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Sommario del 11/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Papa: fede e morale si comprendono sempre di più in cammino

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Il Popolo di Dio è sempre in cammino per approfondire la fede. Lo ha sottolineato Papa Francesco nell’omelia alla Messa mattutina a Casa Santa Marta, incentrata sulla Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, in cui San Paolo parla della storia della Salvezza fino a Gesù. Un tempo, ha poi osservato il Papa, anche cose terribili come la schiavitù erano accettate, poi andando avanti si è compreso meglio che questo è un peccato mortale. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Dio si è fatto conoscere nella storia”, la sua “salvezza” ha una “grande” e “lunga storia”. E’ quanto affermato da Francesco che, nell’omelia, si è soffermato sulla predica di San Paolo – tratta dagli Atti degli Apostoli – che per parlare di Gesù inizia da lontano, da quando il Popolo di Israele uscì dall’Egitto. “La salvezza di Dio – ha detto il Papa – è in cammino verso la pienezza dei tempi”, un “cammino con santi e peccatori”. Il Signore, ha ripreso, “guida il suo popolo, con momenti buoni e momenti brutti, con libertà e schiavitù; ma guida il popolo verso la pienezza”, verso l’incontro con il Signore. Alla fine, dunque, c’è Gesù. Tuttavia, ha osservato, “la cosa non è finita lì”, Gesù infatti “ci ha lasciato lo Spirito”. E proprio lo Spirito Santo “ci fa ricordare, ci fa capire il messaggio di Gesù: incomincia un secondo cammino”. La Chiesa, ha ribadito, “va avanti, così, con tanti santi e tanti peccatori; fra grazia e peccato, la Chiesa va avanti”.

Un tempo schiavitù e pena di morte erano accettate, oggi sono peccato mortale
Questo cammino, ha affermato, è “per capire, per approfondire la persona di Gesù, per approfondire la fede” e anche per “capire la morale, i Comandamenti”. E una cosa che “un tempo sembrava normale, che non era peccato, oggi è peccato mortale”:

“Pensiamo alla schiavitù: quando andavamo a scuola ci raccontavano cosa facevano con gli schiavi, li portavano da un posto, li vendevano in un altro, in America Latina si vendevano, si compravano … E’ peccato mortale. Oggi diciamo questo. Lì si diceva: ‘No’. Anzi, alcuni dicevano che si poteva fare questo, perché questa gente non aveva anima! Ma si doveva andare avanti per capire meglio la fede, per capire meglio la morale. ‘Ah, Padre, grazie a Dio che oggi non ci sono schiavi!’. Ce ne sono di più!... ma almeno sappiamo che è peccato mortale. Siamo andati avanti: lo stesso con la pena di morte che era normale, un tempo. E oggi diciamo che è inammissibile, la pena di morte”.

Il popolo di Dio è sempre in cammino e così approfondisce la fede e la morale
Lo stesso, ha soggiunto, vale per “le guerre di religione”. In mezzo a questo “chiarire la fede”, “chiarire la morale”, ha ripreso Francesco, “ci sono i santi, i santi che tutti conosciamo e i santi nascosti”. La Chiesa, ha commentato, “è piena di santi nascosti” e “questa santità è quella che ci porta avanti, verso la seconda pienezza dei tempi, quando il Signore verrà, alla fine, per essere tutto in tutti”. Così, quindi, “il Signore Dio ha voluto farsi conoscere dal suo popolo: in cammino”:

“Il popolo di Dio è in cammino. Sempre. Quando il popolo di Dio si ferma, diventa prigioniero in una stalla, come un asinello, lì: non capisce, non va avanti, non approfondisce la fede, l’amore, non purifica l’anima. Ma c’è un’altra pienezza dei tempi, la terza. La nostra. Ognuno di noi è in cammino verso la pienezza del proprio tempo. Ognuno di noi arriverà al momento del tempo pieno e la vita finirà e dovrà trovare il Signore. E questo è il momento nostro. Personale. Che noi viviamo nel secondo cammino, la seconda pienezza del tempo del popolo di Dio. Ognuno di noi è in cammino. Pensiamo a questo: gli apostoli, i predicatori, i primi, avevano bisogno di far capire che Dio ha amato, ha scelto, ha amato il suo popolo in cammino, sempre”.

“Gesù – ha annotato – ha inviato lo Spirito Santo perché noi possiamo andare in cammino” ed è proprio “lo Spirito che ci spinge a camminare: questa è la grande opera di misericordia di Dio” e “ognuno di noi è in cammino verso la pienezza dei tempi personale”. Il Papa ha dunque sottolineato che bisogna domandarsi se crediamo che “la promessa di Dio era in cammino” e che ancora oggi la Chiesa “è in cammino”.

Anche confessarsi è un passo nel cammino verso l’incontro con il Signore
Anche chiedersi quando ci confessiamo, se oltre alla vergogna per i nostri peccati, comprendiamo che “quel passo che io faccio è un passo nel cammino verso la pienezza dei tempi”. “Chiedere perdono a Dio – ha avvertito – non è una cosa automatica”:

“E’ capire che sono in cammino, in un popolo in cammino e che un giorno – forse oggi, domani o fra trent’anni – mi troverò faccia a faccia con quel Signore che mai ci lascia soli, ma ci accompagna nel cammino. Pensate questo: quando io vado a confessarmi, penso a queste cose? Che sono in cammino? Che è un passo verso l’incontro con il Signore, verso la mia pienezza dei tempi? E questa è la grande opera di misericordia di Dio”.

