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Sommario del 26/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: prevenzione tumori sia estesa a tutti, no a interessi commerciali

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La cura dei tumori, e in particolare la prevenzione oncologica, sia estesa a tutti senza sottostare a interessi commerciali. E’ l’appello lanciato oggi da Papa Francesco nell’udienza ai membri della Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (Lilt), ricevuti in Vaticano. Il Pontefice ha ribadito l’importanza di essere vicino alle persone malate e ha invitato le società ad essere sempre più inclusive per i malati. Il servizio di Alessandro Gisotti

Bisogna favorire la mentalità della prevenzione oncologica. E’ quanto affermato da Papa Francesco nel discorso alla Lega Italiana Lotta contro i tumori. Il Pontefice ha sottolineato l’importanza delle tante realtà di volontariato che vengono incontro alle esigenze dei malati e dei loro familiari, quindi ha messo in guardia dagli interessi economici quando si parla di salute:

“C’è tanto bisogno di diffondere una cultura della vita, fatta di atteggiamenti, di comportamenti. Una vera cultura popolare, seria, accessibile a tutti, e non basata su interessi commerciali. Più in particolare, le famiglie hanno bisogno di essere accompagnate in un cammino di prevenzione; un cammino che coinvolge le diverse generazioni in un “patto” solidale; un cammino che valorizza l’esperienza di chi ha vissuto, insieme ai propri familiari, il faticoso percorso della patologia oncologica”.

L’assistenza ai malati e alle famiglie, ha proseguito, “costituisce una testimonianza che trova la comunità ecclesiale particolarmente” impegnata, vivendo il “binomio tipicamente cristiano dell’umiltà e del silenzio”. Ha così evidenziato che “periferia” è “ogni uomo e donna che vive una condizione di emarginazione”, “soprattutto quando la malattia ne infrange i ritmi consueti, come è il caso delle patologie oncologiche”.

Il “prendersi cura”, ha ripreso, “è una ricchezza inestimabile per la società: ricorda all’intera comunità civile ed ecclesiale di non aver paura della prossimità, non aver paura della tenerezza”:

“Da ultimo, mi permetto di sottolineare che, poiché la salute costituisce un bene primario e fondamentale di ogni persona, è auspicabile che la prevenzione oncologica possa essere estesa a tutti, grazie alla collaborazione tra i servizi pubblici e privati, le iniziative della società civile e quelle caritative. In questo modo, con il vostro specifico contributo, anche in questo settore possiamo cercare di far sì che le nostre società diventino sempre più inclusive”.

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Papa a Santa Marta: non servono oroscopi, camminiamo verso sorprese di Dio

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Non servono oroscopi o negromanti per conoscere il futuro: il vero cristiano non è quello che si installa e rimane fermo, ma colui che si fida di Dio e si lascia guidare in un cammino aperto alle sorprese del Signore. Così Papa Francesco nell’omelia di questa mattina alla Messa a Casa Santa Marta, l’ultima prima della pausa estiva. Ce ne parla Giada Aquilino

Il cristiano “fermo” non è “vero cristiano”. È un invito a non rimanere statici, a non “installarsi troppo”, quello del Papa che esorta a “fidarsi di Dio” e seguirlo. Prendendo spunto dall’odierna Prima Lettura, tratta dalla Genesi, Francesco riflette sulla figura di Abramo in cui, spiega, “c’è lo stile della vita cristiana, lo stile di noi come popolo”, basato su tre dimensioni: lo “spogliamento”, la “promessa” e la “benedizione”. Il Signore, ricorda il Pontefice, esorta Abramo ad andarsene dal suo paese, dalla sua patria, dalla casa di suo padre:

Essere cristiano porta sempre questa dimensione di spogliamento che trova la sua pienezza nello spogliamento di Gesù nella Croce. Sempre c’è un ‘vattene’, ‘lascia’, per dare il primo passo: ‘Lascia e vattene dalla tua terra, dalla tua parentela, dalla casa di tuo padre’. Se facciamo un po’ di memoria vedremo che nei Vangeli la vocazione dei discepoli è un ‘vattene’, ‘lascia’ e ‘vieni’. Anche nei profeti, no? Pensiamo a Eliseo, lavorando la terra: ‘Lascia e vieni’ – ‘Ma almeno permettimi di salutare i genitori’ – ‘Ma, va e torna’. ‘Lascia e vieni’”.

