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Sommario del 03/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: ottobre 2019, mese speciale di preghiera per la missione

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Un tempo straordinario di preghiera e di riflessione per rimettere a fuoco la missionarietà della Chiesa: è l’iniziativa annunciata da Papa Francesco all’udienza, questa mattina in Vaticano, con i partecipanti all’Assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie. A questo obiettivo verrà dedicato il mese di ottobre del 2019. La Chiesa, ha detto il Papa, ha sempre bisogno di essere rievangelizzata per poter annunciare il Vangelo agli altri. Adriana Masotti

C’è una preoccupazione nel cuore di Francesco circa le Pontificie Opere Missionarie, già a loro ben nota, e cioè che esse si riducano ad un’organizzazione che raccoglie e distribuisce, a nome del Papa, aiuti economici per le Chiese più bisognose. Per evitare questo rischio, è necessario per loro individuare vie nuove e modalità più ecclesiali di servizio alla missione universale della Chiesa. Da qui l’annuncio di stamattina nel discorso ai circa 170 partecipanti all’Assemblea generale dell'organismo accompagnati dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli: “Per rinnovare l’ardore e la passione, ha detto il Papa, ho accolto con molto favore la vostra proposta, elaborata assieme alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, di indire un tempo straordinario di preghiera e riflessione sulla missio ad gentes. Chiederò a tutta la Chiesa di dedicare il mese di ottobre dell’anno 2019 a questa finalità".

Il 2019 perché cade in quell’anno  il centenario della Lettera Apostolica Maximum illud, del Papa Benedetto XV in cui si ricorda quanto sia necessaria, all’efficacia dell’apostolato, la santità della vita. “Chi predica Dio, sia uomo di Dio”, esortava Benedetto XV.

“Rinnovarsi richiede conversione, continua Francesco, richiede di vivere la missione come opportunità permanente di annunciare Cristo, di farlo incontrare testimoniando e rendendo gli altri partecipi del nostro incontro personale con Lui”.

La preparazione di questo tempo straordinario dedicato al primo annuncio del Vangelo ci aiuti ad essere sempre più Chiesa in missione, dice Francesco, che ricorda le parole del Beato Paolo VI, nell’Evangelii nuntiandi: «Evangelizzatrice, la Chiesa comincia con l’evangelizzare sé stessa”. E spiega: “Popolo di Dio immerso nel mondo, e spesso tentato dagli idoli, essa ha sempre bisogno di sentir proclamare le grandi opere di Dio, che l’hanno convertita al Signore, e d’essere nuovamente convocata e riunita da Lui. Ciò vuol dire, in una parola, che essa ha sempre bisogno di essere evangelizzata, se vuol conservare la freschezza, lo slancio e la forza, per annunziare il Vangelo» .

A questo, dunque, dovrà servire la celebrazione dei 100 anni della Maximum illud, un tempo propizio, conclude il Papa,  per evangelizzare anzitutto la Chiesa, “così che essa, ritrovata la freschezza e l’ardore del primo amore per il Signore crocifisso e risorto, possa evangelizzare il mondo con credibilità ed efficacia evangelica”.

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Veglia Pentecoste. Papa a evangelici: camminiamo insieme per l’unità

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Questa sera alle 18 Papa Francesco presiederà la Veglia di preghiera di Pentecoste in occasione del “Giubileo d’Oro” del Rinnovamento Carismatico cattolico, a 50 anni dalla sua nascita. Partecipano carismatici provenienti da tutto il mondo e per esplicita volontà del Papa saranno presenti anche esponenti del mondo evangelico e pentecostale. E proprio stamani, Francesco ha ricevuto un gruppo di leader evangelici convenuti per la Veglia di Pentecoste. Il servizio di Alessandro Gisotti

