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Sommario del 15/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: la corruzione, cancro che uccide l’uomo e la società

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È il “linguaggio più comune” delle mafie, un “processo di morte” che “spezza” la coesistenza fra le persone, favorisce il crimine e in definitiva distrugge chi ne è fautore. Tutto questo è la corruzione secondo Papa Francesco, che parla di questa piaga sociale nella prefazione al libro-intervista del cardinale Peter Turkson, curato da Vittorio V. Alberti, dal titolo “Corrosione”. E sulla corruzione si concentra, oggi in Vaticano, il Dibattito internazionale organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Il servizio di Alessandro De Carolis

“Cuore rotto”. È questo che ricorda la parola “corrotto”. “Un cuore infranto, macchiato da qualcosa”, “rovinato” come un corpo decomposto. Il Papa torna a riflettere su uno dei mali tra i più stigmatizzati nel corso del suo Pontificato. La prefazione al libro-intervista del cardinale Turkson e il contestuale dibattito organizzato in Vaticano dal Dicastero dello Sviluppo Integrale sollecitano Francesco a riannodare, per così dire, il filo di alcune considerazioni sul tema.

La prosa del Papa si accende e si affila quando si tratta di scomporre il fenomeno della corruzione nelle sue metastasi che investono, dice, lo “stato interiore” della persona assieme al “fatto sociale”. Il punto di partenza per Francesco sono le “tre relazioni” che caratterizzano la vita umana: quella con Dio, quella col prossimo, quella con l’ambiente. Quando l’uomo è “onesto”, afferma, le vive responsabilmente “per il bene comune”. Al contrario, scrive, l’uomo che si lascia corrompere “subisce una caduta” e la “condotta anti-sociale” che la corruzione induce finisce per “sciogliere la validità dei rapporti”. Si spezzano i “pilastri” della coesistenza fra le persone, l’“interesse particolare” è come un veleno che “contamina ogni prospettiva generale”.

La “corruzione spuzza”, esclamò un paio d’anni fa il Papa a Scampia. Il concetto ritorna in modo simile anche in questa occasione. Il “corrotto” è in fondo uno che manda il “cattivo odore” di un cuore decomposto, quello all’origine - afferma - dello sfruttamento, del degrado, dell’ingiustizia sociale e della “mortificazione del merito”, dell’assenza dei servizi alle persone. Quello che è alla “radice” della schiavitù, “dell’incuria delle città, dei beni comuni, della natura”.

La corruzione, ripete con forza Francesco, è una “forma di bestemmia, “è l’arma, il linguaggio più comune anche delle mafie”, un “processo di morte che dà linfa alla cultura di morte” di chi ordisce il crimine. E oggi che anche solo “immaginare il futuro” è un’impresa difficilissima, la corruzione arriva a minare la “speranza” che un miglioramento sia possibile. E qui il Papa, apprezzando l’analisi condotta dal cardinale Turkson sul fenomeno, mette di nuovo in guardia la Chiesa dalla sua forma di corruzione più pericolosa, la “mondanità spirituale”, la “tiepidezza, l’ipocrisia, il trionfalismo”, il “senso di indifferenza”.

Francesco conclude ricordando la “bellezza assoluta” dei luoghi del Vaticano dai quali sta scrivendo. E definisce la bellezza non un “accessorio cosmetico”, ma qualcosa che “pone al centro la persona umana”. “Questa bellezza - asserisce il Papa - deve sposarsi con la giustizia” e dunque la corruzione va capita e denunciata perché la misericordia si affermi sulla “grettezza”, “la curiosità e creatività sulla stanchezza rassegnata”. Il corrotto “si dimentica di chiedere perdono” perché è stanco e sazio, indifferente e pieno di sé. La Chiesa e i cristiani, ma anche i non cristiani, conclude, possono essere, uniti, “fiocchi di neve” che producono la “valanga di un “nuovo umanesimo”.

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In Vaticano, dibattito su corruzione: serve cultura della dignità della persona

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Esponenti della Chiesa, della magistratura, di associazioni e vittime di crimini sono riuniti oggi in Vaticano per un grande Dibattito internazionale sulla corruzione, organizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Un evento promosso in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, presso la Casina Pio IV. Al centro della discussione, la bozza del documento “Identità e obiettivi”, che dopo commenti, modifiche e integrazioni verrà approvato nel pomeriggio. Il servizio di Debora Donnini

Una task force per una battaglia culturale contro la corruzione, una piaga che è prima di tutto un modo di essere e di pensare, linguaggio di mafie e organizzazioni criminali. Il Dibattito internazionale intende in modo interdisciplinare creare appunto sinergie per contrastare questo fenomeno al centro anche del libro-intervista “Corrosione” del cardinale Peter Turkson, prefetto dello stesso Dicastero:

“Per questo abbiamo pensato questo evento: in sostanza si tratta di far fronte ad un fenomeno che conduce a calpestare la dignità della persona per altri motivi. Noi vogliamo dire che non si può mai calpestare, negare, ostacolare la dignità delle persone. Quindi spetta a noi, con questo Dicastero, saper proteggere e promuovere il rispetto per la dignità della persona. E per questo cerchiamo di attirare l’attenzione su questo argomento”. 

Le conclusioni dell’incontro nel pomeriggio sono affidate al segretario delegato del Dicastero, mons. Silvano Maria Tomasi. Gli abbiamo chiesto quale l’obiettivo di questo grande Dibattito:

“È di sensibilizzare l’opinione pubblica, di cominciare ad indentificare passi concreti che possano aiutare ad arrivare a delle politiche e delle leggi eventualmente che prevengano la corruzione, perché la corruzione è come un tarlo che si infiltra nei processi di sviluppo per i Paesi  poveri o nei Paesi ricchi, che rovina le relazioni tra istituzioni e tra persone. Quindi lo sforzo che stiamo facendo è quello di creare una mentalità, una cultura che combatta la corruzione per provvedere al bene comune”.

