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Sommario del 19/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa all'apertura del convegno diocesano prima l'abbraccio ai rifugiati

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Papa Francesco è atteso nel tardo pomeriggio di oggi nella Basilica di San Giovanni in Laterano per aprire il Convegno ecclesiale della diocesi di Roma sul tema: “Non lasciamoli soli! Accompagnare i genitori nell’educazione dei figli adolescenti”. Poco prima il Pontefice, nei locali adiacenti la Basilica, incontrerà trenta rifugiati accolti dalle parrocchie della capitale, alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato promossa dall’Onu. Di ieri all’Angelus l’appello perché le storie di dolore e di speranza di chi fugge da conflitti, violenze e persecuzioni siano “opportunità di incontro fraterno e di vera conoscenza reciproca”. E’ in questo modo – afferma il Papa - che si sconfigge la paura. Benedetta Capelli ha raccolto in proposito la riflessione di don Giovanni De Robertis, direttore della Fondazione Migrantes: 

R. – Non credo molto alle discussioni, perché spesso si parte da preconcetti e da pregiudizi, ma credo invece proprio nell’incontro. Mi è capitato più volte, qui a Bari, di accompagnare, ad esempio, studenti ad incontrare richiedenti asilo e rifugiati al Cara. Ho visto i giovani uscire diversi da com’erano entrati, soprattutto quando hanno avuto la possibilità di ascoltare direttamente le loro storie, ad esempio quella di una ragazza eritrea, Ester, di 20 anni, arrivata con il fratellino di tredici; una ragazza che si prestava gratuitamente ad accompagnare in ospedale i suoi connazionali con difficoltà. Non sono le discussioni che ci fanno cambiare idea, ma l’incontro personale: è questo che dissipa tante paure che invece molto spesso i mass media, in modo anche strumentale, alimentano in noi.

D. – Alla fine del 2016, le persone in tutto il mondo costrette ad abbandonare le proprie case sono oltre 65 milioni, più di 10 milioni i migranti forzati, secondo una media: ogni 3 secondi una persona è costretta ad abbandonare la propria casa. A renderlo noto è un rapporto Onu sulle tendenze degli spostamenti forzati, rapporto che viene presentato alla vigilia della Giornata Mondiale del Rifugiato.  Cosa ci dicono questi numeri?

R. – Per me queste cifre sono un po’ come il termometro di un dramma che si sta consumando, e sono dei numeri che aumentano di anno in anno. Penso che tutti crediamo che il primo diritto dovrebbe essere quello di non abbandonare la propria terra ma attenzione a non chiudere gli occhi davanti a queste persone. E si smetta soprattutto di vendere armi, visto che continuano ad aumentare le guerre, e molto spesso si fugge proprio perché diventa impossibile continuare a vivere a causa di guerre, persecuzioni, ecc.

D. – In Italia si discute molto di “ius soli”. Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ha chiesto di smetterla con “gazzarre ignobili” ed ha richiamato all’impegno di fronte ad una politica che spesso rincorre solo il successo e l’interesse di pochi…

R. – Sì. Come lei sa, da qualche settimana soltanto sono stato scelto come direttore della “Fondazione Migrantes”, ma fino al 13 settembre continuo ad essere parroco nella mia città a Bari. E proprio stamattina ho iniziato la giornata accompagnando una donna con un figlio disabile che ormai non riesce più a camminare, poi non essendoci ascensore questo ragazzo è praticamente immobilizzato. Questo – vorrei  dire – appartiene alla vita quotidiana di tante parrocchie e di tanti parroci in Italia. E’ un esempio. Voler contrapporre i poveri italiani e i poveri stranieri è soltanto strumentale. Certamente è contro l’insegnamento di Gesù: se qualcuno ha bisogno di te non puoi chiedere prima la carta d’identità! E poi le migrazioni sono fenomeni complessi, e io penso che sia anche legittimo avere delle opinioni differenti su tante questioni. Ma quello che veramente non riesco a capire è come voler negare a dei bambini, nati da genitori stranieri in Italia, cresciuti in Italia, una vita serena, la possibilità di essere cittadini come gli altri. Perché volere per questi bambini una vita penosa nella quale ogni anno bisogna rinnovare il permesso, dove bisogna sentirsi diversi anche davanti a una gita scolastica. Veramente questa cosa io non riesco a comprenderla, e mi fa un po’ male perché mi sembra una cattiveria gratuita. Ma non capisco proprio questo accanimento contro dei bambini.

D. – Come “Fondazione Migrantes” cosa significa per voi la Giornata Mondiale del Rifugiato?

R. – Significa rimettere al centro proprio quelli che spesso sono i dimenticati, i più deboli nella nostra umanità. Quindi è una giornata importante, perché ci richiama a quello che ogni giorno dell’anno dovrebbe starci a cuore.