I cristiani, aggiunge il Papa, devono avere la “capacità” di essere spogliati, altrimenti non sono “cristiani autentici”, come non lo sono coloro che non si lasciano “spogliare e crocifiggere con Gesù”. Abramo “per fede obbedì”, partendo per una terra da “ricevere in eredità”, ma senza sapere una precisa destinazione:

Il cristiano non ha oroscopo per vedere il futuro; non va dalla negromante che ha la sfera di cristallo, vuole che gli legga la mano… No, no. Non sa dove va. Va guidato. E questo è come una prima dimensione della nostra vita cristiana: lo spogliamento. Ma, lo spogliamento perché? Per una ascesi ferma? No, no! Per andare verso una promessa. E questa è la seconda. Noi siamo uomini e donne che camminiamo verso una promessa, verso un incontro, verso qualcosa – una terra, dice ad Abramo – che dobbiamo ricevere in eredità”.

Eppure, sottolinea Francesco, Abramo non edifica una casa, ma “pianta una tenda”, a indicare che “è in cammino e si fida di Dio”, quindi costruisce un altare “per adorare il Signore”. Poi, “continua a camminare”, è “sempre in cammino”:

Il cammino incomincia tutti i giorni al mattino; il cammino di affidarsi al Signore, il cammino aperto alle sorprese del Signore, tante volte non buone, tante volte brutte - pensiamo ad una malattia, ad una morte – ma aperto, perché io so che Tu mi porterai ad un posto sicuro, ad una terra che Tu hai preparato per me: cioè, l’uomo in cammino, l’uomo che vive in una tenda, una tenda spirituale. L’anima nostra, quando si sistema troppo, si installa troppo, perde questa dimensione di andare verso la promessa e invece di camminare verso la promessa, porta la promessa e possiede la promessa. E questo non va, non è propriamente cristiano”.

In “questo seme dell’inizio della nostra famiglia” cristiana, evidenzia il Papa, spicca un’altra caratteristica, quella della benedizione: cioè il cristiano è un uomo, una donna che “benedice”: cioè “dice bene di Dio e dice bene degli altri” e che “si fa benedire da Dio e dagli altri” per andare avanti. Questo è lo schema della “nostra vita cristiana”, perché tutti, “anche” i laici, dobbiamo “benedire gli altri, dire bene degli altri e dire bene a Dio degli altri”. Spesso, aggiunge il Pontefice, siamo abituati “a non dire bene” del prossimo, quando - spiega - “la lingua si muove un po’ come vuole”, invece di seguire il comandamento che Dio affida al “nostro padre” Abramo, come “sintesi della vita”: quello a camminare, lasciandosi “spogliare” dal Signore, fidandosi delle sue promesse, per essere irreprensibili. In fondo, conclude Francesco, la vita cristiana è “così semplice”.

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Preoccupazione della Santa Sede per il vescovo cinese Zhumin

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La Santa Sede segue con grave preoccupazione la situazione di Mons. Pietro Shao Zhumin, Vescovo cinese di Wenzhou, forzatamente allontanato dalla sua sede episcopale ormai da tempo. Lo ha affermato stamani il direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti. Del presule non si hanno notizie – ha detto ancora – né sui motivi del suo allontanamento, né sul luogo dove egli è trattenuto. A riguardo, la Santa Sede, profondamente addolorata per questo e per altri simili episodi che purtroppo non facilitano cammini di intendimento con le autorità di Pechino, auspica che Mons. Pietro Shao Zhumin possa ritornare quanto prima nella sua Diocesi e che gli sia garantito di svolgere serenamente il proprio ministero episcopale.

