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Sommario del 13/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: non restare inerti a grido dei poveri, 19 novembre I Giornata Mondiale

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“Siamo chiamati a tendere la mano ai poveri”, di fronte all’estendersi “della povertà a grandi settori della società”, “non si può restare inerti e tanto meno rassegnati”. Il Papa tocca questi temi nel messaggio per la I Giornata Mondiale dei poveri che si terrà il 19 novembre. Quel giorno, dopo la Messa a san Pietro, Francesco pranzerà con 500 poveri. La presentazione oggi in sala stampa. Alessandro Guarasci

La questione povertà deve diventare centrale, anche e soprattutto per i cristiani. Il Papa infatti, nel messaggio, scrive che “se vogliamo incontrare realmente Cristo, è necessario che ne tocchiamo il corpo in quello piagato dei poveri, come riscontro della comunione sacramentale ricevuta nell’Eucaristia”. Insomma, l’aiuto non può essere occasionale.

Per il vero sviluppo ascoltare i poveri
Francesco mette in luce che “se desideriamo offrire il nostro contributo efficace per il cambiamento della storia, generando vero sviluppo, è necessario che ascoltiamo il grido dei poveri e ci impegniamo a sollevarli dalla loro condizione di emarginazione. Nello stesso tempo, ai poveri che vivono nelle nostre città e nelle nostre comunità ricordo di non perdere il senso della povertà evangelica che portano impresso nella loro vita”.

Nella conferenza stampa, il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione mons. Rino Fisichella, ha detto che “i poveri non sono un problema, sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo”.

I mille volti della povertà
C'è una "ricchezza sfacciata che si accumula nelle mani di pochi privilegiati". E allora il Papa scrive che la povertà “ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra, dalla privazione della libertà e della dignità, dall’ignoranza e dall’analfabetismo, dall’emergenza sanitaria e dalla mancanza di lavoro, dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata. La povertà ha il volto di donne, di uomini e di bambini sfruttati per vili interessi, calpestati dalle logiche perverse del potere e del denaro”.

Non restare inerti 
Ed ancora: bisogna reagire "alla povertà che inibisce lo spirito di iniziativa di tanti giovani, impedendo loro di trovare un lavoro; alla povertà che anestetizza il senso di responsabilità inducendo a preferire la delega e la ricerca di favoritismi; alla povertà che avvelena i pozzi della partecipazione e restringe gli spazi della professionalità umiliando così il merito di chi lavora e produce; a tutto questo occorre rispondere con una nuova visione della vita e della società". E’ questo uno scenario, di fronte al quale non si può “restare inerti e tanto meno rassegnati”.

Serve un impegno corale contro la povertà
Il messaggio sottolinea che sono “benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità". Mons. Fisichella ha aggiunto che non serve pensare "ai poveri solo come destinatari di una buona pratica di volontariato da fare una volte alla settimana, o tanto meno di gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza. Queste esperienze – pur valide e utili a sensibilizzare alle necessità di tanti fratelli e alle ingiustizie che spesso ne sono causa – dovrebbero introdurre a un vero incontro con i poveri e dare luogo a una condivisione che diventi stile di vita”.

Anche la Chiesa deve agire
Il Papa quindi annuncia la Giornata Mondiale dei Poveri per il 19 novembre e invita “la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall’unico Padre celeste. Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro”.

Un invito a tutti ad aprire almeno in quel giorno la propria casa ai poveri. Mons. Fischella ha precisato che “sarà questa una giornata dove tutta la comunità cristiana dovrà essere capace di tendere la mano ai poveri, ai deboli, agli uomini e alle donne a cui viene troppo spesso calpestata la dignità. Il messaggio richiama all’espressione biblica della Prima Lettera di San Giovanni: ‘Non amiamo a parole, ma con i fatti’”. E il logo riflette il senso della giornata. “Sono due mani tese che si incontrano dove ognuna offre qualcosa. Due braccia che esprimono solidarietà e che provocano a non rimanere sulla soglia, ma ad andare incontro all’altro”, ha detto mons. Fisichella.

Pregare assieme ai poveri
Ma l’impegno di tutti cristiani non deve finire qua. Nel messaggio è scritto che “a fondamento delle tante iniziative concrete che si potranno realizzare in questa Giornata ci sia sempre la preghiera. Non dimentichiamo che il Padre nostro è la preghiera dei poveri. La richiesta del pane, infatti, esprime l’affidamento a Dio per i bisogni primari della nostra vita”.

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Papa: testimonianza cristiana è sale e luce, no a sicurezze artificiali

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Essere luce e sale per gli altri, glorificando Dio con la propria vita. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, alla quale hanno preso parte anche i Cardinali del Consiglio dei Nove. Nell’omelia, il Pontefice ha messo l’accento sul messaggio decisivo e senza sfumature proposto dal Vangelo. Quindi, ha esortato i cristiani a non cercare “sicurezze artificiali”, ma ad affidarsi con fiducia allo Spirito Santo. Il servizio di Alessandro Gisotti

Il “sì”, il “sale”, la “luce”. Sono le tre parole evangeliche forti su cui Papa Francesco si è soffermato nell’omelia a Santa Marta. Il Pontefice ha innanzitutto sottolineato che l’annuncio del Vangelo è “decisivo”, non ci sono “quelle sfumature” del sì e no che, alla fine, “ti portano a cercare una sicurezza artificiale”, come per esempio avviene con la “casistica”.