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Papa: l'Eucaristia memoria viva dell'amore di Dio e sacramento di unità

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L’Eucaristia è il "cibo umile" con cui il Signore imprime nel nostro cuore la certezza di essere amati, è memoriale vivo e non astratto del Suo amore, ed è il sacramento che iscrive nel nostro "DNA spirituale", l'aspirazione all’unità. Questa in sintesi la riflessione del Papa nella Solennità del Corpus Domini. Francesco ha pronunciato questa sera la sua omelia dal sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano davanti a migliaia di fedeli. Al termine della Messa si è svolta la tradizionale Processione Eucaristica che, percorrendo via Merulana, ha raggiunto la Basilica di Santa Maria Maggiore dove il Papa ha impartito la Benedizione con il Santissimo Sacramento. Il servizio di Gabriella Ceraso

Il Papa e vescovo di Roma che invita il suo popolo a seguire Gesù Eucaristia. E’ l'immagine tradizionale della Festa del Corpus Domini nella capitale: Francesco la rinnova anche quest'anno, seppur posticipandola dal giovedì alla domenica, dando avvio alla lunga processione di diaconi, vescovi, cardinali, sacerdoti e fedeli che porta il Santissimo Sacramento, simbolicamente, a toccare il cuore della città, lungo via Merulana, tra le due grandi Basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore. Un atto di fede e di amore cadenzato da letture e canti.

E l’Eucaristia, "sommo dono di Dio", è anche al centro dell’omelia di Francesco, innanzitutto quale "sacramento della memoria", reale e tangibile, "della storia d’amore di Dio per noi". Il tema della memoria infatti, torna più volte nella liturgia del Corpus Domini, fa notare il Papa alle migliaia di fedeli raccolti davanti al sagrato di San Giovanni in Laterano. 

Ricordare quel che il Signore ha fatto per noi è essenziale per la fede
"Ricordati di tutto il cammino che il Signore, ti ha fatto percorrere“ esordisce Mosè parlando al suo popolo, nel capitolo 8 del Deuteronomio; ed è un ammonimento, che, secondo Francesco, è rivolto a ciascuno di noi:

“Nel ricordo di quanto il Signore ha fatto per noi si fonda la nostra personale storia di salvezza. Ricordare è essenziale per la fede, come l’acqua per una pianta: come non può restare in vita e dare frutto una pianta senza acqua, così la fede se non si disseta alla memoria di quanto il Signore ha fatto per noi”

Ma la memoria, prosegue Francesco, è importante anche perché “ci permette di rimanere nell’amore”, di “portare nel cuore chi ci ama e chi siamo chiamati ad amare”. 

Oggi voraci di novità, bruciamo i ricordi e viviamo in superficie
”Nella frenesia in cui siamo immersi, tante persone e tanti fatti sembrano scivolarci addosso. Si gira pagina in fretta, voraci di novità ma poveri di ricordi. Così, bruciando i ricordi e vivendo all’istante, si rischia di restare in superficie, nel flusso delle cose che succedono, senza andare in profondità, senza quello spessore che ci ricorda chi siamo e dove andiamo. Allora la vita esteriore diventa frammentata, quella interiore inerte”.

Ma è proprio la solennità di oggi a darci forza e conforto in questa “frammentazione della vita”. Il Papa lo sottolinea : è proprio con ”l’Eucaristia“,spiega, che “il Signore ci viene incontro con fragilità amorevole”. Nel Pane di vita il Signore ci visita, “facendosi cibo umile che con amore guarisce la nostra memoria, malata di frenesia”, ricordandoci l’amore di Dio, ci dà forza e sostegno:

L’Eucaristia è memoria viva che guarisce e consola
“Non è una memoria astratta, fredda e nozionistica, ma la memoria vivente e consolante dell’amore di Dio. Memoria anamnetica e mimetica. Nell’Eucaristia c’è tutto il gusto delle parole e dei gesti di Gesù, il sapore della sua Pasqua, la fragranza del suo Spirito. Ricevendola, si imprime nel nostro cuore la certezza di essere amati da Lui”.

E la certezza di questo amore ci rende grati,liberi e pazienti:

“Così l’Eucaristia forma in noi una memoria grata, perché ci riconosciamo figli amati e sfamati dal Padre; una memoria libera, perché l’amore di Gesù, il suo perdono, risana le ferite del passato e pacifica il ricordo dei torti subiti e inflitti; una memoria paziente, perché nelle avversità sappiamo che lo Spirito di Gesù rimane in noi".