Lavorare per l’unità dei cristiani, lasciarsi guidare dallo Spirito Santo che crea l’armonia laddove è divisione. Alla Vigilia della Pentecoste e a poche ore dalla Veglia di Circo Massimo, Papa Francesco ha incontrato un gruppo di leader evangelici, sottolineando così con forza l’impronta ecumenica dell’evento di stasera. Il Pontefice ha rivolto loro un breve saluto, innanzitutto ringraziandoli per la volontà di camminare assieme:

“Grazie per questo che voi fate, per lavorare per  l’unità dei cristiani, tutti insieme, come il Signore vuole. Camminiamo insieme, facciamo l’aiuto ai poveri insieme, carità insieme, educazione insieme: tutti insieme. E che i teologi lavorino da parte loro e ci aiutino. Ma noi sempre in cammino, mai fermi, mai fermi; e insieme”.

Stasera dunque la Veglia di Pentecoste al Circo Massimo, avvenimento che vedrà la partecipazione di migliaia di fedeli legati al movimento carismatico. Proprio sull’importanza che questa realtà ha assunto, a 50 anni dalla sua nascita, Silvonei Protz ha intervistato il card. Odilo Scherer, arcivescovo di San Paolo, in questi giorni a Roma:

R. – Il Movimento carismatico è da ormai 50 anni presente nella Chiesa; produce frutti buoni nella Chiesa. Io direi che in questi 50 anni è molto maturato; questo movimento ha portato veramente anche un nuovo spirito; una nuova disponibilità per tanti cristiani, tanti cattolici che a volte erano lontani dalla Chiesa e che poi, attraverso il movimento, si sono ritrovati nella loro fede, nella loro appartenenza alla Chiesa cattolica; e vivono la fede in modo gioioso. E direi che ha portato molte cose belle e buone. Ma la Chiesa, nel corso di questi 50 anni, ha imparato anche a dare degli orientamenti sicuri al Rinnovamento. Senza spegnere la fiamma dello Spirito, che è buona, ha cercato in qualche modo anche di orientare, perché questo avvenga nello spirito della cattolicità e nello spirito anche di quella che è l’unità della Chiesa, proprio della nostra Chiesa cattolica.

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Papa ai bimbi terremotati: le cose vanno meglio se si lavora insieme

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"Le calamità feriscono l’anima, ma la fiducia in Dio aiuta a riprendersi”. Così il Papa ai 400 bambini provenienti dalle aree terremotate del Centro Italia, giunti in Vaticano a bordo di uno speciale Frecciarossa 1000 di Trenitalia, per incontrarlo. Si tratta della quinta edizione dell’iniziativa promossa dal “Cortile dei Gentili” del Pontificio Consiglio della Cultura, sul tema “Custodi del Creato”. E’ questo il messaggio che i piccoli hanno testimoniato abbracciando Francesco nell’atrio dell’Aula Paolo VI. Un dialogo spontaneo concluso con la consegna al Papa di un libro scritto, a titolo gratuito, da esperti su come affrontare il terremoto. Il servizio di Gabriella Ceraso

Arrivano da Norcia, Cascia, Amatrice, Arquata del Tronto, Acquasanta, protagonisti oggi di un viaggio, di un’esperienza e di tante belle emozioni, dopo che da quel 24 agosto scorso, quando la terra ha iniziato a tremare, hanno vissuto solo paura. E lo ricorda la preside, Patrizia Palanca al Papa che da allora, è stato molto vicino alle popolazioni terremotate in modo speciale:

"Noi non avevamo pià nulla: Lei da solo, con molto coraggio, è venuto da noi e ci ha insegnato come modificare aspetti negativi di questi scenari spettrali in aspetti positivi".

Ed è quanto vogliono dire anche i bimbi al Papa. Da allora si sono preparanti a questo incontro anche studiando l’Enciclica Laudato si' per capire come aver cura del Creato. Poi l’emozione di fronte a Francesco è tale che saltano i protocolli ed è il Papa stesso a chiamarli:

"Mi dicono che devo parlare. Ma a me piace ascoltare! Tu vuoi parlare? Vieni, vieni...vorrei che qualcuno di voi mi dica come sono stati quei giorni dopo il terremoto...".