Lo Spirito Santo ci porta alla testimonianza cristiana
Queste tre parole - proposte dalla Seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi - ha evidenziato, “indicano la forza del Vangelo” che porta alla “testimonianza e anche a glorificare Dio”. In questo “sì”, dunque, troviamo “tutte le parole di Dio in Gesù, tutte le promesse di Dio”. In Gesù, ha ribadito, “si compie tutto quello che è stato promesso e per questo Lui è pienezza”:

“In Gesù non c’è un ‘no’: sempre ‘sì’, per la gloria del Padre. Ma anche noi partecipiamo di questo ‘sì’ di Gesù, perché Lui ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo, ci ha dato la ‘caparra’ dello Spirito. Noi partecipiamo perché siamo unti, sigillati e abbiamo in mano quella sicurezza – la ‘caparra’ dello Spirito. Lo Spirito che ci porterà al ‘sì’ definitivo, anche alla nostra pienezza. Anche, lo stesso Spirito che ci aiuterà a diventare luce e sale, cioè lo Spirito che ci porta alla testimonianza cristiana”.

“Tutto è positivo”, ha ripreso il Papa. “E quella testimonianza cristiana” è “sale e luce”. “Luce – ha spiegato – per illuminare e chi nasconde la luce fa una contro-testimonianza” rifugiandosi nell’un po’ “sì” e un po’ “no”. Questi, dunque, “ha la luce, ma non la dona, non la fa vedere e se non la fa vedere non glorifica il Padre che è nei cieli”. Ancora, ha ammonito, “ha il sale, ma lo prende per se stesso e non lo dona perché si eviti la corruzione”.

I cristiani sono chiamati ad essere sale e luce
“Sì – sì”, “no – no”: parole decisive, come ci ha insegnato il Signore giacché, ha rammentato Francesco, “il superfluo proviene dal maligno”. E’ proprio “questo atteggiamento di sicurezza e di testimonianza – ha soggiunto – quello che il Signore ha affidato alla Chiesa e a tutti noi battezzati”:

“Sicurezza nella pienezza delle promesse in Cristo: in Cristo tutto è compiuto. Testimonianza verso gli altri; dono ricevuto da Dio in Cristo, che ci ha dato l’unzione dello Spirito per la testimonianza. E questo è essere cristiano: illuminare, aiutare a che il messaggio e le persone non si corrompano, come fa il sale; ma se si nasconde la luce il sale diventa senza sapore, senza forza, si indebolisce – la testimonianza sarà debole. Ma questo succede quando io non accetto l’unzione, non accetto il sigillo, non accetto quella ‘caparra’ dello Spirito che è in me. E questo si fa quando non accetto il ‘sì’ in Gesù Cristo”.

La proposta cristiana, ha detto Francesco, è tanto semplice ma “tanto decisiva e tanto bella, e ci dà tanta speranza”. “Io sono luce – possiamo domandarci – per gli altri? Io – ha detto ancora il Papa – sono sale per gli altri?, che insaporisce la vita e la difende dalla corruzione? Io sono aggrappato a Gesù Cristo, che è il ‘sì’? Io mi sento unto, sigillato?’ Io so che ho questa sicurezza che andrà a essere piena nel Cielo, ma almeno ne è ‘caparra’, adesso, lo Spirito?”.

Il cristiano è “solare” quando glorifica Dio con la sua vita
Nel parlare quotidiano, ha poi osservato, “quando una persona è piena di luce, diciamo ‘questa è una persona solare’”:

Si usa dire questo: ‘E’ una persona solare’. Questo ci può aiutare a capire questo. Questo è più di solare, ancora. Questo è riflesso del Padre in Gesù nel quale le promesse sono tutte compiute. Questo è il riflesso dell’unzione dello Spirito che tutti noi abbiamo. E questo, perché? Perché abbiamo ricevuto questo? Lo dicono ambedue le Letture. Paolo dice: ‘E per questo, attraverso Cristo, sale a Dio il nostro ‘amen’ per la sua gloria’, per glorificare Dio. E Gesù dice ai discepoli: ‘Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre’. Tutto questo, per glorificare Dio. La vita del cristiano è così”.

Chiediamo questa grazia, ha concluso il Papa, “di essere aggrappati, radicati nella pienezza delle promesse in Cristo Gesù che è ‘sì’, totalmente ‘sì’, e portare questa pienezza con il sale e la luce della nostra testimonianza agli altri per dare gloria al Padre che è nei cieli”.

