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Sommario del 07/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: c’è tanto bisogno di pregare per la pace in Medio Oriente

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Cristiani, ebrei e musulmani preghino per la pace in Medio Oriente. E’ l’appello levato da Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro, salutando l’iniziativa “Un minuto per la pace”. Prima dell’appello, nella catechesi incentrata sulla speranza cristiana, il Pontefice si era soffermato in particolare sulla “Paternità di Dio sorgente della nostra speranza”. La vera rivoluzione del cristianesimo, ha detto Francesco, è chiamare Dio con il nome di Padre. Il servizio di Alessandro Gisotti

All’udienza generale, il pensiero di Papa Francesco va ancora una volta ai popoli del Medio Oriente, affinché vivano in pace liberi dalla violenza. Il Pontefice prende spunto dall’iniziativa “Un minuto per la pace” per esortare tutti i credenti a pregare per la riconciliazione nella regione mediorientale:

“Domani, alle ore 13, si rinnova in diversi Paesi l’iniziativa Un minuto per la pace, cioè un piccolo momento di preghiera nella ricorrenza dell’incontro in Vaticano tra me, il compianto presidente israeliano Peres e il presidente palestinese Abbas. Nel nostro tempo c’è tanto bisogno di pregare – cristiani, ebrei e musulmani – per la pace”.

Prima dell’appello per la pace in Medio Oriente, Papa Francesco aveva incentrato la sua catechesi sul “Padre Nostro”, la “preghiera cristiana per eccellenza”, quella insegnata da Gesù ai suoi discepoli e con loro a tutti noi. “Tutto il mistero della preghiera cristiana – ha osservato Papa Francesco – si riassume qui, in questa parola: avere il coraggio di chiamare Dio con il nome di Padre”.

Chiamare Dio Padre è la grande rivoluzione del cristianesimo
Lo afferma anche la liturgia, ha proseguito, “quando, invitandoci alla recita comunitaria della preghiera di Gesù, utilizza l’espressione ‘osiamo dire’”:

“Infatti, chiamare Dio col nome di ‘Padre’ non è per nulla un fatto scontato. Saremmo portati ad usare i titoli più elevati, che ci sembrano più rispettosi della sua trascendenza. Invece, invocarlo come ‘Padre’ ci pone in una relazione di confidenza con Lui, come un bambino che si rivolge al suo papà, sapendo di essere amato e curato da lui. Questa è la grande rivoluzione che il cristianesimo imprime nella psicologia religiosa dell’uomo”.

“Il mistero di Dio, che sempre ci affascina e ci fa sentire piccoli”, ha affermato il Papa, “non fa più paura, non ci schiaccia, non ci angoscia”. Questa, ha riconosciuto, “è una rivoluzione difficile da accogliere nel nostro animo umano”. Il Papa ha quindi rivolto il pensiero alla “parabola del padre misericordioso” a lui molto cara.

La parabola del Padre misericordioso ci rivela il modo di essere Padre di Dio
“Gesù – ha detto – racconta di un padre che sa essere solo amore per i suoi figli. Un padre che non punisce il figlio per la sua arroganza e che è capace perfino di affidargli la sua parte di eredità e lasciarlo andar via di casa”:

“Dio è Padre, dice Gesù, ma non alla maniera umana, perché non c’è nessun padre in questo mondo che si comporterebbe come il protagonista di questa parabola. Dio è Padre alla sua maniera: buono, indifeso davanti al libero arbitrio dell’uomo, capace solo di coniugare il verbo ‘amare’. Quando il figlio ribelle, dopo aver sperperato tutto, ritorna finalmente alla casa natale, quel padre non applica criteri di giustizia umana, ma sente anzitutto il bisogno di perdonare, e con il suo abbraccio fa capire al figlio che in tutto quel lungo tempo di assenza gli è mancato, è dolorosamente mancato al suo amore di padre”.

“Che mistero insondabile è un Dio che nutre questo tipo di amore nei confronti dei suoi figli”, ha commentato Papa Francesco. Un padre al quale San Paolo si rivolge in modo intimo, nelle sue Lettere, “che qualcuno traduce papà, babbo”.

Noi non siamo soli, abbiamo un Padre che ci guarda e non ci abbandona
Questo, ha ribadito, è un “mistero grande”: “Dio non può essere Dio senza l’uomo: un grande mistero è questo”. Proprio questa certezza, ha detto, “è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro”:

Quando abbiamo bisogno di aiuto, Gesù non ci dice di rassegnarci e chiuderci in noi stessi, ma di rivolgerci al Padre e chiedere a Lui con fiducia. Tutte le nostre necessità, da quelle più evidenti e quotidiane, come il cibo, la salute, il lavoro, fino a quella di essere perdonati e sostenuti nelle tentazioni, non sono lo specchio della nostra solitudine: c’è invece un Padre che sempre ci guarda con amore, e che sicuramente non ci abbandona”.

Francesco ha infine invitato i fedeli a pregare il Padre ogni volta che abbiamo dei problemi, delle necessità, pensare al Padre “che non può essere senza di noi, e che in questo momento ci sta guardando”. Al momento dei saluti, il Papa ha rivolto un pensiero particolare ai giovani atleti del Pellegrinaggio Marcerata-Loreto e ha benedetto la "fiaccola della pace".

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Tweet del Papa: la Chiesa ha bisogno dei santi di tutti i giorni

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Tweet del Papa: "La Chiesa ha bisogno dei santi di tutti i giorni, quelli della vita ordinaria, portata avanti con coerenza".