L’Eucaristia è il sacramento dell’unità: chi la accoglie ne diventa artefice
Anche nel cammino più accidentato, dunque, l'Eucaristia ci ricorda che il Signore è con noi e ci ricorda anche, soggiunge il Pontefice, che "non siamo individui, ma un corpo", non è un “sacramento per me, è il sacramento di molti che formano un solo corpo”:

“L’Eucaristia è il sacramento dell’unità. Chi la accoglie non può che essere artefice di unità, perché nasce in lui, nel suo ‘DNA spirituale’, la costruzione dell’unità. Questo Pane di unità ci guarisca dall’ambizione di prevalere sugli altri, dall’ingordigia di accaparrare per sé, dal fomentare dissensi e spargere critiche; susciti la gioia di amarci senza rivalità, invidie e chiacchiere maldicenti".

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Francesco: pregate il Rosario, porta pace nella Chiesa e nel mondo

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Il Rosario è uno strumento potente che porta la pace nei nostri cuori, nella Chiesa e nel mondo. E’ quanto afferma Papa Francesco in un videomessaggio inviato a mons. Mario Grech, vescovo della diocesi maltese di Gozo, per l’inaugurazione dei mosaici del Santuario della Vergine di Ta’ Pinu. I mosaici sono tre e raffigurano la Vergine con Bambino, San Giovanni Battista e San Paolo. Le tre opere sono state installate sul portone centrale del Santuario e sono state realizzate dal Centro Aletti. Il servizio di Alessandro Gisotti

In un grande “abbraccio di mosaici vi aspettano Gesù e la sua Madre”. Papa Francesco descrive così l’opera inaugurata nel Santuario della Vergine di Ta’ Pinu. Un’immagine che, sottolinea, “mette davanti ai nostri occhi la bellezza di una preghiera contemplativa semplice, accessibile a tutti, grandi e piccoli: la preghiera del santo Rosario”:

“Anch’io spesso recito il Rosario davanti a un mosaico: un piccolo mosaico della Madonna con il Bambino, dove sembra che al centro ci sia Maria mentre in realtà Lei, usando le sue mani, diventa una sorta di scala attraverso la quale Gesù può scendere in mezzo a noi. Il centro è sempre Gesù, che si abbassa per camminare con noi uomini, affinché noi possiamo salire in Cielo con Lui”.

Nella preghiera del Rosario, ha ripreso il Papa nel videomessaggio, “noi ci rivolgiamo alla Vergine Maria perché ci porti sempre più vicino al suo Figlio Gesù, per conoscerlo e amarlo sempre più”. Ed ha osservato che mentre meditiamo le tappe della vita di Cristo ci soffermiamo anche sulla nostra vita “perché noi camminiamo con il Signore”. Questa semplice preghiera, infatti, “ci aiuta a contemplare tutto ciò che Dio nel suo amore ha compiuto per noi e per la nostra salvezza, e ci fa comprendere che la nostra vita è unita a quella di Cristo”:

“Pregando, noi portiamo tutto a Dio: le fatiche, le ferite, le paure ma anche le gioie, i doni, le persone care… tutto a Dio. Pregando, noi permettiamo a Dio di entrare nel nostro tempo, di accogliere e trasfigurare tutto ciò che viviamo. Servitevi spesso di questo strumento potente che è la preghiera del santo Rosario, perché porta pace nei cuori, nelle famiglie, nella Chiesa e nel mondo”.

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Il Papa incontra il Superiore generale dei Lazzaristi

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In occasione dei quattrocento anni dalla vocazione di San Vincenzo De Paoli al servizio dei poveri e dei contadini, Papa Francesco ha ricevuto il reverendo padre Tomaz Mavric, superiore generale della Congregazione della Missione, nota anche con il nome di “lazzaristi”. I missionari vincenziani, che operano in tutto il mondo, hanno avuto l’incoraggiamento del Papa, come spiega lo stesso padre Mavric al microfono di Michele Raviart

R. – Con Papa Francesco ho avuto l’occasione di condividere il progetto di organizzare un simposio qui a Roma, nel corso del quale incontrerà la famiglia vincenziana di tutto il mondo. Il Papa sarà parte di questo incontro e questo è veramente una grazia per noi, perché questo carisma della Chiesa è vicino a Papa Francesco. Lui tante volte parla delle persone che hanno bisogno, dei poveri …

D. – Voi avete missioni in tutto il mondo: Papa Francesco vi ha dato parole di incoraggiamento?

R. – Sì, adesso siamo presenti in 150 nazioni; lui ci ha invitati ad avere forza, coraggio, di andare avanti perché il carisma è bello.

D. – Quali sono le sfide, oggi, per le missioni lazzariste?

R. – La sfida per tutta la famiglia vincenziana è di approfondire il nostro carisma, approfondire la nostra spiritualità … Una frase che ci accompagna in questo periodo è che dobbiamo essere più mistici: mistici della carità. E questo è l’esempio che abbiamo in Vincenzo de’ Paoli.