BambinoSono stati difficili …

Papa Francesco"Raccontami. Dimmi, dimmi …".

Bambino: "Tutto è crollato:case, palazzi scuole".

Papa Francesco: "Vi siete ripresi?", "Qualcuno ha perso l’anno?".

Bambino"Grazie alla preside, abbiamo ripreso la scuola subito, anche dopo diversi problemi con la scuola che comunque era inagibile"

Quello che emerge dai racconti è il coraggio della gente, la solidarietà. A Gaia, che ha visto la sua scuola ad Acquasanta ricostruita velocemente Francesco chiede: "E tutti hanno collaborato e lavorato per ricostruirla?". "Sì" risponde Gaia e Papa Francesco"E questo è buono, perché quando si lavora tutti insieme, tutti per lo stesso scopo, le cose vanno meglio, no?". Gaia replica: "Noi diciamo che siamo, appunto, come progetto, ripartiti dalla scuola".

Poi parlano Camillo, Ginevra, Maria Vittoria: "Per fortuna che mia nonna si è salvata"; "Ora andamo a scuola la mattina finalmente", e  poi: "Perchè non vieni a Cascia?". Ed è così che il Papa consegna loro un pensiero, accogliendo le paure passate e dando delle calamità la propria lettura:

"Le calamità feriscono l’anima. Ma il Signore ci aiuta a riprenderci. Avete fiducia nel Signore voi o no?".

Bambini"Sì!".

Papa Francesco"Sicuro?".

Bambini"Sì!".

Papa Francesco"E anche nella Madonna?".

Bambini"Sì!".

Papa Francesco"E adesso, se abbiamo fiducia, ringraziamo la Madonna per le cose buone che ci ha dato in questa calamitàins le calamità feriscono l'anima ma il Signore ci aiuta a riprenmdersi calamità" .

E il "grazie" è un’Ave Maria recitata tutti insieme, ma è anche - osserva Francesco - la parola che "piace di più a Gesù":

"Voglio ringraziare voi per questa visita, per essere venuti qui, per essere venuti anche a ricordare quel brutto momento".

Ringrazia infine anche i piccoli musicisti dell’orchestra di Rio de Janeiro, che, arrivati così da lontano, gli hanno dedicato canzoni che lo hanno riportato col cuore alla sua patria.

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Altre udienze

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Per le altre udienze odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Tweet del Papa: promuovere mezzi per proteggere la vita dei bambini

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Promuoviamo con coraggio tutti i mezzi necessari per proteggere la vita dei nostri bambini”. Così il tweet del Papa lanciato dall’account @pontifex per la “Giornata internazionale dei bambini innocenti vittime di aggressioni” che ricorre questa domenica. La Giornata è stata istituita nel 1982 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con l’obiettivo di “riconoscere il dolore sofferto dai bambini in tutto il mondo, vittime di abusi fisici, psicologici ed emotivi”.

Se il Santo Padre lancia l’appello di promuovere ancora di più significa che si sta facendo poco” ribadisce don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente dell’Associazione Meter, che da oltre 25 anni combatte contro la piaga della pedofilia e pedopornografia. “Lo stato di aggressione, offesa e maltrattamento è certamente un problema ormai globale, un problema di fronte al quale non possiamo chiudere gli occhi né tantomeno considerarlo minimo”.

Agire a livello personale e di istituzioni
Per don Fortunato è necessario agire e “fare la propria parte” a livello personale, ma “iniziando dalle istituzioni, che dovrebbero investire sempre di più nei processi educativi, culturali e in tutte quelle iniziative che possano favorire un cambiamento di rotta”. 