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Card. Turkson inaugura ad Astana "Expo 2017- Il futuro dell'energia"

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Arriverà domani ad Astana, in Kazakistan, il cardinale Peter K. A. Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale,  in qualità di Commissario della Santa Sede, per l’inaugurazione dell’"Expo 2017- Il futuro dell’energia”.

La Santa Sede, che partecipa alle Esposizioni Universali fin dal 1851, sarà presente con un proprio padiglione, intitolato “Energia per il Bene comune. Prendersi cura della nostra Casa comune”, realizzato con il contribuito della Chiesa locale. Il padiglione approfondisce il tema dell’energia, intesa come opportunità per la promozione dell’uomo e per il miglioramento della “Casa comune”, sulla base di un uso equo e sostenibile delle risorse naturali.

La struttura espositiva della Santa Sede - che si avvale di installazioni di carattere digitale e prevede che i visitatori siano accompagnati attraverso percorsi fotografici, artistici, culturali e spirituali - sviluppa quattro ambiti tematici: l’amore di Dio come origine della creazione dell’uomo e della terra; l’energia come strumento posto nelle mani dell’uomo, che non sempre ne ha fatto un uso adeguato; l’energia volta allo sviluppo integrale della persona e alla cura della casa comune; la forza della spiritualità, con particolare riferimento alla preghiera, alla ricerca di senso e al dialogo interreligioso.

L’inaugurazione di EXPO 2017 si terrà il 9 giugno, quella del padiglione della Santa Sede il mattino del giorno seguente. Il cardinale Turkson, che si tratterrà ad Astana fino all’11 giugno, sarà accompagnato da mons. Francis Assisi Chullikatt, nunzio apostolico in Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan e da rappresentanti della Chiesa locale. Il National Day della Santa Sede è in programma il 2 settembre. (R.G.)

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Plenaria Dialogo Interreligioso. Tauran: la donna educatrice di fraternità

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“Il ruolo della donna nell’educazione alla fraternità universale”: è il tema dell’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, apertasi stamani in Vaticano e in corso fino a venerdì prossimo. A conclusione dei lavori, i partecipanti saranno ricevuti dal Papa in udienza. Quali i punti che la Plenaria vuole focalizzare? Debora Donnini lo ha chiesto al cardinale Jean-Louis Tauran, presidente dello stesso Dicastero: 

R. – Le donne hanno una uguale dignità rispetto all’uomo e soprattutto noi, come cristiani, sappiamo che siamo membra di un corpo unico, il capo è Cristo e questo fa sì che sia un rapporto paritario. Di fronte a Dio, come dice san Paolo, non ci sono né schiavi né liberi: tutti siamo membra di Cristo.

D.  – Secondo lei nella società ancora non è permeato completamente questo messaggio?

R. - No, soprattutto con la crisi della famiglia. Si deve pensare, ad esempio, che il primo annuncio della Pasqua è stato affidato da Gesù alle donne, che sono i primi missionari!

D. - Questa Plenaria vuole sottolineare il ruolo della donna nell’educazione alla fraternità. La donna, forse anche proprio perché è madre, in un certo senso è un canale privilegiato per questo?

R.  – Sì, per questa tenerezza… Il Papa fa spesso riferimento a questo. La donna per essenza, perché è madre, ha una tenerezza, una capacità di ascoltare, di curare, di interessarsi e questo è un messaggio universale.

D. – Ci sono quattro donne che intervengono in questa Plenaria e si toccano temi che vanno da temi biblici alla costruzione della pace. Perché avete voluto tracciare questo percorso?

R. – Per mostrare che la donna non ha solamente questo compito di tenerezza, di madre, ma ha anche il suo posto nella società. Le donne sono capaci di avere, come gli uomini, delle responsabilità e quindi è bene sentire questi punti di vista per avere una visione completa della donna vista come uguale all’uomo di fronte a Dio e di fronte alla società. Le donne devono avere le stesse responsabilità, la possibilità di assumere le stesse responsabilità.

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Vertici dell'Honduras a colloquio, in Vaticano, con Parolin e Gallagher

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Da lunedì, il vicepresidente dell’Honduras, Ricardo Alvarez, e la ministra degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Maria Dolores Aguero, sono in Italia per una serie di incontri con i loro omologhi. Ieri, in Vaticano, sono stati ricevuti in udienza privata dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, e dall'arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. In un clima di cordialità, si è parlato delle diverse iniziative del governo dell'Honduras per creare lavoro, incrementare i livelli di sicurezza nazionale e proteggere i migranti, creando opportunità. Al centro dei colloqui anche la stabilità democratica nel continente latinoamericano. Ricordate pure le agevolazioni dell'esecutivo a sostegno della Giornata Mondiale della Gioventù, che si terrà a Panama nel gennaio 2019. L'Honduras gioca infatti un ruolo molto importante nel transito di milioni di ragazzi che si recheranno proprio a Panama dagli Stati Uniti, dal Messico, dal Guatemala e dal Salvador. Per la prima volta nel Paese si sta anche promuovendo il turismo religioso. (A cura di Patricia Ynestroza) 

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Al G7 sull’ambiente attesa per la posizione Usa dopo l’uscita dagli Accordi di Parigi

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E’ tutto pronto a Bologna per accogliere i ministri dell’ambiente del G7 sabato e domenica prossimi. Un appuntamento fortemente atteso dopo l’annuncio statunitense dell’uscita dagli Accordi di Parigi sul clima e le dichiarazioni del presidente Trump in materia ambientale. Su questo punto Stefano Leszczynski ha intervistato mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita ed esperto di questioni ambientali. 

