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Sommario del 19/05/2017

Il Papa e la Santa Sede

Oggi in Primo Piano

Il Papa e la Santa Sede



Il Papa: la vera dottrina unisce, l'ideologia divide

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La vera dottrina unisce, invece l'ideologia divide: è quanto ha detto il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta, svolgendo la sua riflessione sul cosiddetto Concilio di Gerusalemme che, intorno al 49, decise come i pagani convertiti al cristianesimo non dovessero circoncidersi secondo quanto richiedeva la Legge mosaica. Il servizio di Giada Aquilino

Francesco riflette sulla Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, e osserva che anche nella prima comunità cristiana “c’erano gelosie, lotte di potere, qualche furbetto che - spiega - voleva guadagnare e comprare il potere”. Dunque, “sempre ci sono stati problemi”: “siamo umani, siamo peccatori” e le difficoltà ci sono, anche nella Chiesa, ma l’essere peccatori ci porta all’umiltà e ad avvicinarci al Signore, “come salvatore dei nostri peccati”.

Chi discute con "buono spirito" e chi divide
A proposito dei pagani che “lo Spirito Santo chiama a diventare cristiani”, il Pontefice ricorda che, nel brano, gli apostoli e gli anziani scelgono alcuni di loro per andare ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba. Due sono i gruppi di persone descritti, chi faceva “discussioni forti” ma con “buono spirito” e “chi faceva confusione”:

“Il gruppo degli apostoli che vogliono discutere il problema e gli altri che vanno e creano problemi, dividono, dividono la Chiesa, dicono che quello che predicano gli apostoli non è quello che Gesù ha detto, che non è la verità”.

Ispirati dallo Spirito Santo
Gli apostoli discutono tra loro e alla fine si mettono d’accordo:

“Ma non è un accordo politico, è l’ispirazione dello Spirito Santo che li porta a dire: niente cose, niente esigenze. Soltanto, questi che dicono: non mangiare carne in quel tempo, la carne sacrificata agli idoli perché era fare comunione con gli idoli, astenersi dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime”.

Chiarire la dottrina per far capire il Gesù dei Vangeli
Il Papa evidenzia la “libertà dello Spirito” che mette “d’accordo”: così, dice, i pagani possono entrare nella Chiesa “senza passare per la circoncisione”. Si è trattato in fondo di un “primo Concilio” della Chiesa - “lo Spirito Santo e loro, il Papa con i vescovi, tutti insieme” - riunito “per chiarire la dottrina” e seguito, nei secoli, ad esempio da quello di Efeso o dal Vaticano II, perché “è un dovere della Chiesa chiarire la dottrina” affinché “si capisca bene quello che Gesù ha detto nei Vangeli, qual è lo Spirito dei Vangeli”:

“Ma sempre c’è stata quella gente che senza alcun incarico va a turbare la comunità cristiana con discorsi che sconvolgono le anime: 'Eh, no. Questo che ha detto quello è eretico, quello non si può dire, quello no, la dottrina della Chiesa è questa…”. E sono fanatici di cose che non sono chiare, come questi fanatici che andavano lì seminando zizzania per dividere la comunità cristiana. E questo è il problema: quando la dottrina della Chiesa, quella che viene dal Vangelo, quella che ispira lo Spirito Santo - perché Gesù ha detto: 'Lui ci insegnerà e vi farà ricordare quello che io ho insegnato' -, quella dottrina diventa ideologia. E questo è il grande sbaglio di questa gente”.

Lo Spirito unisce, le ideologie dividono
Questi individui - spiega - “non erano credenti, erano ideologizzati”, avevano un’ideologia “che chiudeva il cuore all’opera dello Spirito Santo”. Invece, gli apostoli sicuramente hanno discusso forte, ma non erano ideologizzati: “avevano il cuore aperto a quello che lo Spirito diceva. E dopo la discussione è parso allo Spirito e a noi”. L’esortazione finale è a non spaventarci di fronte alle “opinioni degli ideologi della dottrina”. La Chiesa, conclude Francesco, ha “il suo proprio magistero, il magistero del Papa, dei vescovi, dei concili”, e dobbiamo andare su quella strada “che viene dalla predicazione di Gesù e dall’insegnamento e l’assistenza dello Spirito Santo”, che è “sempre aperta, sempre libera”, perché la dottrina unisce, i concili uniscono la comunità cristiana”, mentre “l’ideologia divide”.

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Udienze

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Per le udienze odierne del Papa consultare il Bollettino della Sala Stampa vaticana.

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Tweet: cerchiamo di tenere sempre alto il ‘tono’ della nostra vita

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“Cerchiamo di tenere sempre alto il ‘tono’ della nostra vita, ricordando per quale immenso premio esistiamo, lavoriamo, lottiamo, soffriamo”.

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Parolin: soluzione in Venezuela è ridare la sovranità al popolo

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La situazione in Venezuela sta diventando sempre più drammatica, con le proteste anti-Maduro che non si fermano e la crisi economica che costringe tanti alla fame e a non potersi curare per mancanza di medicine. Ieri, a margine di un convegno a Roma in cui era presente il cardinale Pietro Parolin, i giornalisti hanno chiesto al segretario di Stato se una mediazione della Santa Sede è ancora possibile. Ascoltiamo la risposta del porporato: 

“Noi speriamo che ci sia sempre la possibilità perché nel caso se ne aprisse una vorrebbe dire che la situazione in un certo senso è migliore. Quindi non possiamo che esprimere la nostra speranza che questo accada perché quello che sta avvenendo è veramente drammatico e rischia di diventare sempre più drammatico. Però, ho già detto, e qui lo ripeto, che a questo punto la soluzione vera è quella delle elezioni: dare al popolo la possibilità di esprimersi secondo quello che vorrà, ma ridare la sovranità al popolo e permettergli di determinare il suo presente e il suo futuro”.

