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Sommario del 01/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa al Clero: pensate in grande, vagliate vocazioni non per riempire posti vuoti

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Guardare sempre in alto e pensare in grande: l’invito di Papa Francesco a tutti i sacerdoti, specie i preti giovani, rivolto durante l’udienza - stamani - ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero. Il servizio di Roberta Gisotti. 

Chi riceve il “grande dono del ministero ordinato” ha davanti “una strada affascinante e insieme esigente”, ha ricordato Francesco, richiamando la necessità di una formazione integrale, così come indicato nel recente documento Ratio Fundamentalis. E, riflettendo sul “fascino della chiamata” e le “esigenze impegnative” che comporta, il Papa si è soffermato in particolare sui “giovani preti”, “che vivono la gioia degli inizi del ministero e, insieme, ne avvertono il perso”.

“Il cuore di un giovane prete vive tra l’entusiasmo dei primi progetti e l’ansia delle fatiche apostoliche, nelle quali si immerge con un certo timore, che è segno di saggezza”.

Sulle sue spalle iniziano a gravare le “responsabilità”, i “numerosi impegni pastorali” e le “attese del Popolo di Dio”. Allora “Come vive tutto questo un giovane prete? Che cosa porta nel cuore?

“Di che cosa ha bisogno perché i suoi piedi, che corrono a portare il lieto annuncio del Vangelo, non si paralizzino davanti alle paure e alle prime difficoltà?”

Anzitutto – ha osservato il Papa - non etichettiamo i giovani come “generazione liquida, priva di passioni e di ideali”. Se “ci sono giovani fragili, disorientati, frammentati o contagiati dalla cultura del consumismo e dell’individualismo”, questo non ci impedica di guardare ai giovani “creativi e fantasiosi, coraggiosi nel cambiare”, capaci di “spendersi per gli altri o per ideali” come “solidarietà”, “giustizia” e “pace”.

Quindi l’invito di Francesco a guardare ai preti giovani, illuminati dalla Parola di Dio:
“Ecco quello che vorrei dire ai sacerdoti giovani: voi siete scelti, siete cari al Signore!”

Poi una considerazione:
“Com’è importante che i preti giovani trovino parroci e vescovi che li incoraggiano in questa prospettiva, e non solo li aspettano perché c’è bisogno di ricambio e di riempire posti vuoti!”

Dunque un serio richiamo a verificare l’autenticità della loro vocazione e non lasciarli mai soli:
“…se tu vescovo, sai che nella lista delle chiamate che ti lascia il tuo segretario o la tua segretaria, ha chiamato un prete e tu hai l’agenda piena, quello stesso giorno, alla sera o il giorno dopo – non di più – richiamalo al telefono e digli come sono le cose, valutate insieme, se è urgente, non urgente … Ma l’importante è che quel prete sentirà che ha un padre, un padre vicino…”

Infine tre raccomandazioni a tutti i sacerdoti specie ai preti giovani:
“pregare senza stancarsi, camminare sempre e condividere con il cuore”.

“Pregare senza stancarsi”, a costo di addormentarsi per la stanchezza davanti al Tabernacolo:
Ma addormentati, che al Signore piace quello! Ma stai lì, davanti a Lui”.

“Camminare sempre perché un prete non è mai ‘arrivato’”:
“Perciò, aggiornarsi sempre e restare aperti alle sorprese di Dio!”

Combattere “il tarlo dell’autoreferenzialità”, “stare in rete”, senza “fissarsi nei propri schemi”.“Condividere con il cuore”, perché la vita sacerdotale “non è un ufficio burocratico di pratiche religiose o liturgiche da sbrigare.”:
"Abbiamo parlato tanto del 'prete burocrate' - no? - sul clerico di Stato e non il pastore del popolo …"

Ha quindi concluso Francesco:
“…vivere la vita sacerdotale guardando in alto e pensando in grande”.