R. – Io mi auguro anzitutto che ci sia un ripensamento da parte del presidente Trump, degli Stati Uniti, e sono sicuro che una pensosità maggiore ci sarà perché non parliamo solo di una questione che riguarda gli interessi autarchici di una Nazione o di un popolo: qui si parla del clima che ovviamente circonda la Terra, tutta la Terra, e riguarda tutti. Detto questo, non c’è dubbio che è molto bello il fatto che tutti gli altri firmatari dell’accordo di Parigi unanimemente abbiano confermato la loro posizione: è un segno di speranza e anche di maturazione di coscienza di fronte ad un problema che riguarda non solo l’oggi ma soprattutto il domani.

D. – Quanto è importante il ruolo del Vaticano,  che si avvia probabilmente ad essere il primo Stato ad emissioni zero a livello internazionale?

R. - Papa Francesco in questo senso, attraverso un’apposita Enciclica, la Laudato sì, che credo sia il documento moralmente più autorevole in questa prospettiva, si pone come una stella di riferimento, un punto di altezza morale non per affermazioni teoriche ma proprio per dare a tutto il mondo, a tutti gli uomini, a tutta la famiglia umana una terra abitabile. Non c’è dubbio che assieme all’esortazione morale, etica e anche religiosa, le conclusioni sul piano della politica ambientale devono essere altrettanto conseguenti.

D. – Lei accennava alla sensibilizzazione della società civile. Parte di questa società civile, soprattutto appartenente al mondo cattolico, ha già iniziato ad avviare misure molto concrete ad esempio, quella del disinvestimento da quelle società che investono nello sfruttamento di fonti fossili di energia. Questo è un esempio molto concreto di quello che si può fare per punire pratiche poco virtuose e promuoverne invece di più virtuose…

R. – Assolutamente. Infatti, credo che l’Enciclica debba essere letta dai responsabili della politica, dai responsabili dell’economia, da quelli dell’industria, ma anche da tutte le famiglie: ognuno deve fare la sua parte, piccola o grande che sia per custodire o per migliorare l’ambiente perché sia abitabile da tutti. Ecco perché giustamente il Papa parla di una sorta di conversione ecologica che va dal tenere in ordine la propria casa, dall’essere attenti a non inquinare e non sporcare, dalla raccolta differenziata, dalla coscientizzazione dei bambini, dei giovani, fino, appunto, ad arrivare a scelte come quelle di cui lei parlava o anche a scelte più grandi che le industrie sono chiamate in prima persona a prendere, fino a quelle della politica: ci troviamo davanti a una sorta di rivoluzione culturale da fare immediatamente.

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Santa Sede su mari ed Oceani: la sfida è la sostenibilità

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Le attività umane negli Oceani in futuro, probabilmente, aumenteranno. Lo ha affermato a New York il cardinale Peter Turkson, capo delegazione della Santa Sede alla Conferenza delle Nazioni Unite incentrata sul tema del  mantenimento e dell’utilizzo di oceani, mari e risorse marine per lo sviluppo sostenibile. Il prefetto  del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale ha aggiunto che si apriranno nuove vie di trasporto. A determinare questo scenario – ha spiegato il porporato – sarà la maggiore domanda relativa a settori cruciali, tra cui quelli della pesca e delle attività per la ricerca e per l’estrazione di petrolio e gas. Le risorse marine saranno anche interessate da incrementi di attività di tipo scientifico e commerciale. E si registrerà un progressivo miglioramento della tecnologia.

La sfida della sostenibilità e le opportunità legate a mari ed oceani
Si tratta di una prospettiva, legata al futuro di mari ed oceani, che pone di fronte alla sfida della sostenibilità. Ma questa – ha affermato il card. Turkson – è anche una grande opportunità per migliorare le conoscenze e la ricerca in relazione al contesto marino. E’ un’occasione per rispondere al degrado ambientale, al processo di acidificazione degli oceani. Un’opportunità - ha aggiunto - per migliorare la vita delle persone, incrementare la sicurezza alimentare. Questa sfida può essere utilizzata per migliorare linee politiche, regolamenti e comportamenti in modo che venga rispettata la sostenibilità ambientale.  È necessario – ha osservato il porporato - incoraggiare un uso più sostenibile e produttivo delle risorse marine a livello globale e locale. Si devono anche rafforzare normative nazionali e internazionali – ha sottolineato - per ridurre al minimo le attività dannose per mari ed oceani. Non si può inoltre parlare di ecosistemi marini e costieri senza considerare gli uomini e le donne che vivono in tali contesti.

 Si deve prestare attenzione alle cause del degrado ambientale
Il cardinale Turkson. ha inoltre ricordato, in particolare, alcuni passaggi della Laudato si’ di Papa Francesco: “Non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale – sottolinea il Santo Padre nella Lettera enciclica - se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale”. “Per esempio – ricorda il Pontefice - l’esaurimento delle riserve ittiche penalizza specialmente coloro che vivono della pesca artigianale e non hanno come sostituirla, l’inquinamento dell’acqua colpisce in particolare i più poveri che non hanno la possibilità di comprare acqua imbottigliata, e l’innalzamento del livello del mare colpisce principalmente le popolazioni costiere impoverite che non ha dove trasferirsi”. Il porporato ha infine sottolineato che le Naioni Unite svolgono un ruolo importante per la protezione e la conservazione degli ecosistemi marini. (A cura di Amedeo Lomonaco

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Mons. Jurkovic: solidarietà internazionale base del bene comune

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Per la promozione e la protezione del bene comune è necessario riconoscere il ruolo della solidarietà internazionale. E’ quanto ha affermato ieri l’arcivescovo Ivan Jurkovič, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu e le altre organizzazioni internazionali di Ginevra, intervenendo alla 35.ma Sessione del Consiglio per i diritti Umani sulla solidarietà internazionale.
 