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Videomessaggio del Papa: a Fatima affiderò tutti a Maria, nessuno escluso

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Domani Papa Francesco parte per Fatima, nel centenario delle apparizioni della Madonna ai tre pastorelli: un viaggio breve - si concluderà sabato - ma denso di significati spirituali. Ieri sera in un videomessaggio al “caro popolo portoghese” ha assicurato che affiderà tutti alla Vergine Maria, nessuno escluso. Il servizio di Sergio Centofanti: 

"Caro popolo portoghese ... ". Papa Francesco si rivolge con affetto ai portoghesi, dando appuntamento a Fatima ai piedi della Vergine. “E’ nella funzione di pastore universale - afferma - che vorrei comparire davanti alla Madonna, offrendole l'omaggio dei più bei ‘fiori’ che Gesù ha affidato alle mie cure (cfr. Gv 21, 15-17), ossia i fratelli e le sorelle di tutto il mondo redenti dal sangue di Lui, senza escludere nessuno”. Vi affiderò tutti a lei – dice – “chiedendole di sussurrare a ciascuno: 'Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti condurrà fino a Dio' (Apparizione di giugno 1917)".

Il Papa si reca a Fatima «Con Maria, pellegrino nella speranza e nella pace», come recita il motto di questo pellegrinaggio che – afferma – “è tutto un programma di conversione”. Francesco ringrazia per le preghiere e i sacrifici che tutti i giorni sono offerti per lui e di cui ha “tanto bisogno”, perché – sottolinea “sono un peccatore tra peccatori”. La preghiera - spiega - illumina i suoi occhi perché siano in grado di “vedere gli altri come Dio li vede, per amare gli altri come Lui li ama”. “Nel suo nome - conclude - verrò in mezzo a voi nella gioia di condividere con tutti il Vangelo della speranza e della pace”.

Domani, la partenza da Fiumicino è alle 14.00, l’arrivo alla Base aerea di Monte Real alle 16.20 locali (le 17.20 in Italia). Dopo l’incontro con il presidente portoghese Marcelo Nuno Duarte Rebelo de Sousa, il Papa si trasferisce a Fatima e visita subito la Cappellina delle Apparizioni. Qui reciterà una preghiera. In serata la Benedizione delle candele e il Rosario.

Sabato 13 maggio il Papa presiederà sul Sagrato del Santuario la Messa per la canonizzazione dei due veggenti Francesco e Giacinta, con Lucia testimoni delle apparizioni mariane. Segue il saluto ai malati e il pranzo con i vescovi portoghesi. Alle 15 locali la partenza per Roma, con l’arrivo a Ciampino previsto per le 19.00 circa.

 

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Parolin: Fatima, messaggio controcorrente dell'amore e dell'umiltà

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Il messaggio di Fatima è il messaggio centrale del cristianesimo, è l'annuncio che Gesù è risorto ed è il Signore della storia: è quanto afferma il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin alla vigilia del viaggio di Papa Francesco nel Santuario mariano. Ascoltiamo il porporato al microfono di Barbara Castelli

R. – Credo che il Santo Padre con questo viaggio voglia esprimere e mettere in luce, oltre naturalmente al suo amore e alla sua devozione alla Madonna di cui abbiamo tantissime prove e tantissimi segni - il fatto per esempio che lui sempre si rechi a Santa Maria Maggiore a pregare davanti alla Salus Populi Romani prima e dopo ogni suo viaggio - soprattutto il rispetto e l’attenzione che il Papa porta all’esperienza mariana del popolo di Dio. Un’esperienza mariana che ha saputo riconoscere negli eventi di Fatima, ormai lontani (1917), una impronta specifica della Vergine del Magnificat. Io sottolineerei questo. La Vergine del Magnificat, la Signora del Rosario, che non è apparsa ai ricchi, non è apparsa ai potenti, non è apparsa alle persone influenti ma è apparsa a dei bambini, potremmo in un certo senso considerarli un po’ gli ultimi della società, per usare la terminologia del Papa quasi gli “scarti” della società: ha voluto proprio privilegiare queste persone, questa categoria di persona. Perché la Madonna del Magnificat ha dato ai pastorelli di Fatima un messaggio controcorrente. Eravamo in tempo di guerra, quindi il discorso era quello dell’odio, era quello della vendetta, era quello dell’ostilità, dello scontro, “l’inutile strage” di Benedetto XVI; la Madonna invece parla di amore, parla di perdono, parla di capacità di sacrificare se stessi e di fare di se stessi un dono agli altri. Quindi un capovolgimento totale dei valori o dei disvalori che in quel momento stavano prevalendo nella società. Mi pare che queste siano due indicazioni di grande attualità anche per il Portogallo e un po’ per tutto il mondo: questa capacità di partire dagli ultimi, di valorizzare gli ultimi e questa capacità di vivere gli autentici valori che possono essere alla base anche di una convivenza pacifica e solidale all’interno di ogni Paese e fra i Paesi.

D. – Pensando alla devozione mariana di Papa Francesco - più volte lui ha ricordato che Ella ci aiuta a sciogliere i nodi del peccato - quanto un luogo, un Santuario come Fatima aiuta l’uomo contemporaneo a risolvere i grovigli del suo cuore?

R. – Si dice normalmente che i santuari sono le cliniche dello Spirito e sappiamo, il Papa l’ha messo in luce anche recentemente, trasferendo le competenze per i Santuari in generale ma per i Santuari mariani anche al Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Per cui io credo che nei Santuari risuona sempre l’annuncio dell’Angelo a Maria che niente è impossibile a Dio. E un Santuario diventa un luogo di crescita spirituale nel momento in cui aiuta le persone a rispondere, come Maria, “Eccomi”. Di fronte a questa realtà che nulla è impossibile a Dio, che non è impossibile a Dio fidarsi dell’uomo, che non è impossibile a Dio affidarsi all’uomo e camminare con l’uomo, che non è impossibile trasformare la vita e il mondo grazie al suo amore, alla sua tenerezza, alla sua misericordia, che è possibile a Dio liberarci dai pesi del nostro passato che a volte ci schiavizza, ci blocca e aprirci ad un futuro nuovo inedito e sorprendente … Maria ha saputo dire di sì a questa proposta di Dio, a questo progetto di Dio. Un Santuario può aiutare in questo senso, a crescere in questa consapevolezza che a Dio tutto è possibile e nel rispondere generosamente a questa realtà con l’offerta della propria vita.