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Giornata Vita Regno Unito. Papa: costruire cultura dell’amore

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“Invoco la protezione della Madonna e affida a lei, la Madre del Vivente, la causa della vita”: è quanto scrive Papa Francesco nel messaggio inviato alla popolazione di Inghilterra, Galles e Scozia in preparazione alla Giornata per la vita che sarà celebrata il 18 giugno. Il Pontefice – riferisce l’agenzia Sir – auspica che “coloro che credono nel Figlio possano continuare a testimoniare la vita e, insieme a tutte le persone di buona volontà, contribuiscano ad una cultura della verità e dell’amore”.

La benedizione del Papa
Il messaggio è stato comunicato dal nuovo Nunzio apostolico in Gran Bretagna, l’arcivescovo Edward Adams, al vescovo incaricato per la Giornata, mons. John Sherrington. “Il Santo Padre – ha dichiarato l’arcivescovo Adams – assicura le sue preghiere e imparte agli organizzatori e ai partecipanti della Giornata per la vita la sua apostolica benedizione”. 

50 anni fa entrava in vigore la legge sull’aborto
Da ricordare che in ottobre ricorrerà il 50.mo anniversario dall’entrata in vigore, nel 1967, della legge sull’aborto in Inghilterra, Scozia e Galles. “La Giornata per la vita di quest’anno – si legge in un comunicato dei vescovi cattolici inglesi – ci offre un’occasione per pregare e ricordare tutte le vite perdute prima della nascita e per offrire un supporto pratico ed emotivo a donne e uomini preoccupati per una gravidanza inaspettata”.

Colletta speciale in favore della vita
Per chi ha avuto un aborto, i presuli richiamano le parole del Papa nella Lettera apostolica “Misericordia et misera”: “Non c’è peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e cancellare quando trova un cuore pentito che cerca di riconciliarsi col Padre”. La Giornata intende sensibilizzare sul significato e valore della vita umana in ogni fase e condizione, dal concepimento alla morte naturale. Il ricavato della colletta che si terrà per l’occasione sarà destinato al Anscombe Bioethics Centre a al sostegno di altre attività della Chiesa a favore della vita.

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Un sito web per il prossimo Sinodo dedicato ai giovani

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La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi annuncia l’apertura di un sito web in preparazione alla XV Assemblea Generale Ordinaria sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, che si celebrerà nel mese di ottobre del 2018. Il sito internet sarà disponibile a partire da domani, 14 giugno, al seguente indirizzo: youth.synod2018.va. Il servizio di Alessandro Gisotti

Questo sito web – si legge in un comunicato della Segreteria generale del Sinodo – permetterà di promuovere una più ampia partecipazione di tutti i giovani del mondo, non solo ricevendo informazioni sull’evento sinodale ma anche interagendo e partecipando nel cammino di preparazione.

In particolare, viene sottolineato, il sito include un questionario online rivolto direttamente ai giovani in diverse lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese). Le risposte dovranno pervenire alla Segreteria Generale entro il 30 novembre 2017. Queste risposte, conclude la nota della Segreteria generale del Sinodo, saranno di grande utilità nel cammino di preparazione dell’evento sinodale e faranno parte dell’ampia consultazione che la Segreteria Generale sta svolgendo a tutti i livelli del popolo di Dio.

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Fondazione Ospedale Idi. S. Sede nomina presidente il prof. Leozappa

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La Santa Sede ha nominato, a decorrere dalla data odierna, il prof. avvocato Antonio Maria Leozappa nuovo Presidente della Fondazione Luigi Maria Monti, che gestisce l’Istituto Dermatologico dell'Immacolata (IDI). Il Prof. Leozappa succede alla Dott.ssa Maria Pia Garavaglia, cui vanno i ringraziamenti per il lavoro svolto in un momento di grande difficoltà. Il presidente provvederà a nominare in tempi brevissimi la squadra di manager che lavorerà al rilancio dell’Ospedale. La Santa Sede continua ad essere vicina all’Istituto Dermatologico dell’Immacolata, che a più di cento anni dalla sua fondazione è oggi tra le più importanti realtà ospedaliere in Europa, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, specializzata nelle cure delle malattie della pelle.

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Le udienze e nomine episcopali di Papa Francesco

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Per le udienze e le nomine di oggi consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Ior: risultato netto 36 milioni di Euro e 15 mila clienti

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Nel 2016 lo IOR ha servito circa 15 mila clienti diffusi globalmente. Questi hanno affidato all'istituto risorse per un valore totale di Euro 5,7 miliardi a fine 2016 (Euro 5,8 miliardi nel 2015) di cui circa 3,7 miliardi relativi a risparmio gestito e in custodia. Il risultato netto 2016 è stato pari a Euro 36 milioni (16,1 milioni nel 2015). E' quanto mette in luce il bilancio 2016 sottoposto a revisione contabile dalla società di revisione indipendente Deloitte & Touche S.p.A.

