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Sommario del 07/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Francesco ai nuovi sacerdoti: "Non siate chierici di Stato ma pastori"

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Siate sempre misericordiosi e parlate semplice, ai cuori, non siate chierici di Stato ma pastori: così il Papa rivolto ai 10 nuovi sacerdoti, sei della diocesi di Roma, ordinati stamane durante la Santa Messa, presieduta nella Basilica di San Pietro, nell’odierna Giornata di preghiera per le vocazioni, celebrata come è tradizione, nella IV domenica di Pasqua, detta del “Buon Pastore”. Tra i concelebranti il cardinale Vicario Agostino Vallini.  Ad accompagnare il rito, i Cori della Cappella Sistina e della diocesi di Roma, diretti dai maestri Palombella e Frisina. Il servizio di Roberta Gisotti

Sono stati scelti da Gesù per continuare “la sua personale missione di maestro, sacerdote e pastore”. Ha ricordato il Papa la missione dei presbiteri, poi ha chiarito:

“Sono stati eletti dal Signore Gesù non per fare carriera, ma per fare questo servizio”.

Primo invito di Francesco ai nuovi sacerdoti:

“Leggete e meditate assiduamente la Parola del Signore per credere ciò che avete letto, insegnare ciò che avete appreso nella fede, vivere ciò che avete insegnato”.

Poi un consiglio diretto:

“Non fate omelie troppo intellettuali ed elaborate: parlate semplice, parlate ai cuori. E questa predica sarà vero nutrimento”.

E “anche sia gioia e sostegno ai fedeli – ha detto il Papa ai nuovi sacerdoti - il profumo della vostra vita, perché la parola senza l’esempio di vita non serve”:

“Meglio tornare indietro. La doppia vita è una malattia brutta, nella Chiesa”.

Riconoscete dunque ciò che fate” e “imitate ciò che celebrate”, ha sottolineato ancora Francesco.  

“Un presbitero che ha studiato forse tanta teologia e ha fatto una, due, tre lauree ma non ha imparato a portare la Croce di Cristo, non serve. Sarà un buon accademico, un buon professore, ma non un sacerdote”.

Quindi un appello accorato:

Per favore, vi chiedo in nome di Cristo e della Chiesa, di essere misericordiosi. Sempre. Non caricare sulle spalle dei fedeli pesi che non possono portare, neppure voi. Gesù rimproverò a questi, a questi dottori e li chiamò ipocriti.

Tra i compiti del sacerdote evidenziati dal Papa, uno “forse noioso, anche doloroso” è “quello di andare a trovare gli ammalati”:

“Fatelo, voi. Sì, sta bene che vadano i fedeli laici, i diaconi, ma non lasciate di toccare la carne di Cristo sofferente negli ammalati: questo santifica voi, vi avvicina al Cristo”.

Infine un richiamo:

“Siate gioiosi, mai tristi. Gioiosi. Con la gioia del servizio di Cristo, anche in mezzo alle sofferenze, alle incomprensioni, ai propri peccati”.

Sull’esempio del Buon Pastore, “che non è venuto per essere servito ma per servire”:

“Per favore, non siate signori, non siate chierici di Stato, ma pastori: pastori del popolo di Dio”.

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Papa: seguire Gesù, Buon Pastore, attenti alle false sapienze del mondo

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Al Regina Coeli Papa Francesco ha esortato a non lasciarsi distogliere dalle false sapienze di questo mondo, ma a seguire Gesù. Poco prima della preghiera, Francesco ha chiesto a quattro nuovi sacerdoti, provenienti dal Pontificio Seminario Romano Maggiore, di affacciarsi per dare la benedizione insieme a lui. Il Papa ha poi ricordato la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni e, infine, ha ringraziato l’Associazione Meter che da oltre vent’anni contrasta ogni forma di abuso sui minori. Il servizio di Debora Donnini

