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Sommario del 21/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa a udienza: si può essere santi nella vita di tutti i giorni

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Pensiamo “che è più facile essere delinquenti che santi”  ma non è così: “essere santi si può perché ci aiuta il Signore”. Così Papa Francesco nella catechesi stamani all’udienza generale in Piazza San Pietro. Il Papa prosegue il ciclo di meditazioni sulla speranza cristiana mettendo in evidenza come i santi siano testimoni e compagni di speranza. Prima della catechesi, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, Francesco ha incontrato una delegazione della National Football League, circa 43 persone, sottolineando che i valori del gioco leale possono aiutare a costruire una “cultura dell’incontro”. Il servizio di Debora Donnini

Si può essere santi nella vita di tutti i giorni. Essere santi significa fare il proprio dovere tutta la giornata, in famiglia, nella malattia, nel lavoro ma con il cuore aperto a Dio. La catechesi di Papa Francesco all’udienza generale verte sulla sanità. Ai circa 12 mila fedeli presenti in Piazza San Pietro, ricorda che sono proprio i santi a testimoniare che “la vita cristiana non è un ideale irraggiungibile”. I santi hanno infatti conosciuto le “nostre stesse fatiche”. “Il cristianesimo - sottolinea - coltiva una inguaribile fiducia: non crede che le forze negative e disgreganti possano prevalere. L’ultima parola sulla storia dell’uomo non è l’odio, non è la morte, non è la guerra”. Ad assisterci, quindi, nella vita è la mano di Dio e la loro presenza. “Non siamo soli”, assicura più volte Francesco: “la Chiesa è fatta di innumerevoli fratelli, spesso anonimi, che ci hanno preceduto e che per l’azione dello Spirito Santo sono coinvolti nelle vicende di chi ancora vive quaggiù”. 

Non a caso l’intercessione dei santi, “la moltitudine di testimoni” di cui parla la Lettera agli Ebrei proclamata prima della catechesi del Papa, viene invocata per la prima volta nel momento del Battesimo e poi nell’ordinazione sacerdotale o nel Sacramento del Matrimonio, per gli sposi: “Chi ama veramente - dice - ha il desiderio e il coraggio di dire ‘per sempre’ – ‘per sempre’ – ma sa di avere bisogno della grazia di Cristo e dell’aiuto dei santi per poter vivere la vita matrimoniale per sempre. Non come alcuni dicono: ‘finché dura l’amore’. No: per sempre! Altrimenti è meglio che non ti sposi. O per sempre o niente”.

“Dio non ci abbandona mai”, ricorda ancora Francesco. E’ vero che siamo “polvere che aspira al cielo”, “deboli” ma potente è il mistero della grazia. Sappiamo e speriamo nella trasfigurazione del mondo dove non ci saranno più “lacrime” e “cattiveria”.

Francesco, quindi, auspica che il Signore “doni a tutti noi la speranza di essere santi”: “Ma qualcuno di voi potrà domandarmi: ‘Padre, si può essere santo nella vita di tutti i giorni?’ Sì, si può. ‘Ma questo significa che dobbiamo pregare tutta la giornata?’ No, significa che tu devi fare il tuo dovere tutta la giornata: pregare, andare al lavoro, custodire i figli. Ma occorre fare tutto con il cuore aperto verso Dio, in modo che il lavoro, anche nella malattia e nella sofferenza, anche nelle difficoltà, sia aperto a Dio. E così - spiega il Papa - si può diventare santi. Che il Signore ci dia la speranza di essere santi. Non pensiamo che è una cosa difficile, che è più facile essere delinquenti che santi! No. Si può essere santi perché ci aiuta il Signore; è Lui che ci aiuta”.

Il desiderio del Papa è che possiamo “diventare immagine di Cristo per questo mondo”, persone “che vivono accettando anche una porzione di sofferenza, perché si fanno carico della fatica degli altri”. La nostra storia ha bisogno di ‘mistici’, persone che rifiutano il dominio e aspirano, invece, alla carità. “Senza questi uomini e donne il mondo non avrebbe speranza”, avverte Francesco che conclude il suo percorso di riflessione su speranza e santità con un augurio: “a voi” e anche “a me”, il Signore “doni la speranza di essere santi”.

Nei saluti ai pellegrini di diverse nazionalità, il Papa torna sulla testimonianza dei santi, che ci incoraggia, aggiunge, “a non avere paura di andare controcorrente". Infine un pensiero lo rivolge alla Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, venerdì prossimo, giorno in cui la Chiesa sostiene con la preghiera e l’affetto tutti i sacerdoti.

Prima dell’udienza in Piazza, Francesco ha salutato una delegazione della National Football League nell’Auletta dell’Aula Paolo VI. I giovani hanno bisogno di “modelli”, persone che mostrino come “fare emergere il meglio di noi stessi”, sottolinea. E il lavoro di squadra, il gioco leale e il tendere al meglio, sono “valori” anche nel senso religioso del termine. Di questi valori, dice, “c’è urgente bisogno anche fuori dal campo” perché aiutano “a costruire una cultura dell’incontro”: “Quanto ha bisogno il mondo di questa cultura dell’incontro”!

E oggi il Papa ha anche ricevuto un dono da parte di una pittrice armena: si tratta di una tela che raffigura Papa Francesco con una colomba nella mano sinistra, simbolo della pace, e sullo sfondo il Monte Ararat, simbolo degli armeni. Un modo per ringraziare il Papa ad un anno dalla sua visita in Armenia.