Sul valore di questo Dibattito si sofferma anche Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, al microfono di Fabio Colagrande:

“Per la prima volta è un’istituzione mondiale a parlarne, istituzione che ha una grande importanza anche come magistero morale, perché noi riteniamo che il tema della corruzione debba essere affrontato anche e soprattutto sul piano della battaglia culturale e deve essere affrontato con una logica che non è solo quella nazionale. Credo che di questo si sia fatta carico la Chiesa e soprattutto il Papa. E' un messaggio fondamentale da mandare a tutto il mondo: la corruzione finisce per indebolire ancora di più i poveri e per rappresentare un furto di futuro, soprattutto a danno dei deboli”.

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Nuovo Tweet del Pontefice: la vita è tempo di incontro

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“L’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro”. E’ il nuovo Tweet di Papa Francesco sul suo account @Pontifex.

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Le rinunce e le nomine odierne di Papa Francesco

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Per le rinunce e le nomine odierne di Papa Francesco consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Tutto pronto per il Convegno diocesano di Roma: con noi, mons. Manto

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Sarà Papa Francesco, lunedì prossimo, ad aprire il Convegno diocesano di Roma che si svolgerà nella Basilica di San Giovanni in Laterano. L’evento, al quale prenderanno parte i vescovi ausiliari, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e centinaia di laici provenienti dalle parrocchie e dalle più diverse realtà ecclesiali, avrà come titolo: “Non lasciamoli soli! Accompagnare i genitori nell’educazione dei figli adolescenti”. Federico Piana ne ha parlato con mons. Andrea Manto, direttore del Centro per la pastorale familiare della diocesi di Roma: 

R. – Il Convegno è sempre un appuntamento importante per la Chiesa di Roma, perché è il momento in cui tutta la Chiesa di Roma idealmente, nei suoi rappresentanti, nei parroci, nei catechisti, nei diaconi, nelle persone impegnate nella pastorale, nei religiosi e nelle religiose, si raduna per riflettere e fare il punto su un tema che poi costituirà la traccia per il cammino pastorale dell’anno a seguire. In questo caso, la scelta del tema sulla famiglia nella sua dinamica e nel suo ruolo educativo, in particolare verso i figli adolescenti, dice una cosa che sta molto a cuore al magistero di Papa Francesco. Lui stesso ha parlato di una sorta di "orfananza" per i giovani e non solo per loro. Lui stesso sottolinea nell’Amoris Leatitia l’importanza della trasmissione generazionale, di generazione in generazione, dei valori più autentici sia dell’umano sia della vita ecclesiale del cristianesimo, della capacità di stare insieme.

D. - Sono previsti 38 laboratori nei quali si discuteranno i vari aspetti di questo tema…

R. – Il nostro sguardo sarà rivolto, attraverso tali laboratori, ai tanti aspetti della vita in famiglia, proprio a partire dal quotidiano, nella casa: se le famiglie ancora hanno tempo per fare almeno uno dei tre pasti principali insieme, quali sono le dinamiche di vita in famiglia e quali sono i tempi nella giornata, nella settimana, nelle vacanze estive, che la famiglia dedica un po’ a se stessa e a curare le relazioni. Parleremo di scuola, di studio, di come si vive il rapporto tra famiglia, scuola e come la scuola riesce a trasmettere dei valori fondamentali per la crescita e la maturazione dei ragazzi. Parleremo di social network, di questo ambiente in cui spesso si è sempre connessi ma mai realmente in contatto vero. Parleremo della relazione tra le generazioni.

D. – Il risultato di tutto questo lavoro dei laboratori verrà poi reso noto il 18 settembre?

R. – Sì, potremmo dire che si tratta di un percorso sinodale in cui partendo dal territorio, cioè dalle parrocchie, dalle prefetture in cui si svolgeranno questi laboratori - con prefetture mi riferisco a gruppi di parrocchie che lavorano insieme - si realizzerà un vero momento d’ascolto. Tutti questi piccoli ruscelli poi andranno a confluire prima nell’esperienza dei settori con il vescovo di settore e poi in una relazione finale che sarà anche di aiuto al nuovo vicario, mons. De Donatis, per definire gli orientamenti pastorali.

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Oggi in Primo Piano



Norcia, domani l'inaugurazione del primo Centro di Comunità

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Sarà il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Conferenza episcopale italiana, ad inaugurare e benedire domani a Norcia, alle 19.00, il primo dei cinque Centri di Comunità nelle zone terremotate: si tratta di edifici polifunzionali di pubblica utilità pensati come luoghi per le liturgie, le attività pastorali, sociali, culturali e ricreative. All’inaugurazione sarà presente anche mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia. Giorgio Saracino lo ha intervistato: 

R. – Il Centro di Comunità è un progetto portato avanti da Caritas Italiana in occasione delle catastrofi naturali che hanno colpito già altre regioni d’Italia negli anni scorsi e, più recentemente, la nostra regione. È un grande salone che viene donato - grazie all’impegno e alla generosità degli italiani che sostengono le raccolte promosse da Caritas Italiana - alle comunità che hanno perduto i loro luoghi di culto e di aggregazione. Dunque a Norcia noi inauguriamo questo grande salone, appena concluso, chiedendo la benedizione del Signore su questo luogo che diventa il luogo della vita della comunità, sia per la celebrazione dei Sacramenti della vita cristiana, sia per altri incontri, momenti di condivisione e anche di festa. Dunque, un luogo per la vita: la vita è ripresa, deve riprendere; avere anche le strutture che aiutano e che sostengono questo processo di ricostruzione - che non è soltanto ricostruzione di muri, ma è ricostruzione interiore delle persone, della fiducia e della speranza - e avere segnali di questa portata è un incoraggiamento significativo per tutti coloro che devono affrontare la fatica del “ricominciare”.