Azioni per venire incontro alle esigenze dei clienti nel rispetto della missione
In un comunicato diffuso dall'Istituto viene scritto che "sono state intraprese molte iniziative durante l’anno per venire incontro alle esigenze dei clienti nel rispetto della missione" dell'organismo, che nel 2016 lo "IOR ha continuato a servire con prudenza e a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa Cattolica in tutto il mondo e allo Stato della Città del Vaticano".

Ridotte le spese operative
Il comunicato afferma che "l'istituto ha continuato a ridurre le spese operative, che si sono attestate su Euro 19,1 milioni contro Euro 23,4 milioni del 2015 grazie alla razionalizzazione dei contratti di servizio con terzi. Il margine d’intermediazione 2016 è stato pari a Euro 44,1 milioni (Euro 45,4 milioni nel 2015). Il contributo maggiore, pari a Euro 46,0 milioni, è derivato dalla gestione del portafoglio di proprietà". Ed ancora: "Tale risultato gestionale è stato conseguito attraverso una efficiente attività di negoziazione, in un contesto di elevata volatilità dei mercati, instabilità politica dovuta agli esiti inattesi dei maggiori eventi elettorali dell’anno e bassi tassi d’interesse".

Elevata solvibilità e basso profilo di rischio 
"Al 31 dicembre 2016, il patrimonio dell’Istituto al netto della distribuzione degli utili è pari a Euro 636,6 milioni, corrispondente ad un CET1 ratio del 64,53%, evidenziando elevata solvibilità e profilo di basso rischio - continua il comunicato - In aggiunta al raggiungimento degli obiettivi finanziari, l’Istituto ha conseguito anche gli altri obiettivi di carattere organizzativo previsti dal business plan 2016, tra cui i più importanti hanno riguardato i seguenti temi: Governance, controllo dei rischi e conformità in generale". 

Rafforzati i controlli interni
Dunque "lo IOR ha consolidato e rafforzato la 'governance' ed il sistema dei controlli interni. Il principale miglioramento riguarda la definizione ed implementazione del 'Risk Appetite Framework', proseguendo sulla strada del continuo adeguamento al nuovo quadro regolamentare dell’AIF per ottenere coerenza con i migliori standard internazionali in materia. Trasparenza e fiscalità con la Repubblica Italiana Il 15 ottobre 2016 entrata in vigore della Convenzione fra il Governo della Repubblica Italiana e la Santa Sede in materia fiscale, prodromica all’inserimento della Santa Sede nella 'white list' fiscale della Repubblica Italiana del 23 marzo 2017".

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Oggi in Primo Piano



Regno Unito: governo May cerca consensi verso una "soft Brexit"

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Dopo la parziale vittoria alle recenti elezioni, il premier britannico, signora Theresa May, cerca sostegni al suo governo per gestire la Brexit. Oggi, in un atteso incontro, potrebbe avere l’appoggio dei 10 deputati della destra unionista nordirlandese. La May sembra, comunque, orientata ad archiviare l’idea di una “hard Brexit” e a optare per una separazione più graduale dall’Unione Europea, la cosiddetta “soft Brexit”. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Adriana Cerretelli, corrispondente da Bruxelles per Il Sole 24 Ore

R. – Significa sostanzialmente che prima il "divorzio" avrebbe dovuto essere totale, cioè uscita dal mercato unico e uscita dall’unione doganale, non riconoscimento delle sentenze della Corte di Giustizia Europea, non riconoscimento della libertà di movimento ai cittadini europei nel Regno Unito. La soft Brexit invece prevede, certamente un divorzio, ma amichevole, nel senso che si possono mantenere i contatti. Bisognerà vedere naturalmente entro quali limiti; quindi rapporti con il mercato interno, “no” alla rottura dell’unione doganale e, per i cittadini britannici ed europei, la possibilità di una circolazione secondo regole più o meno da stabilire. Naturalmente poi c’è la questione finanziaria: i famosi 100 miliardi che l’Europa pretende dalla Gran Bretagna, semplicemente perché rispetti gli impegni assunti fino al 2020. La Gran Bretagna ha sempre detto di no. Ora, una Brexit più amichevole, vedrà sicuramente una trattiva su questo punto, nella quale ci sia un riconoscimento almeno parziale – bisognerà veder in che misura – degli impegni presi.

D. - Quindi una Gran Bretagna che potrebbe mantenere dei contatti abbastanza solidi con Bruxelles pur rivolgendosi - si immagina - maggiormente agli Stati Uniti …

R. – La carta americana, dopo che la visita di Trump alla Nato non ha, per la prima volta nella storia del Dopoguerra, ribadito il riconoscimento del rapporto di solidarietà interatlantica, non so quanto resterà privilegiata. Sarà tutto da verificare. Per cui credo che, alla luce dell’America di Trump, forse, tutto sommato, il ripensamento soft, che gli inglesi hanno espresso attraverso il risultato elettorale, abbia un senso al posto della rottura dura con l’Europa, che, in questo momento di grandi cambiamenti degli equilibri globali, non so quanto possa essere negli interessi degli inglesi.