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Papa: bene campagna legge migranti. Rapporto Caritas-Migrantes

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Dal Papa oggi un nuovo appello per i migranti, lo ha fatto durante l’udienza generale quando ha manifestato il suo plauso alla campagna per la nuova legge migratoria “Ero Straniero – l’umanità che fa bene”. Di oggi anche la presentazione, a Roma, del 26mo rapporto immigrazione curato da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes. Servizio di Francesca Sabatinelli 

"In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, che la comunità internazionale ha celebrato ieri, lunedì scorso ho voluto incontrare una rappresentanza di rifugiati che sono ospitati dalle parrocchie e dagli istituti religiosi romani. Vorrei cogliere questa occasione della Giornata di ieri per esprimere il mio sincero apprezzamento per la campagna per la nuova legge migratoria: 'Ero straniero - L’umanità che fa bene', la quale gode del sostegno ufficiale di Caritas italiana, Fondazione Migrantes ed altre organizzazioni cattoliche".

Il Papa si schiera dalla parte dei migranti, perché  è il Vangelo che lo fa, e ci ricorda che proteggere questi fratelli e sorelle è un imperativo morale con scelte politiche giuste e lungimiranti. Il cardinale arcivescovo di Agrigento, e presidente di Caritas Italiana, Francesco Montenegro fa suoi i richiami di Francesco a difesa e sostegno dell’umanità in fuga da fame, miserie, guerre:

“Credo che nessuno, anche se chiude le imposte, fermerà il vento. La storia di quelle terre è tale che questa gente è obbligata a partire. Ma poi gli immigrati non sono solo quelli che arrivano con i barconi, noi stiamo puntando lo sguardo solo su quelli, ma questa è soltanto una parte. Il fatto che tanti di questi giovani che stanno impoverendo i loro Paesi partendo, stanno arrivando da noi e noi poi li parcheggiamo per mesi e mesi, ad attendere solo l’ora del pasto e della cena, ci rende responsabili di non caricare i giovani di responsabilità”.

Dei milioni di migranti in tutto il mondo, una parte importante è costituita dai giovani, ed è a loro, a queste nuove generazioni, che è dedicato il rapporto immigrazione 2016 di Caritas Italiana e Fondazione  Migrantes. Ancora il cardinale Montenegro:

"Stanno crescendo con i nostri ragazzi, stanno vivendo la loro adolescenza, la loro gioventù, assieme ai nostri. Vivono tutto quello che noi passiamo loro, però devono essere scartati, non sono dei nostri, ma perché? Perché hanno il colore della pelle diverso? Ma il colore del cuore non è uguale per tutti? Probabilmente dobbiamo studiare che tipo di accoglienza dobbiamo dare, perché se io li accolgo, li istruisco e poi faccio i ghetti, la rabbia viene. Il vedere che tu non conti in uno Stato dove sei nato e cresciuto, certo che anche quello fa arrabbiare".

I numeri del rapporto indicano che in Italia i cittadini stranieri residenti ammontano a poco più di cinque milioni, che appartengono a 198 nazionalità e  che quelle più consistenti sono quella romena, seguita dall’albanese e dalla marocchina. Scendono i matrimoni tra gli stranieri, ma aumentano quelli di uno sposo straniero con una italiana. Aumentano le acquisizioni di cittadinanza, l’incremento maggiore è soprattutto tra i diciottenni, che sono il 10% dei residenti della stessa età, mentre per quanto riguarda le classi di età centrali, mature ed anziane, si attestano su valori compresi tra il 3% e l’1% circa. Delfina Licata, ricercatrice della Fondazione Migrantes:

"Il volume di quest’anno deriva un po’, a livello di storia, da quello dello scorso anno, dove lo slogan era “La cultura dell’incontro”. Quando siamo andati a vedere chi incontravamo ci siamo resi conto che l’incontro avveniva sempre con un giovane: un giovane nato in Italia, un giovane studente, un giovane lavoratore. Quindi giovani e giovani adulti e giovani famiglie. Ed ecco che quest’anno il tema è quello delle nuove generazioni, nate in Italia il più delle volte ma non italiane, quindi cittadini ma senza cittadinanza. Quindi, anche la Chiesa sente la necessità di un maggiore coinvolgimento di queste generazioni che stanno spingendo molto sul dibattito della legge sulla cittadinanza e una serie di dati ci dicono che è giusto muoverci all’interno di questo discorso di civiltà proprio perché è effettivamente una presenza ormai strutturale della quale non si può fare a meno. Un dato tra tutti: negli ultimi tre anni la domanda di partecipazione al servizio civile dei giovani è aumentata di oltre il 530 per cento, giovani di origine non italiana, straniera, ed aumenta la loro richiesta di partecipare a quei progetti che hanno a che fare con l’ambiente e il territorio e il servizio civile inteso nella società. Sono giovani che effettivamente nati in Italia, anche di origine non italiana, essendosi formati in Italia si rendono conto di quelle che sono le fragilità del Paese e si rendono ancora più attivi e partecipativi e richiedono di essere protagonisti per finalmente cambiare il futuro del Paese del quale loro si sentono parte.