D. – Sono trascorsi cento anni dalle apparizioni delle Vergine ai pastorelli. Quanto ha da dire ancora Fatima al mondo e alla Chiesa? Mi vengono in mente le parole di Benedetto XVI nel 2010, quando disse: “Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa” …

R. – Credo che il messaggio di Fatima sia il messaggio centrale del cristianesimo, quello che stiamo vivendo soprattutto in questo periodo pasquale, cioè l’annuncio che Gesù è risorto, che Gesù è vivo, che Gesù è il Signore della storia. Si è tanto speculato e sì, forse si continua ancora a speculare sui segreti di Fatima, ma sono in un certo senso speculazioni inutili, perché quello che Fatima voleva dirci ce lo ha detto pubblicamente e apertamente. Ed è proprio questo il messaggio centrale della fede, della nostra fede cristiana, della nostra fede cattolica. E quindi da qui nasce anche una diversa visione della vita: la vita che diventa un pellegrinaggio verso il Signore Gesù; diventa un pellegrinaggio sostenuti dalla forza del Vangelo e rinnovati continuamente dalla forza del Vangelo. Allora, la missione profetica di Fatima è quella di richiamare alla Chiesa quello che essa è, quello che essa deve continuare ad essere e ad annunciare nel mondo di oggi, cioè una comunità che proclama i cieli nuovi e la terra nuova e che li attende e quasi li anticipa - come direbbe il Concilio - proprio immergendosi nelle pieghe della storia, soprattutto nelle pieghe più oscure e più dolorose con la forza dell’amore per cambiare questa storia. Questo è il messaggio profetico di Fatima e il messaggio profetico della Chiesa che, in una certo senso coincidono.

D. – Una grande gioia: è stato annunciato che proprio durante il viaggio - il 13 maggio - Papa Bergoglio canonizzerà Francesco e Giacinta. Quanto sono ancora attuali queste figure?

R. – Dobbiamo distinguere un po’ tra quelli che sono i mezzi e quelli che sono i fini. Evidentemente Francesco e Giacinta appartengono ad un certo tempo, ad una certa epoca della storia, con il suo modo di esprimersi, con il suo linguaggio, con gli strumenti che allora si utilizzavano. Il fine è proprio la capacità di questi due bambini, nella loro semplicità, di andare al cuore del Vangelo. Ed è questo il messaggio che questi due giovani ci portano: la capacità di andare al cuore del Vangelo attraverso il Cuore immacolato di Maria, perché Fatima sottolinea anche questa dimensione del Cuore immacolato di Maria, un cuore – come dicevo prima – che ha saputo accogliere – immacolato per grazia, naturalmente – che ha saputo rispondere accogliendo in pieno l’amore e la Misericordia di Dio, che ha saputo vivere ispirandosi alla libertà del Crocifisso. Questi bambini hanno fatto proprio questo messaggio, questa realtà; ora ce lo propongono con l’autorevolezza della loro santità che la Chiesa riconosce di fronte al mondo.

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Card. Comastri: con il cuore saremo a Fatima con il Papa

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Domani pomeriggio, alle ore 17.00, il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, presidierà la recita del Rosario nella Basilica di San Pietro. Seguirà una processione con la statua della Madonna di Fatima lungo via della Conciliazione. L’iniziativa, organizzata dall’Unitalsi, avviene in coincidenza con il viaggio di Papa Francesco a Fatima. Un modo unirsi al Santo Padre in questa visita? Debora Donnini lo ha chiesto allo stesso cardinale Comastri: 

R. – Esattamente. Questo pellegrinaggio dell’immagine della Madonna e la recita del Santo Rosario volutamente avviene in concomitanza con il viaggio del Papa a Fatima. Il Papa lo possiamo definire “il papà” della grande famiglia cattolica. Il papà si sposta, va a pregare. E’ chiaro che noi siamo in comunione con lui e vogliamo sostenerlo con la nostra preghiera in tutte le intenzioni che il Papa porta con sé e consegna alla Madonna a Fatima. Vogliamo essere con lui. Vogliamo essere in comunione con lui: idealmente, con il cuore, siamo in viaggio con il Papa.

D. – Nel Videomessaggio indirizzato ai portoghesi, Francesco ha detto: “Nelle vesti di pastore universale", "mi appresto a presentarmi" dinanzi alla Vergine "offrendole i fratelli e le sorelle di tutto il mondo". "Vi affiderò tutti" alla Madonna, "chiedendoLe di sussurrare a ciascuno: ‘Il mio cuore immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti condurrà a Dio’". Quale il significato di questo gesto alla luce della storia di Fatima?

R. – Dobbiamo contestualizzare le parole che disse la Madonna a Lucia. La Madonna, nel 1917, disse ai bambini di Fatima che avrebbe portato presto in cielo Giacinta e Francesco, e così avvenne. Quando Lucia apprese questa notizia, ebbe paura di restare sola quaggiù, sulla Terra, senza i cuginetti che erano per lei la compagnia quotidiana. E la Madonna – da vera madre – disse a Lucia di non aver paura: “Il mio cuore immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti condurrà a Dio”. Il Papa ha voluto ricordare queste parole per dire a tutti noi che quello che la Madonna ha detto a Lucia, vale anche per noi. Il cuore immacolato di Maria è il rifugio nel quale noi possiamo oggi trovare sicurezza, trovare conforto in mezzo ai problemi immensi che ci sono oggi. La Madonna è madre e, dall’alto della Croce, Gesù le ha dato una consegna. Ha detto a Maria, guardando Giovanni: “Donna, ecco tuo figlio”. Cosa significa? Fai da madre a Giovanni, aiutalo, stagli vicino. Ma in Giovanni c’eravamo anche tutti noi …

D. – Il pellegrinaggio del Papa a Fatima è tutto un "programma di conversione", ha detto lui stesso. L’invito della Madonna a Fatima è, infatti, proprio alla penitenza e alla conversione. Questi aspetti sono quindi un’esortazione attuale per l’umanità?