D. - Un argomento su cui non sarà possibile non dialogare, anche alla luce degli ultimi eventi, è quello della sicurezza in chiave antiterrorismo …

R. - Naturalmente. Anche questo è un aspetto – come la difesa – che implica un rapporto costruttivo con l’Europa, soprattutto se si dovesse allentare il rapporto transatlantico. Sia gli inglesi che gli europei hanno gli uni bisogno degli altri; hanno bisogno di sinergie nell’intelligence, nelle politiche si sicurezza. Quindi direi che il buon senso – se prevarrà – porterà a intese più o meno strette, ma intese, secondo me, ci dovrebbero essere nell’interesse reciproco.

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Usa: accordo in Senato per nuove sanzioni contro la Russia

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Al Senato americano, repubblicani e democratici hanno raggiunto un’intesa su un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia di Putin. Mentre vanno avanti le indagini sulle presunte interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016, le nuove sanzioni, oltre a rafforzare quelle esistenti, mirano a punire gli abusi nel campo dei diritti umani, i soggetti responsabili della fornitura di armi al governo siriano e i cybercrimini riconducibili a Mosca. Giulia Bedini ne ha parlato con l'americanista Mario Del Pero

R. – Con una convergenza bipartitica, il Senato ha deciso di approvare un consolidamento delle sanzioni nei confronti della Russia di Putin. È una decisione che dà sostanza legislativa ad un’iniziativa che fino ad oggi era stata di natura esecutiva e presidenziale, promossa dall’amministrazione Obama. In questo modo, la maggioranza al Senato dà un chiaro messaggio alla Russia e allo stesso presidente Trump, il cui obiettivo iniziale era quello di ricostruire buoni rapporti con Mosca; questo prevedeva alla base anche la possibilità di sollevare, almeno in parte, tali sanzioni, processo che oggi non è più possibile. In questo modo, viene meno quello che, in teoria, doveva essere il pilastro della nuova strategia di Trump: la vicenda si lega non solo alle dinamiche di politica internazionale, ma anche a quanto sta accadendo all’interno degli Stati Uniti.

D. - Quindi si può parlare di un attacco diretto alla politica estera di Trump?

R. - In una certa misura lo è: esiste certamente una dimensione politica. Credo ci sia anche una dimensione istituzionale che, paradossalmente, fa sì che l’attacco sia anche diretto ad Obama ed al suo lascito: il Congresso, nella fattispecie il Senato, sta cercando di riaffermare, nella politica estera, le proprie prerogative istituzionali contro un’azione centrata sulla presidenza e sui suoi privilegi.

D. - Continuano poi le indagini sulle accuse di interferenze della Russia nelle elezioni presidenziali del 2016. Si può pensare ad un collegamento tra queste due decisioni?

R. - C’è un’oggettiva difficoltà, una debolezza, una vulnerabilità di Trump che permette ad alcuni senatori del suo stesso partito, che erano contrari al riavvicinamento alla Russia, di agire e di ostruirlo, bloccando questa iniziativa diplomatica. Colpire la Russia serve anche per ottenere una copertura politica rispetto a questo tipo di accusa.

D. - Quali possono essere gli scenari futuri, anche rispetto a questo conflitto tra Congresso e Trump?

R. - Credo che questa decisione mostri come il desiderio di Trump e di alcuni suoi consiglieri di modificare la relazione con Mosca, per il momento, vada messa da parte. Quell’iniziativa, che doveva essere il pilastro di una trasformazione della politica estera degli Stati Uniti con Trump, scompare: si torna ad un quadro di rapporti conflittuali ed ostili con la Russia. La decisone del Senato completa un processo che era già in corso da alcune settimane, probabilmente iniziato contemporaneamente all’elezione di Trump. Sul piano interno, rimangono tante questioni irrisolte e punti di domanda. Lo abbiamo visto in queste settimane e, presumibilmente, lo vedremo nelle settimane e nei mesi a venire.

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Iraq: referendum su indipendenza Kurdistan, Turchia è contraria

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In Iraq, continua l'avanzata delle forze governative contro il sedicente Stato islamico nella zona Ovest di Mosul: resterebbero in mano ai jihadisti solo la Città Vecchia e altre poche aree del quartiere di al-Shifa. Intanto, ancora reazioni dall'estero sul referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno, fissato dalle autorità locali della regione autonoma per il 25 settembre. Contrari a quest’iniziativa Iraq, Iran e Turchia. "Fare un passo verso l'indipendenza del Nord dell'Iraq è un errore e una minaccia per l'integrità territoriale dell'Iraq", ha dichiarato il presidente turco Erdogan nel corso di un'intervista televisiva in cui ha aggiunto che il referendum "non è nell'interesse di nessuno". Elvira Ragosta ha intervistato  Alberto Rosselli, giornalista ed esperto dell’area: 

R. – Contestualmente agli ultimi episodi di guerra, il Nord dell’Iraq pare destinato a essere liberato definitivamente dalle forze dell’Is, anche grazie all’intervento dei peshmerga e all’intervento dell’esercito nazionale iracheno. Diciamo che, in un momento così, in cui si sta per riassestare un clima di pace, non meraviglia che riemerga il problema dell’autonomia. Il governo di Baghdad aveva già concesso al Kurdistan iracheno una certa indipendenza di tipo amministrativo e dalle ultime notizie non vede di buon occhio questo referendum, che poi dovrebbe portare proprio a una consultazione fra i maggiori partiti del movimento curdo iracheno, cioè il Kdp del presidente Barzani, il Puk di Talabani e quello del centrista Gorran che, naturalmente, in questo caso, dopo grandi liti che hanno avuto negli anni passati, si trovano perfettamente d’accordo.