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Tweet del Papa: nuove forme povertà impediscono vita dignitosa

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“Non voltiamo lo sguardo davanti alle nuove forme di povertà e di emarginazione che impediscono alle persone di vivere dignitosamente”: è il nuovo Tweet di Papa Francesco sul suo account @Pontifex.

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Le rinunce e le nomine di Papa Francesco

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Per le rinunce e le nomine odierne di Papa Francesco, consultare il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

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Papa: Concistoro il 28 giugno e celebrazioni per i Santi Pietro e Paolo

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Mercoledì 28 giugno, alle ore 16, nella Basilica Vaticana, Papa Francesco terrà un Concistoro ordinario pubblico per la creazione di nuovi cardinali, per l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del titolo o della diaconia. Lo rende noto l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Le visite di cortesia ai nuovi cardinali si svolgeranno lo stesso giorno, dalle ore 18 alle ore 20, nell’atrio dell’Aula Paolo VI. Giovedì 29 giugno, alle ore 9.30, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre benedirà i sacri Palli, destinati ai nuovi arcivescovi metropoliti, e celebrerà la Santa Messa della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

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Il Papa per il Sud Sudan: progetto di Francesco per vittime della violenza

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Si chiama “Il Papa per il Sud Sudan” l’intervento di sostengo nel campo della sanità, dell'educazione e del lavoro agricolo, di un importo poco inferiore al mezzo milione di dollari, con cui Francesco ha deciso di manifestare concretamente carità e vicinanza alla popolazione del Paese in guerra dal 2013 per la rivalità dei vertici politici. L’iniziativa affianca l’opera di diverse congregazioni religiose e organismi internazionali le cui rappresentanze, insieme al cardinale Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, in sala stampa vaticana, hanno presentato il progetto. C’era per noi Gabriella Ceraso

C’è una gravissima crisi umanitaria in Sud Sudan a causa della guerra, consumata nel silenzio del mondo: oltre 7 milioni di persone soffrono la fame, un milione e mezzo è costretto a fuggire e ora, in migliaia, sono a rischio per un’epidemia di colera. Massacri e atrocità contro i civili sono all’ordine del giorno e il “Papa non ha mai smesso di pregare e di pensare a queste vittime inascoltate. Non può visitare il Paese per questa totale insicurezza, ma vuole essere vicino in un altro modo, in attesa di poterlo vedere con i suoi occhi". Così il cardinale Peter Turkson presentando le iniziative del Pontefice: due nel campo della salute, una nell’educazione e un’altra nel campo dell’agricoltura, ambiti nei quali, dice il porporato, "da sempre, la Chiesa esprime il proprio contributo verso gli ultimi, contribuendo a uno sviluppo veramente integrale. Il cardinale Turkson:

“Il Santo Padre spera vivamente di potersi recare al più presto in visita ufficiale in questo Paese. La Chiesa non chiude alla speranza, mai. Un territorio tanto travagliato. Invita invece a solidarietà, a compassione e a scelte audaci e a credere che la Divina Provvidenza è capace sempre di realizzare ciò che il cuore dell’uomo non osa sperare”.

Gli ospedali di Wau e di Nzara gestiti dai comboniani, avranno il sostegno economico del Papa: "numeri ristretti di medici e assistenti e lavoro massacrante, ma fatto con amore", racconta suor Laura Gemignani che sta a Nzara:

“Abbiamo un unico medico che risponde a tutte le emergenze, fa gli interventi di taglio cesareo per salvare la vita delle donne ed è tutto il giorno in ospedale”.

"Noi vogliamo rimanere al fianco della gente e questo sostegno del Papa, che è anche il nostro papà, ci dice di andare avanti", aggiunge la religiosa:

“Verrà utilizzato da noi in parte per comprare medicine, in parte per aumentare il salario dei miei dipendenti. Spesso loro dicono: 'La nostra più bella soddisfazione è vedere che ci siete'”.

Nella formazione e nell’educazione opera invece l’Associazione Solidarity with South Soudan, unione di alcune congregazioni religiose presenti nel Paese africano al fianco della Conferenza episcopale locale. Il sostegno del Papa servirà in questo caso a borse di studio per far diplomare i ragazzi. "Vogliamo che le strutture siano autonome", dice suor Judith Pereira- Rico, direttore esecutivo dell'associazione; “vogliamo che la gente lavori i campi e si mantenga da sola”, le fa eco Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis:

“C’è anche una volontà di facilitare le persone, specialmente le persone sfollate che hanno un posto dove vivono adesso, perché possano coltivare. Ci sono piante che crescono in un mese e possono essere raccolte… E così rispettiamo la dignità delle persone”.

L'aiuto del Papa di circa 200 mila euro verrà destinato in modo particolare ai programmi di 'livelihoods', con l’acquisto di sementi e di attrezzi agricoli a favore di 2500 famiglie in tre diocesi, ma il messaggio è molto più ampio, spiega Michel Roy:

“Per me, è simbolico: vuol dire che bisogna fare di più. Questo è un appello alla comunità internazionale: bisogna fare di più, bisogna salvare vite!”.

I fondi stanziati - ha spiegato infine il card. Turkson - arrivano dalla Carità del Papa, dalla Segreteria di Stato, dal Dicastero per lo Sviluppo umano integrale e dai benefattori, fermo restando, ha ribadito, che il Papa e il Vaticano, attivo in una mediazione politica per ottenere la pace, sperano ancora di poter realizzare un viaggio ufficiale in Africa.

