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Sommario del 16/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Gli auguri del Papa a Macron: società sia più giusta e fraterna

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Papa Francesco rivolge i suoi “migliori auguri” al neopresidente francese Emmanuel Macron. “Chiedo a Dio di sostenervi - scrive in un telegramma - perché il vostro Paese, nella fedeltà alla ricca diversità delle sue tradizioni morali e del suo patrimonio spirituale, segnato anche dalla tradizione cristiana, si preoccupi sempre di costruire una società più giusta e fraterna”.

Il Pontefice auspica che il nuovo Capo di Stato, “nel rispetto delle differenze e dell'attenzione alle persone in situazioni di precarietà e di esclusione, possa contribuire alla cooperazione e alla solidarietà tra le nazioni”. “La Francia - è il suo augurio - continui a favorire, in Europa e nel mondo, la ricerca della pace e del bene comune, il rispetto per la vita e la difesa della dignità di ogni persona e di tutti i popoli”. Infine, il Papa chiede con tutto il cuore a Dio la benedizione sulla persona del Presidente e su tutti gli abitanti della Francia.

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Papa: la pace di Gesù è reale, non quella anestetizzata del mondo

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La vera pace non possiamo fabbricarla noi, è un dono dello Spirito Santo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha sottolineato che “una pace senza Croce non è la pace di Gesù” e ha rammentato che solo il Signore può darci la pace in mezzo alle tribolazioni. Il servizio di Alessandro Gisotti

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dalle parole rivolte da Gesù ai discepoli nell’Ultima Cena. Il Papa si è così soffermato sul significato della pace donata dal Signore. Il passo degli Atti degli Apostoli della Prima Lettura odierna, ha rilevato, narra delle tante tribolazioni che hanno subito Paolo e Barnaba nei loro viaggi per annunciare il Vangelo. “Questa è la pace che dà Gesù?”, si domanda il Papa. E subito ha osservato che Gesù sottolinea che la pace che dona Lui non è quella che dà il mondo.

Il mondo vuole una pace anestetizzata per non farci vedere la Croce
“La pace che ci offre il mondo – ha commentato – è una pace senza tribolazioni; ci offre una pace artificiale”, una pace che si riduce a “tranquillità”. E’ una pace, ha ripreso, “che soltanto guarda alle proprie cose, alle proprie assicurazioni, che non manchi nulla”, un po’ come era la pace del ricco Epulone. Una tranquillità che rende “chiusi”, non si vede “oltre”:

“Il mondo ci insegna la strada della pace con l’anestesia: ci anestetizza per non vedere un’altra realtà della vita: la Croce. Per questo Paolo dice che si deve entrare nel Regno del cielo nel cammino con tante tribolazioni. Ma si può avere pace nella tribolazione? Da parte nostra, no: noi non siamo capaci di fare una pace che sia tranquillità, una pace psicologica, una pace fatta da noi perché le tribolazioni ci sono: chi un dolore, chi una malattia, chi una morte … ci sono. La pace che dà Gesù è un regalo: è un dono dello Spirito Santo. E questa pace va in mezzo alle tribolazioni e va avanti. Non è una sorta di stoicismo, quello che fa il fachiro: no. E’ un’altra cosa”.

La pace di Dio non si può comprare, senza Croce non è vera pace
La pace di Dio, ha ripreso, è “un dono che ci fa andare avanti”. Gesù, dopo aver donato la pace ai discepoli, soffre nell’Orto degli Ulivi e lì “offre tutto alla volontà del Padre e soffre, ma non manca la consolazione di Dio”. Il Vangelo infatti narra che “gli apparve un angelo dal cielo per consolarlo”:

“La pace di Dio è una pace reale, che va nella realtà della vita, che non nega la vita: la vita è così. C’è la sofferenza, ci sono gli ammalati, ci sono tante cose brutte, ci sono le guerre … ma quella pace da dentro, che è un regalo, non si perde, ma si va avanti portando la Croce e la sofferenza. Una pace senza Croce non è la pace di Gesù: è una pace che si può comprare. Possiamo fabbricarla noi. Ma non è duratura: finisce”.

Chiediamo la grazia della pace interiore, dono dello Spirito Santo
Quando uno si arrabbia, ha rilevato, “perde la pace”. Quando il mio cuore “si turba – ha soggiunto Francesco – è perché non sono aperto alla pace di Gesù”, perché non sono capace “di portare la vita come viene, con le croci e i dolori che vengono”. Dobbiamo invece essere capaci di chiedere al Signore la grazia della Sua pace:

“‘Dobbiamo entrare nel Regno di Dio attraverso molte tribolazioni’. La grazia della pace, di non perdere quella pace interiore. Un Santo diceva, parlando di questo: ‘La vita del cristiano è un cammino fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio’ (Sant’Agostino, De Civitate Dei XVIII, 51, ndr). Il Signore ci faccia capire bene come è questa pace che Lui ci regala con lo Spirito Santo”.

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Il Papa ai calciatori di Juventus e Lazio: siate esempi di lealtà

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I campioni dello sport siano esempi di lealtà e concordia, soprattutto per i più giovani: così il Papa, ricevendo nella Sala Clementina in Vaticano i calciatori di Juventus e Lazio e i dirigenti della Lega Nazionale Professionisti della Serie A, alla vigilia della finale di “Coppa Italia”. Il servizio di Sergio Centofanti

Stringono la mano a Papa Francesco il campione del mondo Buffon e gli argentini della Juventus Higuain e Dybala nonché il laziale Biglia, insieme agli allenatori Allegri e Inzaghi e a seguire tutti gli altri. Il Papa sorride, riceve in dono magliette e un pallone. Quindi torna a ribadire l’importanza dello sport nel nostro tempo. Si complimenta con Juventus e Lazio, “due squadre - dice - che, oltre a raggiungere ottimi risultati, sono molto amate dagli sportivi” e questo - sottolinea – “impegna ancora di più a testimoniare gli autentici valori dello sport”. Infatti, “considerando il fascino e i riflessi che il calcio professionistico ha sulle persone, specialmente sui giovani”, i protagonisti di questo sport hanno una “notevole responsabilità”:

“Coloro che sono considerati ‘campioni’ diventano facilmente figure di riferimento. Perciò ogni gara è una prova di equilibrio, di padronanza di sé, di osservanza delle regole. Chi, col proprio comportamento, sa dare prova di tutto ciò, diventa un esempio per i suoi ammiratori. E’ quello che auguro ad ognuno di voi: di essere testimoni di lealtà, di onestà, di concordia e di umanità”.

Francesco ricorda che “a volte negli stadi si verificano, purtroppo, episodi di violenza, che turbano il sereno svolgimento delle partite e il sano divertimento della gente”:

“Auspico che, per quanto è in vostro potere, possiate sempre aiutare l’attività sportiva a rimanere tale e, grazie all’impegno personale di tutti, ad essere motivo di coesione tra gli sportivi e nell’intera società”.

Il Papa ha così concluso:

“Vi ringrazio di cuore per la vostra visita e vi auguro di fare davvero una bella partita!”.

