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Sommario del 30/06/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: America Latina faccia fronte a emigrazione, dramma di divisione

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L’America Latina deve unire gli sforzi per far fronte all’emigrazione, “un dramma di divisione” perché si dividono famiglie e ci si allontana dalla propria terra d’origine. Lo ha detto Papa Francesco nel discorso in spagnolo rivolto stamani ai circa 200 membri dell’Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana, IILA, ricevuti in Vaticano in occasione del 50.mo anniversario dell’Istituto. Il servizio di Debora Donnini

Bisogna individuare le potenzialità dei Paesi dell’America Latina, ricchi di storia e risorse naturali, di gente “buona” e solidale, eppure segnati, a causa della crisi economica e sociale attuale, dall’incremento della povertà e dallo sfruttamento della casa comune. E questo ad un livello tale che non avremmo immaginato dieci anni fa. Il primo obiettivo che il Papa indica all’Organizzazione Italo-Latino Americana è proprio quello di un’analisi della realtà delle persone concrete e delle necessità reali. Ma ci sono altri due obiettivi per aiutare l’America Latina, che Papa Francesco segnala all’Istituto impegnato in campo culturale, scientifico e della cooperazione allo sviluppo.

L'America Latina deve “coordinare gli sforzi” per far fronte al fenomeno dell’emigrazione che è sempre esistita ma nel mondo globalizzato, negli ultimi anni, si è incrementata “in un modo mai visto prima”, sottolinea il Papa. La gente cerca “nuove oasi”, spinta dalla necessità ma in questa ricerca molti subiscono “la violazione dei propri diritti”: bambini e giovani diventano vittime della tratta e cadono “nelle reti” della criminalità organizzata. E’ quindi necessario un lavoro coordinato:

“L’emigrazione è un dramma di divisione: si dividono le famiglie, i figli si separano dai genitori, si allontanano dalla terra d’origine, e gli stessi governi e i Paesi si dividono davanti a questa realtà. Occorre una politica congiunta di cooperazione per affrontare questo fenomeno”.

Bisogna, infine, promuovere una cultura di dialogo, esorta il Papa. Molti Paesi, anche se attraversano momenti difficili a livello economico e politico, lottano per realizzare una società più giusta promuovendo “una cultura della legalità”. Il dialogo politico, infatti, è essenziale sia tra i diversi membri di questa Associazione sia con Paesi di altri Continenti, in modo speciale con l’Europa:

“In questa collaborazione e in questo dialogo si colloca la diplomazia come strumento fondamentale e di solidarietà per raggiungere la pace. Il dialogo è indispensabile; ma non il ‘dialogo tra sordi’! Si richiede un atteggiamento recettivo che accolga suggerimenti e condivida aspirazioni”.

Si tratta quindi di avere “uno scambio reciproco di fiducia”, dice Papa Francesco che conclude il discorso all’Organizzazione Italo-Latino Americana con l’auspicio che la collaborazione fra tutti possa favorire la costruzione di un mondo “sempre più umano e giusto”.

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Altre udienze e nomine

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Per le altre udienze e le nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Tweet: c’è tanto bisogno di alimentare la speranza cristiana

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Nuovo tweet di Papa Francesco oggi sull'account @Pontifex in nove lingue: "C’è tanto bisogno di alimentare la speranza cristiana, quella speranza che dona uno sguardo nuovo, capace di scoprire e vedere il bene".

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Vaticano: presentato docufilm "I Giubilei-La strada del perdono"

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“I Giubilei. La strada del perdono”: è questo il titolo dello straordinario nuovo documentario, per la regia di Luca Salmaso, realizzato da Ctv e Officina della Comunicazione in partnership con UnipolSai e presentato oggi nella Filmoteca Vaticana della Santa Sede. Già passato in parte alla 73.ma Mostra del Cinema della Biennale di Venezia e in anteprima su Rai Uno nel dicembre scorso, l’iniziativa racconta in modo inedito le grandi cerimonie giubilari, a partire dall’Anno Santo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco l’8 dicembre del 2015. Ad arricchire la fruizione, l'ascolto del brano musicale "Questa Misericordia" composto appositamente da Sandro Di Stefano sulla base di alcuni versi del Pontefice. Il servizio di Gabriella Ceraso

Chiudere l'Anno del Giubileo straordinario della Misericordia con un documento ufficiale, un racconto di quanto accaduto, di cosa abbia significato viverlo anche per il futuro, ma non solo. Questo nuovo docufilm serve anche ad altro, spiega mons. Dario Edoardo Viganò prefetto della Segreteria per la Comunicazione:

"Comprendere innanzi tutto cosa vuol dire Anno giubilare, cioè anno della liberazione dai pesi. Quindi, c’è anche un progetto per rendere reale e storica la giustizia tra le persone. Poi la storia del Giubileo nei vari momenti è anche un’occasione per riflettere sulla società, sulla giustizia, sulla pace, sulla condivisione, sulla tolleranza".