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La carità del Papa diventa social: Obolo San Pietro su Facebook

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Dopo l’apertura dei profili Twitter e Instagram, l’Obolo di San Pietro – l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre per le sue opere di carità – arriva anche su Facebook prima con una pagina in lingua italiana e successivamente con le versioni in spagnolo e inglese, la cui messa online è prevista per i mesi di settembre e ottobre. L’obiettivo, sottolinea un comunicato della Segreteria di Stato, “è creare uno spazio virtuale aperto a tutti per condividere e far conoscere le opere di carità sostenute da questa secolare iniziativa”. Il servizio di Alessandro Gisotti

“La scelta di utilizzare il social network più diffuso al mondo – informa un comunicato della Segreteria di Stato – ha un duplice obiettivo. Da un lato creare una comunità aperta a tutti dove l’utilizzo di Facebook è capillarmente diffuso a cominciare dall’Italia; dall’altro condividere e raccontare l’attività di questo secolare Ufficio di Solidarietà”.

Obolo su Facebook per sostenere opere di carità del Papa
L’Obolo di San Pietro, su Facebook, intende dunque “favorire il dialogo con tutte quelle persone che hanno un intento comune, aiutare i più bisognosi e sostenere concretamente le opere di carità”. Da secoli, infatti, l’Obolo di San Pietro è impegnato a sostenere piccoli e grandi progetti in tutto il mondo, come l’ampliamento dell’Istituto “Filippo Smaldone” per bambini poveri e audiolesi di Kigali in Rwanda; l’assegnazione di dieci borse di studio per aiutare i giovani sfollati universitari del Kurdistan irakeno o l’apertura di una nuova scuola primaria per i bambini dalit in India.

Sui Social per offrire informazioni e approfondimenti
Di queste e di altre opere di carità, e delle iniziative che attendono l’Obolo di San Pietro, prosegue il comunicato, si parlerà con approfondimenti e notizie in continuo aggiornamento sulla pagina Facebook “Obolo di San Pietro”, ricordando che, tradizionalmente, la Colletta ha luogo in tutto il mondo cattolico, a seconda delle diocesi, o il 29 giugno Solennità dei Santi Pietro e Paolo o la domenica più vicina a tale Solennità. Come nel caso del sito (www.obolodisanpietro.va) e dei profili già attivi sulle altre piattaforme social, anche questa iniziativa è nata per volontà della Santa Sede e come frutto di una stretta collaborazione fra la Segreteria di Stato, la Segreteria per la Comunicazione e il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.

Obolo di San Pietro da secoli al servizio dei bisognosi
L’Obolo di San Pietro è l’aiuto economico che i fedeli offrono direttamente al Santo Padre, per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi. Nasce con lo stesso cristianesimo la pratica di sostenere materialmente coloro che hanno la missione di annunciare il Vangelo e di prendersi cura dei più bisognosi (cfr. Atti degli Apostoli 4,34; 11,29). Alla fine del secolo VIII, gli anglosassoni decisero di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre, il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro). Papa Pio IX riconobbe ufficialmente l’Obolo di San Pietro con l’Enciclica Saepe venerabilis del 5 agosto 1871. A partire dal 2016, la Santa Sede ha deciso di rendere l’Obolo di San Pietro più accessibile e di istaurare un dialogo con i fedeli di tutto il mondo circa la necessità e gli effetti della carità verso i più bisognosi. Per far ciò sono stati creati il sito e i canali social dedicati alla millenaria tradizione.

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Il card. Filoni in Guinea Equatoriale: sacerdozio è stile di vita

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“Il sacerdozio non è un mestiere o un ufficio burocratico che si può svolgere in un tempo e poi basta. Il presbitero è uno stile di vita e non un lavoro”: è quanto sottolineato dal cardinale Fernardo Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione di popoli, in visita pastorale in Guinea Equatoriale. Stamani, il porporato ha presieduto un incontro con i sacerdoti ed i religiosi a Malabo, ai quali ha portato innanzitutto “la benedizione di Papa Francesco” e la sua “sollecitudine verso la Chiesa-famiglia di Dio nel Paese”.

No all’imborghesimento del clero
Pur evidenziando, poi, gli aspetti positivi della situazione ecclesiale della nazione, “caratterizzata dal dinamismo, dalla crescita della fede e dal rinnovato interesse per il Vangelo e la missione”, il cardinale Filoni non ha mancato di richiamare i problemi esistenti: “Esiste nel clero - ha detto - una vita spirituale piuttosto mediocre, ci sono divisioni, invidie, rancori, il desiderio di carriera da parte di alcuni presbiteri e persone consacrate”. Tutto fattori che sembrano portare a “un decadimento della moralità in alcuni sacerdoti e religiosi, un certo imborghesimento e una progressiva autonomia decisionale nella vita pastorale”.

L’evangelizzazione è una priorità, annunciare Cristo nelle periferie
Di qui, il consiglio del porporato a “vivere fedelmente e con gioia l’identità sacerdotale e religiosa”, perché “l’evangelizzazione è una priorità”, secondo quanto indicato da Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. “Un prezioso documento”, ha detto il cardinale, che “dovrebbe costituire il punto di riferimento per la Chiesa a Malabo e in tutta la Guinea Equatoriale”, chiamata ad “annunciare Cristo, andare fino alle periferie”.

L’importanza del celibato sacerdotale
Altro punto sottolineato dal Prefetto è stato quello della santità sacerdotale: “La santificazione del sacerdote consiste nel suo legame intimo e profondo con Gesù - ha detto il porporato - perché “per vivere pienamente l’identità sacerdotale, la vita spirituale del sacerdote si deve legare alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio”. Centrale, poi, il richiamo ai voti di povertà, castità e obbedienza, così come al celibato sacerdotale, da vivere con “la preghiera umile e fiduciosa” e “coltivando un rapporto fraterno con i confratelli nel sacerdozio e nella vita religiosa”.

