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Sommario del 09/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: la vera gioia è di Dio, non la bellezza truccata della vanità

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Nei momenti più brutti, della tristezza e del dolore, anche di fronte agli insulti, scegliere la via della preghiera, della pazienza e della speranza in Dio, senza cadere nell’inganno della vanità. Così il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il servizio di Giada Aquilino

Non farsi ingannare dalla “bellezza truccata” della vanità ma lasciare entrare nel nostro cuore quella “gioia che è di Dio”, ringraziando il Signore per la “salvezza” che ci concede. Questa la riflessione del Papa, soffermandosi sull’odierna Prima Lettura, dal Libro di Tobia. Francesco rilegge in particolare la storia, del tutto “normale” dice, di un suocero e una nuora: Tobi - il padre di Tobia, divenuto cieco - e Sara, moglie di Tobia, accusata in passato di essere stata responsabile della morte di alcuni uomini. Un passo, spiega il Pontefice, in cui si comprende come il Signore porti avanti “la storia” e “la vita delle persone, anche la nostra”. Tobi e Sara, prosegue, hanno infatti vissuto “momenti brutti” e “momenti belli”, come “in tutta la vita”. Tobi era “perseguitato”, “preso in giro”, “insultato” da sua moglie, che però - aggiunge il Papa - non era una donna cattiva, “lavorava per portare avanti la casa perché lui era cieco”. E anche Sara era insultata, soffrendo “tanto”. Entrambi in quei momenti - “era tutto nero”, osserva Francesco - hanno pensato: “meglio morire”.

“Tutti noi siamo passati per momenti brutti, forti, non tanto forti come questo, ma noi sappiamo cosa si sente nel momento buio, nel momento di dolore, nel momento delle difficoltà, noi sappiamo. Ma lei, Sara, pensa: ‘Ma se io mi impicco farò soffrire i miei genitori?’ e si ferma e prega. E Tobi dice: ‘Ma questa è la mia vita, andiamo avanti’ e prega, e prega. E questo è l’atteggiamento che ci salva nei momenti brutti: la preghiera. La pazienza: perché tutti e due sono pazienti con il proprio dolore. E la speranza che Dio ci ascolti e faccia passare questi momenti brutti. Nei momenti di tristezza, poca o tanta, nei momenti bui: preghiera, pazienza e speranza. Non dimenticare questo”.

Ci sono poi anche momenti belli nella loro storia. Ma il Papa sottolinea che non si tratta di un “happy ending” di un romanzo:

“Dopo la prova, il Signore si fa vicino a loro e li salva. Ma ci sono dei momenti belli, autentici, come questo, non quei momenti con bellezza truccata, che tutto è artificioso, un fuoco d’artificio, ma non è la bellezza dell’anima. E cosa fanno tutti e due nei momenti belli? Ringraziano Dio, allargano il cuore nella preghiera di ringraziamento”.

Il Pontefice esorta quindi a domandarci se nei diversi frangenti della nostra vita siamo in grado di discernere cosa succeda nella nostra anima, comprendendo che i momenti brutti sono “la croce” ed è necessario “pregare, avere pazienza e avere almeno un pochettino di speranza”: bisogna evitare di cadere “nella vanità” perché “sempre c’è il Signore” accanto a noi, quando ci rivolgiamo “a Lui nella preghiera”, ringraziandolo inoltre per la gioia che ci ha donato. Sara col discernimento ha capito di non dover arrivare ad impiccarsi; Tobi si è accorto di dover “aspettare, nella preghiera, nella speranza, la salvezza del Signore”. L’invito di Francesco è dunque a rileggere questi passi della Bibbia:

“Mentre noi, questo fine settimana, leggiamo questo Libro, chiediamo la grazia di saper discernere cosa succede nei momenti brutti della nostra vita e come andare avanti e cosa succede nei momenti belli e non lasciarci ingannare dalla vanità”.