L'enorme sintesi che si compie, in 50 minuti di proiezione, è storica, sociale, culturale, ma ha un focus speciale, come tiene a specificare lo storico Marco Roncalli:

"L’attenzione verte soprattutto su questo Novecento che paradossalmente è il secolo più secolarizzato, ma dove c’è la maggiore concentrazione di Giubilei: 1900, 1925,  poi in realtà 1929, perché con i Patti ci fu un Giubileo straordinario; ovviamente il 1950, il Giubileo anche che ci fu alla fine del Concilio, quindi 1964, poi 1975 con Paolo VI, 1983 di nuovo con Papa Wojtyla, il Duemila … Quindi si vuole dare un senso di questa lunga onda dei Giubilei ma soprattutto direi che abbiamo messo in evidenza quello che conta: questo ritorno fortissimo a questa proposta della misericordia, dando conto, oltre a tutto il lavoro di ricostruzione storica, a quello che è stato l’Anno vissuto, soprattutto seguendo quei momenti molto particolari. Ci sono le immagini ovviamente dell’apertura nella Repubblica Centrafricana, ma ci sono anche quelle dei cosiddetti “Venerdì della Misericordia”. Ogni Giubileo rispecchia certamente il periodo in cui viene celebrato: direi però che con il Giubileo di Papa Francesco c’è stato innanzi tutto un rovesciamento di prospettiva.Tutti siamo stati invitati infatti ad essere a nostra volta strumenti di misericordia, ma aldilà di questo, c'è stato anche un voler portare tutto all’essenzialità del cristianesimo nella dimensione della misericordia. Anche lo stesso istituto giubilare, che a lungo ha risentito anche del peso di tanti dibattiti di tipo teologico sulle indulgenze,  non dico che sia stato spazzato via, però direi che si è tornati veramente al cuore del Giubileo, che è appunto l’esperienza del perdono e l’esperienza della misericordia cui siamo stati chiamati anche noi ad essere strumenti".

Il linguaggio utilizzato in questo documentario non è didascalico ma semplice, immediato e al tempo stesso innovativo. Tre i livelli che si possono identificare, ancora mons. Dario Viganò:

"Il primo livello è di ricostruzione storica. Poi c’è un secondo livello che è dato dal valore aggiunto di grandi professionisti o studiosi, dai teologi agli storici, che raccordano appunto ciò che è avvenuto nella storia con ciò che sta avvenendo in un determinato momento, in questo caso il Giubileo. Il terzo livello è il racconto propriamente spirituale fatto di immagini e di volti, di tutte le persone che hanno avvicinato l’esperienza della misericordia, facendo un cammino reale, fisico oltre che spirituale".

Per tutto ciò che neanche le immagini di reperorio riescono a documentare, la produzione si è avvalsa di un linguaggio animato. L'amministratore di Officina della Comunicazione, Nicola Salvi:

"Ci siamo avvalsi di disegnatori e animatori che hanno creato delle clip animate per poter rendere anche più adatto anche ad un pubblico giovane questo tipo di racconto. Ne esce a mio avviso un racconto abbastanza innovativo per quello che riguarda il tema".

Un grazie speciale infine va a Sandro di Stefano che ha musicato parole di Papa Francesco sulla misericordia, arricchendo questo documentario di un contributo unico.

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Oggi in Primo Piano



In preghiera per il piccolo Charlie

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Oggi sarà staccata la spina al piccolo Charlie, il neonato di dieci mesi ricoverato in un ospedale di Londra per una rara malattia che secondo i medici è incurabile e lo fa soffrire. I suoi genitori hanno perso la battaglia legale partita nel Regno Unito e arrivata fino alla Corte europea dei diritti umani: volevano portare a proprie spese il bimbo negli Stati Uniti per sottoporlo a una cura sperimentale. La procedura prevede una sedazione profonda e il distacco del ventilatore che lo tiene in vita. L'effetto è quello di una morte per soffocamento, pur in un paziente sedato. Mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, aveva lanciato un appello a rispettare la volontà dei genitori. Sulla vicenda - che sta suscitando un vasto dibattitto internazionale e iniziative di preghiera tra i credenti - ascoltiamo il prof. Francesco Belletti, presidente del Centro studi famiglia, al microfono di Fabio Colagrande