D. – Quali saranno le maggiori attività dei Centri di Comunità?

R. – Certamente l’azione liturgica della parrocchia: come si sa, nella città di Norcia e di tutti i paesi vicini non c’è una sola chiesa che possa essere utilizzata; dunque certamente diventa il luogo della parrocchia, ma nello stesso tempo della catechesi dei fanciulli e degli adolescenti, della pastorale familiare. Luoghi di incontro e di condivisione non strettamente legati alla vita pastorale nel senso più ridotto del termine, ma luoghi di vita sociale, dove la gente si possa incontrare, trovare. Dunque, un salone polivalente.

D. – Un segnale di rinascita e speranza per la popolazione locale: qual è la situazione ad oggi, in Umbria?

R. – La situazione è pesante perché adesso si stanno smaltendo le macerie. Si pensa alla ricostruzione, però ancora non può iniziare per diverse ragioni. Qua e là qualche iniziativa che permette il recupero degli edifici è stata messa in atto; sono arrivate già per diversi sfollati le cosiddette “casette di legno”; sono stati organizzati dei villaggi di container e dunque la gente ritrova, piano piano, una certa normalità. È chiaro che manca ancora una regolarità nella vita. Finita l’emergenza, si è ancora un po’ nel provvisorio…

D. – Se dovesse rivolgere un appello alla popolazione e alle istituzioni, cosa direbbe?

R. – Facciamo presto. Poche parole: diamoci da fare, tutti; ognuno secondo le proprie responsabilità e le proprie competenze, per restituire a questa gente una vita dignitosa e sicura. Vita dignitosa e sicura vuol dire case, chiese, lavoro, servizi.

D. – Nella ricostruzione, nella ripartenza, che ruolo stanno giocando la fede e la speranza?

R. – Direi un ruolo fondamentale. Se noi non teniamo vivo il nostro attaccamento al Signore - o meglio - se noi non attingiamo alla grazia e alla misericordia di Dio il modo di leggere la nostra storia e la nostra realtà, cadiamo nella disperazione.

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Rogo a Londra, 17 vittime ma si temono decine di dispersi

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E' salito a 17 il numero delle vittime dell'incendio alla Grenfell Tower di Londra, mentre in  ospedale sono ricoverati ancora 37 feriti, 17 dei quali sono in gravi condizioni. Le autorità britanniche dicono che al momento nulla fa pensare al terrorismo. Intanto si teme per la sorte di decine dispersi, ma le operazioni di ricerca potrebbero durare alcune settimane. Il servizio di Marco Guerra

Il comandante della polizia metropolitana Stuart Cundy, senza fornire una cifra ufficiale dei dispersi, ha spiegato che ci sono ancora persone coinvolte nel disastro "non identificate" e che le operazioni di ricerca saranno molto lunghe, potrebbero durare "settimane". Nelle ultime ore si sono moltiplicati gli appelli e le telefonate di amici e parenti che hanno tentato di recuperare notizie sui propri cari. I pompieri hanno continuato a lavorare ma le condizioni strutturali dell’edificio non permettono di raggiungere i piani più alti e nessuno, purtroppo, si aspetta di trovare superstiti. Il capo dei vigili del fuoco di Londra ha detto che molti dei 250 uomini intervenuti sul posto sono rimasti traumatizzati dalle "terribili" situazioni che si sono trovati davanti, qualche inquilino si è infatti lanciato dal grattacielo pur di sfuggire alle fiamme. Scoppiate le polemiche per una tragedia evitabile. La stampa britannica parla di avvertimenti ignorati. La premier Theresa May ha compiuto una breve visita nell’area del disastro e ha annunciato un "un'inchiesta approfondita". "Se ci saranno lezioni da imparare - ha aggiunto -  lo faremo certamente". Con un messaggio si è  fatta sentire anche la regina Elisabetta: "I miei pensieri e le mie preghiere vanno alle famiglie delle vittime”. Ma per un parere tecnico sulla sciagura abbiamo intervistato il prof. Fabrizio Vestroni, ordinario di Scienza delle Costruzioni all’Università La Sapienza di Roma:

R. – Se è vero che qualcuno aveva sollevato qualche perplessità, non bisogna mai ignorare le attenzioni di chi – per esempio – vive sul posto ed indica una possibile carenza del sistema. Carenza che è nella manutenzione ma, a mio avviso, credo essenzialmente nella progettazione dell’edificio.

D. – Ma edifici così alti offrono tutte le condizioni necessarie per viverci in sicurezza?

R. – L’edificio alto, come molti altri sistemi – un aeroplano, un sommergibile o altre cose – ovviamente è un sistema più complesso; però, esistono delle procedure, delle regole, delle norme della manutenzione ma soprattutto di progettazione. Bisogna incominciare a progettare bene queste strutture complesse e poi, ovviamente, bisogna anche saperle gestire bene. Ci sono delle procedure – appunto – di evacuazione, di salvataggio… E’ indubbio che è un sistema più complesso, un edificio di 27 piani: è una cosa un po’ diversa da un edificio di sei. Quindi ci vuole una serie di accorgimenti, si raggiunge la stessa sicurezza ma certamente in condizioni di tutto – di progettazione, di costruzione, di gestione – che sono ovviamente molto più raffinate di quelle che possano riguardare un edificio con un numero inferiore di piani.