R. – Più che attuale. Possiamo dire che la Madonna a Fatima abbia ridotto il messaggio in due parole: pregate, fate penitenza per la conversione dei peccatori. Cosa significa, questo? Il peccato fa male ed è male proprio perché fa male. Oggi abbiamo perso il senso del peccato; abbiamo perso anche il senso della collaborazione che noi possiamo dare a Dio per vincere il peccato nel mondo. Gesù è venuto per vincere il peccato e ha messo qui, dentro la storia umana, un atto di amore infinito, che è l’unica terapia contro il peccato. E quell’atto di amore di Gesù ha reso possibile il perdono di qualsiasi peccato! Bisogna, però, aprire il cuore. La Madonna ha detto: pregate per la conversione dei peccatori, e anche voi date spazio a Dio nella vostra vita perché attraverso di voi possa creare le condizioni che aprono il cuore della gente a Dio.

D. – “Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”, disse Benedetto XVI proprio a Fatima nel 2010. Una missione profetica ancora feconda, dunque?

R. – Altroché! Eravamo nel 1917 e la Madonna disse ai bambini che la guerra stava per finire. Si trattava della Prima Guerra mondiale. La Madonna annunciò ai bambini: ormai sta per finire, ma se gli uomini non la smetteranno di offendere Dio, se gli uomini non smetteranno di peccare verrà una nuova guerra, molto peggiore di quella che sta per finire. Qui c’è da riflettere. Perché la Madonna collega la guerra al peccato dell’umanità? Perché ogni peccato è come una polvere esplosiva che si accumula, si accumula … perché quando pecchiamo ci stacchiamo da Dio e, quando ci stacchiamo da Dio, è come se togliessimo la trave che sostiene il tetto della casa umana. Ecco allora la profezia: se gli uomini non smettono di offendere Dio, il peccato accumulerà tanta polvere esplosiva e questo farà un grande male all’umanità. Questa profezia è sempre attuale. Anzi, più che mai attuale, in questo momento.

D. – La storia delle apparizioni di Fatima è anche legata al tema della pace: anche qui ritorna l’attualità in un mondo segnato – come dice spesso Papa Francesco – da una terza guerra mondiale a pezzi?

R. – Certo. Nel mondo c’è violenza perché c’è violenza nel cuore degli uomini. Ricordo un’affermazione di Madre Teresa, tra l’altro Nobel per la pace, che disse che tutte le guerre partono dal cuore. Quando il cuore è pieno di odio, quando il cuore degli uomini è pieno di rancore, poi si proietta fuori e vengono le guerre. Più il cuore umano si avvicina a Dio, e più diventa capace di costruire la pace, perché senza Dio nel cuore non è possibile trovare la pace.  Ecco l’appello di Fatima: l’appello alla conversione perché gli uomini diventino migliori e, diventando migliori gli uomini, diventi migliore il mondo.

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La vicinanza del Papa per la morte di tre sorelle rom a Centocelle

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Papa Francesco ha voluto far giungere il suo conforto alla famiglia rom Halilovic, che nella notte tra il 9 e il 10 maggio, ha perso tre figlie, di 20, 8 e 4 anni, nell'incendio del loro camper a Centocelle, nella periferia di Roma: ieri pomeriggio l’elemosiniere, mons. Konrad Krajewski - informa una nota della Sala Stampa Vaticana - si è recato in visita per portare un saluto e un aiuto concreto ai genitori e agli otto fratelli. Intanto, un video mostra un individuo che lancia una bottiglia incendiaria contro il camper. In base alle immagini, la magistratura sta dunque procedendo per incendio doloso e omicidio volontario scaturito forse da un regolamento di conti tra famiglie rom. Esclusa per ora la pista dell'odio razziale. 

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Udienze e nomine

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Per le udienze e nomine odierne del Papa, consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Oggi in Primo Piano



Zona euro in ripresa, ma vanno male Grecia, Spagna e Italia

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In Europa la disoccupazione continua a scendere e si consolida la ripresa. E’ quanto sottolineano le  previsioni economiche di primavera della Commissione Ue. L’Italia è il Paese che cresce di meno. Per il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, l'incertezza che pesa sull'economia europea dovrebbe continuare a diminuire nei mesi a venire. Massimiliano Menichetti: 

L’anno prossimo la disoccupazione in Europa si attesterà al 7,7%, dopo la discesa all'8% di quest'anno e nell’Eurozona giungerà all'8,9% dopo il traguardo a 9,4% del 2017. Così le previsioni economiche di primavera della Commissione Ue, mentre la Banca Centrale Europea, nel suo bollettino mensile, assegna a Grecia, Spagna, Italia, a causa della crisi affrontata, la maglia nera dell’occupazione. Male anche il Lussemburgo. L’Italia in particolare è il Paese che in Europa cresce di meno e per il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, persistono fragilità strutturali. La Commissione Ue rivede comunque al ribasso le stime sul deficit italiano, che scende grazie alla manovra-bis al 2,2% quest'anno, in previsione del 2,3% del 2018. La crescita in Europa viene definita salda nel suo complesso: il pil dell’eurozona sale dell’1,7%, quello dell’Ue all'1,9%. Guardando la Francia il deficit si attesterà per quest’anno al 3%, il pil sarà stabile all'1,4%. Per la Germania si prevede un avanzo commerciale in diminuzione, seppur in un regime di crescita stabile. La Brexit incidrà invece sul Regno Unito provocando un rallentamento. Permane generalmente in Europa un clima d’incertezza, anche se con rischi bilanciati. Timori che dovrebbero diradarsi con la conclusione del ciclo elettorale nel Vecchio continente: ultima tappa significativa saranno le elezioni tedesche a settembre, dopo quelle olandesi e francesi.