R. – E’ terribile, perché noi accettiamo un intervento dello Stato sui bambini, sui figli dei genitori quando i genitori sono incompetenti, quando rifiutano la cura, quando maltrattano: allora tutti noi ci aspettiamo che lo Stato intervenga a favore del bambino. Ma quando il bambino è super-protetto dai genitori, quando i genitori fanno di tutto – avevano fatto una raccolta fondi, avevano recuperato i soldi anche per poter fare questo viaggio della speranza in America – lo Stato decide al posto dei genitori che la loro titolarità non c’è più. Questo è un dato devastante, che potrebbe essere applicato in qualunque circostanza, per esempio su scelte educative di qualunque genere … Quindi, è molto preoccupante questa invasività arrogante dello Stato al posto dei genitori. Ricordo che in tutte le Dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del fanciullo, i genitori hanno la piena e inviolabile titolarità alla responsabilità. Qui i genitori hanno fatto di tutto per il loro figlio e lo Stato propone loro una cultura della morte. Quindi, questo è assolutamente intollerabile.

D. – Lei ha detto tra l’altro che si tratta di un modo di concepire la legge che riduce una persona alla sua malattia …

R. – Certo: questo bambino sicuramente soffre, ma quante famiglie con malati terminali già oggi, in tutto il mondo, guardano un familiare che soffre! I primi che soffrono per il male del loro bambino sono stati i genitori di Charlie. Certamente anche a loro la sofferenza del bambino dava una ferita al cuore terribile; e però, contemporaneamente gli stavano vicino e lo vedevano come una persona piena, non lo riducevano al fatto di una malattia. Questa è l’altra cosa che antropologicamente è intollerabile. Pensiamo anche a tutti gli operatori della sanità, a quanta gente sta negli hospice, nelle strutture dove devono accompagnare alla morte gli anziani, le persone gravemente non autosufficienti … Dentro questa condizione, la persona è sempre più grande della malattia e la malattia non ha mai l’ultima parola. Hanno fatto vincere la malattia, i giudici hanno deciso che Charlie non era tanto una persona ma era caratterizzato solo dalla sua malattia. E’ veramente terribile. Mi rendo conto che sono parole dure, però bisogna che qualcuno alzi la voce davanti a queste cose perché poi l’orizzonte di una decisione di questo tipo è infinito: uno Stato che pretende di decidere la tua dignità e pone le soglie anche quando ci sono le condizioni per la cura più umana possibile. Purtroppo, c’è anche questa idea, probabilmente c’è anche un retro-pensiero: se abbiamo meno persone di cui dobbiamo farci carico per tanti anni, spenderemo meno come sistema sociale. E questo non possiamo tacerlo. Cioè, dietro a questa idea di evitare la sofferenza, oltre che motivi umanitari purtroppo potrebbero esserci motivi economici.

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Iraq: esercito riconquista moschea Mosul. Focsiv: ora rientro sfollati

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E' la fine del “falso” Stato islamico. Così il primo ministro dell’Iraq, Haidar al Abadi, ha annunciato la riconquista da parte delle truppe di Baghdad delle rovine della moschea Al Nuri, nel cuore di Mosul. Fu proprio da lì, infatti, che nel luglio del 2014 Abu Bakr al Baghdadi decretò la nascita dell’autoproclamato Califfato, dopo che le milizie jihadiste si erano impossessate di Mosul, Tikrit e gran parte della regione occidentale di Al Anbar. Giada Aquilino ha intervistato Abdul Jabbar Mustafa Fatah, rappresentante in Iraq della ‘Federazione degli organismi cristiani - Servizio internazionale volontario’, la Focsiv, che opera nei campi fuori Mosul: 

R. – Il sedicente Stato Islamico (Is) presentava la moschea di Mosul come un simbolo della conquista, dell’occupazione di Mosul ed era anche il suo quartier generale a Mosul. Proprio ieri sera il primo ministro iracheno, che è anche il capo di Stato maggiore, ha annunciato che l’esercito iracheno ha potuto riconquistare la moschea di Al Nuri. Per questo ha proclamato la fine dell’occupazione dell’Is a Mosul, però “con prudenza”: nel centro della città ancora ci sono milizie dell’Is che sparano.

D. - Che notizia è per la popolazione? In alcune zone appunto ancora si combatte: ci sarebbero migliaia di persone intrappolate…

R. - Sì, ci sono tantissime persone che sono intrappolate nella zona dove si combatte ancora. Sono rimaste alcune migliaia di abitanti, che vengono usate come scudi umani in questa zona al centro della città.

D. – La popolazione di Mosul dove si trova? Nei campi fuori la città?

R. – Nella parte est, che è stata totalmente liberata 5 - 6 mesi fa, la vita è più che normale: quasi il 95 per cento della popolazione sfollata è rientrata. Invece, nella parte ovest, la popolazione vive ancora nei grandi campi di Khazir e Hassan Sham, mentre il resto si trova in alcuni campi a sud di Mosul.