Nel Vangelo di questa domenica Gesù si presenta come Buon Pastore e porta delle pecore. “Cristo, Buon Pastore, è diventato la porta della salvezza dell’umanità, perché ha offerto la vita per le sue pecore”, dice Papa Francesco che si sofferma sulle due immagini che si completano a vicenda. Gesù, infatti, è un capo la cui autorità si esprime nel servizio , “un capo – dice il Papa – che per comandare dona la vita e non chiede ad altri di sacrificarla”. “Di un capo così ci si può fidare”, sottolinea perché le pecore sanno che con lui si va verso pascoli abbondanti tanto che basta un segnale ed esse obbediscono, guidate dalla voce di colui che sentono come “presenza amica, forte e dolce insieme”, che “consola e medica”:

“Così è Cristo per noi. C’è una dimensione dell’esperienza cristiana che forse lasciamo un po’ in ombra: la dimensione spirituale e affettiva. Il sentirci legati da un vincolo speciale al Signore come le pecore al loro pastore. A volte razionalizziamo troppo la fede e rischiamo di perdere la percezione del timbro di quella voce, della voce di Gesù buon pastore, che stimola e affascina”.

Questa è stata l’esperienza dei discepoli di Emmaus a cui ardeva il cuore sentendo il Risorto parlare:

“È la meravigliosa esperienza di sentirsi amati da Gesù. Fatevi la domanda: ‘Io mi sento amato da Gesù? Io mi sento amata da Gesù?’. Per Lui non siamo mai degli estranei, ma amici e fratelli. Eppure non è sempre facile distinguere la voce del pastore buono. State attenti: c’è sempre il rischio di essere distratti dal frastuono di tante altre voci. Oggi siamo invitati a non lasciarci distogliere dalle false sapienze di questo mondo, ma a seguire Gesù, il Risorto, come unica guida sicura che dà senso alla nostra vita”.

Quindi in questa Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, Francesco chiede di pregare perché il Signore mandi “buoni pastori” e per i dieci nuovi sacerdoti ordinati da lui poco prima. A quattro di loro della diocesi di Roma chiede di affacciarsi per dare la benedizione assieme a lui.  

Dopo la preghiera del Regina Coeli, ricorda i nuovi Beati proclamati ieri in Spagna, “uccisi in odio alla fede in un tempo di persecuzione religiosa”. Il loro martirio, auspica, “susciti nella Chiesa il desiderio di testimoniare con fortezza il Vangelo della carità”.

Un ringraziamento, poi, all’Associazione Meter, impegnata da oltre vent’anni contro ogni forma di abuso sui minori. “Grazie: grazie tante per il vostro impegno nella Chiesa e nella società; e andate avanti con coraggio!”, dice agli aderenti alla XXI Giornata dei bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza contro la pedofilia, organizzata dall’Associazione, presenti in Piazza San Pietro.

Infine un pensiero speciale viene rivolto alla Vergine:

“Domani rivolgeremo la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei; in questo mese di maggio preghiamo il Rosario in particolare per la pace. Mi raccomando: preghiamo il Rosario per la pace, come ha chiesto la Vergine a Fatima, dove mi recherò in pellegrinaggio tra pochi giorni, in occasione del centenario della prima apparizione”.

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Card. Saraiva Martins: attualità del messaggio della Madonna di Fatima

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Accompagnerà il Papa nel prossimo pellegrinaggio a Fatima, il 12 e 13 maggio, anche il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi. Il porporato portoghese ha rappresentato il Pontefice al Congresso di mariologia svoltosi a settembre nel Santuario portoghese, in occasione del Centenario delle Apparizioni mariane, e ha appena pubblicato per la Lev il volume "L'evento Fatima". Fabio Colagrande gli ha chiesto qual è l'attualità del messaggio della Madonna di Fatima: 

R. - Quello di Fatima è un messaggio estremamente attuale per la società contemporanea, perché la Madonna ha detto certe cose ai pastorelli assolutamente necessarie per l’uomo di oggi. Per esempio, il messaggio di Fatima si può ridurre a tre o quattro capitoli fondamentali. Il primo capitolo riguarda la fede. La Madonna di Fatima ha fatto un primo appello ai pastorelli sul problema della fede: credere è necessario per i credenti. Quindi il primo capitolo del messaggio di Fatima è un invito a rinnovare la fede ed è estremamente attuale questo invito della Madonna, perché uno dei problemi della società contemporanea riguarda proprio la fede.