La solidarietà è la risposta alle sfide attuali
La comunità internazionale – ha aggiunto il presule - è attualmente chiamata ad affrontare numerosi fenomeni come le migrazioni, i cambiamenti climatici, i disastri naturali, i conflitti armati e il crescente divario tra poveri e ricchi. La delegazione della Santa Sede - ha spiegato mons. Jurkovič  - è convinta che la solidarietà internazionale rappresenti un approccio efficace per rispondere a tali sfide.
 
Solo la fraternità supera la cultura dello scarto
Il presule ha poi ricordato quanto affermato da Papa Francesco nel videomessaggio inviato al TED 2017 tenutosi a Vancouver, in Canada, dal 24 al 28 aprile scorsi. La solidarietà – aveva detto il Santo Padre - dovrebbe diventare “un atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico, economico, scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi”. “Solo l’educazione alla fraternità, a una solidarietà concreta – aveva aggiunto il Pontefice - può superare la cultura dello scarto”.
 
La solidarietà è un valore morale
La solidarietà - ha osservato mons. Jurkovič  - non è solo un dovere, ma un valore morale che deriva dal principio della fraternità umana. La solidarietà è la cura incondizionata dell'altro e richiede l'impegno di individui, privati, realtà nazionali e internazionali. La priorità – ha aggiunto – è di attuare e di rafforzare il principio della responsabilità di proteggere le persone, soprattutto le persone più vulnerabili.
 
La comunità internazionale ha scelto la solidarietà sull’egoismo
Ricordando le parole del cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, mons. Jurkovič ha inoltre affermato che la comunità internazionale, con l’agenda 2030, ha scelto la solidarietà sull’egoismo: la solidarietà con gli esclusi di oggi, la solidarietà con i poveri di domani, la solidarietà con le future generazioni.
 
La solidarietà è il più efficace antidoto ai moderni populismi
Il presule ha infine ricordato quanto affermato dal Papa lo scorso 24 marzo ai capi di Stato e di governo dell’Unione Europea. La solidarietà “aveva detto il Pontefice - è anche il più efficace antidoto ai moderni populismi”. “La solidarietà comporta la consapevolezza di essere parte di un solo corpo e nello stesso tempo implica la capacità che ciascun membro ha di ‘simpatizzare’ con l’altro e con il tutto”. “Se uno soffre, tutti soffrono”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Rinunce e nomine

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Per le rinunce e nomine consulta il Bollettino della Santa Sede:
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/06/07/0394/00883.html

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Oggi in Primo Piano



Attentato Teheran. Batacchi: evento senza precedenti.

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La comunità internazionale condanna gli attacchi che oggi hanno colpito l’Iran. Due commando sono entrati in azione a Teheran presso il Parlamento e il mausoleo dedicato all'ayatollah Khomeini. Il direttore di Rivista Italiana Difesa, Pietro Batacchi, parla di un "attacco complesso, su vasta scala, presumibilmente pianificato da settimane se non da mesi; un attacco che mette insieme più gruppi di fuoco, misti, con persone armate dotate di kalashnikov, pistole e al solito, purtroppo, kamikaze che si sono fatti esplodere". La novità è che per la prima volta la stessa Teheran, il cuore del mondo sciita e persiano, è stata colpita da un attacco del genere. Si tratta di un evento senza precedenti che avrà profonde e, temo, drammatiche ripercussioni in tutta la regione".

Perché si apre questo fronte?

"Possiamo fare delle congetture, non delle analisi. Chiaramente Teheran è il capofila del mondo sciita: è un Paese che è coinvolto su più fronti, soprattutto in Siria; in Libano tramite l’appoggio che dà ad Hezbollah; nella Striscia di Gaza con l’appoggio che l’Iran dà al sunnita Hamas. Ed è un Paese che in questo momento sta vivendo una fase di profonda contrapposizione con il capofila del mondo sunnita, ovvero l’Arabia Saudita".

Continua a rimarcarsi lo scontro tra sunniti e sciiti?

"In questo momento evidentemente non lo possiamo affermare con certezza, però ci sono degli indizi e degli indicatori che potrebbero farlo presupporre. Non dimentichiamoci cosa è successo in questi giorni: ovvero l’Arabia Saudita che, insieme ad altri Paesi tra cui gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto, ha rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar isolandolo del tutto e accusandolo di avere rapporti – neanche troppo vicini – ma troppo “normali” con lo stesso Iran. Tre settimane fa c’è stato poi il viaggio del presidente Trump in tutto il Medio Oriente: un viaggio in cui Trump ha posto le basi per la creazione di un’alleanza araba-sunnita, appoggiata nella sostanza delle cose, anche da Israele, un’alleanza in funzione appunto anti-iraniana. Oggi arriva questo attacco. Per cui – ripeto – la situazione è molto in divenire, è molto dinamica; temo che questo episodio possa portare lo stesso Iran a delle reazioni. Non è possibile adesso capire dove, come e soprattutto quando, ma temo che possano esserci reazioni in futuro".

