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Sommario del 17/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco riceve Merkel: colloquio su povertà, terrorismo e clima

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"Buone relazioni e fruttuosa collaborazione" tra la Santa Sede e la Germania. Lo afferma un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, dopo l'incontro di questa mattina tra il Papa e la Cancelliera tedesca Angela Merkel.

Durante il colloqio "sono state quindi affrontate questioni di comune interesse, con particolare considerazione per la prossima riunione del G20 ad Amburgo e si è convenuto sulla necessità di dedicare una speciale attenzione alla responsabilità della comunità internazionale nel contrastare la povertà e la fame, la minaccia globale del terrorismo e i cambiamenti climatici".

Il comunicato afferma anche che "un particolare ricordo è stato riservato al già Cancelliere Federale Helmut Kohl, scomparso ieri, ed alla sua instancabile opera a favore della riunificazione della Germania e dell’unità d’Europa".

Dopo aver incontrato Francesco, Merkel ha visto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato dall'arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.

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Il cordoglio del Papa per la morte di Helmut Kohl

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Papa Francesco ha espresso il suo cordoglio per la morte, avvenuta ieri, dell’ex-Cancelliere Federale tedesco Helmut Kohl, dopo lunga e grave malattia. In un telegramma indirizzato alla dott.ssa Angela Merkel, ribadisce la “commozione” e le “sentite condoglianze” ai familiari, al Cancelliere Federale della Rep. Fed. di Germania e “a tutto il popolo tedesco che compiange il ‘Cancelliere dell’Unità’”. Il Santo Padre ricorda che “Kohl quale grande uomo di stato e convinto europeo, ha lavorato con lungimiranza e dedizione per il bene delle persone in Germania e nei paesi confinanti europei”.

“Il Dio misericordioso - conclude - lo ricompensi per il suo instancabile operato a favore dell’unità della Germania e dell’unione dell’Europa, come pure per il suo impegno a favore della pace e della riconciliazione. Il Signore doni al defunto la gioia eterna e la vita nella patria celeste, e di cuore imploro sui congiunti e su tutte le persone in lutto la consolazione e la benedizione di Dio”.

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Il Papa rattristato per le vittime dell'incendio a Londra

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Il Papa si è detto "rattristato" per le vittime dell'incendio di Londra e per i feriti. Il cordoglio è stato espresso in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, al cardinale Vincent Nichols arcivescovo di Westminster.

Francesco "affida le anime di coloro che sono morti alla misericordia amorevole del Signore e invia le sue condoglianze alle famiglie colpite". Inoltre "apprezzando gli sforzi coraggiosi di quanti sono impegnati nei soccorsi, il pontefice invoca per la comunità locale la benedizione divina di forza e pace".

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Tweet del Papa: ascoltiamo il grido della terra e dei poveri

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"La preoccupazione ecologica è sempre anche una preoccupazione sociale. Ascoltiamo il grido della terra ma anche il grido dei poveri".

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Promulgato decreto sul martirio di Teresio Olivelli

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Tra i Decreti Promulgati oggi dalla Congregazione per le Cause dei Santi, ce n’è uno riguardante un martirio, quello di Teresio Olivelli, della diocesi di Vigevano, in provincia di Pavia, in Lombardia. Pietro Cocco

Nome poco noto ai più, Teresio Olivelli è invece un testimone a tutto tondo delle fede e della carità cristiane, vissute come baluardo contro le ideologie dell’odio e del disprezzo dell’altro. A causa di questa sua testimonianza morì a seguito delle percosse dei suoi carcerieri, nel campo di concentramento di Hersbruck in Germania, il 17 gennaio 1945, a 29 anni.

Nato nel 1916 a Bellagio, in provincia di Como, trasferitosi poi a Mortara (Pavia), diocesi di Vigevano, Olivelli si laureò in giurisprudenza presso l’università di Pavia, e questa sua formazione lo orientò sempre nell’impegno per la libertà e la giustizia. Visse in prima persona l’ascesa del fascismo, illudendosi in un primo tempo di poterlo cristianizzare, ma rendendosi poi conto dell’incompatibilità coi valori cristiani.

Partecipò attivamente sia all’Azione Cattolica e poi alla Federazione Universitaria Cattolici Italiani, la Fuci, dedicandosi a numerose opere caritative a favore dei poveri, dei malati, degli anziani. Opere di misericordia che egli praticò tenacemente anche in tempo di guerra, quando si trovò sul fronte russo e nella tragica ritirata; e poi ancora dopo l’8 settembre 1943, quando viene arrestato una prima volta a causa del suo rifiuto di collaborare con i nazifascisti per fedeltà al Vangelo.

In quell’occasione Olivelli riuscì a fuggire e si unì per cinque mesi alla resistenza cattolica, non con un ruolo militare, operando tra Brescia, Milano e Cremona. Si impegnò nella formazione e diffusione dei valori morali della rivolta, primo fra tutti la carità cristiana, l’amore del prossimo per costruire la civiltà dell’amore, contrapposta a quella dell’odio propugnata dai nazifascisti.