D. – Qual è il ruolo dei tre pastorelli in queste Apparizioni?

R. – Il ruolo dei pastorelli è molto chiaro: trasmettere fedelmente il messaggio che la Madonna gli ha affidato. Proprio di questo messaggio il primo capitolo è quello della fede. Poi c’è un secondo aspetto: la conversione. La Madonna ha invitato i pastorelli alla conversione. Questo è il secondo capitolo del messaggio di Fatima. Convertirsi a Dio e convertisti ai fratelli. Sono due cose inseparabili. Se l’uomo di oggi, la società di oggi ha bisogno di qualcosa è proprio in questo principio, la vicinanza ai fratelli indipendentemente dalla religione, dalla cultura, dall’origine, dal modo di vivere: noi siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre. Se l’uomo ha bisogno di qualcosa è proprio di considerarci tutti come una famiglia.

D. - Questo è un messaggio che tra l’altro è molto vicino al modello di Chiesa in uscita di Papa Francesco …

R. - Certamente ha un’attualità straordinaria. È un messaggio attuale non solo nel 1917 quando la Madonna è apparsa, ma è attuale anche per l’uomo di oggi. E questo è quello di cui hanno parlato i Papi.

D. – Qual è il rapporto tra l’attuale Pontefice e la Madonna di Fatima?

R. – Papa Francesco è stato sempre un grande devoto. Nella capitale argentina, Buenos Aires, c’è un santuario dedicato alla Madonna di Fatima, che lui visitava spesso. Poi ha fatto molte dichiarazioni, esaltando l’importanza la Madonna di Fatima, delle Apparizioni, con parole stupende, magnifiche … Ha sottolineato in maniera particolare l’attualità del messaggio di Fatima.

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Oggi in Primo Piano



La Francia al ballottaggio per eleggere il nuovo presidente

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Oggi la Francia è al voto per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Nel ballottaggio si fronteggiano il leader centrista, Emmanuel Macron, e la candidata dell’estrema destra, Marine Le Pen. A Parigi e in alcune grandi città i seggi sono aperti fino alle 20, mentre chiudono alle 19 nel resto del Paese. Gli aventi diritto al voto sono oltre 47 milioni, ma pesa l’incognita astensione. Intanto nuove minacce del sedicente Stato Islamico, che ha invitato a colpire i candidati e le sezioni elettorali. E sono molti i temi caldi su cui i due candidati alle presidenziali giocano questa tornata elettorale, a partire dalla posizione su Euro ed Europa, come sottolinea al microfono di Paola Simonetti, Massimo Nava, corrispondente dalla Francia per il Corriere della Sera: 

R. – Intanto cominciamo con il dire che sono diametralmente opposti sulla visione dell’Europa, della moneta unica e quindi del ruolo della Francia in relazione agli altri Paesi. Macron ha una visione decisamente pro-europeista, non mette nemmeno lontanamente in discussione l’euro; naturalmente pensa, come tanti altri leader in Europa, che il processo europeo vada rilanciato fortemente, magari anche con meno rigore finanziario proprio per evitare che populismi e fenomeni anti-europei continuino a prosperate. Marie Le Pen ha invece una visione decisamente implosiva dell’Europa, anche se – in ultima analisi, soprattutto negli ultimi giorni della campagna elettorale – ha corretto un po’ il tiro rendendosi conto che parte dell’elettorato – anche suo – non vede con favore un’uscita traumatica dall’Euro, e in secondo luogo perché la praticabilità di un’uscita dall’Europa e soprattutto dalla moneta, quindi addirittura un ritorno al “Franco” sbandierato come bandiera nazionale, ha delle controindicazioni.

D. – Altro capitolo cruciale dei programmi elettorali di Macron e Le Pen, quello sulla gestione dei flussi migratori …

R. – Macron ha avuto un atteggiamento, in generale e in tutta la campagna, molto realistico e pragmatico; ha evitato cosiddette “soluzioni impossibili”, vale a dire l’espulsione di tutti i clandestini, l’espulsione di tutti i sospetti … Certamente ha parlato anche lui, però, di tolleranza zero quando si è di fronte a episodi di criminalità grave e naturalmente a episodi di terrorismo. La posizione di Macron è più su un discorso preventivo, in un certo senso, quindi pone l’accento soprattutto sui controlli, sulla cooperazione, sull’intelligence eccetera. Marie Le Pen è più per una risposta di tipo duro e immediato sugli effetti.