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Il Papa ai vescovi peruviani: siate pastori della tenerezza e del perdono

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Le sfide della Chiesa in Perù sono state al centro dell’incontro di Papa Francesco ieri in Vaticano con i vescovi peruviani, in visita ad Limina. Un dialogo intenso, durato quasi tre ore, in cui il Papa ha ascoltato i presuli e a sua volta ha parlato con molta spontaneità. Un incontro familiare, in cui si è parlato delle speranze e delle difficoltà della popolazione di questo Paese sudamericano. I vescovi hanno donato al Papa un quadro raffigurante San Martino de Porres, religioso domenicano, figlio di un aristocratico spagnolo e di una ex schiava nera di origine africana, vissuto in Perù dal 1579 al 1639. Ma su questo colloquio ascoltiamo il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima, al microfono di Alina Tufani

R. – Prima di tutto è una grande gioia incontrare il Santo Padre, che si è dimostrato così vicino, ricordando le parole dell’Evangelii gaudium che esortano ad andare fuori, a cercare la gente, a stare più vicino alla gente e ai nostri sacerdoti, come pastori. Mi sembra che per noi il Papa sia come una presenza viva dello Spirito Santo che parla attraverso di lui. Penso che per noi è una grande gioia aver sentito da lui che desidera venire in Perù nel 2018. Nella sua agenda non c’è una data fissa però questo per noi e per il nostro popolo è una bellissima notizia.

D. – Il Santo Padre conosce molto bene la realtà della Chiesa in America Latina….

R. – Lui conosce bene la Chiesa nell’America Latina e ha parlato su questa religiosità popolare, su questa pietà popolare. L’espressione della fede del nostro popolo è molto vicino al suo cuore e ci ha invitati ad andare avanti con questa religiosità popolare, così come con la pietà mariana. Ha parlato anche di San Martin de Porres e di Santa Rosa da Lima, della quale stiamo celebrando i 400 anni dalla sua morte. E un’altra esortazione: la gente desidera che noi vescovi siamo pastori, come lui dice sempre, accanto alla gente, vivendo i problemi da vicino. Loro devono sentire che è proprio un padre, un pastore. Ci ha anche esortati a vivere meglio la comunione tra noi perché l’unità è una testimonianza viva, un segno per la gente. Il Papa ci ha dato un impulso apostolico e missionario perché possiamo svolgere il nostro servizio di pastori nella vicinanza, nella tenerezza, nel perdono. Infine, è intervenuto in modo puntuale sulla nostra Conferenza episcopale.

D. – Quali le sfide in questo momento per la Chiesa peruviana?

R. – La sfida principale è quella di rispondere alla grande domanda che c’è di Dio. E' questo quello che noi sentiamo nella nostra gente. La gente vuole la vicinanza di Dio, crede in Dio e dunque dobbiamo cercare di promuovere di più le vocazioni sacerdotali e una formazione maggiore dei laici e anche dei religiosi per poter affrontare questa sfida, i laici e religiosi, ognuno nel proprio ambito. Tutto questo su una base molto chiara, che è vivere una comunione più intensa tra noi e con il Papa. Lui spinge verso la missionarietà e la vicinanza. Il tutto fondato sulla preghiera, sul nostro amore a Dio, a Cristo, sulla Messa... Per me l'incontro con il Papa è stato come un piccolo ritiro di due ore e mezzo. E tutti noi siamo rimasti molto contenti del suo desiderio di venire in Perù. Aspettiamo il Papa!

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Altre udienze

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Per le altre udienze del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Papa Francesco da Mattarella al Quirinale il 10 giugno

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Sabato 10 giugno Papa Francesco si recherà al Quirinale in visita ufficiale. Lo ha reso noto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Greg Burke. Con tale gesto - ha affermato il portavoce - il Papa intende ricambiare la visita in Vaticano del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, il 18 aprile 2015. Francesco si era già recato al Quirinale il 14 novembre 2013 per incontrare il presidente Giorgio Napolitano. 

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Fisichella: per il Papa santuari sono opportunità di evangelizzazione

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La visita del Papa a Fatima è stato un pellegrinaggio di pace e speranza che mostra come i santuari siano luoghi fecondi per la Nuova Evangelizzazione. E’ quanto sottolinea mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione al quale il Papa ha recentemente affidato le competenze sulla pastorale relativa ai Santuari. Il presule, che era al seguito del Pontefice in Portogallo, si sofferma sui punti forti di questo pellegrinaggio mariano nell’intervista di Alessandro Gisotti

R. – Credo che questo pellegrinaggio si possa sintetizzare, prendendo alcune espressioni di Papa Francesco. La prima è quella di un pellegrinaggio di pace: Fatima con il suo messaggio parla di una grande speranza, che è la speranza che gli uomini possano essere capaci di dialogo tra di loro. Poi c’è il secondo messaggio, che proviene da quanto Francesco ha detto: Fatima è un manto di luce. Il manto di luce significa che la forza della fede e la forza dell’amore debbono diventare ancora di più lo stile di vita dei credenti, e questo mi sembra lo si veda attutato, nel terzo momento fondamentale che ha rappresentato Fatima e che è stato la preghiera. L’esperienza di Fatima è un’esperienza di preghiera. A Fatima si va essenzialmente per pregare la Vergine. Sono davanti ai miei occhi il profondo silenzio che ha caratterizzato la preghiera del Rosario: un silenzio di preghiera, un silenzio di ascolto, un silenzio di meditazione … credo che questo abbia colpito molto.

D. – Normalmente siamo abituati a pensare al movimento dei pellegrini verso un santuario; a Fatima, il Papa ha sottolineato anche l’importanza del movimento dai santuari verso le periferie: una Chiesa missionaria anche in questo...

R. - Certamente, perché il Papa dice che i santuari sono una opportunità insostituibile per l’evangelizzazione, oggi. L’evangelizzazione non vuol dire rimanere rinchiusi in se stessi; evangelizzazione significa andare verso gli altri. E’ una Chiesa che comprende che deve uscire da se stessa e deve raggiungere ogni uomo e ogni donna laddove questi si trovano. E questa esperienza di silenzio, di preghiera diventa una via per l’evangelizzazione perché va verso gli altri e aiuta innanzitutto a far scoprire il senso della nostalgia di Dio.

D. – In queste sue parole si comprende anche il perché il Papa ha affidato proprio recentemente al dicastero da lei guidato le competenze sulla pastorale relativa ai santuari, vero?

R. – Il Papa lo dice esplicitamente, perché Papa Francesco nella lettera con la quale affida al Pontificio Consiglio la competenza sui santuari, dice che questi sono una opportunità insostituibile per l’evangelizzazione e quindi quello che deve essere percepito è proprio l’esigenza di far comprendere quanto la pietà popolare, la religiosità popolare, la spiritualità popolare che si esprime proprio nel pellegrinaggio al santuario possa diventare poi anche uno strumento di catechesi. Il santuario, con la sua vita interna e con la sua capacità di provocare la comunità cristiana a vivere pienamente l’evangelizzazione, diventa una espressione quanto mai significativa.