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Card. Stella: giovani sacerdoti nel cuore del Papa, formazione sia integrale

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Subito dopo l’udienza con il Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il Clero. Il porporato si sofferma in particolare sulla Ratio fundamentalis, il documento sulla formazione sacerdotale approvato nel dicembre scorso, e sulle parole rivolte da Francesco ai giovani sacerdoti: 

R. – Il concetto di fondo di questo documento del dicembre scorso è proprio questo: la unitarietà, cioè la formazione dei preti incomincia quando sono chierichetti – per intenderci – e va avanti fino al momento in cui il Padre Eterno ci chiama all’altra riva della vita! Una formazione, che è iniziale nel tempo del seminario, e poi è permanente nel tempo della vita sacerdotale. Abbiamo voluto dire ai vescovi e ai formatori: prendete sul serio questo impegno, perché oggi davanti alla Chiesa e davanti alla società, per presentare il prete con un impegno definitivo, con un impegno che va in profondità nella sua vita, occorre che ci sia una buona selezione, una buona formazione, un giusto discernimento al momento della chiamata agli ordini e poi un accompagnamento proprio nel tempo del ministero sacerdotale. Insistiamo molto sul fatto che la formazione debba essere continua, integrale; l’accento della Ratio fundamentalis – direi – non è intellettuale o accademica, ma è umana e spirituale. Oggi occorre procedere gradualmente, occorre procedere con discernimento: questa parola molto cara al Santo Padre è un po’ la chiave che illumina tutto il processo di formazione.

D. – Nell’udienza ai membri della Congregazione, il Papa ha messo molto l’accento sui giovani e in particolare sui giovani sacerdoti …

R. – Con gratissima sorpresa nostra! Si capisce che il Papa vede, sente, ascolta le aspettative di questa gioventù presbiterale che ha bisogno di una parola di sostegno, di incoraggiamento, di comprensione, di affetto. Il Papa l’ha fatto anche oggi, veramente con grande cuore. Sembrava che li avesse davanti, leggesse loro il cuore, le aspettative … Ha detto: “Pregate, camminate, siate creativi, non abbiate timore anche delle novità”. Poi: “Abbiate un cuore che ha passione, che ha compassione, che ascolta”. Mi ha fatto proprio piacere ascoltare il Papa che ha parlato ai giovani preti. C’era forse anche un’aspettativa: il Papa parla spesso ai sacerdoti, è esigente, chiede … I giovani preti, è un po’ quella comunità presbiterale che ha bisogno di un particolare sostegno da parte del Papa e soprattutto dei loro vescovi, dei loro pastori.

D. – Sull’urgenza della formazione sacerdotale, a pochi mesi poi dalla promulgazione della Ratio fundamentalis, quali sono secondo lei gli spunti che più l’hanno toccata, che il Papa le ha dato?

R. – Io penso che se il giovane seminarista, il giovane che è candidato agli ordini, si apre, allora la formazione non è dare una dottrina: è presentare la Persona di Gesù. Importantissimo per la formazione è che il cuore del giovane veramente si apra a questa formazione. E qui è il punto più delicato: perché un giovane può restare in seminario sei anni, otto anni e vivere sempre in superficie. Il punto fondamentale è che il giovane senta che aprendo il cuore, riesca a maturare un’amicizia profonda con Gesù, riesce a crescere nella sua maturità umana, nella sua spiritualità. Se la formazione ha toccato in profondità soprattutto gli aspetti umani, non solo quelli intellettuali o accademici, se c’è stata una conversione del cuore, una conversione della sua vita a Gesù, io penso che il progetto sacerdotale non debba spaventare. Il Papa ci parla tanto di speranza: quante omelie, quante catechesi ha dedicato alla speranza! Credo che tocchi veramente il cuore per dirci: “Via allo scoraggiamento, via allo sconforto, via il pessimismo!”. Affidiamoci al Signore, alla scuola del Vangelo, a questo Gesù che in fondo ci dice: “Sono con voi”. Sono con voi … Il Papa oggi insisteva molto sulle chiamate ai giovani: nella Bibbia, quante chiamate ai giovani! Perché lì è la gioventù che ha sogni, che ha progetti, che ha speranze, che ha idee e credo che lì si inserisca proprio la chiamata sacerdotale.

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Francesco: famiglia lievito che aiuta a far crescere mondo più umano

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“L’Europa continui ad avere come suo tesoro più prezioso la famiglia”. Così il Papa oggi, ricevendo nella Sala Clementina in Vaticano, i partecipanti all’Incontro promosso dalla Federazione Europea delle Associazioni Familiari Cattoliche (FAFCE). Nel ventennale dalla fondazione, Francesco ha ribadito che “la famiglia è la cellula fondamentale della società”. 

 

Famiglia lievito per il mondo
Parlando alla giovane Federazione, che riunisce associazioni di 14 Paesi europei, il Santo Padre ha sottolineato che la famiglia è “lievito che aiuta a far crescere un mondo più umano, più fraterno, dove nessuno si senta rifiutato o abbandonato”.