D. - Qual è la situazione di questi campi? Cosa serve?

R. - A queste persone servono prima di tutto cibo, medicinali, acqua e visto che siamo al di sopra di 45 gradi all’ombra servono la luce, l’elettricità, per avere un po’ di aria condizionata. Queste sono le prime necessità.

D. - Come Focsiv è impegnata in questo momento?

R. - Focsiv è impegnata in modo particolare per fornire il cibo, l’acqua, anche un po’ di latte per i bambini. Continuamente cerchiamo di fornire pure cibo secco, pacchi di riso, lenticchie per la distribuzione alla popolazione.

D. – Una previsione: che fase si vive della guerra?

R. - Siamo appena appena nella fase della vittoria militare sull’Is, quindi la liberazione della città di Mosul. Questa è la prima fase. Però le fasi più difficili cominciano adesso, in modo particolare il rientro degli sfollati e la ricostruzione. Per questa ci vorrà del tempo: mancano i servizi, mancano le abitazioni, le scuole, l’acqua, la luce… Ci vorrà del tempo.

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Germania: parlamento approva nozze gay. La Merkel vota contro

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Il Parlamento tedesco ha approvato le nozze tra persone dello stesso sesso, un progetto di legge voluto dai socialdemocratici. La legge, che arriva a tre mesi dalle elezioni generali, è stata votata da 393 deputati, 226 i contrari. La nuova normativa garantisce alle coppie gay anche l'adozione. La cancelliera Angela Merkel, pur avendo lasciato libertà di coscienza ai suoi deputati, ha votato contro: "Per me - ha detto - il matrimonio è tra un uomo e una donna" ed è quello - ha affermato - che intende anche la Costituzione tedesca all’articolo 6.

Da parte sua il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, ha ribadito che “Il matrimonio, non solo per convinzioni cristiane, è una comunione di vita e di amore tra una donna e un uomo, un’unione in linea di principio permanente con una fondamentale apertura alla trasmissione della vita. Crediamo che lo Stato debba continuare a proteggere e incoraggiare il matrimonio in questa forma”. Il porporato ha avanzato dei dubbi sulla costituzionalità della legge sottolineando tra l’altro che è  “un malinteso comprendere il particolare status giuridico del matrimonio e la sua speciale protezione come discriminazione” nei confronti degli uomini e delle donne con tendenze omosessuali. 

L’arcivescovo di Berlino, mons. Heiner Koch, responsabile della Pastorale familiare all’interno della Conferenza episcopale tedesca, critica la decisione: “Mi dispiace che il legislatore abbia abbandonato un contenuto fondamentale del termine matrimonio”. “Fare una differenza non significa discriminazione” ha aggiunto il presule, affermando che è “ triste che l’istituto del matrimonio sia entrato nell’ingranaggio di strategie politiche. Il matrimonio non si merita questo”.

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Turchia: espropriati monasteri e chiese siro-ortodossi

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In Turchia sono almeno cinquanta le chiese, i monasteri e i cimiteri siro-ortodossi sparsi intorno a Mardin, nella regione sud-rientale di Tur Abdin, che negli ultimi tempi sono stati di fatto espropriati dal governo. Sono tutti passati sotto il controllo diretto del sottosegretariato al Tesoro che li ha affidati alla presidenza degli Affari Religiosi. Secondo quanto riportato da fonti locali, l'operazione è stata messa in atto a conclusione del processo con cui Mardin è diventato comune metropolitano. La conseguente riorganizzazione amministrativa del territorio ha trasformato i villaggi circostanti in altrettanti quartieri dell'area metropolitana. Nel 2016, un comitato del governatorato di Mardin incaricato di inventariare e redistribuire beni immobiliari appartenenti a istituzioni non private ha cominciato il processo di trasferimento di chiese, monasteri e cimiteri siro-ortodossi presenti nella regione al sottosegretariato per il Tesoro.

Presentato un ricorso dalla Fondazione Mor Gabriel
Il ricorso presentato contro tale decisione dalla Fondazione Mor Gabriel – che nel 2013, dopo un lungo contenzioso giuridico, aveva ottenuto la restituzione dello storico monastero siro ortodosso di Mor Gabriel, risalente al IV secolo dopo Cristo – era stato respinto nel maggio scorso dagli organi amministrativi turchi. Ora la Fondazione Mor Gabriel - rende noto l’agenzia Fides - ha sottoposto una petizione alla Corte civile di Mardin. Con questo strumento si richiede di bloccare il processo di esproprio di chiese, monasteri e cimiteri siro-ortodossi e il loro trasferimento sotto il controllo diretto degli organismi governativi turchi. Organizzazioni di cristiani siri ortodossi immigrati in Europa - come la European Syriac Union - hanno infine iniziato a mobilitarsi conto quello che definiscono un “sequestro illegale".