Don Fortunato, come è possibile che nel 2017 una piaga come quella dell’abuso e della violenza sui bambini non trovi una soluzione?

“Perché, di fatto, non c’è la percezione di ciò che accade veramente all’infanzia: la sopraffazione, la lesione della dignità degli uomini… Siamo stanchi di vedere sempre statistiche di difficoltà, offese, abusi sessuali, abusi in genere; vorremmo vedere che qualcuno ci parli sempre di più del bene che si fa. La Chiesa in tal senso fa tantissimo. Ecco forse, invece di buttare le risorse sulle armi, sugli aerei, i bombardamenti, dobbiamo ripensare tutto”.

Bambini vittime di abusi fisici, psicologici, emotivi, bambini soldato... voi siete in prima linea contro la pedopornografia. Come si costruisce un mondo diverso?

“Si costruisce nella misura in cui chi è abusato deve sapere che c’è qualcuno che può ascoltarlo, accoglierlo e accompagnarlo, che insieme si può fare un percorso di guarigione. Questa è la prima cosa da dire e bisogna dirlo continuamente: chi è abusato sa che può rivolgersi a qualcuno che lo ascolti, lo accompagni, lo ami e lo guarisca”.

Serve un impegno globale
“In secondo luogo si costruisce con un impegno veramente globale. Di fronte alla pedofilia e alla pedopornografia dobbiamo lavorare insieme, mettere in campo, per quanto è possibile, tutte le nostre energie, risorse… Meter ad esempio - 25 anni di esperienza pionieristica - nata in una lontana parrocchia del Sud, è la dimostrazione che si può fare tanto e si può vincere questa assurda battaglia che non dovrebbe già di per sé esistere, perché si tratta di bambini”.

In meno di 140 caratteri il Papa ha detto: “Bisogna promuovere con coraggio tutti i mezzi necessari per proteggere la vita dei nostri bambini”. Tutti i mezzi vuol dire in ogni ambito? Sociale, politico, economico, religioso?

“Tutti gli ambiti. Non è possibile che la lotta si faccia a settori; anzi: la frantumazione delle azioni porta alla sconfitta dell’impegno. Credo che il Santo Padre, sempre lungimirante e sempre sensibile riguardo a queste tematiche delle persone fragili e deboli, ci abbia dato già un input, un’indicazione; e - possiamo dire in un messaggio di Twitter - anche un tentativo di iniziare a programmare insieme. Non possiamo fare altro che ringraziare il Santo Padre”.

 

Ascolta l'intervista a don Di Noto:  

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Accordi sul clima. Sorondo: ora Europa sia protagonista

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Dall'Europa alla Cina, dall'India alla Russia e all’Unione Africana, è unanime il dissenso della comunità internazionale riguardo alla decisione del presidente americano Donald Trump di uscire dall’accordo di Parigi per combattere il riscaldamento globale. Ma dagli Stati Uniti nessun passo indietro: “Trump ha messo l'America al primo posto, non c'è niente di cui chiedere scusa", ha detto il capo dell'Agenzia per la Difesa dell'ambiente americano Scott Pruitt, liquidando l'accordo come "un mucchio di parole" con benefici "minimi" sull'ambiente. Fortemente critici anche i vescovi statunitensi. Di scelta disastrosa parla anche mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze. Francesca Sabatinelli gli ha chiesto se sia una scelta dettata esclusivamente da motivazioni economiche: 

R. – Lo dice lui, no? “Prima l’America” e poi: “Io voglio far ripartire il lavoro” e ancora: “Voglio che tutte le multinazionali del petrolio funzionino, questo ho promesso e questo faccio!”: l’ha detto lui stesso. Naturalmente è il punto di vista economico.