D. – Dopo l’Iraq, anche Iran e Turchia si sono dichiarati contrari a questo refedenrum: la vittoria del “sì” potrebbe dare il via a simili iniziative anche negli altri Stati in cui i curdi sono presenti?

R. – Questo è sicuro! Soprattutto in Turchia e la conflittualità tra Ankara e lo “Stato curdo” è lunghissima. Io direi che, mentre per l’Iran il problema potrebbe essere in qualche modo risolto con un accordo e magari ridimensionato con una forma di consultazione che potesse portare a un’autonomia di tipo amministrativo avanzata, per la Turchia invece la vedo differente, anche perché la maggior parte dei curdi che vivono in Turchia non sono tutti d’accordo sulla questione dell’autonomia amministrativa che in parte è stata già concessa, ma si sentono veramente un’enclave – anche dal punto di vista culturale – completamente diversa.

D. – La eventuale vittoria del “sì” a questo referendum nel Kurdistan iracheno che influenza potrà avere sul cammino verso l’autodeterminazione dei curdi?

R. – Rafforzerà quelle ali di partito – noi sappiamo che ogni Stato che abbiamo citato ha una componente curda che a sua volta è composta da partiti che possono essere partiti un po’ più estremisti o un po’ più centristi o un po’ più propensi al dialogo; sicuramente la vittoria del referendum – se una vittoria ci sarà per gli indipendentisti, chiamiamoli così – rafforzerà le ali estreme delle comunità curde presenti negli altri Paesi, perché a quel punto si faranno coraggio e tenteranno anche loro di seguire la stessa strada.

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Israele riduce corrente a Gaza. Caritas: emergenza umanitaria

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Israele si prepara a ridurre la fornitura di energia elettrica a Gaza. La decisione arriva circa un mese dopo che l’Autorità Nazionale Palestinese con sede in Cisgiordania ha annunciato che avrebbe smesso di pagare la corrente per il territorio controllato da Hamas. “L’iniziativa avrà un effetto catastrofico”, ha commentato un portavoce Hamas. Già adesso, infatti, i circa due milioni di residenti della Striscia hanno elettricità per appena circa quattro ore al giorno. Intanto per alleggerire l’isolamento di Gaza, molti membri del gabinetto di sicurezza israeliano si sono detti a favore della costruzione di un'isola artificiale, sotto controllo internazionale, a largo della Striscia ma la proposta è ferma per l'opposizione del ministro della Difesa, Avigdor Lieberman. Sulla drammatica condizione umanitaria della popolazione, Marco Guerra ha intervistato padre Raed Abushalia, già direttore della Caritas di Gerusalemme che opera nella Striscia di Gaza: 

R. - Dal 2006 la gente di Gaza è chiusa all’interno della Striscia di 360 km quadrati, la più grande prigione del mondo a cielo aperto! Da allora non hanno che quattro o sei ore di elettricità al giorno. Durante l’estate fa caldissimo! Immaginate due milioni di persone senza elettricità; a Gaza c’è una sola stazione elettrica che non è sufficiente al fornimento di elettricità per tutta la Striscia. Dunque ricevono tre linee da parte dell’Egitto e sei linee di elettricità da parte di Israele. Adesso questa nuova misura di "punizione collettiva" ha ridotto la quantità di elettricità fornita da parte israeliana con la scusa che le autorità palestinesi non pagano la fattura. Ma a soffrire sono i civili che sono già poveri e devono vivere in questa situazione che potrebbe veramente distruggere, mettere in ginocchio, tutto il sistema sanitario.

D. - Parlando delle persone e delle necessità di tutti i giorni, cosa comporta un’interruzione di corrente?

R. - Voi dovete sapere che non c’è cibo; dovete sapere che a Gaza secondo l’ultimo rapporto dell’Onu, l’80 percento delle famiglie vive sotto la soglia di povertà. Il 46 percento della popolazione di Gaza è disoccupata e malgrado tutta questa situazione drammatica continuano a mettere al mondo bambini. Quasi cinquemila bambini nascono ogni mese! Questo vuol dire più di 55 mila bambini all’anno. Una resistenza che io chiamo “demografica”. Allora immaginate tutta questa popolazione che deve vivere in questa situazione, chiusa nella più grande prigione del mondo. La situazione è drammatica e a pagarne il prezzo è questa povera gente.