Questo attentato in un Iran che è uscito recentemente dalle elezioni; che ha visto confermato presidente Rohani: quindi l’apertura alla comunità internazionale. Questo nonostante il dito puntato di Trump…

"Tra i Paesi della Regione l’Iran è paradossalmente quello più filoccidentale, quello su cui si potrebbe lavorare di più per favorirne l’avvicinamento all’Occidente. Trump lo allontana, perché sembra voler fare una scelta di politica estera precisa, sembra volere distanziarsi dalle posizioni assunte dall’amministrazione Obama, che è stata quella che ha fatto l’accordo sul nucleare con l’Iran. Non dimentichiamoci che su queste posizioni americane influisce anche la forza delle lobby israeliane negli Stati Uniti, che avvertono l’Iran come una delle minacce, come l’unica minaccia oggi esistenziale per lo Stato ebraico". 

 

Ascolta l'intervista:  

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Sulla crisi col Qatar si divide la comunità internazionale

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Anche la Mauritania ha aderito alle sanzioni dei Paesi arabi contro il Qatar, accusato di sostenere il terrorismo. Sul fronte internazionale gli Stati Uniti approvano le misure, attraverso le quali – ha detto il presidente Trump – potrà essere vinta la lotta allo Stato Islamico. Francia e Russia sono più favorevoli al dialogo per risolvere la frattura. Della questione Giancarlo La Vella ha parlato con Riccardo Alcàro, dell’Istituto Affari Internazionali (IAI): 

R. – Essenzialmente c’è una fortissima frustrazione, che va avanti da anni, soprattutto da parte dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti – i due attori principali in questa vicenda – nei confronti di una politica estera da parte di un membro del Consiglio di cooperazione del Golfo, il Qatar. Il caso esemplare è stato l’Egitto, dove la Fratellanza musulmana era riuscita a vincere le elezioni presidenziali e dove il Qatar ha continuato a sostenerla, mentre invece Arabia Saudita ed Emirati hanno sostenuto fortissimamente l’esercito ed appoggiato il colpo di Stato militare nel 2013, con il quale i Fratelli Musulmani sono stati del tutto estromessi dalla vita politica egiziana.

D. - Perché questa posizione differente nei confronti della Fratellanza musulmana? Siamo, in fondo, sempre all’interno dell’islam …

R. - L’Arabia Saudita vede nella Fratellanza musulmana la minaccia più grave alla legittimità della dinastia saudita, che controlla i luoghi più sacri dell’Islam: La Mecca e Medina.

D. - Nella questione rientra anche il diverso tenore dei rapporti con l’Iran che è sciita?

R. - Per l’Arabia Saudita l’Iran è il nemico principale. Sono i due Paesi più importanti e ricchi dell’area. L’Arabia Saudita è appunto uno Stato arabo, sunnita, che ospita fra l’altro un tipo di sunnismo radicale come il wahhabismo, che vede negli sciiti, che sono la stragrande maggioranza degli iraniani, una frangia eretica dell’Islam. In più c’è anche la distinzione etnica: l’Iran non è arabo, è persiano e il Qatar, ultimamente, ha fatto delle aperture all’Iran, che l’Arabia Saudita voleva immediatamente chiudere con un segnale dimostrativo molto, molto forte.

D. - L’ingresso nella crisi del Qatar e di grandi potenze come gli Stati Uniti, favorevoli alle sanzioni, la Francia, più per il dialogo, o addirittura la Turchia invece che appoggia Doha, che conseguenza può avere?

R. - È un dato di fatto che la politica mediorientale produce e alimenta divisioni all’interno del blocco occidentale. Trump ha allineato la politica estera americana nell’area alla politica estera saudita e israeliana in chiave anti-iraniana; la Turchia invece, che ha al potere un partito che ha le sue radici nell’Islam, era un altro Paese come il Qatar dei sostenitori della Fratellanza musulmana. Gli europei avrebbero come obiettivo politico quello più ragionevole, ovvero creare le condizioni perché si crei nell’area un equilibrio di potere sostenibile attraverso il coinvolgimento dell’Iran in un’architettura di sicurezza regionale e quindi la ricomposizione della rivalità fra Iran e Arabia Saudita. Tutto questo poi dovrebbe favorire la stabilizzazione delle varie aree di guerra e lo sradicamento dei gruppi sunniti radicali più estremisti come lo Stato islamico.

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Legge elettorale. Bonini: un accordo non facile, ma necessario

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In Italia, dopo la discussione generale di ieri alla Camera, in un’Aula semi deserta, oggi sono previste le prime votazioni sulla legge elettorale a cominciare da tre pregiudiziali di costituzionalità per poi passare agli emendamenti, circa 210. Un accordo, quello sulla legge elettorale, non facile da trovare tra le forze politiche e su cui ieri si è espresso anche l’ex presidente della Repubblica che ha parlato di intesa “extra costituzionale” basata solo sulle proprie convenienze in vista del voto anticipato. Ma Napolitano non è la sola voce critica. Adriana Masotti ha chiesto a Francesco Bonini, rettore dell’Università “Lumsa” di Roma e ordinario di Storia e Istituzioni politiche, se in questo momento l’Italia sia in balia di capricci e interessi personali o di partito: 

R. – Indubbiamente in Italia ci troviamo ancora tra i marosi del post referendum costituzionale del 4 dicembre scorso. E quindi le turbolenze politiche di oggi, in particolare le diverse iniziative di Matteo Renzi, sono legate a quel fatto. Quando qualcuno, a botta calda, consigliava al premier uscente di prendersi un periodo sabbatico, era anche per evitare delle fibrillazioni immediate, perché Renzi manifestasse un disegno politico di ampio raggio che appunto lo proiettasse nel futuro. Invece ci troviamo in una situazione ancora piena di fibrillazioni politiche. Onda lunga del referendum a cui si aggiunge l’onda lunga della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità dell’Italicum, che era il secondo pilastro delle riforme del governo Renzi. E quindi la situazione attuale, ovvero la necessità di una nuova Legge elettorale, e contestualmente la fibrillazione politica, è figlia legittima e molto diretta di quel cataclisma in piccolo che si è realizzato alla fine dello scorso anno, e le cui conseguenze sono ancora pienamente attive.