D. – Con questo vuoto che adesso si apre a causa degli Stati Uniti, chi può compensare?

R. – Io credo che l’Europa sia chiamata ad avere un ruolo importantissimo e nuovo, perché adesso la guida del mondo passa nelle mani degli europei, se lo sapranno fare, come lo fanno. Trump come regalino ha detto: “Bè, facciamo un nuovo accordo che non sia così disastroso per l’America”. E Macron subito ha detto. “Nessun nuovo accordo. L’accordo è questo e basta”. Questa è l’Europa. E quindi se lui con la Merkel e con il presidente del Consiglio italiano e con gli altri leader riescono a mantenere il punto, credo che sia l’ora dell’Europa.

D. – Questa scelta degli Stati Uniti può influenzare altri Paesi …

R. – Sì … questa è la parte negativa, che questa scelta può portare con sé. Speriamo di no, anche perché come ha detto Obama, è una scelta contro il futuro e quindi speriamo che non sia così, che gli altri Paesi non seguano un’indicazione egoista, perché gli altri Paesi sono convinti di questo problema. Anche i Paesi arabi, che sono entrati in questo accordo … Pero, d’altra parte, la messa in pratica di questa uscita è un po’ come la Brexit: ha visto quanti problemi porta con sé? Quindi, non sarà neanche facile! La mia speranza è che questo tirarsi fuori duri il periodo del governo del presidente Trump e che quindi un nuovo presidente torni all’accordo.

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Oggi in Primo Piano



Africa nella morsa della fame: a rischio 26 milioni di persone

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Disperata la situazione umanitaria nel Sahel e in gran parte della zona Sub-sahariana in Africa dove, secondo un recente rapporto Onu, circa 26 milioni di persone sono allo stremo per mancanza di cibo e acqua. Quasi 10 milioni di persone si trovano, da tre mesi, in una situazione di gravissima emergenza, cifra destinare a salire drammaticamente nelle prossime settimane senza interventi imminenti. E le organizzazioni non governative lanciano un disperato appello alla comunità internazionale. Il servizio di Paola Simonetti

L’Africa Sub-sahariana sta morendo di fame e di sete. Una delle più gravi crisi umanitarie degli ultimi decenni ha ridotto alla disperazione, nell’intera zona, circa 26 milioni di persone. In Paesi come Ciad, Camerun, Niger, Nigeria, sono oltre 7 milioni coloro che non hanno accesso a cibo ed acqua. Solo la punta dell’iceberg, secondo un recente rapporto dell’Onu, che stima nei prossimi tre mesi un aggravamento tale della situazione da mettere a rischio morte milioni delle persone coinvolte nei 16 Paesi del Sahel. Il coordinamento umanitario dell’Onu per il Sahel sottolinea come sia difficile anche solo stimare quanti esseri umani periranno per mancanza di cibo nei prossimi mesi. Gli scenari dei Paesi devastati più in generale dalla carestia, vengono resi più gravi da fattori locali specifici. Come in Niger dove gli abitanti che soffrono di crisi alimentare, passati da 748mila a 1,3 milioni negli ultimi giorni, sono colpiti nella regione di Diffa anche di epidemie di meningite ed epatite E. In Nigeria, invece, è il terrorismo islamico a tenere nella morsa della fame gli abitanti: i militanti di Boko Haram, infatti, che da quasi un decennio seminano terrore e morte, bloccano l’accesso agli aiuti umanitari. Ma il terrorismo è solo una conseguenza, in Nigeria come altrove nel Sahel, di cause molto più profonde che hanno generato la crisi, secondo Nora McKeon, dirigente dell’associazione “Terra Nuova”:

“Principalmente, da decenni, c’è stato un impoverimento del tessuto economico e sociale delle zone rurali, dove ancora abita la maggior parte della popolazione, e questo grazie a politiche che hanno privilegiato i prodotti di esportazione – cacao, caffè, cotone – anziché prodotti alimentari destinati ai mercati interni. Il risultato di questi programmi politici è stata l’espropriazione dei contadini dalla terra e la destrutturazione dell’agricoltura familiare che è il fondamento della pace sociale, ma anche della conservazione dell’ambiente del Sahel”.