D. - La Chiesa, cosa sta facendo per alleviare il dolore di queste persone?

R. - A dire la verità, in mezzo a questi due milioni di persone, la presenza cristiana è minima. Prima della guerra del 2014 c’erano circa 1300 cristiani; qui c’è la presenza della Chiesa ortodossa e di quella latina. Adesso i cristiani di Gaza sono mille. Certamente la presenza cristiana nel settore sociale ed economico è molto forte. Abbiamo il Patriarcato latino che gestisce sei scuole; abbiamo la Caritas che ha un centro medico ed una clinica mobile; abbiamo la Pontifical Mission (Missione Pontificia) che sta lavorando lì. Senza la presenza cristiana e il lavoro di tutte le agenzie umanitarie di tutto il mondo la situazione sarebbe ancora più drammatica. Noi non vogliamo perdere la presenza millenaria del cristianesimo a Gaza.

D. - E voi che cosa chiedete alle autorità israeliane?

R. - Noi prima di tutto chiediamo ai palestinesi di mettere fine alla tragedia della divisione, della separazione tra West Bank e Gaza fatta da Hamas. Dobbiamo dire che se non c’è una soluzione politica di questo conflitto, Israele sarà obbligata a continuare a chiudere la Striscia di Gaza con la scusa che Hamas costruisce queste gallerie sotto terra. Dunque la responsabilità, prima di tutto, è palestinese; anche lo Stato di Israele deve mettere fine a questo conflitto, portando avanti un processo di pace vero che porti il più presto possibile alla fine di questo sistema di occupazione. Ma chiediamo soprattutto alla comunità internazionale di fare pressione sui palestinesi e sugli israeliani affinché risolvano questi conflitti. Inoltre, almeno per il momento, chiediamo all’Egitto di aprire il passaggio di Rafah, chiuso dalla guerra del 2014.

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Qatar: con Turchia, anche solidarietà Iran per invio aiuti

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Continua l’isolamento del Qatar: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Bahrain e Yemen non aprono al dialogo. La Turchia e l’Iran si dicono invece vicini a Doha: il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha definito ''disumano e contrario ai valori islamici'' l'isolamento del Qatar; Teheran ha annunciato l’invio di aiuti, con 100 tonnellate di cibo al giorno. Giorgio Saracino ne ha parlato con Giorgio Bernardelli, giornalista di “Mondo e Missione”: 

R. - Il Qatar in questi ultimi anni ha giocato una sua partita all’interno dello scacchiere del Medio Oriente. Ora l’Arabia Saudita - dopo il viaggio di Donald Trump a Riyad di qualche settimana fa - si sente forte del sostegno degli Stati Uniti e, con i suoi alleati del Golfo - principalmente gli Emirati Arabi Uniti - prova a liquidare i conti all’interno dello schieramento sunnita. Sostanzialmente con due motivi di attrito rispetto al Qatar: da una parte il sostegno al movimento dei Fratelli musulmani, molto forte nella regione; e dall’altra anche una fedeltà alla causa dello schieramento contro l’Iran, molto meno forte rispetto a quello degli altri alleati.

D. - Quali sono le prime conseguenze di questo isolamento?

R. - Ci sono conseguenze concrete. La situazione in Qatar è molto grave e rischia di aggravarsi ancora di più, soprattutto per chi in questo Paese è più debole. Teniamo presente che il Qatar è una realtà in cui all’ombra dei grandi grattacieli e delle grandi finanziarie che conosciamo, ci sono centinaia di migliaia di lavoratori stranieri immigrati che operano nei servizi. Il Qatar è un Paese dove gli indiani sono il doppio dei qatarioti, gli abitanti originari del Paese. L’80% dei residenti è costituito da popolazione straniera immigrata. Dal punto di vista geopolitico, invece, è evidente che questa è una crisi molto grave, apertasi all’interno di un’area che era considerata uno spazio di stabilità all’interno del Medio Oriente, ma che rischia di avere ripercussioni durissime. Oggi il grande timore di Washington è che questo scontro possa portare il Qatar ad un clamoroso cambio di alleanze, ad uno schieramento che lo porti all’interno dell’asse sciita di cui Teheran è capofila.

D. - Come cambierà il palcoscenico internazionale dopo ad esempio la scelta di Teheran di aiutare il Qatar?

R. - Questa crisi è solo all’inizio. È evidente che le possibilità sono due: o in qualche modo il Qatar torna sui suoi passi, scendendo a patti con l’Arabia Saudita nel senso della mediazione che in questi giorni sta cercando di condurre principalmente il Kuwait - ed è molto probabile che sia anche l’esito che Washington incoraggi in questo momento - oppure, dall’altra parte, l’unica alternativa è questo clamoroso cambio di alleanze, questo passaggio del Qatar nell’orbita dell’Iran. Nelle ultime ore c’è stato questo segnale dato dagli aerei con i rifornimenti alimentari che dall’Iran sono partiti alla volta del Qatar, ma in questo momento siamo ancora nella partita a scacchi con operazioni di tipo simbolico.