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Camerun: multinazionale costretta a risarcire piccolo imprenditore

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Dopo una vertenza durata 15 anni, una nota azienda multinazionale del settore alimentare è stata condannata in Camerun per concorrenza sleale a risarcire 15 milioni di dollari a un imprenditore locale produttore di latte per bambini. Negli anni ’90 la società mise in commercio un prodotto più economico: una mossa che mise in crisi l’azienda locale. Il latte poi si rivelò composto anche da grassi vegetali. Da qui la condanna per concorrenza sleale e frode commerciale. Un esempio, questo, di come spesso il mondo sviluppato si rivolge alla realtà africana. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Enrico Casale, della rivista ‘Africa’ dei Padri Bianchi: 

R. – Molte di queste multinazionali hanno dei fatturati che sono superiori al prodotto interno lordo della maggioranza dei Paesi africani e hanno, quindi, una forza commerciale e contrattuale tale che gli Stati si trovano in una situazione di soggezione. Spesso e volentieri anche queste multinazionali sfruttano le mancanze di legislazione oppure le carenze nei sistemi giudiziari per riuscire ad avere ragione nelle dispute commerciali che li oppongono a questi Paesi, che sono vittime senza alcun potere di reazione.

D. - In questo caso c’è qualcosa di più; c’è addirittura una frode commerciale, perché l’azienda produceva latte utilizzando grassi vegetali …

R. - Sì, teniamo presente che di questi casi ce ne sono stati molti altri. Mi viene in mente una grande società di idrocarburi che estraeva il petrolio dalle sabbie bituminose, inquinando impunemente le falde e il suolo, quindi danneggiando fortemente le comunità locali. Questa multinazionale l’ha fatta franca.

D. - E guardando ad un futuro, ci si augura migliore, come è possibile creare una svolta nei rapporti con l’Africa?

R. - Queste sono violazioni – a mio parere – dei diritti umani. Ci sono delle violazioni che vanno oltre la lesione di diritti commerciali, ma violano i diritti fondamentali dell’uomo. Di conseguenza in questi casi, secondo me, si dovrebbero aprire degli spazi giuridici a livello internazionale, di fronte ai quali sia possibile ricorrere per avere giustizia contro queste multinazionali che operano nell’inosservanza delle leggi più elementari.

D. - Tornando alla vicenda del piccolo imprenditore camerunense, 15 milioni di dollari di risarcimento serviranno a far ripartire la sua azienda?

R. - Sì, aiuteranno a far ripartire la produzione e, si spera, a far riprendere l’occupazione, quindi a creare lavoro in loco. La cosa che è utile sottolineare, in questo caso, è come la giustizia locale abbia funzionato; e quando la giustizia locale funziona anche le multinazionali sono costrette a inchinarsi e a rispettare le leggi nazionali. Quindi anche una cooperazione da parte degli Stati occidentali nei confronti dei sistemi giudiziari dei singoli Paesi può essere molto utile, perché rafforza i sistemi di difesa che questi Paesi hanno nei confronti delle multinazionali.

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Sindaco di Amatrice: ricostruzione lenta, è il limite del Paese

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Torna la paura nell’area del Centro Italia devastata dal sisma di circa un anno fa. Una scossa di magnitudo 3.9 con epicentro a circa 6 chilometri da Amatrice registrata la notte scorsa, è stata avvertita in particolare a Cittareale, dove si è provveduto a verifiche su alcuni edifici. La scossa di terremoto è stata seguita da cinque repliche. Fortunatamente, il sisma non ha provocato danni a persone o cose. Per un quadro della situazione, Adriana Masotti ha sentito il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi

R. - Sì, dopo un po’ di tregua è ritornato però certo, qui c’è poco da distruggere, è stato distrutto tutto. L’unica mia preoccupazione è la tenuta psicologica delle persone perché si risveglia qualcosa. In una situazione che già è difficile perché qui, a differenza di altre zone e anche ad Accumoli e Arquata, c’è proprio la distruzione totale, c’è anche questo ritorno in scena del mostro che genera sicuramente paura, soprattutto nella testa, nella psicologia delle persone.