D. – Tutto parte dalla progettazione. L’edificio, nella fattispecie, era un palazzo popolare degli anni Settanta. Si è fatto un’idea riguardo alla tipologia edilizia e a quali problemi progettuali potesse avere?

R. – Ovviamente, i criteri di sicurezza sono criteri evolutivi, nel senso che via via che la tecnologia avanza, avanzano contestualmente le procedure e i criteri di sicurezza. Quindi un edificio degli anni Settanta è indubbiamente un edificio in cui una certa attenzione è stata minore che in un edificio moderno. Però, ci sono sempre delle procedure da seguire e in particolare mi risulta, per esempio, che questo edificio sia stato rinnovato qualche anno fa, cioè recentemente. E anche in Italia quando si tocca una cosa, devi adeguarla. Una cosa fondamentale delle tecnologie moderne è che si deve individuare un evento critico, come potrebbe essere un incendio: un incendio al decimo piano. Simulare un evento per capire che cosa potrebbe succedere. Questo per capire se per caso ci potesse essere qualche debolezza nella possibilità di fuga dall’incendio stesso.

D. – Quale insegnamento possiamo trarre da questa tragedia?

R. – Che bisogna assolutamente fare delle verifiche in corso d’opera, cioè dobbiamo prestare più attenzione ai problemi della sicurezza, che spesso vengono sottovalutati.

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Somalia. Al Shabaab attaccano due ristoranti: 18 vittime

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I miliziani fondamentalisti Al Shabaab tornano a colpire in Somalia. Almeno 18 i morti e una decina i feriti negli attentati terroristici a due ristoranti di Mogadiscio, attaccati ieri sera rispettivamente con un kamikaze e un commando di uomini armati. I due locali della capitale erano affollati di persone che cenavano dopo il digiuno diurno per il Ramadan. Come interpretare questo ritorno degli Al Shabaab? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Enrico Casale, della rivista 'Africa' dei Padri Bianchi: 

R. - Al Shabaab in realtà non è mai stato ridimensionato, come vorrebbe la propaganda del governo di Mogadiscio. Al Shabaab controlla ancora grande parte del territorio somalo. Quindi questi attentati si inseriscono in una strategia di continuo logoramento delle comunità somale e, in particolare, cercano di colpire la vita civile per renderla meno sicura; un po’ la stessa strategia che sta adottando l’Is in Europa, cioè colpire le persone per farle sentire sempre meno sicure, sempre più assediate.

D. - Il fatto che gli al Shabaab tornino in evidenza proprio quando il sedicente Stato islamico sta subendo delle sconfitte sul terreno, può aver qualche collegamento?

R. - No, nel senso che al Shabbab non ha mai aderito al sedicente Stato islamico. Al Shabaab è una costola di al Qaeda; anzi, una piccola parte di membri di al Shabaab, che aveva aderito all’Is, si è scontrata con i miliziani legati ad al Qaeda ed ha perso. Quindi al Shabaab si muove in modo autonomo sul terreno rispetto alle strategie dell'Is.

D. - Qual è la situazione ora in Somalia? Appena qualche mese fa si era parlato di tentativo del governo di far rinascere questo Paese senza Stato praticamente…

R. - La Somalia è un Paese che ha un proprio governo con un presidente che è molto amato dal popolo. Il capo dello Stato sta cercando di risollevare il Paese attraverso una serie di alleanze a livello internazionale, cercando anche di compattare la società somala al suo fianco. Ci riuscirà? Questa è un po’ la speranza di tutti, anche degli stessi somali che iniziano a non sopportare più l’aggressività, la violenza degli al Shabaab e, soprattutto, la loro visione integralista dell’Islam. Quindi la speranza è che questo presidente riesca in qualche modo a compattare la popolazione e gradualmente emarginare le milizie di al Shabaab.

D. - Servirebbe un aiuto da parte dell’Unione Africana che poi, più di tanto, non è mai entrata nelle vicende del Corno d’Africa?

R. - Sì, sia un sostegno da parte dell’Unione Africana, ma anche delle grandi potenze occidentali che sono già dietro la leadership somala. Pensiamo che il presidente Farmajo ha la doppia cittadinanza: è americano e somalo e gli Stati Uniti lo sostengono. Ma servirebbe un’azione coordinata, che è quella che stanno cercando di fare, per riuscire a concentrare tutti gli sforzi, tutte le risorse nello sviluppo innanzi tutto della Somalia e poi nel contenimento militare di al Shabaab. Soltanto questi due elementi, coordinati, possono dare un futuro alla Somalia. 

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Unhcr: chiesto aumento dei posti disponibili per rifugiati

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"Oggi i bisogni globali di reinsediamento superano di gran lunga i posti messi a disposizione dai governi, anche se è aumentato il numero di Paesi che partecipano al programma": lo ha dichiarato Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati,  durante l'apertura delle consultazioni annuali a Ginevra, nell'approssimarsi della Giornata internazionale del rifugiato del 20 giugno. Un milione e duecento mila persone hanno bisogno di reinsediamento, ma i posti disponibili nel 2017 son solo 93.200, il 43% in meno rispetto all'anno passato. Giorgio Saracino ne ha parlato con Carlotta Sami, portavoce Unhcr per il Sud Europa: 

R.  - Il 20 giugno pubblicheremo i nuovi dati sulla situazione mondiale. Sicuramente saranno superati gli oltre 65 milioni di persone, fra sfollati e rifugiati, che non vivono più nelle loro case. Filippo Grandi, Alto commissario Onu per i rifugiati, ha fatto un appello, ricordando come il reinsediamento, i canali legali - quelli che in Italia vengono chiamati i corridoi umanitari - siano, da un lato, una forma di salvezza per i rifugiati più vulnerabili e dall’altro siano il modo migliore per colpire il contrabbando di esseri umani. Noi riteniamo che siano in questo stato di bisogno circa 1,2 milioni di persone: nel 2017 purtroppo è stata espressa una disponibilità di posti per solamente 93.200 persone, il 43% in meno rispetto al 2016.