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Crisi in Venezuela: la Santa Sede chiede un negoziato serio

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Alla crisi in Venezuela si deve rispondere con un negoziato serio e sincero tra le parti. E’ quanto sottolinea mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, in una dichiarazione rivolta all’Assemblea generale dell'Organizzazione degli Stati americani, che si conclude oggi in Messico, a Cancun. In Venezuela, intanto, continuano a mancare beni essenziali come cibo e medicine. E dall’inizio di aprile, sono almeno 75 le vittime in seguito a scontri tra manifestanti e forze di polizia. Il servizio di Amedeo Lomonaco

La Santa Sede ribadisce la propria posizione sulla grave situazione in Venezuela. Sin dall’inizio della crisi - ricorda mons. Auza - il Papa, il segretario di Stato vaticano e la Conferenza episcopale venezuelana, in diverse occasioni, hanno chiesto alle istituzioni e alle forze politiche, superando interessi di parte ed ideologie, di ascoltare la voce del popolo. La Santa Sede - sottolinea il presule - ha sempre esortato tutti i leader politici ad impegnarsi per porre fine alle violenze.

Le condizioni per un negoziato serio
Il cammino verso la ricerca di una soluzione pacifica - aggiunge mons. Auza - può essere promosso attraverso la via di un negoziato da articolare sulla base delle indicazioni illustrate, nella lettera del primo dicembre del 2016, dal segretario di Stato cardinale Pietro Parolin. In quel documento - osserva il nunzio - il porporato chiedeva, tra l’altro, di intraprendere un percorso in grado di portare ad elezioni libere e sollecitava misure per fornire aiuti umanitari, cibo e medicine. Nella lettera del 2016 - sottolinea mons. Auza - il segretario di Stato esortava anche a prendere provvedimenti che prevedano la liberazione dei prigionieri politici.

Il negoziato sia sostenuto dalla comunità internazionale
In questo scenario di crisi, segnato da violenze che hanno colpito anche la Chiesa venezuelana, non mancano ulteriori rischi. La recente decisione del governo di convocare un'Assemblea Costituente - sottolinea in particolare mons. Auza - invece di aiutare a risolvere i problemi, può complicare la situazione e mettere a repentaglio il futuro democratico del Paese. Si apprezza invece la possibilità - conclude il presule - che un gruppo di Paesi della regione o eventualmente di altri Continenti scelti sia dal governo sia dall'opposizione, accompagnino il negoziato in qualità di garanti.

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Vaticano: dimissioni del Revisore generale

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La Sala Stampa vaticana informa che il dott. Libero Milone ha presentato al Santo Padre, che le ha accolte, le dimissioni dall’incarico di Revisore Generale. "Si conclude così, di comune accordo, - si legge in una nota - il rapporto di collaborazione con la Santa Sede", che " augura al dott. Milone ogni bene per la sua futura attività", informando "che sarà avviato quanto prima il processo di nomina del nuovo responsabile dell’Ufficio del Revisore Generale".

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Oggi in Primo Piano



Belgio, le forze dell'ordine sventano attentato a Bruxelles

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La paura torna a scuotere il Belgio. Nella stazione di Bruxelles, un uomo, che aveva una cintura esplosiva, è stato ucciso dalle forze di sicurezze che presidiano tutti i punti caldi della città. Alessandro Guarasci

Dopo Londra, Parigi, un’altra capitale europea torna a ad essere colpita dal terrorismo. Alle 20,45 circa di ieri, un uomo, vestito con camicia bianca e pantaloni neri, è entrato nell'atrio della stazione di Bruxelles e quando è stato avvicinato dai militari delle forze di sicurezza ha fatto esplodere una valigia senza causare troppi danni. Si tratta di un 37.enne di Moleenbek, conosciuto anche per reati di droga.

La valigia era piena di chiodi e bombole di gas. Secondo le autorità, il sospetto ha causato un'esplosione parziale e il bagaglio ha provocato un'incendio all'interno della stazione. L'uomo ha quindi attirato l'attenzione di un militare presente sulla scena, gridando "Allah Akbar" mentre correva verso di loro. Il soldato ha quindi aperto il fuoco e ha colpito più volte il sospetto, uccidendolo. La valigia è poi esplosa una seconda volta, ma nessun altro è stato ferito o ucciso.

In mattina, una grossa operazione di polizia è scattata nel centro di Anversa, sempre in Belgio, nei pressi della stazione. Sul posto elicotteri e tiratori scelti, anche dell'esercito. Nessuna ulteriore spiegazione al momento, neanche se l'operazione sia legata al tentato attentato di ieri sera a Bruxelles.