Promuovere carità pastorale verso gli ultimi. Attenzione alle sette
E ancora: la sottolineatura del cardinale Filoni è andata alla “carità pastorale verso i poveri, gli emarginati, i piccoli, gli infermi, i peccatori e gli increduli”, poiché “essa rende sempre disponibili ad assumere qualsiasi impegno per il bene della Chiesa e delle anime”. Infine, il Prefetto ha messo in guardia il clero da “quel fenomeno costituito dall’aumento e attivismo delle sette” che sembrano avere più credito “forse per un certo rilassamento pastorale”. L’invito del porporato ai presbiteri ed ai religiosi della Guinea Equatoriale è stato, quindi,  “a riflettere attentamente” perché “nessuno di coloro che hanno abbandonato la Casa del Padre vada perduto”.

Sconfiggere le divisioni con l’amore di Dio che si dona e perdona
Ulteriori richiami sono stati lanciati dal cardinale Filoni nella successiva Santa Messa presieduta nella Cattedrale di “San Isabel” di Malabo: in particolare, il porporato messo in guardia clero e religiosi dalle “divisioni che possono esistere nelle comunità, dalle rivalità, l’esclusione e il rifiuto dell’altro per diversità etniche, di classe, di religione o di opinione”. Tutti mali che si possono sconfiggere - ha detto -  “accogliendo il messaggio d’amore di Gesù, che abbraccia, si dona, e perdona”.  “Fa bene alla Chiesa - ha aggiunto - aprirsi al dialogo e all’ascolto, includere non escludere”, in base al principio “dell’amore e del dono di sé”.

L’esempio del Curato d’Ars
L’amore che Gesù comanda a suoi discepoli, infatti, “richiede dunque il dono di sé, la dedizione totale per il bene del prossimo e il rifiuto categorico di ogni forma di egoismo e di esclusione”. Fondamentale, allora, sarà che nella vita in comunità si giunga ad “una trasparenza totale, al punto di non avere più segreti e poter avere fiducia pienamente l’uno nell’altro, poter parlare dell’esperienza che di Dio e della vita e, così, potersi arricchire a vicenda”. Infine, il porporato ha esortato il clero ed i religiosi della Guinea Equatoriale ad imitare il Santo Curato d’Ars, la cui vita fu ”segnata da una grande passione per la cura pastorale delle anime”.

Visita pastorale prosegue fino al 25 maggio
Arrivato il 18 maggio in Guinea Equatoriale, il porporato vi rimarrà fino al 25: tra gli appuntamenti in agenda, la concelebrazione eucaristica per l’ordinazione di tre vescovi, che si terrà il 20 maggio a Mongomo e la visita, il 23 maggio, di Oyala, la nuova “capitale amministrativa” del Paese. (I.P.)

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P. Spadaro: la diplomazia di Francesco costruisce ponti e abbatte muri

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Il 20 maggio, a Roma, presso la sede de “La Civiltà Cattolica” alle ore 18,00 si terrà una tavola rotonda sul tema: “L’Atlante di Papa Francesco. Come il Papa vede il mondo?” Alessandro Gisotti ha chiesto al direttore della rivista dei gesuiti, padre Antonio Spadaro, di soffermarsi sui criteri che guidano l’azione diplomatica di Jorge Mario Bergoglio incentrata nella misericordia e nella cultura dell’incontro: 

R. – Incontrando noi gesuiti di Civiltà Cattolica il Papa ha detto che la crisi è globale e che quindi è necessario rivolgere il nostro sguardo ai criteri per cui vediamo il bene e il male nel mondo, cercando di comprendere come funziona. Allora, il Papa vede il mondo come una realtà complessa di grande diversità dove il rischio è che si costruiscano barriere, che si costruiscano muri. Spesso ha fatto riferimento al rischio di populismi e nazionalismi che chiudono le nazioni al loro interno. Allora, il Papa vede il mondo come abbracciato da un desiderio di incontro, di superamento delle barriere ma anche un mondo in cui ci sono delle ferite aperte che però possono diventare porte. Così è stato, per esempio, per Lampedusa o per l’isola di Cuba. Quindi diciamo un mondo in movimento che però ha bisogno di un’anima.

D. – Ovviamente quando si parla di Atlante il pensiero va naturalmente ai viaggi, ai viaggi del Papa. Lei ha scritto più volte che molti di questi viaggi, come per esempio quello in Egitto ultimamente, hanno un "valore terapeutico", cosa significa?

R. – Il Papa ama confrontarsi con la realtà così com’è e spesso questa realtà è drammatica. Ci sono delle forti tensioni nei Paesi che il Papa ha toccato, almeno in molti di questi Paesi sono in atto tensioni molto forti e il Papa ha voluto toccare con mano, a volte anche proprio i muri, fisicamente, i muri che ci sono, come è stato nel suo viaggio in Terra Santa, il muro di Auschwitz, che ha un valore storico, e situazioni appunto complesse e di divisioni, come è stato a Cuba, a Bangui, etc. Quindi il Papa vuole confrontarsi con questa drammaticità ma lo vuole fare come ha fatto il Signore, cioè toccando con mano per guarire e allora il suo approccio e il suo contatto diretto, direi fisico, con questa realtà complessa e difficile e pieno di tensione è un contatto che vuole ristabilire i fluidi, i contatti i ponti: vuol guarire le ferite.

D. - Papa Francesco propone "una diplomazia della misericordia", ha affermato recentemente il premier italiano Gentiloni in un incontro, sempre promosso da Civiltà Cattolica: quali sono, secondo lei, i punti forti in cui si esprime questa diplomazia così particolare?

R. - Sostanzialmente significa che non si può considerare mai nulla come definitivamente perduto, non solo nei rapporti tra le persone ma anche tra gli Stati o tra i vari quadranti conflittuali che si trovano nel nostro mondo oggi. Quindi in questo senso il Papa è aperto al dialogo con tutti perché sa bene che spesso non è in ballo il bene contro il male ma è tutta una questione di interessi e quindi bisogna parlare con tutti perché solo in questo modo si riesce a raggiungere una soluzione mediata, quindi diplomatica, sapendo che mai nulla è da considerare come perso.