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Tweet del Papa sulla tortura: abolirla e sostegno a vittime

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Si celebra oggi la Giornata Internazionale per le vittime di tortura. A questo tema il Papa ha dedicato il tweet odierno. “Ribadisco la ferma condanna di ogni forma di tortura – scrive Francesco sul suo account ‘@pontifex’ – e invito tutti a impegnarsi per la sua abolizione e per sostenere vittime e familiari”. La giornata cade a 31 anni dall’entrata in vigore della Convenzione dell’Onu contro la tortura, ratificata da 157 Paesi, purtroppo però sono ancora oltre 140 quelli dove si registrano casi di maltrattamenti per estorcere informazioni, ottenere confessioni, mettere a tacere il dissenso o come forma di punizione. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord: 

R. - Certamente condividiamo la preoccupazione di Papa Francesco, perché tanti dei 140 Paesi che hanno firmato la convenzione Onu in materia di tortura in barba a questa intesa continuano ad applicarla, soprattutto per ridurre al silenzio le persone. Questo è molto grave. In particolare, poi, è un fenomeno rilevante per quanto attiene alle migrazioni, quindi a coloro che si spostano: molti di loro sono vittime di torture.

D. - Nel suo tweet Papa Francesco pone l’accento soprattutto sulla doverosa abolizione della tortura, ma anche sul sostegno a vittime e familiari. Come è possibile realizzare questo obiettivo?

R. – Direi che ci si può muovere su vari fronti. Innanzitutto sono persone che hanno subito torture, hanno bisogno di un sostegno legale e quindi servono servizi sociali a loro disposizione e soprattutto servizi di orientamento al lavoro, riqualificazione professionale e, dove è possibile, anche assistenza sia medica che psicologica. Naturalmente, io mi riferisco alle persone che arrivano da noi o in altri continenti avanzati, dove tutto questo può essere realizzato. I segni della tortura, infatti, spesso sono irriconoscibili fisicamente, perché nella vittima subentrano la paura, l’insicurezza… Si è vittime di qualcosa che impedisce di vivere una vita sicura, tranquilla. Si vive sempre in uno stato di agitazione e di paura, di ansia. Tutto questo ha bisogno di cure e di assistenza particolare.

D. – Come fare a scardinare quell’opposizione che c’è in molti Paesi nel definire la tortura come reato penale?

R. – Sì, anche l’Italia in questo senso ancora non ha provveduto, benché sia una delle Nazioni che hanno aderito alla convenzione Onu. Vari progetti di legge si sono succeduti nel Parlamento italiano, però finora non esiste il reato di tortura nel codice penale e a mio avviso bisogna provvedere al più presto, perché si pongono molti problemi, soprattutto a causa di queste ondate di migrazioni che sono ormai la quotidianità. Quindi è necessario che tutto questo abbia una regolamentazione giuridica, in particolare in un Paese così sensibile come l’Italia.

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Venezuela, nunzio dal Papa: il bene del popolo sia una priorità

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“Il bene del popolo deve diventare una priorità: solo così si può raggiungere la pace”. Queste le parole di mons. Aldo Giordano, nunzio apostolico in Venezuela, ricevuto oggi in udienza dal Papa. La visita segue quella di inizio mese da parte della Conferenza episcopale del Paese sudamericano,  messo a dura prova da una crisi economica e politica che ha generato proteste contro il presidente Nicolas Maduro e oltre settanta vittime. Gabriella Ceraso ha intervistato mons. Aldo Giordano dopo il colloquio con il Pontefice: 

R.  – Sono molto riconoscente al Santo Padre per questo incontro. Il Papa ha espresso la sua vicinanza, il suo affetto al Paese Venezuela, in particolare ha espresso la sua sofferenza e la sua comunione con le vittime delle violenze che ci sono, soprattutto le giovani vittime e le loro famiglie. Conosce molto bene la situazione politica e sociale ed è preoccupato.Ho potuto raccontare cosa sta succedendo, cosa accade a livello di manifestazioni popolari, di problemi del popolo del Venezuela, del problema del cibo, dei medicamenti e anche delle difficoltà di andare verso una soluzione . Purtroppo non si vede molta luce in questo momento, però il Papa ha incoraggiato molto a trovare cammini di solidarietà, il cammino di donare speranza alle persone, mantenere una fede e anche ha ribadito che la Santa Sede è disponibile per ogni aiuto se si aprono possibilità di qualche tipo di trattativa, o quando vedrà che c’è una volontà reale di affrontare i problemi.Il Papa dice sempre che dobbiamo aiutare il Venezuela. Quindi, c’è un misto di sofferenza e anche una rinnovata fiducia. Il Papa è preoccupato soprattutto che non ci sia violenza, dice: "con la violenza non si risolvono i problemi". Quindi dobbiamo avere il coraggio di intraprendere altri sentieri.