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Papa: necessaria la presenza della donna nella vita sociale ed ecclesiale

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Le donne siano presenti nei vari ambiti della vita per contribuire all’unità della famiglia umana, superando la cultura dello scarto. Così il Papa incontrando in Vaticano i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso che in questi giorni si sono confrontati proprio sul tema: “Il ruolo della donna nell’educazione alla fraternità universale". Alle donne coi loro doni e le loro capacità, ma anche agli uomini, il monito di Francesco è a camminare insieme verso il dialogo. Cecilia Seppia: 

Oggi più che mai è necessario che le donne siano presenti nella vita sociale, economica, politica, nazionale, internazionale e anche ecclesiale. L’affermazione del Papa davanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, punta a ribadire l’importanza della donna nell’educazione alla fraternità universale, in un mondo che offusca e colpisce la sua dignità, rendendola troppo spesso vittima di soprusi e violenze.

Le donne, e perfino i bambini, sono infatti tra le vittime più frequenti di una cieca violenza. Là dove l’odio e la violenza prendono il sopravvento, essi lacerano le famiglie e le società, impedendo alla donna di svolgere, in comunione d’intenti e di azione con l’uomo, la sua missione di educatrice in modo sereno ed efficace”.

Primo passo per una società più giusta e fraterna - afferma Francesco -  è valorizzare il ruolo delle donne, anche attraverso strumenti legali, così che possano trasmettere in pienezza i loro doni all’intera comunità e contribuire all’unità della famiglia umana.

Si tratta di ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva. Ci sono tante e tante donne che negli incarichi svolti nel quotidiano, con dedizione e coscienza, con coraggio talvolta eroico, hanno messo e mettono a frutto il loro genio, i loro tratti preziosi nelle più varie, specifiche e qualificate competenze unite all’esperienza reale di essere madri e formatrici”.

Altro punto su cui Bergoglio insiste è la vocazione alla fraternità insita nelle donne, capace di far nascere e crescere nuove modalità di accoglienza e stima reciproca. L’apporto della donna nel campo dell’educazione, sostiene Francesco, è inestimabile, non esclusivamente in quanto madre, ma per il modo che essa ha di porsi nei confronti della vita umana in generale.

Così le donne, legate intimamente al mistero della vita, possono fare molto per promuovere lo spirito di fraternità, con la loro cura per la preservazione della vita e con la loro convinzione che l’amore è la sola forza che può rendere il mondo abitabile per tutti. In effetti, le donne restano spesso le sole ad accompagnare gli altri, soprattutto coloro che sono più deboli nella famiglia e nella società, le vittime di conflitti e quanti devono affrontare le sfide di ogni giorno”.

Alla base di tutto, per costruire una fraternità universale, c’è la necessità di dialogare, imparando a costruire legami di amicizia e di rispetto. E anche in questo la donna è più impegnata a livello di “dialogo della vita” nell’ambito interreligioso, contribuendo così ad una migliore comprensione delle sfide tipiche di una realtà multicuturale.

“Ma le donne possono inserirsi a pieno titolo anche negli scambi a livello di esperienza religiosa, nonché in quelli a livello teologico. Molte donne sono ben preparate ad affrontare incontri di dialogo interreligioso ai più alti livelli e non solo da parte cattolica. Ciò significa che il contributo delle donne non va limitato ad argomenti 'femminili' o ad incontri fra sole donne. Il dialogo è un cammino che la donna e l’uomo devono compiere insieme.”

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Mons. Audo: le donne eroine in questi anni di guerra in Siria

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Tra i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo Interreligioso, presenti all’udienza con il Papa, anche mons. Antoine Audo vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria."In questi anni di guerra le donne sono state vere eroine" spiega, mentre sul terreno continua l'offensiva anti-Is, della coalizione a guida statunitense, specie su Raqqa dove a rischio secondo l'Unicef sarebbero oltre 40mila bambini.  Al microfono di Gabriella Ceraso mons Audo riflette sui contenuti dei lavori della Plenaria e su una guerra ancora lontana dalla soluzione politica. Ascoltiamo le sue parole: 

R. – Trovo che questo tema e questo ruolo della donna ci dia il coraggio di andare avanti, di aver fiducia, e di non metterla in secondo piano. Penso che anche noi cristiani dobbiamo fare degli sforzi per dare più fiducia al suo ruolo di educatrice e di responsabile nella società. Questo mi ha colpito molto. Sono stato molto contento di vedere le donne tenere importanti interventi davanti ai cardinali, ai vescovi: questa è la strada del futuro.

D.- Si è parlato in questi giorni anche di donna come “costruttrice di pace”. Lei ha testimonianze di questo in Siria?