D. – Può raccontare come operate, come portate il Vangelo nel mondo?

R. – Adesso, ad esempio, stiamo aprendo una missione in Bolivia, nel dipartimento di Beni. Una missione difficile che ha bisogno di evangelizzazione, di aiuto spirituale, materiale … una zona difficile, perché la gente vive molto lontano dai grandi centri. Per arrivare, dobbiamo usare una barca: c’è solo questa “via” per potere visitare i diversi gruppi di persone … Questo è un esempio del tremendo bisogno che ha adesso il mondo …

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Assemblea Signis: Papa invita operatori mass media a proclamare Vangelo di Pace

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“Continuare a cercare tutti i mezzi tecnologici e sociali per cooperare alla missione universale della Chiesa di proclamare il Vangelo della pace”: questo l’incoraggiamento di Papa Francesco a tutti i professionisti dei mass-media cattolici, riuniti dal 19 al 22 giugno a Québec City, in Canada, in occasione del Congresso mondiale di Signis, l’Associazione cattolica internazionale per la comunicazione.

Rendere la speranza accessibile a chiunque
Nel messaggio inviato a Mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, e firmato dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, il Pontefice auspica che il Congresso possa ispirare “una speranza, accessibile a chiunque, proprio nel luogo in cui la vita conosce l’amarezza del fallimento”. Infine, il Papa imparte la sua benedizione a tutti i partecipanti all’evento.

Giornalisti, testimoni della speranza
Al Congresso è giunto anche il saluto del Card. Gérald Cyprien Lacroix, arcivescovo di Québec, il quale evidenzia come tale convegno permetta agli operatori dei media di “valorizzare il proprio prezioso contributo nel rendere testimonianza della speranza” dell’uomo. “Voi siete messaggeri validi – scrive il porporato ai giornalisti – dei frutti che produce la Parola di Dio”. Di qui, l’invito a “proseguire, con gioia e speranza, la missione dei mass-media nel mondo”.

Una sessione dedicata alla riforma dei media Vaticani
Incentrato sul tema “I media per una cultura della pace: promuovere storie di speranza”, il Congresso si aprirà con una tavola rotonda in cui quattro rappresentanti di organizzazioni cattoliche spiegheranno come raccontano storie di speranza; saranno poi rappresentanti del mondo audiovisivo a narrare come “trovare Dio in tutte le cose e filmarlo”. Una sessione specifica, nel pomeriggio di lunedì 19 giugno, sarà dedicata ad approfondire anche la riforma della comunicazione in Vaticano.

I giovani, la fede e i social network
Centrale, inoltre, la riflessione sul coinvolgimento religioso e spirituale dei giovani che condividono la propria fede sui social media. In agenda anche l’analisi del legame tra musica e speranza ed il racconto di come non disperare nelle situazioni di crisi. Saranno esposte poi esperienze di collaborazione nel campo dei mass-media per affrontare campagne di sensibilizzazione.

Un premio per il regista Martin Scorsese
Tra i numerosi workshop in programma, quelli dedicati al dialogo interreligioso, all’ambiente, alla ricerca della verità nel contesto delle così dette “fake news”, al ritorno del religioso nel cinema. A tal proposito, i partecipanti al Congresso assisteranno alla proiezione del film “Silence” che narra la storia di tre padri gesuiti perseguitati, a causa della fede, nel Giappone del XVII secolo. La pellicola è diretta dal regista Martin Scorsese che mercoledì 21 giugno verrà insignito del “Premio Signis per l’eccellenza della produzione cinematografica”. (I.P.)

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Udienze e nomine

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Il Papa ha ricevuto oggi in udienza Antonio de Almeida Ribeiro, ambasciatore del Portogallo, in visita di congedo e a seguire  presuli della Conferenza episcopale di Haiti, in visita ad Limina apostolorum.

Il Santo Padre ha nominato stamane  Capo della Canceleria del Tribunale della Rota Romana Daniele Cancilla, già collaboratore presso la Conferenza episcopale italiana per il Forum delle Associazioni Familiari.

Per le altre rinunce e nomine consultare il bollettino della Santa Sede .

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Postulatore Beatificazione Mazzolari: Francesco rilancia la figura di Don Primo

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Grande attesa a Bozzolo, piccolo centro della diocesi di Cremona, per la visita che Papa Francesco compirà domani per pregare sulla tomba di Don Primo Mazzolari. Particolarmente attese anche le parole che il Papa rivolgerà ai fedeli presenti nella parrocchia che fu di Don Mazzolari, figura che presenta molti punti di contatto con Francesco. Sul significato di questo evento - tanto breve quanto denso di significato per tutta la Chiesa italiana - Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di don Bruno Bignami, presidente della Fondazione Mazzolari e postulatore della Causa di Beatificazione di Don Primo: 

R. - E’ un momento per noi importante perché si tratta anche del riconoscimento di quello in cui noi credevamo ormai da anni, un giusto riconoscimento ma anche un rilancio per tanti versi di una figura che merita di essere conosciuta, approfondita, soprattutto per la sua spiritualità.