D. – In un’epoca contraddistinta da spinte secolariste e sicuramente da un certo scientismo, i santuari mariani – lo abbiamo visto poi in modo eclatante a Fatima, nei giorni scorsi – continuano ad attrarre milioni di fedeli ogni anno – fedeli e non, bisognerebbe anche aggiungere … C’è una ricerca di senso insopprimibile nell’uomo?

R. – Certamente. Lei pensi che al Santuario di Guadalupe, soltanto nell’Anno del Giubileo, sono andati circa 22 milioni di pellegrini: questi sono dati! Bisogna andare oltre i dati e oltre i numeri e comprendere che per milioni di persone il santuario rappresenta veramente una parte della propria identità personale. Parlavo con il vescovo di Fatima il quale mi diceva che è stata fatta un’indagine e davanti alla richiesta della identità, qual è la prima cosa che i portoghesi riconoscono, dicevano: in primo luogo la bandiera e in secondo luogo Fatima. Fatima rappresenta una realtà della stessa identità nazionale, non più personale! Incide quindi nella storia. E il santuario, nella misura in cui è vissuto intensamente come espressione ed esperienza di fede, aiuta non poco le persone a ritrovare se stesse, ma aiuta anche a un autentico progresso della società.

Di seguito l'audio integrale dell'intervista a mons. Rino Fisichella: 

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Rapporto Aif: diminuiscono attività sospette

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Prosegue l’attività di investigazione finanziaria in Vaticano. Secondo l’ultimo rapporto dell'Aif, l’autorità che sovrintende questo settore, nel 2016 le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette sono diminuite rispetto al 2015, ma il loro numero è stato comunque più elevato rispetto agli anni precedenti. Alessandro Guarasci:

 

Lo scorso anno ci sono state 207 attività finanziarie sospette contro le 544 del 2015. Lo scrive l'Aif, l'Autorità di Informazione Finanziaria della Santa Sede, nel suo rapporto presentato stamane. Sempre nel 2016, sono stati inoltrati 22 rapporti finalizzati allo svolgimento di ulteriori indagini da parte dell'Autorità giudiziaria vaticana. Il direttore dell’Aif, Tommaso Di Ruzza:

“Il sistema di segnalazione è progressivamente più efficiente. L'ufficio del promotore di giustizia e cooperazione internazionale riescono a svolgere pienamente la loro funzione”.

Per il presidente dell’Aif, René Brülhart, siamo di fronte a un processo che sta gradualmente maturando:

"Se si analizza tutto il procedimento, in particolare degli ultimi tre-quattro anni, legato al processo di bonifica dello Ior, queste decrescite di fronte alle quali ci siamo trovati nel 2016 veramente non sono state una sorpresa. Credo che sia una logica conseguenza sul cammino che abbiamo seguito negli ultimi anni, ed è quello che chiamerei ‘consolidamento ordinario’ del sistema di segnalazione come tale".

E’ stato infatti concluso il programma di revisione di tutti rapporti avviato nel 2013 dallo Ior. Cresce poi la cooperazione internazionale tra l'Aif e unità finanziarie estere, si è passati da 81 casi del 2013 a 837 del 2016. Al 31 dicembre dello scorso anno erano 32 gli enti esteri con cui l’Aif collaborava.

Quattro le sospensioni di transazioni ed operazioni, mentre c’è stato il blocco di un conto corrente o di altra risorsa economica. Ma in entrambi i casi il valore globale è in netto calo rispetto al 2015. In lieve aumento invece il numero delle dichiarazioni di trasporto transfrontaliero di denaro contante in entrata e in uscita.

In merito ai rapporti con Moneyval, il comitato di esperti del Consiglio d’Europa per la valutazione delle misure contro il riciclaggio, René Brülhart è stato chiaro:

"Se si legge con attenzione Moneyval, direi che alla Santa Sede è stato riconosciuto grande merito per il grande progresso fatto nel campo”.

Nel 2016, poi, il presidente del Governatorato ha emanato 29 ordinanze che aggiornano la lista dei soggetti che minacciano la pace e la sicurezza internazionale.

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Mons. Auza all'Onu: agire contro violenza sulle donne nei conflitti

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Un richiamo fermo agli Stati e alla comunità internazionale perché sia data priorità alla lotta contro la violenza sessuale nei conflitti, è stato lanciato dall’arcivescovo Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York. Il presule è intervenuto ieri al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, durante il dibattito pubblico sul tema “Donne, pace e sicurezza”. Il servizio di Roberta Gisotti:

“La sofferenza incalcolabile di cosi tante donne, che continuano oggi ad essere vittime di tale crudeltà, non può non mettere il fuoco sotto i nostri piedi per spingerci tutti all’azione”. Con parole forti mons. Auza, si è riferito all’ultimo rapporto presentato dal segretario generale dell’Onu sulla violenza sessuale nei conflitti, ricordando che con questa espressione si comprendono rapimenti e traffico di persone, schiavitù sessuale, prostituzione, aborti, sterilizzazioni e matrimoni forzati.

In questo contesto “terribile e criminale”, il rappresentante della Santa Sede ha voluto porre l’attenzione sull’uso della violenza sessuale come “tattica di terrorismo”. “I motivi – ha detto – dietro a questo crimine particolarmente malvagio”, enumerati nel rapporto, “sono una litania del male e includono: incentivare il reclutamento di terroristi, terrorizzare e disperdere le popolazioni, forzare conversioni attraverso matrimoni, sopprimere i diritti fondamentali delle donne, generare ricavi dal traffico sessuale, estorcere riscatti da famiglie disperate, offrire donne e ragazze come vittime di guerra per compensare i combattenti, poi titolati a rivenderle e o a sfruttarle come desiderano e usando donne e ragazze come scudi umani e kamikaze”.

E dunque - ha ammonito il presule - “non c’è bisogno di altre prove per documentare che donne e ragazze sono specificatamente mirate come tattica per suscitare paura, annientare la loro volontà e ottenere ricavi per la macchina terroristica”.

“In risposta a questa cultura delle violenza - ha quindi concluso il capo della delegazione vaticana - il mondo, specialmente donne e ragazze la cui dignità è ferocemente violata, guardino al Consiglio di Sicurezza per la speranza e l’azione”. E che “non sperino invano”.