R. – Sì. Non vedo direttamente un intervento sociale o politico delle donne: non si trova questo in Siria, a causa della struttura del Paese, ma penso che la donna sia simbolo della “resistenza” della vita. La donna è dignità, la donna è continuità; capace di soffrire e di rimanere in piedi, di stare accanto alla famiglia e ai bambini. Per me la donna è veramente un’eroina nella guerra in Siria.

D. – Parliamo proprio del terreno. I bombardamenti continuano.In queste ore la coalizione internazionale a guida statunitense sta bombardando Raqqa e si parla dell’uso di bombe al fosforo …

R. – Usano tante armi. Tutto è possibile. Non posso controllare, ma tutto è possibile.

D. – Che fase sta vivendo la Siria? Siamo nella ricostruzione, nell’attesa o ancora nella distruzione ?

R. – Penso piuttosto che si sta vivendo nel dolore della guerra. Non vedo la luce di una riconciliazione, di una soluzione politica in questo momento. Per me la dinamica, dall’inizio fino ad ora è stata questa: distruggere e dividere per prendere le ricchezze della regione. Questo, al servizio di potenze internazionali e locali. Per uscire da questa guerra invece la Siria deve ottenere rispetto come Stato, come governo, come storia. Non si deve incoraggiare la divisione per interessi particolari. Occorre una soluzione politica.

D. - Si dice che la lotta allo Stato islamico in Siria abbia creato una serie di conseguenze che vanno dall’Asia agli attentati in Europa … un risvegliarsi di odio e di vendetta. Cosa ne pensa?

R. - Penso che il mondo musulmano davanti alla società moderna sperimenti una profonda umiliazione, non c’è un’espressione di rispetto della loro storia e della loro religione. Questa è la situazione psicologica generale e questa situazione è sfruttata a livello politico, è strumentalizzata per creare situazioni di violenza al servizio di un potere economico mondiale. Questa è la mia convinzione.

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Francesco: attentato a Teheran, un atto di violenza insensata

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“Un grave atto di violenza senza senso”. Così Papa Francesco definisce l’attentato avvenuto a Teheran, mercoledì scorso. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, il Papa assicura le sue preghiere per le vittime di quello che definisce “un atto barbarico”. Francesco esprime inoltre la sua vicinanza ai familiari delle vittime e al popolo iraniano.

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Piena convergenza tra Papa e vescovi del Venezuela

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Papa Francesco ha ricevuto stamani in Vaticano i membri della presidenza della Conferenza episcopale del Venezuela. In serata, la conferenza stampa dei vescovi stessi. "II Papa - ha riferito mons. Diego Rafael Padron Sanchez, vescovo di Cumana' e presidente della Conferenza episcopale venezuelana, era gia' molto informato sulla situazione, ma questa udienza conferma le sue informazioni e segna un avvicinamento piu' grande alla conferenza episcopale e rafforza le nostre attivita' e le nostre decisioni".

"Il Papa, ha aggiunto, e' davvero preoccupato e sente le necessita' del popolo venezuelano". Il presule ha poi affermato che è necessario "riconoscere la volonta' del popolo che chiede alimenti, medicine, liberta' e elezioni libere e, prima delle elezioni, una consultazione popolare sulla Assemblea costituente". Sui contenuti dell’udienza di oggi, Alina Tufani ha intervistato il cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas presente all’incontro con Francesco: 

R. - L’incontro è stato molto bello. Il Santo Padre ci ha ricevuto per ben 50 minuti con una grande cordialità. Abbiamo potuto parlare con grande libertà, manifestando prima di tutto la nostra comunione con il Santo Padre. Noi siamo veramente uniti al successore di Pietro; non è vero che il Papa va per una via e noi andiamo per un’altra; questo è assolutamente falso. Noi siamo uniti con il Santo Padre che vuole, anche lui, la risoluzione della grave crisi politica, economica, sociale e umanitaria che soffre il Venezuela. Papa Francesco lo ha detto anche il 30 aprile scorso a Piazza San Pietro, chiedendo delle negoziazioni politiche per risolvere i problemi che il popolo venezuelano sta affrontano per colpa di questa crisi.

D. - Lei parla di negoziazioni, non di dialogo. Perché? Qual è la differenza in questo caso?

R. - Le negoziazioni sono delle trattative per risolvere i problemi, questa è una cosa chiarissima. La parola dialogo può essere male interpretata. Allora insieme al Santo Padre parliamo di negoziazioni, ma queste non si possono realizzare adesso, senza che ci siano delle condizioni chiare, che si diano garanzie sicure come ha detto Papa Francesco in un’altra occasione.