Il dono, la bellezza, la gioia
Lodando il lavoro della Federazione riassunto “nel servizio integrale alla famiglia”, ha richiamato il suo intervento alle Autorità dell’Unione Europea, in occasione del 60.mo anniversario dei Trattati di Roma, e passaggi dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia, sottolineando che la famiglia rende “concreto il dono attraverso la bellezza e la gioia dell’amore reciproco”.

Famiglia cardine per bene comune e pace
Per il Papa “non c’è migliore alleato per il progresso integrale della società che favorire la presenza di famiglie nel tessuto sociale”. L’unità di “tutti i membri della famiglia e l’impegno solidale” con “l’intera società” sono alleati - ha detto - del bene comune e della pace, anche in Europa”.

La cultura dell'incontro
La famiglia è “comunione di persone” e questo per Francesco consente l’esperienza e l’inserimento nella grande “famiglia umana” in cui centrale è la sfida di una “cultura dell’incontro”. Lo stile familiare che voi vi proponete di diffondere non è soggetto ad alcuna ideologia contingente, ma si basa sulla inviolabile dignità della persona. Ed è in base a tale dignità - ha proseguito - che l’Europa potrà essere realmente una famiglia di popoli”.

Le quattro crisi dell'Europa
Quattro crisi – secondo il Papa – oggi attraversano il Vecchio Continente: “quella demografica, quella migratoria, quella lavorativa e quella educativa”. La risposta a queste sfide, anche “all’inverno demografico” è ancora una volta nella famiglia modello di operatività, testimone di “unità nella diversità” e di “dialogo”. Per il Papa non bisogna “nascondere” la propria “identità cristiana” ed è importante che le famiglie escano da se stesse per “incontrare gli altri”.

L’alleanza tra le generazioni
Centrale il legame tra le generazioni: memoria, presente e futuro. “Il vostro servizio alla sacralità della vita - ha evidenziato - si concretizza nell’alleanza tra le generazioni; nel servizio a tutti specialmente ai più bisognosi, alle persone con disabilità, agli orfani; si concretizza nella solidarietà con i migranti; si concretizza nella paziente arte di educare che vede ogni giovane come soggetto degno di tutto l’amore familiare; si concretizza nel diritto alla vita del nascituro che ancora non ha voce; si concretizza in condizioni di vita degne per gli anziani”.

L'incoraggiamento
Infine l’incoraggiamento “a sviluppare con creatività nuovi metodi e risorse” per essere sia nell’ambito ecclesiale sia in quello civile “sostegno alle nuove generazioni”, accompagnamento e guida “nel cammino di ogni giorno”.

 

Ascolta il servizio:  

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Papa: no a fede ideologizzata, annunciare Cristo anche tra le persecuzioni

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Predicazione, persecuzioni, preghiera. Nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, Papa Francesco si è soffermato su questi tre punti per descrivere la vita dell’Apostolo Paolo. Il Pontefice ha messo l’accento sull’esempio che, anche oggi, ci offre l’Apostolo delle Genti: annunciare il Vangelo tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni del Signore. Il servizio di Alessandro Gisotti: 

“La vita dell’Apostolo Paolo è una vita sempre in moto”, difficile – ha detto il Papa – “pensare Paolo a prendere il sole su una spiaggia, riposandosi”. E’ un uomo, ha soggiunto, “che sempre era in moto, in movimento”. Il Pontefice si è soffermato sul passo odierno degli Atti degli Apostoli per mettere l’accento proprio sulle “tre dimensioni” di questa “vita di Paolo in movimento, sempre in cammino”.

San Paolo, una vita sempre in moto per annunciare Cristo
La prima, ha affermato, “è la predicazione, l’annunzio”. Paolo, ha commentato, “va da una parte all’altra ad annunziare Cristo” e “quando non predica in un posto, lavora”:

“Ma quello che fa di più, è la predicazione: quando è chiamato a predicare e ad annunziare Gesù Cristo, è una passione la sua! Non è seduto davanti alla sua scrivania: no. Lui sempre, sempre è in moto. Sempre portando avanti l’annuncio di Gesù Cristo. Aveva dentro un fuoco, uno zelo … uno zelo apostolico che lo portava avanti. E non si tirava indietro. Sempre avanti. E questa è una delle dimensioni, che gli porta difficoltà, davvero”.