E nonostante una stagione agricola soddisfacente nell’ultimo anno, spiega il rapporto Onu, il Niger ha un deficit alimentare di oltre 12 milioni di tonnellate, ossia il 48% del fabbisogno nazionale. In Sud Sudan, invece, la catastrofe sarebbe la conseguenza diretta di un conflitto prolungato dai leader sudsudanesi giudicati da molti incapaci di privilegiare il bene della popolazione. Urgenti, dunque, aiuti umanitari mirati, da parte della comunità internazionale, a cui le organizzazioni non governative lanciano l’appello a rompere il silenzio sulla tragedia umanitaria in atto e a strutturare piani efficienti di investimento, risultati spesso fallimentari, come conclude Nora McKeon, dell’associazione “Terra Nuova”: 

“L’Unione Europea e i suoi membri, cercando di rispondere alle cause profonde non trova di meglio da fare che esasperare queste stesse cause, utilizzando i fondi pubblici – attraverso un cosiddetto ‘piano di investimento esterno’ – per facilitare gli investimenti dell’agro-business europeo nell’agricoltura africana, nel nome della modernizzazione dell’agricoltura, promuovendo il modello di produzione sbagliato, piuttosto che rafforzare l’agricoltura familiare, lo sviluppo rurale, i mercati domestici”.

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Gran Bretagna al voto l'8 giugno guardando alla Brexit

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Il Regno Unito è a pochi giorni dalle elezioni anticipate dell’8 giugno prossimo. La premier conservatrice, Theresa May, chiede consensi all’elettorato britannico per gestire con un mandato forte il percorso di uscita del Paese dall’Unione Europea. I recenti sondaggi parlano di confronto serrato del Partito Conservatore con i Laburisti di Jeremy Corbyn. Di queste consultazioni, Giancarlo La Vella ha parlato con Antonio Varsori, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Padova: 

R. – Theresa May ha puntato fortemente sulle elezioni anticipate, per poterne uscire con una maggioranza più forte e, quindi, avere una posizione, sia sul piano interno, sia soprattutto sul piano internazionale, tale da consentirle anche un negoziato sulla Brexit più efficace. Gli ultimi sondaggi sembrano andare in una direzione diversa e, quindi, verso un certo indebolimento del Partito Conservatore. Si tratterà di vedere che tipo di maggioranza uscirà poi dalle urne, perché è chiaro che anche una parziale sconfitta da parte del partito della May avrà poi delle conseguenze anche sul negoziato con l’Unione Europea.

D. – Qualunque sia il risultato, si parla più di modalità di uscita dall’Unione Europa, nel senso che ormai la Brexit è una strada di non ritorno…

R. – Apparentemente sì. In linea di massima la tendenza sembra essere quella di un negoziato, magari con delle modalità diverse, ma in ogni caso con un obiettivo, che è quello dell’uscita dall’Ue, a meno che non vi siano chiaramente dei risultati sorprendenti dalle elezioni.

D. – Una Gran Bretagna, dopo la Brexit più proiettata oltreoceano, che cosa potrà provocare negli equilibri europei?

R. – Questo dipenderà molto da che cosa accadrà della presidenza americana, che è per il momento una presidenza ancora con delle prospettive non del tutto chiare. Certo, per ciò che riguarda l’Europa è evidente che ci sarà un rafforzamento della posizione dei due Paesi maggiori, la Germania e la Francia: al momento sembra soprattutto della posizione tedesca, perché la presidenza di Macron è appena agli inizi e, quindi, non è possibile stabilire se sarà una presidenza facile, difficile, e quali saranno poi soprattutto gli eventuali problemi interni; se ci sarà una volontà di fare alcune scelte economiche impegnative e, in qualche modo, forse impopolari.