D. - Si può dire in un qualche modo che don Primo Mazzolari per alcuni aspetti sia un precursore di Papa Francesco?

R. - Sì, intanto da un punto di vista della “collocazione”: Mazzolari è un uomo di periferia rispetto al centro del suo tempo e anche Francesco oggi viene dalla periferia! Dall’altra parte ci sono alcuni temi, in particolare mi sembra due. Uno legato alla fede cristiana, cioè l’annuncio chiaro, forte di un Dio della misericordia, che è al cuore del messaggio attuale di Papa Francesco, anche grazie al Giubileo che è stato promosso l’anno scorso. E la proposta di Mazzolari, appunto, è la proposta di un cristianesimo che mette al centro il tema della misericordia di Dio, l’annuncio di Dio Padre misericordioso. Un altro tema mi sembra molto vicino ai due: il tema di una Chiesa dei poveri. Questo tema che è stato sicuramente avvertito in maniera molto chiara da Mazzolari, soprattutto in un’epoca in cui la povertà e tante famiglie povere della sua parrocchia vivevano il dramma della mancanza di lavoro, della fatica a essere riconosciuti nella loro dignità, oggi, in qualche modo, trovano anche nella proposta di Francesco, sicuramente una consonanza molto forte. Tenuto conto che il messaggio di Francesco oggi è un messaggio che cerca una Chiesa e anche un mondo che sia sempre più inclusivo capace di evitare scarti e di discriminare e lasciare fuori qualcuno.

D. – Lei ha definito don Mazzolari, fin dal titolo in un libro biografico a lui dedicato, “Il Parroco d’Italia”: secondo lei cosa oggi i parroci, i sacerdoti ma anche i consacrati, i religiosi possono apprendere dall’esempio del parroco di Bozzolo?

R. – Mi sembra che ci siano diversi aspetti. Il primo se vogliamo è quello che Mazzolari ha sempre diffidato delle ricette. Non ha mai vissuto una pastorale preconfezionata con già tutte le rispostine pronte ai problemi del suo tempo. Si è lasciato interrogare dalle questioni del suo tempo, anche drammatiche - si pensi alle due grandi guerre mondiali - e ne è uscito cercando di proporre un cristianesimo che abita quel tempo e lo ha abitato in maniera significativa, attraverso la testimonianza, attraverso la condivisione, attraverso la vicinanza. Un altro elemento è dato dal fatto che Mazzolari viene definito, tra le varie definizioni, il “parroco dei lontani”. Il suo è sempre stato uno sguardo di prete che ha avuto a cuore le persone che condividevano la fede cristiana che in qualche modo erano a lui vicine ma nello stesso tempo il suo cuore era sempre anche attento a coloro che non c’erano, gli assenti. C’è una bella espressione in una sua novella in cui scrive: “Il cuore a differenza dell’intelligenza sa scrutare e vedere i lontani”. Quindi il suo è uno sguardo soprattutto rivolto verso non solo quelli che erano lì, presenti nella vita cristiana, ma anche a coloro che non c’erano i quali avevano bisogno anche di sentire una vicinanza, un’attenzione, proprio per smuovere la loro coscienza e per portare il messaggio evangelico nella loro vita.

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Don Milani: l'impegno di crescere cittadini responsabili

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Domani intorno alle 11.00 il Papa, di ritorno da Bozzolo, sarà a Barbiana, nel Mugello, per pregare sulla tomba di don Lorenzo Milani a 50 anni dalla morte. Dal cimitero risalirà la vallata per raggiungere la scuola e la vicina chiesa del borgo toscano, vicino a Vinci, per incontrare ex alunni e sacerdoti che lo conobbero. Il gesuita padre Giancarlo Pani, vicedirettore de "La Civiltà Cattolica", in un articolo pubblicato sull'ultimo numero della rivista, ripercorre "Tutte le opere" (Mondadori) di don Lorenzo Milani in una edizione curata da Alberto Melloni. "L'obiettivo della scuola di don Milani, scrive padre Pani, era far diventare i ragazzi maestri, sindacalisti o lavoratori con piena coscienza civile e responsabilità sociale. Per questo il cardine della pastorale del priore di Barbiana era la scuola". Luca Collodi ne ha parlato con lo stesso padre Pani, vicedirettore di "Civiltà Cattolica". 

R. – Ciò che mi ha colpito è questo fatto: che don Milani aveva già capito, 55 anni fa, che la Costituzione era importante perché è la Carta del cittadino italiano; prima di essere religiosi occorre essere cittadini, quindi l’onestà del cittadino, la serietà del cittadino e l’impegno di ogni cittadino per il bene comune. E’ chiaro che accanto alla Costituzione c’è la politica, cioè la lettura dei giornali: ogni giorno si leggevano i giornali. E don Milani nota scherzosamente: “I ragazzi preferivano prima le pagine dello sport; ora la pagina principale era la prima pagina di ogni giornale”, e questa anche è una grande attualità. Ma c’erano anche quegli insegnamenti pratici della vita di tutti i giorni, tipo consultare la carta stradale e l’orario ferroviario … insomma, per essere cittadini bisogna sapere queste cose.