Con il sostegno dello Spirito Santo è possibile affrontare le persecuzioni
La seconda dimensione di questa vita di Paolo, ha proseguito, sono appunto “le difficoltà, più chiaramente le persecuzioni”. Nella Prima Lettura odierna, ha detto, leggiamo che tutti sono uniti nell’accusarlo. Paolo va a giudizio, perché lo ritengono “un perturbatore”:

“E lo Spirito ispirò a Paolo un po’ di furbizia e sapeva che non erano ‘uno’, che fra loro c’erano tante lotte interne, e sapeva che i sadducei non credevano nella Risurrezione, che i farisei ci credevano … e lui, un po’ per uscire da quel momento, disse a gran voce: ‘Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei. Sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dai morti’. Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l’assemblea, perché i sadducei non credevano … E questi, che sembravano essere ‘uno’, si sono divisi, tutti”.

Costoro, ha commentato, “erano i custodi della Legge, i custodi della dottrina del Popolo di Dio, i custodi della fede”, “ma uno credeva una cosa, uno l’altra”. Questa gente, ha ammonito, “aveva perso la Legge, aveva perso la dottrina, aveva perso la fede, perché l’avevano trasformata in ideologia”, “lo stesso la dottrina”.

La forza di San Paolo è la preghiera, l’incontro con il Signore
San Paolo dunque, ha rammentato il Papa, “ha dovuto lottare tanto” su questo. La prima dimensione della vita di Paolo, ha ripreso, “è l’annuncio, lo zelo apostolico: portare avanti Gesù Cristo”, “la seconda è: soffrire le persecuzioni, le lotte”. Infine, la terza dimensione: la preghiera. “Paolo – ha detto il Pontefice – aveva questa intimità con il Signore”:

“Gli veniva accanto tante volte. Una volta lui dice che è portato quasi al settimo cielo, nella preghiera, e non sapeva come dire le cose belle che aveva sentito lì. Ma questo lottatore, questo annunciatore senza fine di orizzonte, sempre di più, aveva quella dimensione mistica dell’incontro con Gesù. La forza di Paolo era questo incontro con il Signore, che faceva nella preghiera, come è stato il primo incontro sul cammino per Damasco, quando andava a perseguitare i cristiani. Paolo è l’uomo che ha incontrato il Signore, e non si dimentica di quello, e si lascia incontrare dal Signore e cerca il Signore per incontrarlo. Uomo di preghiera”.

Questi, ha riaffermato, “sono i tre atteggiamenti di Paolo che ci insegna questo passo: lo zelo apostolico per annunciare Gesù Cristo, la resistenza – resistere alle persecuzioni - e la preghiera: incontrarsi con il Signore e lasciarsi incontrare dal Signore”. E così, ha affermato, Paolo andava avanti “fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni del Signore”. “Che il Signore ci dia la grazia – ha concluso il Papa – a tutti noi battezzati, la grazia di imparare questi tre atteggiamenti nella nostra vita cristiana: annunziare Gesù Cristo, resistere” alle persecuzioni “e alle seduzioni che ti portano a staccarti da Gesù Cristo, e la grazia dell’incontro con Gesù Cristo nella preghiera”.

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Morte Card. Husar. Papa: ammirazione per tenace fedeltà a Cristo

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Cordoglio di Papa Francesco per la morte del cardinale ucraino Lobomyr Husar, arcivescovo maggiore emerito di Kyiv-Halyč, morto ieri all’età di 84 anni. In un telegramma indirizzato a Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, il Pontefice ha ricordato lo straordinario impegno del porporato per la “rinascita della Chiesa Greco-cattolica ucraina”. Ricordo, si legge nel testo, “la sua tenace fedeltà a Cristo, nonostante le privazioni e le persecuzioni contro la Chiesa, come anche la sua feconda attività apostolica per favorire l’organizzazione dei fedeli greco-cattolici discendenti dalle famiglie forzatamente trasferite dall’Ucraina occidentale”, nonché “il suo sforzo di trovare vie sempre nuove di dialogo e di collaborazione con le Chiese ortodosse”.