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In Vaticano il Treno dei Bambini, 400 piccoli dalle zone terremotate

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Presentata oggi la quinta edizione de “Il Treno dei Bambini”, l’iniziativa in programma il 3 giugno ideata dal “Cortile dei Gentili”, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato che quest’anno porterà in Vaticano dal Papa 400 bimbi provenienti dai comuni terremotati dell’Italia centrale. Il tema stavolta è la salvaguardia del Creato, ovvero “Piccoli viaggiatori, grandi ambasciatori, custodi della Terra”. C’era per noi Cecilia Seppia

E’ l’Italia dei piccoli, quella ferita, spezzata in due dalle scosse del terremoto che ha ingoiato case, scuole, persone, e rubato l’infanzia, ad essere protagonista del Treno dei Bambini, giunto alla sua quinta edizione. 400 ragazzini tra i 6 e i 12 anni, arriveranno il 3 giugno, a bordo di un Freccia Rossa 1000, dai comuni di Amatrice, Accumoli, Norcia e Arquata del Tronto, fin dentro il Vaticano, con un’importante missione: farsi ambasciatori di un ambiente che non deve essere più sfruttato in modo miope ed egoistico, ma custodito con rispetto ed equilibrio. Il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che attraverso il Cortile dei Gentili ha promosso l’evento:

“Questa iniziativa è centrata soprattutto sulla figura del bambino, il quale ha al suo interno, da un lato una sensibilità straordinaria nel riuscire a vivere e ad elaborare più dell’adulto le esperienze, qualche volta veramente tragiche, che ha avuto; dall’altro lato è anche l’occasione per scoprire in lui quanto può insegnare agli adulti. Essendo la quinta volta che portiamo questi bambini e avendo ormai coperto un ventaglio molto complesso, molto ricco di colori, colori truci purtroppo, alcune volte cupi, partendo dal fatto, per esempio di bambini con esperienze famigliari traumatiche estreme passando attraverso i rifugiati, quelli della dispersione scolare, oppure i figli dei detenuti abbiamo voluto anche scegliere un orizzonte un po’ particolare che è l’orizzonte che domina in questo momento in Italia: quello di questi bambini che hanno vissuto questa esperienza. Il Papa ha accettato subito con entusiasmo - posso dirlo perché l’ho sentito al telefono -  perché aveva visitato questo orizzonte di sofferenza, ma anche di speranza”.

L’iniziativa, che ha portato quest’anno anche alla pubblicazione di un libro destinato ai ragazzi, dal titolo “Noi su questa terra che balla”, si svolge per la prima volta con il patrocinio del Senato della Repubblica italiana. Il presidente Pietro Grasso, in conferenza stampa, si è detto convinto che l’educazione delle giovani generazioni e la cultura della prevenzione, siano ancora i motori più potenti ed efficaci per tutelare il territorio, ricostruirlo sotto il segno della speranza:

“Questo connubio di scuola, formazione  e famiglia è importante per potere appunto prevenire soprattutto quella paura o quel panico quando avvengono eventi come il terremoto e adottare invece i comportamenti giusti fin da subito”.

D. - Tocca anche allo Stato garantire stabilità, sicurezza e in questa fase agevolare la ricostruzione. A che punto siamo, presidente?

R. - Purtroppo non è così rapida come ci si aspettava. Ci sono stati dei passi avanti, ma dovremmo cercare di renderla ancora più rapida perché le aspettative, le attese di chi ha passato quei momenti con la terra che ancora trema è doveroso. La ricostruzione, questo dobbiamo capirlo tutti, può essere un’opportunità! Io ho avuto modo di riscontrarlo sul territorio. Recentemente sono stato nelle Marche e mi hanno detto che il terremoto del 1997 è stato un’occasione per potere ricostruire con nuovi criteri antisismici tutte le cose più importanti, anche le bellezze artistiche della regione, del Paese. Quindi ecco perché è un’opportunità che non ci dobbiamo lasciare sfuggire.

Dopo un giro tra i giardini e le opere d’arte dello Stato Pontificio, momento culmine per questi bimbi, che già vivono l’attesa trepidante, sarà l’incontro con il Papa, nell’atrio dell’Aula Paolo VI, dove saranno accolti anche dall’orchestra Maré do Amanha, proveniente da Rio de Janeiro. A Francesco rivolgeranno le loro domande, consegneranno il libro scritto a titolo gratuito da tanti esperti, architetti, docenti, psichiatri e sismologi, con consigli su come affrontare il terremoto, per poi ribadire un messaggio caro al Papa della Laudato si’: “non possiamo impedire le catastrofi, ma possiamo fare molto per rispondere al pericolo in modo efficace”. Innanzitutto metterci in ascolto del grido della Terra che prima di tutto è madre. Ancora il card. Ravasi:

“Alla fine è forse questo il significato fondamentale, perché ormai sul terremoto si è detto tutto e il contrario di tutto. Forse, adesso ci si potrebbe muovere di più lungo due traiettorie: da un lato quella di considerare i fenomeni naturali come componenti esistenziali, non semplicemente accidenti esterni della natura. Cambia la vita quando tu hai attraversato un terremoto, un sisma; cambiano anche le relazioni tra le persone, perché pensiamo solamente a cosa vuol dire – non dico perdere un genitore o un figlio, un evento drammatico – la perdita della casa che è come il grembo nel quale uno ha la sua storia, la sua vicenda e, dall’altra parte, insegnare soprattutto ai bambini che devono diventare quasi testimoni per gli adulti della necessità di custodire il creato perché non è vero che tutte le catastrofi sono irrevocabili. Possono, in molti casi, essere superate attraverso le vie della scienza e della conoscenza”.

 

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Oggi in Primo Piano



P. Solalinde: 'camminare' con i migranti, nonostante la paura

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E’ stato ucciso in Messico, probabilmente da sicari dei narcotrafficanti, Javier Valdez, uno dei giornalisti più impegnati nel seguire la cronaca della guerra fra cartelli della droga. L’uomo è stato freddato da colpi di arma da fuoco mentre arrivava alla sede del suo giornale. Valdez, molto noto per il suo lavoro, aveva vinto una serie di premi, fra cui il Press Freedom Award americano. Antonella Palermo ha raccolto la testimonianza di padre Alejandro Solalinde, sacerdote messicano che nel 2007 ha fondato un centro di aiuti per i migranti diretti negli Stati Uniti, più volte minacciato di morte dai narcos per le sue denunce di soprusi e violenze, anche con la complicità - afferma - di forze interne allo Stato: 

R. – Sono molto commosso, questa notizia mi tocca molto: nei primi 5 mesi dell’anno sono stati già uccisi 5 giornalisti.

D. – Lei ha scoperchiato uno sfruttamento dei migranti di proporzioni colossali, ha portato alla luce una macchina che agisce consegnando i migranti nelle mani del crimine con la complicità di persone all'interno delle istituzioni. Come è riuscito finora a non soccombere e come gestisce la sua paura?

R. – In Messico siamo tutti a rischio, in particolare gli attivisti, i giornalisti e i sacerdoti. La fede mi aiuta ad andare avanti, io mi affido alle mani di Dio. Sì, è vero, ho 4 uomini di scorta, è una scorta che cerca di difendermi, non attaccherebbe mai per prima, quindi alla fine, la mia speranza è riposta in Dio.

D. – Come si ferma, padre, questa speculazione senza scrupoli sui migranti?

R. – I migranti sono le persone più vulnerabili. Non solo sono poveri, di fatto non esistono, perché non hanno documenti, quindi in tanti possono lucrare su di loro: i narcotrafficanti, che li trasformano in merce, funzionari statali che lavorano in combutta con i narcotrafficanti e vari criminali. In Messico ci sono una sessantina di case del migrante, ricevono tutte minacce per la loro attività; ci sono 500 attivisti che si occupano di difendere i diritti dei migranti, anche loro sotto costante minaccia. Non vedo una fine a breve periodo, non è una cosa che si può risolvere facilmente né in fretta, è necessario un cambiamento di governo.