Sua la famosa ‘Signore facci liberi’, nota come la Preghiera del Ribelle. Ormai considerato tra i peggiori nemici del regime, proprio per il suo impegno di formazione delle coscienze, come cattolico di primo piano, punto di riferimento della FUCI di Milano, Olivelli venne arrestato a Milano il 27 aprile 1944. Fu trasferito dapprima nel campo di concentramento di Fossoli, vicino Carpi, poi trasferito nei lager di Bolzano-Gries, Flossenbürg e Hersbruck.

Di fronte all’esplicita volontà di annientamento fisico e spirituale, sottoposto a brutali percosse, nei mesi che precedettero la sua morte non smise mai, neppure nel campo di concentramento, di prendersi cura dei malati, di quanti erano abbandonati a se stessi e alla morte, facendo anche pregare di nascosto e organizzando riunioni di lettura del Vangelo.

Nella sua preghiera del ribelle si legge tra l’altro: “Facci liberi e intensi; se cadremo, fa' che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente, a crescere al mondo giustizia e carità”.

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Le udienze e nomine di Papa Francesco

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Le udienze e nomine di Papa Francesco. Consulta qui il Bollettino della Sala Stampa Vaticana .
 

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Oggi in Primo Piano



Cordoglio dei vescovi tedeschi per la morte di Kohl

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 “La Chiesa in Germania è grata per la testimonianza cristiana di Helmut Kohl. Ovunque nel mondo fossero calpestati i valori di una società libera, lui si impegnava perché questi valori fossero rispettati. Voleva e sapeva manifestare in Europa le sue convinzioni cristiane”. E’ quanto scrive il presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), cardinale Reinhard Marx, nel suo messaggio di cordoglio per la morte, ieri, del cancelliere tedesco, Helmut Kohl.

Grande negoziatore dell’unità tedesca
Tra le sue priorità – aggiunge il porporato – c’era quella di “lavorare per una economia sociale di mercato fondata sulla dottrina sociale della Chiesa”. Il cancelliere Kohl – ricorda il cardinale Marx - è stato un ospite regolare dei Katholikentag. Al coraggio e alla perseveranza – sottolinea il porporato – il cancelliere ha abbinato con forza visionaria “grande capacità di negoziare l’unità tedesca”.

L’impegno per l’Europa senza frontiere
Allo stesso tempo – ricorda il presidente della Conferenza episcopale tedesca - è stato “il cancelliere dell’idea europea” e ha avuto un ruolo grande e decisivo per la crescita di una Europa unita senza frontiere”. Kohl, che ha assunto un ruolo centrale anche per l'elaborazione del Trattato di Maastricht, aveva più volte sottolineato che la Germania e l'Europa sono "due facce di una stessa medaglia".

Per Kohl la responsabilità richiede coerenza con la propria coscienza
Nel messaggio di cordoglio, ripreso dall’agenzia Sir, il porporato ricorda inoltre gli incontri del cancelliere Kohl con Papa Giovanni Paolo II, durante le visite del Pontefice in Germania nel 1987 e nel 1996, quando insieme hanno attraversato la porta di Brandeburgo. “Libertà – aveva detto Kohl in quell’occasione - significa sempre anche responsabilità, altrimenti si trasforma in nuove forme di dipendenza”. “La responsabilità vissuta – aveva aggiunto il cancelliere tedesco - ha bisogno di coerenza con la propria coscienza, davanti al prossimo e soprattutto a Dio”. “

Kohl: dovere cristiano e dovere civile sono inseparabili
“Proprio in questo senso – aveva osservato Kohl nel 1996 davanti alla Porta di Brandeburgo - la voce delle Chiese cristiane è indispensabile anche in una società sempre più secolarizzata. La Buona Novella di Cristo è una sorgente di forza; dà orientamento e sostegno alle persone”. “Il dovere cristiano e il dovere civile – aveva concluso Kohl – sono inseparabili. Questo vale soprattutto per la costruzione di un’Europa unita”.

I vescovi tedeschi esprimono Dolore e gratitudine
“La Chiesa cattolica in Germania – si legge infine nel messaggio di cordoglio del cardinale Marx - si inchina con dolore, lode e gratitudine” di fronte a questa personalità le cui azioni “sono state segnate dalla concezione cristiana di essere umano, cosa che gli ha dato così tanta forza nel suo lavoro”. (A.L.)

