione Europea.

D. - Perché guardando l’agenda l’avvio delle trattative è previsto verso la fine di marzo e poi due anni per tutto il processo …

R. - Sicuramente questo è quanto prevede l’Articolo 50 del Trattato di Lisbona: due anni dal momento in cui, appunto, viene inviata formalmente la notifica. Altro elemento importante che ha sottolineato la May è che alla fine questo accordo dovrà essere approvato da Westminster - questo vuol dire tra due anni - e non è detto che tra due anni ci sarà la stessa maggioranza. Quindi gli esiti sono totalmente aperti.

D. - Quindi tutto potrebbe annullarsi tra due anni?

R. - Paradossalmente, questa potrebbe essere una delle alternative.

 

Ascolta il dossier sulla Brexit: 

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Nigeria: raid aereo dell'esercito colpisce per errore campo profughi

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In Nigeria almeno 52 persone sono rimaste uccise e altre 120 ferite dopo che un raid aereo dell'esercito ha colpito per errore, un campo profughi di Rann nel nord est del Paese. Lo ha denunciato l'organizzazione Medici Senza Frontiere (Msf). Il Presidente nigeriano Buhari ha ammesso che i suoi aerei militari hanno "accidentalmente" bombardato il campo profughi ed ha espresso vicinanza alle vittime e ai loro familiari. 

Vittime tra i volontari di Msf e Croce Rossa
La Croce Rossa ha comunicato che 6 suoi volontari sono stati uccisi e 13 feriti, Medici senza Frontiere parla di morti e feriti tra i suoi dottori e operatori umanitari. Il governo ha inviato nella regione, isolata e difficile da raggiungere, elicotteri che fanno la spola per cercare di portare via i feriti che potrebbero essere curati nei confinanti Camerun e Ciad, dove sono operativi ospedali da campo e strutture sia di Msf che della Croce Rossa. 

I raid intendevano colpire un campo di Boko Haram
​"Il governo federale – ha detto il Presidente Buhari - sosterrà pienamente il governo dello stato di Borno nell'affrontare la situazione e prestare assistenza alle vittime”. I militari, ha spiegato, intendevano colpire terroristi del  gruppo islamista Boko Haram. Il campo profughi di Rann colpito dal raid aereo era infatti stipato da sfollati costretti ad abbandonare i loro villaggi dalle sanguinarie incursioni dei Boko Haram. Solo negli ultimi sette anni la guerra scatenata dai jihadisti che vogliono introdurre la legge islamica ha provocato oltre 20.000 morti e più di due milioni di profughi. (R.P.)

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Desaparecidos: a Roma ergastoli e assoluzioni per Piano Condor

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C’erano ex alti militari, ex ministri, ex capi di stato di Paesi latinoamericani quali imputati a Roma al processo per il Piano Condor, l’accordo di cooperazione tra le varie intelligence portato avanti, nei decenni ’70 e ‘80, da Paesi quali Bolivia, Argentina, Perù, Cile, Uruguay, Brasile, Paraguay. L’operazione era finalizzata alla eliminazione di qualsiasi tipo di opposizione ai regimi allora al potere, che spesso si avvalsero della complicità di Cia e Fbi. Otto gli ergastoli e 19 le assoluzioni al processo nato dalle denunce dei familiari delle vittime di origine italiana. Secondo gli archivi del ‘Piano Condor’ rinvenuti in Paraguay, gli assassinati sarebbero stati 50 mila, 30mila le persone scomparse, 400mila quelle incarcerate. Francesca Sabatinelli ha intervistato Gennaro Carotenuto, docente di storia contemporanea all’università di Macerata, nonché perito al processo Condor: 

R. – Questa sentenza ha un valore fondamentale perché è la sentenza che, condannando insieme militari e civili di Paesi diversi del Cono Sud, certifica penalmente, storicamente il giudizio è consolidato da molti anni, l’esistenza di questo 'Piano Condor'. Il 'Piano Condor' è un livello superiore a quello della repressione, della violazione dei diritti umani, dei desaparecidos, del terrorismo di Stato all’interno del singolo Stato: è un’organizzazione criminale messa in piedi dalle dittature latino americane, con la supervisione della Cia, degli Stati Uniti, di Henry Kissinger ecc., per liberare l’America Latina dall’opposizione politica alle dittature latino americane.     