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Caritas Giordania distribuisce viveri a musulmani indigenti

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La Caritas del Regno hascemita di Giordania ha avviato un programma di distribuzione di pacchi viveri per le famiglie musulmane più indigenti del distretto di Naur, area urbana occidentale della municipalità di Amman.

Collaborazione tra le diverse religioni
Il lancio dell’iniziativa, realizzata in collaborazione con la locale parrocchia cattolica latina, è stato accompagnato – riferisce Fides – da discorsi e interventi di rappresentanti cristiani e musulmani – compreso quello di padre Rifat Bader, sacerdote giordano promotore del Catholic Centre for Studies and Media – che hanno sottolineato la proficua convivenza e collaborazione tra diverse comunità confessionali e religiose che continua a caratterizzare la Giordania, in un Medio Oriente stravolto dai conflitti settari.

50.mo anniversario di Caritas Giordania
Quest’anno Caritas Giordania celebra i cinquant’anni dalla sua fondazione e dall’inizio delle sue attività ordinarie nel Regno Hascemita. Iniziative analoghe di distribuzione e aiuti a famiglie musulmane da parte di Caritas Jordan sono in programma anche in altre città della Giordania. (I.P.)

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Oratorio salesiano: un'esperienza di accoglienza e dialogo

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Tantissime le esperienze di oratori estivi inaugurate in questi giorni nelle parrocchie di tutta l'Italia. I Grest si presentano come momenti di accoglienza e aggregazione, specialmente per chi proviene da contesti culturali e religiosi differenti: le porte sono aperte nei quartieri più problematici delle nostre città, offrendo occasioni di crescita per giovanissimi e adolescenti. L’oratorio salesiano San Luigi, che si trova a San Salvario, a Torino, porta avanti da molti anni una proposta educativa di conoscenza e integrazione: don Mauro Mergola, parroco e responsabile della struttura, ne ha parlato con Giulia Bedini

R. - L’oratorio salesiano San Luigi è uno degli oratori storici fondati da don Bosco: quest’anno compie 170 anni. Don Bosco arrivò nella zona San Salvario nel 1847 ed aprì questo oratorio per i giovani immigrati dell’epoca e noi, su quella linea, stiamo continuando la nostra missione. C’è una collaborazione ecclesiale tra i slesiani e la parrocchia: ci sono attività giovanili diverse ma con un unico progetto, nella condivisione dei carismi. Inoltre, esistono delle proposte differenziate per fasce d’età: una di quste si chiama “Spazio anch’io”, un’attività educativa di strada dell’oratorio. Si svolge nel Parco del Valentino, dove noi siamo presenti tutto l’anno per incontrare soprattutto i giovani immigrati che risultano ancora disorientati. Qui si propongono percorsi di integrazione, di insegnamento della lingua italiana, attività aggregative, ludiche, formative per questi giovani, affinché vedano il Parco del Valentino come un luogo di riferimento. L'obiettivo è quello di fare di queste esperienze un luogo in cui l’incontro anche tra esperienze religiose, culturali e sociali diverse generi l’idea di una comunità in cui ciascuno venga accolto per quello che è.

D. - Quanto è importante tenere aperte le parrocchie durante i mesi estivi, soprattutto nei quartieri più problematici?

R. - Certamente l’estate è un momento i cui chi è povero si sente ancora più povero; chi è solo patisce maggiormente l’abbandono e la marginalizzazione; chi non ha l’opportunità di sentirsi accolto per poter investire sulla propria vita, si sente sempre più inutile. Se c’è un periodo in cui le parrocchie, in modo particolare, rappresentano luoghi di accoglienza è proprio l’estate: durante questo periodo la bellezza della vacanza non è per ciò che si fa ma per le persone che ci stanno intorno.

D. - Quali sono i punti di forza di queste esperienze di oratori estivi, soprattutto perché rivolti ai giovani che sono sempre più lontani dall’ambiente parrocchiale?

R. - L’oratorio estivo non è una parentesi dell’anno: noi non vendiamo dei servizi, ma promuoviamo progetti, processi di crescita. Quindi l’estate è un tassello importate. Il secondo elemento forte è l’esperienza di sevizio di volontariato: l’oratorio crede molto nel dare protagonismo, dare fiducia, nei ragazzi e nei giovani perché percepiscano ciò che hanno ricevuto e sentano la responsabilità di restituire ad altri quello che ha arricchito la loro vita. E noi siamo sempre confortati positivamente in questa esperienza, che vale non soltanto per i giovani di matrice cristiana ma anche per i giovani musulmani. Questo per noi è molto bello: è un momento in cui una persona fa l’esperienza del dono di sé. Infine, l'oratorio estivo risulta molto prezioso per le parrocchie perché durante il periodo estivo essa scopre il tesoro più importante che durante l’anno fa fatica a incontrare: i ragazzi, i giovani e le famglie.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 164

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.