D. - Quali sono gli impegni che 193 Stati membri delle Nazioni Unite hanno preso firmando la dichiarazione di New York nel 2016?

R.  - Nel 2016, 193 Stati hanno siglato una dichiarazione estremamente importante perché per la prima volta a livello mondiale si è riconosciuta la necessità di un intervento globale su quello che è un problema effettivamente globale. Fra i vari obbiettivi c’è proprio quello di lavorare per aumentare i posti per i reinsediamenti, quindi per i canali umanitari e per ogni altra forma di canale legale. Fra questi noi ricordiamo sempre di includere anche le riunificazioni familiari. Infatti sono tantissime le persone che, non riuscendo ad accedere a un diritto che è loro, intraprendono viaggi pericolosissimi.

D. - Spesso tra la gente ci sono polemiche sulla presenza nel proprio territorio di rifugiati; ci sono però anche molti commenti positivi…

R. - Moltissimi. A livello mondiale c’è un fiorire continuo di iniziative di singoli cittadini che hanno compreso qual è la situazione storica in cui ci troviamo e che hanno anche compreso quale grande opportunità possa essere per la nostra società portare avanti valori di solidarietà, di inclusione, di condivisione. Questi sono valori che si poggiano sostanzialmente sulla comprensione dell’altro, quindi sono il migliore antidoto contro l’intolleranza, contro l’estremismo.

D. - Qual è il vostro appello?

R. - Focalizzarsi sempre più su questi canali umanitari legali e sicuri: che siano messi in piedi dai governi, che siano riunificazioni familiari, che siano apertura di borse di studio per chi vuole studiare. In modo tale da sconfiggere innanzitutto il contrabbando di esseri umani e dare un’alternativa credibile ai più vulnerabili rispetto alla possibilità di accedere a un Paese sicuro, ricostruire la propria vita in sicurezza senza dover perdere da subito la propria dignità, mettendosi nelle mani dei trafficanti. E senza dover perdere addirittura la vita, mettendosi nelle mani dei trafficanti.

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La vita del piccolo Charlie nelle mani dei magistrati di Strasburgo

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Tra quattro giorni la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo dirà se Charlie Gard potrà continuare a vivere. E’ la speranza nella vita che guida Connie Yates e Chris Gard i genitori del piccolo Charlie: il bimbo, nato a Londra il 4 agosto di un anno fa colpito da una rarissima quanto letale malattia genetica, la sindrome di deperimento mitocondriale.

Per i medici è accanimento terapeutico
Il piccolo è curato in una delle strutture più all’avanguardia d’Europa il Great Ormond Street Hospital di Londra, però i medici, ad un certo punto, emettono una diagnosi senza speranza e annunciano ai genitori che saranno staccate le macchine che tengono in vita loro figlio. Per i medici è ormai accanimento terapeutico.

I genitori di Charlie non si arrendono
Connie e Chris non si arrendono e prendono contatto con una struttura statunitense che sta sperimentando una terapia, non ci sono certezze, ma questo gli basta. Il costo di tutta l’operazione, del tentativo, è di oltre 1,3 milioni di sterline. I due avviano una raccolta fondi su tutte le piattaforme digitali e non solo. In migliaia li aiutano, raggiungono e superano il traguardo.

Connie e Chris non possono portare via il figlio
Hanno i soldi, ma la magistratura britannica gli toglie la patria potestà ed impedisce che il piccolo sia portato via dall’ospedale. Per i medici del Great Ormond Street Hospital il tentativo oltre oceano è accanimento terapeutico al pari delle macchine che lo tengono in vita. I giudici condividono.

La lotta dei ricorsi
I due genitori lottano contro il tempo e le leggi, percorrono tutti i gradi di giudizio, fino alla Corte Suprema, ma la risposta è la stessa: accanimento terapeutico, le macchine vanno staccate e Charlie resta a Londra.

L'attesa di Strasburgo
Connie e Chris, allora, portano il caso, quello della vita del proprio figlio, davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo. Tra quattro giorni si saprà se Charlie avrà una possibilità.

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Al Senato lo ius soli. La Caritas: riconoscere i diritti

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Al Senato è iniziato l’iter del ddl per introdurre anche uno ius soli, temperato. Dunque sarebbero cittadini italiani i ragazzi nati da genitori stranieri in Italia, secondo alcune precise condizioni. Un provvedimento voluto dalla maggioranza, ma che vede l’ostilità di destra, Lega e M5S. Alessandro Guarasci

Oggi la cittadinanza la si ottiene solo se si ha genitori italiani, oppure ai 18 anni di età dopo aver dimostrato di essersi integrati. Lo ius soli temperato prevede invece che possa avere la cittadinanza chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente, oppure il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il dodicesimo anno di età che abbia frequentato la scuola per almeno cinque anni. Sono circa 800 mila i ragazzi in Italia in questa condizione. Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas:

“Oggi non possiamo dire, purtroppo in molti casi, che chi nascerà in Italia automaticamente sarà - se la legge verrà approvata - cittadino italiano; lo sarà a certe condizioni, ma questo per noi è già un grande passo verso una prospettiva che deve prendere definitivamente consapevolezza del fatto che la nostra è una società multiculturale e lo sarà sempre di più. Quindi deve attrezzarsi anche con una normativa adeguata”.