D. - E non stiamo parlando di un’opposizione fatta di movimenti rivoluzionari …

R. - No, non lo erano, anzi erano marginali i guerriglieri latino americani. Erano soprattutto militanti politici, militanti per i diritti umani, preti e suore che si riconoscevano nel Concilio Vaticano II, professionisti impegnati, giornalisti, avvocati. Questa internazionale del terrore, che non solo ha fatto sequestri di persona, ma ha anche compiuto attentati, come a Roma, ad esempio, contro un parlamentare democristiano cileno, o come un assassinio, a pochi metri dalla Casa Bianca a Washington, si è chiamata 'Piano Condor' ed è stata organizzata nel corso di quegli anni. Contro questa internazionale del terrore c’è stata questa sentenza che riconosce, dal punto di vista processuale, l’esistenza di questa “associazione a delinquere”, per usare un termine  noto.

D. - Quante furono le vittime di questo asse malefico?

R. - È difficile dare un numero. Ricordo che per quanto riguarda il caso specifico dell'Uruguay, sono molti di più i desaparecidos uruguaiani scomparsi in Argentina che quelli scomparsi in Uruguay, che furono circa una quarantina. Invece in Argentina furono centinaia. E non furono i militari argentini a far sparire gli uruguaiani, no! Furono militari uruguaiani, Troccoli, Gavazzo, che andavano a Buenos Aires, sequestravano, torturavano, assassinavano, evidentemente con la complicità degli argentini. Ma lo facevano gli uruguaiani.

D. - Sembra difficile che chi è uscito condannato possa scontare una pena. È da considerarsi un atto superfluo, in qualche modo, quello della Corte di Assise di Roma?

R. - A chi pensa che queste condanne siano pleonastiche, siano inutili, io ricordo sempre che le vittime, le centinaia, le migliaia e migliaia di vittime di queste persone, non sono potute arrivare in là con gli anni, non hanno potuto conoscere i loro figli, i loro nipoti, non hanno avuto una vita perché sono stati sequestrati, assassinati e torturati. Quindi per quelle organizzazioni per i diritti umani che per 40 anni non hanno mai smesso di chiedere verità e giustizia, questa sentenza è molto importante, così come lo sono state le moltissime sentenze che ci sono state negli ultimi anni, soprattutto nei Paesi dell’America Latina.

D. - Ciò che fa scalpore, o almeno che ha suscitato un po’ la reazione, è stata l’assoluzione di un accusato uruguayano, che tra l’altro vive in Italia e da lei già citato, Jorge Nestor Troccoli ... 

R. - Sì, un militare che tra l’altro molti anni fa aveva scritto perfino un libro intitolato “L’ira del Leviatano” con il quale giustificava il terrorismo di Stato, rivendicando la propria partecipazione a torture, stupri, assassinii, sparizioni di persone, ecc. A Troccoli, a suo tempo, non fu data l’estradizione in Uruguay, dove senz’altro sarebbe stato condannato. Ci sono pochi dubbi sul fatto che lui, purtroppo, sia stato tra i principali terroristi di Stato uruguaiani, ma questa sentenza lo assolve. Io su questo francamente non ho un’idea precisa. Per parafrasare un’altra dichiarazione famosa della storia latino americana: la storia sicuramente non assolverà Troccoli.

D. - È un capitolo chiuso quello del Condor?

R. - Non lo so. Nella forma e nella storia latino americana mi piace pensare di sì, anche se violazioni dei diritti umani continuano ad esserci. Siamo su un crinale: anche il toccare l’autore di un eventuale fatto criminale, andando oltre le leggi, è qualcosa verso il quale bisogna sempre avere attenzione. Decine e decine di associazioni e migliaia di persone hanno affermato che non ci possiamo dimenticare del Condor, dei desaparecidos, perché vogliamo che questo non succeda più in Cile, non succeda più in Argentina, non succeda più in Uruguay. La storia di questi 40 anni di lotta per la verità e la giustizia in America Latina è tutta da riscattare.