D. – Poi c’è la diversa posizione anche sulla politica interna, che si rivela agli opposti …

R. – L’idea di Macron è quella di rimettere in piedi lo Stato e quindi con una riorganizzazione della spesa pubblica anche un taglio delle spese, un rilancio della crescita attraverso una profonda riforma del mercato del lavoro, investimenti nella scuola, nell’educazione, sgravi alle imprese e anche qui, la visione di Marine Le Pen è diametralmente opposta, perché lei pensa di mantenere sostanzialmente tutto quanto.

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Nigeria, liberate 82 ragazze rapite da Boko Haram nel 2014

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Sono state rilasciate 82 delle 276 studentesse della scuola di Chibok rapite nel 2014 da Boko Haram, nello Stato nigeriano di Borno. La liberazione è avvenuta ieri dopo lunghi negoziati tra il governo di Abuja e gli estremisti islamici. Il servizio di Eugenio Murrali

Erano prigioniere dal 14 aprile 2014, quando Boko Haram le aveva sequestrate insieme ad altre 194 compagne di scuola. La liberazione delle 82 ragazze, è avvenuta ieri grazie a uno scambio di prigionieri tra il governo e gli estremisti. Le studentesse sono state rilasciate vicino alla città di Banki nello Stato nigeriano di Borno. All’appello tuttavia mancano ancora oltre 100 ragazze. Oggi le 82 giovani liberate incontreranno il presidente nigeriano Buhari ad Abuja.

Il rapimento del 2014 aveva suscitato la reazione della comunità internazionale. C’era stata anche una campagna #bringbackourgirls, sostenuta dalla ex first  lady americana Michelle Obama. Gli ultimi negoziati erano stati portati avanti, secondo quanto riferiscono fonti governative, dalla Svizzera e da una commissione internazionale della Croce Rossa e avevano permesso la liberazione di circa 20 giovani.

Nonostante il presidente Buhari avesse annunciato già in passato la disfatta di Boko Haram, l’organizzazione ha continuato a seminare il terrore in alcune zone dello stato.

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Piana Ninive. Patriarca Sako: segno di speranza le nuove case per i cristiani

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Una speranza per i cristiani in Iraq, Paese martoriato dalla guerra, arriva da un progetto di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) che ha pianificato la ricostruzione di migliaia di case distrutte o occupate dai terroristi del sedicente Stato islamico nella Piana di Ninive, consentendo così ai profughi di tornare nella loro terra. I cantieri verranno inaugurati lunedì 8 maggio da una delegazione di Acs assieme a rappresentanti delle Chiese siro-ortodossa, siro-cattolica e caldea. Il servizio di Cecilia Seppia

13 mila case in tre diversi cantieri per riportare i cristiani nella Piana di Ninive, lì dove ormai si prega sotto le tende, perché le chiese sono state distrutte, i crocefissi spezzati, e la gente sotto la minaccia del sedicente Stato islamico è stata costretta a fuggire in massa. Ma grazie ad un progetto di Aiuto alla Chiesa che soffre i villaggi iracheni di Bertella, Karamless e Qaraqosh ricominceranno a ripopolarsi. Il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako:

“Un segno di speranza per tutta questa gente. Durante questa inaugurazione ci sarà una preghiera, poi ad ogni famiglia che vorrà tornare doneranno un albero di ulivo da piantare nel loro giardino. Oggi co sono ancora 80 mila persone che vogliono tornare nelle loro case. Vivono nelle città del Kurdistan e la Chiesa ha dato loro case e cibo. abbiamo cominciato il restauro delle abitazioni con quel poco che abbiamo solo per incoraggiare questa gente a tornare nelle loro case per non permettere ad altre persone di occuparle. Sono andato due volte insieme ai musulmani a dare il mio aiuto; sono andato vicino a Mosul in un campo di 39 mila profughi. Poi sono andato in un altro campo per portare cibo e per parlare con loro, per dare un segno di solidarietà, di vicinanza. Loro apprezzano questo”.