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Tajani: guardia alta sul terrorismo, rispettare accordo sui migranti

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L'attentato di Bruxelles ha rilanciato il tema della prevenzione degli attacchi terroristici. In Europa si discute di quali misure prendere e di come gestire il fenomeno dell'immigrazione. Proprio a Bruxelles oggi conferenza con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker e il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani. Intervistato da Alessandro Guarasci, il presidente Tajani parla di come gestire il flusso dei migranti e dell'attentato di ieri sera nella capitale belga: 

R. - Non bisogna abbassare la guardia. La sconfitta dello Stato islamico sul territorio iracheno e siriano provoca delle reazioni in Europa. Molti foreign fighters stanno tornando, quindi la sconfitta spinge il fanatismo a reagire provocando attentati. Fortunatamente la reazione da parte delle forze dell’ordine mi pare più efficace. Lo è stato a Parigi e lo è stato anche ieri a Bruxelles. E’ stata una sconfitta per i terroristi l’attentato fallito ieri sera alla stazione di Bruxelles, come è stata una sconfitta l’attentato fallito agli Champs-Elysées. Questo vuol dire che l’organizzazione europea e nazionale comincia a funzionare. Non dobbiamo certamente cambiare il nostro modello di vita; cercheranno ancora di compiere attentati ma sono convinto che alla fine la forza della libertà e della democrazia vincerà la violenza del fondamentalismo.

D. - Passando al tema migranti: il piano di ridistribuzione a livello europeo non è andato avanti, che cosa si può fare per farlo davvero implementare?

R.  - Il Parlamento europeo è stato molto duro da questo punto di vista. Abbiamo chiesto alla Commissione Europea di far rispettare l’accordo sottoscritto da tutti gli Stati membri così la Commissione è stata costretta ad aprire una procedura di infrazione nei confronti di tre Paesi, ora ci auguriamo che rispettino le regole perché non si può credere nella solidarietà soltanto quando si deve ricevere e quando si deve dare non si è solidali. I Paesi che oggi non sono solidali sono quelli che nel momento dell’uscita dalla dittatura comunista hanno avuto tanta solidarietà da parte degli altri europei.

D. – Però questi Paesi sembrano rigettare questa procedura di infrazione; insomma, rischiamo uno scontro fra i due polmoni diciamo dell’Europa…

R. - Spero che questo non accada. Domani si riuniscono i capi di Stato e di governo, immigrazione e sicurezza e lotta al terrorismo saranno al centro del dibattito. Quest’oggi il Parlamento europeo organizza un grande evento proprio per dare un messaggio agli Stati membri: non si perda altro tempo per affrontare la questione immigrazione, compresa la questione rifugiati e diritto di asilo perché i cittadini ci chiedono di intervenire rapidamente. Se non vogliamo che i partiti populisti crescano dobbiamo risolvere i problemi: immigrazione, terrorismo e disoccupazione giovanile.

D. – Lei lo ha detto, ha parlato di asilo, ma bisogna cominciare a pensare di cambiare davvero il regolamento di Dublino, perché se n’è sempre molto parlato però quello è e quello rimane ad oggi…

R.  – Il dibattito sulla riforma del diritto d’asilo è in corso. C’è una proposta che il Parlamento europeo sta esaminando. Il voto sarà fatto entro l’estate e ci auguriamo adesso che il Consiglio europeo, cioè gli Stati membri - e domani se ne parlerà - decidano di scegliere rapidamente il percorso della riforma: cioè, siano in sintonia con il Parlamento europeo che sta lavorando alacremente e in tempi rapidi per risolvere il problema. La riforma serve e mi auguro che gli Stati membri si rendano conto dell’importanza del problema.

D. – Non le sembra che a livello europeo manchino accordi stringenti con i Paesi da dove partono i migranti? Mi riferisco ad accordi per una cooperazione davvero genuina in loco…

R. – Assolutamente sì. Noi dobbiamo fare molto di più! In Africa è stato risolto il problema del corridoio balcanico; c’è un problema in Libia, non a caso oggi sarà a Bruxelles il primo ministro libico che noi vogliamo coinvolgere in questa operazione. Ma soprattutto dobbiamo intervenire a lungo termine in Africa dove il cambiamento climatico, Boko Haram, carestie, instabilità politiche, conflitti tribali, rischiano di spingere milioni di persone dall’Africa subsahariana verso il nord del mondo e quindi avere nei prossimi anni in Europa non migliaia di immigrati ma milioni di immigrati. Ecco perché bisogna investire di più. L’Europa sta investendo con un progetto che già prevede un effetto volano di 40 miliardi di euro attraverso un investimento diretto di 4 miliardi di euro, bisogna fare di più e anche il prossimo bilancio comunitario dovrà avere come priorità la questione immigrazione e quindi fare in modo di poter investire ancora di più nel continente africano per risolvere il problema, guardando l’Africa però con occhiali africani e non occhiali europei.

D. – Ad oggi secondo lei la Libia è un interlocutore affidabile? Perché abbiamo visto anche diversi scontri tra la guardia costiera libica e le Ong che pattugliano la costa. Lei pensa che la Libia sia affidabile sotto questo punto di vista?

R. – La Libia vive un momento di grande instabilità, noi lavoriamo perché ci possa essere stabilità ed è importante che l’Europa parli con una voce sola con la Libia perché troppi interlocutori europei rischiano di provocare una divisione all’interno di questo Paese che deve recuperare un’unità e stabilità. Questa è una delle priorità che l’Unione Europea deve affrontare.