D. – Ecco, le persone: la gente di Amatrice sta ancora negli alberghi sulla costa?

R. – No, no! Qui da noi sono già rientrate 140 famiglie che si trovano nelle strutture temporanee di emergenza. Per la fine di agosto dovrebbe essere consegnato l’80 per cento del fabbisogno. Effettivamente nella costa ci sono poche persone perché tante usufruiscono dal Cas, che è il contributo di autonoma sistemazione, per cui ognuno si è sistemato dove meglio riteneva. Oggi e domani saranno consegnate altre 30 strutture e da questo punto di vista c’è molta soddisfazione perché siamo riusciti a garantire anche agli abitanti delle frazioni di Amatrice un posto per stare vicino al proprio paese. Si sta andando avanti, anche con le difficoltà legate alle procedure, ai 4 terremoti che di fatto hanno cambiato sempre i numeri. Prima del 30 ottobre c’era un fabbisogno e poi ne è uscito un altro per cui si sono dovute fare le verifiche di tutte le abitazioni. Tante che prima erano agibili poi sono diventate totalmente inagibili. Le difficoltà: tra le altre la tenuta psicologica… per il fatto che ancora le macerie private sono al palo e le macerie private rappresentano il dolore, la morte di tante famiglie, ed è un impatto emotivo forte.

D. – Le macerie sono ancora lì, in mezzo al paese?

R. - Sono state sgombrate le vie pubbliche ma per quello che riguarda le private lì c’è un impasse ancora della regione Lazio e mi auguro che a breve parta questa gara.

D. - Una ricostruzione che è ancora lontana, forse si  pensava che le cose sarebbero andate diversamente…

R. – Una ricostruzione piano piano, piano piano perché purtroppo è stato smantellato un sistema. Questo è il limite di questa Nazione: chi “entra” magari stravolge delle situazioni buttando al mare tutto. Ogni volta si ricomincia da capo.

D.  – Si riferisce al sistema della Protezione civile?

R. – Sì, a quello. E’ come dice lei.

D.  – Intanto lei ha annunciato che una parte delle donazioni confluite sul conto corrente del suo Comune sarà destinata a finanziare la ripartenza delle attività commerciali…

R.  – Sì, senza il grande cuore degli italiani e delle italiane, stavamo sotto terra. C’era una grande difficoltà per far ripartire le attività perché l’ordinanza del commissario non prevedeva il rimborso per quelle attrezzature che non erano inserite nei libri contabili… perché nei piccoli borghi spesso le attività vengono ereditate, c’è la contabilità semplificata, tanti stavano sotto le macerie.  Per cui dove oggi non interviene l’ordinanza siamo intervenuti noi, anche perché se non riparte il mondo commerciale siamo completamente a terra. Non dimentichiamo che da 10 mesi qui non c’è più un’attività, non c’è più un servizio; c’è solo una mensa a disposizione da un mese per la mia popolazione. Il resto… Qui non si può fare la spesa, non arrivano i giornali… Io sono eternamente grato al mondo della solidarietà che ancora continua. Senza quel mondo noi qui eravamo morti.

D. – Ma la gente per comprare il giornale dove va?

R.  – Ma non leggiamo… E’ meglio, poi… spesso le notizie sono così brutte! Per comprare il giornale ti fai 25 km, ma non è un problema, no? Io mi auguro che tra un po’ ritorni quella parvenza di vita che c’era prima. Stiamo lavorando per questo e anche la decisione di supportare le attività con i nostri fondi va in quella direzione.

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Cisl: subito una legge per punire i clienti delle prostitute

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Nel mondo la prostituzione riguarda 42 milioni di donne. Oggi la Cisl, durante il suo congresso a Roma, ha aderito alla proposta di legge depositata in Parlamento per punire i clienti delle prostitute. Alessandro Guarasci: 

La stragrande maggioranza delle prostitute è vittima della tratta. In Italia si calcola che siano non meno di 75 mila e che il giro d’affari superi  i 90 milioni, il terzo in ordine di grandezza dopo la droga e il commercio delle armi. La Svezia, la Norvegia e la Francia hanno già applicato una normativa che mira a punire il cliente, partendo dal presupposto che la donna non è libera di scegliere. In Parlamento c’è una proposta di legge in tal senso, che la Cisl ha fatto sua. Un’iniziativa giudicata meritoria da don Aldo Bonaiuto della Comunità Papa Giovanni XXIII:

Disincentivare la domanda che purtroppo provoca un’offerta spaventosa: quella di vedere donne ridotte in schiavitù, sfruttate a causa della prostituzione proprio perché c’è una grande richiesta. E’ un cambiamento di mentalità, una mentalità che va a fermare il maschilismo e va a fermare coloro che pensano di avere il diritto di poter comprare il corpo di una persona per finalità sessuali”.

Al congresso anche la testimonianza di una ragazza romena, liberata dalla schiavitù della prostituzione:

Ciò che mi addolora è quando si parla della prostituzione come di un lavoro. Per me la prostituzione non si può chiamare un lavoro, ma è una tortura, sentirmi tante volte violentata così come vengono violentate tantissime giovanissime donne che oggi vado a incontrare con la Comunità Papa Giovanni XXIII, con don Aldo, sulle strade, per convincerle a uscire da questo inferno”.