D. – Qualche volta lei si è chiesto: ma chi me lo ha fatto fare?

R. – Camminare con i migranti e aiutarli è un’avventura, ma è un’avventura con Cristo. Io spesso resto sorpreso e ammirato non di quello che faccio io, ma di quello che fa Cristo attraverso me per i migranti. Lavorando con loro mi sono reso conto che i migranti sono un segno dei tempi, perché sono i pionieri di una nuova civiltà che sta nascendo. A differenza, però, delle invasioni barbariche delle epoche precedenti, questa entrata di persone dal sud non viene a distruggere, ma a costruire, perché hanno valori che il nord del mondo sta perdendo. Hanno prima di tutto una fede, una fede in Cristo, una fede nell’essere umano, un amore nella famiglia, un amore per la comunità per il lavoro. Non sono ossessionati dai soldi. Quando parlo di fede in Cristo ovviamente parlo dei latinoamericani, però anche i migranti di altre religioni che arrivano in Europa hanno una fede grande in Dio, indipendentemente da come lo chiamino.

D. - E a chi intravede il pericolo del terrorismo che può annidarsi in questi flussi di migranti lei come risponde?

R. – I migranti non sono un universo compatto, nel mondo delle migrazioni possono penetrare anche persone con altri propositi: politici, terroristici, economici. Non sono però migranti, ma persone che sfruttano il flusso migratorio per altri propositi.

D.  – Lei avrà modo di vedere domani il Papa all'udienza generale...

R. – Sono molto emozionato perché non ho mai potuto avvicinare il Santo Padre, quindi è un momento di grande gioia.

D. - Come guarda all’azione di Papa Francesco alla guida della Chiesa universale?

R. – Bellissima e provvidenziale.

D. – Cosa gli dirà?

R. – Non so se riuscirò a parlargli. Spero che almeno da lontano sappia che lo amo profondamente e che ho molta speranza in lui!

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Merkel e Macron d'accordo sulla riforma dell'Europa

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L’Europa al centro del colloquio, ieri a Berlino, tra il neopresidente francese, Emanuel Macron, e il cancelliere tedesco, signora Angela Merkel. I due leader si sono trovati d’accordo sull’esigenza di riformare l’Unione dei 27, un tema, questo, rilanciato proprio dal capo dell’Eliseo di fronte alle pressanti esigenze internazionali. Ma che cosa vuol dire riformare oggi l’Europa? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Carlo Casini, già parlamentare europeo e presidente del Movimento per la Vita: 

R. - Non basta affatto pensare all’Europa come a un mercato, come a un’area di progresso economico: ci vuole anche questo, ma ricordo sempre ciò che Giovanni Paolo II disse a noi, del Movimento per la vita: “L‘Europa di domani è nelle vostre mani. Voi lavorate per restituire all’Europa la sua vera identità, quella di essere il luogo dove la persona – ogni persona – è accolta nella sua incomparabile dignità”. Quindi, o si riscoprono le origini dell’Europa, o si ridà un’anima all’Europa, o altrimenti tutte le riforme non servono a niente. Ecco perché, almeno noi cattolici, abbiamo questo compito: fare riscoprire i valori di fondo del Vecchio Continente, tutti legati alla dignità dell’uomo. Quindi, ci vogliono riforme strutturali, una più stretta unione – anche dal punto di vista dell’efficienza democratica – ma bisogna ritrovare un umanesimo che sia legato come prima cosa alla dignità umana.

D. – Esigenze come il rafforzamento della sicurezza e l’accoglienza dei migranti rischiano di essere due questioni in conflitto?

R. – Assolutamente no! E’ logico che noi dobbiamo avere le braccia aperte; anche se è vero che un’immigrazione senza alcun controllo rischia di trovare un’incentivazione ad atti terroristici. Quindi, un controllo sì, ma con le braccia aperte. Tutto questo non è facile, però il criterio non può essere che questo.

D. – L’accelerazione data alle riforme europee dall’elezione del presidente francese Macron rischia di far diventare un’eventuale riforma soltanto qualcosa gestita da pochi Stati?

R. – L’Europa è una comunità di popoli e quindi tutti devono concorrere. Ci sono degli Stati più forti e degli Stati meno forti, ma certo l’Italia è un Paese fondatore e non può essere collocato tra gli Stati più deboli. Io ho abbastanza fiducia nella Merkel, ma sono contrario a creare un’Europa a due velocità: l’Europa dev’essere a una sola velocità e quindi noi dobbiamo premere in questa direzione. Penso che molte delle cose che sono successe, ad esempio, negli ultimi tempi – come i bombardamenti francesi sulla Libia, eccetera – sono dovuti al fatto che non c’è una difesa europea unitaria. Quell’idea di De Gasperi, di avere un esercito unico, era un modo per far sì che non ci fossero mosse isolate, che poi mettessero in pericolo la pace, e soprattutto si creasse una vera e propria comunità politica.

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L'Iran verso il voto: sondaggi, Rohani in vantaggio su Raisi

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Oltre 56 milioni di iraniani sono chiamati il 19 maggio alle presidenziali nella Repubblica islamica. Un voto cruciale che dovrà decidere se confermare il presidente uscente, il riformista Hassan Rohani, o scegliere il conservatore Ebrahim Raisi, custode del santuario dell'Imam Reza a Mashhad. Il servizio di Giada Aquilino

Su sei candidati ammessi dal Consiglio dei Guardiani, la sfida è tra il moderato riformista Hassan Rohani, presidente uscente che nel 2015 ha siglato coi mediatori internazionali l’accordo sul nucleare di Teheran, e il conservatore Ebrahim Raisi, ritenuto vicino alla Guida suprema, l’ayatollah Sayyed Ali Khamenei. Nella lista, tra gli altri, figurano anche il primo vicepresidente, Es-Hagh Jahanguiri, e il sindaco conservatore di Teheran, Mohammad Bagher Ghalibaf. A quattro giorni dalle presidenziali in Iran, gli ultimi sondaggi danno riformisti e moderati al 41,8%, i conservatori al 23,3%. Ma c’è un altro dato che emerge, come spiega Annalisa Perteghella, ricercatrice dell’Ispi:

“Gli indecisi sarebbero tra il 40 e il 50 per cento, quindi potrebbero decisamente ribaltare il risultato delle elezioni. Rohani è stato sì premiato per aver concluso l’accordo nucleare ed aver portato in qualche modo l’Iran fuori dall’isolamento internazionale, al contempo però questo accordo non ha avuto gli effetti che si speravano perché l’economia iraniana è ancora lungi dal riprendersi dagli anni di sanzioni. Questo ha dato modo ai suoi avversari, soprattutto a Raisi e Ghalibaf, che sono appunto due avversari del fronte conservatore, di dipingerlo come un presidente che non è stato in grado di apportare fiducia all’economia del Paese e soldi sulla tavole degli iraniani”.