D. – Ma forse qualcun altro avrebbe interesse adesso ad anticipare il voto: sto pensando al Movimento 5 Stelle, ad esempio…

R. – Sì, in realtà io credo che, come ci insegna anche il caso inglese – domani vedremo l’esito di queste elezioni anticipate – non sempre le previsioni collimano con la realtà. Tutto è legato, direi più che alla forza, alla debolezza dei vari leader. Noi ci troviamo in una situazione in cui l’approdo proporzionale è assolutamente inevitabile e, a mio personale avviso anche positivo, ma in cui abbiamo delle leadership molto deboli. Tutte: da Renzi a Grillo, a Berlusconi, a Salvini, agli altri minori, tutti hanno comunque la necessità di avere un conforto elettorale. Ma leader deboli rendono la situazione, appunto, frastagliata e nello stesso tempo anche imprevedibile.

D. – Napolitano ha detto che il voto sarebbe frutto di una “intesa extra-costituzionale” legata alla legge elettorale. E anche il ministro Alfano ha denunciato palesi ragioni di incostituzionalità nel testo della riforma. Sembra comunque un accordo difficile da raggiungere…

R. – L’accordo è certamente difficile, ma un accordo è assolutamente necessario, e bisogna maneggiare con cura la denuncia di incostituzionalità. Per quanto riguarda la legge elettorale, l’intesa che si va delineando certamente pone molti problemi, ma ha una sua certa coerenza se saranno sistemati alcuni dettagli ancora in discussione. L’altra questione, cioè l’anticipo delle elezioni: votare prima della scadenza non è un tabù, ma nello stesso tempo bisogna farlo in condizioni di sicurezza.

D. – Lei si riferisce agli impegni a cui è chiamato questo governo: la legge di Stabilità, e poi portare a casa le riforme su cui si è già iniziato l’iter parlamentare…

R. – Sì, sicuramente il vero punto è il nodo delle politiche economiche. In Spagna si è fatto, in Gran Bretagna si è fatto, in Grecia, anche in condizioni drammatiche, si può anche andare ad elezioni, ma ci vuole un disegno: non ci vogliono soltanto delle pulsioni.

D. – Trovare l’accordo sulla legge elettorale significa anche andare immediatamente al voto?

R. – Non necessariamente. Secondo la saggezza delle indicazioni anche del dibattito europeo, è giusto che approvata una legge elettorale, poi si dia modo ai vari soggetti di prepararsi alle nuove regole, e quindi far passare qualche mese. Nuove regole presuppongono anche una nuova offerta politica, e questo è veramente il punto: un nuovo sistema elettorale che fortunatamente è proporzionale, ma di una proporzionale selettiva presuppone anche la formazione di nuovi soggetti, proposte e offerte politiche di cui noi, cittadini italiani, abbiamo veramente un disperato bisogno e che purtroppo non riusciamo ad identificare in questa fase così turbolenta.

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Mons. Pennisi: per Riina diritto a morte dignitosa, ma non a casa

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Disteso su una barella, in videoconferenza dal carcere di Parma, Totò Riina ha seguito l’udienza, a Firenze, del processo d’appello per la strage del treno 904, in cui è imputato come mandante. Riina, 87 anni, non era presente in aula a causa delle sue critiche condizioni di salute, argomento questo di forti polemiche negli ultimi giorni, dopo il richiamo della Cassazione al diritto di morire dignitosamente per tutti i detenuti, compreso Riina che sconta 17 ergastoli. Dichiarazione che ha aperto un aspro dibattito sulla opportunità o meno di scarcerare il boss mafioso. Francesca Sabatinelli ha intervistato mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, arcidiocesi a cui appartiene Corleone: 

R. – La sentenza della Corte va rispettata, perché non fa altro che ribadire dei principi costituzionali, perché lo Stato nei confronti della barbarie mafiosa non può e non deve amministrare giustizia con spirito di vendetta: deve rispettare la dignità di ogni persona e quindi anche il diritto a morire dignitosamente. Devo dire che però questa sentenza della Corte deve essere ben letta, perché la Corte non dice che deve essere scarcerato, dice che la sentenza del giudice di sorveglianza deve essere meglio motivata per far sì che Riina, al quale si riconosce ancora un ruolo criminale di primo piano, possa rimanere in carcere. In base alla Costituzione, lo Stato deve riservare ad una persona malata un adeguato trattamento di cura, lo Stato non può applicare né la legge del taglione, né la legge del contrappasso, né entrare in una faida perché violenza genera violenza. Detto questo, sentendo anche i vari esperti, le strutture carcerarie odierne, penso forse anche il carcere di Parma, contengono al loro interno delle sezioni ospedaliere attrezzate dove è possibile che la persona sia curata, perché il diritto alla salute e alla cura è un diritto fondamentale della persona. Quindi una persona può morire anche in carcere con una morte dignitosa e non deve necessariamente essere liberato dal carcere.