D. - Cosa potrebbe fare in questo caso la Santa Sede per queste negoziazioni?

R. - Non lo so. Penso semplicemente che il governo deve capire che se non si risolvono i problemi del popolo venezuelano, quello della fame, quello della mancanza di medicinali, quello dei prigionieri politici, la mancanza di elezioni, l’annullamento delle facoltà costituzionali dell’assemblea nazionale, cioè del parlamento, senza queste condizioni non ci sarà pace in Venezuela. Il governo deve capire questo.

D. - Molti parlano della vicinanza di una specie di guerra civile, di un colpo di Stato … Come possiamo vedere da fuori quello che si vive in questo momento in Venezuela?

R. - No, penso di no a queste ipotesi. Penso che dobbiamo occuparci di arrivare a queste negoziazioni per ritrovare la convivenza sociale pacifica che vogliamo tutti in Venezuela.

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I vescovi di Panama dal Papa anche in vista della GMG 2019

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I vescovi di Panama, in visita ad Limina apostolorum, sono stati ieri in udienza da Papa Francesco.  Un incontro molto fraterno durante il quale hanno potuto aggiornare il Pontefice sulla organizzazione della Giornata Mondiale dei Giovani che avrà luogo a Panama nel 2019. Un’occasione anche per il Papa di sottolineare l’importanza dei laici e dei giovani per la Chiesa e la società.  Mons. Josè Francisco Ulloa Mendieta, presidente della Conferenza episcopale panamense al microfono di Alina Tufani:

R. - Ha sido un encuentro muy fraterno. Un encuentro muy esperado por nosotros...
E’ stato un incontro molto atteso specialmente perché nel 2019 Panama sarà la sede della Giornata Mondiale della Gioventù. Questo è stato uno dei temi di cui abbiamo parlato con il Santo Padre per aggiornarlo sull’organizzazione della Gmg. Vorrei anche sottolineare soprattutto l’accoglienza fraterna di Papa Francesco.

D. - Di che cosa avete parlato con il Santo Padre. Cosa vi ha detto?

R. - Hemos tocado diversos temas. Uno de los màs importantes fue el de la familia...
Abbiamo toccato diversi temi. Uno dei più importanti quello della famiglia. Abbiamo parlato anche della realtà dell'ideologia gender, di come sta aggredendo la nostra realtà sociale. Un altro tema su cui il Papa ha fatto leva è stato quello di accompagnare e di dare spazio ai laici. Ci ha chiesto di non essere clericali e di non clericalizzare i laici. Cioè di lasciare che il laico scopra la propria missione e la propria voce nella Chiesa attraverso il battesimo. Infine abbiamo parlato del Sinodo dei giovani e ci ha invitato ad ascoltarli, anche i i non credenti, per capire come vedono gli altri giovani e come vedono il proprio presente. Infine, abbiamo parlato anche delle vocazioni.

D. - Tra tutti questi argomenti, qual è quello che vi preoccupa di più come vescovi, come Chiesa?

R. - De todos creo que el de fortalecer la familia y tambièn que el laico catolico….
Di tutti credo che il più importante sia quello di fortificare la famiglia e anche che il laico cattolico, cristiano, sia il protagonista della trasformazione della società; non deve rimanere solo nelle sagrestie per partecipare al culto, ma che sia sempre più sottile quella separazione tra fede e vita.

D. - Come vede i giovani di Panama e del Centroamerica, i giovani che saranno protagonisti della GMG di Panama?

R. - No se debe ver la Jornada Mundial de la Juventud como un gran evento sino como un proceso…
La Giornata Mondiale della Gioventù non va vista come un grande evento ma come un percorso. Questa giornata deve portare i giovani ad una presa di posizione, ad una decisione, a ripensare la propria vocazione, a chiedersi: “Cosa voglio fare della mia vita e come questa vita può cambiare il mondo?”.

D.- I problemi dei giovani centroamericani?