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Helmut Kohl, cancelliere della riunificazione

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E’ morto ieri all’età di 87 anni Helmut Kohl, storico cancelliere tedesco dal 1982 al 1998. Nel 1990 fu il padre della riunificazione della Germania dopo la caduta del muro di Berlino e uno dei padri della moneta unica europea. “E’ stato l’essenza stessa dell’Europa”, ha ricordato il presidente della Commissione europea Juncker. Il servizio di Michele Raviart

Helmut Kohl, una delle grandi figure del novecento europeo, si è spento ieri nella sua casa in Renania Palatinato, dove si era ritirato dalla vita pubblica dopo la grave caduta del 2008. Membro dei cristiani democratici tedeschi dal 1946, guidò il partito per 25 anni dal 1973 e fu cancelliere per la prima volta nel 1982, ricoprendo la carica per 16 anni. Con la fine della Guerra fredda condusse quasi da solo la battaglia per la riunificazione della Germania Ovest con la Ddr comunista, avversata dagli altri Paesi europei che temevano il ritorno di una “grande Germania” dopo la seconda guerra mondiale. Europeista convinto, fugò questi timori rinunciando al marco, lavorando con la Francia al trattato di Maastricht e ponendo le basi per la moneta unica. Cordoglio per la morte dell’ex cancelliere da parte della comunità internazionale e di chi ha lavorato con lui, come Bush e Gorbaciov. “Kohl ha cambiato la mia vita, gli sono grata”, ha ricordato l’attuale cancelliere Angela Merkel che proprio dal suo mentore si dissociò al momento dello scandalo dei fondi neri alla CDU del 1999, ereditandone idealmente la guida del partito.

Per un commento sulla figura dell’ex-cancelliere, abbiamo intervistato il professor Marco Paolino dell’Università della Tuscia, autore di un libro su Kohl: 

R. – Kohl è stato uno dei grandi costruttori dell’Europa. L’origine di Kohl viene chiaramente dalla dottrina sociale della Chiesa, dal pensiero cattolico: non dimentichiamo il rapporto fortissimo che ha avuto con Karol Wojtyla, con Giovanni Paolo II. Kohl ha insistito sempre sul dovere dei cristiani nella costruzione dell’edificio europeo. Questa era un’idea che era cara a Giovanni Paolo II: l’aveva anche diverse volte enunciata. Qui abbiamo anche, appunto, la grande intuizione di Kohl e di Mitterrand del Trattato di Maastricht del 1992 che è stato la pietra miliare, come il Trattato di Roma nel 1957, del processo di integrazione europea, della nascita dell’Europa e di quello che noi oggi stiamo vivendo.

D. – Kohl rimarrà alla Storia per essere stato il cancelliere della riunificazione tra la Germania Ovest e la Germania Est. Che cosa ha significato questo per l’Europa e per i tedeschi?

R. – Kohl è stato cancelliere per 16 anni, un tempo enorme! Quindi ha segnato profondamente la storia della Germania. E’ stata una riunificazione molto veloce, molto rapida, perché Kohl aveva paura che all’interno dell’Unione Sovietica gli equilibri cambiassero e quindi non avrebbero più permesso la riunificazione tra le due Germanie. Teniamo conto che Kohl è stato, insieme con Giovanni Paolo II, con Ronald Reagan, colui che ha posto fine alla guerra fredda. Questo per i tedeschi ha significato molto: attraverso Kohl, la Germania è tornata ad essere una nazione protagonista della politica a livello europeo e a livello mondiale. E poi, dobbiamo dire un’altra cosa: che il processo di integrazione europeo era visto da Helmut Kohl come una prosecuzione del processo di riunificazione tedesca, perché una Germania unita, una Germania forte, una grande potenza non poteva essere lasciata sola e doveva essere incardinata, ancorata all’interno della costruzione europea.

D. – Le conseguenze, poi, di questa visione sono anche nel fatto che Kohl è uno dei padri dell’euro …

R. – Nella nostra quotidianità, centinaia di milioni di europei vivono oggi con l’euro: bè, questa è la grande intuizione che ha avuto Helmut Kohl, insieme – dobbiamo dire – con François Mitterrand. Sono state posizioni – io dico – di grande coraggio, di grande apertura, sia della Germania – soprattutto – ma anche della Francia, che ha seguito la Germania su questo terreno; e noi oggi ne siamo tutti protagonisti e possiamo dire che ne abbiamo tratto – a nostro modo – dei benefici.

D. – Angela Merkel è stata “scoperta” da Kohl: che eredità lascia Kohl nella politica tedesca?

R. – Credo che Kohl abbia allevato una serie di persone, proprio da maestro; Angela Merkel in particolare, ma anche lo stesso Wolfgang Schäuble, che è uno dei ministri più importanti del governo tedesco. Sono stati allevati da Kohl, sono stati suoi collaboratori, hanno imparato molto da lui. Credo che anche le ragioni del successo di Angela Merkel – al di là, poi, di tante polemiche che hanno segnato la storia del Partito Cristiano-democratico in questi anni – , non possono prescindere dalla figura di Helmut Kohl, perché Angela Merkel nel suo metodo di governo e anche nel modo che ha di affrontare i problemi, è molto vicina a Helmut Kohl, all’impostazione che Kohl ha avuto nel governo della Germania – attenzione! – in un periodo difficilissimo, che è stato quello della fine della Guerra Fredda e della riunificazione.