Sulla situazione europea abbiamo intervistato Luigi Paganetto, docente di economia all'Università Tor Vergata di Roma: 

R. – L’occupazione è il tema centrale in Italia e in Europa. Rimane vero che l’Europa ha una crescita anemica; mi riferisco all’Europa dell’Eurozona, non all’Europa in generale. I processi di globalizzazione hanno prodotto una serie di squilibri a cominciare dalla cosiddetta “polarizzazione delle competenze”. Ci sono aree di competenza molto elevate, con salari elevati, ma ci sono aree di competenza bassa con salari modesti e un’area intermedia - che corrisponde alla vecchia manifattura - che finisce per avere salari stazionari e disoccupazione crescente. Questo è un punto importante che mostra che c’è un problema di tipo strutturale che va affrontato. Ci sono aree economiche che vanno avanti brillantemente a cominciare dai Paesi dell’ex Est europeo, ma il problema della polarizzazione delle competenze vale per l’Olanda, per la Francia, per la Germania. Questo problema richiede una governance diversa perché altrimenti continueremo con questa crescita anemica, con la disoccupazione che finisce per essere un problema sempre più grande e che determina diseguaglianza in maniera crescente, come crescono le sacche di povertà, che non sono più tali ma diventano un fenomeno endemico.

D. - In Europa sarebbe ipotizzabile il protezionismo che in un certo qual modo sta costruendo il presidente statunitense Trump?

R. - Credo che il protezionismo non sia la risposta, perché non è da lì che nascono i risultati che ci si aspetta. In fondo, non dobbiamo dimenticare che ci troviamo in una situazione in cui gli scambi internazionali sono legati in particolare alla "conoscenza". Chi ha più capacità di commerciare prodotti che hanno alto contenuto di conoscenza ha vantaggio. Quindi bisogna investire su educazione, su conoscenza e anche su riqualificazione del lavoro e, nel frattempo, provvedere a contenere fenomeni di diseguaglianza e di povertà che sono veramente preoccupanti. Questo è un grande tema su cui non si può fare a meno di riflettere.

D. - Per il Commissario agli affari economici Moscovici, le elezioni in Francia, Olanda e quelle che si terranno in Germania a settembre in un certo qual modo incidono sul clima di incertezza, sulla crescita. Secondo lei è così?

R. – Questo aiuta a vedere un aspetto importante, ma credo che sia forse più importante, ricostituire un rapporto fiduciario tra i cittadini, le istituzioni e la politica, perché se non c’è la fiducia dei cittadini che è decisiva per l’evoluzione del tema economico, si finisce per andare nella direzione sbagliata. Credo che c’è un problema di ricostituzione di un rapporto fiduciario che nasce nella società civile, nelle famiglie, nelle istituzioni intermedie che va perseguito e ripreso come è necessario, perché altrimenti anche la politica poi finisce per non aere gli strumenti per agire.

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No della Turchia agli Usa sulle armi ai curdi in Siria

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Frizioni tra Turchia e Stati Uniti sull’iniziativa annunciata da Washington di fornire armamenti al miliziani curdi in chiave anti Stato Islamico. “La lotta al terrorismo non si può fare con un'altra organizzazione terroristica” ha detto il capo dello Stato turco Erdogan, che la prossima settimana incontrerà il presidente americano Trump alla Casa Bianca. Sull’eventualità di rafforzare militarmente le milizie curde, Giancarlo La Vella ha intervistato Fulvio Scaglione, esperto di questioni internazionali di Famiglia Cristiana: 

R. – In chiave anti Is naturalmente più avversari si riescono a mobilitare e meglio è. Detto questo è chiaro che armare i curdi è una decisione non solo tattica, ma anche strategica, politica e significa appunto urtare la sensibilità della Turchia che riguardo ai curdi è ipersensibile. Credo che la mossa di Trump, comunque, sia rivolta non tanto alla Siria – d’accordo, c’è la conquista di Raqqa in ballo, la battaglia finale contro l’Is - ma sia rivolta soprattutto a compiacere i curdi dell’Iraq che hanno già annunciato di voler tenere un referendum per l’indipendenza e che naturalmente se dovessero divenire uno Stato, per quanto piccolo, indipendente ma fortemente appoggiato, legato agli Stati Uniti, sarebbero una specie di incubo per la Turchia di Erdogan.

D. - Una volta risolta la questione siriana, non sarà proprio quella curda a  cui la comunità internazionale dovrà mettere mano?

R. - La comunità internazionale doveva mettere mano alla questione curda ormai da più di un secolo e non l’ha ancora fatto. Credo che molto dipenderà dallo stato dei rapporti tra Stati Uniti e Turchia, perché quando questa era un alleato fedele degli Stati Uniti, un membro della Nato rigorosamente allineato ai desideri americani, la questione cruda non era mai al primo posto dell’Agenda, anzi, era agli ultimi posti. Adesso che i rapporti tra Turchia e Stati Uniti non sono buoni, questi ultimi potrebbero usare la questione curda come uno strumento per far leva, per fare pressione su Erdogan e sul suo regime. Bisogna vedere come evolverà lo stato dei rapporti tra Stati Uniti e Turchia.

D. - La questione curda, soprattutto per quello che riguarda l’aspetto siriano è qualcosa che interessa molto anche la Russia. Quale potrebbe essere la posizione di Mosca?

R. - Credo che la posizione di Mosca sia quella che abbiamo visto delineata con quell’accordo sulle zone di de-escalation, che sono di fatto, in realtà, delle sfere di influenza che Iran, Russia e Turchia si sono ritagliati dentro la questione siriana. Credo che Mosca, da questo punto di vista, sia assolutamente cinica, ovvero sia disposta a patteggiare su tutto purché vengano conservati e rispettati i suoi interessi strategici, ovvero avere nella parte cruciale della Siria, cioè sull’asse Aleppo-Damasco un governo di propria fiducia.