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Congo: attacchi armati nel Kasai. Chiesa accanto a popolazione

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Nella Repubblica Democratica del Congo resta drammatica la situazione nella regione del Kasai, funestata da sanguinosi attacchi di un gruppo armato che contrasta le milizie antigovernative: centinaia i civili uccisi in modo barbaro nei villaggi della zona negli ultimi due mesi. La denuncia arriva dalle Nazioni Unite. Terreno di scontro fra opposizione e forze filo governative, il rifiuto del presidente Kabila di lasciare il potere, avuto nel 2001 dopo la morte del padre al tentativo di modificare la Costituzione a suo favore. Numerosi gli appelli di Papa Francesco negli ultimi tempi per la fine della violenza nel Paese. L’ultimo nell’udienza generale di questa mattina, in cui Francesco ha parlato degli sforzi in favore dell’educazione dei giovani congolesi. Una situazione delicata e complessa quella della Republica Democratica del Congo, generata in primis da un problema politico, come sottolinea, al microfono di Paola Simonetti, Massimiliano Salierno, direttore dell'Anpil, organizzazione non governativa operante in Congo:  

R. – Il problema attuale del Congo è la successione alla presidenza. In quanto attualmente c’è il presidente Kabila, figlio dell’ex presidente congolese che ha terminato il suo mandato ma non ha alcuna intenzione di lasciare il potere, quindi questo crea una grandissima tensione. Ricordiamo che Kabila ha terminato il suo mandato l’anno scorso, quindi in realtà queste elezioni avrebbero dovuto già tenersi ma di fatto non si sono ancora svolte. C’è anche un tentativo da parte del presidente Kabila di riformare la Costituzione per consentirgli di avere un ulteriore mandato alla presidenza: da ciò nascono gli scontri che sono quelli che purtroppo stanno insanguinando la regione.

D. – Un gruppo che lotta contro la milizia antigovernativa, che però colpisce la popolazione stessa, che immaginiamo viva nel terrore…

R. – Sì, gli scontri più sanguinosi ovviamente non si manifestano nella capitale, a Kinshasa, dove c’è il potere e ci sono le istituzioni, ma si manifestano nelle regioni della provincia, quindi in queste zone come quella del Kasai che è una regione mineraria e ha un accesso molto limitato, come tutte le regioni minerarie del Congo, che si possono visitare solo su invito da parte di autorità locali. In queste regioni si stanno verificando questi scontri molto sanguinosi. Oltretutto la regione del Kasai, quella di cui si sta parlando in questi mesi e anche in questi giorni, è la regione dello storico oppositore di Kabila che è Tshisekedi, che è stato già storico oppositore del padre di Kabila: è morto recentemente ma la lotta continua nei suoi sostenitori. Quindi il Kasai è storicamente per il potere una regione ostile, pericolosa, che va tenuta sempre sotto controllo. Questo è uno dei motivi per cui tutti questi scontri estremamente sanguinosi si verificano proprio in questa regione.

D. - La Chiesa locale sta tentando una qualche mediazione, c’è qualcuno che sta operando qualche passo?

R. – La Chiesa congolese, la Conferenza episcopale, i vescovi che sono sul territorio stanno facendo un lavoro veramente straordinario, molto discreto anche, ed è grazie a loro che per esempio si è riusciti a raggiungere un accordo a fine 2016 proprio tra Kabila e l’opposizione per porre fine a questi scontri e raggiungere un'intesa. Poi, purtroppo, questo accordo si è un po’ arrestato, non è proseguito in ulteriori azioni politiche. Però devo dire che l’azione dei vescovi e poi a livello di sacerdoti, suore che operano sul territorio è un’azione assolutamente meritoria e anzi è grazie a loro se tanti bambini e tante donne, tante famiglie si sono messe in salvo. Ricordiamo che in queste regioni ci sono anche delle suore della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria che hanno subito dei violentissimi attacchi. Quindi una situazione di molta violenza e tantissimi preti e tantissime suore sono riusciti a mettere in salvo molte famiglie.

D. – L’Onu ha chiesto un’ampia inchiesta internazionale. In una situazione come quella che lei ha descritto con quali strumenti è possibile metterla in atto?

R. – Solo la politica internazionale, quindi l’Onu, può intervenire in modo da, non dico riappacificare le fazioni, perché ormai credo che la situazione sia estremamente degenerata, però almeno confinare queste guerriglie e cercare di contenerle in modo tale che soprattutto la popolazione civile - che è quella che paga sempre poi le conseguenze di questa situazione - venga risparmiata dai massacri. È una situazione veramente disumana: si parla quasi di genocidio. Stiamo parlando di centinaia di migliaia di morti. Purtroppo nel Congo non c’è solo un problema di natura politica ma il Congo è anche terra di “conquista”, perché uno dei territori, dei Paesi più ricchi al mondo a livello di materie prime. Di conseguenza, le concessioni per poter sfruttare il sottosuolo sono concessioni che generano un giro di denaro e corruzione che è ad altissimo livello. Riuscire ad entrare in un Paese così e cercare di mettere ordine in una situazione dove il denaro sostanzialmente è quello che governa le alleanze e i partiti politici diventa un’impresa molto difficile.