E’ una questione di diritti, afferma il presidente del Centro Nazionale per il Volontariato, Edoardo Patriarca:

“Ci sono ragazzi nati in Italia da famiglie straniere oppure che risiedono in Italia da tantissimo tempo che frequentano le nostre scuole. Il rischio grave per questi ragazzi è che, concluso il diciottesimo anno di età, di fatto sono stranieri nel Paese in cui hanno vissuto. Quindi questo tema dello ius soli, dell’approvazione di questa legge, è una questione, se vogliamo, morale; dall’altra parte bisogna garantire dei diritti che sono doverosi”.

Il Movimento Cinque Stelle si asterrà, dunque in sostanza voterà contro, perché, dicono, serve “una concertazione con gli Stati dell’Unione Europea”. L’opinione di Olivero Forti:

“Storicamente la migrazione è stata sempre un argomento utilizzato dai vari partiti per promuovere percorsi politici ed anche elettorali. È avvenuto nel passato ed avviene anche oggi. Rispetto ai Cinque Stelle, personalmente non ho mai ben capito quale sia la loro posizione rispetto al grande tema delle migrazioni e delle sue varie declinazioni. Anche in questo caso non è chiara la motivazione dell’astensione, sapendo che comunque è una questione contingente, importante, sulla quale chiediamo comunque che ci sia un posizionamento. Speriamo che magari arrivi all’ultimo momento”.

La destra teme che si dia la cittadinanza a possibili terroristi. Ancora Edoardo Patriarca:

“Se questo è accaduto in Francia, in Inghilterra, in questi Paesi, non è dovuto al fatto che sia stata riconosciuta a queste persone la cittadinanza che sia belga, francese, inglese o olandese, ma semplicemente perché evidentemente in termini di attenzione al sociale, di educazione, di investimento sulle nuove generazioni le politiche hanno clamorosamente fallito. Qui parliamo non di ragazzi particolarmente emarginati; parliamo di ragazzi che evidentemente non sono stati aiutati e curati nei loro percorsi formativi”.

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Giornata di sensibilizzazione: stop agli abusi sugli anziani

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Si celebra oggi la Giornata di sensibilizzazione sugli abusi contro gli anziani, istituita nel 2012 dalle Nazioni Unite. Obiettivo dell’iniziativa è mettere in luce una problematica molto diffusa ma, allo stesso tempo, poco conosciuta, nonostante l’aumento progressivo del numero di anziani ed il contestuale aumento delle violenze. L’edizione di quest’anno si concentra sugli abusi di carattere finanziario, invitando ad una riflessione attenta e responsabile. Giulia Bedini ne ha parlato con Enzo Costa, presidente dell’Associazione per l’invecchiamento attivo, Auser: 

R. – Siamo in presenza di un cambiamento demografico importantissimo: il mondo invecchia, crescono le aspettative di vita. Per questo, l'idea di una giornata che pone al centro di una riflessione mondiale gli anziani e la loro qualità di vita è un'iniziativa meritoria e importante. In Italia le persone che hanno più di 65 anni sono il 24,7%: stiamo quindi parlando di 13 milioni di persone. Individuando poi, tra questi i soggetti, i più fragili della popolazione anziana ci accorgiamo che due milioni e mezzo non risultano autosufficienti e tre milioni hanno più di 80 anni. Si tratta di una fragilità importante perché è una fragilità che riguarda una fase in cui si è debolissimi, rispetto a tutto l’arco della propria vita, ed in cui tale fragilità anno dopo anno continua a crescere. Siamo profondamente irriverenti nelle politiche dedicate a queste persone, non riuscendo a riservare loro se non pezzi marginali di welfare. Circa il 30 per cento di questi anziani vivono da soli e per questo sono soggetti due volte più fragili. Dobbiamo ripensare davvero il nostro modo di vivere: solo così potremmo guardare in faccia i nostri anziani e guardarli con la convinzione che li stiamo rispettando.

D. – Papa Francesco ha ricordato anche recentemente che gli anziani sono la memoria di un Paese e una risorsa. Eppure con l’aumento degli anziani aumentano anche le violenze, come mai?

R. – L’anziano è un soggetto fragile, facilmente aggredibile. Questo è un mondo che diventa sempre più individuale e nell’individualismo diventa egoista. Diverso è l’approccio del volontariato: noi dell’Auser lo facciamo coniugando due cose: raggruppiamo gli anziani che vogliono fare volontariato e li indirizziamo verso altri anziani. Altro aspetto su cui dovremmo soffermarci - in una società dove l’anziano non è più una figura marginale, ma nel 2050 sarà oltre il 30 per cento dell’intera popolazione – è come mantenere queste persone attive. Inoltre, molti anziani oggetto di una violenza o di una truffa hanno difficoltà a denunciare l'abuso perché si vergognano di essere stati un soggetto debole: noi dobbiamo combattere proprio questo.

D. – L’edizione di quest’anno si concentra sugli abusi di carattere finanziario sulle persone anziane. Qual è l’entità di questo fenomeno e in cosa consiste?

R. – Gli abusi di carattere finanziario per l’anziano vanno di pari passo con il cambio delle tecnologie e delle abitudini di una società. L’anziano finisce per essere la vittima più interessante, a causa della sua capacità finanziaria in termini di risparmio, migliore di un giovane, e anche perchè è un soggetto fragilissimo.