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Gerusalemme: polizia, attentato è opera dei palestinesi non dell’Is

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A compiere l'attentato terroristico di ieri sera a Gerusalemme, costato la vita ad una giovane agente israeliana e ai tre autori dell’azione - uccisi poi dalle forze di sicurezza - è stata "una cellula locale" palestinese. Lo ha annunciato la polizia dello Stato ebraico, secondo cui "al momento non è stata trovata alcuna indicazione" che l'attacco sia stato opera di un’altra “organizzazione terrorista”. In precedenza, il sedicente Stato islamico (Is) aveva rivendicato l'attentato come il "primo in territorio israeliano" da parte dei propri miliziani, ma subito dopo era arrivata la smentita di Hamas che invece aveva ascritto al proprio gruppo e al Fronte popolare per la Liberazione della Palestina la paternità dell'assalto condotto nei pressi della Porta di Damasco. Giada Aquilino ne ha parlato con Paolo Branca, docente di Islamologia e lingua araba all’Università Cattolica di Milano: 

R. – Questo fa parte della competizione tra varie sigle nell’egemonia o nella posizione che tali organizzazioni vogliono assumere agli occhi dell’opinione pubblica. La cosa preoccupante mi pare sia il fatto che siano arrivati a colpire un luogo così significativo com’è la Porta di Damasco a Gerusalemme, in fondo contagiati dal grande caos che regna nella regione. Ho paura che sia un po’ illusorio pensare che proprio la Terra Santa possa rimanere immune dalle conseguenze quando è in mezzo a Paesi che quasi non esistono più come la Siria, l’Iraq, la Libia, lo Yemen. Si stanno paurosamente allargando le conflittualità e, se i propri vicini si stanno ridisegnando i confini e i rapporti su linee di tipo etnico e religioso, temo che nessuno in Terra Santa possa rallegrarsene.

D. – E ciò avviene in un momento in cui i colloqui israelo-palestinesi sono in stallo…

R. - E’ una cosa da sottolineare, perché a partire dalle primavere arabe e fino ad oggi le condizioni per un possibile accordo di chi vive sulla stessa terra, pur essendo di etnia o di fede religiosa diversa, ci sarebbero state. Probabilmente la crisi però induce ciascuno a mantenere le proprie posizioni come se fossero un privilegio su cui non cedere e manca una visione a medio e lungo termine.

D. - Perché colpire in un venerdì di Ramadan a Gerusalemme?

R. - Perché è una Città Santa per tutte e tre le religioni e il venerdì è il giorno della preghiera comunitaria dei musulmani. Il Ramadan è il mese più sacro dell’anno liturgico islamico e quindi si vuol dare una carica simbolica a questi attacchi. Preoccupa perché, se non si riesce a trovare un punto di convivenza tra le tre grandi religioni monoteistiche che hanno poi la stesse radici, si rischia che arrivare ad una pace mondiale anche con altre culture e civiltà diventi piuttosto utopico.

D. – Il premier Netanyahu ha subito abolito i permessi di ingresso in Israele concessi ai palestinesi per il Ramadan. Che ripercussioni potrebbero esserci?

R. – Temo che questo purtroppo esaspererà ancora di più gli animi. Si parla molto di muri più che di ponti, ultimamente. Molte contraddizioni delle nostre cosiddette democrazie “di civiltà giuridica superiore” stanno purtroppo venendo al pettine, non a caso in un periodo di profonda crisi.

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Gli Usa si allontano da Cuba: ipotesi sanzioni ed embargo

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Perplessità della comunità internazionale dopo il discorso del presidente americano Donald Trump a Miami, nel quale ha criticato le aperture verso l’isola da parte del suo predecessore Barack Obama, paventando un ritorno all’embargo e alle sanzioni pur lasciando aperta l’ambasciata statunitense. Immediata la risposta dell’Avana che parla di un “discorso carico di retorica”, ma ribadisce l’intenzione di continuare il dialogo. Benedetta Capelli ha raccolto il commento di Alessandro Corneli, docente di geopolitica allo Iulm, università di Lingue e Comunicazione di Milano: 

R. – Il presidente Trump sta cercando di rafforzare i suoi rapporti con il proprio elettorato, e in particolare con i deputati e i senatori che lo dovrebbero appoggiare nelle vicende che lo vedono collegato alle indagini sul Russiagate. Quindi, la sua visita a Miami in Florida serve senz’altro un po’ a rafforzare questi legami e anche un po’ a deviare l’attenzione dall’inchiesta in corso, che è abbastanza pericolosa. E poi, in ogni caso, però, Trump segue la linea di cancellare un po’ tutti gli aspetti più significativi della politica del suo predecessore: non mancano mai suoi riferimenti agli errori – secondo lui, naturalmente – commessi da Obama.

D. – Trump ha parlato del regime cubano come di un regime brutale e dell’intenzione di lavorare, invece, per una Cuba libera, nella quale si svolgano elezioni democratiche, accusando poi Obama di avere ignorato gli abusi di diritti umani.

R. – Sì, esattamente. Questa è una linea ideologica molto, molto ferma, molto precisa che indubbiamente raccoglie l’appoggio della platea dei suoi interlocutori e soprattutto tende un po’ a lanciare un messaggio a Cuba. Trump dice: “Guardate che questi accordi che aveva firmato Obama, alla fin fine vanno a rafforzare il regime militare ed economico di Cuba anziché il popolo cubano”. “Io voglio rovesciare questa situazione, voglio che a beneficiarne sia il popolo cubano e quindi che abbia tutti i suoi diritti di libertà, le libere elezioni, il pluripartitismo e le caratteristiche fondamentali della democrazia”, che secondo lui Obama – per ottenere un successo di facciata – aveva trascurato.