R. - El gran problema de los jovenes es la falta de oportunidades...
Il grande problema dei giovani è la mancanza di opportunità; le difficoltà per alzare il livello di formazione, specialmente quella accademica in modo che tutti possano avere le stesse opportunità e che non ci siano degli esclusi. In Centroamerica soprattutto c’è una realtà di povertà, di mancanza di lavoro, tanto che molti rischiano la vita per migrare verso il Nord America. E poi c’è la solitudine nella quale vivono tanti giovani che sono stati inghiottiti dal narcotraffico, dalle gang, e questo ci deve fare riflettere come Chiesa.

D. - Panama è una terra di passaggio tra continenti, tra oceani. Terra di incontro e di partenze. Come arcivescovo di Panama, quali sono le sue aspettative per la GMG?

 R.- Que Panamà pueda ser eso el centro de union de los jovenes...
Che Panama possa diventare il centro di unione tra i giovani. Stiamo lavorando anche perché la Giornata Mondiale dei Giovani possa essere molto ecumenica. Io credo che il grande segno di unità a livello mondiale e latinoamericano è poter dire ai popoli che nonostante le differenze abbiamo obiettivi comuni. Lavoriamo per integrare altri gruppi religiosi non cattolici nel progetto della Giornata Mondiale della Gioventù.

 

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Rinuncie e nomine

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Per le rinuncie e le nomine di oggi consultare il Bollettino della Santa Sede
 

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Tweet Papa 9 giugno

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Papa Francesco ha lanciato un nuovo tweet sul suo account @Pontifex: "Ciascuno di noi, come membro vivo del Corpo di Cristo, è chiamato a promuovere l’unità e la pace".

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Oggi in Primo Piano



GB: conservatori senza maggioranza, puntano su unionisti

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"La Gran Bretagna adesso ha bisogno di certezze" e i conservatori sono gli unici che possono garantirle. Lo ha detto, dopo il colloquio con la regina Elisabetta, la premier britannica Theresa May in un breve discorso in cui, fra l’altro, ha annunciato la collaborazione con gli unionisti nordirlandesi. Con il voto anticipato di ieri, i conservatori hanno perso la maggioranza assoluta, conquistando 318 seggi; seguono i laburisti con 262, poi, con qualche decina di rappresentati, si trovano i nazionalisti scozzesi, i liberal-democratici e gli unionisti nordirlandesi. Il servizio di Marco Guerra: 

Le elezioni anticipate in Gran Bretagna sortiscono l’effetto opposto rispetto ai motivi che avevano portato la premier May a convocarle. I conservatori perdono la maggioranza assoluta e il governo di Londra si indebolisce in vista del negoziato sulla Brexit. Ora si apre la partita della formazione del governo: la maggioranza parlamentare necessaria è fissata in 326 seggi, i conservatori ne hanno 318 e, secondo le indiscrezioni di stampa, possono già contare sui 10 scranni ottenuti dagli unionisti nordirlandesi. La May, dopo il colloquio con la regina Elisabetta, potrebbe già annunciare la lista dei ministri nel pomeriggio. Intanto i liberal-democratici hanno fatto sapere che non faranno accordi di coalizione, mentre i laburisti si dicono pronti a formare un governo di minoranza con il leader Corbyn che chiede le dimissioni della May. Tutti sembrano concordare sulla necessità che il negoziato della Brexit vada avanti senza interruzioni. Una richiesta avanzata anche dalla sponda europea, con il presidente della commissione Ue Jean-Claude Juncker che si augura che siano evitati ritardi. Per un’analisi del voto sentiamo il ricercatore dell’Ispi, Matteo Villa

R. - È chiaramente un voto di protesta direi, nel senso che May sperava di uscire rafforzata dalle urne -  invece ne esce fortemente indebolita - mentre incredibilmente Corbyn e il Labour fanno passi molto in avanti. Ma una cosa interessante è proprio il flusso elettorale: si diceva che chi avesse votato Ukip, quindi il partito indipendentista cinque anni fa, quest’anno avrebbe votato i conservatori. Invece, incredibilmente, hanno votato i laburisti. Questo è stato il motivo per cui i conservatori non si sono rafforzati molto. Quindi il voto di protesta rientra all’interno del Labour Party. Questo cambia molto gli scenari e ci propone un partito conservatore massimalista, perché pro 'hard Brexit', e dall’altra parte un partito laburista altrettanto massimalista, quasi anni ’70 –’80, a favore delle nazionalizzazioni. Un Regno Unito molto, molto spaccato.