R. – Queste elezioni hanno poi sullo sfondo il problema sicurezza che riguarda tutta l’Europa. È un settore questo in cui sarà opportuno continuare a dialogare…

R. – Io ritengo di sì. La Gran  Bretagna, che si voglia o no, è uno dei Paesi che ha la struttura militare più forte. Non dimentichiamo che ha sempre avuto un ruolo particolarmente significativo, più degli altri Paesi europei, all’interno dell’Alleanza atlantica; e ha sempre avuto delle relazioni di carattere strategico-militare molto strette con gli Usa. Quindi in ogni caso io ritengo che, a meno che non si voglia mettere in discussione la Nato – ma questo per il momento mi sembra che nessuno lo voglia – anche se si punterà a una maggiore autonomia europea nel settore della difesa, i rapporti con Londra sono importanti e non possono essere trascurati.

D. – Sicurezza soprattutto anche in chiave antiterrorismo…

R. – Questo certamente sì. Il terrorismo lo si affronta se si è uniti e se si è in grado di coordinare i propri sforzi, cosa che non sempre, devo dire, ultimamente è stata fatta. Quindi è una sorta di necessità. Poi, se si sia in grado di farlo, questo naturalmente lo vedremo in futuro; però credo che tutti siano coscienti che vi è una priorità in questo senso.

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Elezioni a Malta. Mons. Scicluna: politici al servizio di tutti

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Elezioni legislative anticipate oggi a Malta, a tre settimane dalla fine del semestre di presidenza dell’Unione Europea. Oltre 400mila persone sono chiamate ad esprimersi dopo le accuse di corruzione che hanno investito lo staff del premier laburista Joseph Muscat. In questo clima si registra l’allarme dei servizi segreti americani e britannici per una possibile ingerenza russa nel voto. Stando ai sondaggi, Muscat resta comunque favorito per la vittoria contro il leader dell’opposizione Simon Bussutil, esponente del partito nazionalista. Dala sua parte la crescita economica dell’isola, arrivata a toccare il 3,5%, un tasso di disoccupazione bassissimo e anche un surplus di bilancio nelle finanze pubbliche. La Chiesa locale ha stilato un documento con 20 richieste alla politica, chiedendo attenzione per l’ambiente, la revisione dei piani di costruzione ma anche maggiore trasparenza sulle posizioni assunte dai politici nelle imprese private. In proposito Benedetta Capelli ha intervistato mons. Charles Scicluna, arcivescovo di Malta: 

R. – Questo principio è un principio di ottima governance perché è necessario essere molto schietti, onesti e sinceri sui legami che si fanno e che si hanno con l’industria. Quando si danno dei contratti bisogna sapere se anche il politico ha un interesse diretto in quella offerta o in quell’altra. Secondo me, questo è un principio generale, sul quale anche il Papa si esprime spesso, quando dice che la corruzione è un veleno che fa nascere non solo ingiustizie sociali ma anche conflitti sociali che bisogna evitare, che la politica deve essere una politica di servizio, non un motivo di guadagno per quel politico o quell’altro.

D. – Malta e anche l’Italia sono interessate da anni ormai dal dramma dell’immigrazione. Ci sono stati degli investimenti del governo maltese: in due anni oltre 10 milioni di euro per le politiche di accoglienza. Com'è la situazione per quanto riguarda il fenomeno migratorio?

R. – Mi interesso direttamente di questa vicenda anche perché il Santo Padre mette la questione sempre nella sua agenda quando parla del Vangelo dell’accoglienza. Anche con la sua presenza a Lampedusa ci ha dato una parola di incoraggiamento ma anche una profezia: bisogna guardare a queste persone come la presenza di Gesù in questo deserto che è il mare blu. La politica di accoglienza deve quindi essere supportata sul terreno sociale da un atteggiamento di accoglienza della popolazione. In certi ambienti questo è un discorso molto difficile, ma io ringrazio anche tante organizzazioni non governative a Malta che spingono sempre perché questa politica dell’accoglienza sia anche cultura di accoglienza. Poi, noi abbiamo questo racconto dell’inizio della nostra fede che nasce proprio dal naufragio di una nave che veniva dall’est e su cui viaggiava anche Paolo. Nel viaggio verso Roma sono naufragati sulle nostre isole 276 persone tra cui l’apostolo e così è arrivato il Vangelo da noi. L’accoglienza che diedero i maltesi, secondo gli Atti degli Apostoli, capitolo 28, è una tradizione che noi vorremmo continuare nei secoli.