D. – Il 24 maggio Papa Francesco riceverà in Vaticano il presidente statunitense Trump. Il Papa ha detto di ritorno dal Portogallo nella conferenza stampa in aereo: “Lo ascolterò senza pregiudizi”. Qui si vede anche il realismo del cristiano, potremmo dire con Evangelii gaudium che “la realtà è superiore all’idea”…

R. – Sempre per il Papa la realtà è superiore all’idea e l’incontro è superiore a ogni altra cosa perché il Papa non ragiona in termini di idee o di preconcetti. Quindi è perfettamente consapevole delle difficoltà che ci sono in ogni incontro, ma nello stesso tempo non vuole mettere delle premesse, degli a priori, preferisce incontrare le persone e in quel contesto essere sincero, franco. Solo da un incontro, da un incontro realistico in cui ciascuno dice quello che pensa, è possibile venir fuori con prospettive per il futuro.

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Centesimus Annus, il Premio Economia e Società al prof. M. Vogt

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Si è svolta ieri presso il Palazzo della Cancelleria la cerimonia di assegnazione del Premio internazionale “Economia e società”, istituito dalla Fondazione Centesimus Annus- Pro Pontifice. Il riconoscimento è stato attribuito al tedesco Markus Vogt, professore di Etica Sociale all’Università di Monaco e autore del libro: “Prinzip Nachhaltigkeit: Ein Entwurf aus theologisch-ethischer Perspektive” (Principio di sostenibilità: Uno studio da una prospettiva teologico-etica). Premiati anche due lavori giornalistici. L’evento si è svolto nell’ambito del Convegno Internazionale “Alternative costruttive in una fase di sconvolgimenti globali”, organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus, in corso dal 18 al 20 maggio. Il servizio di Elvira Ragosta

Ripensare i nessi fra le tre dimensioni essenziali della vita umana che sono tra loro interdipendenti: economia, ecologia e dimensione sociale. Questa la proposta del professor Vogt nel libro vincitore della terza edizione del Premio internazionale che la Fondazione Centesimus Annus attribuisce a opere di carattere economico e sociale che si contraddistinguono per il contributo originale all’approfondimento e all’applicazione della Dottrina Sociale della Chiesa. Il presidente della Giuria, il card. Reinhard Marx, ha ricordato che sono state più di 50 le opere presentate, provenienti da 12 Paesi e scritte in sei lingue diverse. A presiedere la cerimonia di premiazione il card. Segretario di Stato, Pietro Parolin, che ha a margine dell’incontro si è soffermato ai nostri microfoni:

R. - È un’iniziativa che permette veramente di riflettere, attraverso il contributo di studiosi e soprattutto di giovani studiosi, sulla Dottrina sociale della Chiesa e quindi di dare risposte nuove però fondate sui principi di sempre alle tante necessità, alle tante nuove situazioni che emergono oggi nel mondo. Quindi mi pare che sia un grande contributo che si sta dando proprio per la soluzione in termini di Dottrina sociale cristiana ai problemi che presenta la politica e l’economia.

D. - Economia in era globale e sostenibilità: quali passi per un futuro più rispettoso dell’ambiente e anche sostenibilità e lotta alle diseguaglianze, lotta alla povertà …

R. - Credo che ritorna sempre il principio fondamentale, aldilà delle soluzioni tecniche che saranno conseguenza di questa riflessione, cioè mettere al centro la persona. Questo è il principio della centralità della persona, della sua dignità e dei suoi diritti. Se veramente questo è il punto di partenza attorno a cui ruota tutta la riflessione e tutta l’azione, allora si troveranno anche modalità e mezzi per affrontare, per risolvere questi problemi più specifici.

D. - Lei ha detto che il management aziendale può essere parte di quella rivoluzione della tenerezza di cui parla Papa Francesco …

R. - Sì. Non so esattamente, però è bella l’idea che il Papa convochi tutti, quindi anche gli imprenditori. Coloro che si dedicano al business devono unirsi a questa rivoluzione, senza venir meno ai loro standard. Ma ancora una volta rivoluzione della tenerezza vuol dire evitare che ci siano degli esclusi; che la nostra società sia inclusiva dove tutti vedano rispettati i propri diritti fondamentali e tutti possano vivere con dignità. Quindi credo che gli imprenditori hanno una grossa parte, un grosso ruolo da giocare proprio per far sì che l’economia diventi sociale, inclusiva, a servizio dell’uomo e degli uomini.

D. - Tra pochi giorni a Taormina il G7. I leader si confronteranno, parleranno anche di lotta alle diseguaglianze e lotta alla povertà …

R. - Sì, mi pare che questo sia un tema molto presente nell’Agenda internazionale, naturalmente sarà presente anche al G7. Certamente la globalizzazione ha portato molte persone a superare situazioni di estrema povertà; ora si tratta di fare in modo che questa globalizzazione continui a produrre, anche attraverso opportune e necessarie correzioni, questi benefici a favore di tutti, in modo che nel minor tempo possibile tutti possano davvero vivere una situazione e una condizione degna della loro dignità. I politici sono chiamati poi a fare delle scelte concrete, ma in base a questi principi.

D. – L’azione della politica, ma anche l’azione dell’uomo, del cittadino, del cristiano per un’economia sempre più sostenibile?

R. - Credo appunto che nessuno possa tirarsi indietro. Ora, evidentemente, qui si tratta di crescere soprattutto nelle cosiddette “virtù sociali”, nelle virtù civiche, in modo tale che anche la persona comune possa dare un suo contributo specifico secondo le sue responsabilità, secondo il ruolo che occupa nelle società, alla soluzione di queste problematiche.