D. - Alcuni politici motivano questo risultato in chiave Brexit, mentre molti commentatori mettono l’accento sugli attacchi terroristici di queste settimane. Cosa ha condizionato il voto?

R. - A mio parere quasi nessuna delle due. Di Brexit se ne è parlato poco; il terrorismo ha fatto sì che ci si riunisse sotto la bandiera britannica, si reagisse, ma di fatto non pare aver spostato molto. Quello che forse ha inciso di più è stato il momento in cui Corbyn si è dimostrato, nonostante un programma massimalista, capace di attrarre gli elettori che volevano protestare rispetto ad un governo abbastanza statico e ad una premier che non è percepita come in grado di portare il Regno Unito ad uscire dall'Ue con certezza. Nel Paese la disuguaglianza è fortissima nonostante il Regno Unito continui a crescere e molto probabilmente chi qualche anno fa votava il partito indipendentista per protestare, adesso ha deciso di passare al Labour. Quindi è il programma interno ad aver motivato gli elettori piuttosto che la Brexit o il terrorismo.

D. - Quali scenari politici si aprono ora per la Gran Bretagna? Il governo di coalizione è un’ipotesi sul tavolo?

R. – Mi sembra molto difficile una coalizione tra conservatori e Labour, anche perché le posizioni sono veramente diverse, tranne sulla Brexit; entrambi sono d’accordo che ormai si deve accettare l’esito del voto. La cosa più probabile è che nel tentativo delle prossime settimane May provi con i conservatori a trovare una maggioranza anche solo di pochi punti con gli ukipisti irlandesi, che sarebbe sufficiente. Dall’altra parte a Corbyn, a mio parere, conviene stare all’opposizione perché è un partito ancora molto lontano da un possibile governo. Insomma, ai laburisti conviene molto una situazione di rafforzamento, ma all’opposizione.

D. - Cosa c'è da attendersi per la leadership di Theresa May? Il leader laburista Corbyn chiede le sue dimissioni…

R. - Corbyn fa bene a chiedere le sue dimissioni, a mio parere strumentali, perché è quasi chiaro che i laburisti non possono formare un governo al momento. La May ha detto che secondo lei dovrebbe rimanere per dare stabilità, ma di fatto il suo indebolimento fa sì che anche all’interno del suo partito si moltiplichino le voci che la vorrebbero fuori. Quindi vedremo nei prossimi giorni.

D. – L’Europa legge questo voto come un anelito anti Brexit. In realtà cosa cambia negli equilibri europei con questo risultato?

R. – Il capo della Commissione europea per il negoziato sulla Brexit ha detto che è un voto che mostra che la Gran Bretagna non è a favore della Brexit. Non è proprio vero, anzi, a mio parere, l’Europa doveva sperare in una vittoria del rafforzamento di May che a quel punto, in una posizione di forza, avrebbe potuto far digerire anche al suo partito delle trattative che non andassero troppo a favore del Regno Unito. Così invece è un partito conservatore molto più indebolito e rischia di dover negoziare al massimo per poter poi far passare una Brexit dal suo Parlamento interno. Quindi a mio parere non è qualcosa che salva l’Europa. Vedremo se l’Europa riuscirà a parlare con una voce unica quando si siederà al tavolo dei negoziati.

D. – Quali sono quindi le sfide che dovrà affrontare il nuovo esecutivo?

R. - La prima sfida è quella di rispondere davvero a questo voto di protesta perché le disuguaglianze nel Paese, come abbiamo detto, sono le più alte dagli anni ’70. Nonostante il Regno Unito sia uscito dalla crisi, di fatto il Pil pro-capite medio è più alto del 20 per cento rispetto alla crisi. Però ne hanno beneficiato soprattutto gli strati più ricchi, quello finanziario della città di Londra. Quindi è un Paese che si spacca sempre di più a livello regionale, a livello degli strati sociali. Questo va detto. C’è bisogno di riunire il Paese qualunque governo si ritrovi a farlo nelle prossime settimane.

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Clima. Santa Sede presente a Astana 2017 sulla Future Energy

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Ricordando Milano 2015 e guardando a Dubai 2020 oggi ad Astana apre l’Esposizione Universale sull’energia. Per tre mesi il Kazakistan diventerà crocevia di Cina, Russia ed Europa. Nella città della mediazione diplomatica per la crisi siriana, sono attesi dai 5 ai 7 milioni di visitatori, che potranno partecipare ed assistere ad incontri, eventi e convegni sull’energia del futuro, la "Future Energy”, sotto tono quindi petrolio e gas.