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Tweet Papa: grazie a genitori che vanno avanti anche se cadono tante volte

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“Ringrazio Dio per i genitori che cercano di vivere nell’amore e vanno avanti anche se cadono tante volte lungo il cammino”, così oggi Papa Francesco in un tweet dedicato alla Giornata mondiale dei genitori, che si celebra il primo giugno di ogni anno. La ricorrenza è stata proclamata dalle Nazioni Unite nel 2012 come segno di apprezzamento per l’impegno disinteressato per i bambini profuso dai padri e dalle madri di tutto il mondo. Per un commento sulle parole del Papa e le sfide che vivono oggi i genitori, Marco Guerra ha intervistato il sociologo Pietro Boffi, membro dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della famiglia e ricercatore del Centro Internazionale Studi Famiglia: 

R. – Mi hanno dato un brivido queste parole, perché iniziano dicendo: “Ringrazio Dio”. Cercare di mettere insieme – si usa dire così – il difficile compito dei genitori e di ringraziare Dio per quello che stanno facendo vuol dire avere un tratto di umanità calda nei confronti delle persone che vivono battaglie e difficoltà quotidiane nel loro ruolo molteplice, di educatore dei propri figli, di partner col proprio coniuge e spesso e volentieri di difficoltà anche di tipo sociale o economico. Quindi questo approccio di Papa Francesco mi sembra un’ennesima dimostrazione della sua vicinanza al concreto, al quotidiano delle persone a cui si rivolge.

D. – Oggi i genitori vivono tante difficoltà diverse: dalla crisi economica, alla sfida educativa dei figli. Come possono affrontare al meglio questo percorso comune?

R. – Oggi ci sono queste difficoltà che sono quelle di oggi. Non nascondo che secondo me da ci sono sempre state difficoltà tra le generazioni, tra i genitori e i figli… Penso alla contestazione, al l’68. La risposta sicuramente non corretta alle difficoltà di oggi da parte anche dei genitori è quella di dare le dimissioni, di rinunciare con troppa facilità talvolta al ruolo di dare indicazioni, di segnare una strada verso una via che è una via che sa distinguere tra le cose negative e le cose positive. Quindi direi che la prima cosa è non dare le dimissioni. La seconda è non rinchiudersi nello slogan, nella leggenda metropolitana che fare i genitori è il mestiere più difficile del mondo, perché non è un mestiere, non è un discorso di avere competenze di tipo pedagogico. Fare il genitore è l’essenza dell’umanità della persona nel senso che è quello che crea il continuum dell’umanità. Quindi non rinchiudiamo l’idea dell’essere genitori sotto una professione. Mettiamoci dentro piuttosto la nostra umanità, la nostra umanità più profonda.

D. – Come è cambiato, se è cambiato, il ruolo dei genitori in questi ultimi decenni?

R. – E’ cambiato soprattutto il contesto sociale all’interno del quale si fa i genitori. Un tempo vi era un tessuto sociale che favoriva l’aspetto dell’autorità, un certo controllo sociale e una certa spinta educativa nei confronti dei minori. Questo è venuto a mancare decisamente. Noi siamo e operiamo in un tessuto sociale che è molto più ampio, molto più ricco ma anche molto più sfilacciato e indubbiamente questo ha reso più difficile l’intervento dei genitori. Non lo ha reso impossibile. Bisogna sapersi accollare queste sfide e capire che laddove c’è meno aiuto da parte del tessuto sociale, serve maggiore impegno personale, un impegno di giocarsi personalmente di più nella relazione con i figli.

D. – Il Papa accenna alle cadute lungo il cammino. Oggi i genitori come coppia possono rialzarsi ma non sempre è possibile farlo da soli. Chi può aiutare loro?

R. – Io direi che quasi mai è possibile farlo da soli. Il discorso è che una famiglia oggi può davvero rialzarsi, una coppia di genitori, se riesce a mantenere buone relazioni con il tessuto circostante. Sto pensando, anche per quanto riguarda il nostro mondo ecclesiale e il tessuto delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre comunità cristiane… Quando poi vi sono crisi più conclamate, noi come Chiesa cattolica, ormai dalla metà degli anni ’70 c’è una Rete, un reticolo di consultori famigliari che hanno come primissimo compito quello della coppia, quello di rinsaldare le relazioni, con la professionalità dei consulenti. Diciamo che c’è addirittura in ambito ecclesiale, quella di “retrouvaille”: il ritrovarsi di coppie che hanno subito crisi durissime e che sono riuscite a rimettersi insieme e che ora fanno ora gli operatori, fanno loro le persone che aiutano le coppie in crisi. Hanno un tasso di riuscita elevatissimo. Perché? Perché sono testimoni credibili.

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Le udienze di Papa Francesco

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Le udienze di Papa Francesco. Consulta il Bollettino della Sala Stampa qui.
 