L’autore dell’opera vincitrice, il prof. Markus Vogt, è titolare della cattedra di Etica Sociale all’Università di Monaco, si occupa da oltre 20 anni di sostenibilità e ha lavorato anche come esperto di ecologia per il governo tedesco. Vokt ha definito il premio un riconoscimento al lavoro svolto e al futuro lavoro di riflessione e comunicazione che svilupperà sul volume e a proposito del rapporto tra economia, ecologia e dimensione sociale ai nostri microfoni ha aggiunto:

"I think that it is a core question of the future …
Penso che la tematica centrale per il futuro della nostra società sia l’interazione tra economia, ecologia e giustizia sociale. Quindi è necessario un principio di sostenibilità. Penso che dobbiamo includere la sostenibilità all’interno della Dottrina sociale cattolica".

Per la sezione speciale del premio dedicata  ai lavori giornalistici, i riconoscimenti sono andati a padre Dominique Grenier, autore del blog: “La doctrine sociale sur le fil” sul sito del giornale francese "La Croix" e al giornalista tedesco Burkhard Schafers, autore di un programma radiofonico dedicato alla figura di Oswald von Nell-Breuning, uno dei grandi protagonisti della Dottrina sociale della Chiesa del Novecento. La cerimonia di premiazione è stata anche un’occasione per riflettere sul tema della Dottrina Sociale della Chiesa in era digitale, su cui ha relazionato suor Helen Halford, Vice Decano della facoltà di Scienze sociali alla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, che sull’importanza delle nuove tecnologie ai nostri microfoni ha aggiunto:

"Queste tecnologie ormai sono fondamentali nella società. Quindi la Chiesa non può farne a meno. Il mondo ha bisogno della voce della Chiesa e tante persone, anche coloro che oggi ricoprono posizioni importanti, chiedono, cercano, una voce che possa guidare a livello etico tutti questi cambiamenti. Quindi la Chiesa ha un grande ruolo; forse oggi ancora più grande che in passato".

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Oggi in Primo Piano



Venezuela: sanzioni Usa a Corte suprema, Mosca appoggia Maduro

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In Venezuela non si fermano le proteste contro il presidente Maduro: ieri un altro giovane è morto negli scontri. E mentre gli Stati Uniti varano sanzioni contro la Corte suprema venezuelana, la Russia dà il suo appoggio al regime. Da parte loro, i vescovi dicono no alla riforma della Costituzione. Il servizio di Sergio Centofanti

Un giovane studente di medicina e volontario della Croce Rossa ha perso la vita nelle proteste a Maracaibo, la seconda città del Venezuela. Salgono così a 51 le vittime degli scontri dall’inizio delle manifestazioni, un mese e mezzo fa. Il governo ha inviato 2600 militari a Tachira, nel sud ovest del Paese, mentre a Caracas migliaia di dimostranti sono scesi ancora in piazza.

A livello internazionale, c’è un braccio di ferro a distanza tra Stati e Russia. Washington ha imposto sanzioni su otto giudici della Corte Suprema venezuelana, responsabili della sentenza, poi annullata, di esautorare il parlamento, decisione che ha innescato le violenze. Il presidente americano Trump ha detto che farà il possibile per aiutare una popolazione allo stremo, senza più cibo e medicine.

Invece, il presidente russo Putin, parlando telefonicamente con Maduro, ha dato il sostegno di Mosca al regime socialista affermando il diritto del popolo venezuelano a scegliere il proprio destino senza interferenze esterne.

Infine, i vescovi hanno detto di no alla proposta governativa di assemblea costituente: il Paese – hanno sottolineato – non ha bisogno di riformare la Costituzione ma di portarla a compimento. No dunque a qualsiasi cancellazione dello stato di diritto.

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Vescovi Venezuela: popolo scenda in piazza per evitare dittatura

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“Riaffermiamo la nostra vicinanza al popolo che si esprime oggi nelle strade e in altri ambiti della società in difesa dei loro diritti violati da chi sta profanando la Costituzione”. Con queste parole, i vescovi della Conferenza episcopale venezuelana hanno denunciato la crescente violazione dei diritti umani e la violazione della Costituzione del Paese. Nell’Esortazione pastorale presentata alla fine di una Assemblea Straordinaria, ieri sera, i presuli hanno ribadito che la proposta del governo di riformare la Costituzione non solo non è necessaria  ma è anche "pericolosa per la democrazia venezuelana, per lo sviluppo umano integrale e per la pace sociale”. In questo contesto, la Chiesa incoraggia il popolo a manifestare le proprie legittime richieste in forma pacifica. “Il popolo è il vero soggetto sociale della democrazia” e la forma “privilegiata” per uscire dalla crisi è il ricorso al voto. Sulla grave situazione nel Paese, Alina Tufani ha intervistato mons. Diego Padrón, presidente della Conferenza episcopale venezuelana

R. – Abbiamo ribadito che siamo i pastori del popolo di Dio e perciò, nel nome di Dio, noi chiediamo al nostro popolo di essere consci della gravità di questo momento e allo stesso tempo di favorire tutto ciò che porta alla vita e condannare tutto ciò che porta alla morte. Lo diciamo perché vogliamo mettere in rilievo il diritto che ha il popolo a manifestare le sue opinioni. Perciò la lotta si fa anche nel confronto delle idee perché ci sono due visioni diverse della situazione: la visione restrittiva del governo che vuole soltanto considerare giusto ciò che propone e la visione del popolo che manifesta il suo diritto a pronunciarsi contro il governo.

D. - Voi ribadite il vostro rifiuto alla proposta del governo di una assemblea per la riforma della Costituzione, riforma che considerate pericolosa…

R. – Certo. Pericolosa nel senso del cambiamento della natura propria dello Stato venezuelano. Noi siamo uno Stato di giustizia, di diritto, democratico e la Costituente vuol dire tutt’altro, vuole un Paese dove il popolo abbia la capacità di eleggere i suoi rappresentanti; invece, secondo questa nuova idea della Costituente i rappresentanti del popolo saranno eletti da un organismo e cioè il voto sarà attraverso un’elezione di secondo grado. Perciò noi non possiamo ammettere questa Costituente che è interamente contro la Costituzione che definisce la natura del nostro Stato come uno Stato democratico, che vuol dire la possibilità di espressione del popolo a livello generale e individuale.