Il confronto non è soltanto sui risultati dell’intesa riguardante i programmi atomici iraniani, ma anche sul campo dei conti, del fisco, dell'occupazione, delle sovvenzioni ai meno abbienti:

“Gli scarsi risultati della liberalizzazione economica, dopo l’allentamento delle sanzioni, non sono totalmente imputabili a Rohani, perché l’economia iraniana ha delle carenze strutturali: ci sono delle forti resistenze alla liberalizzazione e all’apertura dell’economia che è in buona parte in mano ad apparati parastatali vicini, ad esempio, alle Guardie della rivoluzione, i Pasdaran. Il presidente può fare ben poco. Credo che l’economia sia la vera quesitone che deciderà queste elezioni. È sicuramente un momento migliore rispetto al 2013, quindi alla precedente tornata elettorale perché Rohani ereditava una struttura economica da Ahmadinejad decisamente in rovina, vuoi per le sanzioni, vuoi per le sue politiche populiste. L’inflazione si è decisamente abbassata, il Pil è tornato a crescere. Al contempo però ci si aspettava che gli effetti dell’accordo si potessero sentire anche a livello concreto tra la popolazione. Così non è stato o non è stato abbastanza”.

Oltre 56 milioni gli aventi diritto al voto: se il 19 maggio nessuno dei candidati dovesse arrivare alla soglia del 50% delle preferenze, si andrebbe al secondo turno il 26 maggio. Nel 2013 Rohani riuscì nell'impresa al primo turno, raggiungendo il 50,71%. Al suo fianco si è schierato l’ex presidente riformista Mohammad Khatami, ma cruciale rimane il voto dei giovani:

“Secondo gli ultimi sondaggi la maggioranza dei giovani voterà per Rohani. Però l’incognita dell’astensione è alta. La sorpresa maggiore sarebbe se Rohani non riuscisse ad ottenete la maggioranza assoluta e quindi si dovesse andare al ballottaggio: un presidente uscente non è mai andato ballottaggio. Se dovesse accadere questo, si potrebbe compattare il fronte conservatore - che al momento è al 20 per cento per Ghalibaf e poco di più per Raisi - e quindi questo potrebbe rappresentare una seria sfida per Rohani”.

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Elezioni Regno Unito. Vescovi: non dimenticare i poveri

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“Ti raccomandiamo di andare a votare. Il tuo voto è una questione di coscienza”: si apre così il messaggio che i vescovi di Inghilterra e Galles hanno diffuso in vista delle elezioni in programma il prossimo 8 giugno. Nel documento episcopale, che verrà letto domenica prossima, 21 maggio, in tutte le 2.566 parrocchie cattoliche delle 22 diocesi del Paese, è elencata una serie di domande che i fedeli possono porre ai candidati per conoscere la loro posizione sui temi più importanti per i cattolici.

Proteggere indigenti e promuovere sviluppo internazionale
Al primo posto c’è la preoccupazione dei vescovi per i poveri ed i vulnerabili: “I candidati come si impegnano a proteggere gli indigenti ed a rilanciare lo sviluppo internazionale?” è la domanda essenziale da porsi, riguardante anche l’emergenza abitativa di molte famiglie. Altro tema essenziale sul quale riflettere – spiegano i vescovi – è la così detta “Brexit”, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. “Ci sono oltre tre milioni di cittadini dell'Ue che vivono nel Regno Unito e circa un milione di cittadini britannici che vivono altrove”, si legge nel documento, che parla di “un futuro incerto” e sottolinea l’importanza di tutelare i diritti in particolare nell’ambito del lavoro, dell’ambiente e dello sviluppo dei Paesi più poveri.

Difesa della vita dal concepimento alla morte naturale
Ulteriori domande da porre ai candidati riguardano la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale, con particolare riferimento alla legge che impedisce la legalizzazione del suicidio assistito e con un forte appello a tutelare la famiglia ed i minori. Centrale, poi, il richiamo alla riforma carceraria, affinché i candidati non dimentichino che “in una società civile, le prigioni dovrebbero essere luoghi di redenzione e riabilitazione”, così come l’esortazione all’accoglienza dei migranti, secondo “una politica chiara” ed “equa” per tutti coloro che “vogliono entrare e lavorare per il Regno Unito”.

Accogliere migranti e rifugiati, tutelare libertà religiosa e di credo
Il medesimo appello viene lanciato dai vescovi anche in favore dei rifugiati e dei richiedenti asilo, in particolare siriani. “I candidati – chiedono i presuli –lavorano per garantire questo impegno all’accoglienza?  E promuovono una società che contrasta i crimini di odio?”. Quindi, spazio al principio della libertà di religione e di credo: “In tutto il mondo – si legge nel documento – milioni di persone vengono perseguitate a causa delle loro convinzioni religiose. Come intendono, quindi, i candidati promuovere la libertà di religione e la tutela delle minoranze, comprese quelle cristiane?”.

Lotta alle nuove forme di schiavitù
Le ultime domande riguardano l’importanza delle scuole cattoliche che “contribuiscono positivamente alla società, offrendo il loro servizio ad oltre 845 mila bambini” del Paese. Di qui, il richiamo della Chiesa alla libertà, per i genitori, di scegliere il tipo di educazione da impartire ai propri figli. La nota episcopale si conclude con un forte appello contro le forme moderne di schiavitù, “gravi violazioni della dignità umana” che richiedono una lotta serrata, accompagnata dall’assistenza alle vittime. “Il Regno Unito - concludono i vescovi - ha una lunga tradizione di generosità e giustizia. I valori contenuti in queste domande sono fondamentali per il nostro modo di vivere e per il bene della nostra società”. (I.P.)

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Malta: vescovi chiedono voto responsabile alle elezioni

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È un appello alla responsabilità quello lanciato dai vescovi di Malata e Gozo, rispettivamente mons. Charles Scicluna e mons. Mario Grech, in vista delle elezioni generali che si terranno nel Paese il prossimo 3 giugno. “Si tratta - scrivono i presuli - di un evento importante per la vita della società maltese. Scegliamo a chi affidare la leadership nazionale per i prossimi anni”.

Scegliere in favore del bene comune
Di qui, il richiamo ad una “grande responsabilità” che richiede “una buona preparazione per poter prendere una decisione consapevole”. Ma tale responsabilità, prosegue il testo, implica il riconoscere “davanti a Dio ciò che è giusto e vero” e quindi “lo scegliere ciò che va davvero a beneficio del bene comune ed in favore di una società giusta”.

Tutelare vita e dignità umana
“Il nostro voto – sottolinea la Chiesa di Malta – deve rispondere a questa domanda: quale tipo di società vogliamo per noi stessi e per le generazioni future?”. E la risposta deve guardare a “persone con saggezza ed integrità, che facciano tesoro ed abbraccino i valori etici in cui crediamo”, tra cui quello “supremo della protezione della vita umana dal concepimento e fino alla morte naturale”, insieme al “rispetto per la dignità di ogni persona”. Infine, i presuli lanciano un appello alla partecipazione civica alle elezioni ed esortano “al dialogo” ed al “profondo rispetto per la verità e per l’altro, compreso chi ha opinioni diverse”.

Attenzione alla salvaguardia del Creato
E sempre in vista delle elezioni generali, anche la Commissione ambientale della Chiesa cattolica ha diffuso un documento apposito. In esso, si chiede ai candidati di “non fare promesse insostenibili che in seguito risulteranno dannose per tutti, soprattutto per i più vulnerabili”. “Rivolgiamo un appello ai partiti - si legge nel testo, riportato dall’agenzia Sir - perché s’impegnino nel settore dell’ambiente, con fatti, leggi e politiche che non contengono scappatoie che danno origine ad abusi”.