E ha fatto discutere la possibilità che, in seguito alla revisione del codice penale, lo stalking potesse essere depenalizzato. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando è intervenuto per correggere la norma e la sottosegretaria Maria Elena Boschi al congresso della Cisl ha annunciato lo stanziamento di 22 milioni di euro per i centri antiviolenza. Liliana Ocmin, a capo del dipartimento donne del sindacato:

“Bene: la mobilitazione di tutte le donne, di tutti gli schieramenti ha fatto sì che il ministro Orlando ieri prendesse la parola, carta e penna e affermasse che lui garantirà affinché questo non accada, che non rientri – il reato dello stalking – nella possibilità di abolire il reato a chi paga il risarcimento, a chi 'compri' – appunto – la propria cancellazione del reato. Le donne vigileranno, sono sentinelle a guardia del fatto che si creino le condizioni istituzionali, culturali per veicolare il rispetto tra uomini e donne. E in questo abbiamo grandi alleati, che sono i nostri colleghi uomini perché sappiamo che questa sfida non riguarda solo le donne: riguarda tutta la società al suo interno”.

Ocmin chiede anche norme per conciliare meglio il tempo dedicato al lavoro e quello alla famiglia:

Poter creare le condizioni di agibilità, di flessibilità di orario. Ci sono tanti istituti che, attraverso la contrattazione, possono veicolare quella possibilità di corresponsabilità, perché la conciliazione non è soltanto un tema delle donne: è dei lavoratori e delle lavoratrici. E noi stiamo lavorando appunto anche sulla contrattazione con il welfare aziendale, con la bilateralità, perché sono gli strumenti tangibili che aiutano a flessibilizzare l’orario. La natalità non è un tema delle donne, è un tema del Paese, perché non fare figli, non garantire il ricambio generazionale condiziona irreversibilmente il futuro del nostro Paese”.

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Messico: creato organismo di pace per combattere la violenza

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La Chiesa cattolica nello Stato messicano del Michoacan ha creato un organismo incaricato di coordinare e promuovere le azioni pastorali con particolare attenzione alla costruzione della pace, perché, nonostante gli sforzi del governo, la violenza e l'insicurezza sono aumentate, e questo richiede una strategia globale e la partecipazione di tutti.

Formare le coscienze per la trasformazione sociale
In un comunicato pervenuto a Fides, l'arcidiocesi di Morelia informa che questo organismo mira a formare le coscienze, sviluppare metodologie e proporre una formazione permanente, oltre a coordinare la comunicazione e la cooperazione dei responsabili della società civile per la trasformazione sociale.

Malgrado gli sforzi del governo, la violenza continua a crescere
"Nel Michoacan, malgrado gli sforzi del governo, la violenza continua a crescere - si legge nel comunicato - quindi bisogna intervenire identificando i principali fattori su cui agire con un’azione collettiva, con strategie adottate da tutti, ognuno nel suo ambito". L'organismo, denominato "Dimensione diocesana della Giustizia, Pace e Riconciliazione", sarà coordinato dal sacerdote Juan Pablo Vargas e avrà come sede la chiesa del Carmen, nella città di Morelia. Il periodo di gennaio-maggio dell’anno 1998 e di questo 2017, sono stati i più violenti nello stato di Michoacan, negli ultimi due decenni, con 533 e 528 omicidi rispettivamente, secondo i dati ufficiali del segretariato esecutivo del Sistema di pubblica sicurezza nazionale.

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Argentina: incontro dei cappellani dei migranti

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In Argentina si svolge a partire da oggi, a Buenos Aires, l’annuale incontro nazionale che vede riuniti i delegati diocesani ed i cappellani delle comunità dei migranti che operano in tutte le diocesi del Paese. Il tema è quello del messaggio del Papa per la Giornata del Migrante 2017: “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”. Si tratta - si legge nella nota della Conferenza episcopale argentina - di un “momento intenso di riflessione, di formazione e di interscambio di esperienze pastorali che si realizzano in tutto il Paese in riferimento alla mobilità umana”. 

Al centro dei lavori la realtà pastorale migratoria di ogni diocesi
Quest’anno è presente all’incontro p. Fabio Baggio, sottosegretario della sezione migranti e rifugiati del Dicastero vaticano per il Servizio allo Sviluppo umano integrale. La sezione legale della Commissione episcopale della Pastorale dei migranti e degli itineranti - riferisce l’agenzia Fides - guiderà la riflessione sulla Legge nazionale delle Migrazioni e sulle sue ripercussioni. La sezione tecnica presenterà inoltre un laboratorio per la progettazione e la gestione della comunicazione per ogni diocesi. Durante il convegno - che si concluderà il prossimo 2 luglio - sarà presa in esame, in particolare, la realtà della Pastorale migratoria di ogni diocesi. L’obiettivo è di arricchire la conoscenza reciproca nell' ambito del servizio per i migranti e i rifugiati.