D. – Ma quanto c’è di demagogico e quanto di reale in queste parole?

R. – Ah bè, in tutti i discorsi politici si deve fare un mix tra i due elementi. Certo, la situazione in questo momento è abbastanza delicata per Trump e per questo sfrutta tutte le occasioni che gli si presentano. Per esempio, l’attacco al regime comunista, che è un regime tradizionalmente violatore di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali, gli fa gioco perché prende indirettamente le distanze anche dal regime russo e dal suo passato. Come per dire: “Io non ho nessun tipo di rapporti; sono intransigente nella difesa dei valori tipici della tradizione americana”. Questo è quello che gli serve come messaggio alla sua opinione pubblica interna.

D. – E come giudica invece la risposta di Cuba, che ha detto: “E’ stato un discorso carico di retorica ostile, ma la volontà è comunque quella di continuare un dialogo rispettoso con gli Stati Uniti”?

R. – Bè, certamente Cuba deve mantenere aperte tutte le porte possibili; naturalmente ad essere irritato è soprattutto il regime che si sente direttamente colpito con le restrizioni al tipo di viaggi che possono fare i cittadini americani a Cuba: non più a livello individuale ma soltanto a livello collettivo; non frequentare gli alberghi che sono gestiti dal complesso militare-economico di Cuba. In questo il regime, naturalmente, si sente direttamente attaccato. Ma è appunto il segnale che Trump voleva mandare alle alternative, se ci sono, perché vengano fuori!

D. – Ma quali conseguenze si possono ipotizzare nell’immediato?

R. – Penso che Trump non abbia interesse a rilanciare il discorso dell’embargo, anche perché la sua linea era stata quella – per esempio, nei confronti della Russia – di ridurre questo tipo di misure che poi, alla fine, non hanno nemmeno una grande efficacia. Quindi non c’è un peggioramento dei rapporti, tanto più che i rapporti diplomatici rimangono. Perciò, non credo che Trump – ottenuto questo successo a Miami – voglia poi aggravare la situazione e puntare tutto sulla vicenda cubana …

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Ancora milioni le vittime della siccità e carestia nel mondo

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Sono oltre 30 milione le persone che soffrono la fame a causa della siccità in Sud Sudan, Corno d’Africa e nel bacino del lago Ciad. Questa è solo una delle emergenze emerse in occasione della Giornata Mondiale contro le desertificazioni indetta dalle Nazioni unite, che viene ricordata oggi. E secondo un recente rapporto della Commissione europea, l’esposizione globale ai rischi delle catastrofi naturali è addirittura raddoppiato negli ultimi quaranta anni. Marina Tomarro

In Etiopia sono oltre sette milioni, le persone che a causa della siccità soffrono gravemente la fame e in Somalia nel 2011 la carestia ha causato 260mila morti, molti dei quali bambini. Sono dati impressionanti quelli che raccontano il dramma della carestia e siccità nel mondo, con una particolare attenzione per l’Africa. Maddalena Grechi responsabile alla comunicazione di Agire, la rete italiana che raggruppa diverse organizzazioni umanitarie non governative:

R. – Diciamo che ormai desertificazione e siccità sono fenomeni che riguardano alcune aree del mondo in particolare, ma ci riguardano tutti molto da vicino, perché trasformano aree che una volta erano adatte all’agricoltura in aree prive di coltivazioni. Questo, soprattutto nelle zone che si sviluppano sull’economia rurale, causa la perdita di raccolti, la mancata possibilità di nutrire il bestiame e quindi la perdita totale delle fonti di sostentamento per le popolazioni rurali che, di conseguenza, si spostano alla ricerca di altre fonti di sostentamento. In alcune zone del pianeta, in particolare in Africa, assistiamo a situazioni socio-economiche veramente al limite della sopravvivenza umana, legate agli effetti combinati di siccità, conflitti, spostamenti forzati e collassi dei sistemi economici.

D. – Quali sono i Paesi maggiormente colpiti da questo fenomeno?

R. – Il Sud Sudan sicuramente, dove è stato dichiarato lo stato di carestia già nel mese di febbraio; la Somalia, che ha già patito una pesantissima carestia nel 2011, che ha causato la morte di 260 mila persone; i Paesi intorno alla Somalia, quindi in particolare Etiopia e Kenya. Ma, appunto, il fenomeno riguarda tutti, perché anche in Europa lo scorso 2016 è stato il terzo anno consecutivo più caldo e questo impatta sull’agricoltura, sicuramente: è di pochi giorni fa l’allarme della Coldiretti che denuncia che il livello idrometrico dei principali corsi d’acqua italiani è molto basso e che le conseguenze sull’agricoltura sono molto pesanti. L’invito è un po’ a considerare il mondo come un unico sistema e non come un insieme di parti disgregate.