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Oggi in Primo Piano



L'accordo sul clima di Parigi a rischio senza gli Usa

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A rischio gli accordi sul clima di Parigi del 2015. Per questa sera è attesa la decisione del presidente, Donald Trump, sul futuro ruolo degli Stati Uniti nell’intesa. Indiscrezioni di stampa danno per certa l’uscita di Washington, ma l’amministrazione americana resta divisa sul tema e non si escludono alternative. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Matteo Màscia, esperto di ambiente e inquinamento della Fondazione Lanza di Padova: 

R. – La preoccupazione ha due dimensioni. Una ovviamente riguarda la politica multilaterale di interazione; è uno schiaffo alla politica multilaterale internazionale che a Parigi aveva dato un segno importante di rafforzamento e di ripresa. Non dimentichiamoci che erano 20 anni che si cercava un accordo così importante. Quindi questo ovviamente è un indebolimento. L’altra dimensione riguarda l’indebolimento sul fronte della lotta al cambiamento climatico. È chiaro che se gli Stati uniti non confermano il proprio impegno, che con Obama era quello di ridurre del 26-28 percento le emissioni di gas serra entro il 2025 – gli Stati Uniti sono il quinto Paese al mondo per emissioni globali –, è chiaro che il loro contributo è significativo.

D. - Forse non c’è la percezione esatta del rischio che l’ambiente il clima terrestre stanno correndo. I tempi di aggravamento sono sempre più veloci …

R. - Sì, questo è quello che la scienza sostanzialmente ci dice. Dietro la scelta del presidente americano di negare il fatto che cambiamento climatico sia dovuto alle attività umane, c’è un fronte ideologico probabilmente; dall’altro c’è un problema invece di comprensione, di percezione degli effetti del cambiamento climatico che per esempio nei nostri Paesi si svolgono in modo ancora limitato, contenuto rispetto ad altre realtà. Da noi ancora non c’è un collegamento diretto tra peggioramento della qualità della vita, qualità dell’aria, rischi, cambiamento climatico ed emissioni di CO2.

D. - I problemi climatici poi influiscono pesantemente su tante altre emergenze globali …

R. - Assolutamente. Ormai siamo sempre più consapevoli che il cambiamento climatico è un amplificatore di minacce e di effetti negativi come per esempio la siccità, effetti sulla produzione agricola, quindi un problema di inquinamento e di impatto sulla salute. Certo, dipenderà anche da cosa faranno gli altri grandi Paesi; cosa farà la Cina, cosa farà l’India che sono gli altri grandi Paesi  investitori. Bisognerà vedere se il movimento politico ma anche l’economia che si è ormai attivata sul fronte della produzione delle energie rinnovabili, sarà capace di dare una risposta positiva nella direzione di ridurre concretamente le emissioni.

D. - Ci sono iniziative di sensibilizzazione su questi temi?

R. - Assolutamente. Per esempio la prossima settimana a Bologna in occasione del “G7 ambiente” la Focsiv organizza un importante giornata di studio e di approfondimento sul disinvestimento delle fonti fossili e coinvolge un numero significativo di realtà ecclesiali italiane che intendono impegnarsi per spostare i propri investimenti dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. E lo fa insieme al Forum della finanza sostenibile, e quindi con una serie di operatori di finanza che sono attenti proprio ad indirizzare scelte ed investimenti in relazione verso la riduzione dell’impatto ambientale, nello specifico nella riduzione delle emissioni di CO2. Questo per esempio è un appuntamento molto importante in cui la  Chiesa italiana porta il proprio contributo non solo sul fronte della sensibilizzazione ma anche dell’azione concreta.

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Iraq: da Acs, un libro dedicato a p. Ragheed Ganni, ucciso 10 anni fa

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“Un sacerdote cattolico nello Stato Islamico. La storia di padre Ragheed Ganni”: è il titolo del libro di padre Rebwar Audish Basa, dedicato al sacerdote iracheno ucciso dieci anni fa a Mosul. La presentazione oggi a Roma, nella sede di Aiuto alla Chiesa che Soffre. C’era per noi, Giada Aquilino