Ridurre gli sprechi ambientali
Il documento contiene anche venti richieste dettagliate tra cui, ad esempio,  la concessione del diritto di veto in materia di permessi da concedere all’autorità nazionale per l’ambiente e a quella per il patrimonio culturale; la revisione completa di tutte le politiche e i piani di costruzione; la definizione di regole per l’inquinamento acustico; la riduzione degli sprechi nell’illuminazione.

Non dimenticare le necessità abitative
Inoltre, si chiede che i parlamentari rendano note “le posizioni che occupano nelle compagnie e nelle imprese private” e che si faccia uno studio annuale delle necessità abitative. Al centro del documento, poi, un’analisi della proposta di costruire un tunnel tra Malta e l’isola di Gozo, con l’appello a valutare alternative attraverso consultazioni pubbliche e studi di fattibilità, che ne considerino l’impatto economico e ambientale. “Il nostro patrimonio è fragile - conclude la Commissione -  ma è anche una risorsa economica e la protezione dell’ambiente è importante per il benessere fisico e mentale delle persone”.

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Crotone. Misericordie e Libera: mafia pervasiva, non accada mai più

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Condanna e disapprovazione da parte di tutto il mondo del volontariato relativamente all’inchiesta sul Cara di Isola di Capo Rizzuto, che ha portato all’arresto di 68 persone legate al locale clan della ‘ndrangheta degli Arena. Coinvolti nel business dell’accoglienza dei migranti anche Leonardo Sacco, presidente della sezione calabrese della Confraternita delle Misericordie, e don Edoardo Scordio, parroco della Chiesa di Maria Assunta, i quali domani saranno ascoltati dal giudice delle indagini preliminari. Intanto il mondo del terzo settore rivendica il suo impegno e s’interroga sulle strategie per portare maggiore trasparenza. Il servizio di Marco Guerra: 

Intestazione fittizia di beni, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture e altri reati di natura fiscale, tutti aggravati dalla modalità mafiose. Sono queste le accuse della procura di Catanzaro nei confronti della rete che gestiva il centro di accoglienza di Isola di Capo Rizzuto. Il più grande d’Europa. La Confraternita delle Misericordie ha commissariato la sezione calabrese, inviando il consigliere nazionale Alberto Corsinovi sul posto per prendere il controllo della situazione. Sentiamo il presidente nazionale delle Misericordie Roberto Trucchi:

R. – Sì, è stato inviato per cercare di capire un po’ qual è la situazione reale in questo momento a Isola; cercare di dare continuità al servizio del centro, tentare di riallacciare un po’ i rapporti con quello che rimane della Misericordia che abbiamo però deciso di commissariare; il commissariamento è praticamente già in atto. Sul posto è già presente il commissario che gestirà la Misericordia nei prossimi giorni.

D. – Le vicende che ruotano intorno all’inchiesta porteranno – immagino - alle dimissioni, all’estromissione di don Scordio e di Leonardo Sacco dalle Misericordie …

R. – Don Scordio è il co-rettore della Misericordia. Di solito questa figura è nominata dall’ordinario diocesano, quindi è il vescovo che lo nomina. Poi la confederazione ne prende atto. Devo dire che tra l’altro, almeno da quando sono presidente, don Scordio ricopriva già questa carica da anni. Presumo che spetti al vescovo nominare un nuovo co-rettore della Misericordia di Isola; ci metteremo in contatto naturalmente con il vescovo e cercheremo di capire come fare questo passaggio. Per quello che riguarda Leonardo Sacco, è stato eletto all’interno del collegio regionale, quindi sono state le Misericordie della Calabria che lo hanno eletto. Presumo quindi che entrambi decadranno dal ruolo che ricoprono.

D. – Voi giustamente affermate: “Otto secoli di storia non vengono cancellati da questi fatti” …

R. – La Misericordia nasce a Firenze nel 1244. Nasce per rispondere alle esigenze della popolazione in difficoltà. Le misericordie hanno attraversato guerre, pestilenze, disastri e ancora oggi sono al servizio delle popolazioni. Evidentemente nel dna c’è qualcosa di forte, di grande, che ci consente di andare avanti. Continueremo a farlo nel servizio sanitario, nei servizi sociali, nel servizio di accoglienza. Sicuramente questa situazione potrebbe creare qualche dubbio nelle persone; noi diciamo che chi ci conosce, le comunità, sanno cosa sono le Misericordie e cosa fanno.

D. – Il tema della trasparenza e degli interessi economici inevitabilmente si intreccia con il sistema dell’accoglienza dei migranti …

R. – Certo, è un tema abbastanza impegnativo e complicato. Io credo che tutti insieme, con le istituzioni, ma anche con tutto il terzo settore con il quale ci stiamo già confrontando su questo argomento, dobbiamo collaborare. È chiaro che poi l’applicazione di tutta una serie di norme è sempre demandata agli uomini, quindi gli errori sono possibili. Però, veramente, è un momento un po’ particolare per noi e per tutti. Noi diamo la disponibilità anche a tutte le realtà del terzo settore di metterci attorno ad un tavolo per cercare di capire qual è il sistema migliore per gestire l’accoglienza. Probabilmente se ci sono stati degli errori, dobbiamo studiare e capire davvero dove poter intervenire. Credo che la trasparenza debba essere messa al primo punto. Non si può prescindere da questo. Anche un minino dubbio può intaccare quanto di buono poi viene fatto, quindi francamente credo che questo sia davvero l’obiettivo primario.

D. – Questi fatti di cronaca sono condizionati anche dalla gestione emergenziale del flusso migratorio?

R. – Questo è chiaro. È chiaro che l’emergenza porta ad avere queste problematiche, quindi il sistema deve essere strutturato. Negli ultimi quattro anni abbiamo fatto una grande attività di attenzione su quelle Misericordie che nascevano dall’oggi al domani e spesso legate a situazioni per richiesta di gare di appalto. Non abbiamo accolto diverse richieste di Misericordie, abbiamo escluso alcune Misericordie che non ci davano la sensazione di essere associazioni che svolgevano le proprie attività con lo spirito proprio delle Misericordie. Faremo ancora più attenzione su questo. Io rivolgo l’appello a tutti i volontari perché ognuno nelle proprie realtà, nelle proprie comunità, vigili perché le proprie realtà siano realtà vere e di misericordia, che abbiamo un loro co-rettore spirituale all’interno, che faccia il proprio lavoro e faccia il proprio servizio. È chiaro che in questo momento siamo tutti un po’ colpiti da quanto è accaduto, perché una cosa veramente molto, molto brutta e molto grande.