D. – C’è un appello che lei si sente di fare ai maltesi in vista di questo appuntamento elettorale?

R. – In una breve lettera pastorale abbiamo incoraggiato i nostri concittadini a esprimere il loro voto e poi abbiamo anche detto che la politica deve essere per il bene comune, che bisogna votare secondo coscienza e scienza. Ci auguriamo che il governo che nascerà dall’espressione della volontà del popolo sia un governo che aiuti una riconciliazione nazionale, di cui abbiamo bisogno, e che sia anche un buon esempio di governance.

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Rubata reliquia Don Bosco. Nosiglia: restituirla senza condizioni

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Sconcerto in tutta la Chiesa per il furto di una preziosa reliquia di San Giovanni Bosco. Ieri sera, il reliquario contenente il cervello del Santo, è stato trafugato nella Basilica salesiana di Castelnuovo (Asti) da sconosciuti, le indagini sono tuttora in corso. I salesiani della Basilica di Castelnuovo, ha detto il rettore don Ezio Orsini, sono molto “addolorati” ma anche “sicuri” che si possa trafugare una sua reliquia “ma non si possa rubare don Bosco a noi e ai tanti pellegrini che ogni giorno visitano questi luoghi”.

Dal canto suo, l'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia ha affermato che  il furto è “una di quelle notizie che non si vorrebbero mai sentire, perché ci fa pensare a una profonda miseria morale, quella di chi sottrae un segno che è stato lasciato e conservato per la devozione e la fede”. Mons. Nosiglia ha assicurato la sua vicinanza alla famiglia salesiana ed ha esortato quanti hanno rubato la reliquia “a restituirla subito, senza condizioni, perché si possa chiudere questa pagina dolorosa e continuare degnamente a poter onorare la memoria di don Bosco nel suo luogo natale”.

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Commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo della Pentecoste

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Nella Solennità di Pentecoste, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli nel Cenacolo, dicendo:

«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi (…) Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».    

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma: 

Gesù disse ai discepoli: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”…Soffiò e disse: “Ricevete lo Spirito Santo a chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi non perdonerete i peccati, non saranno perdonati”. Con la Pentecoste si compie la missione di Cristo di edificare la Chiesa: le fiamme che sul Sinai avevano inciso la Legge di Dio sulle due Tavole di pietra, ora plasmano, con la stessa Legge, il cuore dell’uomo profondamente indurito. Il Signore istituisce la mediazione umana della Chiesa, suo Corpo, per infondere il suo Spirito, contrariamente a chi ritiene che sia sufficiente parlare e confessarsi direttamente con Dio. Per questa effusione è possibile cambiare vita, in una comunità che diviene cristiana, camminando alla luce della Sua Parola. L’Altissimo desidera unirsi a noi, “abbassandosi” per abitare con il suo popolo: siamo la sua dimora preferita. Il Consolatore, è l’ospite dell’anima che risana ciò che sanguina nell’uomo, ricompone la comunione ferita, Lui dona la certezza che la virtù è premiata, e concede la morte santa. Accogliamo la Buona Notizia, impariamo ad aprirci alla Sua visita, difendiamo la Sua presenza dal diavolo, che tenta di strapparcela spingendoci a peccare, e, se cadiamo, torniamo subito a ricevere lo Spirito, attraverso la conversione sincera.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 154

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.