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Unicef: nei Paesi ricchi 1 bambino su 5 vive in povertà relativa

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Un bambino su 5 in Paesi ad alto reddito “vive in povertà reddituale relativa” e in media 1 su 8 affronta insicurezza alimentare. Lo rivela l’Unicef, che ha lanciato oggi il nuovo “Rapporto Innocenti - Report Card 14” sul tema “Costruire il futuro. I bambini e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nei Paesi ricchi”.

Famiglie in cui nessuno possiede un impiego
Lo studio mette in evidenza che “circa 1 bambino su 10 nei Paesi ad alto reddito vive in famiglie in cui nessun adulto possiede un impiego” e anche tra i giovani fra i 15 e i 19 anni “circa 1 su 13 non lavora, non studia e non segue un programma di formazione”. Inoltre nel 2012, per la stessa fascia di età, il suicidio è stato la principale causa di morte, avendo provocato il 17,6% di tutti i decessi. Infine almeno 1 bambino su 10 nei Paesi esaminati è regolarmente vittima di bullismo.

Un rapporto ad hoc che esamina le condizioni dei bambini
Quello dell’Unicef è il primo rapporto che valuta le condizioni dei bambini in 41 Paesi ad alto reddito in relazione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile identificati come i più importanti per il loro benessere. Stila una classifica degli Stati in base alle loro performance ed elenca le sfide e le opportunità che le economie avanzate affrontano per raggiungere gli impegni globali a favore dei più piccoli. Dal documento emerge quindi l’urgenza di porre fine a povertà e fame, assicurare una vita in salute e un’istruzione di qualità per tutti.

La situazione in Italia
Per quanto riguarda l’Italia, risulta al 24° posto su 41 Paesi Ue/Ocse nella tabella generale di confronto relativa a nove obiettivi di sviluppo sostenibile analizzati: ricopre una posizione di eccellenza in "Pace, giustizia e istituzioni efficaci" (2° posto), mentre ottiene il suo risultato peggiore nell’obiettivo "Eliminazione della povertà" (31° posto). “La Report Card 14 è un campanello d’allarme, che ci ricorda come anche nei Paesi ad alto reddito il progresso non vada a beneficio di tutti i bambini,” ha dichiarato Sarah Cook, direttrice dell’Unicef Innocenti. (G.A.)

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Vescovi siciliani: orientamenti pastorali sulla famiglia

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Sono stati pubblicati dalla Conferenza episcopale siciliana gli "Orientamenti pastorali. Accompagnare, discernere, integrare la fragilità secondo le indicazioni del Cap. VIII di Amoris laetitia”. Il documento è disponibile sul portale www.chiesedisicilia.org ed introduce soluzioni pratiche differenziate secondo le diverse situazioni umane. L'obiettivo degli orientamenti è quello di guardare a quelle situazioni concrete che fanno emergere le attuali fragilità dei singoli e delle famiglie, per proporre una cura pastorale che segua "percorsi nuovi".

Un testo per accogliere sempre più pienamente il Vangelo della famiglia
I vescovi delle diocesi di Sicilia auspicano che tali orientamenti contribuiscano ad evitare ogni forma di rigorismo o di lassismo nell’applicare la dottrina della Chiesa, mentre ribadiscono l’urgenza di intraprendere una strategia educativa verso le comunità ecclesiali e verso le nuove generazioni circa l’annuncio del Vangelo della famiglia. Il testo comprende una premessa, una descrizione degli orientamenti declinati secondo tre tappe - accompagnare, discernere, integrare - e una conclusione; è stato pensato "per accogliere sempre più pienamente il Vangelo della famiglia, essenziale per l'intera comunità ecclesiale e per la società" e "per aiutare i presbiteri e gli operatori pastorali impegnati nel prendersi cura dei fratelli e delle sorelle che desiderano percorrere un cammino di grazia e di verità".

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Vescovi degli Stati Uniti: arginare paure su immigrazione

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In circa sei mesi di attività, il gruppo di lavoro sull’immigrazione della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha cercato di arginare “paure esagerate” e di dare voce alla solidarietà. E’ quanto ha detto ieri l’arcivescovo di Los Angeles, mons. José H. Gomez, di fronte ai vescovi riuniti ad Indianapolis per l’Assemblea plenaria di primavera. Il gruppo di lavoro - rende noto l’agenzia Sir - ha messo a disposizione delle diocesi materiale informativo ed educativo e proposte.

Per una riforma sull’immigrazione serve una visione globale
Resta necessario - ha detto Joe Vásquez, vescovo di Austin - “trasmettere una visione globale per la riforma dell’immigrazione, dipingere un quadro più completo di ciò che significa giustizia e che cosa significa misericordia nei confronti degli immigrati e dei rifugiati nel nostro Paese”. “Dovremo andare - ha aggiunto - oltre la semplice reazione alle varie proposte negative che abbiamo visto ultimamente”. Si devono sostenere - ha concluso il presule - “le questioni che secondo noi hanno la priorità”.

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Terra Santa: Francescani celebrano 800 anni del loro arrivo

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Ripartire da dove tutto era cominciato, nel 1217: circa settanta frati da Gerusalemme e dalla Galilea hanno partecipato l’11 giugno, ad Acri, alla giornata celebrativa, riservata ai religiosi della Custodia, dell’ottavo centenario della presenza francescana in Terra Santa. Lo rende noto il sito della Custodia.