D. - La polemica si è innestata proprio sul fatto che l’interpretazione di ciò che la Cassazione ha detto poteva far pensare che Riina dovesse morire nel letto di casa sua …

R. - Corleone fa parte della mia diocesi. Sarebbe assurdo che Riina potesse risiedere a Corleone. È già abbastanza strano che qui a Corleone persone dall’estero vengono a visitare non le case dei due santi canonizzati, San Leoluca e San Bernardo da Corleone,  ma la casa di Totò Riina. In questo caso ci potrebbe essere il rischio che la sua casa diventi una specie di santuario negativo. Bisogna evitare questo nel modo più assoluto, anche perché Totò Riina è ancora considerato il capo di Cosa Nostra. Fino ad alcuni mesi fa ha rivolto minacce sia al procuratore Nino di Matteo, sia a don Ciotti  e poi, soprattutto, non ha mai manifestato la volontà di dissociazione.

D. - Ciò che è stato sottolineato da molti è proprio questo: Totò Riina è un simbolo ed è comunque ancora un personaggio influente della mafia. Lei lo conferma …

R. - Certo lo confermo.  Anche se è in fase terminale, il fatto che lui possa liberamente anche soltanto parlare con alcune persone potrebbe essere un problema, potrebbe indicare delle vendette quindi, secondo me, questa è una cosa che va esclusa. Però va trattato con dignità all’interno del carcere o di altre strutture ospedaliere perché il diritto alla salute non si nega a nessuno. Totò Riina è stato più volte invitato dai vescovi, ma soprattutto dai Papi – ricordiamo Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco – alla conversione. I Papi si sono rivolti agli uomini della mafia per invitarli alla conversione. Però vorrei dire che la conversione nel caso del mafioso, certamente non potrà ridare la vita a coloro che sono stati uccisi, ma comporta comunque un impegno fattivo affinché sia debellata la struttura organizzativa della mafia. Per cui è necessario, perché ci sia un’effettiva conversione, che ci si distacchi dalla mafia, si chieda perdono alle vittime e, per quanto è possibile, ci sia la volontà di riparare, altrimenti una presunta conversione sarebbe soltanto qualcosa di  parata non una conversione reale. L’invito che io rivolgo, non solo a Totò Riina ma a tutti gli uomini della mafia, è quello dei Papi, l’invito a convertirsi perché come ha detto  San Giovanni Paolo II, “un giorno arriverà il giudizio di Dio” e come ha detto Papa Francesco il 21 marzo 2014, “convertitevi per non finire all’inferno. È quello che vi aspetta, se continuate su questa strada”.

Ogni persona, detenuti compresi, ha dunque il diritto di morire dignitosamente, è  l’indicazione che arriva da diverse parti, con la precisazione però che il momento della morte - in questo caso del detenuto Riina -  non debba essere a casa, ma in qualsiasi struttura che possa garantire una buona assistenza medica, la vicinanza dei familiari ma anche le condizioni di sicurezza. Al microfono di Fabio Colagrande, Enzo Ciconte, docente di storia della criminalità organizzata all’Università di RomaTre: 

R. – Intanto la Cassazione ha rimandato al Tribunale di Bologna la risposta, quindi c’è ancora un passaggio successivo dal punto di vista formale. Dal punto di vista sostanziale, io credo che si dica una cosa corretta, cioè che ogni uomo, anche il peggiore nemico, ha bisogno di una morte dignitosa. Poi è chiaro che bisogna discutere, tenendo conto di due questioni: la questione personale di un uomo, che comunque si chiami, ha il diritto di morire in modo dignitoso; dall’altra parte, le vittime che ricordano quello che Riina ha fatto in tutti gli anni della sua gestione (mafiosa ndr). Naturalmente io non mi immagino – lo dico con molta franchezza – una detenzione domiciliare. Mi immagino una detenzione ospedaliera, magari in un ospedale militare o quant’altro, dove venga assicurata la massima cura a Riina, in modo tale che lui possa trapassare in modo dignitoso. Ma credo che questo si possa ottenere anche con le strutture carcerarie che ci sono in Italia, non c’è solo il carcere dove è attualmente, ma ci sono altre carceri dove Riina può essere curato.

D. – Quindi si può assicurare una cura e una morte dignitosa e, allo stesso tempo, la sicurezza?

R. – Esattamente così. Certo, se viene mandato ai domiciliari la sicurezza non ci sarà. O si mettono 40 carabinieri e militari a presidiare quella casa oppure è chiaro che la sicurezza non è assicurata. Quindi la cosa migliore è assicurare la detenzione di Riina – ripeto – con il massimo rispetto per la sua dignità, in un carcere adeguato. E ci sono in Italia carceri adeguati.

D. – Professor Ciconte, chi è Totò Riina in poche parole?

R. – Totò Riina è stato quello che inventato la strategia stragista, che dal 1979 in poi ha insanguinato le strade d’Italia. Quello che ha ideato le stragi di Falcone e Borsellino e, prima ancora, gli assassinii di tutte le forze militari, magistrati e politici siciliani, da Pio La Torre a Mattarella a Carlo Alberto dalla Chiesa a Costa a Chinnici, l’elenco sarebbe lunghissimo. Non dimentichiamoci i carabinieri, i poliziotti e le persone per bene che sono morte ammazzate proprio perché lui ha ideato questa strategia degli omicidi eccellenti, cioè fare una sfida frontale nei confronti dello Stato italiano.