Arrivato il cardinale Turkson
Il quartiere fieristico ospita oltre 115 Paesi da tutto il mondo, e non mancheranno arte, cultura e intrattenimento. Tutta la struttura è a basso impatto ambientale ma ad alto rendimento energetico. Oggi per l’inaugurazione ufficiale è arrivato anche il cardinale Peter K. A. Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, la Santa Sede infatti partecipa alle Esposizioni Universali fin dal 1851.

La Santa Sede e la casa comune
Il padiglione della Santa Sede guarda all’energia del futuro in relazione alla “cura della casa comune”. Come ha più volte sostenuto Papa Francesco nella sua Enciclica “Laudato Sì”, in contesti pubblici o nelle Omelie a Casa Santa Marta, come il 9 Febbraio 2015, in cui ha ribadito che “anche per noi c'è la responsabilità di far crescere la terra, di far crescere il creato, di custodirlo e farlo crescere secondo le sue leggi: noi siamo signori del creato, non padroni”.

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Istat, aumentano gli occupati, ma preoccupa la vertenza Ilva

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Buone notizie sul fronte del lavoro. Nel primo trimestre 2017 aumentano gli occupati, con 52 mila persone al lavoro in più rispetto al trimestre precedente e 326 mila in più  rispetto al 2016. I sindacati sono però preoccupati per le tante vertenze aperte, a cominciare dall’Ilva. Alessandro Guarasci: 

L’Istat dice che segnali positivi dal mercato del lavoro ci sono. Il tasso di disoccupazione nel primo trimestre del 2017 si attesta all'11,6, cala dunque di 0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, il che significa 49 mila disoccupati in meno. Rispetto al 2016 ci sono 326 mila occupati in più, ma questo riguarda soprattutto la fascia di chi ha più di 50 anni e in misura minore coloro che sono tra i 15 e i 34 anni. Ma come dare più lavoro ai giovani? Marco Bentivogli, segretario generale della Fim, i metalmeccanici della Cisl:

“Serve un sistema duale di formazione e di alternanza scuola-lavoro che consenta un passaggio dalla scuola al lavoro che rafforzi le competenze delle persone”.

Aumentano i lavoratori dipendenti, ma diminuiscono i lavoratori con contratti a termine che vengono stabilizzati in un anno. Nel primo trimestre 2017 solo un lavoratore su 5 è stato portato a un contratto a tempo indeterminato. Riccardo Ghidella, nuovo presidente dell’Ucid, l’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti:

“L’aiuto del cuneo fiscale sia effettivo e continuativo però abbia una valorizzazione ulteriore per i contesti territoriali in cui è applicato. Intendo dire che noi abbiamo delle filiere, dei distretti di eccellenza che vanno aiutati dove evidentemente c’è più domanda. Rivolgersi a politiche di occupazione deve tenere conto di un Italia che la nostra struttura produttiva sta cambiando”.

Per Bentivogli la stabilità politica è fondamentale per rilanciare il Paese.

“Questo è un Paese troppo litigioso, che si spacca su tutto, che dà un’instabilità politica che fa malissimo al lavoro, fa malissimo all’industria e non aiuta a fare le riforme necessarie di modernizzazione del Paese”.

Sullo sfondo infatti ci sono vertenze importanti, come l’Ilva. I sindacati sperano in un intervento risolutivo del governo dopo che la cordata Arcelor-Mittal ha vinto l’appalto. Ancora Bentivogli:

“Il piano dell’azienda a cui è stata aggiudicata la gara è ancora troppo impegnativo, contiene un numero di esuberi altissimo, attorno ai 5 mila, e per noi sono numeri inaccettabili. Dalla prossima settimana si partirà con il negoziato. Mi auguro che ci saranno i tempi entro settembre per arrivare a un accordo che è considerato causa di sospensiva per poter perfezionare la giudicazione e la cessione, per cui avremo un po’ più di potere tale nel far cambiare il piano Arcelor-Mittal”.