Un vero e proprio "Piano Marshall" per il ritorno della cristianità in questo luogo, che comprende anche la fornitura di acqua, elettricità e viveri è di oltre 250 milioni di dollari e Acs ha già messo a disposizione un contributo iniziale di 450 mila euro che permetterà di ricostruire le prime cento case di cui 20 a Karamless. Ogni giorno dice il Patriarca Sako decine di famiglie, anche musulmane, vengono a bussare alle nostre porte, la distruzione provocata dal cosiddetto Stato islamico è enorme e anche se si comincia ad intravedere la fiammella della fede, la guerra non è finita.

“La guerra contro l’Is è iniziata sette mesi fa. Da allora sono riusciti a liberare quasi tutta la Piana di Ninive e gran parte della città di Mosul. Nella parte Ovest della città è più difficile; ci sono problemi perché non ci sono strade, la gente è presa come ostaggio. Il generale iracheno ha detto che fra tre settimane tutta la città sarà liberata. Penso che ci vorrà di più”.

In questo scenario, l’appello del Patriarca Sako a tutti è all’unità e alla pace e a gareggiare nell’aiuto reciproco, per questo considera prematuro qualsiasi tipo di progetto politico, come quello presentato dalla delegazione guidata da Yonadam Kanna o dal gruppo paramilitare chiamato Brigate di Babilonia, che non abbia come finalità la ricostruzione e la stabilità, piuttosto interessi particolaristici che mirino a rivendicare la rappresentanza dei cristiani in vista del voto del 2018: 

“Si tratta di diversi partiti politici, c’è una competizione, vogliono guadagnare voti per le elezioni che si terranno l’anno prossimo. C’è ambizione tra loro; non c’è unità. Poi non c’è chiarezza. Ho incontrato queste persone: non sono qualificati come veri politici che hanno visione, un’agenda, piani … Io sono stato molto rigido con loro. Penso al futuro dei cristiani al momento vista la situazione generale del Paese. Desidero che ritornino nelle loro case. Dopo il restauro delle case anche il governo, la comunità internazionale, devono aiutare questi cristiani a livello materiali affinché possano vivere e continuare la loro storia. Una volta raggiunta la pace, la stabilità, possono chiedere più diritti: ad esempio, l’amministrazione di questi villaggi deve essere locale …”.

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Parroco di Aleppo: non cadono missili, ma la vita è disumana

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E' entrata in vigore ieri nelle regioni occidentali della Siria l'accordo per la definizione di quattro zone "di allentamento della tensione" deciso dalla Russia con l'approvazione di Turchia e Iran e l'assenso di Stati Uniti, Giordania, Arabia Saudita. Nelle quattro “zone” operano gruppi delle opposizioni armate e sigle dell'estremismo islamico. Secondo l’accordo, solo i russi e Damasco potranno continuare a colpire i qaedisti e i jihadisti del sedicente Stato Islamico. Intanto, ad Aleppo, una delle città più martoriate dalla guerra, la gente ha ripreso a vivere in questi ultimi mesi, anche se tra grandissime difficoltà. Ascoltiamo la testimonianza di padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano nella città, al microfono di Luca Collodi

R. – Sicuramente dal 22 dicembre 2016, da quando l’esercito regolare e i gruppi armati hanno stipulato un accordo, ad Aleppo stiamo un po’ meglio, nel senso che non ci sono lanci di missili sulle abitazioni, chiese, ospedali e scuole ma, guardandoci intorno, abbiamo una città quasi distrutta e vediamo che le condizioni di vita della gente non sono cambiate per niente. Sono tre anni e mezzo che viviamo senza elettricità; l’acqua, l’ultima volta prima di Pasqua, è andata via per 70 giorni. Abbiamo una percentuale di disoccupazione pari all’85 per cento. Nella nostra comunità, ad esempio, abbiamo il 95 per cento delle famiglie sotto il livello di povertà. Quindi, è vero che non abbiamo il pericolo dei missili che cadono sulle nostre teste, ma le condizioni di vita continuano ad essere disumane.