D. - Lei è il suo rappresentante in quella terra così martoriata, in cui sembra che dal basso all’alto, tra i vertici e la popolazione, non ci sia più dialogo, forse questa è la cosa che fa più male, che non ci sia più ascolto?

R. – Io ho espresso al Papa il grande affetto del popolo venezuelano. Soprattutto i giovani mi dicono: “Nunzio, per favore porti il nostro abbraccio al Papa”. C’è molta fiducia, quindi c’è un popolo del Venezuela che desidera la pace. E purtroppo - lei ha ragione - in questo momento la voce di questo popolo non trova molta espressione. Quindi la speranza è che questo popolo buono del Venezuela possa in qualche modo imporre la sua agenda, che è un’agenda di riconciliazione, di affrontare i veri problemi, perché la famiglia ha problemi concreti.

D. - Le medicine, le cure, il cibo… Le notizie che ci arrivano sono drammatiche…

R. – Il popolo sta soffrendo. Auspichiamo che il bene del popolo diventi una priorità per tutte le forze politiche. Credo che allora si potrebbero anche trovare soluzioni o iniziare dei processi anche per trattare soluzioni politiche.

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Parlamentari ortodossi a Roma: obiettivo promuovere i comuni valori cristiani

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115 parlamentari di religione ortodossa provenienti da 46 Paesi del mondo e riuniti nella IAO, l’Assemblea interparlamentare sull’ortodossia sono stati ospitati a Montecitorio per la loro ventiquattresima assemblea generale. L’associazione ha come obiettivo la condivisione dei valori cristiani ed ecumenici per affrontare la crisi, non solo economica, che sta colpendo l’Europa. Una delegazione della IAO incontrerà Papa Francesco a conclusione della celebrazione eucaristica del 29 giugno, festa di San Pietro e Paolo. Il servizio di Michele Raviart

Nata nel 1993 da un’iniziativa del parlamento greco, la IAO riunisce parlamentari e politici ortodossi di tutto il mondo, provenienti principalmente da Grecia, Cipro, Georgia, Russia, Kazakistan, Ungheria e Siria. Obiettivo dell’associazione, sorta dopo la caduta dei regimi comunisti in Europa è la valorizzazione dell’ortodossia come valore comune di molti cittadini europei e, con spirito ecumenico, superare contrasti nazionalistici e confessionali. Tra i temi affrontati anche la tutela dell’ambiente, sul quale esiste una collaborazione con il movimento politico per l’unità dei Focolari. Per capire il significato di questa visita, ascoltiamo il parlamentare greco Kostas Mygdalìs, coordinatore dalla IAO:

R. – Significa che cerchiamo di incontrarci a livello politico noi parlamentari del mondo ortodosso con il mondo politico cattolico per parlare sulle nostre responsabilità per il presente e per il nostro futuro: come si può reagire contro tutto questo che succede, contro questa crisi globale e la crisi speciale del mercato? Le nuove tecnologie ci danno dei beni ma fanno nascere una povertà da una parte e una ricchezza enorme da un’altra parte che non è controllabile dalla società stessa. Ecco il motivo per cui siamo venuti a Roma oggi e non ieri, perché Papa Francesco ci dà una buona base per parlare di tutto questo.

D. – Questa visita è anche sulla base della promozione di alcuni valori comuni, quali sono?
R. – La gran parte di tutto quello che esiste in Europa si basa sui valori del cristianesimo, testimoniandolo o no. Tutta la società si basa sui valori ma anche la democrazia si basa su questi valori, dobbiamo tornare all’origine di questi valori.

D. – Che obiettivo vi ponete?

R. – Da 5 anni seguiamo questa crisi, vogliamo condividere queste idee politiche in questo momento col mondo cattolico ma anche col mondo luterano un domani, con tutto il mondo cristiano, cristiano nel senso dei valori della vita stessa.