D. – A scuola riteneva la ricreazione, lo sport e il cinema delle perdite di tempo …

R. – Guardi, qui la cosa è molto semplice. L’oratorio di quei tempi, nelle parrocchie e anche nelle scuole, considerava il tempo della ricreazione, il tempo dell’intervallo come una cosa importantissima. Ma don Milani dice: “No: c’è qualcosa che è più importante”, e questa cosa più importante è proprio l’impegno che uno mette nello studio di fronte al quale la ricreazione è secondaria. Per il cinema bisogna un po’ distinguere: il cinema come grande ricreazione, come grande svago del sabato e della domenica… no. A Barbiana si studia anche il sabato e la domenica, quindi 365 giorni l’anno, 12 ore al giorno. E’ l’importanza nuova che viene data alla scuola: la scuola come formazione del cittadino.

D. – Don Milani guardava all’uomo prima come cittadino poi come cristiano …

R. – Eh sì, questa è la sua grande novità, credo. Perché bisogna essere prima uomini e poi cristiani. Non so se questa sia una scala giusta, però è importante che ciascuno di noi sia prima di tutto una persona culturalmente e civilmente preparata: è qui che nasce il cristiano. E don Milani per i suoi operai diceva che “se sanno leggere e scrivere e soprattutto difendersi quando serve, sono persone preparatissime a capire il Vangelo”. E qui c’è un’osservazione che lui fa, che mi ha un po’ spaventato: “Ognuno di noi fino a 15 anni riceve qualcosa come 700 ore di insegnamento religioso, tra catechismo, scuola di religione, parrocchia, preparazione alla comunione e alla cresima; e qual è il risultato? Il risultato è zero: non sanno niente, non ricordano niente ma soprattutto, non hanno nessuna capacità critica”. Perché è importante, per le persone che vivono nella società, avere una capacità critica. Credo che questa sia una grande novità di don Milani.

D. – padre Pani, don Milani fu più maestro o sacerdote?

R. – La domanda è bella! Vorrei ricordare che lui aveva deciso, per il giorno della sua morte, che avrebbe dovuto essere rivestito dei paramenti sacerdotali e degli scarponi da montagna. E qui è bello questo suo desiderio: lui è sacerdote e insieme è maestro. Gli scarponi ricordano l’affetto per i suoi ragazzi: a Barbiana non c’erano le strade, c’era il fango quando pioveva, la polvere nei giorni di sole e quindi quegli scarponi erano il segno dell’affetto che lui aveva per i suoi ragazzi.

D. – Qual è il significato della visita di Papa Francesco sulla tomba di don Milani?

R. – Eh, questa è una cosa grossa. Io non credo che sia la riabilitazione di don Milani; credo piuttosto che sia il riconoscimento di una profezia che la Chiesa a suo tempo non ha saputo riconoscere.

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Oggi in Primo Piano



Portogallo: 62 morti nell'incendio a Pedrógão Grande. Tre giorni di lutto

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Pesantissimo il bilancio in Portogallo delle vittime dello spaventoso incendio che ha divorato, da sabato notte, le aree boschive intorno alla cittadina di Pedrógão Grande, nel centro del Paese: 62 i morti, fra cui 4 bambini e 59 i feriti. E in aiuto ai 700 pompieri locali, sono arrivati canadair da Spagna, Francia e Italia. All’Angelus ieri il cordoglio di Papa Francesco. Nel Paese proclamati tre giorni di lutto nazionale. Il servizio di Paola Simonetti

Le fiamme hanno portato via vite, case, intere famiglie. Un rogo che si è propagato, secondo il ministro dell’Interno portoghese, Gomes, in modo inspiegabile e non ha lasciato scampo alla zona di Pedrógão Grande, cittadina al centro del Portogallo circondata da folti boschi. 62 le vittime accertate, fra cui 4 bambini e 59 i feriti, ma le autorità non escludono che il bilancio possa aggravarsi ulteriormente. Gran parte di coloro che non ce l’hanno fatta sono rimasti intrappolati nelle loro auto, forse, mentre cercavano di mettersi in salvo. La polizia esclude la matrice dolosa, giudicando più probabile come motivazione scatenante la caduta di fulmini, dopo giorni di temperature torride. Il presidente de Sousa, ribadisce che è stato fatto "il possibile per fermare l'incendio", un rogo che, il premier Costa, non ha esitato a definire “la più grande tragedia di questo tipo, nel Paese, degli ultimi anni". Cordoglio e aiuti dalla comunità internazionale: canadair sono giunti da Spagna, Francia e Italia. Per il Paese proclamati tre giorni di lutto nazionale.