Era “un sacerdote cattolico nello Stato islamico” padre Ragheed Ganni, iracheno, ucciso da uomini armati il 3 giugno 2007 a Mosul. Sono passati 10 anni, l’Iraq ancora vive la violenza jihadista ma non dimentica. Così un altro sacerdote iracheno, padre Rebwar Audish Basa, allievo a Baghdad di padre Ganni e suo amico, decide di scrivere un libro, per ricordare con Aiuto alla Chiesa che Soffre la figura di quello che fu il segretario del vescovo di Mosul, mons. Faraj Rahho, anch’egli ucciso in Iraq, e il parroco della chiesa dello Spirito Santo. Fu proprio la Fondazione pontificia, con i suoi benefattori, ad offrire al giovane Ragheed una borsa di studio per completare la propria educazione a Roma: dopo, nonostante fosse già scoppiata la guerra, padre Ganni decise di tornare in patria, per svolgere la propria missione in una terra di persecuzione, misurandosi più volte con la crudeltà e le minacce degli islamisti nei confronti delle comunità cristiane locali, fino alla morte. Ce ne parla l’autore del volume, padre Rebwar Audish Basa:

R. - Era un giovane sacerdote iracheno e, prima di essere ucciso, i suoi assassini gli chiesero: “Ti abbiamo detto di chiudere la chiesa. Perché non l’hai chiusa?”; lui rispose: “Non possiamo chiudere la casa di Dio”. È stato ucciso perché la sua colpa era quella di appartenere ad una minoranza cristiana in Iraq, cioè era un cristiano iracheno. Quando gli hanno sparato, i proiettili hanno colpito, trapassandolo, anche il documento che aveva con sé: sono entrati dal lato in cui c’era scritto “Repubblica dell’Iraq” e sono usciti dall’altro lato, dove c’era scritto “cristiano”. Hanno, dunque, intaccato anche questa identità cristiana.

D. - Cosa significa servire Dio in un Paese in cui - come scriveva padre Ganni - la violenza continua a uccidere ogni giorno?

R. - Vuol dire vivere il Vangelo. Questa è la nostra missione, che non è essere al sicuro ma rischiare la nostra vita per predicare il Vangelo. Ho voluto che anche il titolo fosse “Un sacerdote cattolico nello Stato islamico”: ci minacciano, fanno attentati, ma don Ragheed era una minaccia per loro, contro i loro progetti di odio. Don Ragheed ha testimoniato fino alla fine come si può essere uno strumento di pace, di riconciliazione, di speranza per un Paese distrutto da tante guerre. Il sacerdozio di Cristo che lui portava, non voleva fosse umiliato: e questo lui lo disse in una sua preghiera, scrivendo “affinché io sia capace di non permettere a nessuno di umiliare il Tuo sacerdozio che io testimonio”. E questa preghiera la scrisse dopo il funerale di un altro sacerdote ucciso nel 2006 in Iraq.

D. - Cosa vuol dire essere cristiani oggi in Iraq? Qual è la situazione a Mosul?

R. - Ci fa ricordare le nostre radici. La Piane di Ninive è stata liberata già da qualche mese, però la città di Mosul ancora non lo è del tutto, diciamo al 90 per cento. Il centro storico è controllato dall’Is e l’esercito iracheno sta avanzando. Però ci sono tanti cittadini intrappolati in tutto questo conflitto, perché i jihadisti del’Is si proteggono usando i civili, i bambini, la gente. Quindi si combatte ancora. Penso che tutto questo finirà, però l’ideologia resta. Dunque dobbiamo fare il contrario di quello che fa l’Is: se loro distruggono, noi dobbiamo ricostruire; se loro dividono, noi dobbiamo unire; se loro invitano all’odio, noi dobbiamo vivere l’amore, il perdono e la riconciliazione.

D. - Il Papa parla dei martiri cristiani di oggi, che sono più di quelli di ieri, evocando "l’ecumenismo del sangue". Come li rappresenta padre Ganni?

R. - Papa Francesco, in una preghiera dedicata ai nuovi martiri a San Bartolomeo all’Isola, ha indossato la stola che don Ragheed indossava mentre serviva a Mosul. È una stola rossa, che ci riferisce anche del suo martirio. Il Papa ha onorato don Ragheed, la Chiesa in Iraq e tutti i nuovi martiri che hanno versato il loro sangue per la fede.