D. - Una vostra delegazione incontrerà Papa Francesco, con che animo vi avvicinate a questo incontro?

R. – Vogliamo incoraggiarlo e vogliamo dire ancora di più che siamo qui pronti, presenti a essere insieme su questa strada e incoraggiarlo con le iniziative che prende parlando con la società perché c’è un dialogo del papa dei leader delle chiese con la società stessa, vogliamo farlo sentire che reagiamo positivamente a tutto quello che dice.

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Oggi in Primo Piano



Migranti, Rapporto Sprar: oltre 34 mila persone accolte nel 2016

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Oltre 34mila migranti nell’arco del 2016, in Italia, hanno beneficiato dei progetti del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar). Di questi, circa tremila sono i minori non accompagnati. Sono i dati del rapporto annuale Sprar, presentato oggi a Roma. Francesca Sabatinelli 

Sicilia e Lazio, le due regioni capolista per accoglienza. Entrambe hanno ricevuto oltre il 19% dei migranti inseriti nella rete Sprar, a seguire la Calabria e la Puglia: quattro regioni che assieme raccolgono complessivamente circa il 60% del totale. La maggior parte delle persone arriva dalla Nigeria, poi dal Gambia, dal Pakistan, dal Mali, dall’Afghanistan e dal Senegal. La rete degli enti locali che ha reso possibile l’accoglienza è stata di 555 unità: 491 comuni e 27 province. 2989 i minori stranieri non accompagnati inseriti nel 2016, una cifra importante, di molto aumentata rispetto agli anni precedenti, grazie soprattutto a 35 nuovi progetti, saliti in tutto a 99. Tra i minori, gli arrivi maggiori sono dal Gambia. Daniela Di Capua, Responsabile del Servizio Centrale dello Sprar:

R. – Questo risultato è l’incrocio di una modellizzazione positiva dei progetti Sprar e anche di una diversa scelta sia politica che strutturale da parte del governo e del ministero dell’Interno rispetto a quello che vuole raggiungere come obiettivo nell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia. Credo che in questo Rapporto, al di là dei dati che ogni anno dobbiamo dare – quanti posti, quante presenze, di quali età, da quali Paesi ecc. – ci sia una parte molto interessante di approfondimento, che riguarda le esperienze positive dei progetti. Noi abbiamo dedicato un capitolo alle esperienze positive: ne abbiamo raccolte 500, delle quali nel rapporto ne sono state raccontate solo dieci per ovvie ragioni di spazio. Ma credo che sia veramente molto, molto interessante, soddisfacente, e che dia anche molte speranze per il futuro, il fatto che così tanti progetti – 500 su 600 per quanto riguarda il 2016 – abbiano prodotto delle esperienze che possono essere valutate in maniera positiva, quindi al di sopra del minimo obbligatorio previsto dalle Linee guida dello Sprar. Si è quindi dimostrato uno sforzo di creatività, obiettivi, determinazione nel far muovere a livello locale delle iniziative di sensibilizzazione, informazione, costruzione di rete, che poi hanno un impatto a 360 gradi sulle comunità locali, sugli stranieri, sulla vera integrazione intesa come “interazione” tra le parti e quindi inevitabilmente come un processo positivo direi.

D. – I successi più importanti della Rete Sprar?

R. – Io credo che uno dei maggiori risultati sia proprio nel fatto di riuscire, nonostante tutto, sebbene gradualmente, sebbene con grandi difficoltà, ad attirare gli enti locali, i Comuni in particolare, nel farne parte, perché bisogna ricordare che l’adesione allo Sprar da parte dei Comuni è volontaria. E quindi il fatto che, in anni di crisi economica, politica e di aumento dei flussi migratori, anche di pregiudizi e paure nei confronti di questi ultimi, i Comuni continuino a confermare quelli che sono già storicamente parte della rete e a presentare nuove domande nello Sprar, non può che essere considerato un successo. Questo come primo dato. In seconda battuta, ormai abbiamo l’esperienza consolidata tale da poter dire che, con il modello nella progettazione Sprar e l’utilizzo qualitativo delle Linee guida che ne fanno parte, i processi di integrazione avvengono con molto maggior successo, e invece i fenomeni di frattura sociale, separazione, discriminazione e tensioni sociali, sono veramente residuali.