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Libia, governo Serraj ad Haftar: lavorare sotto autorità civile

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Il generale Khalifa Haftar deve accettare di lavorare “sotto un’autorità civile” per sperare di giocare un ruolo nel futuro della Libia. Lo ha detto Mohamad Taher Siala, ministro degli Esteri del governo di unità nazionale libico, guidato da Fayez al Serraj. La recente stretta di mano ad Abu Dhabi tra Haftar, uomo forte dell’est del Paese appoggiato da istituzioni locali parallele, e al Serraj è stata letta come un primo timido passo verso la pacificazione in Libia, con la promessa del disarmo delle milizie ed elezioni a marzo 2018. Ma nelle ultime ore si registrano tensioni e scontri tra fazioni armate sia a Tripoli, sia a Bengasi. A che punto è dunque l’intesa raggiunta negli Emirati Arabi Uniti? Risponde Arturo Varvelli, ricercatore Ispi, intervistato da Giada Aquilino: 

R. – I giochi non sono ancora chiusi, cioè quello di Abu Dhabi è stato un primo abboccamento. Il contesto nel quale questo accordo verbale è stato stabilito - ossia la capitale degli Emirati Arabi Uniti - ci dice chiaramente qual è stata la parte prevalente: è stata la parte che si rifà al Parlamento di Tobruk, al generale Haftar e che trova una sponda in una sorta di triplice alleanza costituita dalla Russia, dall’Egitto di Al Sisi e dagli Emirati Arabi. Questi tre elementi sono, naturalmente, propensi a una stabilizzazione della Libia e pensano che Haftar sia una pedina imprescindibile. Queste tre potenze non colgono il fatto che Haftar sia però un elemento in buona parte non unificante del Paese, ma un potenziale catalizzatore di divisioni. E questo sta già avvenendo, perché vediamo che la compagine legata al governo di autorità nazionale voluto dalle Nazioni Unite non è compatto. Quindi si tratta di capire quali saranno i bilanciamenti futuri all’interno del sistema istituzionale libico: si è parlato di un passaggio del Consiglio presidenziale da nove elementi a tre elementi; al Serraj sarebbe in minoranza perché gli altri due sarebbero il presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh Issa, e l’altro sarebbe Haftar stesso. E Haftar stesso potrebbe avere un ruolo di presidente all’interno di questo Consiglio presidenziale. Il che vorrebbe dire in qualche maniera stabilire che l’autorità militare è superiore a quella civile.

D. – Il messaggio inviato dal governo al Serraj al generale Haftar, di dover lavorare sotto un’autorità civile, che vuol dire?

R. – Che Haftar potrebbe essere il capo delle forze armate, ma certamente è molto difficile, soprattutto da parte di alcuni elementi della Tripolitania – in particolare pensiamo alla città di Misurata – accettare un ruolo di predominio del generale.

D. – Di fatto sul terreno qual è la situazione?

R. – Non è cambiato niente o poco. La Libia ha bisogno di ricostituire il monopolio dell’uso della forza: questo è naturalmente molto difficile; ci vorrebbe un lavoro più profondo di quanto non si stia facendo e questo lavoro profondo è dettato dal fatto che è necessario che vi sia un’unità di intenti da parte delle milizie più importanti, che però sono state solo marginalmente coinvolte in tutti gli accordi voluti fin qui dalle Nazioni Unite e anche nelle recenti intese. Coinvolgere i militari, le forze militari significherebbe - in realtà - fare un passo successivo, cioè portare dalle parole, dalla politica ai fatti concreti, a chi sta sul terreno un accordo di stabilizzazione della Libia.

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Stati Uniti: i Gesuiti restituiscono la terra ai Sioux

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Negli Stati Uniti i Gesuiti stanno restituendo più di 500 ettari di terra alla Rosebud Indian Reservation. Si tratta di una riserva indiana Sioux in South Dakota. L’operazione – rende noto l’agenzia Fides - dovrebbe essere completata alla fine di questo mese di maggio. Il governo degli Stati Uniti aveva concesso la proprietà ai Gesuiti nel 1880. Il padre gesuita John Hatcher, presidente della missione di San Francesco, ha detto che “all'inizio erano 23 le  missioni”. “Ma nel corso degli anni, mentre la gente si allontanava dalla prateria e dalla campagna, quelle chiese - ha aggiunto - sono state chiuse perché non più utilizzate". 

Giunto il momento di restituire gli appezzamenti di terra
“È giunto il momento - ha spiegato padre John Hatcher - di restituire alla tribù tutti quegli appezzamenti di terra che sono stati consegnati alla Chiesa per scopi religiosi”. Questa terra riconsegnata alla Rosebud Sioux potrebbe essere utilizzata per scopi agricoli, per il pascolo. Potrebbe essere utilizzata per lo sviluppo della comunità. Ma potrebbe anche “continuare ad essere utilizzata per scopi religiosi”, ha affermato infine Harold Compton, vice direttore esecutivo della Tribal Land Enterprises, la società cui è affidata la gestione del terreno di Rosebud Sioux. Ci sono circa 25.000 persone registrate come Rosebud Sioux. Di questi, 15.000 vivono nella riserva. 

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Corea del Sud: speranze della Chiesa dopo elezione di Moon Jae-in

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"I cittadini del nostro Paese hanno affidato al nuovo presidente una grande responsabilità. Offro preghiere a Dio perché gli dia forza e sapienza per affrontare le difficili sfide che la Corea affronterà”. E’ quanto sottolinea in un messaggio il cardinale Andrew Yeom Soo-jung, arcivescovo di Seul, riferendosi all’elezione del nuovo presidente della Corea del Sud Moon Jae-in. In particolare l’auspicio espresso dal porporato è che il neo capo di Stato, cattolico, avvocato e difensore dei diritti umani, persegua “la giustizia, la pace e il bene comune, soprattutto nella cura dei più vulnerabili”.