D. -  Per difendere lo stato di diritto le strade sono piene di persone che manifestano e anche rischiano la vita per la forte repressione che c’è di questa protesta…

R. - Noi abbiamo l'alternativa tra la vita e la morte e l'alternativa tra lo Stato democratico e la dittatura. Dobbiamo essere consapevoli che vale la pena lottare in strada oppure avremmo una situazione di dittatura, cioè di soggezione a un sistema che abbiamo visto in altri Paesi che alla fine non funziona perché porta soltanto la povertà e la miseria ai popoli.

D. – Voi parlate anche della crisi economica, parlate di mancanza di cibo e di medicine…

R. – E’ una realtà della vita ordinaria in questi due ultimi anni che viviamo tutti, anche noi vescovi proviamo la mancanza di ciò che è fondamentale per vivere. Non possiamo vivere in condizioni normali, la qualità della vita si abbassa, perciò posso ribadirlo: noi dobbiamo andare in strada, manifestare, è un diritto naturale, costituzionale. Noi non chiediamo al popolo di sacrificare la vita ma vogliamo che il popolo abbia coscienza che dobbiamo difendere la vita.

D. – Avete sottolineato la violenza repressiva da parte delle autorità ma anche dei gruppi paramilitari conosciuti come "collettivi". La situazione è più grave ancora?

R. - Certo, è più grave ancora perché questi gruppi - che sono tanti, collettivi, paramilitari … - sono armati e cercano solo la morte dei cittadini. Loro intervengono naturalmente in ogni manifestazione e perciò i nostri giovani devono o ritirarsi o affrontare la morte perché è una situazione di vera guerra militare: giovani disarmati, popolo disarmato, di fronte a gruppi che hanno armi.

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Iran al voto: sfida tra moderati e conservatori, favorito Rohani

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Urne aperte in Iran per l’elezione del nuovo presidente. Favorito per un secondo mandato di quattro anni, il presidente in carica Hassan Rohani, che sfida altri tre candidati, in particolare il conservatore Ebrahim Raisi. Oltre 54 milioni gli iraniani chiamati al voto che si concluderà alle 18 ora locale. Domani i primi risultati, se nessuno dei candidati otterrà più del 50 per cento dei voti, è previsto il ballottaggio la prossima settimana. Il servizio di Adriana Masotti

Un'alta affluenza alle urne rafforzerà l'autorità della nazione iraniana e la sua sicurezza, inoltre aprirà la strada al progresso del Paese. Lo ha detto stamattina, esortando al voto, il religioso moderato candidato e presidente in carica Rohani. Degli oltre 56 milioni di aventi diritto al voto in Iran, 1,3 milioni voteranno per la prima volta e sempre oggi votano anche gli iraniani all'estero, in 102 Paesi. Da parte sua lo sfidante numero uno, Raisi, religioso dalla linea dura ed ex procuratore vicino alla Guida suprema della Repubblica islamica, l'Ayatollah Ali Khamenei, ha detto che accetterà i risultati delle elezioni e rispetterà la volontà popolare. Rohani si presenta forte dell’accordo sul nucleare iraniano raggiunto due anni fa con il Gruppo dei 5+1, ma non mancano le critiche a riguardo. Emanuela Campanile ne ha parlato con Stefano Silvestri, dell’Istituto Affari internazionali:

R. – Sembra essere il favorito. Sicuramente, l’economia iraniana sta migliorando grazie alla diminuzione delle sanzioni e alla maggiore cooperazione internazionale. Però il grosso problema interno iraniano, che è quello della disoccupazione, non sembra ancora essere stato influenzato in maniera determinante e quindi hanno un po’ gioco le critiche da destra che dicono: abbiamo rinunciato alla bomba atomica, abbiamo rinunciato al programma nucleare avanzato, però non abbiamo ottenuto nulla in cambio, non abbiamo ottenuto quello che ci avevi promesso.

Al di là dell'economia e del problema del lavoro, come si presenta la società iraniana oggi? Ascoltiamo, ancora a microfono di Emanuela Campanile, Pejman Abdul Mohammadi, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all’Università di Genova:

R. -  Sicuramente la società iraniana non è un monolite, esprime varie idee e una cosa caratterizzante di questa società è il fatto demografico: noi abbiamo circa 50 milioni sotto i 40 anni e questo è un fatto molto importante. E’ una gioventù che cerca sviluppo e progresso e l’ha mostrato in varie elezioni e situazioni. E sul piano socioculturale possiamo dire che sebbene all’interno di una repubblica islamica, quindi con un’appartenenza religiosa, penso che in questo momento nel Medio Oriente la società iraniana sia quella più laica e quella che chiede più la separazione della religione dalla politica.

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Grecia: ancora austerity. La gente scende in piazza

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In Grecia torna la dura protesta popolare in concomitanza con l’approvazione parlamentare, ieri, delle nuove misure di austerity decise dal governo Tsipras. Le disposizioni sono state adottate per restituire parte dei prestiti internazionali accettati dal Paese ellenico per far fronte alla crisi economica. Il servizio di Giancarlo La Vella

Ancora sacrifici per far fronte a debiti che generano altri debiti. Questa la paradossale situazione della Grecia, da anni alle prese con una crisi economica durissima, che continua a impoverire la popolazione e a non risolvere la situazione debitoria pubblica. Ieri l’approvazione da parte del Parlamento delle decisioni, che prevedono nuovi tagli per i cittadini. La protesta di alcuni gruppi è esplosa in piazza. Alle molotov la polizia ha risposto con un arresto. Ma queste nuove misure sono davvero sostenibili? Sentiamo Francesco De Palo, direttore della testata on line “Mondogreco:

R. – Diciamo che tutte le sigle sindacali e buona parte della popolazione non le considerano sostenibili, perché il quarto memorandum taglia per la quarta volta in cinque anni le pensioni di una media del 9 %, dopo già tre tagli verticali a stipendi, pensioni e indennità; aumenta l’imposizione fiscale in uno scenario a cui fa da sfondo la recessione che ci dice che c’è un altro 0,5 % su base annua. Quindi la manifestazione di ieri ci dà la dimostrazione, che si sta raschiando il fondo del barile e a pagare saranno i soliti noti: i ceti medi e i poveri.