D. – Quali potrebbero essere allora le soluzioni da adottare in questo caso, per evitare carestie e siccità?

R. – L’invito è quello di riuscire a dare attenzione a questi segnali in tempi utili, e non di ridursi al momento in cui bisogna attuare interventi salva-vita perché le persone già stanno morendo di fame. L’Accordo di Parigi sicuramente gettava le basi per un contenimento dell’innalzamento della temperatura media; il fatto che il presidente Trump abbia deciso di non rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi, è un segnale forte che noi speriamo che non venga seguito da altre potenze internazionali: speriamo, cioè, che si continui a mantenere alta l’attenzione sui rischi che tutto il pianeta corre e quindi i governi continuino ad attuare politiche volte al contenimento degli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici.

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Flash mob al Miur: rilanciare alleanza tra famiglia e scuole

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“I genitori devono essere informati sulle attività scolastiche, serve il consenso informato preventivo”. E’ una delle urgenze chieste dalle associazioni Generazione Famiglia, Non si Tocca la Famiglia e Provita Onlus e Comitato Articolo 26, che questa mattina hanno organizzato un Flash mob” di fronte al Ministero della Pubblica Istruzione, in largo Bernardino da Feltre, a Roma. “Bisogna rilanciare l’alleanza tra famiglie italiane e scuole pubbliche - ribadisce Maria Chiara Iannarelli, insegnante, vicepresidente  di Comitato Articolo 26 - “perché sono tre anni che alle associazioni di genitori di tutta Italia giungono segnalazioni di progetti educativi critici su temi sensibili come l’educazione affettiva e sessuale o la lotta contro le discriminazioni o la cosiddetta educazione di genere. Temi che sono condivisibilissimi da tutti ma con metodi spesso controversi e soprattutto che scavalcano il primato educativo dei genitori.

Prof.ssa Iannarelli concretamente quali sono le segnalazioni, qual è il punto di criticità?

R. – Sono su vari piani. Per quanto riguarda l’educazione sessuale ci sono temi che vengono introdotti con un linguaggio, con dei contenuti così forti e crudi che non tengono conto delle sensibilità dei bambini. Abbiamo avuto a Modena un caso che sfiora la pornografia, poi una segnalazione di un questionario portato avanti a livello europeo dall’università Sapienza di Roma in collegamento con l’unità di Manchester che in un quiz di matematica prevedeva anche domande su temi come l’aborto o l’omosessualità, domande che cercavano di mettere in collegamento il grado di pensiero conservatore delle famiglie con il grado di risultati alti in matematica. A Milano, lo abbiamo segnalato da pochi giorni al Miur, una mamma ha visto rifiutato dai dirigenti di scuola la semplice richiesta di non far partecipare il figlio a un corso che era tenuto con un metodo molto di parte da un’associazione LGBT. Abbiamo decine di segnalazioni. Sono state fatte richieste, lettere, petizioni, al ministro e in mancanza di risposte chiare, i genitori con i nonni e i loro figli vanno in piazza, che è un luogo anche di democrazia, no?

D. – Cosa volete ottenere?

R. – La formalizzazione della possibilità di consenso informato preventivo su tutti questi temi, di esonero e di attività alternativa nel riconoscimento del primato educativo dei genitori e per una vera scuola che abbia una vera corresponsabilità perché è impossibile che temi come la pornografia o progetti che confondono l’identità affettiva e sessuale vadano dentro la scuola pubblica scavalcando i primi utenti che sono i bambini, i giovani e le famiglie.

D. – Denunciate delle criticità ma dall’altra parte ribadite: scendiamo in piazza perché è tempo di rilanciare un’alleanza tra famiglie italiane e scuole pubbliche. Quindi la leva è a voler costruire…

R. - Ma certo! Dato che proprio in questi giorni il ministro ha rilanciato, anche su un articolo su Avvenire, la volontà, rilanciare il patto educativo di corresponsabilità educativa tra scuola e famiglia. Noi domandiamo che non siano affermazioni puramente vuote ma che allora venga formalizzato nel patto di corresponsabilità che i genitori firmano in tutte le scuole, chiediamo che sia riconosciuta in tutte le scuole la possibilità di essere informati preventivamente e scegliere se partecipare o no.

D. – Ma adesso non è così? Il POF, il piano di offerta formativa, prevede quali possono essere gli insegnamenti…

R.  – Il POF è un documento molto sintetico dove spesso ci sono a malapena i titoli dei grandi contenitori vuoti e molti progetti poi vengono inseriti in deroga al POF durante l’anno ma tantissime attività vengono introdotte nelle lezioni regolari. Noi domandiamo che venga fatto un consenso informato preventivo degno di questo nome: non basta un titolo.