Gli auspici del vescovo di Daejeon
In una intervista rilasciata al Sir, anche mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo della diocesi di Daejeon, ha espresso i propri auspici. "Sono tanto contento perché adesso la Corea può finalmente voltare pagina e iniziare una nuova storia”. Con questa elezione – ha spiegato il presule – “il popolo ha detto basta ed ha votato per mettere una parola fine al passato”. La Corea – ha aggiunto il vescovo – esce da un periodo di impasse. Un periodo segnato lo scorso anno da scandali e casi di corruzione che ha coinvolto non solo la ex presidente Park Geun-hye ma anche i colossi delle maggiori case industriali del Paese.

Nuove speranze per la penisola coreana
Anche sul fronte delle relazioni con la Corea del Nord, la nomina di Moon Jae-in lascia sperare. “Negli ultimi anni - ha detto monsignor You - i rapporti tra le due Coree sono crollati. Adesso bisogna ritrovare nuovo dialogo e nuovo rapporto, capire come convivere insieme nella pace”. In questo senso, fanno sperare le primissime dichiarazioni rilasciate dal neo-presidente riguardo alle relazioni sia con Washington sia con Pyongyang dopo giorni di forte tensione. “Se fosse necessario - ha detto il neo capo di Stato sudcoreano - volerei a Washington immediatamente” ed “anche a Pechino e a Tokyo”.

Moon Jae-in: pronto ad andare a Pyongyang
Per rilanciare il dialogo, necessario a fermare la minaccia nucleare, il presidente Moon Jae-in si è detto disponibile ad andare “nelle giuste circostanze” anche  a Pyongyang”. “Sono dichiarazioni “importanti”, ha sottolineato il vescovo di Daejeon. “È fondamentale che la Corea del Sud non sia un Paese che generi una nuova tensione ma svolga un ruolo di riconciliazione anche nel campo internazionale, contribuendo a costruire ponti di pace nella regione asiatica e nel mondo”.

Chi è Moon Jae-in
Avvocato e difensore dei diritti umani, Moon Jae-in è un cattolico praticante e il suo nome di Battesimo è Timoteo. Il primo presidente cattolico nella storia della Corea del Sud è stato Kim Dae-jung. Nel 2000 vinse il Premio Nobel per la pace proprio “per il suo impegno nella ricerca della democrazia e dei diritti umani nel suo Paese e nell’intera area del sud-est asiatico e, in particolare, per i tentativi di riappacificazione con la Corea del Nord”. Il vescovo di Daejeon si è infine soffermato sulle priorità che ora attendono il nuovo presidente per ridare nuovo slancio al Paese: “il nuovo presidente - ha concluso - dovrà essere, e lo è, un uomo aperto, disponibile a lavorare con tutti, capace di creare un clima di fiducia e di dialogo con tutte le componenti del Paese. Stessa attitudine è chiesta con la Corea del Nord. Bisogna aprire strade nuove, intraprendere vie di dialogo e di riconciliazione, trovare nuove soluzioni per convivere nella pace”. (A.L.)

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Paraguay, abusi sui minori. I vescovi: verità e trasparenza

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Di fronte alle accuse di abusi sui minori e di altri reati da parte dei membri della Chiesa in Paraguay, i vescovi del Paese hanno espresso il loro "immenso dolore per lo scandalo di coloro che hanno causato gravi conseguenze a persone vulnerabili". "Non accettiamo questi fatti e li condanniamo - si legge in un comunicato della Conferenza Episcopale del Paraguay - perché contraddicono il messaggio e la missione della Chiesa cristiana e chiediamo perdono per tutti loro".

Impegno per la verità e la trasparenza
Tra le accuse che coinvolgono il clero, i vescovi hanno fatto riferimento al caso di Carlos Ibáñez, un prete argentino accusato di aver commesso abusi su diversi bambini a Cordoba, in Argentina, arrivato in Paraguay nel 1992. "Rifiutiamo l'accusa di occultamento dei fatti e - hanno aggiunto - riaffermiamo il nostro impegno per la verità, la trasparenza e un'azione decisa". I vescovi hanno riferito inoltre che continueranno "con opportune verifiche, secondo le disposizioni del Protocollo di indagine sulle denunce di abusi sessuali su minori compiuti da esponenti del clero (luglio 2015), fino a quando i casi saranno chiariti." "I colpevoli - hanno affermato - siano severamente puniti nella maniera più adeguata". I presuli hanno poi insistito sul loro "impegno sincero e determinato alla ricerca della verità" e hanno apprezzato "il ruolo svolto dai media nella formazione dell'opinione pubblica".

Impegno risoluto nella prevenzione
Per quanto riguarda le vittime, i vescovi del Paraguay hanno espresso la loro "vicinanza" e ribadito l'impegno a "combattere risolutamente" questa piaga. "Affidiamo alla preghiera di tutta la comunità ecclesiale - conclude il comunicato - il compito di evangelizzazione che abbiamo in quanto Chiesa". (A cura di Anna Poce)

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Vescovi spagnoli: uniti con il Papa a Fatima

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I vescovi spagnoli desiderano unirsi al pellegrinaggio del Pontefice al Santuario di Fatima in occasione del centenario delle apparizioni della Beata vergine Maria alla Cova da Iria. E’ quanto si legge nel messaggio, diffuso in vista del viaggio apostolico di Papa Francesco in Portogallo, dai presuli spagnoli. Al pellegrinaggio a Fatima parteciperanno, tra gli altri, anche il presidente della Conferenza episcopale spagnola e arcivescovo di Valladolid , cardinale Ricardo Blázquez Pérez, e l’arcivescovo di Madrid, cardinale Carlos Osoro Sierra.