D. - Alcuni osservatori sostengono che la Grecia a questo punto è ostaggio dei suoi creditori internazionali. Come uscire da questa morsa?

R. - Uscire dalla morsa significa fare un ragionamento sulla riduzione del debito, cioè quello che aveva promesso il premier Tsipras durante la sua campagna elettorale, ma che poi non ha fatto. Le contraddizioni dei conti pubblici greci non sono solo sottolineati da analisti finanziari, ma sono numeri concreti e sono pubblici. Nonostante i cinque anni di austerità e tre interventi massici nei confronti del welfare e della sanità, il debito pubblico aumenta. Quindi la cura della Troika non solo non sta fornendo gli effetti desiderati, ma sta finendo di uccidere un Paese, che già aveva di suo forti contraddizioni: scende il potere di acquisto, aumentano i nuovi poveri e i greci che vivono con meno di 500 euro al mese e, di contro, la partita delle privatizzazioni, quella che doveva far entrare milioni e milioni di euro nelle casse dello Stato, fa invece registrare dei segnali contraddittori, perché le privatizzazioni sono solo ad un ventesimo di quello che doveva essere il risultato.

D. - A questo punto la credibilità del governo Tsipras è molto a rischio?

R. - Esternamente no, perché ha fatto ciò che le istituzioni internazionali chiedevano; internamente sì, perché il partito del premier, Syriza, cala vistosamente nei sondaggi e al momento è al secondo posto al 13 % rispetto al 25 % con cui era stata eletta. Diciamo che, se Tsipras ha un luminoso futuro europeo, non so se, a livello di politica interna, potrà essere rieletto, perché in questo momento Syriza sta deludendo un po’ tutte le categorie produttive.

D. - Previsioni sulle prossime elezioni? Quando si potranno tenere?

R. - Fino allo scorso mese si pensava che ci fossero elezioni anticipate in questo 2017; dopo il voto di ieri è chiaro che Tsipras vorrà tenere testa e non votare prima del 2018, ma il malcontento popolare aumenta, perché comunque il premier non ha portato avanti quelle che erano le previsioni iniziali, cioè non è andato a colpire là dove c‘è l’evasione fiscale vera; è andato al colpire i liberi professionisti. In Grecia non circola più denaro, perché l’attività privata è messa in seria difficoltà e poi si è andato a scaricare – come al solito – il peso delle riforme sui poveri veri, che fino ad oggi hanno pagato regolarmente le tasse. Quindi in questo momento all’interno del Paese il volto manageriale di Tsipras sta avendo dei duri colpi d’immagine.

In Grecia, dunque, oltre ai manifestanti, c’è la maggioranza della popolazione che sta sopportando la situazione economica sempre più difficile a causa della pressione fiscale in continuo aumento. Ne abbiamo parlato con mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo cattolico di Atene:

R.  – La gente non sa cosa fare, perché ribellarsi per cambiare la situazione vuol dire far fallire lo Stato, ma quando il governo greco parla con l’Unione Europea, Bruxelles insiste sul taglio economico. Certo, bisogna fare molti emendamenti nell’organizzazione dello Stato, però senza schiacciare le persone.

D. – Le difficoltà giornaliere delle persone quali sono? Immagino che la Chiesa sia vicina a queste istanze, come la Caritas…

R. - Quelli senza lavoro rimangono nella stessa situazione e anzi aumentano; i pensionati vedono che la loro pensione va diminuendo, quindi non potranno più aiutare i figli e i nipoti che aiutavano una volta e i giovani si trovano senza speranza. L’anno scorso si parlava di 450 mila ragazzi che sono andati all’estero per trovare lavoro. Sono tutti di livello scolastico superiore o universitario. Quindi tutte le forze migliori del Paese stanno andando via.

D. – Come non  perdere la speranza in un futuro migliore in questo momento?

R. - La sola cosa che ci resta è sperare e pregare, ma non sappiamo da dove può venire un’apertura di speranza, perché non soltanto c’è disoccupazione, non soltanto gli stipendi e le pensioni diminuiscono, ma sono le tasse a essere così gravose da schiacciare anche le chiese, le diocesi, le parrocchie. Non sappiamo dove trovare come vescovi per pagare le tasse, quindi come curare la pastorale, questa è la nostra difficoltà. Ma se noi vescovi non possiamo trovare una speranza concreta e abbiamo bisogno di aiuto e non sappiamo dove trovarlo, dove la gente può trovare la speranza per un futuro migliore? E sappiamo che per 4 o 5 anni la situazione continuerà così com’è.

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Iraq: Acs coordina ricostruzione villaggi cristiani

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Sacerdoti impegnati come ingegneri, architetti e geometri. Accade nella Piana di Ninive, dove opera il “Nineveh Reconstruction Committee” (Nrc), organismo creato da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) per coordinare la ricostruzione dei villaggi della Piana distrutti dal sedicente Stato islamico.

Impegno finanziario di oltre 250 mila dollari
A riguardo – riferisce l’agenzia Sir - Acs ha messo in campo un vero e proprio ‘Piano Marshall’ che prevede un impegno finanziario di oltre 250 mila dollari, di cui 450 mila già messi a disposizione dalla Fondazione pontificia. Nel villaggio di Qaraqosh le case dei cristiani da ricostruire sono 6.727: di queste, 115 sono state totalmente distrutte. La ricostruzione è stata attentamente pianificata. Per riparare una casa incendiata servono 25 mila dollari, mentre per una completamente distrutta ne occorrono almeno 65 mila.