Ghidella, eletto da due giorni alla guida dell’Ucid, mette l’accento sulla responsabilità sociale degli imprenditori:

“Noi abbiamo un situazione di criticità innanzitutto valoriale. Quindi nei comportamenti dobbiamo instillare nell’impresa, nel management, in tutte le attività dell’economia, l’importanza che ha la qualificazione della dignità della persona e in ogni territorio la caratteristica rispetto alle filiere produttive e alle problematiche del lavoro che aiutino questa caratteristica”.

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Domani la visita di Papa Francesco al presidente Mattarella

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Alla vigilia della visita ufficiale di Papa Francesco al Quirinale, Fabio Colagrande ha sentito il commento di Nicola Graziani, quirinalista dell'Agenzia Italia 

R. – Quando il presidente Mattarella, nell’aprile del 2015, arrivò in visita in Vaticano, mi colpì moltissimo la forte e spontanea comunanza d’idee e sensibilità tra lui e il Papa. C’è un comune sentire tra questi due personaggi, in fondo superiori alla meschinità della politica di tutti i giorni. Condividono le stesse idee sugli stessi grandi problemi che costantemente indicano alla politica o alla Chiesa o a tutti perché vengano risolti. Penso solamente al problema del lavoro e della disoccupazione giovanile. O al nuovo modo in cui bisognerebbe affrontare la politica… Mi vengono in mente, a  questo proposito, le recenti parole del Papa all’Azione cattolica: sono parole che si sposano perfettamente con quelle che di solito usa Mattarella. Diciamo che nell’incontro tra Francesco e il presidente Mattarella, rispetto a occasioni precedenti, ci sono meno pacche sulla spalla, c’è meno ostentazione di un rapporto personale, ma c’è una comune visione del mondo che è molto più forte come collante.

D. – Distinzione dei ruoli ma nell’ottica di una collaborazione per il bene comune. E’ questo lo spirito dei rapporti tra Italia e Santa Sede che verrà incarnato anche in questo incontro…

R. – Assolutamente sì. Per fortuna è un approccio dimostrato dalla lunga tradizione dei rapporti fra i due Stati. Forse la visita di Papa Francesco avrà una sola differenza, rispetto a quelle di alcuni suoi predecessori. Quando i Papi erano tradizionalmente italiani e venivano al Quirinale, infatti, c’era sempre quasi un sottile disagio, non detto, perché ci si ricordava che questo palazzo era stato il palazzo del Papa fino al 1870. Con Karol Wojtyla, con Joseph Ratzinger e adesso, in maniera più completa, con Bergoglio, abbiamo superato questo piccolo disagio psicologico. Adesso i rapporti sono ancora più maturi: i due Stati sono ancora più pronti a una collaborazione per affrontare i grandi problemi della politica e della contemporaneità.

D. – Il tema del lavoro giovanile, sul quale il Papa è tornato recentemente a Genova, potrebbe essere uno di quelli su cui il Pontefice e il presidente Mattarella potrebbero incontrarsi e ritrovarsi per lanciare un appello comune…

R. – Tu giustamente citavi il discorso del Santo Padre all’Ilva; io cito il discorso di fine anno di Mattarella che ha insistito su due punti: la lotta alla corruzione, che è grosso modo il 7 per cento del Pil e quindi l’esigenza di un rinnovamento anche morale e anche civile, e poi i problemi della disoccupazione giovanile e dell’ambiente… Sono tutti argomenti che noi abbiamo considerato per tanti anni belle cose, belle battaglie, un po’ utopiche in realtà: ma la buona politica ha bisogno di utopia e delle grandi visioni strategiche dell’uomo. Il Papa su questo giustamente può indicare la strada. Mattarella che è un cattolico praticante, laico in politica ma cattolico praticante, è perfettamente in grado di recepire questi messaggi e di tradurli in azione politica laica, cioè valida per tutte le componenti della società italiana.

D. - Cosa possiamo, in conclusione, aspettarci dall’incontro di domani?

R.  – Il rafforzamento di queste grandi e nobilissime e più che  necessarie battaglie. Perché queste battaglie hanno sempre bisogno di essere rafforzate, di essere ribadite. La mente degli uomini è sempre un po’, come dire, superficiale; tendiamo a dimenticarcene facilmente, facendoci prendere dalle ansie della quotidianità. Ma le grandi vittorie arrivano e maturano quando si guarda in maniera strategica al futuro ricordandoci giorno per giorno che bisogna puntare in alto.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 160

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.