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Messico, i vescovi: sia garantita libertà ai giornalisti

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Solidarietà ai giornalisti vittime, in tutto il Messico, di violenze e attacchi nell’esercizio della loro professione. Ad esprimerla, in un comunicato, è la Conferenza episcopale messicana che ricorda le parole pronunciate da Papa Francesco in occasione del discorso rivolto, il 22 settembre del 2016, al Consiglio nazionale italiano dell’ordine dei giornalisti.  “I tempi cambiano - aveva detto il Papa - e cambia anche il modo di fare il giornalista”. “Ma i giornalisti quando hanno professionalità - aveva aggiunto il Santo Padre - rimangono una colonna portante, un elemento fondamentale per la vitalità di una società libera e pluralista”.

La libertà è un dono, non si soffochi la verità
La libertà - scrivono i presuli - è un dono ereditato da Dio. E non ci sono giustificazioni per gli attacchi contro questa libertà. I vescovi messicani ricordano in particolare il messaggio di Paolo VI, nel 1975, per IX Giornata mondiale delle comunicazioni sciali: “Quando si soffoca la verità con ingiusti interessi economici, con la violenza di gruppi dediti ad attività sovversive della vita civile o con la prepotenza organizzata a sistema - scrisse Papa Montini - si ferisce l'uomo stesso: le sue giuste aspirazioni non possono essere più ascoltate e ancor meno soddisfatte”.

Giornalisti cruciali nella lotta contro impunità e corruzione
L'odio e il rancore - si legge inoltre nel messaggio della Conferenza episcopale messicana - non dovrebbero essere protagonisti nella storia della salvezza. Solo attraverso la solidarietà si può guarire la società. I vescovi confermano infine il loro sostegno spirituale alle famiglie di quanti sono stati vittime di aggressioni, estorsioni, rapimenti, omicidi. Davanti a Dio - sottolineano - nessuno svolge un piccolo compito, soprattutto quando è chiamato a ricercare e a diffondere la verità. I presuli esortano infine le autorità civili a moltiplicare gli sforzi affinché tutti i giornalisti possano liberamente esercitare la loro professione in modo da combattere impunità e corruzione, due mali che colpiscono la Nazione messicana. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Ghana: dolore della Chiesa per il brutale assassinio di un soldato

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“Le violenze crudeli contro gli esseri umani vanno fermate: non ho mai visto niente di simile. Prego per l’anima del capitano Mahama”. Lo ha detto mons. Charles Palmer-Buckle, arcivescovo di Accra e vice presidente della Conferenza episcopale del Ghana, a capo di una delegazione di vescovi che si è recata a presentare le condoglianze alla famiglia del capitano Maxwell Adams Mahama. Mons. Palmer-Buckle ha garantito l’aiuto della Chiesa alla famiglia dell’ufficiale ucciso, soprattutto per far crescere i suoi due figli.

Mons. Palmer-Buckle: Paese da risanare
Il 32.enne militare Maxwell Adams Mahama - rende noto l’agenzia Fides - è stato assalito il 29 maggio mentre stava facendo jogging. Due donne lo avevano accusato di essere un rapinatore. Membri della comunità di Denkyira Boase lo hanno colpito a morte, prendendolo a sassate. La polizia ha arrestato almeno 17 persone. “La comunità cristiana - ha sottolineato Mons. Palmer-Buckle - ha ora un ruolo nel risanare il Paese, formando la coscienza dei cittadini del Ghana”. “Dobbiamo denunciare - ha concluso - quello che è sbagliato e pregare Dio per la conversione totale di ogni cristiano”.

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Vescovo di Marawi: al terrorismo reagiamo con la preghiera

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Nelle Filippine prosegue a Marawi la grave crisi provocata dai terroristi del gruppo “Maute”. Gli estremisti hanno distrutto la cattedrale, bruciato scuole e messo in fuga la popolazione civile. I militanti del gruppo “Maute” hanno anche sequestrato, e tengono tuttora in ostaggio, circa 200 persone, tra le quali padre Teresito Suganob e 15 fedeli cattolici. Dopo l'intervento massiccio dell'esercito filippino per liberare la città, i terroristi sono ora confinati in una piccola area e si nascondono in alcuni tunnel.

Il vescovo di Marawi: abbiamo timore per gli ostaggi
“A Marawi si combatte ancora e abbiamo timore per gli ostaggi. Non sappiamo nulla sulle loro condizioni: rapiti da due settimane, potrebbero avere carenza di cibo, acqua e medicine. Siamo in trepidazione e preghiamo per loro”, sottolinea il vescovo di Marawi, mons. Edwin de la Pena. Il presule - riferisce l’agenzia Fides - si è inoltre detto costernato per la diffusione sui social media di un video che mostra giovani militanti armati profanare statue e immagini sacre.

Reazione dei cristiani affidata alla preghiera
"E’ un esecrabile atto di blasfemia. I terroristi - ha spiegato mons. Edwin de la Pena - vogliono instillare odio nei cristiani e provocare una reazione. La nostra reazione sarà solo la preghiera, la fratellanza e la solidarietà interreligiosa, che molti amici musulmani ci hanno mostrato in queste ore, anche aiutando e difendendo i cristiani di Marawi”.

Solidarietà dal mondo islamico moderato
Diversi leader musulmani si sono subito espressi sugli avvenimenti che hanno sconvolto la città di Marawi: Alim Abdulmuhmin Mujahid, vice presidente del Consiglio degli Ulama a Basilan ha condannato la profanazione della cattedrale definendo il gesto “non islamico”. Anche il governatore della Regione autonoma di Mindanao musulmana, Mujiv Hataman, ha invitato tutti i musulmani di Mindanao a “condannare l'azione dei terroristi legati allo Stato Islamico” e ha chiesto ai cittadini musulmani e cristiani di “non cadere nella trappola del Maute” che vuole innescare un conflitto sociale e religioso.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 158

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.