Esperienza di amore trinitario
“Siamo venuti fino ad Acri - ha detto il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, durante l’omelia, in cui ha ricordato il significato della Trinità - per celebrare l’inizio della nostra presenza in Terra Santa proprio dove otto secoli fa sbarcarono i primi Frati minori e diedero inizio a un’avventura di presenza francescana in Terra Santa, di cui noi oggi siamo eredi. Anche la nostra stessa missione qui in Terra Santa si radica in questa esperienza di amore trinitario”.

Essere evangelizzatori e missionari
Infatti, “nella Lettera all’Ordine, San Francesco ci ricorda qual è il senso della nostra vocazione, ricordandoci perché Dio ci voglia evangelizzatori e missionari”: “Poiché per questo vi mandò nel mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di Lui con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c’è nessun Onnipotente eccetto Lui”.

Ribadita l’importanza della pace
Durante la celebrazione, i Frati hanno rinnovato insieme i loro voti come gesto simbolico. La giornata ha visto i partecipanti fare un giro per la città di Acri, accompagnati da padre Eugenio Alliata, l’archeologo della Custodia. Un concerto dei bambini della Terra Santa School di Acri, sul tema della pace, ha chiuso l’evento celebrativo.

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Indonesia: l’arcidiocesi di Jakarta celebra la famiglia

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L’arcidiocesi di Jakarta festeggia quest’anno il 210.mo anniversario dalla fondazione della prima missione cattolica a Batavia, nome olandese della capitale indonesiana durante il periodo coloniale. Le comunità parrocchiali - riferisce l’agenzia AsiaNews - si sono riunite per alcune messe di ringraziamento, mentre un forum sulla famiglia ha richiamato a Kemayoran (Central Jakarta) oltre 3 mila giovani, che hanno preso parte a discussioni aperte e ad una festosa celebrazione eucaristica.

Fede cattolica cresce all’interno della famiglia
La conferenza, dal tema “Famiglia, scuola, vita”, è stata organizzata nei giorni scorsi dalla Commissione per la famiglia dell’arcidiocesi di Jakarta, con lo scopo di condividere insieme ai fedeli prospettive e opinioni sui veri valori “dell’essere famiglia cattolica”. Lydia Kusnadi, tra i responsabili dell’evento, ha dichiarato ad AsiaNews: “È all’interno del nucleo familiare che la fede cattolica cresce, si sviluppa e genera nuovi valori”.

Le sfide della famiglia oggi
Il convegno ha trovato spunto dalle prove che i tempi moderni pongono di fronte alla famiglia, sfide che devono essere affrontate a fondo e in maniera corretta. Sono intervenuti diversi relatori che, in base alle proprie competenze professionali, hanno discusso alcuni temi di grande interesse, come ad esempio la comunicazione nelle famiglie; i ruoli di moglie e marito; crescere figli con esigenze particolari; la sessualità di coppia; la gestione delle finanze familiari; la ricerca di un partner cattolico; il secondo matrimonio.

Famiglia cattolica, “prima chiesa” dei bambini
P. Andang L. Binawan, membro del Comitato direttivo, ha dichiarato: “Questi argomenti sono molto rilevanti e necessitano di pubblica discussione, poiché in questo mondo moderno l'ego personale è in forte crescita nelle famiglie cattoliche, mentre i compromessi sono diminuiti in maniera notevole”. Felix Wira Putera, a capo del progetto, ha spiegato che la famiglia cattolica “è la ‘prima chiesa’ per i bambini, primo luogo dove vengono a contatto con la loro identità religiosa”.

Umanità più giusta e civilizzata
Mons. Ignatius Suharyo, arcivescovo di Jakarta, ha chiuso l’evento officiando una Messa celebrativa. “Questa conferenza sulla famiglia - ha affermato il presule nella sua omelia - deve spingere tutta la popolazione, soprattutto i cattolici, a sviluppare buoni valori nelle famiglie. Essa sia un invito per le famiglie cattoliche a socializzare con i vicini, come buoni cittadini indonesiani tolleranti. Questo è un riferimento al motto pastorale dell'arcidiocesi di Jakarta: ‘Per l'umanità più giusta e civilizzata’”.

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Bosnia ed Erzegovina, vescovi: diritti e libertà nel Paese

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Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale della Bosnia ed Erzegovina si è riunito il 12 giugno a Sarajevo, presieduto dall’arcivescovo card. Vinko Puljic. Lo riferisce il sito della Conferenza episcopale che accenna ai temi che sono stati oggetto dei lavori, indicando che sono “state riprese le conclusioni della 69.ma Assemblea ordinaria della Conferenza episcopale che si era tenuta il 21 e 22 marzo 2017 a Mostar”.

Promuovere diritti umani e libertà fondamentali
In quell’occasione - riporta l’agenzia Sir - i vescovi avevano rivolto un appello “ai rappresentanti politici del popolo croato a sostenere con tutti i mezzi democratici la tutela e la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini della Bosnia ed Erzegovina e a lavorare per la parità del popolo croato con le altre etnie”. A Sarajevo i vescovi hanno ripreso anche i contenuti “del XII incontro tra i presuli e i membri della Conferenza dei superiori maggiori del 28 aprile scorso”, che aveva affrontato il tema della collaborazione tra laici e religiosi nella pastorale, e quelli “della riunione dei vescovi con i provinciali francescani in Bosnia-Erzegovina”.

A luglio, prossima Plenaria
Uno sforzo continuo della Chiesa cattolica in Bosnia è di lavorare a una sempre maggiore integrazione tra cattolici bosniaci e croati nelle comunità locali. È stato, inoltre, definito l’ordine del giorno della prossima Assemblea plenaria, che si svolgerà il 13 e 14 luglio a Banja Luka.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 166

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.