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Artisti italiani in favore dei bimbi della Siria: con noi, Anna Foglietta

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Sono stati presentati a Roma attività e progetti ispirati all’idea che "Every child is my child", ossia che ogni bambino è un nostro bambino. Si tratta di iniziative nate grazie all’entusiasmo e alla responsabilità di un vastissimo gruppo di artisti italiani per portare aiuto e solidarietà all’infanzia che in Siria soffre per una guerra assurda e spietata. Il servizio di Luca Pellegrini

Se la diplomazia arranca e la politica si dimostra indifferente, sono questa volta gli artisti dello spettacolo italiani a lanciare la loro indignazione e farsi carico di alcune iniziative. E’ stata, infatti, presentata a Roma “Every child is my child” da un nutrito gruppo di volti assai noti del cinema e della musica, accomunati tutti da una idea divenuta missione: ribellarsi all’indifferenza per la guerra in Siria, aiutare le bambine e i bambini che sono le vittime più esposte di ogni conflitto. L’attrice Anna Foglietta è stata la promotrice di questa bellissima iniziativa, che sta muovendo i primi passi. Ci racconta quando e perché è nata:

“‘Every child is my child’ nasce in seguito ai bombardamenti della mattina del 4 aprile in Siria, con l’utilizzo di armi chimiche a scapito della popolazione civile siriana. Diciamo che quelle immagini sono riuscite a sconvolgere e a toccare anche gli animi più scettici e più freddi. Io mi sono sentita per l’ennesima volta impotente e non potevo più sopportare tutto questo, senza almeno provare, tentare di fare qualcosa. Mi sono in un certo senso sentita responsabile anche di quelle vite umane: perché io sono madre di tre figli; e mi sono detta: incominciamo ad alzare la testa e a fare sentire quantomeno la nostra indignazione. Magari non servirà a niente, magari rischieremo anche di essere dei semplici privilegiati che si svegliano un mattino e vogliono fare i benefattori: non mi interessa. Io voglio comunque accendere un faro almeno per sensibilizzare le persone su una tematica che secondo me è troppo urgente. Per cui, insieme a tutti i miei meravigliosi colleghi che hanno avuto voglia di seguirmi in questo viaggio, ci siamo innanzitutto mobilitati in una sorta di flash-mob sui nostri profili social, nel quale gridavamo il nostro ‘basta’ contro la guerra in Siria. E poi abbiamo deciso di diventare più fattivi e ci siamo riuniti sotto una sorta di pensiero: siamo tutti uniti in questo pensiero che ogni bambino è anche il mio bambino, dev’essere il bambino di tutti e quindi va protetto”.

Il primo evento in calendario è fissato per il 5 agosto nel meraviglioso Parco Archeologico di Vulci, in provincia di Viterbo, con un incredibile insieme di artisti, attori, musicisti, cantanti, scirttori e comici che attenderà il pubblico per una festa, soprattutto indirizzata ai bambini. Mentre a Natale la casa editrice Salani pubblicherà una raccolta di storie vere e magiche incentrate sul tema della felicità e della preziosa spensieratezza nella prima parte della vita, con autori tanti di questi artisti dello spettacolo. Quale sarà la destinazione dei fondi raccolti?

“Tutto il raccolto - questo è importante dirlo - sarà devoluto in favore di una piccola associazione che si chiama ‘Insieme si può fare’, che opera proprio al confine tra la Siria e la Turchia, a Reyhanli. Con il raccolto permetteremo la riapertura di una scuola e quindi daremo istruzione a tanti bambini rifugiati al confine con la Turchia - bambini delle scuole elementari - dove ci sarà anche il supporto di psicologi, l’utilizzo di strumenti per l’educazione fisica… Insomma, daremo a questi bambini l’opportunità di una vita normale e la possibilità di portare cibo alle famiglie, perché purtroppo molti di loro non mandano i piccoli a scuola: prima di tutto, perché non ci sono le scuole e poi perché comunque i bambini sono braccia-lavoro e quindi sono più 'utili' per chiedere l’elemosina o per andare nei campi a raccogliere i pomodori. Invece noi così diamo ai genitori l’opportunità di mandarli a scuola perché i bambini due-tre volte alla settimana torneranno a casa con un po’ di pane, con un po’ di riso… Ci siamo dunque inventati un progetto, insieme a Lorenzo Locati, che è il presidente di questa associazione, per far tornare il sorriso a tanti bambini siriani”.

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Argentina, diocesi di Cordoba: serve cultura dell'incontro

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"Ci incoraggia la possibilità di trovare il modo di risolvere i conflitti e di giungere ad accordi che garantiscano la pace sociale e il bene comune. Dobbiamo rispettare i diritti di tutti i cittadini e adempiere, in modo responsabile, ai nostri doveri di autorità e di cittadini": E‘ quanto si legge in un messaggio della Pastorale sociale dell’arcidiocesi argentina di Córdoba. Nel documento si invita anche ad onorare la memoria del generale Manuel Belgrano, creatore della bandiera nazionale, e a rinnovare l’impegno di costruire, con parole ed atteggiamenti, “una nazione di fratelli”. 

Arcidiocesi di Cordoba: conflitti da risolvere con un dialogo responsabile
Nel testo, ripreso dall’agenzia Fides, si coglie l’occasione della festa della bandiera, che si è celebrata ieri, 20 giugno, per riflettere su alcuni valori: “sedersi a parlare con sincerità e trasparenza, non è un segno di debolezza, al contrario, è un gesto coraggioso di chi vuole cercare il bene comune, con particolare attenzione ai più trascurati e sofferenti”. “È un impegno duro, ma molto utile per rafforzare la democrazia e rispettare le istituzioni, cercando di risolvere i conflitti attraverso un dialogo responsabile e maturo, evitando il confronto duro e la violenza”. “Favorire la cultura dell’incontro - si legge ancora nel messaggio - può essere un buon incentivo e un modo intelligente che ci permette di affrontare le differenze con un vero spirito costruttivo, lasciando da parte gli interessi meschini”.