D. – Ci sono famiglie, cristiane e non, che stanno ritornando nelle proprie case ad Aleppo?

R. – Ci sono delle famiglie cristiane che tornano e questo ci fa un grande piacere: tornano dal Venezuela, dall’Armenia ma anche da altre città della Siria, come Latakia e Tartus. C’è perfino una famiglia che è tornata dalla Germania. C’è un’onda di ritorno e questo è positivo. Dall’altra parte però ci sono i ricongiungimenti familiari con alcune famiglie che ora partono da Aleppo per raggiungere altri Paesi. Sembra una realtà contraddittoria: alcuni vedono che non c’è ancora speranza per Aleppo e lasciano la Siria, mentre altri tornano proprio ad Aleppo.

D. – Padre Ibrahim, ci sono progetti di ricostruzione del governo di Damasco?

R. – Il governo sta cercando di riavviare il processo industriale ad Aleppo, però noi abbiamo chiesto chiarimenti sulla ricostruzione di case, di chiese e moschee, e loro ci hanno risposto che per ora non ce la fanno a pensare a questo. E lo stesso riguardo al problema dell’elettricità e alle difficoltà con l’acqua.

D. – La Siria potrà tornare ad essere un Paese normale, al di là degli interessi internazionali?

R. – Vediamo che c’è sempre la speranza della riconciliazione. Ci sono tante iniziative che partono sia a livello religioso - sunnita, sciita - sia a livello anche interreligioso - cristiano, musulmano - attraverso i capi religiosi. Si cerca sempre di fare qualcosa: noi, come cristiani, cerchiamo di essere un ponte, di tendere la mano per manifestare il perdono, la possibilità di convivenza. E così facciamo in modo di essere costruttori di pace.

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Messico, i vescovi: non ignorare dramma dei desaparecidos

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Notizie come quella della scoperta lo scorso anno, nella città messicana di Torreón, della “fossa clandestina più grande del mondo”, con oltre quattromila frammenti ossei, interpellano fortemente sulla delicata situazione di violenza che sta lacerando la società in varie regioni del Messico. E’ quanto sottolinea il segretario generale della Conferenza episcopale messicana (Cem), mons. Alfonso Gerardo Miranda Guardiola, presentando con un comunicato lo studio “I desaparecidos mancano a tutti”. La violenza - scrive mons. Miranda - ha raggiunto le nostre famiglie: “Il popolo del Messico non deve abituarsi né essere indifferente rispetto a questa cruda realtà”.

Ad essere colpiti sono i più vulnerabili
Il fenomeno delle sparizioni di persone in Messico, legato ad uno scenario di violenza dilagante, non è facilmente quantificabile. Le persone scomparse – si legge nel dossier - sono vittime tra l’altro della tratta di esseri umani, del  traffico di organi e di droga, del sequestro di persona. Secondo la Commissione nazionale dei diritti umani, in 20 anni si sono registrati oltre 57 mila casi. Negli ultimi 10 anni, sono state rinvenute dalle autorità almeno 855 fosse clandestine. Si tratta di dati non definitivi perché molte sparizioni, per paura, non vengono denunciate. Sono stati ritrovati anche molti corpi di bambini, donne e adolescenti. I primi ad essere lacerati da ingiustizia e violenza – sottolinea mons. Miranda - sono i più vulnerabili. Tra le vittime senza voce ci sono migranti, donne, giovani e bambini che nessuno reclama.

I messicani vivono in un clima di timore
Nel dossier, elaborato dall’Osservatorio nazionale della Conferenza episcopale messicana, in cui si ricorda anche il viaggio apostolico di Papa Francesco in Messico, dal 12 al 18 febbraio del 2016, si ricorda che per affrontare il dramma delle sparizioni forzate richiede una risposta forte e coordinata. E’ questo un grave problema – osserva mons. Miranda - che “né l’autorità, né la Chiesa, né la società civile possono ignorare”. “I messicani vivono in un clima di timore che attenta alla dignità delle persone e questa paura infonde ulteriore terrore e genera altra violenza”. Di fronte al dramma delle persone scomparse non basta la buona volontà. In particolare – conclude mons. Miranda – “vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, essere coraggiosi e devono continuare a cercare la costruzione della pace”. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 127

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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.