Con la prefazione del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che incontrò il sacerdote quando era nunzio apostolico in Iraq, il libro è anche il frutto del continuo impegno nel Paese del Golfo di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Una delegazione di Acs nel marzo scorso era in visita nel villaggio natale di padre Ganni, Karemles. E ha ritrovato la pietra tombale del sacerdote. Ce ne parla Alessandro Monteduro, direttore di Acs-Italia:

R. - Il 4 marzo 2017 ero in quella delegazione ed entrando nella chiesa di Karemles non sapevo che lì vi fosse la tomba di padre Ragheed Ganni. Il sacerdote iracheno caldeo che ci accompagnava mi fece presente: “Questa è la tomba di un sacerdote, un giovane sacerdote, morto nel 2007 a 35 anni”. Non mi fece il suo nome e non era possibile scorgerlo perché la lapide era stata letteralmente devastata: non c’era neppure la foto, che era caduta a terra. Ma capii che si trattava di padre Ragheed. Ecco, in quel momento, nella distruzione di quella lapide - nella quale erano riassunti, per volontà dell’arcidiocesi di Mosul, la vita e il martirio di padre Ragheed Ganni - colsi l’essenza dell’azione dell’estremismo e del fondamentalismo islamico: cioè, la cancellazione della memoria. E oggi noi abbiamo voluto, con padre Rebwar, riabilitare quella memoria; lo abbiamo fatto non solo per padre Ragheed ma anche per noi.

D. - In questo momento, in che condizioni è la tomba del sacerdote ucciso?

R. - La tomba di padre Ragheed, a differenza della gran parte delle tombe nel Nord dell’Iraq, nella Piana di Ninive, non è stata in senso stretto profanata: è una delle poche che non è stata aperta. La lapide è stata distrutta e ancora non è stata ripristinata. So però che già nelle prossime settimane, tra le prime cose che si intende fare nel ristrutturare la chiesa a Karemles, c’è anche e soprattutto questo gesto.

D. - Qual è allora la missione di Acs in Iraq, oggi?

R. - La missione di Acs in Iraq, oggi, è dare un senso al martirio di padre Ragheed Ganni. In questo momento siamo impegnati in Iraq per consentire a 120 mila cristiani, costretti alla fuga dall’estremismo islamico nel 2014, di tornare a vivere nelle loro case. Ricostruiamo le case, ricostruiamo le scuole, ricostruiamo gli ospedali, ricostruiamo i luoghi di preghiera, ricostruiamo tutto il sistema infrastrutturale.

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"Indagine sulla speranza", il libro del card. Müller

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Oggi viviamo in un’epoca di grande crisi di speranza, in cui si fa difficoltà a rintracciare, nella storia e nella propria storia personale, una trama. Da qui sorgono quelle domande che vengono poste nel libro “Indagine sulla speranza”, al cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, da Carlos Granados, direttore generale della BAC, Biblioteca de Autores Cristianos. Il testo, edito da Cantagalli, è stato presentato ieri presso la Pontificia Università della Santa Croce. Oltre al proporato è intervenuto mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Il servizio di Debora Donnini

La speranza è quello che ci permette di guardare verso il futuro, confidando in quei germogli che ci preannunciano la pienezza cui aspiriamo. Il cardinale Müller entra subito nel vivo della questione in “Indagine sulla speranza” rispondendo a domande concrete: Cosa possiamo sperare da Cristo, dalla Chiesa, dalla famiglia e dalla società. Risposte anche a questioni su vari temi di attualità. Gli abbiamo chiesto perché un libro sulla speranza:

“Questo libro è un’indagine sulla situazione della realtà cristiana del mondo di oggi, ma sotto questa prospettiva della speranza perché nel mondo c’è nichilismo. Non c’è molta speranza, c’è solo un certo ottimismo per il giorno dopo ma abbiamo bisogno di una speranza per sempre, che vada fino all’eternità. Dio solo è capace di salvare il mondo e la Chiesa dà testimonianza di questa forza di Dio”.

Sempre più di rado oggi si ha la fortuna di conoscere una persona coraggiosa nel senso che si avverte nell’uomo una sorta di sdoppiamento da una parte fra fra quello che dice e fa e, dall'altra, fra quello che pensa e crede. Una questione che tocca la credibilità. Quanto è importante per la Chiesa la questione della credibilità? Ancora il cardinale Müller:

“La credibilità dell’agire della Chiesa è molto importante, è quasi come uno strumento per la fede che è un dono di Dio, che viene da un’effusione dello Spirito Santo. La Chiesa è una comunione degli uomini ma la sostanza della Chiesa viene da Dio. La Chiesa è il Corpo di Gesù Cristo.La struttura umana, la credibilità di questi uomini deve servire la fede: è quasi il recipiente della relazione, del rapporto degli uomini con Dio”.

E “proprio l’esperienza della generazione di un figlio”, sottolinea il porporato,  è un’immagine potente per ricordarci che una speranza che non delude è possibile.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 152

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