D. – Ciononostante, le tensioni sociali e le resistenze nell’accoglienza sono ancora forti…

R. – Lo sono, le resistenze sono forti. Devo dire che nei progetti Sprar queste tensioni sono – ribadisco – molto residuali proprio per il tipo di approccio messo in atto. Poi le resistenze sono tante a livello nazionale per due ragioni fondamentali. Da una parte perché l’informazione che viene data è ancora troppo sbilanciata sugli aspetti negativi, cioè sull’”invasione”; sugli stranieri; su sospetti di possibile coincidenza tra stranieri in quanto tali e terrorismo; su possibili - fortissimi direi - fraintendimenti sullo straniero che viene qui e porta via il lavoro; sulla cattiva informazione legata al fatto che se si spendono soldi per l’accoglienza degli stranieri ce ne sono di meno per quella degli italiani. Tutte non verità che però prendono piede, soprattutto quando si è in crisi sia socialmente, sia economicamente. Un altro motivo è sicuramente legato al fatto che, in questi anni, l’accoglienza è stata ovviamente necessaria proprio per rispondere all’aumento dei flussi, ma queste strutture temporanee, attivate tramite le Prefetture su tutto il territorio nazionale, spesso hanno dimostrato dei grandi limiti, soprattutto nell’essere grandi concentrazioni numeriche in piccoli Comuni o in territori con pochi abitanti. E questa cosa proprio come primo approccio, e anche poi come effettiva presenza degli stranieri sul territorio che magari non hanno attività da svolgere e non si integrano, diventa ovviamente controproducente. 

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Giornata mondiale contro la droga: si può uscire dalla dipendenza

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Oggi è la Giornata mondiale contro la droga: indetta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel 1987, vuole ricordare l’obiettivo comune a tutti gli Stati membri di creare una comunità libera dalla droga. Sull’importanza di questa Giornata, Giorgio Saracino ha intervistato Luciano Squillaci, Presidente della Federazione Italiana delle Comunità Terapeutiche: 

R. - È importante perché, quanto meno, prova a rimettere al centro del dibattito la questione delle droghe. Purtroppo stiamo vivendo un periodo in cui la questione delle dipendenze è quasi normalizzata. Nella società - che è sempre più la società dello scarto e del consumo - c’è una sorta di resa generalizzata di fronte alle dipendenze, all’abuso di sostanze in modo particolare, quasi fosse un fatto normale e inevitabile, rispetto al quale ormai non c’è neanche più dibattito. La Giornata mondiale ci consente di ricordare a tutti quanti che ancora oggi si muore, e si muore tanto per le dipendenze.

D. - Quali sono le fasce di età maggiormente a rischio dipendenza?

R. - Noi abbiamo sicuramente un quadro di persone che ormai combattono da tanti anni il problema delle dipendenze, tanti hanno anche un’età avanzata, oggi ci troviamo anche ad avere a che fare con persone oltre i 60 anni. Ma il dato più allarmante, purtroppo, è che dagli ultimi rilievi statistici sappiamo che è sempre più bassa l’età in cui i nostri giovani iniziano a utilizzare sostanze da abuso. Molti tredicenni iniziano a provare delle sostanze senza neanche sapere esattamente cosa provano. Quindi, l’età di inizio si abbassa costantemente. Abbiamo a che fare con fasce di età estremamente variegate e quindi di conseguenza anche con bisogni estremamente differenziati.

D. - Ormai è possibile fare uso di sostanze stupefacenti anche a basso costo. Quali sono le nuove droghe?

R. - Ogni anno si censiscono oltre 110 nuove droghe sintetiche. Questo è un dato estremamente allarmante, perché oggi basta fare un giro su internet per avere la possibilità di acquistare a costi irrisori diverse droghe sintetiche, diversi composti, che poi alla fine sono ancora più dannosi delle cosiddette “droghe classiche”. Tutto questo, ovviamente, senza dimenticare che la cocaina è in costante aumento e che c’è una forte recrudescenza anche dell’eroina.