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Accordo interpalestinese. Hamas e Fatah verso governo unico

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Le fazioni palestinesi di Al Fatah e Hamas hanno raggiunto un accordo per formare un governo di unità nazionale. Tre giorni di negoziati a Mosca hanno portato all’intesa che consente ora di convocare elezioni unitarie, dopo le ultime del 2006, e risolvere le divisioni tra le due realtà politiche palestinesi, che governano rispettivamente in Cisgiordania, Fatah, e nella Striscia di Gaza, Hamas. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Zouhir Louassini, giornalista esperto di Medio Oriente: 

R. – Andrei con molta calma. I problemi tra Hamas e al- Fatah sono molto profondi; non è solamente una questione di politica, ma anche di ideologie diverse. Al-Fatah è più a sinistra, Hamas è islamista. Certo, c’è una necessità di un accordo, perché altrimenti non si può andare avanti, anche perché di fatto molte volte quando si parla di due Stati pensando ad Israele e Palestina, si dimentica sempre che, in questo momento, stiamo vivendo in tre Stati con tutte le problematiche che già conosciamo.

D. - Proprio in chiave di dialogo con gli israeliani, avere un fronte unitario può consentire, se non altro, l’apertura di un nuovo negoziato?

R. - Il dialogo ha bisogno di un accordo tra i due movimenti palestinesi. Se a questo aggiungiamo anche le chiusure di Netanyahu, non si risolve il problema, ma avremo altre situazioni di difficoltà. Diciamo che il problema serio, reale, in questo momento, è aprire possibilità di dialogo con Israele e questo succede solamente se tutti i movimenti palestinesi sono d’accordo.

D. - Questa intesa tra i palestinesi rilancia il ruolo della Russia, all’interno della situazione mediorientale?

R. - Conferma che in quella zona, in questo momento, l’unico attore che sta facendo qualcosa è la Russia. Se questo accordo va avanti confermerà la leadership della Russia, per l’abbandono degli europei e degli americani.

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Terra Santa. Pizzaballa: ci sono segni di morte fisica e etica ovunque

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“Ci sono segni di morte dovunque e in tutte le forme di violenza di cui siamo testimoni. Non solo di morte fisica ma anche etica. Conosciamo bene la violenza che strappa le vite in questa Terra, santa e difficile”: dalla basilica del Santo Sepolcro, l’amministratore apostolico per il patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, ha invitato a contrastare la cultura di morte affidandosi alla Resurrezione di Cristo. 

I cristiani devono imparare a essere testimoni della vita che è più potente della morte
Celebrando questa mattina a Gerusalemme con il Coordinamento dei vescovi di Terra Santa - riporta l'inviato dell'agenzia Sir - l’arcivescovo ha ribadito che proprio “da questo Luogo i credenti cristiani devono imparare a essere testimoni della vita che è più potente di ogni forma di morte. L’esperienza del male e della sofferenza è qualcosa che rimane nella vita ma che non ha più la forza di stringerci. Restiamo nella speranza – ha concluso – e torniamo a casa con grande umiltà perché non esiste sfida più grande che camminare nella luce del Risorto”. 

Lavorare per la Terra Santa e per le pietre vive che la abitano
Al termine della Messa, il moderatore del Coordinamento, il vescovo Declan Lang, ha ringraziato mons. Pizzaballa e ribadito l’impegno di tutti i presuli, una volta rientrati nelle rispettive nazioni, di lavorare per la Terra Santa e per le pietre vive che la abitano. (R.P.)