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Londra: attentato contro la comunità musulmana. Ancora difficoltà per la premier May

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La prima ministra inglese, May, è stata costretta ad indire oggi una riunione del comitato di emergenza, dopo l’attacco che ieri sera, a Londra,  ha preso di mira la comunità musulmana: i fedeli della moschea di Finnsbury Park sono stati investiti da un furgone subito dopo la preghiera serale del mese sacro di Ramadan. Almeno un morto e 8 i feriti. La polizia ha arrestato un uomo di 48 anni, bloccato dalla folla. La sua identità non è stata ancora diffusa, ma le immagini catturate rivelano un uomo di pelle bianca. Secondo alcune testimonianze, si sarebbe scagliato sui pedoni gridando “voglio uccidere tutti i musulmani”. Per la polizia è un potenziale attacco terroristico, ma le indagini proseguono a largo raggio. Intanto, sono stati rafforzati i controlli nei luoghi di culto della città. Un’ennesima crisi da fronteggiare  per la May, impegnata questa mattina con l’avvio dei negoziati per la Brexit e appesantita anche dai roventi attacchi seguiti alla tragedia dell’incendio al Grenfell Tower, dove le vittime sono state 79, fra morti e dispersi. Una posizione la sua, resa sempre più fragile, dopo l'esito non positivo del voto, come sottolinea Antonio Varsori, docente di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Padova, al microfono di Paola Simonetti

R. – Penso che effettivamente gli ultimi episodi l’abbiano fortemente indebolita, al di là anche del risultato elettorale che forse è l’elemento più forte. Ma la questione della sicurezza, il fatto che si siano succeduti in affondo nel giro di poche settimane due attentati e anche l’incendio, e soprattutto il fatto che lei non sia riuscita o non abbia dimostrato la capacità di comprendere il peso che questi eventi avevano sull’opinione pubblica: certamente tutto questo l’ha indebolita e, a mio giudizio, all’interno del Partito conservatore è chiaro che ci sono alcuni suoi concorrenti, che si stanno facendo avanti e 'giocheranno' contro di lei. Anche se non è facile pensare di assumere un onere, una responsabilità in un momento così complicato, soprattutto al di là – in questo caso – del terrorismo, è una questione di più lungo periodo, che sono i negoziati sulla Brexit.

D. – Ecco, in questa clima che lei ha delineato, la May ha delle carte da giocare? Se sì, quali per uscirne rivalutata?

R. – Le carte che lei può giocare sono soprattutto quelle sul negoziato sull’Europa. La questione è quella che dicevo in precedenza: è da vedersi se i suoi oppositori interni sono pronti ad assumersi il rischio di prendere il suo posto con l’avvio di un negoziato che è particolarmente complicato; oppure, il discorso potrebbe essere un altro: lasciamo che le cose vadano avanti e vediamo se si indebolisce ulteriormente e se si va addirittura ad ulteriori elezioni in tempi rapidi. Allora, a questo punto è chiaro che se si dovesse andare ad elezioni in tempi rapidi, la possibilità è quella di dire: la May si fa da parte e c’è un altro candidato che cerca di vincere le elezioni. E’ tutto molto complesso, devo dire la verità, perché tutti questi elementi si legano tra di loro.

D. – La strada per la Brexit – lo sappiamo – non sarà velocissima; secondo lei, però, quali sono le difficoltà maggiori che dovrà affrontare il primo ministro inglese?

R. – Secondo me ci sono un paio di capitoli che sono particolarmente importanti. Uno è la questione della posizione dei cittadini dell’Unione Europea residenti in Gran Bretagna, anche se su questa io ritengo che forse un accordo sia possibile trovarlo. L’altro è il capitolo economico, nel senso che l’Unione Europea chiede alla Gran Bretagna di rispettare certi impegni economici, che sono particolarmente onerosi. Non è facile, poi, andare a spiegare al proprio elettorato che: “si esce dall’Unione Europea e contemporaneamente dobbiamo anche pagare un alto pegno di tipo economico”!

D. – Insomma, anche questo negoziato in qualche modo rischia di aggravare la posizione della May, intendo di fronte alla cittadinanza …

R. – Ah, su questo non ci sono dubbi. E’ chiaro che è così. Devo dire che in fondo, la May ha giocato tutte le sue carte sulle elezioni, partendo dal presupposto di vincerle, di uscirne rafforzata e quindi di potersi presentare all’Unione Europea, ma anche al proprio elettorato, in una posizione di forza per il negoziato. Le cose sono andate diversamente, in più ci sono stati tutti questi episodi che anche lei ricordava … Certo che è una posizione la sua molto, molto difficile.