Intere nazioni cercano l'incontro con Maria
Nel messaggio, i vescovi ricordano, in particolare, quanto detto da San Giovanni Paolo II domenica 21 giugno 1987 all’Angelus: “non solo individui o gruppi locali, ma a volte intere nazioni e continenti cercano l’incontro con la Madre del Signore, con Colei che è beata perché ha creduto”. “Si potrebbe forse parlare - aveva aggiunto Papa Giovanni Paolo II - di una ‘specifica geografia’ della fede e della pietà mariana, che comprende tutti questi luoghi di particolare pellegrinaggio del Popolo di Dio”. La novità delle apparizioni di Fatima – si legge inoltre nel messaggio della Conferenza episcopale spagnola - è legata alla devozione al Cuore Immacolato di Maria, vista come un cammino per incontrare Dio. Il messaggio di Maria è destinato alla Chiesa e all’umanità. In comunione ecclesiale con Papa Francesco, “siamo pellegrini nella speranza e nella pace”. Esortiamo i fedeli – aggiungono i presuli - a vivere con vero spirito cristiano e zelo evangelizzatore questo evento ecclesiale.

I Pontefici a Fatima
In 100 anni il Santuario di Fatima è diventato un privilegiato luogo di pellegrinaggio. E tra i pellegrini - aggiungono i vescovi spagnoli - spiccano tre Papi. Paolo VI si è recato a Fatima il 13 maggio del 1967 in occasione dei 50 anni delle apparizioni della Vergine. Un pellegrinaggio - come aveva sottolineato lo stesso Pontefice - scandito da un’ardente supplica per la pace.  Un momento speciale si è vissuto poi il 13 maggio del 1982. “Sono venuto a ringraziare la Divina Provvidenza - ha detto in quell’occasione Giovanni Paolo II - in questo luogo che la Madre di Dio sembra avere così particolarmente scelto”. Esattamente un anno prima, il 13 maggio del 1981, Papa Wojtyla era sopravvissuto all’attentato compiuto da Alí Agca in piazza San Pietro. Dopo il secondo pellegrinaggio, avvenuto nel 1991, Giovanni Paolo II - si ricorda nel messaggio della Conferenza episcopale spagnola - è tornato l’ultima volta a Fatima il 13 maggio del 2000 per la beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta. Benedetto XVI si è inoltre recato come pellegrino a Fatima il 13 maggio del 2010: “Sono venuto a Fatima - ha detto il Pontefice nel 10.mo anniversario di quella beatificazione - per gioire della presenza di Maria e della sua materna protezione”. Papa Francesco che il 13 ottobre del 2013 ha consacrato il mondo a Maria - sottolineano infine i vescovi spagnoli - si reca ora a Fatima per celebrare il centenario delle apparizioni e canonizzare i pastorelli Francesco e Giacinta. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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Azzardo, la bozza del governo non piace a Regioni e associazioni

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Il governo pensa di ridurre del 30% il numero di slot machine. Un modo per diminuire i casi di ludopatia, ma per le associazioni che si occupano di contrastare l'azzardo, la bozza dell'esecutivo è troppo timida. Ieri la conferenza Stato-Regioni è saltata proprio per le divisioni tra chi appoggia il disegno dell'esecutivo e chi vuole una linea più dura. Alessandro Guarasci: 

Almeno 80 miliardi è quanto giocano ogni anno gli italiani. Secondo la fondazione Visentini, il 44% dei cittadini tra i 18 e i 75 anni ha giocato almeno una volta nell'ultimo anno, l'1% i giocatori problematici. La bozza del governo prevede che si passi da quasi 400 mila apparecchi del 2016 ai 264 mila di fine 2017. Matteo Iori, della campagna no al gioco d'azzardo: 

“Per la prima volta, si riduce la quantità di giochi sul territorio e si riduce anche la loro capillarità. E’ anche vero che però nella riduzione di questi tipi di gioco – cioè, si parla solo delle slot – nulla si dice su altre macchine che sono le “Vlt”, le Video-lottery, che sono macchine che a vederle sembrano come le slot ma in realtà sono molto più aggressive, molto più pericolose, anche da un punto di vista economico perché si perdono molti più soldi. Ecco, di queste non si dice nulla. E’ che qui bisogna ragionare molto di più sui giochi che resteranno”.

Nella bozza del governo si prevede una distanza minima di 150 metri delle sale dove si gioca da scuole, luoghi di culto e Sert. Gli enti locali potranno interdire il gioco per 6 ore. Una misura troppo timida per molte regioni. Viviana Beccalossi, assessora al Territorio della Regione Lombardia:

"Gli stessi luoghi sensibili che nella proposta del governo sono tre: i luoghi di culto, le scuole e forse i “Sert”, mentre noi invece mettiamo anche i centri di aggregazione giovanili e quelli per anziani perché riteniamo che – lo dicono i nostri Servizi sociali – siano centri molto particolari e sensibili perché vedono, appunto, la presenza di soggetti a rischio di gioco d’azzardo patologico".

Anche Iori vede nella proposta del governo molti limiti:

“Si parla di modificare le macchine, le attrezzature, le slot che saranno all’interno delle sale, ma senza specificare in modo chiaro in che modo saranno messe salvaguardie ulteriori per ridurre le patologie. Quindi non si tiene in conto, per esempio, il documento dell’Osservatorio del Ministero della Salute che aveva specificato invece in 12 punti quali fossero gli interventi tecnologici che si sarebbero potuti mettere in atto per ridurre la pericolosità delle macchine”.

Nell'industria dell'azzardo lavorano circa 150 mila persone, lo 0,6% del Pil. Ancora Viviana Beccalossi:

“Io ritengo che uno Stato che pensi di fare cassa usando le persone più fragili come bancomat, è uno Stato che dev’essere messo in discussione. Credo che le risorse che introita dal gioco d’azzardo 'lecito' possano essere risparmiate tagliando spese assolutamente inutili. Credo che questi posti di lavoro possano essere riconvertiti dialogando con queste lobby".

Insomma, la bozza del governo sembra che sia un punto da cui partire, ma che lascia ancora scontenti in troppi. 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 131

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.