La nazione sia animata dall’impegno per il bene comune
La Pastorale sociale di Cordoba esorta inoltre governatori e legislatori, dirigenti sindacali e imprenditori a "compiere il massimo sforzo verso il raggiungimento di una maggiore cultura dell'incontro che consenta di generare dialoghi fecondi”. “Vogliamo essere una nazione - si sottolinea infine nel documento - la cui identità è la passione per la verità e l'impegno per il bene comune”. Manuel Belgrano (Buenos Aires, 3 giugno 1770 - 20 giugno 1820) è stato un economista, politico e generale argentino. Illustre rappresentante della popolazione creola, fu uno dei principali protagonisti dell’indipendenza dell’Argentina dalla Spagna.

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Colombia: a Leticia, incontro sul futuro della regione amazzonica

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E' in corso a Leticia, in Colombia, il terzo Incontro della Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica “Repam-Colombia”. Fino al 24 giugno più di 100 persone approfondiranno la realtà dell'Amazzonia colombiana e definiranno le strategie più opportune per lavorare insieme per la cura del bioma amazzonico. Presente anche la Commissione dei vescovi dell'Amazzonia.

Rafforzare il lavoro ecclesiale
L’obiettivo, secondo il comunicato riportato dall’Agenzia Fides, è rafforzare l'identità della Repam-Colombia alla luce dell’Enciclica “Laudato Si'”, come percorso per la riconciliazione con la creazione e la tutela dell'Amazzonia colombiana. Inoltre si mira a rafforzare il lavoro ecclesiale in comunione, per ottenere un'azione più efficace come rete e concordare l'attuazione del piano comune d'azione.

Situazione ecologica delle popolazioni indigene
In apertura dei lavori è stata presentata la realtà di Mocoa ed è stata celebrata una Messa in suffragio delle vittime della frana che ha travolto la cittadina di Mocoa alla fine di marzo. Secondo il programma di lavoro, viene approfondita la realtà dei territori e delle Chiese locali nelle tre sub-regioni dell’Amazzonia, che comprendono 12 giurisdizioni ecclesiastiche del sud. Tra i relatori invitati prendono la parola mons. Joselito Carreño, vescovo di Puerto Inirida, e Cesar Baratto, teologo e responsabile della famiglia francescana, docente presso l'Università Santo Tomas. Armando Valbuena, consulente dell'Organizzazione Nazionale Indigena della Colombia Onic (popolo Wayu), presenta poi un'analisi della situazione ecologica delle popolazioni indigene.

Occorrono azioni concrete
Questo spazio si conclude con l'intervento di Anitalia Ti Jachi Kulluedo, capo Uitoto, con una riflessione sulla riconciliazione tra i popoli indigeni e la Chiesa. Come conclusione di questo incontro, si intende redigere un piano di azione concreto che, come Repam, possa fare fronte alle principali sfide della realtà amazzonica colombiana. 

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Zambia, appello Chiese cristiane: istituzioni proteggano popolo

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Lo Zambia rischia di scivolare verso la dittatura: lo affermano in una dichiarazione congiunta il Council of Churches in Zambia (Ccz), l’Evangelical Fellowship of Zambia (Efz) e la Zambia Conference of Catholic Bishops (Zccb), ossia gli organismi che rappresentano la maggioranza dei fedeli cristiani nel Paese.

Violenza istituzionale è misura dittatoriale
“La violenza istituzionale è una misura fondamentale della dittatura” sottolinea il documento, citato dall’Agenzia Fides, firmato per la Zccb, dal suo presidente, mons. Telesphore George Mpundu, arcivescovo di Lusaka. In particolare, i leader religiosi cristiani stigmatizzano il brutale arresto di Hakainde Hichilema, accusato di tradimento, perché avrebbe bloccato il corteo di auto del presidente Edgar Lungu. L’arresto è avvenuto di notte, con l’uso di cani poliziotto, come accadeva in epoca coloniale.  

Il triste passato coloniale
“Solo i cittadini anziani con oltre 60 anni possono ricordare l’uso dei cani contro gli africani da parte dell’amministrazione coloniale britannica” afferma la dichiarazione. “È inimmaginabile che il governo dello Zambia sprofondi così in basso da scatenare i cani contro il proprio stesso popolo”. Forte, quindi, la denuncia del “trattamento inumano” cui è stato sottoposto Hichilema.

La stampa deve essere libera
Quanto alla libertà di stampa, i firmatari della dichiarazione ribadiscono che “stampa libera significa che i giornalisti e i media possano fare il loro lavoro senza paura, intimidazioni e minacce”, in modo di potere svolgere quel ruolo di controllo delle attività di governo a favore di tutti, “senza guardarsi alle spalle per paura di chiusure, arresti o assalti”.

Capo dello Stato sia presidente di tutti
I leader cristiani sottolineano poi che “il tribalismo è un cancro che può uccidere una nazione, se non è tenuto a distanza. La leadership politica ha il sacro mandato di tenere unita la nazione”. “Ci aspettiamo - concludono i leader cristiani - che il presidente Lungu agisca come un presidente della Repubblica il cui scopo non è solo quello di proteggere gli interessi del suo partito ma anche e più importante di essere il custode di tutti gli zambiani, senza distinzione di affiliazione politica” concludono i leader cristiani.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 172

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.