 

Ascolta l'intervista con Maria Chiara Iannarelli, vicepresidente  di Comitato Articolo 26: 

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Alzheimer: prevenzione al centro del Convegno dei Centri diurni

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Il tema dell’Alzheimer nelle aree colpite dal terremoto e le difficoltà che ne sono derivate al centro del Convegno nazionale dei Centri diurni in corso fino a domani a Pistoia. A testimoniare la paura e la mancanza totale di assistenza specialistica per persone con demenza da agosto a ottobre, durante le scosse più forti nel Centro Italia, è la dottoressa Manuela Berardinelli presidente dell’Associazione Alzheimer Uniti Italia, che al Convegno porta i vissuti dei malati ma anche il bel progetto di assistenza che la Onlus ha organizzato. Ma sentiamo la stessa Berardinelli nell’intervista di Gabriella Ceraso

R. - All’indomani del sisma del 24 agosto abbiamo attivato subito, per le quattro Regioni colpite, un numero che è ancora attivo 24 ore su 24 al quale sono collegate altre quattro linee telefoniche. La cosa è precipitata poi nel momento in cui tra il 26 e il 30 ottobre c’è stato il dramma nel dramma: 38 comuni su 57 sono stati colpiti in maniera pesante. Qui non si tratta di case inagibili: qui si tratta proprio di macerie che ricordano le scene del Libano degli anni ’70. Il trauma è per tutti. È assolutamente di proporzioni tragiche rispetto alle persone malate di demenza. Non ci sono delle linee guida su come comportarsi e gestire situazioni di criticità per la persona fragile. Sono stati portati in prima battuta nelle tendopoli insieme a tutte le altre persone.

D. - Come sono state assistite quindi queste persone in questo contesto?

R. – Abbiamo visitato tutte le tendopoli con Alzheimer Uniti Italia e nessuno ha pensato ad assistere, se non nei bisogni primari le persone anziane, tanto meno la persona fragile. Quindi noi abbiamo trovato scene di anziani sdraiati nella brandina che dalla mattina alla sera guardavano il soffitto. Tra l’altro sfatiamo un mito. Alcuni hanno detto: “Loro sono fortunati perché non hanno capito la paura”. È una grande sciocchezza, perché magari non la sanno raccontare, non se la ricordano, ma la vivono al livello inconscio e inconsapevole.

D. - Che cosa avete riscontrato quindi …

R. - Abbiamo riscontrato che gran parte delle persone fragili hanno avuto un aumento nei disturbi del comportamento. Ad esempio, quando scricchiolava una finestra piuttosto il rumore di una vibrazione come quella del passaggio dei camion, la persona magari non sa dire: “Aiuto c’è il terremoto”, però abbiamo visto che sussulta o si avvicina al care giver o familiare. Nell’immediato va bene tutto, però poi ci vuole una presenza dedicata. È su questo che Alzheimer Uniti Italia si sta battendo.

D. - Su quali fronti agire? Come si è articolato il vostro progetto?

R. - Abbiamo fatto un censimento di tutti gli hotel della zona da Alba Adriatica fino a Senigallia per capire dove erano e come stavano. Gran parte di queste persone – ricordiamolo - entro il 30 giugno dovranno andare via perché gli hotel servono per il turismo. Pertanto noi abbiamo presentato alla Regione un progetto – il progetto “Hotel A” -; la modalità è quella degli hotel che hanno ospitato le persone fragili. L’unica cosa è metterli insieme in modo da potergli dare un’attenzione dedicata in un hotel dell’entroterra, perché così non c’è il problema che devono andare via per il turismo. Abbiamo già individuato un hotel che è proprio nelle vicinanze di Macerata e in prima battuta vorremmo portarci 20 persone fragili, accompagnate dal famigliare e dalla badante. L’associazione garantisce l’aiuto circa l’organizzazione della giornata, quindi a dare un minimo di impegno, perché poi c’è anche tanta noia che porta alla depressione. Il progetto “Hotel A” prevede anche di dare un aiuto per tirare fuori la paura.

D. - Quanti sono stati riscontrati con problematiche tali da poter essere incluse in questo progetto?

R. – Noi abbiamo individuato almeno 80 persone che hanno bisogno di un’assistenza.

D. - Come vede il futuro di questo progetto?

R. - Noi crediamo molto in questo progetto. Vorrebbe essere anche una forma di risposta a quegli stadi che non possono essere gestiti in casa ma nel contempo non vogliono andare in una casa di riposo. Quindi potrebbe essere una formula tutta da costruire - ma di certo nelle nostra mente è molto chiara – un’idea di coabitazione che permette però un’assistenza seppure – ripeto – non di tipo sanitario.