Coinvolti 40 ingegneri volontari ed oltre 200 operai
“Abbiamo classificato le diverse abitazioni e cominceremo a ricostruire da quelle parzialmente danneggiate, così da permettere alle famiglie di rientrarvi al più presto”, dichiara ad Acs padre George Jahola, sacerdote membro del Nineveh Reconstruction Committee. La Chiesa ha coinvolto 40 ingegneri volontari e oltre 200 operai.

Mettere le famiglie in sicurezza
“Ci stiamo concentrando sui villaggi che sono stati per meno tempo nelle mani dello Stato islamico”, spiega padre Salar Boudagh, vicario generale della diocesi di Alqosh e membro del Nrc. “A Telskuf e Bakofa la ricostruzione richiederà meno tempo, al contrario di Badnaya, dove oltre l’80 per cento delle case è stato distrutto”. Il sacerdote riferisce come prima dell’arrivo dell’Is, 1450 famiglie vivessero a Telskuf, 110 a Bakofa, 950 a Badnaya, più di 700 a Telkef e 875 a Karemles. “La prima condizione per il ritorno di queste famiglie è la sicurezza”, conclude.

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Roma: il 27 maggio la Notte Sacra nelle chiese del centro storico

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Una intera notte dedicata alla preghiera ma anche all’arte e alla musica. E’ l’evento della Notte Sacra - presentato ieri a Roma - che si svolgerà nella capitale il prossimo 27 maggio. L’iniziativa, promossa dalla diocesi con la collaborazione dell’Opera Romana Pellegrinaggi, si aprirà alle 18.30 con la recita dei Vespri solenni della vigilia dell’Ascensione nella Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini e si concluderà alle 8 della mattina nella Chiesa del Gesù con la recita delle Lodi e la Messa, presieduta dal vescovo Gianrico Ruzza. Il servizio di Marina Tomarro

Una notte che vuole portare la luce della speranza nel cuore di Roma, tra le sue strade del centro, attraverso non solo la preghiera, ma anche la musica, le letture, l’arte. E’ questo il messaggio della prima "Notte Sacra" di Roma che si svolgerà il prossimo 27 maggio. Ascoltiamo mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi:

R. - Io penso che la notte sia un momento molto particolare per avere la possibilità attraverso il silenzio, attraverso un momento in cui non c’è il disturbo del traffico, non c’è il disturbo dei rumori, della luce, ma c’è la condizione migliore per poter entrare in rapporto con lo spirito. Quindi scegliere una notte dedicata allo spirito, alla sacralità, valorizzando quelle chiese che fanno parte della storia della comunità cristiana di Roma ci sembrava il momento più bello e più entusiasmante da offrire non solo ai cristiani, quindi ai fedeli di Roma, ma anche a tutti i turisti presenti a Roma, attraverso la musica e il canto, la preghiera ma soprattutto attraverso il silenzio.

D. – C’è un messaggio che questa "Notte Sacra" vuole lasciare alla città di Roma e a coloro che vi parteciperanno?

R. – Sì, il messaggio più bello è non avere paura e dare speranza a chi non ce l’ha, ai poveri, i diseredati: dire che è possibile l’amore ma è possibile se tutti insieme lo sapremo vivere pagando ognuno di noi il prezzo della coerenza, della testimonianza e dell’accoglienza.

E tanti sono gli eventi che accompagneranno questa notte sacra, in particolare il concerto del maestro Angelo Branduardi alle 20 nella chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini, mentre all’una nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola ci sarà il concerto “Altissima luce. Il Laudario di Cortona”, che vedrà tra gli altri la presenza del musicista Paolo Fresu. Spazio anche all’oratorio sacro “Paradiso, Paradiso” nella basilica di Sant’Andrea della Valle che sarà diretto da mons. Marco Frisina, direttore del coro della diocesi di Roma. Ascoltiamo il suo commento:

R. - Sarà una notte bellissima, luminosa, la notte luminosa che è un’immagine biblica ma che spero veramente possa diventare una realtà. Siamo alla vigilia dell’Ascensione, un momento di grande gioia e insieme alla gioia di Cristo, la gioia della Chiesa. Questa notte, tra la musica e la preghiera, volevamo passarla meditando la gioia che credo sia la protagonista poi, di fatto, di tutta la notte.

D. – Lei ha scelto l’oratorio sacro, “Paradiso paradiso”, ispirato alla vita di San Filippo Neri. Perché questa scelta?

R. – E’ il Santo della gioia. Poi credo sia anche un santo moderno perché ci insegna in un momento storico difficile, come era la Roma della sua epoca, a vivere invece il Vangelo come una proposta positiva con i giovani, con i più deboli, in una Roma come era allora che ha bisogno di rinascere. Credo che questi testi possono accompagnare con la gioia e anche con un po’ di ironia questo momento della notte in cui ridare speranza.

E tanti i momenti di meditazione e di preghiera. Nella chiesa delle Stimmate a Largo Argentina sarà possibile fermarsi per l’Adorazione Eucaristica dalle 20 alle 4, mentre alle 2.30 nel cortile del Palazzo del Vicariato Vecchio l’attore Sebastiano Somma leggerà testi dell’Evangelii Gaudium, come ci racconta ai nostri microfoni:

R. – La curiosità innanzitutto. La voglia di approfondire delle letture così importanti, come quelle dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, la voglia di condividere perché no, una notte di preghiera di musica, di arte. E’ un percorso che anche io sto facendo insieme a tutti quanti gli altri, di conoscenza, di approfondimento, soprattutto spirituali in questo caso ed è un piacere poter condividerlo insieme a grandi maestri, musicisti. C’è un insieme di cose. Quindi il mio invito è proprio quello di partecipare per l’approfondimento spirituale, che vuole essere la notte sacra ma anche di partecipare, perché no, nella magia della notte a qualcosa di sacro ma anche di artistico.

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Sito Radio Vaticana

Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LXI no. 139

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