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Francia: Macron al rimpasto tecnico. Pronta la riforma del lavoro

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Diventato, il mese scorso, il più giovane presidente della storia di Francia, Emmanuel Macron ha ottenuto anche la maggioranza schiacciante all’Assemblea Nazionale al secondo turno delle legislative di ieri. Dopo il rimpasto tecnico previsto nelle prossime ore, la strada sembra spianata per l’avvio delle riforme tanto attese anche in Europa. Resta però il record storico dell’astensione al 57% e la fine della dialettica politica destra-sinistra. Sulle prospettive attuali del Paese, Gabriella Ceraso ha parlato con Marco Gervasoni, docente di Storia contemporanea e esperto di politica francese alla Luiss "Guido Carli" di Roma: 

R. – Sicuramente Macron ha rivoluzionato destra e sinistra così come erano configurate dalla V Repubblica in poi: da un lato i gaullisti e i loro alleati, come destra, e dall’altro i socialisti. Non ha superato destra e sinistra perché in realtà nel suo movimento, e anche nel governo, ci sono esponenti di destra e di sinistra. Lui stesso era – diciamo – “economicamente” di destra, liberale, chiaramente, e invece dal punto di vista “societale”, come si dice lì, cioè sulle questioni dell’immigrazione, eccetera, sarà di sinistra.

D. – Però ci sono le premesse, secondo lei, per un periodo di stabilità?

R. – Sì. Naturalmente questa è una delle maggioranze più ampie della storia. Però, qual è il rischio vero? Non tanto l’instabilità prodotta all’interno delle istituzioni, quanto l’instabilità prodotta dalle istituzioni, nel senso che con un tasso di astensionismo così alto di tutte le classi popolari, c’è rischio che questa ultra-maggioranza abbia una rappresentanza diversa da quella del Paese. Per di più, le istituzioni della V Repubblica che Macron ha restaurato, sono istituzioni estremamente verticistiche, per cui il presidente praticamente decide quasi tutti lui. Quindi possiamo aspettarci quasi qualsiasi cosa. Cosa che, naturalmente, provoca poi come reazione da parte della società il fatto di esprimersi nella piazza …

D. – Guardiamo alle riforme, almeno a quelle annunciate: questa riforma del codice del lavoro “par ordonnance”, praticamente corrispondenti ai nostri decreti legge. Si dice già che l’opposizione sociale si stia organizzando e che la lotta sarà dura. Cosa aspettarci? Il tema è molto caldo, in Francia…

R. – Il decreto sostanzialmente tappa la bocca alla società, quindi questa cosa certamente non è fatta – come dire – per cercare il consenso dei sindacati e degli altri; possiamo anche pensare che in qualche modo ricerchi lo scontro per dimostrare che, diversamente da Hollande e da Sarkozy, lui è in grado di affrontare la piazza, e in questo modo affermare totalmente la sua legittimazione presidenziale. Non lo escluderei …

D. – Invece, gli altri due punti: moralizzare la vita politica e rinforzare il proprio arsenale, cioè la propria protezione contro il terrorismo. E’ comunque una linea dura, in tutto e per tutto?

R. – Dunque: sulla moralizzazione della vita pubblica, è una legge che non inciderà particolarmente sulla corruzione politica; invece è un segnale di novità e anche, in realtà, un segnale per tenere sotto controllo i deputati. Quanto alla legge di ordine pubblico, questa è abbastanza sorprendente perché in realtà, durante la campagna elettorale, Macron aveva giocato la parte più liberale mentre questi progetti vanno in un’altra direzione. C’è il progetto addirittura di inserire sostanzialmente i codici dell’“état d’urgence”, di farli diventare stabili: una cosa che era una campagna della destra all’opposizione. Quindi, diciamo che per il momento questo né destra né sinistra, sul piano economico e anche sul piano dell’ordine pubblico, appare più vicino al centrodestra o alla destra, diciamo così, che non alla sinistra.

D. – Nell’immediato, quali mosse invece si aspetta, nei confronti dei partner europei?

R. – La linea è quella, chiaramente, di avere la stessa voce in capitolo di Angela Merkel, e da qui anche si spiega la velocità con cui vuole affrontare la questione del mercato del lavoro. Angela Merkel, subito dopo che è stato eletto, gli ha detto: “Torna quando hai fatto le riforme”. : è per quello che vuole farle; vuol dire che è in grado di farle. E poi c’è la questione di queste leggi sostanzialmente di protezionismo europeo: lui è stato presentato come un alfiere del libero mercato, ma in realtà non è così. Lui è nella linea classica del liberalismo francese, che è un liberalismo sempre abbastanza statalista e protezionista, solo che invece di fare il protezionismo nazionale, come fa Trump, lui fa il protezionismo europeo. Questa è una linea che finirà però, secondo me, per contrasti con la Germania che non ha molto interesse a realizzare, soprattutto nei rapporti con la Cina, questo protezionismo europeo.

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 170

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