Biasimo e sconforto è espresso dai delegati locali di Libera, l'associazione da sempre impegnata nella lotta alla mafia sul territorio. Le parole della delegata della Locride Deborah Cartisano: 

R. – Questo è un dramma gravissimo, un dramma che ci sconvolge perché non ci si aspettava una cosa del genere. Sicuramente siamo sconvolti da questo. Fare un business sull’accoglienza, su queste persone che si aspettano da noi aiuto, dev’essere un campanello d’allarme per tutta la società civile perché non possiamo, sicuramente non possiamo fare in modo che ciò accada nel futuro … E’ difficile. E’ difficile vedere questo perché purtroppo poi getta una cattiva luce su tutti, e non è giusto, perché invece ci sono tantissime associazioni, tante realtà che lavorano senza neanche essere poi riconosciute o conosciute; quindi, essere poi confusi con queste situazioni bruttissime significa che il danno è per tutti, ma soprattutto per chi invece lavora onestamente, per chi lavora in questo campo da anni.

D. – “Libera” porrà attenzione anche a quelle situazioni del terzo settore? Purtroppo, c’è il pericolo di infiltrazione nel terzo settore …

R. – Guardi, quello c’è ovunque. Non possiamo pensare che ci siano dei settori in cui la ‘ndrangheta, le mafie, non cerchino di mettere mano: quello vale per tutti i settori. Purtroppo, l’attenzione è questa. Noi, facendo avvicinare a noi delle realtà, cerchiamo di essere veramente attenti e puntuali, però queste infiltrazioni possono esserci dappertutto. Noi, per quello che possiamo, li teniamo alla larga dalle nostre associazioni, dalle nostre realtà; purtroppo, la ‘ndrangheta riesce a essere pervasiva: la ‘ndrangheta sa dove c’è il business e purtroppo il business in questi anni è stato l’accoglienza. Cioè, bisogna fare attenzione in tutti gli ambienti: purtroppo, nessuno è esente.

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Canada: al via la Settimana nazionale per vita e famiglia

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“L’amore cresce donando”: è questo il tema della Settimana nazionale per la vita e la famiglia, promossa dalla Conferenza episcopale canadese fino al 21 maggio. Un’iniziativa che si svolge ogni anno con lo scopo, spiega in una lettera aperta ai fedeli mons. Douglas Corby, presidente dell’episcopato, di “riflettere sull’importanza della famiglia e rinnovare l’impegno dei cristiani a sostenere la dignità della vita umana in ogni fase del suo sviluppo, dal concepimento e fino alla morte naturale”.

Ogni forma di povertà nasce da una privazione familiare
“Nessuno di noi – continua la missiva – può essere inconsapevole o immune dal dolore provocato dalle grandi sfide che le famiglie contemporanee devono affrontare”, poiché “ogni forma di povertà, sia essa materiale, emotiva, morale o spirituale, ha origine in una qualche privazione all’interno della famiglia”. Anzi, ribadisce mons. Corby: ciò che manca, oggi, è “l’amore, l’amore di Cristo che dà senza pensare al proprio tornaconto”, “un amore trasformante” legato alla giustizia ed alla misericordia.

Tutelare la vita in ogni contesto
Di qui, il richiamo a tutelare la vita in ogni contesto, “specialmente in famiglia”, guardando anche all’esempio di Maria, chiamata a “contenere la pienezza dell’amore di Dio”. (I.P.)

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Arcivescovo Filibus nuovo presidente della Federazione luterana mondiale

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L’arcivescovo nigeriano Musa Panti Filibus è stato eletto nuovo presidente della Federazione luterana mondiale durante i lavori della dodicesima assemblea generale svoltasi a Windhoek, in Namibia. Lo riferisce L’Osservatore Romano. Si tratta del secondo presidente proveniente dall’Africa dopo Josiah Kibira, vescovo della Tanzania, alla guida della Flm dal 1977 al 1984.

Una scelta che riflette il peso crescente dell’Africa nella comunione luterana
Una scelta significativa quella dei delegati provenienti da ogni angolo del pianeta, volta a premiare da un lato il crescente peso specifico del continente africano all’interno della comunione luterana e, dall’altro, il grande lavoro svolto dall'arcivescovo Filibus, sia all’interno del proprio Paese martoriato dagli attacchi del gruppo terroristico Boko Haram, sia in ambito internazionale con i ruoli di segretario del dipartimento per le missioni e lo sviluppo dell’Africa e con l’impegno nella politica inclusiva di genere, fra i caposaldi della Federazione luterana mondiale.

Finisce il settennato del vescovo Munib Younan
Filibus, che succede al vescovo Munib Younan e resterà in carica per sette anni, fino al 2024, nel discorso di insediamento ha voluto ricordare le sfide per i prossimi anni: “Il mio sogno è quello di una Federazione sempre più protagonista in ambito diaconale nell’affrontare le grandi tragedie del nostro tempo, a partire dai milioni di profughi costretti a fuggire dalle proprie terre a causa delle guerre o dei cambiamenti climatici”. Protagonista - ha aggiunto il neopresidente - anche e soprattutto grazie ai giovani, che "devono diventare attori primari della vita di ogni singola Chiesa", e alle donne, che “devono essere finalmente riconosciute alla pari degli uomini, senza più l’incubo delle violenze di genere”.

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A Beppe Fiorello il premio "Comunicazione e cultura" delle Paoline

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E’ andato a Beppe Fiorello il premio “Comunicazione e Cultura 2017” delle Paoline. La premiazione nella “chiesa degli artisti”, ieri sera a Roma, alla conclusione di un dibattito in vista della 51.ma Giornata mondiale delle comunicazioni, il 28 maggio. E' intervenuto anche mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione. Alessandro Guarasci: 

Personaggi televisivi dai tratti positivi, che nascono da storie vere, che hanno segnato la vita di molti che li hanno conosciuti. Beppe Fiorello è tra i protagonisti delle fiction italiane, noto per aver dato il suo volto anche a un santo, il medico napoletano Giuseppe Moscati, a un martire come il carabiniere Salvo D'Acquisto, ed ancora a Paolo Borsellino nel film “Era d’estate”. Personaggi in qualche modo controcorrente rispetto a tanta fiction che predilige storie più nere. Beppe Fiorello:

“Il modello negativo trionfa con grande successo e io non lo guardo con sospetto. Il modello negativo esiste anche nella vita di tutti i giorni: ogni uomo ha dentro di sé una parte bianca e una parte nera, un dio e un assassino. Quindi c’è molta serialità che predilige raccontare quella parte nera; altri prediligono raccontare la cosiddetta parte bianca, buona, eroica … Chiamatela come volete. Non mi sento di andare contro corrente: mi sento di seguire un percorso che a me piace!”.

Il Papa nel messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali ci invita ad arginare la spirale della paura. Troppo spesso sui media trionfano le cattive notizie, anche se esempi di messaggi positivi ce ne sono, come dice mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione:

“Più che nelle news penso soprattutto a programmi che a volte sanno accarezzare quelle cose belle che gli uomini e le donne di oggi sanno fare; non è vero che le donne e gli uomini di oggi sono omicidi, assassini, delinquenti … Ci sono molte persone normali, prescindendo dalle fede, che sanno dare una mano ai vicini di casa, sanno aiutare qualcuno per strada che chiede un’elemosina …”.

 

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 136

E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sul sito http://it.radiovaticana.va

Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di Barbara Innocenti e Serena Marini.