D. - Quanto è importante la prevenzione?

R. - La prevenzione sarebbe basilare. È basilare! Questa è la vera arma - e forse l’unica - che abbiamo di fronte al dilagare di questa cultura dell’abuso e del consumo fuori da ogni norma. Oggi i percorsi preventivi sono lasciati alla buona volontà delle associazioni di volontariato e di qualche servizio pubblico e privato. È veramente molto poco di fronte ai numeri altissimi di un fenomeno che è in continua evoluzione.

D. - Come si esce dal tunnel della tossicodipendenza?

R. - Innanzi tutto ribadiamo con forza che è possibile uscire dal tunnel della tossicodipendenza. Chiaramente per farlo è necessario che ci sia una risposta con delle evidenze scientifiche innanzi tutto – evidenze mediche sicuramente – ma anche con percorsi educativi adeguati. Il problema è che per cadere nel tunnel della droga basta veramente poco, ma per venirne fuori è necessario che ci sia l’impegno di un’intera comunità territoriale.

 

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Women's Forum Rome 2017: Europa e clima al centro del dibattito.

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Ridare vita all’Europa attraverso l’energia delle donne, per costruire un mondo di pace e prosperità: è questo il tema del Women’s Forum Rome 2017 che si apre oggi a Villa Medici, incentrato sull’emergenza climatica ed ambientale. Più di 200 eminenti personalità della politica, dell’economia e della cultura si incontreranno per parlare del futuro dell’Europa e per trovare nuove strategie di dialogo con i paesi del Mediterraneo. Giulia Bedini ha intervistato Massimo Nava, giornalista del Corriere della Sera e moderatore del convegno: 

R. - Il senso di questa edizione romana è quello di rimettere a fuoco soprattutto la questione climatica dopo gli accordi di Parigi ma, anche, dopo la posizione assunta dagli Stati Uniti e, quindi, tentare di mettere in discussione i recenti accordi sul tema. Inoltre, proprio perché si svolge a Roma, dove si è appena tenuta la cerimonia per i 60 anni dei Trattati Europei, vuole essere anche una riaffermazione dell’impegno delle donne per il rilancio dell’Europa: clima ed Europa sono al centro del dibattito.

D. - Come influiscono i recenti cambiamenti climatici sugli equilibri politici e sociali del nostro pianeta?

R. - La cosa importante è che tutto ciò che fino a ieri sembrava soprattutto un discorso culturale, ideologico e volontaristico, oggi, appare una questione importante per la coscienza collettiva che è la coscienza degli enti, dei governi, delle istituzioni. I cambiamenti climatici sono una delle cause, se non la principale, dei conflitti e delle situazioni di violenza che affliggono il pianeta, perché questi significano conflitti per l’acqua e per le risorse naturali, migrazioni violente e lotte di confine. Quello del clima è uno dei temi di grande impatto sui conflitti.

D. - In che senso si può parlare di pace e sicurezza in relazione a queste tematiche?

R. - La questione climatica è solo uno dei punti importanti per discutere seriamente di pace, di sicurezza e di ricomposizione dei conflitti. In secondo luogo, parlare di Europa e di rilancio dell’Europa, può essere un concetto vuoto se non è accompagnato da strategie e da vera volontà di avanzare su alcuni progetti, su alcune questioni, quali ad esempio una vera diplomazia europea univoca e una vera difesa europea. Quanto più l’Europa è forte, credibile e ha peso politico, quanto più può risultare influente su questioni di questo tipo.

D. - Tra gli obiettivi del meeting c’è proprio quello di ridare vita all’Europa …

R. - Ci sono dei segnali positivi di riflusso dei movimenti anti-europei più nazionalisti. Oggi sembra che, anche nelle opinioni pubbliche, l’euroscetticismo sia in ribasso mentre l’idea di rilanciare l’Europa, rilanciare l’Europa della difesa, rilanciare l’Europa come modello che protegge e che consente agli europei di svilupparsi, sembra stia tornando moderatamente di moda. Bisogna lavorare perché gli europei prendano coscienza che, pur con tutti i limiti, con tutte le problematiche e con tutte le sconfitte di questi anni, il modello europeo resta comunque il modello che protegge di più e che garantisce un livello di vita, di sviluppo e di garanzie sociali che non ha eguali al mondo.