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L'insegnamento della religione è apprezzato dagli studenti italiani

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L'ora di religione cattolica nelle scuole è scelta dall'88% degli studenti italiani, che esprime "elevate percentuali di gradimento". E' quanto emerge dalla quarta indagine nazionale sull'insegnamento della religione cattolica, edita dalla Elledici, e presentata ieri a Roma da mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei. Alessandro Guarasci: 

L'insegnamento della religione è apprezzato dagli studenti. L'indagine nazionale ha coinvolto 3.000 insegnanti di religione e oltre 20.000 studenti. C'è stato un calo di adesioni nel corso degli anni, ma molto contenuto. Particolarmente significativi i dati sulla multi-religiosità degli studenti: il 91,7% dei docenti di questa materia nella scuola statale e il 56,8% di quella cattolica hanno in classe alunni appartenenti ad altre confessioni religiose, che pure frequentano le loro lezioni. A volte, però, questo insegnamento, sembra essere sottovalutato da una parte della società, dice il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino:

“Diciamo che, da questo punto di vista, l’insegnamento della religione cattolica purtroppo si porta con sé un po’ il clima nel quale noi viviamo: un clima fortemente ideologizzato, nel quale sembra che sia obbligatorio buttare all’aria tutto, sembra che sia obbligatorio e faccia tendenza dire no a tutto quello che semmai finora aveva funzionato. Quindi da questo punto di vista, purtroppo, c’è questo atteggiamento di supponenza da parte di alcuni”.

Tra i punti di forza dell'insegnamento della religione il 67% degli insegnanti pensa che attraverso questa materia si riescano a dare risposte alle domande di senso degli studenti; e più del 57% ritiene che in questo modo si favorisca il confronto tra culture. Tra i punti di debolezza, il fatto che troppo spesso questo insegnamento è confuso con la catechesi, anche se oramai il 96% dei docenti è fatto da laici. Ancora mons. Nunzio Galantino:

“Non è nelle finalità dell’insegnamento della religione cattolica, nelle scuole pubbliche italiane, far catechismo: l’insegnamento della religione cattolica – ripeto – è un insegnamento che si inserisce a pieno titolo nelle finalità della scuola; si inserisce a pieno titolo nella situazione culturale della società italiana”.

E questa materia piace ai ragazzi: in una scala da 1 a 10, la valutazione degli studenti non è ai scesa sotto l'8.

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Messico: vescovo di Cancun chiede preghiere per stato d'emergenza

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Dinanzi alla proclamazione dello "stato d’emergenza" a Cancun, Quintana Roo (Messico), dopo alcuni episodi di violenza, mons. Pedro Pablo Elizondo Cárdenas, vescovo della prelatura territoriale di Cancún-Chetumal, ha invitato le autorità a "mantenere la pace e garantire la sicurezza alla popolazione, salvaguardare la vita e garantire la protezione della popolazione e dei turisti".

Invito ai cattolici a pregare per la pace e la riconciliazione in Messico
Nella nota ripresa dall'agenzia Fides, il vescovo invita i cittadini a "rispettare le regole di sicurezza e a rimanere in casa. Ascoltare le autorità competenti e prestare attenzione ai comunicati delle autorità riguardo alla situazione". Alla fine invita "tutti i cattolici ad offrire la loro preghiera personale e familiare con un'intenzione speciale per la pace e soprattutto durante il grande silenzio dopo la comunione, a pregare insieme per la pace e la riconciliazione in Messico".

Stato di emergenza dopo attacco di una gang all'ufficio del procuratore generale
Dalla stampa locale si apprende che a Cancun una decina di uomini armati, forse membri di gang locali, lunedì 16 gennaio ha aperto il fuoco contro l'ufficio del procuratore generale. La polizia arrivata sul posto ha risposto al fuoco e secondo le prime informazioni un impiegato della procura e tre uomini armati sono rimasti uccisi. Il sindaco di Cancun, su Twitter, ha detto: "L'attacco contro l'ufficio del procuratore generale dello Stato è inaccettabile” e ha invitato i cittadini alla calma. Le autorità "stanno applicando rigidi protocolli per controllare la situazione e prendere i responsabili".

Diversi atti di criminalità in altre parti di Cancun
Quasi contemporaneamente si sono registrati colpi d'arma da fuoco in altre parti della città, la cui matrice non è chiara. L'attacco all’ufficio del procuratore è stato effettuato all’indomani della sparatoria in una discoteca vicino a Playa del Carmen, che ha lasciato cinque morti. (C.E.)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 18

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.