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Nuovo libro del card. Ortega su riavvicinamento Usa-Cuba

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“La diplomazia è mettere il carisma personale al servizio del bene comune”. Così il card. Jaime Ortega Alamino, arcivescovo emerito dell’Avana, durante la presentazione del suo libro: “Incontro, dialogo e accordo. Papa Francesco, Cuba e gli Stati Uniti”. Il volume è stato presentato da Roberto Méndez, direttore della rivista cattolica “Palabra Nueva”, nell’aula magna del Centro Culturale Felix Varela. Il libro, pubblicato a maggio scorso dalle Edizioni San Paolo di Madrid, riporta la prefazione di mons. Angelo Becciu, sostituto della Segretaria di Stato, e documenti e fotografie che illustrano i momenti più salienti del percorso di ripresa del dialogo diplomatico tra Cuba e Usa, prima dell'annuncio della notizia, il 17 dicembre del 2014. 

Il lavoro silenzioso del cardinale fino al momento storico
Nella presentazione del libro, Mendez ha sottolineato il “lavoro silenzioso” del cardinale Ortega per la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Cuba e gli Stati Uniti. Quindi, la chiarezza e il valore del libro per comprendere la storia presente della nazione caraibica. Infatti, il card Ortega è stato testimone e protagonista della storia di Cuba dalla metà del ventesimo secolo fino ad oggi. Come arcivescovo dell’Avana ha accolto tre Pontefici che, con le loro visite, hanno contribuito alla rinascita della Chiesa cattolica nell’isola. L’ultima visita, quella di Papa Francesco che si è rivelata il preludio di un avvenimento di carattere mondiale: il ravvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti. 

Un omaggio al Papa e al suo invito al dialogo
Nel suo intervento, il porporato cubano ha ribadito che il libro voleva essere anzitutto un “piccolo omaggio a Papa Francesco, al suo costante invito al dialogo e al suo modo di presentare e vivere l'amore per il prossimo”. In questo contesto, il cardinale ha ricordato che il Santo Padre ha più volte usato come esempio l’accordo tra Cuba e gli Usa per parlare dei processi di riconciliazione davanti a presidenti e autorità di diverse nazioni del mondo. “Francesco - ha detto - è l’unica personalità del mondo di oggi che può avere la dimensione etica per intervenire in questo tipo di avvenimenti”. Il porporato ha sottolineato che questo accordo è stato uno dei momenti più importanti della sua vita sacerdotale perché ha potuto costatare che la comprensione e il dialogo sono sempre possibili, anche in questi tempi.

Non bisogna perdere mai la speranza nel dialogo
Il cardinale Ortega ha affermato che nella diplomazia si deve usare il carisma personale in favore del bene. “Il Papa con le sue lettere - ha detto - è stato l’artefice della creazione di un ponte per il dialogo”. Dunque, ha detto il porporato cubano, il libro ha come filo conduttore la certezza che Dio, attraverso persone concrete, ha reso possibile questo storico incontro, l'avvicinamento e il dialogo.  “Il messaggio che vorrei lasciare ai lettori - ha concluso Ortega - è che in questo mondo pieno di sofferenze e guerre non possiamo perdere la speranza nel dialogo, perché come cristiani siamo chiamati a lottare per la pace e l’amore”. (A cura di Alina Tufani)

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Costa D’Avorio: contributo del Catholic Relief Service alla Caritas

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Ammonta a 213 milioni di valuta locale (pari a circa 325 mila euro) il contributo che il Catholic Relief Service ha donato alla Caritas nazionale della Costa D’Avorio. Due i progetti al centro della donazione: il rafforzamento delle 15 Caritas diocesane del Paese africano ed il sostentamento del settore “Sviluppo e pace”. La firma della convenzione tra le due parti è avvenuta il 22 giugno ad Abidjan, presso la sede della Caritas ivoriana.

Tra gli obiettivi il miglioramento della vita delle comunità colpite da tensioni
In particolare, l’obiettivo del secondo progetto sarà quello di “avviare attività di miglioramento della vita delle comunità colpite da tensioni intercomunitarie, come quelle di Abobo, nell’arcidiocesi di Abidjan, e Bouna, nella diocesi di Bondoukou”. Presente alla cerimonia della firma, mons. Antoine Koné, presidente della Commissione episcopale per la Pastorale sociale, ha espresso apprezzamento per tale iniziativa, auspicando una buona gestione degli aiuti. La messa in opera dei due progetti è fissata per il prossimo 1° luglio e proseguirà fino al 30 settembre 2019, per un totale di 27 mesi di copertura. (I.P.)

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Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 181

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