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Oratori Romani in festa a Zoomarine

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Oratori Romani in festa presso il parco acquatico Zoomarine. Un modo per far conoscere la grande realtà che, soprattutto d’estate, anima le parrocchie, diventando una tappa importante dell’iniziazione cristiana. Ce ne parla Benedetta Capelli

Fu grande l’intuizione di san Filippo Neri: far vivere ai giovani la gioia del Vangelo, formandoli con tenerezza e ironia in quello che sarebbe diventato poi l’Oratorio, come molti di noi hanno conosciuto da piccoli. A Roma, il Centro Oratori Romani (Cor), fondata dal servo di Dio, Arnaldo Canepa, associa circa 40 oratori sparsi in molti quartieri, soprattutto della periferia, dove operano centinaia di animatori e catechisti. Alla Festa, che si terrà al parco acquatico Zoomarine, ci saranno oltre 60 oratori, lo scorso anno furono seimila i partecipanti e non si esclude il superamento del numero di presenze. Valentina Parrella è vicepresidente di Cor, Centro Oratori Romani:

R. – Martedì 27 giugno ci riuniremo tutti a Zoomarine. Aspettiamo tutti i bambini e gli animatori che fanno oratorio estivo nelle parrocchie di Roma per trascorrere insieme una giornata all’insegna del divertimento e della gioia di stare insieme. L’appuntamento, per tutti gli oratori, per tutti i bambini e gli animatori, sarà alle 9.00 a Zoomarine. Ci sarà un momento iniziale di preghiera con don Andrea Lonardo alle 9.30; poi, a partire dalle 10, i bambini saranno liberi di frequentare il parco e di usufruire delle attrazioni che offre. Nel frattempo ci saranno degli animatori del Centro Oratori romani che proporranno ai bambini dei giochi da fare, proprio in piano stile oratoriano.

Animazione, giochi, festa e preghiera: un assaggio di quello che è sempre stato l’oratorio e che oggi costituisce una vera e propria soluzione per le famiglie che restano in città:

R. – Ormai l’oratorio estivo è diventato un must per i bambini di Roma. Intanto è un servizio che gli oratori fanno per i genitori: ci sono oratori che addirittura fanno questo servizio fino a settembre. Quindi i bambini non lo vedono come un obbligo, come potrebbe essere a volte la scuola, ma sono contenti di ricominciare subito. Gli oratori estivi attaccano il lunedì dopo la fine delle scuole. Quindi i bambini di nuovo si devono alzare presto la mattina: l’oratorio è fino alle quattro-cinque, ma sono contenti di fare questo, di stare insieme, di stare in libertà nei cortili delle parrocchie, perché lì cantano, ballano, stanno all’aria aperta, fanno tornei sportivi, laboratori. Quindi l’offerta è vasta, variegata, e i bambini, da quello che noi vediamo, sono molto contenti di vivere questa esperienza e di stare insieme. Anche perché i cortili delle parrocchie romane accolgono anche fino a 150 bambini ogni giorno. La dimensione che vivono è quindi veramente allargata e sicuramente positiva per loro.

Un’esperienza che lascia il segno. La stessa Valentina ha scelto di impegnarsi dopo aver vissuto in prima persona la bellezza della condivisione:

R. – Da quando ho memoria io sono in oratorio: ho iniziato da bambina verso i sei-sette anni nella mia parrocchia di quartiere. Durante la settimana andavo al catechismo e la domenica in oratorio dopo la messa. Dopo non ne sono più uscita, perché sono diventata animatrice, direttrice del mio oratorio; poi socio del Centro Oratori romani e poi, da un mesetto a questa parte, anche vice-presidente. Quindi per me, per i miei compagni che fanno oratorio insieme a me, l’oratorio è una parte importantissima della nostra vita. Anche se cresciamo ce lo portiamo dietro insieme e non ne possiamo fare a meno.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 177

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.