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Bolzetta: “Voci dal terremoto”, un libro per non dimenticare

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“Voci dal terremoto. Storie fra rinascita e macerie per non dimenticare”. E’ il titolo del libro del giornalista di Tv2000, Fabio Bolzetta, pubblicato in questi giorni dalla Poiesis Editrice. Il volume raccoglie le testimonianze della gente che nel Centro Italia ha affrontato e continua ad affrontare le conseguenze del devastante terremoto del 24 agosto scorso. I diritti dell’autore per la vendita del libro verranno interamente destinati a sostegno dei progetti di Caritas italiana in favore delle popolazioni colpite dal sisma. Alessandro Gisotti ha chiesto a Fabio Bolzetta di raccontare come è nata l’idea di scrivere questo libro: 

R. – Ad ogni ritorno dalle tante trasferte nelle quattro regioni del Centro-Italia colpite dal terremoto, sentivo in me il desiderio di poter fare qualcosa anche nel piccolo. Combattuto com’ero, perché tornando da tanta devastazione trovavo invece in famiglia la gioia per l’attesa del mio secondo figlio – che abbiamo chiamato Francesco – tornavo con gli occhi pieni di storie, di volti e pensavo a come tutte queste storie potessero magari essere, in futuro, dimenticate. Oggi la cronaca della quotidianità fa sì che il pubblico sia quasi anestetizzato dall’informazione e anche dalle cattive notizie. Ecco perché trovare, incontrare persone sfollate a 102 anni, che si ritrovano all’improvviso senza una casa, oppure famiglie costrette a dormire, per la paura delle scosse, in un camion-frigoriferi che avevano per lavoro … tutto questo fa sì che nel tempo ci sia il rischio di essere dimenticati. E la volontà di questo libro è quella, appunto, di dare spazio a queste voci dal terremoto.

D. – Quali sono le cose di speranza che si possono cogliere, in un libro come questo?

R. – La parte centrale è dedicata proprio a questo: a come sia possibile rinascere anche dalla distruzione. Una cosa che ho capito durante i tanti viaggi tra Accumuli, Amatrice, Norcia, Cascia e poi tutte le zone delle Marche dove gente di montagna è stata accolta come sfollata, sul mare, ho capito come anche attraverso il buio delle macerie possa filtrare la speranza, e questo in una quotididanità anche del silenzio: pensiamo al lavoro straordinario dei volontari – tantissimi – dei Vigili del Fuoco, dello Stato, presenti; al lavoro imprescindibile della Caritas … Esempi concreti come quello di un parroco che ha aperto le porte della chiesa: era l’unico luogo antisismico sicuro – siamo a Tolentino – e dove, spostando le panche ma garantendo sempre le funzioni, ha accolto le persone che si sono trovate così, su delle brandine, donate dalle spiagge dell’Adriatico, a dormire e ad essere accolti. E addirittura il medico di base andava lì a fare visita, a più di 150 persone che lì sono state accolte davvero per tantissimo tempo. Ecco: questi sono tutti germogli di speranza.

D. – Qual è l’aspettativa rispetto al lettore?

R. – Guardando la copertina del libro, vedo Papa Francesco. Proprio durante la visita al Quirinale con il presidente Mattarella, ha voluto – parlando con i ragazzi delle zone terremotate che erano lì in quel momento – dare nuovamente forza, dicendo di "stare su", di andare avanti, per l’appunto “di non restare a terra”, come evoca un canto degli Alpini. Ebbene, tutto questo deve avvenire: la rinascita, l’andare avanti, l’andare avanti per gli altri. Secondo me questo libro, questo racconto – in molti casi proprio personale, diretto, di chi è stato salvato, di chi rappresenta un esempio di speranza – può insegnarci questo: a rialzarci, a dare la giusta priorità nella vita, proprio, alle cose, alle persone, a chi ci sta affianco, e ad andare avanti. A fare qualcosa per il benessere di tutti. Ed è quello che dev’essere fatto per la ricostruzione che è appena incominciata ma che, come sappiamo, sarà lunga.

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Commento di don Gianvito Sanfilippo al Vangelo della domenica

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Nella Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù rivolgendosi alla folla dice:

«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 

Su questo brano evangelico ascoltiamo una breve riflessione di don Gianvito Sanfilippo, presbitero della diocesi di Roma: 

Il Corpo di Nostro Signore, prima ancora di nutrire la nostra capacità d’amore, parla di sé e di noi. Egli si fece uomo grazie all’obbedienza di Maria alla Parola di Dio, e la sua missione fu totale obbedienza al Padre. Tale obbedienza, dunque, è la strada maestra che il Corpus Domini c’invita a percorrere. Questo stesso Corpo, essendo di natura umana, canta la bellezza della nostra corporeità e la dignità di ogni persona; proclama l’uomo, la creatura più importante della terra. La comunione con le Sacre Specie fa di noi un solo corpo, il cibo eucaristico edifica la comunità cristiana, che, radunata per la cena del Signore, proclama con le parole del salmo: “Guardate com’è bello e soave che i fratelli stiano insieme”. Il Corpo e il Sangue di Cristo, però, significano e realizzano in noi, soprattutto, il cuore della buona notizia che ci riguarda: la nostra morte è vinta! E con essa la schiavitù del peccato: siamo liberati dalla paura, inizia l’esodo, si apre l’accesso alla terra promessa, la possibilità di essere rigenerati nelle nostre relazioni. Il Corpo del Salvatore ci è donato, essenzialmente, per essere mangiato e il suo Sangue come bevanda che ci apre le porte della vita eterna, già qui sulla terra. Riscopriamo la bellezza dell’Amore che si fa carne nell’Eucaristia.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 168

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.